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anno 22 | numero 17 | 4 maggio 2016 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
Alla mercé
del Dragone
Milan, Inter, Pirelli e tanto altro.
Luci e soprattutto ombre dello shopping mondiale dei cinesi
EDITORIALE
INCHIODATI AGLI SLOGAN PRO E CONTRO I PROFUGHI
L’ASCIA NEL CUORE
Indignazione
in un clic
Anders Breivik, il folle neonazista che uccise 77 persone a Utoya nel
2011, ha vinto una causa contro lo
Stato norvegese, colpevole di violare i
suoi diritti umani in carcere, al quale è stato condannato con una pena
di 21 anni (il massimo in Norvegia,
dove non esiste l’ergastolo). Il caso
ha destato clamore perché la cella in
cui è rinchiuso Breivik è provvista di
tv, console per videogiochi e uno spazio dove fare esercizio fisico. Ma poiché egli è costretto a trascorrere 22
ore da solo, i giudici norvegesi hanno riconosciuto che sì, in effetti, tale
trattamento contrasta con la Convenzione europea dei diritti umani, che
proibisce la tortura e i trattamenti degradanti. Sui siti internet hanno ricominciato a girare le immagini
delle splendide celle norvegesi, dotate di tutti i comfort, che paiono quasi
delle villette brianzole. Per i quotidiani online è stato un gioco da ragazzi ottenere clic d’indignazione sottolineando il contrasto tra il mostro e
il trattamento riservatogli («persino
la playstation»!). Negli stessi giorni è
uscito il rapporto Antigone sulle carceri italiane: in celle vecchie, fatiscenti e sovraffollate sono stipati detenuti
(un terzo in attesa di giudizio) come
nemmeno i maiali – secondo le norme europee – meriterebbero di essere
trattati. Nel 2015 vi sono stati quasi
settemila episodi di autolesionismo e
43 suicidi. È una situazione di tortura che va avanti da anni, ma, a parte
qualche radicale o cattolico di buon
cuore, nessuno ne parla. Mica che poi
qualcuno si indigni per sbaglio.
Emanuele Boffi
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Quando ci decideremo ad affrontare
l’esodo con il coraggio della verità?
«S
top all’emigrazione irregolare. il mio
eldorado è il mali». Se solo
avessimo trovato in giro, in una delle tante agenzie che immortalano con foto di straordinaria suggestività i poveri squali uccisi o le povere barriere coralline sbianchettate, i manifesti che campeggiano
nelle strade di Bamako, avrebbero meritato una copertina. Già, perché noi
qui continuiamo a dividerci sugli immigrati e a raccontarci le baruffe delle cancellerie europee. Continuiamo a discutere di navi che ogni giorno traghettano in salvo gente ammassata sui barconi. E di frontiere dell’ex impero asburgico ricostruite in questi giorni di emergenza profughi.
Mentre non si sono ancora visti quella foto-manifesto di Bamako e articoli come quello che ospitiamo in questo numero dell’africanista Anna Bono,
che raccontano l’esodo con gli occhi di chi emigra. Cioè dal punto di vista
della gente del Mali, Senegal, Nigeria, Costa D’Avorio, dove grande è il dolore e l’onta di vedere le forze più giovani strappate alla propria terra e alle
proprie famiglie. Per cosa? Per un Eldorado che non esiste. Un sogno di benessere su cui speculano le “agenCON IL SUO «NON POSSO TACERE!» zie di viaggio” della criminalità, i
E «DISARmATE GLI AGGRESSORI!», trafficanti di esseri umani.
WOjTyLA OTTENNE L’INTERvENTO
Noi qui a dire: “poverini”, “accoDI POLIzIA INTERNAzIONALE CHE
glienza”, “eurobond”. Oppure: “non
SALvò I mUSULmANI IN BOSNIA
si può accoglierli tutti”, “chiudere
le frontiere”, “tirare su i muri”. Non ci accorgiamo che le opposte fazioni restano incatenate all’uso elettoralistico o moralistico o ideologico di un esodo che, come da documento congiunto Papa-Patriarchi a Lesbo, deve essere
affrontato con «ogni mezzo». E «ogni mezzo» significa anzitutto capire cosa
sta accadendo. E significa intervenire.
Quanto ancora dovranno aspettare gli africani per ricevere vera cooperazione anziché aiuti finanziari a pioggia in cambio dell’introduzione in Africa di carrettate di condom e pianificazioni delle nascite, leggi “antiomofobia” e legislazioni pro matrimoni gay? Fino a dove l’Occidente si spingerà
ad azzannare la Chiesa e le missioni cattoliche che hanno sottratto l’Africa allo schiavismo islamista e puritano? Se ci voltiamo verso il Medio Oriente, la domanda si fa anche più impellente. Quanto possono ancora aspettare i milioni di civili posteggiati nelle “terre di mezzo”, stipati in sterminati
campi profughi, con poco cibo e nessun posto dove andare, prima che la comunità internazionale organizzi una risposta decente allo Stato islamico e
imponga con un intervento di “ingerenza umanitaria” il ritorno a casa di
gente che non avrebbe nessuna intenzione di emigrare in Europa?
Ah, se anche gli uomini di Chiesa che si sono messi a discettare di superamento del catechismo cattolico in materia di “guerra giusta”, ricordassero il grido di san Giovanni Paolo II, il suo «non posso tacere!» e «disarmate
gli aggressori!», per cui infine papa Wojtyla ottenne l’intervento di polizia internazionale che salvò i musulmani in Bosnia e in Kosovo…
Ma è proprio questo che manca oggi: il coraggio della verità.
SOMMARIO
10 PRIMALINEA LUCI E OMBRE DELLO SHOPPING MONDIALE CINESE | CASADEI
NUMERO
17
IN EDICOLA DAL 28 APRILE
AL 4 MAGGIO 2016
anno 22 | numero 17 | 4 maggio 2016 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
Alla mercé
del Dragone
Milan, Inter, Pirelli e tanto altro.
Luci e soprattutto ombre dello shopping mondiale dei cinesi
18 SOCIETà L’AVVENTURA DELL’AFFIDO | GIOJELLI
LA SETTIMANA
L’ascia nel cuore
Emanuele Boffi ........................... 4
Foglietto
Alfredo Mantovano.......... 8
Boris Godunov
Renato Farina.............................17
Consequentia rerum
P. G. Ghirardini ...................... 22
Vostro onore mi oppongo
Maurizio Tortorella..... 23
24 ESTERI AFRICA, I COSTI DELLA PERDITA
DI UNA GENERAZIONE | BONO
Mamma Oca
Annalena Valenti .............. 35
Cartolina dal Paradiso
Pippo Corigliano ................. 39
Lettere dalla fine
del mondo
Aldo Trento .................................. 40
Sport über alles
Fred Perri...........................................42
Appunti
Marina Corradi ..................... 46
RUBRICHE
Stili di vita .......................................... 34
Motorpedia ....................................... 36
Lettere al direttore .......... 38
Taz&Bao................................................44
30 CULTURA IL FILOSOFO CATTOLICO MUSSO DIFENDE IL METODO GALILEIANO | AGNOLI
Foto: Ansa, Ansa
Foto di copertina: Shutterstock
FOgLIETTO
INCONTRIAMOCI VENERDÌ 29 APRILE A ROMA
Davanti ai nostri fratelli
che pagano per la fede
il prezzo più alto
DI ALFREDO MANTOVANO*
K
om Boha è un villaggio a 60 chilometri da Assiut, nell’Alto Egitto: sono
circa trent’anni che le 1.500 persone di fede cattolica desiderano una chiesa
vera. Finora la Messa è stata celebrata in
un piccolo spazio messo a disposizione da
una famiglia: nell’area c’è un muro diroccato sul quale una mano pietosa ha dipinto una croce. In Europa, in Italia, prima di
andare a Messa la domenica siamo abituati a scegliere quella della chiesa più vicina, la più comoda, dove il
sacerdote non tira l’omeA PARTIRE DALLE ORE 20 PER TuTTA LA
lia troppo per le lunghe.
NOTTE VERRANNO PROIETTATE IMMAgINI
In tanti angoli nel monDELLA PERsECuzIONE ANTICRIsTIANA su
do non si hanno molte
uNA FONTANA DI TREVI ILLuMINATA DI
alternative: ci sono fedeli disposti a percorrere a
ROssO, TINTA DEL sANguE DEI MARTIRI
piedi ogni settimana chilometri e chilometri pur di assistere al ri- to: sono state gettate le fondamenta della
to sacro; fedeli che – come in Nigeria, nei struttura di 450 metri quadrati. Le spese
territori occupati da Boko Haram – si re- per completarla sono assicurate da Acs: è
cano in chiesa, ma non sono certi di tor- una delle tante modalità di intervento di
narne, a causa degli attentati che sono re- questa fondazione di diritto pontificio, coalizzati proprio il giorno della festa, con stituita nel 1947 da un monaco di origine
terroristi bambini indotti a entrare negli olandese, Werenfried van Straaten.
In 70 anni essa ha realizzato progetedifici sacri e lì a farsi esplodere; fedeli
che – come a Kom Boha – non traggono da ti per sostenere la pastorale della Chiesa
una difficoltà materiale ragione per non nei luoghi di persecuzione o di grave carenza di mezzi. Nel 2015 ha raccolto oltre
frequentare i sacramenti.
In Egitto la legislazione sulla costru- 123 milioni di euro nei 21 paesi dove è prezione delle chiese è una delle preoccupa- sente e ha realizzato 6.209 progetti in 148
zioni dei cristiani: a differenza delle mo- nazioni. Al lavoro di aiuto materiale si afschee, ottenere permessi per costruire fianca quello di sensibilizzazione, che culaltri edifici religiosi fa registrare attese di mina con la pubblicazione biennale del
anni, quasi che i cristiani siano cittadini Rapporto sulla libertà religiosa nel mondi seconda serie. Grazie ad Aiuto alla Chie- do, un volume di centinaia di pagine fatsa che Soffre (Acs), i fedeli di Kom Boha po- to di schede-paese che per ogni Stato, nestranno avere presto una chiesa, che sarà suno escluso, descrive cosa è accaduto nel
intitolata a san Giorgio. Il terreno che la biennio precedente.
comunità aveva acquistato con grande saNella stessa linea si colloca l’iniziaticrificio 22 anni fa non resterà inedifica- va di venerdì 29 aprile a Roma, alle 20, da-
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vanti alla Fontana di Trevi. Uno dei monumenti più noti al mondo sarà investito
da fasci di luce rossa: a simboleggiare il
sangue dei tanti martiri cristiani uccisi in
odio alla fede. La serata, condotta da Monica Mondo, si aprirà con i saluti del prefetto Francesco Paolo Tronca, commissario straordinario di Roma Capitale, cui
seguiranno una mia breve introduzione e
l’intervento del presidente internazionale
di Acs, il cardinale Mauro Piacenza.
Le quattro testimonianze
Quattro ospiti racconteranno poi altrettante storie di martiri per la fede: dalla
vicenda delle Missionarie della Carità uccise nello Yemen il 4 marzo, che sarà ricordata da una loro consorella, a quella
del ministro per le Minoranze religiose
del Pakistan assassinato nel marzo 2011,
Shahbaz Bhatti, di cui dirà il suo amico
Shahid Mobeen, fondatore dell’Associazione Pakistani cristiani in Italia. Maddalena Santoro racconterà del fratello, don
Andrea, ucciso in Turchia nel 2006; infine uno studente del Kenya, Luka Loteng,
renderà omaggio agli studenti cristiani
uccisi a Garissa nell’aprile 2015. Al termine la fontana si vestirà di rosso per fare da
cornice alla testimonianza di monsignor
Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo.
La serata si concluderà con la recita della Preghiera del venerabile Pio XII per la
Chiesa perseguitata. Per tutta la notte verranno proiettate immagini della persecuzione anticristiana su una Fontana di Trevi tinta del sangue dei martiri.
Incontriamoci in questo luogo simbolo della capitale il 29 aprile: è un modo di
porsi idealmente al fianco di chi oggi soffre a causa della fede.
*presidente di Acs Italia
Foto: Ansa
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COPERTINA
Multinazionali, squadre, banche, catene alberghiere.
Attenzione a guardare con favore allo shopping mondiale
dei cinesi. Basterebbe l’imminente svalutazione della loro
moneta a travolgerci. E non è nemmeno la notizia peggiore
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China National Chemical Corporation
(nota con l’abbreviazione ChemChina)
ha acquistato la maggioranza della Pirelli
comprando azioni per una cifra
attorno ai 7,9 miliardi di dollari
DI RODOLFO CASADEI
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COPERTINA PRIMALINEA
La città fantasma di Kangbashi,
nel nord della Cina. Costruita nel 2009
per ospitare un milione di persone,
nel 2015 contava meno di 100 mila abitanti
MILAN, INTER, ATLETICO MADRID, MANCHESTER CITY. PIRELLI,
BORSA DI CHICAGO, SYNGENTA. DA QUALCHE TEMPO GLI
INVESTIMENTI CINESI SI SONO RIORIENTATI SULL’OCCIDENTE
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tivo di portare in Cina il Mondiale di calcio del 2030, mentre il piano di sviluppo decennale del paese prevede il rilancio dell’economia sportiva e in tale contesto la creazione di 50 mila nuove scuole calcio entro il 2025. Dalian Wanda
è già entrato nella proprietà dell’Atletico Madrid con 45 milioni di euro, mentre il gruppo automobilistico Rastar ha
comprato la maggioranza delle azioni
dell’Espanyol con circa 17 milioni di euro.
Altre dieci squadre della Liga spagnola
hanno contratti di varia natura (sponsorizzazioni, scambi fra scuole calcio, forniture) con aziende cinesi. In Inghilterra
China Media Capital Holdings ha comprato una quota da 400 milioni di euro nella
proprietà del Manchester City. Zhang Jindong, miliardario proprietario della SCG,
si propone di acquistare una quota del 20
per cento della proprietà dell’Inter con
una cifra attorno agli 80 milioni di euro.
Molto più ambizioso, Robin Li, presidente del Consiglio di amministrazione di
Baidu e sesto uomo più ricco della Cina,
ha offerto 720 milioni di euro per rilevare interamente l’Ac Milan: se l’operazione
andrà in porto sarà il più grosso investimento cinese nel calcio europeo.
