[nazionale - 32] lastampa/cultura/04 02

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[nazionale - 32] lastampa/cultura/04 02
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32 Lettere e Commenti
LA STAMPA
MERCOLEDÌ 2 FEBBRAIO 2011
LA STAMPA
MARIO
LETTERE AL DIRETTORE
CALABRESI
dunque impossibile per chiunque, sia esso un politologo, Marta Dassù o il Mago Merlino.
Politologi: né maghi né indovini
ma seri analisti della realtà
ANDREA E MAURO GILLI
C
aro Direttore, abbiamo letto con interesse ieri il
commento di Marta Dassù sul (presunto) fallimento dei politologi nel prevedere la crisi egiziana. Poiché apparteniamo a questa categoria, ci
preme segnalare ai suoi lettori che questa critica
non ha alcun fondamento.
In primo luogo, la scienza politica – come gran
parte delle scienze sociali – si occupa di capire le
cause di determinati fenomeni e di spiegarli: la
guerra, la pace, le rivoluzioni ecc. La scienza politica non fa previsioni. Per quello ci sono già schiere di
opinionisti o i chiromanti. La scienza politica si basa
sui dati. I dati del futuro non esistono, ci sono solo
quelli sul passato. Sfidiamo la dottoressa Dassù a citare un solo articolo pubblicato su riviste accademiche internazionali, ossia le riviste sulle quali i politologi presentano i risultati delle loro ricerche, che
faccia previsioni come quelle da lei citate, del tipo
«dieci scenari da evitare nel 2011».
Ma veniamo all’Egitto. Chiedere ai politologi di
pronosticare lo scoppio di una crisi come quella egiziana equivale a chiedere ai medici di pronosticare
correttamente l’esito di una terapia per ogni paziente. Prevedere come le masse si comporteranno è
Un’iniziativa
«all’italiana»
Apprendo con piacere
dell’approvazione della legge
che protegge dagli
«importuni telefonici» e
della creazione del Registro
Pubblico delle Opposizioni:
un elenco che dovrebbe
raccogliere i numeri di tutti
gli italiani che non intendono
ricevere a casa, o sul
cellulare, telefonate
indesiderate. Mi dico:
finalmente una cosa fatta
bene. Così mi collego a detto
Registro e trovo
informazioni sulle varie
modalità per iscriversi.
Utopia: il web non apre il link
con il relativo modulo da
compilare, il numero verde è
staccato e l’e-mail indicata
ritorna indietro. Come
sempre, «all’italiana». Spero
che in un futuro, magari
prossimo, qualcuna delle
modalità finisca per
funzionare.
I
In un cassetto della mia
scrivania, un foglio ha
attirato la mia attenzione. Vi
era scritto: «E avviene pure
che chi si dimostra
disciplinato nei confronti dei
superiori è definito uomo
senza carattere, servo; che il
padre impaurito finisce per
trattare il figlio come pari e
non è più rispettato; che il
maestro non osa
rimproverare gli scolari e
costoro si fanno beffe di lui;
che i giovani pretendono gli
stessi diritti, la stessa
considerazione dei vecchi e
questi – per non parere
troppo severi – danno
ragione ai giovani. In questo
clima di libertà e in nome
della medesima, non vi è più
riguardo né rispetto per
Allevi, ma debbo comunque
riprenderlo in quanto dirigere
l’inno d’Italia in occasione
della sacra ricorrenza
dell’Unità della nostra nazione
in blue jeans e maglietta
consumata no! Allevi ha offeso
gli italiani per uno strano
concetto di permissività
concesso agli artisti (mi
meraviglio della Rai). Mio
nonno mi ha insegnato che
ogni grande personaggio di
grande intelligenza deve
saper stare in ogni posto,
adattandosi ai costumi del
posto stesso.
RENATA MUCCI
Grande Allevi
ma niente jeans
Giovanni Allevi: un mio
mito. Poiché ho scritto
un’opera lirica, il mio sogno
sarebbe quello che il giovane
maestro fosse il direttore del
mio lavoro. Questo per dire
quanto stimi il talentuoso
I
1˚
34% La rivolta popolare
2˚
19%
I risvolti sul caso Ruby
e le indagini sul premier
Silvio Berlusconi
3˚
11%
La strage all’aeroporto
di Mosca causata
da un kamikaze
in Egitto che ha provocato
oltre 150 morti e feriti
Ruby fa audience più del
suo presunto zio egiziano? A
giudicare dalla sua presenza
alla discoteca Paradiso di
Rimini mica poi tanto. Nove
autografi firmati in tutto, un
calo di presenze del 30 per
cento e, soprattutto,
l’indifferenza dei giovani
presenti nel locale. Il
«mignottobusiness» non tira.
M.L. MAZZOCCHI
La conoscenza è bene
l’ignoranza il male
Perfetto quadro, quello
del docente Lorenzo Catania
di Catania, pubblicato ieri
come Editoriale dei lettori,
circa l’ormai incancrenito
«mal di scuola» italiano. Il
bravo collega non ha sbagliato
un colpo: c’è la quantità, ma
ben poca la qualità. Maggiori
investimenti risolveranno il
problema? Assolutamente no.
Fino a quando non si capirà
che la scuola è tutto nella vita.
