LA POLITICA DI COESIONE E IL QUADRO FINANZIARIO

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LA POLITICA DI COESIONE E IL QUADRO FINANZIARIO
LA POLITICA DI COESIONE E IL
QUADRO FINANZIARIO PLURIENNALE 2014-2020
Position Paper
Roma, novembre 2012
0
Il presente documento è stato elaborato dagli uffici di Confindustria e delle Confindustrie
regionali nell’ambito delle attività della Conferenza dei Presidenti delle Confindustrie
regionali e del Comitato Mezzogiorno di Confindustria. Il documento è finalizzato a definire
una posizione condivisa sulle nuove prospettive finanziarie e sul futuro della politica di
coesione 2014-20, alla luce delle difficoltà che la crisi economica e finanziaria, nazionale
ed internazionale, ha determinato e potrà determinare sulle capacità dei bilanci pubblici di
sostenere la competitività del sistema produttivo del nostro Paese.
I
INDICE
Il punto di vista di Confindustria - Executive Summary
1.
Il Quadro Finanziario Pluriennale per il periodo 2014-2020 ..................................................................... 3
1.1.
La proposta della Commissione Europea .......................................................................................... 3
1.2.
Lo stato del negoziato ....................................................................................................................... 4
2.
Opportunità e linee portanti di una forte politica di coesione rinnovata ................................................. 5
3.
Il dettaglio delle proposte ......................................................................................................................... 8
4.
Regole di programmazione e governance ............................................................................................... 14
5.
Il sostegno alle imprese ........................................................................................................................... 16
5.1.
Impiego dei Fondi strutturali ........................................................................................................... 16
5.2.
Aiuti di Stato a finalità regionale ..................................................................................................... 17
6.
Il Fondo Sociale Europeo ......................................................................................................................... 20
7.
Partenariato socio economico ................................................................................................................. 21
8.
Percorso di costruzione dei programmi 2014-20 dei Fondi europei in Italia .......................................... 23
9.
8.1.
Principi generali ............................................................................................................................... 23
8.2.
Fasi di lavoro .................................................................................................................................... 23
Il cronogramma delle attività .................................................................................................................. 25
II
Il punto di vista di Confindustria – Executive Summary
In corrispondenza con le fasi decisive del negoziato sul futuro bilancio dell’UE e sul pacchetto
legislativo dei fondi strutturali per il periodo 2014-2020, Confindustria e le Confindustrie regionali
indicano alcuni punti che dovranno caratterizzare le future politiche di coesione.
Confindustria giudica positivamente:
 l’allineamento di una politica di coesione riformata nei contenuti alle priorità ed ai target di
Europa 2020, strategia fondamentale per riportare l’Italia su un sentiero di crescita. Tale
politica dovrà essere rivolta a tutta l’Unione, mantenendo la priorità per le regioni in ritardo di
sviluppo e tenendo conto di situazioni di svantaggio territoriale;
 la necessità di promuovere una politica europea orientata agli investimenti, anche attraverso
l’esclusione degli interventi cofinanziati dal Patto di Stabilità e Crescita (“Golden rule”), ed
auspica che la Commissione europea presenti al più presto una proposta in tal senso;
 l’obiettivo di garantire una effettiva addizionalità delle risorse della politica di coesione;
 l’esigenza di riformare le regole di funzionamento della politica di coesione, per ottenere
recuperi di efficienza, contenimenti di costi e maggiore semplificazione per i beneficiari;
 la priorità, espressa dal Governo italiano, per il contenimento del saldo netto, esigenza
fondamentale per un paese grande contribuente netto come l’Italia;
 l’obiettivo di una maggiore concentrazione degli interventi, non solo dal punto di vista tematico,
ma anche dal punto di vista della dimensione e della massa critica dei progetti, premiandone la
capacità di generare impatti significativi sugli obiettivi tematici;
 l’obiettivo di favorire, anche con il migliore utilizzo dei fondi strutturali europei, il pieno
dispiegarsi di una efficace politica industriale europea;
 la concentrazione degli interventi nelle regioni più sviluppate ricche su poche priorità di Europa
2020: a queste Regioni dovrà essere garantita una adeguata autonomia programmatoria (con
riferimento a fondi, priorità e strumenti di intervento), in considerazione della estrema diversità
delle situazioni da affrontare;
 la previsione di quote minime di risorse del FSE per ciascun obiettivo, da gestire con la
necessaria flessibilità in sede di programmazione e attuazione, anche in forma integrata con gli
altri strumenti finanziari;
 l’obiettivo della revisione dei sostegni alle imprese finanziati dal FESR, all’insegna di un più
ampio ricorso a procedure di accesso di natura semplificata: in questa cornice, il passaggio ad
un ruolo più ampio per gli strumenti di ingegneria finanziaria dovrà essere graduale, per evitare
ripercussioni negative sulle decisioni di investimento;
 l’obiettivo di realizzare una programmazione “per azioni”, nella quale i programmi saranno
costituiti da una lista di azioni / progetti corredati di cronogramma di attività e risultati attesi;
 l’idea che Stati membri e Commissione concordino impegni più vincolanti in un vero e proprio
Contratto di Partenariato, ridefinito negli obiettivi da raggiungere e rafforzato da precondizioni
utili a migliorare la qualità e la celerità degli interventi. Sin dalle prime fasi di definizione e nella
successiva fase di attuazione, il Contratto ed i susseguenti atti di programmazione dovranno
basarsi sul coinvolgimento pieno e permanente delle amministrazioni regionali e delle
rappresentanze degli interessi;
 l’opportunità che la politica di coesione tenga adeguatamente conto delle specificità delle
regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, come quelle
insulari (Sardegna) e di quelle colpite da gravi calamità naturali (Abruzzo, Emilia Romagna);
 la prospettiva di consolidare una programmazione chiaramente ispirata da un metodo di
cooperazione rafforzata tra Commissione Europea, Amministrazioni Centrali, Regioni;
 sul piano interno, l’obiettivo di una efficace programmazione integrata e convergente delle
risorse aggiuntive nazionali (FSC);
1
Confindustria non condivide









le ipotesi di forte riduzione delle rubriche rivolte al sostegno della competitività dell’economia
europea, in particolare ricerca e infrastrutture, in maniera sproporzionata rispetto alle altre
rubriche;
l’eventualità che la riduzione del saldo netto italiano avvenga a scapito delle risorse della
politica di coesione, che saranno fondamentali nei prossimi anni caratterizzati da restrizioni dei
bilanci nazionali e regionali;
proposte di condizionalità di tipo macroeconomico che tendano ad applicare questo principio
in maniera iniqua, penalizzando in particolare i beneficiari finali degli interventi;
le ipotesi di modifica dei criteri di allocazione delle risorse che dovessero risultare penalizzanti
per le regioni svantaggiate del Mezzogiorno;
le proposte di normativa sugli aiuti di Stato che non tengano adeguatamente conto degli effetti
della crisi e delle differenze tra i territori dell’Unione;
un utilizzo delle deroghe sugli aiuti a finalità regionale non coerente con le esigenze di
pianificazione dello sviluppo a livello territoriale;
l’esclusione della grande impresa dal finanziamento degli investimenti tramite FESR, che
penalizzerebbe l’attrattività e la competitività dell’intero Paese;
la possibilità che si operi una ripartizione delle risorse per le nuove regioni in transizione
penalizzante per le regioni italiane;
le ipotesi di depotenziamento del ruolo del partenariato socio economico.
