Il sonetto in versi rapportati
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Il sonetto in versi rapportati
Il sonetto in versi rapportati Paolo Budini 0. Sul sonetto in versi rapportati si può dire, come tautologica introduzione, che è una struttura poetica fondata sulla rapportatio: un’istituzione concernente la scrittura in versi (raramente la prosa oratoria) già presente in alcuni distici della lirica greca e nella poesia tardo-latina.1 La rapportatio in un testo in versi consiste nella presenza in esso di frasi complesse, svolgentisi lungo linee verticali parallele, con le loro proposizioni, principali e/o dipendenti, e relativi soggetti, predicati, complementi, paratatticamente ordinati ─ su linee orizzontali ─ secondo la loro pari valenza sintattica, in singoli versi (o gruppi di versi) successivi.2 Questa istituzione è dunque un’armatura di relazioni semantiche, implicante un duplice rapporto fra gli elementi che ne sono investiti: - 1, rapporto consecutivo, lungo l’asse sintagmatico (qui, verticale); - 2, rapporto sostitutivo, lungo l’asse paradigmatico (qui, orizzontale). Rispetto alla gabbia metrica, codificata, la rapportatio è una struttura seconda: uno strumento linguistico espressivo, predisposto dall’autore per un suo singolo testo in versi, modellato per esporre un tema e comunicarlo al lettore. Ne risulta un prodotto di alto artigianato, fortemente condizionato da quello strumento, e per il quale un autore mette alla prova la propria abilità. Un testo in versi rapportati è così sorretto da due armature: - A, una gabbia metrica (rituale), con obbligo di ritmi (alternanza di sillabe toniche e atone nel verso) e di rime (equivalenze fonematiche in posizioni parallele), che stringe il significante entro due diverse griglie, una ritmicomelodica (il verso), una ritmico-armonica (la rima), con le quali l’autore modula il suo discorso secondo una musicalità (percettibile dal lettore), assimilabile alla melodia e all’armonia; - B, una impalcatura semantica (irrituale), intelaiatura e limite del discorso, che delinea, nella pagina scritta, un’icona geometrica piana virtuale (percettibile dal lettore), costituita da più linee verticali, fra loro parallele, assimilabili a colonne o pilastri o pali. Struttura sintattica e semantica complessa (e rara), la rapportatio è attivata di solito in componimenti brevi, epigrammatici (come il sonetto), con riuscite d’eccellenza: s’incontra nel Canzoniere petrarchesco,3 poi nella produzione lirica del petrarchismo. Di questa particolare tessitura poetica si riportano qui tre realizzazioni dovute a tre poeti francesi della seconda metà del Cinquecento: tre sonetti, di cui è qui proposta una micro-analisi linguistica. Accanto a ciascuno dei sonetti, trascritti, come di norma, un verso sotto l’altro,4 si troveranno qui, ripetuti sulla destra di ciascun verso, i singoli elementi (vocaboli o sintagmi) investiti dalla rapportatio, incolonnati nella 1 Cfr. H. MORIER, Dictionnaire de poétique et de Rhétorique, Paris, P.U.F., 1981, pp. 923-927; «Cahiers de poétique comparée», 6, 1982, 7, 1983; ST. AGOSTI, Il testo poetico, Teoria e pratica d’analisi, Milano, Rizzoli, 1972, p. 57, nota 8; P. BUDINI, Les structures formelles dans les Sonnets de la Mort de Jean de Sponde, Références bibliographiques, «Francofonia», 8, 1985, pp. 66-68; G. MATHIEU-CASTELLANI, Poétique du sonnet rapporté, in Parcours et rencontres, Mélanges à E. Balmas, Paris, Klincksieck, 1993, pp. 443-458; A. PREDA, I ‘vers rapportés’ di Jodelle, in Lingua, cultura e testo, Miscellanea in onore di S. Cigada, Milano, Vita e Pensiero, 2003, vol. II, tomo 2, pp. 1021-1031. Questa nostra riflessione sui versi rapportati prende l’avvio da due studi di Stefano Agosti: Le strutture del senso (Il testo poetico cit., pp. 49-105: 56-62) e Petrarca e la modernità letteraria: una genealogia (in Forme del testo, Milano, Cisalpino Istituto Editoriale Universitario, 2004, pp. 15-45: 40-42). A Stefano Agosti è, con grande amicizia, dedicata. Chi scrive vuole qui ringraziare Giuseppina Brunetti, Bruna Conconi, Franca Zanelli Quarantini (comitato di lettura di «Francofonia») che con i loro rilievi lo hanno indotto a chiarire la sua riflessione e a render più visibile il suo modulo di micro-analisi, inteso ad additare e interpretare le interne pieghe di ciascun testo più che a dispiegarne il senso. 2 In un verso (o gruppo di versi) le proposizioni principali, in un altro le dipendenti; in uno i soggetti, in un altro i predicati, in un terzo i complementi. Questo schema di base è variamente modellato nei singoli testi. 3 Di Petrarca, Stefano Agosti analizza (Le strutture del senso cit., pp. 60-62) il sonetto CXXXIII dei Rvf (Amor m’à posto come segno a strale), sonetto con rapportatio a quattro termini (24 elementi rapportati), fondata «su relazioni metaforiche» (4 metafore dell’Innamorato: segno a strale, neve al sole, cera al foco, nebbia al vento). 4 Uso attuale (normale già prima della stampa), che dà rilievo al verso, riga scritta con inchiostro nero su bianco foglio, il cui ètimo rinvia al solco che l’aratro traccia nel campo, per poi volgersi (vertere) in senso opposto. Per il solco come immagine del verso, è fin troppo ovvio evocare l’indovinello veronese: con le figure di boves (le dita), albo versorio (la penna d’oca) e negro semen (le lettere nere) seminato in alba pratalia (il bianco foglio). 1 loro geometrica bidimensionalità, come aiuto al lettore a riconoscere l’ordine in cui quegli elementi sono collocati nel testo e l’icona piana che ne viene delineata. 1, 1. Ecco un sonetto in versi rapportati, elaborato con singolare eleganza da Joachim du Bellay, a imitazione dei petrarchisti veneziani e sul grande modello toscano dei Rerum vulgarium fragmenta: il X della raccolta di sonetti L’Olive,5 pubblicata nel 1549. Ces cheveux d’or sont les liens, Madame, Dont fut premier ma liberté surprise, Amour la flamme autour du cœur eprise, Ces yeux le traict qui me transperce l’ame. Fors sont les neuds, apre et vive la flamme, Le coup, de main à tyrer bien apprise, Et toutesfois j’ayme, j’adore et prise Ce qui m’etreint, qui me brusle et entame. 1 cheveux 1 liberté 2 amour | 2 flamme 3 yeux | 3 traict | | | | 1 liens 1 surprise 2 cœur | 2 eprise 3 transperce | 3 ame (1 fors) | 1 neuds | (2 apre et vive) | 2 flamme 3 coup | (3 de main à tyrer bien apprise) 1 ayme | 2 adore | 3 prise 1 etreint | 2 brusle | 3 entame Pour briser donq, pour eteindre et guerir Ce dur lien, ceste ardeur, ceste playe, Je ne quier fer, liqueur, ny medecine: 1 briser | 2 eteindre 1 lien | 2 ardeur 1 fer | 2 liqueur L’heur et plaisir que ce m’est de perir De telle main, ne permect que j’essaye Glayve tranchant, ny froydeur, ny racine. 1 glayve | 2 froydeur | 3 racine | 3 guerir | 3 playe | 3 medecine È un monologo (dialogo a voce unica) che il Soggetto, l’Innamorato, rivolge all’Amata (non nominata), additando le tre armi, di cui essa è dotata e da cui egli è legato, incendiato, trafitto (vv. 1-4);6 afferma che sono armi efficaci e per lui dolorose (vv. 5-6); confessa che egli è tanto affascinato da amare quelle armi (vv. 7-8); rinuncia perciò a difendersi da quei tre strumenti di morte (vv. 9-11); essere ucciso dall’Amata ─ iperbolica pointe ─ è per lui un evento troppo desiderabile (heur et plaisir, ‘felicità e piacere’)7 per potervisi sottrarre (vv. 12-14). 