Acquisizioni internazionali
Eppure queste cifre, capaci di mettere a
dura prova la resistenza di uomini come
Silvio Berlusconi e Mansur bin Zayd Al
Nahyan (il proprietario del Manchester
City e fratellastro del presidente degli Emirati Arabi Uniti), sono poco più che spiccioli in confronto agli investimenti che
i cinesi hanno fatto e stanno offrendo di
fare in altri settori. Per anni si sono concentrati principalmente in acquisizioni
di grandi compagnie dei paesi emergenti, ma da qualche tempo si sono riorientati sui mercati dell’Occidente industrializzato. L’anno scorso su 112,5 miliardi di
dollari di acquisizioni e fusioni made in
China in tutto il mondo, le imprese cinesi hanno investito 23 miliardi in Europa
Foto: Ansa
C
minimamente attenzione allo shopping
compulsivo che le imprese
cinesi stanno conducendo
in tutto il mondo, non si
sorprende che si stia estendendo al calcio. L’anno scorso il precedente record di acquisti e fusioni cinesi all’estero è stato battuto, quest’anno
sarà stracciato. L’offerta multimilionaria di Baidu, il secondo motore di ricerca
Internet del mondo, per l’acquisto dell’Ac
Milan, e l’interessamento di alcune aziende (Suning Commerce Group, Bejing Xinwei, ChemChina) a rilevare quote di proprietà dell’Fc Internazionale si spiegano
anche con l’importanza che il regime di
Pechino attribuisce all’ascesa della Cina
nell’ambito del calcio, lo sport più popolare del mondo. Il gruppo Dalian Wanda,
gigante dell’edilizia e delle sale cinematografiche del miliardario Wang Jianlin
(il cinese più ricco del mondo), è diventato top level sponsor della Fifa con l’obiethi sta facendo
(di cui 17,1 nell’eurozona) contro i 18 del
2014; 15 miliardi di dollari negli Stati Uniti contro i 12,8 del 2014. L’affare più grosso in Europa ha riguardato l’Italia: China
National Chemical Corporation (nota con
l’abbreviazione ChemChina) ha acquistato la maggioranza della Pirelli comprando
azioni per una cifra attorno ai 7,9 miliardi
di dollari. Il 2016 si è aperto con altri trofei
di caccia grossa: Haier ha comprato l’unità
prodotti della General Electric americana
per 5,4 miliardi di dollari, mentre Dalian
Wanda ha acquistato Legendary Entertainment (casa cinematografica californiana)
per 3,5 miliardi di dollari. Altre trattative sono in corso da parte di soggetti cinesi
per acquistare la Borsa di Chicago, la tedesca Krauss-Maffei (specialista in armamenti e meccanica pesante), la catena americana di hotel Starwood per 13 miliardi di
dollari e soprattutto la Syngenta, il gigante svizzero dell’agroindustria per la quale
ChemChina sarebbe pronta a sborsare circa 43 miliardi di dollari, cioè quasi il tri-
plo di tutti gli investimenti cinesi negli
Stati Uniti l’anno scorso.
Non è detto che tutte le operazioni
vadano a buon fine. Soprattutto in America gli organi di controllo vigilano, e non
tutte le acquisizioni ottengono il via libera. Si calcola che mediamente il 60 per
cento delle offerte cinesi non abbia esito positivo. Però nel solo mese di gennaio sono state annunciate 82 offerte cinesi
di acquisto o fusione per un valore di 73
miliardi di dollari. Il conto è presto fatto.
E in ogni caso la cedevolezza alle iniziative cinesi è molto superiore alle resistenze. Esemplare il caso della Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib) promossa da Pechino. Gli Stati Uniti hanno svolto un’insistente opera di dissuasione nei
confronti dei paesi europei orientati ad
aderire alla banca multilaterale, spiegando che essa rappresenta un’alternativa
al sistema imperniato sul Fondo monetario internazionale (Fmi) e sulla Banca
Mondiale egemonizzati dall’Occidente e
uno strumento per l’espansione dell’influenza politica cinese. Non è servito a
nulla: contro il parere di Washington,
il Regno Unito è diventato membro fondatore dell’istituto di credito con sede
a Pechino il 12 marzo, Francia, Germania e Italia il 16 marzo. In tutto 13 paesi
dell’Unione Europea figurano fra i membri fondatori della filo-cinese Aiib. Che,
scrive China Daily, «aiuterà le compagnie
cinesi nelle loro offerte di acquisizioni
internazionali».
Ma per quale motivo tanti soggetti
economici cinesi – aziende pubbliche e
imprese private, fondi sovrani d’investimento e fondi azionari privati – si sono
lanciati nello shopping planetario compulsivo di imprese straniere? La risposta porta con sé motivi di preoccupazione. Da una parte, infatti, gli attori cinesi acquistano all’estero per le ragioni strategiche tipiche delle multinazionali. Chi
investe nel calcio ovviamente non pensa
di realizzare profitti in quell’ambito, ma
vuole fare conoscere il proprio marchio
per facilitare l’ingresso dei propri specifici prodotti o servizi nel mercato del paese
della squadra di football acquisita. Poi ci
sono le acquisizioni che mirano ad accaparrarsi tecnologie, linee di produzione,
catene di distribuzione, quote di mercato, marchi esteri prestigiosi, capacità di
ricerca e sviluppo. Tutto questo rientra
nella norma e nella logica delle multinazionali. Nel caso delle aziende cinesi sappiamo anche per certo che queste scelte
sono approvate e facilitate dal governo:
il dirigistico stato cinese esercita un forte controllo sulla disponibilità di valuta
estera; senza il via libera delle autorità le
imprese non disporrebbero dei dollari o
degli euro necessari per le loro operazioni. Ma le strategie industriali e finanziarie non sono le uniche cause degli investimenti esteri cinesi. Il rallentamento della
crescita economica, il rischio di una nuova svalutazione della moneta nazionale e
le particolari strategie che il governo cinese ha messo in atto per contrastare la flessione della crescita sono altrettante, preoccupanti ragioni per le quali le aziende
cinesi acquisiscono all’estero. Il problema
è questo: la sinizzazione dell’economia
mondiale è sintomo di un rischio di crac
dell’economia in Cina che si ripercuoterebbe sulle economie di tutto il mondo.
Un rallentamento inevitabile
Com’è noto, i tassi di crescita dell’economia cinese sono in flessione. Fra il 1979
(anno della riforma economica di Deng
Xiaoping) e il 2010 il Pil cinese è cresciuto mediamente del 9,9 per cento all’anno. A partire dal 2010 si sono fatti sentire anche sulla Cina gli effetti della crisi finanziaria dei mutui sub-prime divenuta acuta nel 2008. Nel 2012 la crescita
è stata “solo” del 7,8 per cento, nel 2015
addirittura del 6,9 per cento, la più debole negli ultimi venticinque anni. Quel|
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la di quest’anno è stata programmata dal governo al 6,7 per cento, ma i dati
del primo trimestre proiettati su tutto
l’anno dicono 6,3. Questo rallentamento ha influito al ribasso sul prezzo delle
materie prime, mettendo in crisi i paesi
come il Brasile e aree come l’Africa subsahariana che in questi anni si sono arricchiti esportando in Cina le materie prime al servizio del boom manifatturiero,
e l’Europa che stava risalendo la china
con esportazioni di alta gamma verso tutti i sopra menzionati. Ma il peggio deve
ancora arrivare. L’economia cinese sembra destinata a un rallentamento ben più
accentuato di quello registrato negli ultimissimi anni, perché l’alta crescita che è
stata comunque mantenuta si basa sulla
alti del mondo. In cifra assoluta, il debito
cinese totale (quello pubblico sommato a
quello privato) è quadruplicato nel giro
di sette anni, passando dai 7 mila miliardi di dollari del 2007 ai 28 mila miliardi
del 2014. Dati più aggiornati non ce ne
sono. Prima o poi le imprese dovranno
disindebitarsi, oppure fallire, oppure far
fallire le banche che hanno loro prestato.
Si calcola che i bilanci delle banche cinesi siano già afflitti da 200 miliardi di dollari di debiti inesigibili. Tutto ciò produrrà deflazione, ulteriore diminuzione della crescita, e tutto questo si riverbererà a
livello dell’economia mondiale. A preoccuparsi della piega che stanno prendendo le cose sono i cinesi stessi. Che il rapporto debito-Pil sia diventato insosteni-
IL govERNo dI pEchINo hA AffRoNtAto LA cRIsI RIvERsANdo
uN MARE dI dENARo suLLE IMpREsE. chE A LoRo voLtA
Lo hANNo usAto pER costRuIRE cIttà RIMAstE dIsAbItAtE
bolla di un crescente indebitamento delle imprese e su una bolla edilizia. In buona sostanza il governo cinese ha affrontato la crisi creata a livello globale dai
mutui sub-prime riversando un mare di
denaro sulle imprese che a loro volta lo
hanno usato per investimenti infrastrutturali e per costruire città che sono rimaste disabitate.
Quando il collasso?
Nel solo 2009 il governo approvò un pacchetto di stimoli per 586 miliardi di dollari. Il debito pubblico cinese è poco elevato: ufficialmente è pari al 41 per cento
del Pil (si pensi che quello italiano, che è
il quarto più alto al mondo, sta al 133 per
cento); ma se ad esso si sommano il debito delle imprese e quello delle famiglie,
arriviamo al 230-240 per cento (le stime
variano fra varie fonti autorevoli, secondo
McKinsey Global Institute sarebbe addirittura 282 per cento), che è uno dei più
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bile lo ha ammesso lo stesso Zhou Xiaochuan, il governatore della banca centrale cinese. Ning Zhu, uno dei più celebrati
economisti di Shanghai, ha da poco scritto in inglese China’s Guaranteed Bubble
(La bolla garantita della Cina), dove spiega che le implicite garanzie del governo
cinese a banche, imprese statali, governi locali e investitori del settore edilizio e del mercato azionario hanno incoraggiato livelli di indebitamento sempre
più pericolosi per un’economia in rallentamento. «Una bolla e il suo successivo collasso non sono questione di se, ma
di quando», ha dichiarato in un’intervista
al New York Times. «La finestra a disposizione per disinnescare questa bomba a
orologeria si sta chiudendo, considerata
la velocità con cui il debito è aumentato
negli ultimi anni».
Secondo Zhu la bomba si disinnesca
togliendo di mezzo la garanzia dello Stato e lasciando fare al mercato. Non è quel-
lo che sta facendo il governo cinese, che
all’inizio dell’anno ha emesso altri 500
miliardi di debito in forma soprattutto
di prestiti alle imprese. L’Economist ha
previsto le prossime mosse: utilizzo della
leva del debito pubblico (con un rapporto
debito pubblico-Pil del 41 per cento, c’è
ancora spazio di manovra), tassi di interesse sui prestiti vicini allo zero, Quantitative Easing alla Draghi. Resta tabù, ufficialmente, la misura regina per stimolare
la crescita attraverso l’export e per rendere meno oneroso il servizio dei debiti: la
svalutazione della moneta.
L’esigenza di spendere
L’anno scorso la valuta nazionale è stata svalutata del 3 per cento, le autorità
ripetono che vogliono difendere l’attuale cambio, ma economisti e imprenditori cinesi parlano e agiscono come se una
nuova svalutazione fosse solo questione
di tempo. Per difendere il cambio attuale sono stati bruciati quasi 1.000 miliardi di dollari di riserve valutarie, scese da
4 mila a 3.200 miliardi di dollari nel giro
di un anno. Secondo il presidente dell’Accademia delle Scienze sociali Yu Hongding, intervistato a Cernobbio da Ambrose Evans-Pritchard del Daily Telegraph,
«Le autorità devono smettere di intervenire sul mercato dei cambi. La Cina ha bisogno di una svalutazione del 15 per cento.
Stanno creando le condizioni per gli speculatori». La prova che gli imprenditori
cinesi prevedono una svalutazione sta proprio nel fatto che stanno facendo acquisizioni all’estero più che possono. Quello è
il modo migliore di prevenire il deprezzamento dei loro asset che deriverebbe
da una svalutazione in patria. Come ha
dichiarato un altro economista cinese al
Financial Times, Shen Jianguang, «La fuoriuscita di capitali è fortemente collegata alle aspettative di una svalutazione della moneta cinese». Sì, Berlusconi e Thohir
possono tirare sul prezzo.
n
boris
godunov
bATTuTE CHE non FAnno ridErE
Il nuovo leader delle toghe
e il vizio antico di descrivere
le persone come «mosche»
|
di rEnATo FArinA
b
oris ha imparato che uno dei frammenti dei filosofi eleati,
tramandatici dai monaci, dice: «Donaci o Zeus il miracolo di un cambiamento». Abbiamo bisogno di cambiare, di
tornare bambini, abbracciati alla verità e all’amore come ci accadde con nostra madre. Gesù dice: nascere di nuovo.
Pochi giorni fa, un incontro casuale, alla stazione Termini di
Roma, sala di attesa del Frecciarossa: Antonio Di Pietro. Un giorno dividemmo un piatto di pasta e una fetta d’anguria, poi ci si
rivedette in tribunale. Questa volta è scattato qualcosa di misterioso e ci siamo abbracciati. Qualche frase ovvia, di quelle che però dicono la verità, su noi stessi, le speranze, la famiglia. Qualche
ora dopo, in risposta al mio, mi è arrivato questo sms: «Ciao, Renato. Anche io ti ho rivisto e salutato con piacere. Il tempo e gli
anni ci aiutano molto a capire meglio gli altri. Per me ora è così.
Antonio». Mia risposta: «Vale anche per me. Forse si cresce».
Ehi, non è l’incontro di due reduci con il bastone e i rimpianti. È qualcosa d’altro. Il tempo è un grande pedagogo. Bisogna
lasciare frangere le onde dell’esperienza sul nostro «petto che
molto ha sofferto» (Alceo), ma ha anche detto di sì a molte sciocchezze. E saper chiedere e riconoscere uno sguardo di misericordia, quello che ci viene incontro con questo Giubileo.
Ho detto Giubileo e sembra quasi che abbia detto giulebbe,
che è un dolce, troppo dolce. Ma Boris non sopporta melensaggini. Sia chiaro, le idee di Di Pietro sono quelle di sempre, su giustizia e politica (almeno credo). Così le mie, diverse alquanto. Ma si
guarda l’altro con compassione.
Una coerenza leggermente spaventosa
A volte però non si cambia proprio. Si dicono le stesse cose, con lo
stesso rullo di tamburi che non muta mai ritmo. Dell’intimo non
so, resta un enigma. Ma quanto al dire, idem con patate. Con nuovi alti pennacchi sulla fronte indubbiamente spaziosa, è ricomparso sulla scena pubblica Pier Camillo Davigo, oggi capo del sindacato unico dei magistrati (Anm). Per chi avesse perso di vista la
sua carriera, da testa fine del pool di Mani pulite è stato promosso consigliere alla Corte di Cassazione. Nessuno eccepisce su due
doti: la competenza giuridica e il linguaggio chiaro, senza paludamenti. Ecco: Davigo parla esattamente come venti e passa anni
fa, stesse formule, stessi aneddoti, e questa impossibilità di cambiare disco. Certo è coerenza, ma leggermente spaventosa.
pEr dAvigo non C’è nullA dA sCoprirE:
si sA CHE i poliTiCi sono lAdri, non si
sCAppA. si pErCEpisCE l’AFFErmAzionE
dEl diriTTo dEi pm A spArArE nEl bosCo
ConTro quAlunquE CosA si muovA,
nEllA CErTEzzA di bECCArE un ColpEvolE
Di recente è apparso in tv a Otto e mezzo, dove ha asfaltato
con assoluta facilità Paolo Mieli, che timidamente criticava l’invasione di campo della magistratura nella politica. Tutte risposte straordinariamente efficaci, quelle di Davigo. Io mi permetto una sintesi difficilmente smontabile: “I ladri sono ladri sono
ladri”, con la stessa intonazione lirica di “Una rosa è una rosa è
una rosa” (Gertrude Stein). Possibile che la vita sia solo questo?