Male è solo l’ignoranza. Bene,
la conoscenza. Non vi è altro.
I
BRUNO RACHELE
Il trafugamento
della bara con la salma
di Mike Bongiorno
E noi tifosi
chi ci tutela?
Ha ragione Gianni
Ippoliti quando dice che i tifosi
non sono tutelati. Infatti
succede che un sostenitore
d’un club acquista
l’abbonamento magari per
tifare il suo beniamino, poi, in
corso di campionato, questo
giocatore cambia squadra al
mercato di gennaio (vedi
Cassano, Amauri o Pazzini).
Magari il tifoso ha pure
comprato la maglia con il
nome del suo idolo e dopo
alcune partite il suo
beniamino cambia casacca. E
il tifoso, chi lo risarcisce?
I
5˚
6%
Due malviventi vengono
uccisi a Napoli durante
la rapina a un supermarket
Sondaggio Istituto Piepoli
c.
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L’editoriale
dei
lettori
I
I
10%
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Il flop di Ruby
in discoteca
ROBERTO PEPE
Le 5 notizie più lette della settimana
4˚
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nessuno». Il mio sguardo è
andato, ansioso, alla firma, e
ho letto: Platone, 427/348, De
Repubblica, libro VIII. Strano?
No, attuale.
ERMINIA FUSI
Platone è
sempre attuale
Da chi passa la vita a studiare un Paese, il suo popolo, le sue dinamiche politiche, demografiche e economiche ci si aspetterebbe delle
analisi utili a comprendere in che direzione quel Paese si muove.
Nessuno pretende che politologi e analisti siano in grado di predire
il futuro, di indovinare tempi e modi delle rivoluzioni, delle sollevazioni popolari o dei cambi di regime. Ma forse un’indicazione delle
tendenze, delle forze in gioco e dei possibili sbocchi, questo sì.
All’inizio dell’ultima campagna elettorale americana avevo intervistato alcuni politologi che si erano detti convinti della vittoria di Barack Obama basandosi sull’insoddisfazione degli elettori, sull’alto
indebitamento dei cittadini, sulle difficoltà nella sanità e sulla voglia di partecipare della generazione universitaria. Non erano indovini e neppure maghi, ma seri analisti.
Ieri mattina Sergio Romano, rispondendo alle lettere al Corriere della Sera, si chiedeva anche lui le «ragioni della miopia» dei governi
stranieri e degli analisti davanti alle rivolte tunisina ed egiziana. La
sua risposta franca e condivisibile è che forse «c’era la convinzione
che quei regimi ci avrebbero protetto dalla marea crescente dell’islamismo radicale» e questo ci ha distolto.
Una sola consolazione: se noi e i nostri politologi non siamo stati in
grado di capire quei popoli, non ci sono riusciti nemmeno gli uomini che quei popoli li governavano da decenni. E per loro lo smacco
e le conseguenze sono certo ben più grandi.
Quotidiano fondato nel 1867
m
L’ECCELLENZA
SRADICATA
Lungi dall’essere un aiuto per i più deboli, l’essere
«i migliori», oggi, è solo uno status e un privilegio
Che non ha più alcuna utilità sociale, come un tempo
PIERGIORGIO DELL’ORO
U
n ricordo nitido di mezzo secolo fa. A
scuola l’insegnante invitava gli allievi migliori ad aiutare quelli che faticavano di
più nell’apprendimento. Era un comportamento abituale.
Solo molti anni dopo ho colto a fondo il significato completo di questo invito. Non si trattava soltanto
di facilitare il percorso ai compagni più deboli (e non
era poco, visto che la coesione della classe ne guadagnava, e allora non c’erano gli insegnanti di sostegno).
Era anche un mezzo per mettere alla prova l’eccellenza degli alunni più bravi, per verificarne lo spessore.
Mi ricordo infatti almeno un caso di compagno «eccellente» a scuola che notoriamente si rifiutava (su istruzione dei genitori) di sostenere i compagni deboli. Nella vita si è rivelato un fallimento.
Negli anni si è perso questo concetto di connessione profonda tra due realtà apparentemente distanti: quella dell’eccellenza e quella dello svantaggio sociale. L’eccellenza si è avviata a diventare casta, categoria autoreferenziale. Lo svantaggio sociale è diventato esclusione.
Oggi l’eccellenza viene invocata da coloro che
si presumono eccellenti per ottenere più attenzione
e cura. Si richiede che venga assecondata, premiata.
E fin qui tutto bene. Ma sembra ormai irrimediabilmente staccata dalla realtà considerata mediocre e
routinaria. Perde questo ancoraggio, che non è un
concetto moraleggiante di solidarietà pelosa, ma indica l’inviluppo inestricabile tra le due realtà. L’eccellenza sradicata cessa di essere eccellenza, diventa
prosopopea, casta, privilegio inutile.
La qualità di un tessuto sociale non si misura
da quanta eccellenza produce, ma da quanto l’eccellenza è radicata nella realtà, specialmente in quella
più problematica. Sempre mezzo secolo fa Fabrizio
De André cantava: «Dai diamanti non nasce niente,
dal letame nascono i fiori».
psicologo del lavoro, 62 anni, Ivrea
FABIO S.
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