1, 2. Sonetto costituito da decasillabi, tutti a minore, il suo schema (a-b-b-a, a-b-b-a, c-d-e, c-d-e)8 segue l’uso italiano (meno rigido della norma francese) con la prima rima delle terzine (vv. 9, 12) che non forma distico:9 delle cinque rime, una (c) è maschile, quattro femminili;10 tre sono ricche (b, c, e), due sufficienti (a, d).11 La struttura frastica è disposta senza enjambement nella struttura strofica: quattro frasi collocate esattamente nelle quattro strofe.12 Oltre che dalla gabbia metrica rituale, il sonetto è stretto da una rapportatio a tre termini. La prima frase (I Q)13 è costituita da tre periodi paratattici, ciascuno con quattro vocaboli (in totale dodici) investiti dal meccanismo: di questi dodici vocaboli, i primi quattro (legati in un periodo) occupano i vv. 1-2, gli altri otto (in due periodi) i vv. 3-4. La seconda frase (II Q), di nove proposizioni, e la terza frase (I T), di quattro, si svolgono lungo linee verticali parallele nei sette 5 J. DU BELLAY, Œuvres poétiques, éd. critique par H. Chamard, mise à jour par Y. Bellenger, Paris, Nizet, 1982 («Société des textes français modernes»), I, p. 35. In assenza di prenome scriveremo Du Bellay con maiuscola iniziale. 6 Metafore (-1, cheveux d’or → les liens ‘le catene’; - 2, amour → la flamme ‘il fuoco’; - 3, yeux → le traict ‘la freccia’) consuete del petrarchismo; cfr. «Il laccio, il dardo, e ′l foco onde m’avinse», sonetto di Camillo Besalio (in Rime di diversi nobil huomini et eccellenti poeti nella lingua thoscana, II, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1547). 7 Alla situazione spirituale sembra riferirsi heur (‘felicità’, ‘sorte favorevole’), alle sensazioni corporali plaisir. 8 Decasillabi a minore: 4+6. Le rime femminili sono segnalate dal corsivo (a), le maschili dal tondo (c). 9 Distico: già frequente nel 1549; sarà, più tardi, normale nel sonetto francese. 10 L’alternanza maschile/femminile delle rime, che aggiunge un fattore ritmico-musicale alla struttura metrica dei versi francesi (meccanismo nato da esigenze della messa in musica di testi ronsardiani), non è ancora norma nel 1549; lo sarà qualche anno dopo. Du Bellay introduce qui una sua, certo non casuale, alternanza ritmico-armonica degli ultimi fonemi vocalici (aperti/chiusi) dei versi: /a/, /i/, /i/, /a/; /a/, /i/, /i/, /a/; /i/, /ε/, /i/; /i/, /ε/, /i/. 11 Rime molto ricche: b, -prise, c, -erir; rima ricca: e, -cine; rime sufficienti: a, -ame, d, -aye. 12 Le strofe saranno così indicate: I Q, II Q, I T, II T. 13 Si constaterà qualche scarto rispetto allo schema di rapportatio descritto nel paragrafo introduttivo. 2 versi seguenti (vv. 5-11): tredici proposizioni (coordinate o subordinate) contenenti ventuno elementi rapportati, diciotto vocaboli (9 sostantivi, 9 verbi) e tre complementi predicativi (vocaboli o sintagmi, vv. 5-6).14 La quarta e ultima frase (II T), dopo due versi (vv. 12-13) non toccati dal meccanismo, si chiude su tre complementi dell’ultima proposizione (j’essaye, verbo non rapportato, v. 13): tre sostantivi rapportati (glayve, froydeur, racine, v. 14), fra loro paratattici, orizzontalmente paralleli, base delle tre linee verticali dei quindici precedenti vocaboli rapportati (vv. 7-11). La rapportatio investe dunque trentasei elementi: trentatré vocaboli (21 nomi, 12 verbi) e tre complementi predicativi (vocaboli o sintagmi), tutti qui sopra ripetuti sulla destra del sonetto. 15 Oltre le due armature (A, versi e rime, gabbia metrica di correlazioni ritmico-fonematiche; B, rapportatio, impalcatura di correlazioni sintattico-semantiche) altre strutture formali reggono questo tessuto poetico. Così l’alternanza di fonemi vocalici aperti/chiusi nelle rime.16 Così le ripetizioni fonematiche, echi musicali risonanti in vari punti del sonetto, specie in vocaboli investiti dalla rapportatio, messi in rilievo dalla ripetizione e/o da rime (interne o di fine verso):17 - Madame, flamme, ame (vv. 1, 3, 4, 5); - surprise, eprise, apprise, prise (vv. 2, 3, 6, 7); - premier, liberté, tyrer, briser (vv. 2, 6, 9); - or, fors, adore (vv. 1, 5, 7); - Amour, autour (v. 3); - cheveux, yeux, neuds (vv. 1, 4, 5); - traict, toutesfois (vv. 4, 7); - liens, main, etreint, lien (vv. 1, 6, 8, 10, 13); guerir, plaisir, perir (vv. 9, 12); - quier, fer (v. 11); - est, permect, essaye (vv. 12, 13); - ardeur, liqueur, heur, froydeur (vv. 10, 11, 12, 14).18 E una funzione di tali echi musicali è certo la rilevanza da essi data a vocaboli rapportati. 1, 3. Il tema del sonetto è dunque unitario e, con le sue metafore, tipico del petrarchismo cinquecentesco: - legato, - incendiato, - trafitto (I Q), il Soggetto (presente nelle quattro strofe con pronomi personali o aggettivi possessivi), si rivolge all’Amata (che tace) per descrivere, dichiarando di apprezzarlo, il proprio stato di Amante martire, - incatenato, - arso, - ferito (II Q); non vuole guarire (I T), preferisce la morte (II T). L’Amata, inaccessibile, benché additata come presente dai cinque deittici riferiti alle sue tre armi (Ces dei vv. 1 e 4; Ce, ceste del v. 10), non ha nome19 e non ha forma; ha una sua entità verbale nel solo appellativo Madame (v. 1). Il Soggetto non ne delinea che la figura stereotipa, connotata dalle sue tre armi metaforiche: - 1, i capelli d’oro, vincoli che gli tolgono la libertà; - 2, la fiamma d’amore, che gli accende il cuore; - 3, l’arco delle sopracciglia, con cui gli occhi scagliano le frecce degli sguardi a trafiggergli l’anima. Persona inaccessibile, Madame vive in un universo metafisico, abitato da due figure ideali, la Dama amata e il suo Innamorato, martire dell’Amore, intangibile mondo cortese, evocato dal discorso e delineato dalla rapportatio: struttura irrituale, dal Poeta scelta e adattata a questo fine. E proprio la rappresentazione dell’elegante società cortese, attraverso l’icona bidimensionale, che il Poeta disegna con la specifica impalcatura di linee geometriche, sembra essere, più che la celebrazione dell’Amata, la motivazione stessa della scrittura. 1, 4. La lettura del sonetto rivela dunque che il Poeta ha creato una minuziosa, composita, originale elaborazione del discorso,20 che si trova così ristretto entro due intelaiature: - l’una (rituale), la gabbia metrica, che ne modula il significante secondo strutture musicali; - l’altra (irrituale), la rapportatio, che ne evoca il significato delineandone una icona geometrica piana. Per rendere visibile il secondo meccanismo, si troveranno qui sotto, schematicamente disposti,21 i trentasei elementi (vocaboli, sintagmi) investiti dalla rapportatio (dodici termini 14 A destra del testo: fra parentesi elementi (vocaboli o sintagmi) rapportati, predicati nominali di sostantivi rapportati. Posti come segnali, i sostantivi (21) sono indicati senza determinativi, i verbi (12), senza soggetti né predicati. 16 Alternanza degli ultimi fonemi vocalici (aperti/chiusi) dei versi, già segnalata in nota 10. 17 Non sono ripetuti termini uguali; non è segnalato cœur (v. 3), troppo distante dai vv. 10-14 per essere rima interna. 18 Si segnala: dopo or e fors, anche adore, per la ripezione di /ÒR/; la scansione, normale, di li|en in due sillabe; la pronuncia cinquecentesca di toutesfois (/tutəfwε/) e di froydeur (/frwεdøR/). 