A prescindere dal processo e perfino dall’indagine
Certo, uno potrebbe dire: è il suo mestiere, prendere i ladri, anzi scoprirli, inquisirli, processarli e giudicarli. Ma la questione
è che per lui non c’è nulla da scoprire. Si sa che sono ladri. Chi?
La grandissima parte dei politici, degli amministratori pubblici,
non si scappa. Si percepisce l’affermazione del diritto delle procure a sparare nel bosco della politica contro qualunque cosa si
muova, nella certezza di beccare un colpevole, prima che ci sia
non solo un processo ma un’indagine.
Anche quando dice cose sensatissime, Davigo è come se ci costringesse a leggere un ipertesto, che coincide con il suo sorriso
quasi leonardesco, ma direi anche giacobinesco.
C’è una frase nell’intervista al Corriere della Sera molto interessante. Oggi la situazione è come allora?, chiede Aldo Cazzullo.
«È peggio di allora. È come in quella barzelletta inventata sotto il
fascismo. Il prefetto arriva in un paese e lo trova infestato di mosche e zanzare, e si lamenta con il podestà: “Qui non si fa la battaglia contro le mosche?”. “L’abbiamo fatta – risponde il podestà –.
Solo che hanno vinto le mosche”. Ecco, in Italia hanno vinto le
mosche. I corrotti». Questa identificazione tra persone (corrotte, da incarcerare, certo!) e insetti, mi spaventa molto. Di certo si
scontra con l’articolo 27 della Costituzione dove si parla di umanità della pena e rieducazione. Umanità con le mosche, rieducazione delle mosche? Via, non scherziamo. Schiacciarle, si deve.
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SocIetÀ
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Portentosa osPitaLità
DI caterIna gIojellI
Famiglie
briciole
e scugnizzi
Quelli che scappano, quelli che si ribellano,
quelli che muoiono, quelli che riappaiono.
Perché trovano una porta aperta e un papà
e una mamma che non dicono mai a caso
“ti voglio bene”. L’avventura titanica dell’affido
«U
anni fa
ero per caso a una messa»,
«trent’anni fa, eravamo tutti
a tavola», «erano le otto di sera, ero appena rientrata dal lavoro». Hanno buoni
occhi e non stanno alla finestra a guardare, scavalcano quaderni e giocattoli, calpestano briciole di cracker, ma corrono
ad aprire la porta. Una, due, anche decine di volte. Per i propri e per i figli degli
altri. Hanno una buona vista e sanno che
quel giovedì, quella sera, durante quella
cena, la strada di qualcuno si è biforcata, un pezzetto verso la loro casa, e l’altro
chi lo sa? Per questo non amano trebbiare parole inutili, ma corrono ogni volta
verso quella porta come il primo giorno,
il primo «eccomi» con cui risposero a una
proposta di affido, perché «posso accogliere decine di bambini, ma se perdo il
sì iniziale mi accorgo della sterilità del
18
n giovedì sera di otto
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mio sforzo umano». E poi come li guardi
quelli che scappano, quelli che si ribellano, quelli che ti chiamano «quella che fa
da mangiare», quelli che ti dicono «dimmi che me ne devo andare ma non che mi
vuoi bene», quelli che se ne vanno, e a volte anche per sempre?
«Posso stare qui quanto voglio?», aveva chiesto Irene a Pietro. Lei allora era
solo una ragazzina di quindici anni, con
un figlio di un anno, incinta di una bambina. E Pietro per sette anni le aveva fatto da padre, mostrato cosa fosse una famiglia, trasmesso la fede e, soprattutto, quella certezza – «questa è proprio l’opportunità di farsi aiutare, di lasciarsi voler bene
da Gesù» – che Irene avrebbe testimoniato a tanti ragazzi che come lei vivevano in
famiglie affidatarie dell’Associazione Fraternità di Monte Cremasco, nata nel 1984
in provincia di Cremona da un gruppo
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SOCIETÀ portentosa ospitalità
Si è tornato a parlare di affido dopo che, lo scorso
gennaio, è approvata la legge sulla continuità affettiva,
che introduce una corsia preferenziale per le adozioni
da parte delle famiglie che hanno avuto in affido minori
in stato di abbandono e adottabilità. Nelle foto, famiglie
dell’Associazione Fraternità di Monte Cremasco (Cr)
di amici esortati da don Luigi Giussani
ad esprimere gratitudine per il loro incontro con Cristo nella condivisione del bisogno dell’uomo. Ed erano nate le prime
“comunità familiari”, una cascina in cui
tre famiglie sarebbero diventate il punto
di riferimento per oltre trecento famiglie
di tutte le province lombarde, con presenze significative anche in Piemonte, Veneto, Toscana, Umbria e Sicilia. «Quel sì per
me voleva dire aver trovato una casa. Lì ho
capito che i miei bambini ed io, saremmo
sempre stati voluti bene». Voler bene: mai
immedesimazione sentimentale, mai emanazione di una regola, oggi come trent’anni fa. Paolo aveva detto chiaro e tondo a
Tommaso: «Noi ti vogliamo bene, ma se
vuoi continuare devi starci, devi esserci anche tu». E Tommaso se ne era andato. «Verso Natale mi richiama e mi chiede se posso ospitarlo. Vieni a pranzo, gli
dico, ci sono anche i nonni. Dice che viene con questa sua fidanzata, che alle 11
sarebbe arrivato in città. Figli contentissimi, nonni commossi, attesa enorme. Alle
12.30 non arriva e iniziamo a mangiare.
Alle 16 mi chiama, “no sai, di qui di là, di
su di giù”. Vado a prenderlo, festa pazzesca
dei miei figli e io che penso che se qualcuno mi chiedesse di descrivere quel ragazzo
dovrei rispondere che mi ha sempre gridato in faccia “fammi vedere fino a che punto mi vuoi bene”. La sera lo accompagno in
una comunità dove entra di nascosto con
la morosa e mi dice “domani vengo a mangiare, ci vediamo alle 11”. Mi telefona alle
14.30. L’ho mandato a quel paese!».
Altro che “affettivamente neutri”
Hanno una buona vista, corrono ad aprire la porta. E la spalancano per dire «eccomi» a qualcosa di imprevisto, che scappa, si ribella. E sanno che per affrontare
la partita non si confida nei calcoli ma in
un’amicizia, che è un po’ come quella di
quei dodici zotici incolti che seguirono
quel Gesù così manifesto per Irene, poco
alla volta, costruendo cattedrali, costruendo un’intera civiltà per seguirlo. Non è una
quisquilia, in questa partita le regole non
bastano. C’è sempre qualcosa di incalcolabile che viene e che verrà. «Come ci diceva Giussani, l’accoglienza imita il modo
in cui Dio guarda la sua creatura e per un
Mistero, permette che questo abbraccio
accada attraverso le nostre mani, il nostro
agire, far da mangiare», racconta Daniele.
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ni ed enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, a promuovere con maggiore incisività gli affidi familiari affrontando in maniera trasversale l’organizzazione dei servizi, gli strumenti e i rapporti con l’autorità giudiziaria allo scopo di
dare l’opportunità ad un minore di crescere in una famiglia», spiega Tiziana Camera, famiglia affidataria e una dei responsabili dell’Area Affido Familiare di Famiglie per l’Accoglienza. L’associazione nasce
nel 1982 nell’ambito del movimento di Cl
guidato da don Giussani da famiglie che
accolgono nella loro casa temporaneamente o definitivamente una o più persone che
hanno bisogno di una famiglia, diffondendosi negli anni in Italia e all’estero».
Le Linee guida «sono un documento
importante considerata la situazione italiana che presenta una grande difformità di situazioni e applicazioni delle normative di riferimento: ci sono istituzioni
che hanno dimostrato un’attenzione mirata al tema dell’affido (penso per esempio
Secondo il Rapporto Affidamenti familiari e collocamenti in comunità al 31
dicembre 2012, redatto dall’Istituto degli
Innocenti di Firenze e pubblicato l’anno
scorso dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, i bambini e i ragazzi tra gli 0
e i 17 anni allontanati dalla famiglia di origine sono 28.449 (in leggero calo rispetto
al 2011, quando furono 29.388) e di questi
la maggior parte viene affidata prevalentemente alle comunità residenziali: 14.255
minori contro i 14.194 in affido familiare. In particolare, nei servizi residenziali si
concentra la maggior parte dei bimbi dagli
0 ai 2 anni (il 64 per cento) e dei ragazzi
tra i 15 e i 17 (il 66 per cento): complessivamente piccoli e piccolissimi, tra gli 0 e
i 5 anni, cumulano meno del 15 per cento del totale degli accolti in affidamento
familiare. «La preferenza per l’inserimento in comunità rispetto all’affido familiare nonostante siano conosciute da decenni
le conseguenze negative sullo sviluppo dei
minori della carenza/deprivazione di cure
familiari nei primi anni di vita», denuncia il 7imo Rapporto di aggiornamento sul
monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza in Italia
2013-2014, «appare ancora più grave se si
guarda all’elevata percentuale di minori di
età compresa tra gli 0 e i 2 anni allontanati dalla famiglia e inseriti in comunità (…).
Esistono forti resistenze culturali da parte
di giudici e operatori sociali che li portano
ancora a preferire l’inserimento in comunità, ritenuta una soluzione “affettivamente neutra”, invece dell’affidamento familiare, in quanto i legami affettivi instaurati
dal bambino con gli affidatari ostacolerebbero le collocazioni successive».
Imperfetta, sgarrupata e tutt’altro
che affettivamente neutra, fin dall’inizio,
l’Associazione Fraternità ha scommesso
sulla famiglia come luogo naturale dove
ricominciare è sempre possibile per tutti.
«Sembrava uno scugnizzo, pieno di tatuaggi, andava scalzo a giocare a pallone», racconta Francesco. «Poi Michael è arrivato,
gli chiesi di leggere il nome della nostra
città e lui rispose con un’altra. Non aveva imparato niente a scuola. Quante estati terribili per cercare di insegnargli a leggere, scrivere, fare di conto. Poi un giorno
ha iniziato a non stare bene. Venne sottoposto a un trapianto cardiaco. Ci dissero
che potevamo stare tranquilli, e invece. Il
giorno del suo funerale c’era sua mamma
che faceva le condoglianze a me, io che le
facevo a lei, e il padre a sua volta. E c’erano anche tutti i nostri ex figli che non
sono più in affido da noi e ne hanno fatte di tutti i colori, sono venuti tutti e non
da soli: c’erano anche i loro genitori, perfino il padre di un ragazzo che aveva minac-
«se qUalcUno Mi chiedesse di descrivere qUel ragazzo
dovrei rispondere che Mi ha seMpre gridato in faccia
“faMMi vedere fino a che pUnto Mi vUoi bene”»
ciato di denunciarmi era lì e mi abbracciava. Ci voleva questo scugnizzo per metterci tutti insieme». Anche nel dolore di un
figlio che muore e resta impresso a fuoco
nel cuore di un genitore: per mantenere
fede a quel primo sì sperimentato durante
i quattro anni di malattia del loro bimbo,
Benedetta e suo marito hanno ricominciato da un altro sì, quello all’affido di Samuele, certi di non essere soli e dei rapporti fioriti in quel periodo, certi come Sasha, che
a mamma e papà affidatari scrive «ogni
giorno ne combino sempre una più grossa. Voglio chiedervi un’altra possibilità.
Anche se non lo dimostro su questo potete
credermi: vi voglio immensamente bene».
Un sostegno insostituibile
Il 25 ottobre 2012 vengono approvate dalla
Conferenza unificata Governo-Regioni/Province autonome le Linee di indirizzo per
l’affidamento familiare, al fine di «indirizzare, sostenere e disciplinare l’affidamento come modalità, condivisa e omogenea a livello nazionale di tutela, protezione e intervento in favore del minore. In
sostanza queste linee invitano Stato, Regio-
alla Delibera della Regione Marche che
prevede un riconoscimento anche economico alle associazioni delle famiglie affidatarie che ne fanno parte, riconoscendo
in esse un valore aggiunto per il buon esito dell’accoglienza) o, viceversa, di grande
incuria, basti pensare che in molte regioni
del sud non viene erogato il sussidio alla
famiglia affidataria. Ci sono poi problemi
di tipo fisiologico: alcuni Comuni accompagnano in modo puntuale gli affidi e chi
per mancanza di fondi non si vede quasi mai. Gli operatori sociali lavorano spesso in emergenza, dovendosi occupare di
moltissime situazioni, allungando i tempi di soggiorno nelle comunità e rendendo impraticabile una attività di monitoraggio costante nei primi mesi di ingresso
in famiglia. Eppure le famiglie disposte ad
aprire le porte della propria casa ci sono».
L’opinione pubblica considera spesso
l’affido come un’esperienza “eccezionale”,
mentre, «è un’esperienza possibile a famiglie normali. Accogliere la diversità, perdonarsi, far fronte agli imprevisti, mettersi a disposizione dell’altro senza tornaconto sono caratteristiche che fanno la bellez-
za possibile di una famiglia. Accogliere è
un’esperienza significativa per tutti, in un
tempo come il nostro in cui i media preferiscono focalizzarsi sulle distorsioni e sulle
fragilità delle famiglie e dimenticano che
le famiglie sostengono oggi il peso maggiore della crisi offrendo un sostegno insostituibile alle persone più fragili».
«Mai da soli!»
L’affido vede dall’inizio coinvolti molti soggetti che insieme sottoscrivono un patto
in cui ciascuno si impegna per il bene del
bambino: il servizio tutela del territorio,
il Tribunale, la famiglia d’origine, la famiglia affidataria, il servizio affidi, l’associazione di famiglie. «“Mai da soli!” è il consiglio che sempre diamo alle coppie che
danno disponibilità per l’affido. Per questo cerchiamo di offrire spazi di condivisione e di appartenenza, luoghi di vita in cui
le famiglie affidatarie possano sperimentare il continuo rinnovarsi della motivazione e del significato dell’esperienza». Laura e Andrea non hanno figli naturali quando «un giovedì sera di 8 anni fa, a una messa feriale stavano cercando una famiglia
per una adolescente. E arriva Francesca,
a ribaltarci la vita per sei mesi. Poi, dopo
una vacanza con la sua mamma, decide di
non tornare. Dopo un mese arriva Carlos:
deve studiare un anno in città e ci riempie
la casa di amici. Questa sovrabbondanza di
bene ci ha convinti a dare nuova disponibilità all’affido di Ana. E da quel “sì” ricomincia ogni giorno la vita».