2
LA POLITICA DI COESIONE E IL QUADRO FINANZIARIO PLURIENNALE 2014-20
La posizione di Confindustria e delle Confindustrie Regionali
1.
Il Quadro Finanziario Pluriennale per il periodo 2014-2020
1.1. La proposta della Commissione Europea
Dapprima nel mese di giugno 2011 (e con il successivo aggiornamento del 6 luglio 2012),
la Commissione Europea ha presentato le sue proposte di Quadro Finanziario Pluriennale
2014-2020. In totale, per i sette anni, la Commissione propone un bilancio di 1.033 miliardi
di euro in termini di impegni e di 9.882 miliardi di euro in termini di pagamenti, pari
rispettivamente all'1,08% e all'1,03% del Pil complessivo dei 27. Si tratta di un bilancio
“costante in termini reali”, ossia “congelato” ai livelli del 2013 con la sola aggiunta
dell’inflazione1.
Per quanto riguarda i principali capitoli di bilancio, la CE ha proposto di assegnare:
-
alla politica di coesione, cioè ai fondi strutturali 379,4 miliardi di euro2 (sono 354
nell’attuale periodo 2007-2013), di cui 163,5 per le regioni in ritardo dell’Obiettivo
Convergenza, 36,4 per il nuovo Obiettivo destinato alle regioni cosiddette “in
transizione”, 55,4 per le regioni dell’Obiettivo Competitività, 70,3 per il Fondo di
coesione ed i rimanenti 11,7 per la cooperazione territoriale. A queste risorse si
affianca un nuovo fondo da 40 miliardi di euro (Connecting Europe Facility, di cui 10
miliardi di euro provenienti dal Fondo coesione), per la costruzione di infrastrutture
nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni elettroniche (banda
larga);
-
alla Politica Agricola Comune (PAC) 386,4 miliardi di euro, cioè lo stesso
ammontare disponibile nei sette anni precedenti, di cui 281,8 al primo pilastro (aiuti
diretti) e 89,9 al secondo (sviluppo rurale);
-
ai programmi di ricerca e innovazione 80 miliardi;
-
agli interventi per educazione, formazione e mobilità dei giovani, sicurezza e
cittadinanza, relazioni esterne e spese amministrative sono assegnate le restanti
risorse ripartite.
Dal punto di vista del metodo, la proposta presenta tre principali novità:
-
maggiore autonomia nel finanziamento dell'Ue rispetto agli Stati membri, con un
sensibile potenziamento delle cosiddette “risorse proprie” (inclusa l’ipotesi di una
nuova tassa europea sulle transazioni finanziarie3 e revisione del contributo basato
sull'IVA);
1
Questo aggiornamento tecnico risponde a due esigenze: 1) l’impatto sul bilancio dell’adesione della Croazia all’UE e
gli effetti dei più recenti dati economici che interessano le allocazioni degli Stati membri relativi ai fondi strutturali. La
proposta originaria prevedeva € 1.025 miliardi (1,05% del RNL dell’UE) in termini di impegni, mentre per quanto riguarda
i pagamenti gli importi della proposta originaria ammontavano a € 972 miliardi, pari all’1,00% del RNL dell’UE). Per il
periodo 2007-2013 lo stanziamento era pari (a prezzi 2011) a 994 miliardi per impegni (1,05% del PIL) e 943 miliardi per
pagamenti.
2
Di cui almeno 84 miliardi relativi al Fondo Sociale Europeo (FSE).
3
Il 23 maggio 2012 il Parlamento Europeo ha approvato la relazione (dell’On. Anna Podimata) favorevole
all’introduzione di una imposta sulle transazioni finanziarie nella UE.
3
-
allocazione fuori bilancio di una riserva di 58,3 miliardi di euro per voci di spesa
sottoposte a evoluzioni imprevedibili (gli aiuti d'emergenza per le catastrofi naturali
o il progetto Iter sulla fusione nucleare);
-
maggiore trasparenza, con la riduzione dei sistemi di compensazione applicati (a
vario titolo) ai contributi di molti Stati membri per attenuare il saldo negativo (la più
nota di tali compensazioni è il “rebate” britannico). Secondo tale proposta, dovrebbe
restare un solo tipo di compensazione forfettaria, per alcuni paesi “contribuenti
netti”, che rischiano altrimenti di pagare una quota eccessivamente più alta degli
altri (Regno Unito, Svezia, Olanda e Germania).
Nel valutare queste proposte, occorre tenere presente che l’Italia è il terzo contribuente del
bilancio comunitario in termini assoluti, dopo Germania e Francia. Nel 2011, il contributo
italiano (in termini di versamenti effettivi) è stato pari a 16,2 miliardi di euro, in crescita di
1,3 miliardi rispetto all’anno precedente, facendo registrare un saldo netto negativo di oltre
7,5 miliardi (in crescita rispetto ai 6 miliardi del 2008).4
In considerazione di tale pesante onere finanziario, il Governo italiano si è dato come
obiettivo primario del negoziato la riduzione del saldo netto negativo: in questo senso, ha
preso posizione nei mesi scorsi, sia pure per motivi “tattici”, a fianco dei paesi contribuenti
netti che chiedono, in coerenza con la politica di rigore e di consolidamento dei conti
pubblici, la riduzione del livello complessivo di bilancio.