19 Nessun riferimento leggibile a Olive, il nome della Dama alla quale il canzoniere è dedicato. 20 Accelerandola con garbata prudenza dal v. 7, sospendendola nei vv. 12-13, per riprenderla alla fine al v. 14. 21 Lo schema orienterà il lettore in una rilettura verticale del testo (verso dopo verso) aiutandolo a identificare l’icona bidimensionale delineata dagli elementi rapportati: una rilettura che il Poeta avrà fatto più volte in corso d’opera. 3 15 rapportati per ciascuna delle tre serie di periodi) su tre linee parallele orizzontali, corrispondenti alle tre linee sintattiche (divise nelle quattro strofe del sonetto), riferentisi alle tre armi metaforiche, connotanti la figura dell’Amata. (I Q) armi dell’Amata| 1: cheveux | liens | liberté | surprise 2: amour | flamme | cœur | eprise 3: yeux | traict | transperce | ame (II Q) (potenza di) quelle armi (I T) | (fors) neuds | ayme | etreint (apre et vive) flamme | adore | brusle coup (de main à tyrer bien apprise) | prise | entame | il Soggetto | colpito (II T) | effetto |delle armi briser | lien | fer eteindre | ardeur | liqueur guerir | playe | medecine | amore | dolore possibile |soffe- | sue armi del Soggetto difesa |renza | possibili glayve froydeur racine che egli rifiuta Si può qui riconoscere la ripartizione dei trentasei elementi rapportati (21 nomi, 12 verbi, 3 complementi predicativi): dodici sono riferiti alla Dama, che ascolta silenziosa; ventuno, all’Amante, che ─ nell’iperbolica, canonica pointe finale ─ sceglie di perire (v. 12), reso martire dall’Amata (v. 13); tre (etreint, brusle, entame, v. 8) sono riferiti a entrambi.22 Fra i nomi, alcuni sono posti in rilievo da ripetizioni fonematiche (segnalate sopra) e/o da rapporti semantici: - liens, plurale (I Q), lien, singolare (I T); - flamme (I Q) ripreso in rima (II Q); ardeur, ‘bruciore’, e liqueur, ‘liquido’, rime interne (I T), nomi ai quali froydeur, ‘liquido freddo’ (II T), allude (al primo, per opposizione; al secondo, per analogia); - medecine (rima del v. 11) ripreso da racine, ‘farmaco naturale’ (rima del v. 14). Altri nomi sono sottolineati da legami di sinonimia o analogia: - liens (I Q), neuds (II Q); - flamme (I e II Q), ardeur (I T); - traict, ‘dardo’ (I Q), coup (II Q), che crea la playe (I T); - fer (I T) precisato in glayve (II T). Anche il verbo guerir (v. 9, rapportato, come terzo, dopo briser e eteindre) è sottolineato dalla rima doppiamente ricca che lo lega a perir (v. 12), verbo non rapportato, opposto al gruppo dei tre verbi rapportati. 1, 5. Riassumendo, quando Du Bellay compone questo sonetto ─ originale imitazione del modello toscano, tipica del petrarchismo cinquecentesco ─ sceglie la gabbia metrica di versi e di rime (codificata) e si affida, come sempre, alla sua sensibilità poetica per modulare musicalmente, con ripetizioni fonematiche, il tessuto verbale. In più, volontariamente, mette in opera la specifica (rara, ma già ben nota agli addetti) rapportatio, costruendo un raffinato prodotto artigianale inteso a delineare una precisa forma geometrica bidimensionale, funzionale all’esposizione di un tema; una icona stilizzata, introdotta perché possa essere riconosciuta dal lettore, il quale, per comprenderla, ricorrerà, mentalmente, a forme a lui note e da lui memorizzate, come le forme architettoniche. 22 Ces cheveux d’or sont les liens, Madame, Dont fut premier ma liberté surprise, Amour la flamme autour du cœur eprise, Ces yeux le traict qui me transperce l’ame. | | | 2 | | 3 | Fors sont les neuds, apre et vive la flamme, Le coup, de main à tyrer bien apprise, Et toutesfois j’ayme, j’adore et prise Ce qui m’etreint, qui me brusle et entame. \ 1 | 1 \ 3 | 1 | | 1 | 1 1 2 3 | 1 | 1 |2 | 3 | | 2 2 | | | 2 | | 3 | 2 | 2 / 3 / | 3 | | 3 | Pour briser donq, pour eteindre et guerir Ce dur lien, ceste ardeur, ceste playe, Je ne quier fer, liqueur, ny medecine: | 1 | 2 | 3 | | 1 | 2 | 3 | | 1 | 2 | 3 | L’heur et plaisir que ce m’est de perir De telle main, ne permect que j’essaye Glayve tranchant, ny froydeur, ny racine. | 1 | 2 | 3 | Alla Dama che possiede gli strumenti di morte, come al Soggetto che da quelli è ferito a morte. 4 Se consideriamo il testo e le trentasei cifre, allineate alla sua destra, come segni dei trentasei elementi rapportati, potremo anche noi lettori ─ come il Poeta in atto di comporre l’opera o di guardarla compiuta ─ distinguere mentalmente la figura geometrica piana, che appare come una struttura architettonica (la facciata di un palazzo a due piani, di stile gotico fiorito, ideato per un elegante mondo cortese), disposta in un ordine ternario (quasi come un calligramma virtuale):23 sotto un frontone (quadrato posto su rettangolo a base maggiore) di tre proposizioni orizzontali, ciascuna con quattro elementi rapportati (I Q), un doppio architrave (trapezio isoscele rovesciato) di tre proposizioni, con sei elementi rapportati (quattro nel v. 5, due nel v. 6), si posa su tre semplici svelte colonne di quindici vocaboli rapportati (vv. 7-11), poggianti a loro volta (oltre lo strato di materiale verbale, iconicamente indistinto, dei due vv. 12-13, non investiti dalla rapportatio), sopra un’ordinata base lineare di tre sostantivi (v. 14). Figura non inventata dal lettore, ma delineata nel testo ─ quale icona bidimensionale ─ a rappresentare, per volontà del Poeta, la metafisica architettura, idonea alla Dama amata e al suo Amante martire. 2, 1. Ed ecco un altro straordinario sonetto in versi rapportati: uno dei sonetti amorosi di Étienne Jodelle, II delle Amours, I volume delle Œuvres et Meslanges poëtiques d’Estienne Jodelle, Sieur du Lymodin,24 uscite postume nel 1574, a cura di Charles de la Mothe. Des astres, des forests, et d’Acheron l’honneur, Diane, au Monde hault, moyen, et bas preside, Et ses chevaulx, ses chiens, ses Eumenides guide, Pour esclairer, chasser, donner mort et horreur. Tel est le lustre grand, la chasse, et la frayeur, Qu’on sent sous ta beauté claire, prompte, homicide, Que le hault Jupiter, Phebus, et Pluton cuide Son foudre moins pouvoir, son arc, et sa terreur. Ta beauté par ses rais, par son rets, par sa craincte, Rend l’ame esprise, prise, et au martyre estreinte: Luy moy, pren moy, tien moy, mais helas ne me pers Des flambans, forts, et griefs, feux, filez, et encombres, Lune, Diane, Hecate, aux cieux, terre, et enfers, Ornant, questant, genant, nos Dieux, nous, et nos ombres. 1 astres hault chevaulx esclairer lustre grand claire Jupite foudre rais esprise luy moy 2 | forests | moyen | chiens | chasser 3 | Acheron | bas | Eumenides | donner mort et horreur | | | | | | | | chasse prompte Phebus arc frayeur homicide Pluton terreur | rets | craincte | prise | au martyre estreinte | pren moy | tien moy flambans | forts | griefs || feux | filez | encombres Lune | Diane | Hecate || cieux | terre | enfers Ornant | questant | genant || nos Dieux | nous | nos ombres 1 2 3 1 2 3 È anche questo un monologo (dialogo a voce unica) rivolto dal Soggetto all’Amata: Dama inaccessibile, non nominata, dominante, onore dell’intero universo (v. 1), evocata come Diane,25 23 Ci serviamo qui del termine apollinairiano (delimitato dal necessario aggettivo virtuale) senza dimenticare che, nel Cinquecento, già nell’opera di Rabelais sono presenti alcuni testi in versi, stampati in modo da far apparire sulla pagina geometriche icone di oggetti, per es. la Dive Bouteille; così come avverrà per Quatre pièces en pyramides di Jean de Boissières, pubblicate a Lione nel 1579; mentre testi poetici in forma di veri e propri calligrammi (non solo virtuali) sono composti, tre secoli abbondanti prima di Apollinaire, da alcuni poeti (cosiddetti barocchi), quali Jehan Grisel (La Hache-d’armes antique, 1579) e, più tardi, Robert Angot de l’Éperonnière (Le Lut de Minerve, 1634). 