«Un giovedì sera di otto anni fa»,
«trent’anni fa, eravamo a tavola», «erano le
otto, ero rientrata dal lavoro». Accade tutto
in un momento. Come il giorno di Pasqua,
quando Silvia, quattro anni dopo essere
entrata nella «famiglia cristiana» di Chiara
e Lorenzo ha chiesto e ricevuto Battesimo,
Cresima ed Eucarestia. «Qui ho vissuto la
presenza di Cristo: in casa, nella malattia
del papà, nel modo in cui la mamma faceva compagnia al papà e nel modo in cui i
loro amici l’appoggiavano», scrive in una
lettera indirizzata al cardinale Angelo Scola per essere ammessa ai sacramenti. «Essere voluta bene per quel che sono, sapere
che è qualcun Altro che mi ha voluta al
mondo. Poiché riconosco che i miei giorni
acquistano significato, non voglio lasciarLo». E la storia di quel sì, di tutti gli «eccomi» sgarrupati, imperfetti e tutt’altro che
neutri, continua ogni giorno.
n
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VOSTRO ONORE
MI OPPONGO
CONSEQUENTIA
RERUM
CASAlEggIO E lA PROfEzIA DI gAIA
ESECUZIONE PENALE
Googlecrazia globale
o mille anni di Renzi?
L’eredità deprimente
dei nostri antisistema
Tre miliardi di euro l’anno
per un sistema carcerario
che sforna delinquenti
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DI PIER gIACOMO ghIRARDINI
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C
Foto: Ansa
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uemiladiciotto: il mondo è spaccato fra occidente, a democrazia diretta e con libero accesso a Internet, e oriente, ove imperano dittature orwelliane che controllano la Rete. 2020: scoppia la terza guerra
mondiale, durerà vent’anni e – manco a dirlo – verranno distrutti i “simboli dell’occidente” come piazza San Pietro, Notre-Dame, la Sagrada Familia. L’uso di armi batteriologiche, l’accelerazione dei cambiamenti climatici
e l’innalzamento del livello del mare di dodici metri porterà la popolazione mondiale a ridursi a un miliardo di persone. Ma ecco. Nel 2043 un movimento ambientalista emerge in tutto il mondo per gestire i problemi di
energia, cibo e salute. Il pianeta è suddiviso in migliaia di comunità riunite attraverso la Rete. 2047: ognuno ha la sua identità in un network sociale
e mondiale creato da Google con il nome di Earthlink. Per esistere tu devi
essere in Earthlink o non avrai identità. Non è più richiesto un passaporto.
2050: Brain Trust, un’intelligenza sociale collettiva permette alle persone di
risolvere i problemi più complicati messi all’ordine del giorno, condividendo ogni tipo di informazione e dati online. 2051: un referendum mondiale è
tenuto in Rete per abolire la pena di morte. 2054: prima elezione mondiale
in rete, viene eletto un governo mondiale chiamato Gaia. Le organizzazioni
segrete vengono proibite. Ogni uomo può diventare presidente e controllare le azioni del governo attraverso la Rete. In Gaia partiti poUN lEADER DEI litici, ideologie e religioni spariscono. L’uomo è il solo artefice del suo destiPIRATEN TEDESChI hA no. La conoscenza collettiva è la nuova politica.
Questa è la profezia che ci ha lasciato Gianroberto Casaleggio, scomparAMMESSO ChE so il 12 aprile. Non commento questo luminoso futuro che pare uscito da un
lA DEMOCRAzIA incubo da cattiva digestione di Solov’ëv. Dico solo che l’idea che la persona,
DIRETTA SOgNATA per esistere, debba stare su Google è da voltastomaco. Rappresenta oggi “la”
DAl gURU gRIllINO minaccia antropologica più insidiosa, la negazione dell’incarnazione di Dio.
Giorni fa un leader dei Piraten tedeschi, intervistato in occasione della morÈ UNA vISIONE A DIR te del guru del M5S, a domanda sulle magnifiche sorti e progressive del soPOCO lONTANA DAllA gno pentastellato di democrazia diretta, rispondeva, dissimulando a stento il
REAlTà – ChE vA IN compatimento per l’interlocutore, che si tratta di una visione a dir poco ingeDIREzIONE OPPOSTA. nua e priva di contatto con la realtà – che va in direzione opposta.
Insomma, in Italia, anche i movimenti antisistema sono una ciofeca. Il
IN ITAlIA ANChE I fatto è che, con un’opposizione come quella dei discepoli di Grillo e CasalegNEMICI DEllA CASTA gio, anche il peggiore dei governi ha davanti una prospettiva da Reich milSONO CIOfEChE lenario. E non so voi, ma io mille anni di Renzi e Boschi non so se li reggo.
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DI MAURIZIO TORTORELLA
redo che gli italiani, in stragrande maggioranza,
non sappiano quanto costa allo Stato l’ultima appendice della giustizia penale, quella che nei tribunali da
Bolzano a Ragusa viene quotidianamente amministrata in loro nome. Ecco,
forse è arrivato il momento di dire loro che questo paese, ogni anno, spende quasi 3
hanno mai lavorato in carcere – calcolava
miliardi di euro per “l’esecuzione penale”.
quattro anni fa l’ex guardasigilli – è supeIl lettore probabilmente si domanderà: e che diavolo è l’esecuzione penale? Semriore di tre volte rispetto a coloro che hanplice, è l’insieme delle misure tese a mettere in pratica una condanna. Quindi: i
no svolto mansioni lavorative all’esterno
193 carceri attivi in Italia, con tutte le spese annesse e connesse; forse anche i ciro all’interno dei penitenziari».
ca 4 mila braccialetti elettronici disponibili, con relativi canoni d’affitto; probabilIl problema è che in Italia l’82,6 per
mente anche le varie attività di reinserimento. Il problema è che questa immensa
cento delle condanne viene scontato in
ricchezza pubblica viene letteralmente buttata via, attraverso una finestra chiusa
carcere, in pochi metri quadrati di cea grate. Soltanto per ognuno dei 53.495 detenuti che erano presenti in cella al 30
mento armato e quasi sempre senza che
marzo scorso, c’è chi ha calcolato che il costo si aggiri sui 130 euro al giorno. Ma
sia prevista alcuna attivila cifra è altissima e insieme paradossale,
tà lavorativa: e l’ozio, se
visto lo stato disastroso di quasi tutte le
PER OGNI DETENUTO IL COSTO È CIRCA
possibile, abbrutisce annostre prigioni. E il dato diventa doppia130 EURO AL GIORNO. CIfRA ALTISSIMA
cor più i detenuti.
mente paradossale, quasi surreale, se si
E PARADOSSALE, VISTO LO STATO DI
In Francia e in Gran
analizzano i “tassi di recidiva”, cioè la proBretagna avviene quapensione a delinquere di chi è già passato
qUASI TUTTE LE NOSTRE PRIGIONI. qUASI
si l’esatto contrario, con
almeno una volta dietro le sbarre: in ItaSURREALE, SE SI ANALIZZANO I “TASSI DI
due terzi dei condannalia torna a compiere reati il 68 per cento
RECIDIVA”: IN ITALIA TORNA A COMPIERE
ti impegnati in lavori di
dei detenuti, mentre nel resto d’Europa si
REATI IL 68 PER CENTO DEI DETENUTI
pubblica utilità, per di
va dal 15 al 20 per cento. Insomma, il carpiù condotti quasi semcere in Italia è davvero l’eccellente scuola
di delinquenza di cui si è sempre parlato.
ro e del Paese. Un suo predecessore, Pao- pre all’esterno delle prigioni. Non vale
la Severino, aveva già calcolato nel 2012 nemmeno la pena di parlare di realtà coMisure alternative non pervenute
che «la recidiva di chi sconta la condanna me la Danimarca, dove le regole sono coattraverso misure alternative (quindi non sì lontane dalle nostre da essere quasi inIl ministro della Giustizia, Andrea Orlanpassando per il carcere, se non in certi ca- concepibili alla fioca luce della nostra
do, da un anno pare impegnato a fondo
si e comunque fugacemente, ndr) scende esperienza. È vero che anche in Italia ci
in una campagna a favore delle pene aldrasticamente al 19 per cento». Paola Se- sono (pochi) casi esemplari: come il carceternative, e per riformare il tema comverino aveva correttamente valutato an- re di Bollate, vicino a Milano, dove invece
plessivo dell’esecuzione penale. È una
che un altro aspetto fondamentale della il lavoro è la regola, e la recidiva è inferioscelta oculata e corretta, la sua, e non solquestione: il lavoro dei condannati. Che re al 20 per cento. Ma sono per l’appuntanto dal punto di vista sociale, ma anche
putroppo in Italia è ancora un’araba fe- to casi, e in quanto tali isolati. Purtroppo.
per gli effetti che quella riforma potrebnice. «La percentuale di recidivi che non
be avere sul conto economico del ministeTwitter @mautortorella
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ESTERI
PERSI PER SEMPRE
Un tesoro
buttato
a mare
Tutti si chiedono quanto costa e come si gestisce
“il problema” migranti in Europa. Ma nessuno
si interroga sulle conseguenze economiche
e sociali, per l’Africa, della perdita di una intera
generazione che non farà più ritorno a casa
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DI ANNA BONO
ESTERI PERSI PER SEMPRE
vati in Italia via mare, partiti dalla Libia e dall’Egitto, più di 23 mila emigranti irregolari. Nel mese di
marzo gli sbarchi sono stati 9.600, contro i 2.283 del marzo 2015,
circa 6 mila nella sola settimana dal 12 al
19 aprile. Come negli anni scorsi, si tratta soprattutto di ragazzi africani, maschi,
di età compresa tra i 18 e i 32 anni. Molti sono ancora più giovani: l’organizzazione non governativa Save the Children stima che nel 2015 siano approdati in Italia almeno 12.300 minori non accompagnati. C’è chi considera i flussi migratori dall’Africa una invasione che va fermata, preoccupato per gli insostenibili costi
economici e sociali che comporta. Per
altri, al contrario, rappresentano il rimedio provvidenziale alla denatalità: e persino quantificano in decine di milioni,
nei prossimi anni, gli immigrati necessari per salvare l’economia europea. Tante
personalità politiche, religiose, del mondo della cultura, dello spettacolo dicono
la loro, danno giudizi, chi evidenziando
un aspetto chi un altro: spesso dimostrandosi in realtà incompetenti, a partire dal
fatto di usare i termini emigrante, profugo e rifugiato come se fossero sinonimi.
Ma, che lo si giudichi una benedizione o un danno, in tutti i casi l’attuale fenomeno migratorio viene osservato e valutato dal punto di vista europeo.
Quasi nessuno si interroga sulle conseguenze economiche e sociali, in Africa,
della perdita incessante di risorse umane, le più preziose – una generazione di
giovani che se ne va per non più tornare – e con scarse speranze che chi parte almeno contribuisca al mantenimento dei parenti rimasti a casa, perché sono
pochi gli emigranti irregolari che possono sperare di trovare un lavoro, posto
che lo desiderino, e abbastanza remunerativo da consentire di risparmiare e spedire del denaro ai familiari: certo non in
Italia dove il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 40 per cento. Per di più gli
emigranti che lasciano clandestinamente
i loro paesi vanno incontro a grosse spese e a non pochi rischi. I trafficanti, per
meglio dire, i contrabbandieri di uomini chiedono migliaia di dollari per organizzare l’espatrio e il viaggio lungo le rotte dall’Africa sub-sahariana all’Italia: in
media 2.500 dollari per il percorso via terra fino al Mediterraneo e da 1.500 a 3.000
per il tratto via mare. Nei tratti terrestri
gli emigranti rischiano di essere rapiti,
derubati, arrestati e rimandati in patria.
Infine c’è la traversata che può finire in
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| 4 maggio 2016 |
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un naufragio, se si è colti dal maltempo
o se le imbarcazioni sono sovraccariche.
Ma la prospettiva è di una vita facile e
sicura, una volta arrivati a destinazione.
I trafficanti convincono a partire migliaia di giovani promettendo soldi, benessere, una sistemazione invidiabile. Molti se
ne vanno contro il parere dei genitori, di
nascosto, dando fondo ai risparmi. Altri
invece vengono spinti dalle famiglie stesse, attratte dalla promessa di ricevere laute rimesse dai figli emigrati e, come qualche vicino di casa che in effetti riceve
denaro da un parente residente all’estero,
poter presto acquistare televisori, smartphone, biciclette e motorini, garantire ai
figli piccoli, rimasti a casa, qualche anno
di scuola in più, lasciare capanne e baracche per più confortevoli e salubri case
in muratura. Ma succede sempre più di
rado: di molti che emigrano si perde contatto, altri ritornano senza soldi e senza aver raggiunto la meta, aumentano le
famiglie che piangono un figlio scomparso nel deserto o in mare.
L’appello dei religiosi
Le Chiese africane da tempo osservano
con preoccupazione le conseguenze che
l’emigrazione di massa produce. «Non
permettete che delle false prospettive di
ricchezza vi inducano a lasciare i vostri
paesi in cerca di inesistenti impieghi in
Europa e in America. Non cercate soluzioni ai vostri problemi lontano, ma lottate
invece per costruire una società migliore
in Africa», è stato l’appello rivolto ai giovani africani da monsignor Nicolas Djomo, vescovo di Tshumbe e presidente della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo (Rdc), in occasione della cerimonia di apertura dell’Incontro della gioventù cattolica panafricana svoltosi a Kinshasa, capitale della
Rdc, dal 21 al 25 agosto 2015. «Utilizza-
nelle strade della capitale del mali,
nel 2014, sono comparsi grandi manifesti con
questa scritta: “il mio eldorado è il mali”.
il governo di Bamako ha posto come
suo «obiettivo prioritario la lotta
contro l’emigrazione irregolare»
IL LIBRO
L’attraversamento
del Mediterraneo con
relativi sbarchi di emigranti sulle coste italiane e greche, è solo
la punta dell’iceberg
di un fenomeno globale che ha tra le cause
il divario nel tenore
di vita tra i cosiddetti
paesi ricchi e quelli
poveri. Spiegare le
ragioni di questo
squilibrio e indicare i
criteri per affrontare
tale emergenza sono
gli obiettivi di questo libro edito dalla
Bussola Quotidiana. E
poi anche: che differenza c’è tra profugo,
rifugiato e richiedente
asilo? Quanti sono
gli emigranti irregolari che arrivano in
Europa? Quali sono le
rotte attraverso cui
passano, e cosa accade in questi passaggi?
A queste e tante altre
domande risponde
l’autrice Anna Bono.
monsignor Djomo:
«Utilizzate i vostri
talenti e le altre
risorse a vostra
Disposizione per
rinnovare il nostro
continente. la chiesa
conta sU Di voi»
ne della campagna – ha posto come suo
obiettivo prioritario la lotta contro l’emigrazione irregolare».
MIGRAZIONI,
EMERGENZA
DEL XXI SECOLO
Autore
A. Bono
Editore
BQ
Prezzo
10 euro
Foto: Ansa/AP Exchange
D
all’inizio del 2016 sono arri-
te i vostri talenti e le altre risorse a vostra
disposizione per rinnovare e trasformare
il nostro continente e per la promozione
di giustizia, pace e riconciliazione durature in Africa. Voi siete il tesoro dell’Africa. La Chiesa conta su di voi, il vostro continente ha bisogno di voi».