1.2. Lo stato del negoziato
Il Consiglio Affari Generali del 24 settembre 2012 ha fatto il punto del dibattito sul Quadro
Finanziario Pluriennale 2014-2020 sulla base della nuova versione del cd. negotiating box,
presentata dalla presidenza di turno cipriota, poi aggiornata il 29 ottobre scorso. Malgrado
la prevedibile contrarietà del Parlamento europeo e della Commissione, sembrerebbe
emergere un orientamento finalizzato ad apportare tagli su tutte le rubriche, ma non in
maniera uniforme. La rubrica 1.A dedicata alla competitività (Ricerca, Reti trans europee)
riceverebbe il taglio più consistente (-16%), mentre la politica di coesione verrebbe ridotta
del 3,6% (in particolare ¼ di tale riduzione riguarderebbe la cooperazione territoriale), e la
PAC del 2,8%.
Nel dibattito sul tetto complessivo di spesa si conferma la contrapposizione tra il gruppo
dei contribuenti netti, favorevoli ad una riduzione della proposta della Commissione e ad
un miglioramento della qualità della spesa (better spending) ed il gruppo degli “Amici della
Coesione”, che difendono in particolare le allocazioni su tale rubrica.
Il punto di vista di Confindustria
 Non sono condivisibili ipotesi di forte riduzione delle rubriche rivolte al sostegno della
competitività dell’economia europea, in particolare ricerca e infrastrutture.
 Il miglioramento del nostro saldo netto, che pure è un obiettivo condivisibile, non
deve avvenire a danno delle risorse della politica di coesione, che sono fondamentali
in quanto destinate agli investimenti in infrastrutture, al sostegno alle imprese, al
miglioramento dei servizi ai cittadini, alla valorizzazione del capitale umano, cioè ad
aspetti fondamentali per la competitività dell’economia europea.
4
Fonte: MEF – RGS, Flussi finanziari Italia – Unione Europea, 2012
4
 Tutte le voci che compongono il bilancio dell’Unione, a cominciare dalla politica di
coesione economica e sociale e dalla politica agricola comune, debbono essere
sottoposte ad una valutazione di efficacia finalizzate ad una loro revisione volta ad
aumentarne l’efficacia.
 Il rafforzamento dell’autonomia finanziaria dell’UE è un obiettivo condivisibile, ma
vanno evitate “fughe in avanti”, ad esempio in materia di regolamentazione
finanziaria. Come sostiene anche Business Europe, l'applicazione unilaterale di una
tassa sulle transazioni finanziarie oltre a non risolvere il problema rischia di generare
una fuga degli operatori verso mercati non regolamentati e di imporre ulteriori oneri
alle imprese, già pesantemente penalizzate dalla crisi. L’eventuale adozione di tale
proposta dovrà pertanto limitare al massimo gli effetti negativi sul sistema
imprenditoriale europeo, evitando inoltre applicazioni difformi tra Stati membri.
 In ogni caso, l’Unione Europea dovrebbe favorire l’adozione di politiche e di strumenti
capaci di rilanciare gli investimenti in Europa. Spendere meglio non significa, infatti,
spendere meno. A tale proposito, vanno sostenute le ipotesi di “Golden Rule”, ovvero
di esclusione delle spese cofinanziate da fondi strutturali dal calcolo del Patto di
stabilità e crescita a livello europeo. In questo senso, è essenziale che la
Commissione europea formuli al più presto una proposta in tal senso, secondo
quanto stabilito dal Consiglio nei mesi scorsi.
 L’Italia sarà tanto più autorevole nel sostenere le sue posizioni negoziali quanto più
saprà migliorare sensibilmente l’efficienza e l’efficacia dell’utilizzo dei fondi
nell’attuale ciclo di programmazione5: da un lato, valorizzando le amministrazioni che
mostrano (già in questo ciclo) buona capacità di spesa; dall’altro, realizzando per le
altre, quanto prima, tutte le necessarie iniziative di valutazione e di
riprogrammazione, anche mediante un più stretto coinvolgimento del mondo delle
imprese. In tal senso, è positivo il coinvolgimento realizzato con il Tavolo Impresa e
Lavoro, finalizzato a promuovere una riprogrammazione dei Fondi europei per
l’Obiettivo Convergenza rivolta al sostegno agli investimenti delle imprese alla
creazione di opportune occupazionali.
2.
Opportunità e linee portanti di una forte politica di coesione rinnovata
Gli ultimi anni hanno visto il nostro Paese peggiorare costantemente la sua posizione
relativa nel confronto con gli altri paesi europei in termini di ricchezza: questo
peggioramento ha riguardato sia le regioni più avanzate sia quelle maggiormente in
ritardo.
Tra il 1995 ed il 2008, infatti, il PIL pro capite6 del Mezzogiorno è diminuito dal 79% al 69%
della media UE a 27; quello del Centro Nord è passato a sua volta dal 145% al 122%; nel
complesso il PIL pro capite italiano è sceso dal 121% della media UE del 1995 al 103,6%
del 2008. Secondo stime della Commissione, tale trend è destinato a proseguire negli anni
successivi.7
5
Secondo gli ultimi dati disponibili (Fonte:Ragioneria Generale dello Stato) aggiornati al 30 giugno 2012, le Regioni Ob.
Convergenza hanno raggiunto una percentuale di pagamenti pari al 22,6% le regioni Ob. Competitività una percentuale
pari al 38,66%.
6
Espresso in Parità di Potere d’Acquisto (PPA)
7
Dovrebbe essere pari a 100 nel 2010, ed in ulteriore, leggero calo nel 2011.
5
Negli anni passati, i fondi strutturali europei hanno avuto un effetto positivo nel contenere
gli effetti di questa dinamica negativa. Analisi di impatto8, svolte con riferimento alle regioni
in ritardo di sviluppo nel periodo 2000-2006, mostrano positivi, anche se moderati, effetti
della politica regionale sulla crescita, valutabili in circa 0,7 punti percentuali di PIL
aggiuntivi annui. Altrettanto importanti sono i risultati raggiunti nel complesso dalla politica
di coesione nello stesso periodo: 1 milione di posti di lavoro creati nelle imprese dell'UE, di
cui l'80-90% in piccole e medie imprese (PMI); 1 milione e 300 mila PMI hanno ricevuto
forme di sostegno; 4.700 km di autostrade e 1.200 km di ferrovie ad alta velocità; 10
milioni di partecipanti/anno a progetti di formazione e riqualificazione; impianti di
trattamento delle acque reflue più moderni per 23 milioni di persone; accesso all'acqua
pulita per altri 20 milioni.