24 É. JODELLE, Œuvres complètes, par E. Balmas, Paris, Gallimard, 1965, I, pp. 393-394. A destra del testo, gli elementi rapportati. Cfr. P. BRUNEL, Le “sonnet de la triple Diane”, in «Les mythes poétiques de la Renaissance», Paris, Touzot, 1985, pp. 69-78; E. BURON, Le cosmos et la vicissitude: néoplatonisme et parole poétique dans quelques sonnets à Diane des Amours de Jodelle, in «Ordre et désordre dans la civilisation de la Renaissance», Publications de l’Université de Saint-Étienne, 1996. La nostra analisi parte dai citati saggi di Stefano Agosti, Il testo poetico (pp. 57-60) e Le forme del testo (pp. 40-41). 5 figura metonimica del potere (v. 2: Diane [...] preside). Temibile Signora dei tre Mondi (astrale, terrestre, sotterraneo), che, con i suoi potenti strumenti (v. 3: i due cavalli trainanti l’argenteo carro lunare; i cani da caccia; le feroci Erinni, qui, per ragioni di ritmo e di armonia, pietose Eumenidi), sorveglia, punisce, minaccia di morte orrenda (v. 4). Triplice divinità che sarà da ultimo (v.13) invocata con i nomi26 delle sue tre distinte persone: - 1, Selene, dea della luna (percorre la volta celeste, e, vigilante, illumina la terra); - 2, Diana, dea cacciatrice (controlla le foreste, inquisendo e punendo i trasgressori); - 3, Ecate, dea delle ombre (minacciosa, in Averno, atterrisce vivi e morti). L’Amata, designata (I Q) quale onnipotente Diane, è poi celebrata (II Q) per la sua bellezza (v. 6, ta beauté):27 bellezza tre volte possente (v. 5: - per le lustre, ‘luce’; - per la chasse, ‘abilità nel colpire’; - per la frayeur, ‘spavento’ che ne emana); bellezza ‘splendente, rapida, assassina’ (v. 6, claire, prompte, homicide),28 tanto che perfino tre altissime divinità (v. 7: Giove, divinità celeste; Febo, divinità terrestre;29 Plutone, divinità sotterranea) temono che i loro strumenti (v. 8: foudre, fuoco celeste di Giove; arc terrestre di Febo; terreur infernale di Plutone) abbiano minore potenza (moins pouvoir) di quelli posseduti dalla temibile Signora nella sua triplice personificazione. La sua tremenda bellezza è celebrata soprattutto nel distico (vv. 9-10) a rima ricca, in cui il Soggetto a lei si rivolge (in modo diretto: Ta beauté), evocando (in modo indiretto) i tre strumenti (ses rais, i ‘raggi’ di luce, son rets, l’insidiosa ‘rete’, sa craincte, la ‘paura’) connotanti la sua bellezza (v. 9); bellezza che ‘affascina’ coi raggi l’anima (l’ame esprise) dell’Amante, la tiene ‘vincolata’ (prise) nella rete e, con la paura che emana, la ‘obbliga al martirio’ (au martyre estreinte) come ‘testimonianza di fedeltà’ (v. 10). Negli ultimi quattro versi (11-14) ─ canonica pointe ─ il Soggetto (presente nei quattro pronomi personali: tre moy, poi me) chiede all’Amata di essere da lei sorvegliato, preso, tenuto schiavo (v. 11, 1o emistichio: Lui moy, pren moy, tien moy). Vuol essere incarcerato e martirizzato, ma lasciato vivo nel martirio; non vuol essere ucciso (v. 11, 2o emistichio: ne me pers) dai tre strumenti, ‘fiammanti fuochi’, ‘forti reti’, ‘gravosi tumuli’ (v. 12: Des flambans, forts, et griefs, feux, filez, et encombres) che connotano la Signora, invocata ora apertamente (v. 13) con i nomi delle sue tre persone divine: - 1, non dai flambans feux celesti (della Lune); - 2, non dai forts filez da caccia (di Diane); - 3, non dai griefs encombres sotterranei (di Hecate).30 Tre strumenti con cui la divina onnipotente Triade, Ornant, questant, genant (v. 14: ‘ornando’ di raggi, ‘inquisendo con torture’, ‘tormentando’)31 domina i tre Mondi (cielo, terra, Averno). E il Soggetto, già presente, quale martire (v. 10), con quattro pronomi personali singolari (v. 11), diventa ora per tre volte plurale nell’ultimo emistichio del testo (v. 14: nos Dieux, nous, et nos ombres, i ‘nostri dèi’ celesti, ‘noi’ viventi sulla terra, le ‘nostre ombre’ dei morti), a rappresentare nei tre Mondi (cielo, terra, Averno) l’intera umanità, vigilata dalla divina Triade femminile. 2, 2. Il verso di questo sonetto è l’alessandrino: vers héroïque ormai codificato e dominante (dal 1555) nella scrittura in versi; così come codificata è ormai l’alternanza, qui rispettata, di rime maschili e femminili. Lo schema delle rime segue diligentemente la forma detta moderna, con cinque rime, alternativamente maschili (due) e femminili (tre); la rima (la sola ricca) del distico, lo 25 La Signora evocata sembra essere Claude-Catherine de Clermont-Dampierre (1547-1603), maréchale de Retz, Dama di prima grandezza alla corte di Francia. Retz ha forse suggerito rets, v. 9, la rete da caccia di Diana? Diane, divinità latina (divinità ellenica: Artemide), dea della caccia (trasforma il cacciatore Atteone in cervo, perché sia sbranato dai suoi propri cani, per punirlo di averla vista nuda); scelta (forse quale dea del Monde moyen, Mondo terreno, umano, il solo conoscibile) a designare qui la Triade divina, imperante nei tre Mondi, haut, moyen, bas: Selene, Diana, Ecate. 26 Tre nomi, triplice apostrofe (o forse triplice apposizione?) della Signora. 27 A lato dei vv. 1, 2 e 6, non sono incolonnati i tre sostantivi (non rapportati) honneur (v. 1), Monde (v. 2) e beauté (v. 6), che accompagnano (seguono o precedono) i loro rispettivi determinanti (genitivi o aggettivi, sintagmi o vocaboli): tre determinanti (rapportati) per ciascuno dei tre sostantivi determinati (non rapportati). 28 Bellezza ‘splendente’ (claire) di Selene, ‘rapida’ nella caccia (prompte) di Diana, ‘assassina’ (homicide) di Ecate. 29 Febo è dio terrestre, perché dal cielo dà luce e vita al Mondo terrestre, umano, animale, vegetale in ispecie. 30 I cumuli, i tumuli, ‘intralci’ che, nell’Averno, impediscono ai vivi di entrare, ai morti di uscire. 31 Il verbo questant (v. 14, ‘inquisendo’) da enqueste (‘inchiesta’ e ‘tortura’) potrebbe alludere alla Santa Inquisizione. 