Anche i governi africani incominciano a preoccuparsi dei danni che derivano
dall’emigrazione in generale, e più ancora da quella irregolare, anche se alcuni forse cercano più che altro di blandire chi giustamente li accusa di esserne
responsabili: per la corruzione e il malgoverno che vanificano i traguardi economici raggiunti. Sta di fatto che tentano di correre ai ripari. “Il mio Eldorado è
il Mali. Stop all’emigrazione irregolare”.
Nelle strade della capitale Bamako nel
2014 sono comparsi grandi manifesti con
questa scritta e l’immagine di una barca
di emigranti in navigazione. Con lo slogan “Il mio Eldorado è il Mali”, il 27 febbraio 2014 il governo maliano, benché
reduce dai postumi di un colpo di stato
e, nel vasto nord, alle prese con le istanze
secessioniste dei Tuareg e con la minaccia
jihadista, ha varato una campagna contro
l’emigrazione irregolare volta a informare la popolazione sul rischio di lasciare il
paese ricorrendo ai trafficanti di uomini.
«Il nostro governo – ha detto il ministro
per i maliani all’estero Abdramane Sylla durante la cerimonia di presentazio-
Una campagna contro la tratta
Per quanto le rimesse svolgano un ruolo
molto importante nell’economia nazionale – ha spiegato – tuttavia non rappresentano una soluzione: «La cultura
dell’emigrazione deve finire. I cittadini
del Mali devono fare di più per lo sviluppo del loro paese». Come in altre occasioni, il ministro Sylla ha poi espresso particolare preoccupazione per la sorte degli
emigranti minorenni non accompagnati: bambini e adolescenti che sempre più
spesso le famiglie mandano in Europa
sapendo che, in quanto minori, non verranno espulsi dalle autorità: «Quei bambini percorrono la stessa rotta degli adulti e
che passa attraverso Burkina Faso, Niger,
Ciad e Libia e poi li attende il mare. Arrivano sulle coste europee del tutto traumatizzati. Dobbiamo punire chi li manda, li dobbiamo fermare». Dal 2014 una
legge persegue i genitori che costringono
i figli a partire per l’Europa.
Altri stati hanno seguito l’esempio
del Mali. Nell’aprile del 2015 28 emigranti cristiani provenienti dall’Etiopia sono
stati giustiziati in Libia dall’Isis. Nei giorni successivi il governo etiope ha promesso di moltiplicare gli sforzi per combattere il traffico di uomini e ha avviato a
sua volta una campagna per informare la
popolazione dei rischi dell’emigrazione
irregolare attraverso il Mediterraneo e il
Golfo di Aden. Un mese dopo, il ministero
degli Interni annunciava l’arresto di 200
trafficanti. L’11 agosto 2015, intervistato
dalla rivista New African, il primo ministro Hailemariam Desalegn ha esorta|
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27
ESTERI PERSI PER SEMPRE
to i propri connazionali a cercare finanziamenti e a investire in attività produttive in Etiopia invece di pagare i trafficanti per lasciare il paese: «Il problema – ha
spiegato tra l’altro – è che spesso gli emigranti vengono illusi con false promesse».
Promesse mai mantenute
Anche in Niger il governo ha presentato
una proposta di legge, approvata dal parlamento all’unanimità l’11 maggio 2015,
che prevede per chi esercita traffico e tratta di uomini il sequestro dei veicoli, pene
fino a 30 anni di carcere e multe da 4.500
a 45 mila euro. «Si tratta di proteggere il
nostro territorio e le vite umane», ha detto presentando la legge ai parlamentari il
ministro della Giustizia Marou Amadou,
precisando che il governo non intende
proibire l’emigrazione regolare.
Contro la tratta in particolare, che
ogni anno porta in Italia come schiave
centinaia di giovani donne destinate alla
ia di giovani. Nel corso di una conferenza sull’emigrazione svoltasi nella capitale Dakar il 20 aprile 2015, il segretario di Stato e ministro Souleymane Jules
Diop ha annunciato l’imminente rimpatrio di quasi 400 connazionali individuati con l’aiuto della Croce Rossa in Libia e
ha assicurato l’impegno prioritario del
suo governo di riportare in patria tutti i
senegalesi all’estero che si trovano in difficoltà. «Quasi ogni giorno uomini, donne e bambini partono attratti da una speranza che alla fine si dimostra nella maggior parte dei casi solo una illusione», ha
dichiarato. «Migliaia di giovani muoiono
nel mare Mediterraneo e dei gruppi organizzati di criminali continuano a organizzarne la morte per qualche migliaio di dollari o di euro. Stiamo perdendo la forza lavoro necessaria a costruire
il nostro paese». Il ministro Diop ha concluso richiamando «famiglie, genitori e
guide religiose al loro senso di respon-
«gRuPPI dI cRImInalI oRganIzzano vIaggI dElla moRTE
PER qualchE mIglIaIo dI dollaRI. STIamo PERdEndo la
FoRza lavoRo nEcESSaRIa a coSTRuIRE Il noSTRo PaESE»
prostituzione, in Nigeria è in corso una
campagna di informazione. Per mettere in guardia famiglie e ragazze, vengono usati dei manifesti affissi nelle strade.
Uno, ad esempio, mostra in primo piano
nella metà superiore un uomo e una donna e sullo sfondo un aereo in volo. «Ti trovo un lavoro in Italia», promette l’uomo.
Sotto si legge a grandi lettere: «Diffida
degli estranei che fanno offerte allettanti: un lavoro all’estero, un matrimonio…
I trafficanti di uomini conoscono molti
trucchi. Rifiuta!»
Uno dei governi più attivi e si direbbe
realmente preoccupati è quello del Senegal, da cui partono ogni anno miglia28
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sabilità affinché si impegnino a far capire ai loro figli e ai loro fedeli che in Europa non c’è più niente da fare, non vale la
pena andare».
«Tutti abbiamo visto in televisione
gli europei parlare della crisi economica
che ha colpito il loro continente. Eppure
ci sono ancora famiglie che pagano per
mandare figli e figlie a morire nel Mediterraneo», con queste parole il presidente del Gambia, Yahya Jammeh, il 15 maggio 2015 commentava il numero crescente di connazionali morti in mare e restituiti al paese dentro a una bara. «Ci sono
dei genitori a cui non importa come i figli
si guadagnano da vivere in Europa, basta
che mandino a casa del denaro». «Non si
comporterebbero così – aveva concluso –
se fossero dei veri musulmani» (quasi il 96
per cento degli abitanti del Gambia sono
di fede islamica).
Fermiamo la fuga dei giovani
Ultimo in ordine di tempo, il governo
della Somalia il 19 aprile 2016, due giorni dopo che decine di connazionali avevano perso la vita in un naufragio al largo delle coste egiziane, ha proibito ai propri cittadini di recarsi in Sudan. «Vogliamo impedire che i giovani somali compiano il pericoloso viaggio verso l’Europa», ha spiegato il capo dell’immigrazione Abdullahi Gafow. «D’ora in poi solo
le missioni diplomatiche saranno autorizzate ad andarci». Il Sudan è attraversato dalle due rotte migratorie che partono
dal Corno d’Africa e dall’Africa orientale: quella diretta in Libia e quella che raggiunge il Sinai e di lì le coste mediterranee dell’Egitto. Sono utilizzate soprattutto dagli emigranti che lasciano Somalia,
Etiopia ed Eritrea.
Ma il divieto di andare in Sudan da
solo non basta. Piuttosto, farà salire il
prezzo da pagare per uscire dal paese
clandestinamente. D’altra parte il governo somalo a stento controlla la capitale
Mogadiscio e parte del territorio nazionale e solo grazie ai 22 mila soldati e agenti
di polizia della Amisom, la missione militare dell’Unione Africana che ha fermato
i jihadisti al Shabaab, ma non impedisce
loro di mettere a segno continui attentati
persino nella capitale. Con gli eritrei, vittime di una delle peggiori dittature del
pianeta, i somali, nella morsa di un governo corrotto oltre ogni immaginazione e
di una feroce milizia jihadista, sono tra i
pochi africani che possono chiedere asilo
politico con la speranza di ottenere lo status di rifugiato.
n
CULTURA
MISTERO IN LABORATORIO
|
DI FRANCESCO AGNOLI
Undicesimo
usare
la ragione
«Da dove viene il cosmo? Non è un caso che questa
domanda, sparita dall’orizzonte di tanti pensatori,
compaia sempre nei libri degli scienziati, atei inclusi».
Il filosofo cattolico Paolo Musso in difesa del metodo
galileiano, superba palestra del senso religioso
P
Foto: Ansa
L’osservatorio
astronomico Hita
a La Puebla de
Almoradiel (Toledo,
Spagna), fotografato
alla fine del 2014
30
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| Foto: Ansa
aolo Musso ha ottenuto nel 1997 il
dottorato in Filosofia della scienza
con una tesi sulle implicazioni filosofiche delle teorie del caos e della complessità, lavorando con Evandro Agazzi nonché con Tito Fortunato Arecchi,
direttore dell’Istituto nazionale di Ottica di Firenze. Il padre di Musso è ingegnere nucleare, è stato amministratore delegato della Nira e presidente dell’Ansaldo,
ed è stato per molti anni il responsabile
del piano nucleare italiano (finché non
lo hanno chiuso). Carlo, il fratello con cui
Paolo da piccolo giocava a fare l’astronauta, ha lavorato come astrofisico all’Alenia Spazio e all’Agenzia spaziale italiana. Il terzo dei fratelli, Enrico, ha scelto
un’altra strada, essendosi laureato in arabo ed ebraico. Attualmente Paolo Musso insegna Filosofia della scienza e Scienza e fantascienza nei media e nella letteratura all’Università dell’Insubria, a Varese, è membro della European Academy of
Sciences and Arts e del Seti Permanent
Committee della International Academy
of Astronautics, gruppo interdisciplinare
che si occupa della ricerca della vita intel-
ligente nel cosmo. Soprattutto, è autore
di La scienza e l’idea di ragione. Scienza,
filosofia e religione da Galileo ai buchi
neri e oltre (Mimesis), un capolavoro per
conoscenze scientifiche, lettura filosofica
e profondità d’analisi.
Professore, come è nata la sua passione
per la scienza?
All’origine c’è sicuramente lo sbarco sulla Luna, che mi fece un’impressione enorme, avevo 5 anni. Il primo passo di un essere umano su un corpo celeste diverso dalla Terra: per quanto lontano possiamo andare nel futuro, credo che
quella resterà un’emozione irripetibile,
come tutte le “prime volte”. Da bambino
infatti volevo fare l’astronauta e ancora
adesso ricordo come “il” regalo di Natale
per eccellenza un casco spaziale con bombole di ossigeno. Poi sono venuti i dinosauri e mio padre, che alternava le storie
di Fratel Coniglietto con la teoria della
relatività di Einstein: non che capissi tutto, naturalmente, ma quantomeno capivo
che avrei voluto capire, e nel tempo credo
di esserci riuscito, almeno in parte. Molte delle domande che hanno trovato
|
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31
cultura MISTERO IN LABORATORIO
risposta nel mio libro sono nate allora,
quando avevo 8 anni. E pensare che invece oggi in campo educativo si gioca continuamente al ribasso, e con l’intento di
non “traumatizzare” i ragazzi si rinuncia
a sfidarli a “volare alto”, mentre è proprio
quello di cui hanno bisogno.
Perché non ha fatto lo scienziato?
Le confesso che ci ho pensato. E molto. La ragione di fondo è che per fare lo
scienziato bisogna per forza specializzarsi, invece per me era essenziale mantenere uno sguardo più ampio sulla realtà.
Ho pensato che la filosofia della scienza
mi avrebbe permesso di conciliare queste
due esigenze apparentemente opposte, ed
è stato proprio così, anche grazie alla continua frequentazione dei congressi scientifici, che mi ha consentito addirittura
di diventare membro del Seti Permanent
Committee: ho potuto non solo vedere il
mondo della scienza dall’interno (che è
molto diverso che studiarlo sui libri), ma
anche fare concretamente ricerca.
Perché un cattolico come lei ama tanto
il pensiero scientifico? Cosa ha da dirci
oggi?
Anzitutto, io non amo solo il pensiero scientifico, ma proprio la scienza, per
to di vista filosofico è proprio questo il
contributo più importante della scienza,
di fronte a una sempre più diffusa debolezza della ragione che spesso si fa perfino fatica a chiamare relativismo (perché
è un modo di pensare talmente sciatto,
qualunquistico e superficiale che è difficile riconoscergli la dignità di dottrina filosofica). Per questo mi sorprende che tanti cattolici, compresi illustri intellettuali, vedano con sospetto la scienza e le sue
sacrosante esigenze di rigore e precisione, spesso scambiandole per scientismo.
La diffusione dello scientismo è però un
problema reale.
Certamente! Ma lo scientismo non è
la scienza, è tutt’altra cosa e ha tutt’altre origini. Lo scientismo consiste nella
tesi secondo cui la conoscenza scientifica è l’unica affidabile o addirittura l’unica possibile. Per contestarlo occorre quindi definire chiaramente l’ambito entro
cui la conoscenza scientifica è valida. Non
serve invece a nulla cercare di sminuirne
il valore all’interno di tale ambito, anzi, è
controproducente, perché il valore della
scienza è dimostrato dalle sue scoperte,
come quelle del bosone di Higgs o delle
onde gravitazionali, due teorie altamen-
«“i cieli narrano la gloria di dio”, dice il salmista.
questo non è mai stato così evidente come ai giorni
nostri, proprio grazie alle scoperte della scienza»
tutte le cose straordinarie che ci fa scoprire e che ci rendono sempre più evidente il fascino del mondo in cui viviamo e
quindi anche di Colui che l’ha fatto: come
dice il salmista, «i cieli narrano la gloria
di Dio» e questo non è mai stato così vero
come ai giorni nostri, proprio grazie alla
scienza. Ma ha ragione a parlare di pensiero scientifico, perché, con buona pace
di Heidegger, la scienza pensa. Pensa tanto e soprattutto bene, il che di questi tempi è un’autentica rarità. In effetti dal pun32
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te astratte e controintuitive che sono state verificate a distanza rispettivamente
di 50 e di 100 anni dalla loro formulazione, e con un livello di precisione sbalorditivo. In particolare nel caso delle onde
gravitazionali, si è riusciti a rilevare una
deformazione dello spazio inferiore alle
dimensioni di un atomo causata dalla
fusione di due buchi neri posti a circa un
miliardo e mezzo di anni luce di distanza
dalla Terra! Qui, oltre alla precisione quasi disumana della misura, colpisce il fat-
to che essa si basi su una serie di concetti che prima della relatività e della meccanica quantistica non avrebbero potuto neanche essere immaginati. La verità è
che oggi per contestare il valore conoscitivo della scienza bisogna completamente ignorare ciò che la scienza è realmente.
Quali sono dunque i limiti del sapere
scientifico?