È un contributo alla crescita importante, soprattutto se si considerano gli andamenti della
spesa pubblica in Europa e nel nostro Paese. L’incidenza della spesa pubblica sul PIL,
negli ultimi anni, è in crescita in tutta Europa (dal 46,9% al 47,7%) ed in Italia (da 47,9% a
48,9%): ciò che caratterizza la situazione italiana è lo squilibrio interno di tale spesa,
contraddistinta da un peso eccessivo della parte corrente (riferita al funzionamento della
Pubblica Amministrazione) rispetto alla spesa in conto capitale (riferita cioè agli
investimenti), pari a solo il 4,1% del PIL nel decennio 2001-2010.
I fondi strutturali e il relativo cofinanziamento costituiscono una parte importante di tale
spesa: più esattamente, nel 2010 costituiscono il 20% della spesa nazionale in conto
capitale ed il 37% di quella del Mezzogiorno. Ancor più ne costituiranno parte rilevante in
futuro: si stima che nel 2014 la spesa di fondi strutturali e relativo cofinanziamento sarà
pari a poco meno di ¼ della spesa in conto capitale nazionale e quasi il 42% di quella del
Mezzogiorno9. In particolare, le politiche regionali hanno rappresentato, nell’arco degli
ultimi 10 anni, il principale strumento di supporto diretto alle imprese disponibile con
continuità. Sempre più spesso, dunque, tali risorse sono divenute sostitutive di quelle
nazionali, perdendo l’addizionalità che dovrebbe caratterizzarle.
Per venire incontro a queste attese, la Commissione Europea ha delineato, per gli anni
2014-2020, una politica di coesione fortemente riformata, dapprima con la Quinta
Relazione sulla Coesione, poi con le proposte della Budget Review, infine con le
indicazioni contenute nel pacchetto legislativo sui nuovi regolamenti. Vi si possono
identificare cinque novità principali10:
a) dal punto di vista dei contenuti, i fondi strutturali devono diventare lo strumento
attraverso il quale è possibile raggiungere i target della strategia di Europa 202011;
b) dal punto di vista dell’architettura della politica, vengono creati due soli Obiettivi:
1) Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione, che ripartisce le risorse in
tre categorie di regioni:
8
COM (2010) 700, Brussels 19.10.2010, The EU Budget review, pag. 6
Rapporto annuale 2010 del DPS sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, Roma, settembre 2011, Tav. III.7 (pag. 167).
10
Per il dettaglio delle proposte si veda oltre.
11
Gli indicatori, sui quali la Strategia fissa gli obiettivi e svolge il monitoraggio sono cinque (v. tabella nel testo): ricerca e
sviluppo: spesa in R&S pari al 3 per cento del Pil; capitale umano: riduzione degli abbandoni scolastici sotto il 10 per
cento e incremento al 40 per cento dei 30 e i 34 anni con istruzione universitaria o equivalente; occupazione: tasso del
75 per cento per la popolazione tra i 20 e i 64 anni; povertà o esclusione sociale: uscita da questa condizione di 20
milioni di persone; ambiente: riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas serra rispetto al 1990; incremento al 20
per cento la quota delle fonti rinnovabili sul consumo finale interno lordo di energia; energia: miglioramento del 20 %
dell’efficienza energetica. Le regioni italiane, in particolare quelle meridionali, appaiono tra quelle più lontane dai target
previsti. Ad esempio, ben 6 delle 10 regioni con il più basso tasso di occupazione europeo sono del Sud Italia, così come
sono meridionali 4 delle prime 10 a maggior rischio povertà, ed ancora il Mezzogiorno è agli ultimi posti per spese in
ricerca e sviluppo e negli investimenti ambientali.
9
6
-
“in ritardo di sviluppo” (cioè le attuali regioni in convergenza), che restano le
principali beneficiarie della politica di coesione);
-
“più sviluppate” (interessate da finalità di sviluppo della competitività e
dell’occupazione);
-
“in transizione” (cioè regioni non più in ritardo, ma non ancora del tutto
sviluppate);
2) Cooperazione territoriale europea, finalizzato all’integrazione tra regioni e zone di
confine interne ed esterne dell’UE;
c) dal punto di vista gestionale, la Commissione propone di sottoscrivere un “Contratto di
partenariato per lo sviluppo e gli investimenti”, con ciascuno Stato membro, in cui
declinare operativamente la strategia di sviluppo;
d) come stimolo per l’adozione di comportamenti virtuosi sul fronte della stabilità dei conti
pubblici, la Commissione propone inoltre di condizionare l’erogazione dei fondi
strutturali al rispetto di vincoli di natura macroeconomica, legati al Patto di Stabilità;
e) sono infine previsti strumenti e soluzioni tecniche, come il soddisfacimento di
condizioni preliminari (cd. condizionalità ex ante) e la premialità, per favorire il
miglioramento della qualità della spesa e della capacità di programmazione e gestione
da parte delle pubbliche amministrazioni interessate.
BOX 1 Obiettivi della strategia Europa 2020 - Anni 2009-2011 (valori assoluti e percentuali)
La situazione dell’Italia
Obiettivi
1) Spesa in R&S in % sul PIL
2) Capitale umano
• Quota % di popolazione 30-34 anni
con istruzione universitaria o
equivalente
• Early school leavers – Quota % di
giovani che abbandonano gli studi
prematuramente
• Tasso di occupazione 20-64 anni
3) Povertà o esclusione sociale:
popolazione a rischio povertà o
esclusione (milioni di persone)
4) Ambiente: emissioni gas serra (Indice
1990=100)
5) Energia
• Quota % energie rinnovabili sul
consumo finale interno lordo
• Intensità energetica dell’economia
(kg di petrolio equivalente per 1.000
euro)
Target UE
2020
2009
Situazione Italia
2010
2011
Target Italia 2020
PNR 2012
3,0
1,26
1,26
……
1,53
40,0
19,0
19,8
20,3
26,0-27,0
10,0
19,2
18,8
18,2
15,0-16,0
75,0
61,7
61,1
61,2
- 20,0
milioni
14,742
…...