6 separa dalla quartina virtuale finale.32 La struttura frastica si adegua allo schema strofico delle rime: ciascuna delle due quartine contiene una frase; il distico ne contiene una terza; una quarta occupa l’ultima quartina virtuale, discendendo (unico, arduo enjambement) dal v. 11 al v. 12. Significative sono le ripetizioni fonematiche: - le tre vocali acute /i/ in sillabe toniche, quasi un grido di dolore (v. 10); - le sette vocali gravi /ε/, quasi un’invocazione di aiuto (vv. 11-12);33 - le cinque labio-dentali continue sorde /f/, onomatopeiche, ad evocare il crepitare della fiamma (v. 12: Des flambans, forts, et griefs, feux, filez, et encombres).34 Particolare rilievo fonematico-semantico, quale messaggio formale, ha il metallico rumore (di chiavi e chiavistelli?) della minacciosa vibrante continua /R/ (43 volte ripetuta: quattro nel v. 1, cinque nel v. 4, quattro nel v. 5, cinque nel v. 8, sei nel v. 9, sei nel v. 10), che stringe il sonetto nel metaforico carcere fonematico di dieci vocaboli in rima: honneur, horreur, frayeur, terreur, craincte, estreinte, pers, encombres, enfers, ombres. Anche questo sonetto, come quello di Du Bellay, è retto da una rapportatio a tre termini che, fin dal primo verso, si mostra come una macchina bellica a testudo, severa e rigorosa, avanzante a investire l’intero tessuto poetico, con i suoi cinquantuno elementi rapportati (vocaboli o sintagmi: sostantivi, verbi, aggettivi, pronomi), tutti nello stesso ordine.35 Tre elementi rapportati per ogni verso nei primi undici (vv. 1-11), sei in ciascuno dei tre ultimi (vv. 12-14).36 Rare sono qui le ripetizioni: moy, nos (parti di sintagmi rapportati, vv. 11 e 14), Diane (vv. 2, 13),37 beauté (non rapportato, vv. 6, 9); preferiti i sinonimi: frayeur (v. 5) ripreso da terreur (in rima, v. 8) poi da craincte (v. 9); rais (v. 9) da feux (v. 12); rets (v. 9) da filez (v. 12). 2, 3. Creando questo sonetto amoroso, lavoro di alto artigianato, Jodelle intende raffigurare un duro carcere inquisitorio in cui, non solo l’Amante martire, ma l’intera umanità si trova ristretta. Nella rituale gabbia metrica di versi e rime, precisa e rigorosa, il Poeta svolge il tema amoroso, celebrando prevalentemente il potere di cui è investita la bellezza dell’Amata, nei suoi tre aspetti: - 1, celeste e vigilante (Selene); - 2, terreno e cruento (Diana); - 3, infernale e terrificante (Ecate). Introduce nel tessuto poetico ripetizioni fonematiche: le segnalate onomatopee di voci o di fiamme (vv. 10-12) come le sonorità ferrigne (la griglia della vibrante continua /R/) ad accentuare il senso di costrizione. E soprattutto, fin dal primo verso, delinea una rapportatio regolare e unitaria, rigida e costrittiva, si direbbe petrosa (cinquantuno elementi rapportati), rendendo subito visibile e nettamente riconoscibile, nel suo testo, una cogente icona carceraria bidimensionale. Se rileggiamo anche questo testo, con l’attenzione rivolta ai cinquantuno elementi rapportati ─ segnalati, a destra del sonetto, da altrettante cifre ─ potremo anche noi lettori vedere (come li vedeva il Poeta, durante la sua straordinaria, complessa elaborazione verbale) la geometrica icona bidimensionale, evocante una rigorosa struttura architettonica. 32 Questo severo sonetto di Jodelle, rigorosamente regolare, è molto diverso dall’elegante sonetto libero (più tardi si dirà libertino) di Du Bellay: l’asimmetrico decasillabo commun è qui sostituito dal simmetrico alessandrino héroïque; l’alternanza delle rime, ora canonica (che, per Ronsard, può meglio consentire alle parole di farsi canto), là ignorata, è qui rispettata anche nel passare dall’ultima rima maschile delle quartine alla prima femminile del distico; l’ordine delle rime embrassées (incrociate), rigoroso in entrambi per le quartine, separava là nettamente le terzine l’una dall’altra (ripetendo le tre rime di I T, nello stesso ordine, in II T), qui, normalmente moderno, forma un distico a rime plates, (baciate) e un’ultima quartina virtuale, con quattro versi legati da rime croisées (alternate). La vistosa ricchezza della rima c (unica rima ricca), che pone in evidenza il distico, separandolo dalla quartina (virtuale) finale, attira l’attenzione, a livello semantico, sul potere della bellezza dell’Amata, capace di affascinare, incarcerare, martirizzare l’Amante. Evidente è la volontà di Jodelle di perseguire una perfezione formale a più livelli: preferenza per le normali rime suffisantes (solo parziale la ricchezza delle rime in vv. 2/6 e 4/8); unico enjambement da v. 11 a v. 12. Rigorosamente elaborata è la tessitura della rapportatio, con cui il Poeta disegna, come suo messaggio formale, un tremendo strumento inquisitorio per martirizzare l’umanità, e propone una creazione esemplare a prova della propria abilità poetica. 33 Triplice ripetizione del monosillabo moy (pronuncia cinquecentesca di moy: /mwε/), assonante con mais, con pers (rima del v. 11), con griefs (rima interna del v. 12), con filez. 34 Meno rilevanti rime e assonanze interne: /e/ (chasser/beauté, vv. 4/6), /εR/ (Jupiter/pouvoir, vv. 7/8), /ε/ (rais/moy, vv. 9/11). 35 Due eccezioni in tanto ordine: il 1ᵒ emistichio del v. 6 e il 2o emistichio del v. 11 sono privi di elementi rapportati. 36 Ciascuno dei quattordici versi del sonetto, come si è visto, ne contiene dapprima tre (vv. 1-11), poi sei (vv. 12-14). 37 Nome investito dalla rapportatio solo nella sua seconda occorrenza. Si segnala la scansione in tre sillabe di Di|a|ne. 7 Des astres, des forests, || et d’Acheron l’honneur, Diane, au Monde hault, || moyen, et bas preside, Et ses chevaulx, ses chiens, || ses Eumenides guide, Pour esclairer, chasser, || donner mort et horreur. | | | | 1 1 1 1 | | | | 2 2 2 2 | | | | 3 3 3 3 | | | | Tel est le lustre grand, || la chasse, et la frayeur, Qu’on sent sous ta beauté || claire, prompte, homicide, Que le hault Jupiter, || Phebus, et Pluton cuide Son foudre moins pouvoir, || son arc, et sa terreur. | | | | 1 1 1 1 | | | | 2 2 2 2 | | | | 3 3 3 3 | | | | Ta beauté par ses rais, || par son rets, par sa craincte, Rend l’ame esprise, prise, || et au martyre estreinte: Luy moy, pren moy, tien moy, || mais helas ne me pers | 1 | 2 | 3 | | 1 | 2 | 3 | | 1 | 2 | 3 | Des flambans, forts, et griefs, || feux, filez, et encombres, Lune, Diane, Hecate, || aux cieux, terre, et enfers, Ornant, questant, genant, || nos Dieux, nous, et nos ombres. | 1 | 2 | 3 || 1 | 2 | 3 | | 1 | 2 | 3 || 1 | 2 | 3 | | 1 | 2 | 3 || 1 | 2 | 3 | Qui non il disegno di un’elegante facciata (come in Du Bellay), ma (coerente con la regolarità della gabbia metrica, con la severità dell’impalcatura semantica ternaria, con la ferrigna griglia fonematica) la rappresentazione dell’austera facciata di un carcere sbarrato da un’alta cancellata: un luogo chiuso, dove l’umanità è sorvegliata, inquisita, indotta al martirio, dietro tre diritte colonne, alte, petrose, verticalmente allineate, ciascuna costituita da undici elementi (per un totale di trentatré, vv. 1-11), poggianti sopra un solido basamento orizzontale di diciotto cellule ritmiche, quasi tutte bisillabe (vv. 12-14), assimilabili a diciotto lastre di pietra squadrate. Anche qui come in un calligramma virtuale. 