Anzitutto c’è un limite generale, ben
chiarito già da Galileo, specialmente nelle Macchie solari, per cui la scienza ha a
che fare solo con le proprietà quantificabili dei corpi materiali: di conseguenza
non tocca alla scienza dire se esistano o
no altri aspetti della realtà, per studiarli si dovranno cercare altri metodi diversi da quello sperimentale e più adeguati
all’oggetto. Ma poi in concreto non esiste
“la” scienza, bensì “le” scienze, ciascuna
delle quali è limitata allo studio di specifici oggetti, che, come ha ben chiarito il
mio maestro Agazzi basandosi sulle lezioni metodologiche di Galileo e Einstein,
consistono di gruppi di proprietà individuate attraverso le operazioni che ne consentono la misura, e poiché nessuna operazione può avere una precisione infinita,
ne segue che per stabilire i limiti di validità di una determinata teoria è essenziale indicare anche il suo margine di errore
(molti equivoci circa il valore della scienza all’interno dell’epistemologia contemporanea nascono proprio dal non avere
chiaro questo punto fondamentale). Infine, la scoperta del fenomeno del caos
deterministico all’inizio degli anni Sessanta ha dimostrato che la creazione di
una sola scienza unificata, a cui le varie
scienze possano essere ridotte, è impossibile anche in linea di principio e che in
molti casi (quando, appunto, un sistema è
caotico) le previsioni perdono di affidabilità col passare del tempo. Tuttavia all’interno di questi limiti il metodo scientifico continua a mostrare una straordinaria efficacia.
Ha nominato il suo maestro Evandro
Agazzi. Cosa ci può dire di lui?
Parlare del ruolo di Agazzi nel panorama della filosofia contemporanea sarebbe decisamente troppo lungo. Mi limiterò a dire qual è stata la cosa più importante che mi ha insegnato, cioè come fare
emergere le istanze filosofiche, comprese
quelle propriamente metafisiche, dall’interno della riflessione sulla scienza anziché giustapponendole o, peggio ancora, contrapponendole ad essa. Questa mi
sembra una lezione fondamentale, che la
filosofia dovrà necessariamente decidersi a imparare, se non vorrà condannarsi all’insignificanza, come purtroppo sta
già in parte accadendo.
Lei contrappone spesso Galileo a Cartesio. Perché?
Per quello che ho detto prima. Galileo è stato il vero padre della scienza
moderna, non solo per le sue scoperte,
ma soprattutto perché ne ha definito con
chiarezza la natura e quindi anche i limiti, proponendo un’idea di ragione rigorosa ma non riduzionista, costitutivamente
aperta alla realtà e quindi all’imprevisto
e al mistero. Cartesio invece, come ho cercato di spiegare soprattutto nel mio libro
La scienza e l’idea di ragione, non solo
non ha mai fatto nessuna scoperta scientifica, ma non ha mai capito nulla del
metodo galileiano, che ha anzi esplicitamente (e sprezzantemente) rigettato, proponendo un’idea di ragione che si basa
su un rifiuto aprioristico e irragionevole dell’esperienza sensibile, una ragione
chiusa e intrinsecamente riduzionista. In
questo senso Cartesio non è il padre della
scienza, bensì dello scientismo, anche se
personalmente scientista non lo fu mai,
fu piuttosto “filosofista” – se esistesse la
parola – dato che per lui il metodo della
scienza era derivato da quello della filosofia. Tuttavia, una volta affermato che
il metodo della conoscenza è unico, era
solo questione di tempo prima che si arri-
«Anche lA fAntAscienzA tende Ad Assumere Accenti
religiosi. è un errore, mA è significAtivo: lA suA stessA
dinAmicA lA induce A porsi questo genere di domAnde»
vasse a capovolgere la prospettiva, affermando che l’unico metodo affidabile era
invece quello della scienza. Comunque, il
fatto è che lo scientismo l’hanno inventato i filosofi, cominciando da Hume e
Kant, e per quasi tre secoli è rimasto loro
monopolio esclusivo: solo nella seconda
metà dell’Ottocento cominciò a contagiare anche gli scienziati, peraltro sempre a causa dell’influsso di una teoria
filosofica, il positivismo di Auguste Comte. In ogni caso, ancora oggi gli scienziati
sono ben lungi dall’essere tutti scientisti
e atei come si vorrebbe far credere, anzi,
in media lo sono assai meno degli altri
intellettuali e in particolare dei filosofi
(gli attuali capi del Cern di Ginevra, per
esempio, sono quasi tutti cattolici praticanti). E il motivo a mio avviso è il rapporto serio con la realtà a cui sono continuamente richiamati proprio dal metodo scientifico galileiano, un rapporto che
rende evidente una cosa: il modo in cui è
fatta non dipende da noi. Quindi da dove
viene? Non è un caso che questa domanda, oggi pressoché scomparsa dall’orizzonte dei filosofi di professione, compaia
quasi immancabilmente nei libri di divulgazione dei grandi scienziati, anche di
quelli che si proclamano atei o agnostici.
Ecco perché dico che l’importanza della
scienza non è soltanto pratica, ma anche
culturale, soprattutto in questo tempo
privo di senso della realtà.
Lo dice lei che si occupa anche di fantascienza…
Vero. Il mio corso è l’unico del genere in Italia (negli Stati Uniti invece ce
ne sono moltissimi). Ritengo che la fantascienza sia molto importante per la
comunicazione scientifica, nel bene e
nel male. È determinante per la perce-
zione della scienza a livello di massa.
Del resto, l’arte popolare è sempre stata
lo strumento principale per la formazione della mentalità, e lo è ancora ai giorni
nostri: sono solo cambiate le forme, dato
che oggi l’arte di maggiore impatto è il
cinema. Ma la fantascienza è anche uno
strumento formidabile per riflettere sulla
natura dell’uomo e sul suo destino, ricuperando così per altra via molte domande tipiche della filosofia: basti pensare
che tra i suoi temi principali ci sono l’intelligenza artificiale, la genetica, la vita
extraterrestre, l’evoluzione dell’umanità, il futuro dell’universo… Non per nulla
la fantascienza tende spesso ad assumere accenti religiosi, il che è certamente
un errore, ma un errore altamente significativo, perché è la sua stessa dinamica
a indurla inevitabilmente a porsi questo
genere di domande. Quindi anziché scandalizzarsene o snobbarla mi pare molto
più intelligente utilizzare la fantascienza
per suscitare l’interesse dei ragazzi verso la scienza e verso le grandi domande
di cui sopra, che attraverso un approccio
filosofico tradizionale spesso rifiuterebbero di considerare. E il bello è che funziona. Tra l’altro, in questi due anni di corso
ho avuto modo di collaborare con diversi esponenti del mondo della fantascienza italiana (tra gli altri, Antonio Serra e
Glauco Guardigli della Sergio Bonelli Editore, Giuseppe Lippi, direttore di Urania
Mondadori, Luigi Petruzzelli, titolare delle Edizioni Della Vigna), e devo dire che
sono persone davvero speciali, con una
cultura impressionante, che va ben al di
là del loro campo di specializzazione, e
un’intelligenza e una finezza di giudizio
fuori dal comune: un’altra eccellenza italiana ingiustamente sottovalutata.
n
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STILI DI VITA
Commuoversi in riva al Po
Veloce come il vento,
di Matteo Rovere
IN BOCCA ALL’ESPERTO
di Tommaso Farina
A
ndare all’assalto del
Culatello, e rimanere sconvolti dalla bontà del pesce
di fiume. Non è la prima e non sarà l’ultima sorpresa garantita dai fratelli Spigaroli, sommi norcini di Polesine Parmense (Parma), produttori
e stagionatori di Culatelli sublimi, nonché valorizzatori delle antiche razze suine del circondario parmigiano. Il fatto è che Massimo e Luciano, senza che il loro lavoro ne scapiti minimamente, sono anche ristoratori. Mandano avanti con
passione la locanda di famiglia, un posto che fin dal nome evoca annose tradizioni: Al Cavallino Bianco. Le tradizioni qui sono poi potenziate da una tecnica
in cucina davvero rimarchevole, oltre che da un gusto dell’ospitalità evidente fin
dalla bella “Sala Rosa” col caminetto, resa gaia e accogliente dal sottofondo musicale devoto alla gloria locale, Giuseppe Verdi.
A tavola? Pronti: ecco un appetizer di golosissime crocchette di Culatello. I maniaci, per antipasto, potranno optare appunto per i Culatelli di famiglia in svariate stagionature, ma anche per la spalla cotta, il salame e tutto quello che esce
dalle cantine Spigaroli. Non mancano i piatti cucinati: di strepitosa, commovente
dolcezza l’anguilla in carpione con le uvette, i pinoli e le cipolline borettane (ecco
la cucina del Grande Fiume). Di primo? Gli inevitabili tortelli di erbette; gli anolini in brodo “di terza”; i sapidi tagliolini con burro Vacche Rosse, Culatello e verdurine; il risotto mantecato al tartufo delle golene del Po.
Il secondo trionfante, qui, è la suprema di cappone alla Giuseppe Verdi. Tuttavia, a farci lasciare il cuore è stato il fritto misto di papà Piren: amboline (pesciolini fluviali), pesce gatto, rane, anguilla e verdure, in un piatto che è un viaggio ai
confini del tempo. Parla un linguaggio antico anche l’anatra muta arrosto con gateau di patate e prugne.
Tenetevi un posto per la selezione di Parmigiano variamente maturato, o per
i dolci tipo la mousse di mango con panna cotta al lime e biscotto di mandorle.
La cantina è assai ricca e, punto a favore, valorizza molto i vini locali. Prevedete una spesa di 50-55 euro.
AMICI MIEI
LIBRI
Gil ultimi giganti
nel paese del blablà
È da poche settimane in libreria
per i tipi di Marsilio, Giganti. Italiani seri nel paese del blablà di
Stefano Lorenzetto, il giornalista italiano entrato cinque volte
nel Guinness World Records per
la più lunga serie di interviste
che sia mai apparsa sulla stampa mondiale. Nelle motivazioni dei vari premi che Lorenzetto
| 4 maggio 2016 |
Fast & Furious in
salsa romagnola
Una giovane pilota e il fratello tossico a caccia della
gara perfetta nel campionato italiano GT.
Non sembra un film italiano questo Fast & Furious
in salsa romagnola. Non lo
sembra davvero. Gran bella
fotografia, montaggio frenetico, regia pulita e una
storia, forse risaputa, ma
coinvolgente. C’è una ragazza, giovane e col sogno
di vincere il campionato di
automobilismo anche per
salvare la famiglia dai debiti. Ci si mette di mezzo la
sorte beffarda che gli met-
te davanti un fratello derelitto, stordito dalla droga
ma forse ancora capace di
riscatto. Bel film che guarda alle storie semplici d’oltreoceano. Ha un buon cast
con un Accorsi (per chi scrive piuttosto insopportabile in altre prove) qui finalmente in parte, in un ruolo
sofferto e complicato. Ma è il
progetto a convincere di più:
fare un film d’intrattenimento con contenuti non banali che guarda al cinema internazionale e ha un linguaggio
moderno lontanissimo dalle pedanterie di certo cinema
italiano impegnato.
visti da Simone Fortunato
Il miracolo
del figlio. Down
Il regista
Matteo Rovere
HOME VIDEO
La grande scommessa,
di Adam McKay
La crisi spiegata in
modo troppo tecnico
Nel 2005 un gruppo di analisti
e investitori prevede il crollo
del mercato immobiliare.
Film complesso, molto tecnico e
non semplice nonostante i tanti momenti didascalici (c’è anche Margot Robbie mezza nuda
che fa una mini lezione di economia). È molto originale, per il
mix di registri utilizzati che vanno dal grottesco al melodramma, ha un cast di rilievo e tenta
un approccio non demagogico
nel trattare un tema ostico come la crisi finanziaria.
Per informazioni
Al Cavallino Bianco
ristorantealcavallinobianco.it
Via Sbrisi, 3
Polesine Parmense (Parma)
Tel. 052496136
Chiuso il martedì
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LETTURE PER RAGAZZI
CINEMA
AL CAVALLINO BIANCO, POLESINE PARMENSE (PR)
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ha vinto ve n’è una che fa capire
chi è l’autore: «Il miglior intervistatore italiano mai esistito». In
questo libro Lorenzetto torna a
scovare, sempre più a fatica, i giganti dei nostri giorni, personalità di spicco nelle quali specchiarsi, esempi da seguire. Ma oggi?
«L’Italia sembra un paese popolato più da pigmei che da watussi, dove un giovanotto dalla lingua lunga e dalle ambizioni
smisurate, cresciuto alla scuola di Mike Bongiorno e divenuto presidente del Consiglio senza passare dalle urne, ha eretto
a forma di governo lo storytelling (vulgo, blablà) e non si ver-
gogna a farsi dare ogni giorno
del “cazzaro” da Dagospia. Solo
nella Repubblica delle chiacchiere poteva essere scambiato per
evento del secolo quel pacchiano Lunapark delle Nazioni che è
stato chiamato Expo». Demoralizzato dal deprimente spettacolo, Lorenzetto è andato in cerca
ancora una volta di personaggi comuni di eccezionale valore: l’imprenditore che assume i
malati di cancro, la mamma della ragazza morta suicida che ha
già aiutato 60.000 genitori cui è
toccato il dramma di seppellire i
loro figli, la cieca diventata nonna di 15.123 nipoti che dovevano
essere abortiti, il manager che
soccorre i cinesi detenuti nei laogai, il pittore privo di braccia che
ha mantenuto la famiglia usando
solo la propria bocca, la “povera allegra” che dal 2001 non tocca un soldo, il dottor Schweitzer
delle Ande, il chirurgo dei casi
impossibili, il crociato dei borghi
abbandonati, il giardiniere che
non si arrende mai, l’operaio che
ha salvato i bilanci della Fiat, la
madre che ha offerto alla patria
i due figli poliziotti, la pensionata
che vive da 16 anni dentro l’aeroporto di Malpensa, l’oncologo
che si è fatto arrestare per amore dei malati. Giganti, appunto.
TEST DI MEDICINA
Tutte le lezioni
del Centro servizi
opere educative
Altro che vacanze. Molti studenti, terminati gli esami di maturità, dovranno rimettersi alla svelta chini sui libri per prepararsi
ai test di ingresso all’università.
Da due anni sono state sollevate perplessità sul famigerato business dei corsi di preparazione
ai test di accesso alle facoltà di
medicina e di professioni sanitarie. Ma per fortuna ci sono eccezioni virtuose. Negli ultimi anni
una realtà educativa si è dimo-
strata attenta al bisogno degli studenti, proponendo in numerose città corsi di
preparazione ai test di ingresso alle facoltà di medicina e professioni sanitarie, garantendo qualità nella formazione
e professionalità nella gestione dei corsi.
MAMMA OCA
di Annalena Valenti
S
ma in realtà di “amore incondizionato”
nel libro più fascinoso, sia nella grafica sia nel testo, tra i premi di
quest’anno alla Bologna Children’s Book Fair. Racconta la sua esperienza di
padre, Gusti, famoso illustratore argentino, in questo Mallko y papà, libro in
spagnolo. Chiede al Cielo «l’opportunità di sperimentare “l’amore incondizionato”. Non piccole approssimazioni ma
l’amore vero. È che bisogna stare attenti a quello che si chiede, perché ti può
essere concesso». In quanti siamo passati dalla stessa strada? Ed ecco, il Cielo gli dà un figlio down e Gusti si ribella
al destino. Con quella domanda urlata
da parole e disegni: «Perché, Dio? A volte con i figli, succede come con i disegni: non vengono come ti immaginavi.