……
80,0
94,7
96,5
……
67,0-69,0
-2,2 milioni dei poveri
materialmente deprivati o
appartenenti alle famiglie a bassa
intensità di lavoro
-6,5% nel periodo 2008-2012 del
rispetto al livello del 1990 (483,3
M.Tonn. C02/anno)
20,0
7,0
8,9
……
17,0
+ 20%
efficienza
energetica
141,0
143,7
……
17,0
Il punto di vista di Confindustria
 È opportuno che l’Europa continui a disporre di una forte politica di coesione, che dia
priorità alle regioni in ritardo di sviluppo, ma con un importante intervento di sostegno
anche per le altre regioni europee finalizzato a sostenerne la competitività: tale
politica ha concretamente dimostrato di essere in grado di contribuire alla crescita
economica ed allo sviluppo delle regioni europee.
7
 È nell’interesse dell’Italia salvaguardare una forte politica di coesione, tale da
costituire la principale forma di sostegno degli investimenti nelle regioni italiane nei
prossimi anni, caratterizzati da un forte contenimento della spesa in conto capitale.
 Affinché tale politica esprima appieno le sue potenzialità di sviluppo, particolare
attenzione dovrà essere posta nel garantire l’effettiva addizionalità degli interventi,
imponendo, anche nell’ambito delle attività del Semestre europeo, una verifica
attenta della qualità della spesa pubblica ordinaria ed aggiuntiva.
 Per la governance multilivello che la caratterizza, una politica di coesione riformata è
pienamente coerente con l’attuale assetto istituzionale e con gli obiettivi di
riqualificazione della spesa pubblica ad esso connessi. Essa imporrà un forte
recupero di efficienza alle amministrazioni regionali e locali coinvolte, al fine di evitare
i ritardi e i malfunzionamenti del passato e del presente, soprattutto nel Mezzogiorno.
 L’idea di riformare la politica nelle sue modalità di funzionamento, per migliorarne
l’efficacia, appare condivisibile: la concentrazione delle risorse sulle priorità di Europa
2020, l’introduzione di “condizioni” da soddisfare “ex ante” che garantiscano
prestazioni e risultati, l’attivazione di forme di assistenza tecnica funzionali ad un
deciso miglioramento della qualità degli interventi sono principi pienamente
condivisibili, utili a riportare il nostro Paese su un sentiero di elevata crescita.
 Una politica di coesione migliorata, concentrata sulle priorità di Europa 2020 e mirata
all’efficacia degli interventi potrà altresì giovarsi dello sforzo convergente di altri
capitoli di bilancio. In particolare la strategia comune europea “Horizon 2020” in
materia di ricerca e innovazione, fornendo uno strumento importante per calibrare gli
interventi sulle grandi sfide che l’Europa deve affrontare.
3.
Il dettaglio delle proposte
Per quanto riguarda il dettaglio delle proposte dei nuovi regolamenti, due questioni
assumono particolare importanza per il disegno dei nuovi programmi: la definizione del
dettaglio degli indicatori che verranno applicati per la ripartizione delle risorse tra gli Stati
membri ed all’interno dei vari obiettivi, e la modalità con cui le varie priorità di intervento
vengono declinate all’interno dei singoli territori.
Con riferimento alle singole priorità della Commissione si può osservare quanto segue.
Regioni in ritardo di sviluppo
Il perseguimento dei target della strategia di Europa 2020 costituirà il filo conduttore degli
interventi nelle regioni in ritardo di sviluppo, quelle cioè che presentano un PIL pro capite
inferiore al 75% della media comunitaria. I target potranno essere perseguiti articolando
liberamente le priorità. A queste zone, in cui risiedono 119,2 milioni di cittadini europei,
sono destinati 163,5 miliardi di euro, in calo rispetto ai 177 del periodo 2007-2013 (-8,3%).
Nel ciclo 2014-2020, in quattro regioni del Mezzogiorno (Calabria, Campania, Puglia,
Sicilia) risiederà il 50% (rispetto al 30% dell’attuale ciclo) della popolazione in Obiettivo
Convergenza di tutta la vecchia Unione a 15. Rispetto alla proposta originaria della
Commissione (riferita al triennio 2006-2008), la scelta di utilizzare i dati della media del PIL
degli anni 2007-2009 porterebbe ad un incremento delle Regioni europee meno sviluppate
(da 64 a 69) di cui beneficerebbe anche la Basilicata.
8
L’Italia ha dunque un forte interesse all’adozione di una politica di coesione che mantenga
una chiara priorità per le regioni in ritardo, ed alla adozione di criteri di riparto dei fondi che
ne tengano adeguatamente conto.
I criteri proposti sono gli stessi dell’attuale ciclo di programmazione: ciò che viene
modificato è il peso assegnato al criterio della cd. “prosperità nazionale”. Alle regioni in
ritardo sono, infatti, assegnate risorse in funzione del ritardo di sviluppo di ciascuna
regione moltiplicate per un valore legato al livello di prosperità del Paese. Il moltiplicatore
della fascia di paesi in cui si troverebbe l’Italia (oltre il 99% della media comunitaria del
PIL, assieme al solo Portogallo) sarebbe sensibilmente più basso rispetto all’attuale ciclo,
generando una sensibile riduzione delle risorse assegnate alle nostre regioni meridionali in
ritardo di sviluppo. Uno dei correttivi proposti riguarda la possibilità di assegnare un premio
pro capite per ogni persona disoccupata per ciascun anno.
Il punto di vista di Confindustria
 Confindustria è fortemente contraria all’adozione di criteri e meccanismi arbitrari e
non motivati di l’assegnazione delle risorse, particolarmente penalizzanti per le
Regioni italiane in ritardo di sviluppo;
 è necessario, viceversa, che siano definiti criteri che riflettano gli oggettivi ritardi di
sviluppo dei territori e che non penalizzino le regioni meno sviluppate dei paesi
prosperi, anche prevedendo correttivi che tengano conto della situazione
occupazionale (premio per la disoccupazione);
 già nelle proposte legislative e nei successivi indirizzi strategici dovrà essere favorita
una effettiva concentrazione degli interventi, evitando la proliferazione dei settori e
delle spese ammissibili che ha caratterizzato l’attuale ciclo di programmazione. Tale
concentrazione dovrà essere non solo tematica, sulle priorità di Europa 2020, ma
anche relativa alla dimensione progettuale. I nuovi programmi dovranno prevedere
meccanismi che facilitino la selezione di progetti aventi dimensione finanziaria
adeguata alla finalità che devono perseguire, in particolare con riferimento ai progetti
infrastrutturali. Analogamente, dovrebbero essere ridotte le linee di intervento
attivabili per ciascun Asse dei futuri Programmi Operativi;
 per favorire l’efficacia degli interventi e la loro concentrazione, la Commissione
Europea dovrà focalizzare la sua azione meno su aspetti formali e più sugli aspetti
sostanziali legati alla concreta attuazione della strategia delineata, secondo il metodo
della cooperazione rafforzata sperimentato con il Piano d’Azione Coesione;
 fra di essi, dovrebbe avere un ruolo adeguato la sorveglianza, da parte del livello
comunitario, delle politiche nazionali di investimento, al fine di verificare il loro
apporto alla coesione. L’accompagnamento all’attuazione dei programmi operativi
dei fondi strutturali dovrebbe essere efficacemente coordinato con la sorveglianza dei
rispettivi Piani Nazionali di Riforma (PNR), nell’ambito del Semestre Europeo, al fine
di rendere immediatamente operative le raccomandazioni della Commissione e di
rafforzare l’addizionalità della politica di coesione;
 Confindustria condivide la proposta della Commissione di assegnare una quota
predefinita delle risorse di ciascuna regione (almeno il 25%) agli interventi del FSE.