3, 1. Ecco infine un terzo angosciato sonetto in versi rapportati. È il XII, l’ultimo, conclusivo, e il più noto, dei Sonnets de la Mort di Jean de Sponde, pubblicati nel 1588 in aggiunta alle Méditations sur les Psaumes; un’appendice dal lungo titolo: avec un Essay de quelques Poemes Chrestiens: Stances de la Mort, Sonnets sur le mesme subject.38 Tout s’enfle contre moy, tout m’assaut, tout me tente, Et le Monde, et la Chair, et l’Ange révolté, Dont l’onde, dont l’effort, dont le charme inventé Et m’abysme, Seigneur, et m’esbranle, et m’enchante. Quelle nef, quel appuy, quelle oreille dormante, Sans péril, sans tomber, et sans estre enchanté, Me donras-tu? Ton Temple où vit ta Saincteté, Ton invincible main, et ta voix si constante. Et quoy? mon Dieu, je sens combattre maintesfois Encore avec ton Temple, et ta main, et ta voix, Cest Ange révolté, ceste Chair, et ce Monde. Mais ton Temple pourtant, ta main, ta voix sera La nef, l’appuy, l’oreille, où ce charme perdra, Où mourra cest effort, où se rompra ceste onde. 38 1 enfle 1 Monde 1 onde 1 abysme 1 nef 1 péril | 2 assaut | 2 Chair | 2 effort | 2 esbranle | 3 tente | 3 Ange révolté | 3 charme | 3 enchante | 2 appuy | 3 oreille | 2 tomber | 3 enchanté 1 Temple | 2 main | 3 voix 1 Temple | 2 main 3 Ange révolté | 2 Chair | | 3 voix 1 Monde 1 Temple | 2 main | 3 voix 1 nef | 2 appuy |3 oreille || 3 charme |(3 perdra) (2 mourra)| 2 effort ||(1 rompra)| 1 onde J. DE SPONDE, Œuvres littéraires, par A. Boase, Genève, Droz, 1978. Cfr. il nostro studio sui Sonnets de la Mort, pp. 37-68, cit. supra in nota 1, e la nostra Nota alla traduzione dei Sonetti della Morte, nella rivista «Il Verri», 9-10, 1986, pp. 32-60: 55-60; M. BENSI, ‘Vers rapportés’ e testo del sonetto “Tout s’enfle” di Sponde, «Il confronto letterario», 6, 1986, pp. 407-417; S. CAPPELLO, Interazioni metrico-sintattiche nel sonetto di Sponde, in Metrica e poesia, Padova, Esedra, 2004, pp. 127-144. 8 Questo sonetto in versi rapportati svolge, come dichiara il titolo della raccolta, il tema della Morte: tema diverso da quello dei due precedenti sonetti a tema amoroso, di Du Bellay e di Jodelle. Anche questo è un monologo: preghiera dal Soggetto rivolta a Dio per chiedere aiuto. Tentato dal Mondo, dalla Carne, dall’Angelo ribelle (I Q), il Soggetto invoca Dio sperando nel suo aiuto (II Q). Le tentazioni però non desistono: lo insidiano ancora (I T). Eppure il Soggetto sa che Dio lo aiuterà, concedendogli alla fine, post mortem, la quiete nell’immobilità senza tempo (II T).39 È un sonetto regolare di alessandrini che segue la forma detta classica (o lionese), con cinque rime sufficienti, alternativamente femminili (due) e maschili (tre).40 La struttura frastica si dispone esattamente nella struttura strofica del sonetto (quattro frasi in quattro strofe).41 Sintagmi (vere cellule melodiche, oltre che ritmiche)42 di sei o tre o due sillabe43 si dispongono (alternativamente e ordinatamente) nella precisa, solenne simmetria dell’alessandrino (asimmetricamente nei due emistichi, ma ordinatamente nella struttura strofica): - i versi della I Q sono di sei+tre+tre, tre+tre+sei, tre+tre+sei, sei+tre+tre sillabe; - quelli della II Q, sono di tre+tre+sei, tre+tre+sei, sei+sei, sei+sei sillabe; - quelli della I T, dopo l’asimmetrico v. 9 (due+due+due+tre+tre), i vv. 10-11 sono di sei+tre+tre, sei+tre+tre sillabe; - quelli della II T sono di sei+due+due+due, due+due+due+sei, sei+sei sillabe. Solo nel v. 9, centro semantico del testo, la simmetria dell’alessandrino è spezzata dall’enjambement alla cesura:44 unico enjambement, nell’unico verso dal tono colloquiale, in un discorso solennemente declamatorio, pur se rivolto a Dio dal Soggetto, in un monologo ─ dialogo a voce unica ─ che è preghiera interiore. Anche questo sonetto è retto da una ben ordinata rapportatio a tre termini, che, fin dal primo verso, investe con evidenza il discorso del Soggetto: discorso che è un’intima (pur se declamata) insistita confessione della propria drammatica situazione interiore, irta di tentazioni a tre livelli; confessione di un’interna angoscia, solo alleviata dalla fidente attesa della eterna quiete finale. Una prima frase (I Q) di tre periodi (fra loro paratattici, svolgentisi verticalmente), ciascuno comprendente una proposizione principale e una relativa (frase contenente dodici vocaboli o sintagmi rapportati), è seguìta da una seconda frase (II Q), costituita da tre interrogazioni e tre risposte (frase contenente nove vocaboli rapportati). Segue poi (dopo la dubbiosa, angosciosa apostrofe: Et quoy? mon Dieu, v. 9, centro del discorso, privo di elementi rapportati) una terza frase (I T), una proposizione (je sens) che regge un’infinitiva (con sei vocaboli rapportati). Chiude infine una quarta frase (II T), costituita da sei proposizioni, tre principali e tre relative (frase contenente dodici vocaboli rapportati). Il sonetto comprende trentanove elementi rapportati.45 3, 2. Il tema del sonetto è ovviamente estraneo al petrarchismo. Qui il Soggetto non si rivolge all’Amata, ma a Dio. Denuncia (I Q) i tre Tentatori che lo travagliano (v. 2): - 1, le Monde (la ‘Mondanità’), come un’onda sospinta dall’Abisso, che si erge minacciosa contro di lui (s’enfle 39 Queste riflessioni hanno per fine di toccare problemi formali, emergenti da un testo all’altro per confronto; non è dunque sembrato opportuno accennare ai rapporti di Sponde con altri autori, su temi di ordine teologico, presenti in poeti coevi, cattolici o evangelici o protestanti, francesi o più largamente europei, come La Ceppède, Chassignet, Gombauld, o Juan de la Cruz. 40 Come già detto supra, nella forma classica (o lionese) del sonetto, le quartine sono (come sempre) legate da rime embrassées (incrociate) e le terzine sono formate (come nella forma moderna) da un distico (vv. 9-10) a rime plates (baciate) seguìto da quattro versi (vv. 11-14) legati da rime embrassées (incrociate; nella forma moderna sono invece croisées, alternate); così nella forma classica, come nella moderna, quasi una quartina virtuale. 41 Ignorando il distico (vv. 9-10), disegnato qui dalla sola rima (non anche dal senso, come lo era in Jodelle). 42 Si vuole segnalare in questi versi la rilevanza della loro linea melodica, modulata dal susseguirsi dei fonemi, in particolare i fonemi vocalici, entro la struttura ritmica del verso (alternanza di sillabe toniche e atone). 43 Sintagmi di due sillabe si trovano soltanto nel 1o emistichio del v. 9, poi nel 2o emistichio del v. 12, e infine, a scandire la fiducia nei tre aiuti divini, nel 1o emistichio del v. 13. 44 Da leggersi: Et quoy? mon Dieu, ↔ je sens combattre maintesfois; pronuncia cinquecentesca: quoy (/kwε/) e maintesfois (/mε᷉təfwε/). 45 Come si è visto, fra gli elementi rapportati sono stati abbreviati s’enfle contre moy (in enfle, v. 1), estre enchanté (in enchanté, v. 6), e posti fra parentesi i tre verbi perdra, mourra, rompra (vv. 13-14), parti di tre proposizioni, ciascuna comprendente due vocaboli rapportati: ce charme perdra, mourra cest effort, se rompra ceste onde. 9 contre moy); - 2, la Chair, che lo assale (m’assaut), scuotendolo nell’intimo; - 3, l’Ange révolté, che lo tenta (me tente) con voce invitante. E le insidie dei tre Tentatori (v. 3): - 1, l’onde, il ‘moto travolgente’ (della Mondanità); - 2, l’effort, l’interno ‘urto’ (della Carne); - 3, le charme, la ‘seduzione’ (di Lucifero). Il travaglio sembra placarsi (II Q) nella speranza degli aiuti divini. Eppure, apostrofando Dio, quasi a rimproverargli il mancato aiuto (Et quoy? v. 9, svolta centrale del discorso, l’unico verso non investito dalla rapportatio),46 il Soggetto, pur avvertendo la presenza dei simboli visibili di una Divinità inattingibile, (vv. 7-8, 10, 12: Temple; main; voix) e dei loro possibili aiuti (vv. 5, 13: nef; appuy; oreille), confessa (I T) che sente ancora le reiterate insidie dei tre Tentatori, sempre designati come persone dalle maiuscole (Cest Ange révolté, ceste Chair, et ce Monde),47 additati ora dai deittici (v. 11, Cest, ceste, ce) come minacciosamente presenti, in lotta contro quei simboli. Ma (Mais, v. 12) di nuovo il Soggetto proclama ─ solenne pointe escatologica