Un disegno lo puoi distruggere, rifare,
ritoccarlo, migliorarlo a tuo piacimento, perfezionarlo con photoshop. Però
con un figlio, con un figlio vero, non lo
puoi fare. Non lo accettai, non era come
me lo ero immaginato». E poi la grande
scoperta, che condivide con noi. L’amore incondizionato si può sperimentare
quando chi hai di fronte non è come te
lo immagini, e della “fortuna” di essercene accorti in un mondo che urla altro, c’è da render grazie. «Passato un
certo periodo, mi resi conto che, come
nel caso dei disegni scartati, lui stava bene. Non solo: mi resi conto che lui era
il migliore. Per fortuna, mi dicevo, non
l’ho né scartato né cancellato».
mammaoca.com
i parla di un figlio down
È il Centro servizi Opere educative monsignor Lorenzo Dalponte (Csoe) di Trento (www.csoe.
it), sostenuto dalla ventennale
esperienza di un gruppo di professionisti nella consulenza a favore di persone e organizzazioni
che operano nei settori della formazione, dell’istruzione, dei servizi socio-educativi ai minori. Il
Centro da alcuni anni organizza i
corsi di preparazione che garantiscono una formazione di eccellenza con una spesa accessibile a
tutte le famiglie. Lo scorso anno
560 studenti hanno frequentato
i pre-test di medicina in 5 città
(Milano, Verona, Brescia, Trento
e Padova); di essi il 69 per cento hanno superato il test e il 33
per cento di questi ha conseguito la possibilità di entrare nella
sede di prima scelta. Il Csoe propone corsi di 44 ore di formazione a 250 euro. Nelle lezioni vengono esaminate tutte le materie
e i contenuti previsti dal decreto ministeriale che annualmente
viene emanato all’inizio dell’estate. Anche quest’anno nell’ultima settimana di agosto il Csoe
propone corsi di preparazione al
test di ingresso e nel mese di luglio delle simulazioni dei test in
alcune città. Si richiede l’iscrizione sul sito csoe.it.
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35
motorpedia
WWW.red-LiVe.it
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L’auTosaRàInPREVEnDITaDaMaggIo
EnELLEconcEssIonaRIEDoPoL’EsTaTE
a CUra di
Audi A3, nuovi motori
e dotazioni di qualità
P
dUe rUote iN meNo
Kawasaki, la grinta del J125
Aspetto grintoso e finiture di qualità ereditate dal fratello maggiore J300, lo scooter Kawasaki si presenta ora anche in versione 125 cc. Come il J300, il J125 sa coniugare sportività e comfort,
grazie anche al capiente vano sottosella (ospita comodamente un
casco integrale e una valigetta di dimensioni A4) e alla presa di
corrente continua nel portaoggetti. Il cuore del J300 è un monocilindrico 4 tempi, raffreddato a liquido da 125 cc. La frenata è invece affidata a due dischi a margherita, uno anteriore e uno posteStefano Cordara
riore. Disponibile a richiesta l’Abs.
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Dopol’estatesipotrà
goderedelrestyling
dellaa3,connuovi
motoriedegli
optionaldisolito
presentinelleauto
dicategoriesuperiori
iù motori, più fascino e soprattutto dotazioni più ricche:
la gamma A3 cambia nel segno delle innovazioni introdotte su altre famiglie come Q7 e A4. Soprattutto
per i sistemi di assistenza alla guida e per la dotazione di
bordo, infatti, le novità sono quelle che hanno debuttato nel
recente passato su modelli di fascia più alta. Ed è rimarchevole che arrivino su una compatta premium.
Non mancano, però, interventi più semplici come l’adozione di gruppi ottici anteriori e posteriori dall’aspetto più
piatto, nonché la calandra più larga. Novità anche per la
gamma colori, arricchita da tonalità e varianti inedite. I motori benzina e Diesel sono sei, tre per carburante utilizzato:
tra i primi spicca il 1.0 TFSI da 115 cavalli e 200 Nm che segna l’avvento sulla gamma A3 del frazionamento a tre cilindri. Si cresce di cilindrata con il 1.4 TFSI COD (Cylinder On
Demand) ultra da 150 cavalli e 250 Nm, per arrivare al 2.0
TFSI di 1.984 cc, in grado di toccare i 190 cavalli di potenza e
sviluppare 320 Nm di coppia: quest’ultima unità si avvale di
serie del nuovo cambio S tronic a sette marce con frizione in
bagno d’olio. Gasolio per il TDI 4 cilindri 1.968 cc, proposto
in due livelli di potenza: 150 o 184 cavalli, mentre l’accesso
alla gamma è offerto dal 1.6 TDI da 110 cavalli. La trazione
integrale quattro è disponibile su tutta la gamma, fatta eccezione per le 1.0 TFSI e 1.4 TFSI.
A3 Sportback e-tron e g-tron saranno la scelta di chi punta al risparmio energetico: la prima accoppia il quattro cilindri termico 1.4 TFSI da 150 cavalli al motore elettrico da 102
cavalli, mentre la seconda si ferma a
110 cavalli di potenza (4 euro di carLEPRIncIPaLI
burante ogni 100 chilometri). La nuonoVITàsono
va S3 ha 10 cavalli e 20 Nm in più riconcEnTRaTE
spetto al modello precedente, con il
nELL’abITacoLo
EnELL’assIsTEnza
2.0 TFSI che arriva a 310 cavalli e 400
aLLaguIDa.gaMMa Nm. Proposta anche in allestimento
coLoRIaRRIcchITa
Sedan, Sportback e Cabriolet, è dotaDIVaRIETonaLITà
ta di serie del cambio S tronic e della
trazione quattro.
Le principali novità sono concentrate nell’abitacolo e
nell’assistenza alla guida. Tra gli optional più interessanti
troviamo l’assistenza al traffico integrata al cruise control
con funzione Stop&Go: il sistema, abbinato al cambio S tronic, gestisce l’auto in coda. Utile l’Emergency Assist: frena
l’auto in autonomia fino all’arresto completo se dopo una
serie di avvertimenti il conducente non interviene. Nell’abitacolo l’opzione più scenografica è l’Audi virtual cockpit
con schermo da 12,3”. Al centro della vettura trovano posto sia il display da 7” a scomparsa sia la manopola che serve per muoversi dentro i vari menu, avvalendosi anche del
touchpad collocato nella zona superiore. Audi connect con
scheda Sim integrata permette di sfruttare il sistema di navigazione (optional), visualizzando le mappe Google Earth e
Street View, e di creare una rete WLAN interna. EdoardoMargiotta
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LETTERE
AL DIRETTORE
[email protected]
Se Davigo è una star, la colpa
è dei giornali che si divertono
a giocare al Muttawwi’a
L
Casadeidisprezzatantopocoicristianiirachenicomunicheciha
scrittosopratrelibri,perraccontarelelorostorieditestimonianzaedi
martirio,edèstatocinquevoltenelleterredelCaliffoperpoterlofare.
Nell’articolol’espressioneèfravirgoletteedunquenonvaintesaletteralmente,mainterminiretorici.
2
Carissimo Luigi, mi permetto di contattarti per alcune importanti notizie. Innanzitutto vorrei condividere la
gioia per la lettera che papa France-
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SIGNORE,PERCHÉ?
L’unica risposta
adeguata alla nostra
ineludibile domanda
sul dolore
CARTOLINA DAL PARADISO
di PippoCorigliano
I
sco ha scritto a Chiara Amirante, rivolgendosi anche a tutta Nuovi Orizzonti in occasione dell’approvazione
definitiva degli Statuti. Inoltre, essendo ormai vicini alla Giornata di Festa
e Spiritualità di Pentecoste che per la
famiglia di Nuovi Orizzonti è “la” festa
per eccellenza, sarebbe per noi una
grande gioia averti tra noi. La giornata si terrà il 15 maggio prossimo venturo alla Mariapoli di Castelgandolfo.
donDavideBanzato
LaChiesahariconosciutoilcarisma
diChiaraMirante,fondatricedella
comunitàNuoviOrizzonti,comunità
sortadallapersonastessadiChiara
chedal1991iniziòun’operadica-
ritàtraibarbonieivagabondidellaStazioneTerminidiRoma.AmmiratodaunesempiodifedeinCristo
chesifaveramenteetotalmente
prossimo,rispondoall’invitoconun
grazie,cisarò.
2
Non so lei, ma io sono uscito allucinato
dalla lettura dell’incredibile intervista
di Marco Travaglio al nuovo presidente
dell’Anm Piercamillo Davigo. Fra molte
altre affermazioni che personalmente
trovo spaventose in bocca al “leader”
dei magistrati italiani, l’ex eroe di Mani
pulite dice in sostanza al direttore del
Fatto quotidiano che un modo ci sarebbe, per evitare il conflitto fra politi-
Foto: Ansa
e scrivo al fine di esprimerle tutto il disappunto (non
solo mio, considerati i numerosi dissensi che ho letto
in internet) per l’articolo di Rodolfo Casadei “La grazia di vivere in un container. Viaggio tra i cristiani iracheni rifugiati a Erbil” pubblicato nel numero 15 di Tempi. È
del tutto accettabile che taluni giornalisti possano esaltare,
condividendolo, un movimento ecclesiastico, sia pure molto controverso come il Cammino neocatecumenale. Le pare, però, opportuno che questo debba avvenire svilendo altre componenti della Chiesa? Mi riferisco ai modi definiti
«un po’ “feudali”» dei parroci delle comunità antecedenti a
quelle neocatecumenali, con parole messe in bocca al patriarca, parole che però non sono state virgolettate. Mi riferisco, principalmente, a questo periodo: «Simili sono anche
gli aspetti problematici, come le tensioni con una parte dei
presbiteri, le accuse di deriva settaria e criptoprotestante,
le incomprensioni coi “cristiani comuni”. Soprattutto per chi
nella Chiesa già svolgeva compiti di
responsabilità». Mi perdoni la domanda: ma chi sono i “cristiani comuni”,
soprattutto in quel contesto di guerra
e persecuzione? Sono forse una sorta di cristiani “tiepidi”, altro aggettivo presente nell’articolo? La principale
caratterizzazione del Cammino neocatecumenale sta nel gergo che crea
divisioni – diciamolo pure linguaggio
speciale del gruppo – dove i “tiepidi”
sono quelli vomitati in Apocalisse 3,16.
Dispiace che il medesimo gergo, che
differenzia gli eletti del Cammino dai
cristiani comuni, sia utilizzato in una
testata orientata ai cattolici tutti.
LinoLista via internet
ci e toghe: basta che i partiti si risolvano una volta per tutte a sottomettersi
alle procure. Prendano le liste degli indagati prodotte a getto continuo dagli
uffici giudiziari e le trattino come andrebbero trattate in uno Stato di polizia che si rispetti, e cioè come pure e
semplici liste di persone non grate da
destinare a epurazione. Altrimenti, «se
le persone coinvolte in base a prove e
indizi che dovrebbero indurre la politica e le istituzioni a rimuoverle in base a
un giudizio non penale, ma morale o di
opportunità, vengono lasciate o rican-
l dolore. In questi giorni sono vicino a una
donna che soffre per un tumore al cervello sempre più invadente, assistita da un
marito innamorato, operativo e discreto e da
una mamma che conosco da tempo: una donna di grande e profonda sensibilità. Preghiamo tutti. Il male avanza. La domanda è quella
di sempre: Signore, perché?
Perché la nostra vita incontra tanti dolori
e ha un appuntamento sicuro col dolore della
morte? Solo in Dio c’è la risposta, in quel Dio
che ci ha dato la vita. Il dolore è cammino verso la vita in Dio. Il dolore ci prepara alla vita
in Dio. Dio stesso ha percorso per noi la strada del dolore. Nascere fuori casa, deposto in
una mangiatoia, subito in fuga: sembra di assistere a una delle storie dei migranti di oggi.
Amato ma incompreso. Odiato e crocifisso. Siamo all’opposto della mentalità mondana: sicurezza, successo, sensualità. Eppure al fondo di
quella storia c’è la vita gloriosa, c’è il sorriso di
Maria, c’è il volto di Dio.
Il dolore fa male come faceva male a Gesù. Non c’è modo di limitarlo. Ci sono solo (per
grazia di Dio) le cure antidolorifiche che però non abbattono il male. La risposta vera ce
la danno le madri. Le madri sanno soffrire per
amore. Essere madre significa soffrire fin dal
primo momento, ma l’amore fa dire che ne vale la pena. Maria ha sofferto ma ora è la madre
di tutti. Questa è la consolazione. Il dolore è fecondo. Il dolore porta la vita. Santa Maria prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. E mostraci Gesù.
didate o rinominate, è inevitabile che i
processi abbiano effetti politici. Se la
politica usasse per le sue autonome valutazioni gli elementi che noi usiamo
per i giudizi penali e ne traesse le dovute conseguenze, processeremmo degli ex. Senza conseguenze politiche».
Punto. Il ragionamento è semplicissimo. Sei indagato? Magari sei innocente, e magari domani (o fra vent’anni)
questo ti verrà pure riconosciuto, ma
adesso sei moralmente condannabile,
o comunque sei «inopportuno» (eh?),
quindi sparisci che è meglio. Lasciamo
perdere che ai magistrati spetterebbe
di occuparsi di reati , non di suggerire
condanne “morali” (con conseguenze
pratiche) verso chicchessia. Lasciamo
stare. Qui vorrei solo sottolinearle, direttore, l’idea che, insomma, secondo il
capo del sindacato delle toghe italiane
i processi non servono. Anche perché
poi, se stiamo ad aspettare i processi, va a finire come con quel tale «professore universitario – il virgolettato è
di Davigo – che faceva sesso con le allieve prima degli esami» e in tribunale «l’hanno assolto e il preside s’è detto
ansioso di riaverlo in cattedra. Come
se un fatto penalmente irrilevante non
fosse deontologicamente disdicevole».
Ecco. Di nuovo: dei processi non sappiamo che farcene. Davvero non capisco: ma come fa un magistrato che ragiona così a rappresentare le toghe
italiane ed essere ricercato dai giornali
come si cerca una star?
RobertoFaccioli via internet
L’intervistaresaaTravaglioèacquafrescaaconfrontodiquellarilasciataaCazzullo,lettasullaprima
paginadelCorrieredellaSera,incastonatainuntitolodabarsport
(“Davigoel’accusaaipolitici:rubanosenzapiùvergogna”),ribadito
atuttapagina5(“Ipoliticirubano
piùdiprima.Maadessononsivergognano”).Comesifaadaccettaregeneralizzazionidelgenere?Comefaunmagistratoaesprimersi
collinguaggiodafolladeiforconi?