9
Regioni maggiormente sviluppate
Si tratta delle Regioni con un PIL pro-capite superiore al 90% della media comunitaria, alle
prese con le sfide che caratterizzano: la competizione globale nella società basata sulla
conoscenza; il passaggio ad una economia a basse emissioni di carbonio; le criticità
sociali aggravate dall’attuale fase di difficoltà economica. Ad esse sono destinati circa 55,4
miliardi di euro, in aumento rispetto ai circa 38,7 dell’attuale ciclo di programmazione
(+27,1%). In queste zone, la Commissione propone che le regioni concentrino gli interventi
solo su 2-3 priorità legate ad Europa 2020, al fine di non disperdere le risorse. Anche con
riferimento a questo obiettivo, un giudizio più compiuto potrà essere formulato quando
saranno definiti gli indicatori che verranno utilizzati per la ripartizione delle risorse tra gli
Stati membri. Per quanto riguarda le Regioni più sviluppate, la maggior parte dei criteri
sono nominalmente simili a quelli già utilizzati per il periodo 2007-2013, ma sono modificati
sostanzialmente nella metodologia di calcolo, nei riferimenti e nei pesi percentuali. La
chiave di riparto va comunque adeguata ad affrontare in maniera equilibrata le sfide poste
a questa tipologia di Regioni (in particolare per i criteri relativi ai livelli di occupazione e
all’istruzione terziaria). Anche l’ipotesi di prevedere maggiori risorse da destinare a questo
gruppo di Regioni rispetto al passato, maggiore appare positiva.
Il punto di vista di Confindustria
 È condivisibile l’idea della Commissione di concentrare le risorse di questo obiettivo
su un massimo di 2-3 priorità legate ad Europa 2020: tuttavia, in considerazione della
ampia varietà delle problematiche che possono essere oggetto di intervento nelle
zone più sviluppate, deve essere garantita una adeguata autonomia programmatica
alle singole Regioni destinatarie di risorse, ponendo particolare attenzione alle
priorità aventi maggiori riflessi sulla competitività dei sistemi produttivi locali.
 la distribuzione delle risorse dovrà essere orientata non solo alla copertura di gap tra
territori ma anche al rafforzamento della funzione di traino delle regioni più avanzate.
 in particolare per queste zone, dovrebbero essere garantite maggiori disponibilità
finanziarie al Fondo Sociale Europeo, in considerazione del suo rilevante contributo
potenziale ai target di Europa 2020. Non è tuttavia pienamente condivisibile la
proposta della Commissione finalizzata a garantire che almeno il 52% delle risorse
da destinare a questo obiettivo appartenga al FSE: la definizione della ripartizione
delle risorse tra i fondi dovrà, infatti, essere lasciata al livello regionale;
 a tale proposito, sarebbe opportuno prevedere che una quota percentuale delle
azioni/misure perseguisse congiuntamente obiettivi del FESR e del FSE. Il principio
della integrazione operativa e funzionale tra i diversi fondi va valorizzato in tutte le
sue forme, lasciando alle Autorità di Gestione, prima di tutto regionali, la scelta di
quelle da finanziare.
Regioni in transizione
La Commissione europea propone un sostegno specifico per le regioni che non hanno
completato l’uscita dalle aree in ritardo, quelle cioè che hanno un PIL pro-capite compreso
tra il 75% e il 90% della media comunitaria. Ad esse sono destinati 38,9 miliardi di euro, in
aumento (+41,2%) rispetto ai 22,9 miliardi delle regioni in phasing in e phasing out nel
periodo 2007-2013. Secondo la proposta della Commissione, il livello dell’aiuto potrà
variare in funzione del livello del PIL secondo due modalità:
10
 alle regioni che fanno parte dell’Obiettivo Convergenza nel periodo 2007-2013, e
che ne usciranno per effetto della crescita del PIL, verrebbero assicurati i 2/3 delle
risorse a disposizione nell’attuale ciclo di programmazione, indipendentemente dal
grado di ricchezza posseduto;
 alle Regioni che già oggi hanno un PIL procapite compreso tra il 75% ed il 90%
della media comunitaria le risorse verrebbero assicurate in funzione della minore
distanza dalla soglia del 90%. In altri termini, più una regione è ricca, minori risorse
le verrebbero assegnate.
Nel caso dell’Italia, questo obiettivo interesserebbe le regioni Abruzzo, Molise e Sardegna,
per un totale di meno di 4 milioni di abitanti.
Il punto di vista di Confindustria
 Confindustria sostiene l’opportunità della individuazione di uno specifico sostegno per
le regioni cosiddette “in transizione”, che non possono essere private di strumenti ed
opportunità che permettano loro di completare il percorso di sviluppo intrapreso.
 non è condivisibile che si creino due tipi di regioni in transizione (quelle che escono
dall’Obiettivo Convergenza e quelle che già facevano parte di questo gruppo
intermedio) con livelli diversificati di sostegno finanziario;
 in ogni caso, andranno verificati e quantificati gli effetti finanziari di tale disposizione,
per evitare penalizzazioni per le regioni italiane, sia rispetto alle altre categorie di
regioni sia rispetto ad analoghe regioni di altri Paesi;
 alla luce del nuovo Trattato12, un’attenzione particolare andrebbe riservata alle regioni
in transizione interessate da handicap naturali e geografici (insularità, montuosità,
isolamento, dispersione della popolazione su territori interni) per contrastare gli effetti
di declino derivanti da una insufficiente dotazione di risorse finanziarie per gli
investimenti. Analoga, attenzione dovrà essere riservata alle Regioni colpite da
calamità naturali particolarmente gravi.