scandita fermamente ─ la sua fiducia (II T) nei tre simboli della Divinità (v. 12), che, contro quelle insidie (esse pure, come i Tentatori, additate ora dai deittici, ce, ceste, cest, vv. 13-14), gli concederanno gli aiuti (v. 13, 1o emistichio) perché, alla fine, egli possa raggiungere la salvezza nella quiete perenne. Come l’Amata nei due petrarchistici sonetti precedenti, la Divinità, qui due volte nominata (forse solo in un’invocazione rituale, vv. 4, 9), non risponde. Inattingibile come l’Amata, l’Entità trascendente si situa al di là del nome, al di là della elaboratissima struttura formale: la rigorosa armatura, avvertita come cogente anche in questo discorso che coinvolge totalmente la persona del Soggetto (presente negli otto pronomi di prima persona singolare, vv. 1, 4, 7, 9); coinvolge il suo destino oltre la morte, fuori dal tempo e dallo spazio, nell’invocata interminabile immobilità. E bisogna pure riconoscere che, di fronte allo straordinario complesso meccanismo (strumento poetico espressivo, prima ancora che creazione di alto artigianato) che regge il discorso teologico del Soggetto, è proprio in virtù della visibile ricerca di una perfezione formale, a diversi livelli, che questa rappresentazione dell’umana angoscia investe il lettore, il quale, nella lettura solitaria, tende (involontariamente) ad assimilarsi al Soggetto. Ecco dunque le tre doppie allegorie, i tre Tentatori, subito presenti (I Q), ciascuno con la propria specifica insidia; tre insidie che, alla fine, saranno sconfitte (II T, tre verbi al futuro: perdra, mourra, rompra) dai tre aiuti che i tre simboli divini daranno al Soggetto: - 1, la Mondanità (le Monde), onda travolgente, che si erge minacciosa (s’enfle) contro il Soggetto per farlo precipitare nell’Abisso (m’abysme); l’onda quale insidia pericolosa (péril),48 che, di fronte alla prua del Tempio (Temple, con la sua nef, che è ‘navata’ e simbolica nave della salvezza), alla fine s’infrangerà (rompra); - 2, la Carne (la Chair), che assale (assaut) e scuote (esbranle) il Soggetto, per farlo cadere (tomber) nel peccato; l’interno urto (effort) quale insidia, che sarà alla fine distrutta (mourra) di fronte alla mano divina (main), che darà un sostegno (appuy) al Soggetto; - 3, Lucifero (l’Ange révolté), che tenta (tente) il Soggetto per sedurlo (enchante); il falso incanto (le charme inventé) quale insidia demoniaca che, alla fine, sarà sconfitta (perdra) dalla voce divina (voix), che renderà l’orecchio (oreille) del Soggetto sordo alla tentazione. Alle tre insidie (I Q: onde; effort; charme) dei tre Tentatori simbolici (Monde; Chair; Ange révolté), si oppongono dunque i tre aiuti (II Q: nef; appuy; oreille) dei tre simboli della Divinità: Temple (la ‘sede’ di Dio); main (il ‘sostegno’ di Dio); voix (la ‘voce’ di Dio). Tre figure simboliche, che il lettore potrebbe esser indotto a vedere come le Persone della Trinità (Temple, il Padre creatore; main, il Figlio soccorrevole; voix, lo Spirito profetico); che sono solo simboli, percettibili umanamente, della Divinità inattingibile, simboli che daranno al Soggetto, al momento della sua morte, tre specifici saldi aiuti contro le tre insidie dei tre Tentatori (II T): - 1, il Tempio incrollabile, con la navata opposta all’onda esterna della Mondanità; - 2, la mano soccorrevole, quale sostegno 46 Nell’apostrofe-invocazione emerge una domanda gridata: Et quoy? mon Dieu; quasi un dubbio (inconfessabile) sul destino dell’uomo, dubbio angoscioso innegabile, anche se contrastato dalla fede. 47 I tre Tentatori (Ange révolté, Chair, Monde) sono due volte presenti come persone; la Divinità invocata dal Soggetto (Seigneur, v. 4; Dieu, v. 9), ma inattingibile, è presente tre volte con i soli simboli divini (Temple, main, voix, vv. 7-8, 10, 12); dei tre simboli solo Temple ha l’iniziale maiuscola. 48 Molto probabilmente da correggere in périr, come razionalmente propone M. Bensi, op. cit. p. 414. 10 contro l’interno urto della Carne; - 3, la voce, parola pronta a impedire alla seduzione di Satana di raggiungere il Soggetto, dalla voce divina assordato (oreille dormante). 3, 3. Se, oltre la gabbia metrica (obbligata) e l’impalcatura semantica della rapportatio (liberamente voluta dal Poeta), si considera il messaggio formale emergente dal tessuto verbale (le sillabe, cellule costitutive delle linee melodiche dei singoli versi), s’incontrano alcune ripetizioni fonematiche aventi finalità semantica, quasi delle allitterazioni onomatopeiche. Sono, in I Q, le quattordici sillabe nasali (di cui sette toniche) e, in I T, le dieci sillabe nasali (di cui cinque toniche) che rendono dolente e dubbiosa la voce del Soggetto; sono, in II Q, le dodici sillabe con vocali acute (cinque /i/, sei /e/, una /y/) che squillano (opponendosi al lamento di I Q) come un grido di speranza; sono, in II T, le diciassette sillabe con vocali gravi (nove /a/, otto /ε/) che (contro i dubbi di I T) dànno alla voce un timbro di salda certezza nella futura salvezza finale. E sono le allitterazioni: - sei dentali sorde /t/ che sùbito (v. 1) evocano l’urto delle tentazioni; - poi dieci dentali sorde /t/ che delineano uno steccato difensivo (vv. 7-8); - poi (v. 9) il nuovo urto dei Tentatori (espresso da combattre) che di nuovo si scontra con uno steccato di quattro (v. 10) e poi cinque (v. 12) dentali sorde /t/. Infine, quanto alla tonalità del discorso, dieci ripetizioni anaforiche dànno all’intero testo il tono enfatico della preghiera pronunciata ad alta voce, benché il Soggetto si rivolga direttamente a Dio (secondo i principi del protestantesimo) nella commossa intimità dello spirito: v. 1, tout; v. 2, et; v. 3, dont; v. 4, et; v. 5, quel; v. 6, sans; v. 10, et ta; v. 11, ce; v. 12, ta; vv. 13-14, où. 3, 4. Ritornando allo schema della rapportatio, ecco la minuziosa tessitura di relazioni semantiche delle quattro frasi, distribuite nelle quattro strofe: un tessuto posto in atto dal Poeta per significare il proprio interno travaglio e la propria fiduciosa attesa. I trentanove elementi investiti dal meccanismo,49 sono, qui sotto ─ separati dal contesto e disposti su tre linee parallele orizzontali di periodi fra loro paratattici, ridotti a singoli vocaboli (verbi, sostantivi) quali segnali indicatori ─ suddivisi nelle quattro strofe del sonetto, collocati in modo da orientare il lettore in una normale lettura, seguendo la forma del sonetto ritualmente scandito nelle sue strofe e nei suoi versi:50 (I Q) (II Q) (I T) 1: enfle | Monde | onde | abysme nef | péril |Temple Temple | Monde 2: assaut | Chair | effort | esbranle appuy | tomber | main main | Chair 3: tente | Ange |charme | enchante oreille | enchanté | voix voix | Ange (II T) Temple| nef | onde (rompra); main | appuy | effort (mourra); voix | oreille | charme (perdra). Si osserverà che sono presenti: in I Q, i Tentatori e le loro insidie; in II Q, i simboli divini e i loro aiuti; in I T, i simboli divini a fronte dei Tentatori; in II T, i simboli divini che, con i loro aiuti, distruggeranno le insidie dei Tentatori (questi, ora non più nominati). E ancora si osserverà che fra i trentanove elementi rapportati, dodici sostantivi sono enfatizzati dalla ripetizione: 1: 2: 3: Monde (2 volte), onde (2 volte), Chair (2 volte), effort (2 volte), Ange (2 volte), charme (2 volte), nef (2 volte), Temple (3 volte); appuy (2 volte), main (3 volte); oreille (2 volte), voix (3 volte); dodici nomi (sei intesi dal Soggetto come maligni, sei come benigni), che, nell’ordine in cui appaiono nelle quattro strofe,51 configurano una indubbia futura vittoria finale del Bene sul Male. Mentre, per quel che concerne il significante, questa ripetizione dei dodici sostantivi, aggiunta alla gabbia metrica rituale, viene percepita, nella lettura, come ripetizione fonematica 49 Compresi i tre ultimi verbi (II T), nel testo non allineati con gli altri, e posti fra parentesi, qui, come nella trascrizione a destra del testo, stretti tra loro da rime interne, legati per significato e sintassi agli ultimi tre sostantivi. 