Comesipuòcontinuarealeggere
tuttoilrestodellenotiziedigiornataconilviatico«ecco,inItaliahannovintolemosche.Icorrotti»?Ma
nonmimeraviglialamancanzadi
realismo,ragionevolezza,prudenza,
umanità,sensodellimite,urbanità,fantasia,immaginazione,sfumaturedigrigio,cheemergeinun’intervistaschiumanteideologia.Cioè
quelmeccanismodifensivopercui
lapossibilitàstessadiunaltropuntodivistavieneresairrealeedeliminatadallacoscienzadell’individuo(V.Belohradsky,Ilmondodella
vita:unproblemapolitico).MimeravigliacheilCorrieresisiaprestatoafaredaassistenteemegafono
aunainterpretazionedellafunzione
giudiziariacheinArabiaSauditasi
tradurrebbecon“Mutawwi’a”:organoperl’imposizionedellavirtùe
l’interdizionedelvizio.
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LETTEREDALLA
FINEDELMONDO
INCOMPAGNIADICHIÈGIÀINPARADISO
Dire Messa per quei due
cadaveri e scoprire che anche
questo è il centuplo quaggiù
|DIALDOTRENTO
C
aro padre aldo, queste settimane sono state piene di una grande ferita. Non smettono di
accadere le cose belle. Per esempio, il rapporto con alcuni amici si approfondisce sempre
di più, anche per la mia costante insoddisfazione: ho iniziato a cercare in quei rapporti la
grandezza vista quando sono stata da te. Tante cose mi costano molta fatica, ma il giudizio che
per me è più conveniente fare le cose che mi vengono date o proposte non viene meno. E memore
di questo sono meno schiacciata. A volte anche questa certezza si assopisce, ma c’è sempre qualcuno che mi sta vicino e mi guarda diversamente da come faccio io. E così riparte.
Nella preghiera ho iniziato a domandare e mi rendo conto che questa posizione mi sta cambiando.
Anche su questo sfido i miei amici, perché ho bisogno di una compagnia anche nella preghiera. Mi
sono confessata prima di Pasqua e il prete mi ha detto che la certezza che io ho di Gesù deve diventare esperienza. Io lo chiedo nella preghiera e mi rendo conto, in questo è stato fondamentale
vederlo da voi, di come preghiera e Sacramenti quotidiani rendano più possibile tutto ciò. Comunque il mio cuore non è mai a posto, voglio sempre di più. Non posso accontentarmi, specialmente
dopo aver visto la possibilità del centuplo per me. Anche le cose che accadono nel mondo mi interrogano molto. Non posso non guardare a tutto con in mente Gesù, con in mente i miei amici e tutti
voi. Ho detto che queste settimane sono piene di una grande ferita proprio per questo. A volte la
tristezza, l’abbattimento che mi hanno portato
da voi sembrano prevalere. E mi viene paura di
tornare ancora l’oscuro male
SONOSOTTOILMANTODIMARIA.
tornare al punto di partenza. Ringrazio che ci
che tanto mi ha fatto soffriDIOMICHIEDETuTTOEIOGLIDO
sia sempre qualcuno che mi ricorda che non è
re, ma so con certezza di espossibile tornare come prima. Non è possibile
sere sotto il manto della MaTuTTOESOMOLTObENECHENON
perché anche nei momenti peggiori io non didonna, la mia tenera madre
PERMETTERÀMAICHEILDOLORE
mentico ciò che mi è accaduto in Paraguay e
che non mi ha lasciato mai
so che può riaccadere anche qua. Ma mi rensolo. Dio mi chiede tutto e io
SIASuPERIOREALLAMIALIbERTÀ
do conto che ultimamente faccio più fatica. A
gli do tutto e so molto bene
fine luglio ci sarebbe la vacanza con gli amiAids e cancro compie 12 anni. In questo temche non permetterà mai che il dolore sia supeci universitari ma io avrei desiderato venire ad
po abbiamo accolto 1.788 pazienti di cui 1.310
riore alla mia libertà. Un gesto che mi aiuta ad
Asunción. Ma ricordo che uno degli ultimi giorhanno raggiunto il Paradiso. Non è facile per
essere realista è quando, terminata la visita ai
ni che ero da te mi hai detto di seguire fino in
me, nè per i miei amici, vivere gomito a gomimalati, verso le 23, mi reco nella cella mortuafondo il movimento, segno per me di Cristo.
to con la morte. Anche oggi, 20 aprile, ho celeria. È lì dove mi risuonano nella mente le bel
Letterafirmata
brato la Santa Messa con due cadaveri davanle parole di san Giovanni Nazianzeno: «Se non
ti all’altare. Normalmente, mettiamo il defunto
fossi tuo o Cristo mio sarei creatura finita».
arissima, ti ringrazio perchè sei una
nella bara dopo la Messa perchè nel momento
Questi brevi minuti in compagnia di chi è già in
delle poche fra coloro che sono state
del segno della pace possa dare al defunto l’ulParadiso mi aiutano a mettere le cose al loro
qui a ringraziare per quanto Dio ti ha
timo bacio in fronte. Non si tratta di un corpo
posto. Mia cara, vai in vacanza con i tuoi amici
dato da vivere. Ebbene torno a invitarti a prenqualsiasi, ma di un essere umano che è stato il
perché ciò che hai vissuto un anno fa da noi, lo
dere sul serio quelle parole che ti ho detto. È
tempio dello Spirito Santo e che un giorno, copotrai vivere nella bella compagnia che Dio ti
bello vedere come Gesù ci dona delle circome recitiamo nel Credo, risusciterà. Anche per
dona e guardando le mie care montagne. Non
stanze in cui il vivere è come mangiare un buon
me ci sono giorni difficili, circostanze non desiavere paura delle ricadute perché ciò fa parte
cioccolato svizzero. Ma non è sempre così, la
derate; ma la certezza che tutto è per un bene
del cammino. Tieniti ben stretta alla mano di
realtà non fa sconti, non è una fabbrica di ciocpiù grande mi permette di consegnarmi tutto
chi ti vuole veramente bene.
[email protected]
colatini. L’1 maggio la clinica per ammalati di
a Gesù. A volte mi prende la paura che possa
C
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| 4 maggio 2016 |
|
SPORT
ÜBER ALLES
Reg. del Trib. di Milano n. 332
dell’11/6/1994
settimanale di cronaca, giudizio,
libera circolazione di idee
Anno 22 – N. 17
dal 28 aprile al 4 maggio 2016
DIRETTORE RESPONSABILE:
LUIGI AMICONE
REDAZIONE: Emanuele Boffi,
Rodolfo Casadei (inviato speciale),
Caterina Giojelli, Francesco
Leone Grotti, Daniele Guarneri,
Elisabetta Longo, Pietro Piccinini
PROGETTO GRAFICO:
Enrico Bagnoli, Francesco Camagna
UFFICIO GRAFICO:
Matteo Cattaneo (Art Director)
FOTOLITO E STAMPA:
Reggiani spa Via Alighieri, 50
21010 Brezzo di Bedero (Va)
DISTRIBUZIONE:
a cura della Press Di Srl
SEDE REDAZIONE:
Via Confalonieri 38, Milano,
tel. 02/31923727, fax 02/34538074,
[email protected], www.tempi.it
EDITORE:
Vita Nuova Società Cooperativa,
Via Confalonieri 38, Milano. La testata
fruisce dei contributi statali diretti di
cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250
ALLEGORIA MILANISTA
Quando non c’è più il tocco
e nemmeno i soldi
|
DI FRED PERRI
A
alle
vicende del Milan, l’ex squadrone che
tremare il mondo faceva. Specializzato in campagne estere, dal 2003 al 2007 avrebbe potuto vincere cinque Champions League,
tanto era superiore, ma si fermò a due. Squadra a forte vocazione internazionale, declinò
la mission (fu il Capo a introdurre il termine,
ahilui) enunciata quella volta che i giocatori
arrivarono al raduno con gli elicotteri e la cavalcata delle Valchirie, vedi Apocalypse Now:
vincere facendo spettacolo.
Lo presero per il culo, ma aveva ragione
lui: il Milan esportò grande calcio, fu la prima squadra italiana a non far sentire lo stridore di denti da paura al Santiago Bernabeu.
Segnò la storia, guidata dal rivoluzionario Arrigo Sacchi. Rivoluzione in campo, perché la
parola, al Capo, piace poco se applicata altro-
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ssisto, con perplessità e nostalgia,
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| Foto: Ansa
ve. Infatti non ha mai apprezzato i tecnici comunisti: Bagnoli, Zaccheroni e, ultimo, Sarri.
Il Milan ha dominato perché il Capo aveva il tocco magico e perché certi suoi innamoramenti improvvisi e sguaiati (Borghi)
venivano smussati dall’abilità del plenipotenziario Galliani, ottimo dirigente. Il Milan
ha dominato perché aveva anche i soldi, poi.
Ora non c’è più tocco e non ci sono più soldi. Ora c’è solo questa girandola di allenatori che è un po’ come la girandola di candidati
del centrodestra alle comunali. Il problema,
compagni e amici, non è il candidato, pardon l’allenatore, e non è neanche la squadra.
Il problema è quello che sta dietro, la società,
il partito. Vedo molta stanchezza nel Milan e
nel centrodestra molta confusione. Forse è il
caso di vendere ai cinesi. Il Milan o Forza Italia? Urca, mi sono confuso anch’io.
PUBBLICAZIONE A STAMPA:
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Online: ISSN 2499-4308
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tutela dati personali).
taz&bao
Per una volta
non possiamo non dirci
prodiani
Siria, Ucraina, profughi, lei insiste sul fatto che nessun problema
sarà risolto senza un accordo Usa-Russia. Non si rischia di essere
troppo indulgenti con Putin?
«Riusciamo a fare la pace in Siria senza di lui? Evidentemente no.
Mentre l’emigrazione di lungo periodo l’avremo sempre con noi,
il flusso tragico di oggi che fatichiamo a gestire è conseguenza
della guerra. Mi rendo conto che in periodo di sanzioni parlare
di un accordo può sembrare un segno di debolezza. Ma le sanzioni
debbono essere efficaci non solo quando si applicano ma anche
quando si tolgono. E toglierle alla Russia oggi può avere un’efficacia
politica maggiore. C’è in gioco il problema dei rapporti di lungo
periodo con Mosca, rapporti che sono indispensabili per il futuro
russo e il futuro europeo. Ricordo che la Germania, leader delle
sanzioni contro la Russia, ha concluso col Nord Stream il più grande
contratto nel settore dell’energia con Mosca. Stiamo giocando?».
Lei ha incontrato spesso Putin. È il leader giusto per il suo Paese?
«Non do pagelle sulla personalità dei leader mondiali ma ho sempre
cercato di rendere compatibili i loro e i nostri obiettivi. Non ho
mai pensato che Gheddafi fosse un campione di democrazia ma ho
sempre pensato che fosse meglio trattare con lui che aprire il baratro
dell’anarchia. Quanto a Putin è uomo del tutto concreto. Nei nostri
incontri abbiamo potuto mettere in discussione tutti i problemi.
L’unico su cui non accetta discussioni è quello di avere la Nato
alle porte di casa. Per questo motivo dobbiamo avere ben in testa che
la soluzione del problema ucraino è quello di operare per un’Ucraina
indipendente, un vero stato cuscinetto né russo né occidentale.
Non è permesso a nessuno di scegliere il leader di un altro Paese».
Romano Prodi intervistato da Marco Ascione, Corriere della Sera, 22 aprile 2016
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| Un incontro a Mosca tra l’allora presidente del Consiglio italiano Romano Prodi e il presidente russo Vladimir Putin, 22 novembre 2007 (foto: Ansa)
APPUNTI
UN ISTANTE E POI PIÙ NULLA. POSSIBILE?
La ragazza
e il Frecciarossa
M
ilano, aprile. Alle sette, come ogni
mattina, Lisa, 18 anni, si era alzata, assonnata. Un caffè in cucina, di
fretta, i vestiti da scegliere, i libri nello zaino.
Il tonfo della porta chiusa alle spalle. Lei per
strada, bruna, bellissima.
Alle sette, come ogni mattina, il Frecciarossa numero 9513 era partito da Torino per Milano: il muso puntuto ansioso di vento, la pulsione a correre da purosangue d’acciaio.
Lisa esce di casa, traversa la periferia diretta alla stazione Certosa. Ha un passo veloce e
leggero. Per strada la gente si volta a guardarla. Lei, le cuffie nelle orecchie, non ci fa caso.
Il Frecciarossa si lascia indietro l’hinterland di Torino e macina le pianure di Vercelli e di Novara. Già attraversa il Ticino. È una
saetta rossa nella campagna, in questa mattina di sole.
C’è un sottopassaggio per i pedoni a Certosa, ma si fa prima a attraversare i binari. E Lisa deve essere a scuola, fra poco. È sovrappensiero. Che cosa, nella mattina già tiepida di
aprile, la rende tanto assorta? La musica nelle cuffie batte, ritmica. Ma cosa ha in testa lei
stamattina? Un servizio da modella, un viaggio, un amore? L’amore a 18 anni può essere un fiume che si gonfia e esonda, e cancella
ogni cosa. Lisa ascolta Rihanna e contempla la
sua vita intatta, lucente, davanti.
I palazzi e le torri di Milano già si disegnano all’orizzonte, in fondo ai binari. Il Frecciarossa costeggia l’area dell’Expo, poi sbuca
verso Certosa. Fischia, forte, a annunciarsi. Il
fischio fende l’aria come una lama.
E d’improvviso tutto è così breve. Lisa avanza come impercettibilmente danzando. Lo
sguardo fisso, presa come è dai suoi pensieri.
Non sente il fischio lacerante, né lo stridio
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|
di Marina Corradi
disperato di freni sulle ruote di acciaio. Forse,
solo una frazione di secondo per capire. L’urto atroce: poi, per qualche istante, sulle banchine solo un attonito silenzio.
Ora la gente accorre, fa ressa, sgomenta.
Una chiazza larga di sangue, e libri sparsi da
uno zaino. Un giovane agente di polizia cerca i documenti. Si attarda a guardare la foto:
«Dio, come era bella».
Più nulla? Il dubbio, in quella periferia di
cemento e di ferro, grava su chi sta a guardare. Più nulla, possibile? I desideri, le attese, le
tante cose da fare, amare, vedere. Che scandalo morire così, a 18 anni. Skandalon, significa
ostacolo, inciampo. E chi ha visto, e chi viene
a sapere, inciampa come in una buca nel suolo. Più nulla? Assurdo, impossibile; eppure si
allarga, attorno a questa morte, come l’aspro
fragore del niente.
Qualcuno che passa dalla stazione Certosa fra sé mormora: «Prega per noi peccatori,
adesso e nell’ora della nostra morte». Riallaccia con antiche parole qualcosa come un filo interrotto. (C’è una madre, c’è un padre in
quest’ora, nel buio più oscuro e profondo).
Nel “Tu” invocato in quelle parole a bassa voce sta la sola speranza. Non per un nulla, siamo venuti al mondo. La bella Lisa, assurdamente attesa da un treno, sta ora assisa in
questo Mistero. Noi non vediamo, noi non riusciamo a capire. Ma ostinatamente, a mani
aperte e vuote, aspettiamo.