Obiettivo Cooperazione territoriale
All’obiettivo di promuovere la cooperazione all’interno degli Stati membri, fra gli Stati
membri e con gli Stati confinanti con l’UE sono destinati 11,7 miliardi di euro, quasi 4
miliardi in più rispetto ai 7,7 miliardi dell’attuale ciclo di programmazione (+33,7%). I relativi
programmi sono tra quelli che hanno conosciuto una maggiore lentezza nella fase di avvio
nell’attuale programmazione e, di conseguenza, sono fra quelli caratterizzati dalle
performance più basse in termini di pagamenti effettuati: in particolare, sono in ritardo i
programmi di cooperazione alle frontiere esterne, che ancora non fanno registrare
pagamenti. Si tratta di una sperimentazione caratterizzata da varie criticità: nella selezione
degli interventi, nell’individuazione dei temi (ancora troppo ampi e generici), nella debole
integrazione con la programmazione nazionale e regionale, nella difficoltosa selezione dei
partner.
12
Con il nuovo Trattato di Lisbona la politica di coesione viene rivolta non solo agli obiettivi di riduzione dei divari
economici e sociali, ma anche di quelli territoriali.
11
Il punto di vista di Confindustria
 L’aumento delle risorse per tale obiettivo è condivisibile, in quanto coerente con il
consolidamento di un effettivo spazio economico europeo, ma dovrebbe essere
accompagnato da una decisa semplificazione dei programmi e delle procedure di
approvazione ed attuazione.
 Le lentezze realizzative dei programmi dell’Obiettivo Cooperazione dovranno essere
attentamente valutate nella riproposizione della esperienza nel prossimo periodo di
programmazione. Dovranno in ogni caso essere assicurati uno spazio minore per i
partenariati esclusivamente istituzionali ed un ruolo più forte degli attori privati, anche
mediante la definizione di regole semplificate nella gestione dei programmi,
finalizzate a favorirne la partecipazione.
Obiettivi tematici della politica di coesione
Secondo il Quadro Strategico Comune, presentato nei mesi scorsi, ciascun Fondo
strutturale deve sostenere i seguenti obiettivi tematici coerentemente con il suo scopo, al
fine di contribuire alla strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva
dell’Unione:
1)
rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione;
2)
migliorare l’accesso alle, e l’uso e la qualità delle, tecnologie dell’informazione e della
comunicazione;
3)
migliorare la competitività delle piccole e medie imprese, il settore dell’agricoltura
(per il FEARS) e i settori della pesca e dell’acquacoltura (per il FEP);
4)
incentivare il passaggio ad un’economia meno dipendente dal carbone in tutti i
settori;
5)
promuovere l’adattamento ai cambiamenti climatici, la prevenzione e la gestione del
rischio;
6)
proteggere l’ambiente e promuovere l’efficienza nell’utilizzo delle risorse;
7)
promuovere una mobilità sostenibile e rimuovere i colli di bottiglia nelle principali
infrastrutture di rete;
8)
promuovere l’occupazione e incentivare la mobilità dei lavoratori;
9)
promuovere l’inclusione sociale e combattere la povertà;
10) investire nell’istruzione, nelle abilità e nell’apprendimento continuo;
11) aumentare la capacità istituzionale e l’efficienza della pubblica amministrazione.
Gli obiettivi tematici devono essere tradotti in priorità specifiche per ogni Fondo strutturale
e organizzati sulla base delle regole specifiche del Fondo.
Divengono quindi fondamentali il modo con cui ciascun obiettivo tematico viene tradotto in
priorità di intervento nelle singole categorie di regioni e quello con cui i diversi strumenti
finanziari a disposizione riescono a realizzare una effettiva integrazione degli interventi.
Di particolare importanza sarà poi l’adozione di criteri di selezione dei progetti che premino
la capacità di generare impatti più significativi nel perseguimento di tali obiettivi.
12
Il punto di vista di Confindustria
 Il menu proposto è condivisibile, tenendo conto dei principali fattori di competitività
economica, a livello europeo e nazionale.
 Anche la priorità assegnata all’innovazione, alla ricerca ed alla competitività delle
imprese appare condivisibile, sebbene traspaia una ingiustificata limitazione al
sostegno alle grandi imprese (v. oltre).
 Nell’ambito del menu tematico, maggiore spazio dovrebbe essere garantito alla
valorizzazione dei beni culturali e del turismo come fattore primario di sviluppo, e al
tema del contrasto alla illegalità. Per quanto riguarda le infrastrutture, gli interventi
dovranno caratterizzarsi per la capacità di favorire il miglioramento dei servizi resi
dalle reti, indipendentemente dalla dimensione progettuale.
Fondo per la connettività
Il Fondo CEF (Connecting Europe Facility), rivolto allo sviluppo delle infrastrutture
paneuropee (trasporti, energia e ICT) sarà gestito dalla Commissione, che vi destinerà 40
miliardi (rispetto ai 13 previsti per i progetti TEN nell’attuale programmazione), così
suddivisi: 9,1 miliardi per il settore energetico, 31,6 miliardi per il trasporto (compresi 10
miliardi del Fondo di coesione dedicati) e 9,1 miliardi per l'ICT. Il nuovo fondo punta anche
a facilitare maggiori investimenti privati nei progetti infrastrutturali: a tale scopo, saranno
lanciati i project bond, già avviati in via sperimentale dal Consiglio Europeo del 28-29
giugno 2012.
Si resta in attesa dei criteri sulla base dei quali la Commissione assegnerà le risorse,
anche al fine integrare non solo le fonti finanziarie sulle TEN, ma anche tra questa
programmazione e quella relativa alla Coesione. Allo stato attuale, tuttavia, si segnala che
tra le possibili ipotesi di ridimensionamento delle Prospettive finanziarie 2014-2020 la più
ricorrente è quella relativa proprio al CEF. L’ultima versione del negotiating box prevede
una riduzione di circa 14 miliardi di euro, pari al 27,68%. Una simile ipotesi sarebbe
inaccettabile, poiché potrebbe creare serie criticità ai progetti TEN che interessano il
nostro Paese, che è attraversato da ben 4 Corridoi prioritari su 10 della Core Network13.
Il punto di vista di Confindustria
 L’incremento delle risorse per le grandi infrastrutture europee, e il suo collegamento
diretto con la politica di coesione vanno valutati positivamente.