50 Si sono qui riprese le sole voci verbali (enfle, assaut, tente), segnali sufficienti a orientare il lettore, in luogo dei corrispondenti sintagmi (s’enfle contre moy, m’assaut, me tente). Così pure Ange è per Ange révolté. 51 I Q, i Tentatori e le loro insidie; II Q, gli aiuti dati dai simboli divini; I T, i simboli divini contro i Tentatori; II T, i simboli divini che, con i loro aiuti, elimineranno (post mortem) le insidie, ricacciando nell’Abisso i Tentatori. 11 (quasi fosse un sistema di rime interne), si constaterà, quanto al significato, che i tre Tentatori (Monde, Chair, Ange, v. 2) ritornano in ordine invertito (v. 11); e che anche le loro tre insidie (onde, effort, charme, v. 3) riappaiono in ordine invertito nei due versi finali (vv. 13-14), accompagnate da tre verbi al futuro che ne annunciano la finale eliminazione nell’eternità (- ce charme perdra, - mourra cest effort, - se rompra ceste onde). E si vedrà, al contrario, che i tre aiuti divini (nef, appuy, oreille, v. 5) ritornano nello stesso ordine diretto (v. 13);52 e i tre simboli divini (Temple, main, voix, vv. 7-8) ritornano vittoriosi, sempre nello stesso ordine diretto, doppiamente ripetuti (vv. 10 e 12), con triplice insistita trionfale solennità. E si constaterà dunque la presenza dominante, e significativa, dei tre nomi dei simboli della Divinità (Temple, main, voix): simboli divini presenti tre volte, dapprima solennemente esposti (vv. 7-8), accompagnati da determinanti (- 1, il Tempio, où vit ta Saincteté; - 2, la mano, invincible; - 3, la voce, si constante), poi per due volte trionfalmente ripetuti (vv. 10 e 12), senza più determinanti se non l’aggettivo possessivo (ton, ta, ta) che ne dice la provenienza divina. Si segnalano infine due rime particolarmente significative: - 1, la rima interna (in I Q: Monde / onde, vv. 2-3) che sottolinea i primi due nomi maligni, ritornanti nell’ultima rima obbligata (Monde, v. 11; onde, v. 14) a sigillare il sonetto (Mondanità minacciosa in vita, che, post mortem, sarà sconfitta); - 2, la rima in /Ra/ ripresa quattro volte (vv. 12-14: sera, perdra, rima in fine di verso; mourra, rompra, rima interna) che proclama alto (in II T) la futura definitiva vittoria dei tre simboli divini, con i loro aiuti, sul reiterato assalto dei tre Tentatori, con le loro insidie. Da queste considerazioni risulterà evidente, non solo il sottile lavoro artigianale del Poeta, ma in quanti diversi modi la sua pressante e complessa e tesa elaborazione del tessuto linguistico intervenga, quale strumento poetico, nella evocazione e rappresentazione del significato. 3, 5. Infine, se osserviamo, qui sotto, i trentanove elementi rapportati, segnalati, a destra del sonetto, dalle trentanove cifre, potremo anche noi lettori scorgere mentalmente ─ come certo vedeva il Poeta mentre, con ripensamenti e correzioni, nel suo artigianale tormento, stava tracciando sul foglio le parole per comporre il travagliato tessuto ─ una precisa geometrica bidimensionale icona, disposta in un ordine ternario, evocante una struttura architettonica a due piani, come la facciata di un tempio (quasi un calligramma virtuale). Tout s’enfle contre moy, || tout m’assaut, | tout me tente, Et le Monde, | et la Chair, || et l’Ange révolté, Dont l’onde, | dont l’effort, || dont le charme inventé Et m’abysme, Seigneur, || et m’esbranle, | et m’enchante. | | | | | | | | 2 2 2 2 | | | | Quelle nef, | quel appuy, || quelle oreille dormante, Sans péril, | sans tomber, || et sans estre enchanté, Me donras-tu? Ton Temple || où vit ta Saincteté, Ton invincible main, || et ta voix si constante. | 1 | | 1 | / / 2 2 2 1 | | 3 | | 3 | \ 3 \ Et quoy? mon Dieu, je sens combattre maintesfois Encore avec ton Temple, || et ta main, | et ta voix, Cest Ange révolté, || ceste Chair, | et ce Monde. 1 1 1 1 3 3 3 3 | | | | | 1 | 2 | 3 )( )( 3 | 2 | 1 )( Mais ton Temple pourtant, || ta main, | ta voix sera La nef, | l’appuy, | l’oreille, || où ce charme perdra, Où mourra cest effort, || où se rompra ceste onde. )( 1 | 2 | 3 | | 1 | 2 | 3 )( 3 3 | | 2 2 | 1 1 | [Digitare una citazione tratta dal documento o il sunto di un punto di Nella parte superiore (I e II Q), tre snelle colonne senza capitello né architrave, costituite da interesse. È possibile collocare la casella diciotto elementi (vv. 1-6), posano sopra una base di tre elementi, disposti in forma di simbolico di testo in qualsiasi punto del documento. triangolo equilatero (vv. 7-8). Nella parte inferiore (dopo ilUtilizzare sottile la spazio di materiale verbale scheda Strumenti disegno per non rapportato, del v. 9) tre basse colonne di nove elementi (posti in un ordine che, per tre Tentatori, cambiare la formattazione dellaicitazione.] 52 I tre aiuti divini, che il Soggetto, pur con qualche angoscioso dubbio (v. 5), si aspetta, riappaiono tutti (in forma abbreviata, nel 1o emistichio del v. 13: La nef, l’appuy, l’oreille), nella fiduciosa attesa della futura eternità immobile. 12 duramente s’inverte, vv. 10-12), quasi tortili colonne tronche barocche, compresse dal peso delle diritte colonne superiori, posano sopra una larga massiccia base, solidamente costituita da altri nove elementi, posti orizzontalmente, in chiusura (vv. 13-14), in un ordine, che, ancora, un’ultima volta ─ a rappresentare il definitivo annullamento delle tre maligne insidie ─ drammaticamente s’inverte. Una elaboratissima struttura architettonica, che appare altamente mossa e drammatica nelle sue plurime torsioni, specie se confrontata all’imponente rigida figura carceraria, rigorosamente regolare e lineare, che sostiene con vigore il sonetto di Jodelle, o alla snella, appena avvertita, elegante geometria, che regge il sonetto di Du Bellay. Résumé. ─ Analyse de trois sonnets en vers rapportés: trois sonnets créés par Du Bellay, Jodelle, Sponde. Une analyse orientée sur les diverses structures formelles (relations entre strophes et phrases, système de rythmes et de rimes, rapportatio, anaphores, répétitions phonématiques) régissant les textes. Une micro-analyse strictement linguistique, qui cherche à montrer la possibilité de lire dans un sonnet en vers rapportés, à côté du sens (interprétation du réel évoqué par le discours) et du son (rythme, mélodie, harmonie) ─ ce que le sonnet offre rituellement au lecteur comme n’importe quel texte en vers ─ la figure géométrique bidimensionnelle (inventée chaque fois par l’auteur), que dessine la suite des mots investis par la rapportatio: une icône évoquant une forme architecturale. 13