 L’allocazione riservata (earmarking) di fondi strutturali per i grandi progetti
infrastrutturali proposta dalla Commissione è interessante: occorrerà verificarne in
dettaglio le disposizioni attuative.
 Non sono accettabili ipotesi di ridimensionamento dei finanziamenti dedicati al
Connecting Europe Facility nelle fasi finali del negoziato.
13
Le nuove TEN-T sono articolate in una rete globale (comprehensive network) e in una rete centrale (core network). I
Corridoi di interesse italiano nella lista dei progetti pre-identificati della core network sono: 1. Baltic - Adriatic Corridor
(Helsinki - Ravenna); 3. Mediterranean Corridor (Algeciras - Lyon - Torino - Milano - Venezia - Ljubljana - Budapest); 5.
Helsinki - Valletta (Helsinki - Brenner - Verona - Bologna - Roma - Napoli - Bari / Napoli - Palermo - Valletta); 6. Genova Rotterdam (Genova - Milano/Novara - Zeebrugge).
13
4.
Regole di programmazione e governance
La Commissione Europea propone di apportare alla politica di coesione ampie modifiche
anche nelle modalità di funzionamento e nelle regole di governance, con l’obiettivo di
rendere più convergenti gli sforzi di tutti i soggetti interessati.
•
In primo luogo, si punta ad una ulteriore riduzione del carico amministrativo,
semplificando gli adempimenti in capo alle amministrazioni nazionali e alle imprese, ad
un rafforzamento del ruolo della valutazione in itinere, per analizzare la capacità dei
programmi di perseguire gli obiettivi assegnati e adottare gli opportuni correttivi.
•
Dal punto di vista gestionale, la Commissione propone di sottoscrivere un “Contratto di
partenariato per lo sviluppo e gli investimenti” con ciascun Stato membro, in cui
declinare operativamente la strategia di sviluppo. In particolare, il Contratto dovrebbe
esplicitare gli obiettivi da raggiungere (coerenti con Europa 2020), il metodo con il
quale quantificare i progressi verso questi obiettivi e l’allocazione delle risorse
nazionali ed europee relative alle aree ed ai programmi prioritari. Il Contratto dovrebbe
inoltre stabilire un numero limitato di “condizionalità”, legate alla adozione dei
provvedimenti necessari per assicurare l’effettiva attuazione (adozione direttive,
predisposizione di piani di settore, provvedimenti per il rafforzamento della capacità
amministrativa ecc.): in pratica, una parte delle risorse verrebbe attivata solo al
soddisfacimento di tali condizioni, costituendo uno stimolo all’attuazione rapida ed
efficace degli interventi.
•
La Commissione propone inoltre di condizionare l’erogazione di risorse anche al
rispetto di vincoli di natura macroeconomica, a cominciare dal risanamento dei conti
pubblici di ciascuno Stato. In pratica, potrebbero essere sospesi i pagamenti dei fondi
strutturali ai Paesi che non rispettano gli impegni presi con Bruxelles per la
stabilizzazione dei conti pubblici. Eventualmente, in caso di difficoltà finanziarie dello
Stato membro, la Commissione potrebbe variare la quota di cofinanziamento.
Nell’ambito del negoziato, si è tuttavia registrata convergenza sull’opportunità di
sottolineare che le decisioni in tal senso dovranno essere proporzionate ed efficaci, e
tenere conto della situazione macroeconomica dello Stato membro interessato.
•
Per migliorare la qualità della spesa e la capacità delle pubbliche amministrazioni
interessate, viene prevista una assistenza tecnica mirata, assieme ad una “riserva di
risultato” del 5% che mette in palio risorse tra tutti gli Stati e le Regioni in funzione del
raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020. Le modifiche proposte nell’ambito del
negoziato tendono a lasciare ai singoli Stati membri le modalità attuative della riserva,
ripartendola fra le varie Autorità di Gestione in base a regole da condividere fra le
varie articolazioni istituzionali.
•
Facendo tesoro dell’esperienza dell’attuale periodo di programmazione, la
Commissione propone di superare l’attuale divisione delle programmazioni FESR e
FSE, tornando a favorirne l’integrazione, attraverso l’adozione di programmi operativi
plurifondo, anche al fine di semplificare numero e gestione dei programmi.
•
La Commissione ha infine attirato l'attenzione sulla necessità di proseguire sulla
strada della semplificazione delle modalità di spesa dell'UE. In questo senso va
segnalata la recente adozione del primo quadro di valutazione (Scoreboard) sulla
semplificazione del QFP 2014-20 [COM(2012) 531 final], che monitora i progressi in
termini di semplificazione realizzati nell'ambito dei negoziati sulle proposte legislative
settoriali legate al QFP 2014-20. Lo Scoreboard rientra nell'esercizio di
semplificazione avviato dalla Commissione con la Comunicazione (A simplification
14
Agenda for the MFF 2014-20) sulla semplificazione del QFP 2014-20 dell'8 febbraio
scorso [COM(2012) 42 final], che mira a perseguire l'obiettivo della semplificazione
nell'ambito della revisione del Regolamento finanziario e delle proposte legislative
settoriali legate al futuro QFP.
Il punto di vista di Confindustria
 È da condividere la proposta di una definizione più puntuale degli impegni delle
amministrazioni, da realizzarsi attraverso il “Contratto di partnership per lo sviluppo e
gli investimenti”, che consente di declinare operativamente la strategia di sviluppo
rendendo più vincolanti gli impegni reciproci. Il Governo italiano ha già adottato, sul
piano interno, tale modalità di regolazione dei rapporti tra Amministrazioni con lo
strumento dei “Contratti istituzionali di Sviluppo”, avente caratteristiche simili.
 Secondo Confindustriia, è necessario che il Contratto sia il frutto della discussione
non solo tra Stati membri e Commissione ma anche con le Amministrazioni regionali,
principali soggetti attuatori della politica di coesione, il cui coinvolgimento, al pari di
quello delle rappresentanze socio economiche e di quelle territoriali, andrà garantito
in tutte le sedi di confronto e nel corso dell’intero processo.
 Rispetto alle ipotesi di condizionalità macroeconomica che subordinano l’erogazione
dei fondi al pieno rispetto dei vincoli del Patto di stabilita, Confindustria sostiene la
posizione del Governo italiano favorevole ad una attuazione della norma in senso più
equo e sostenibile. In particolare, dovranno essere adottate modalità attuative tali da
non penalizzare i beneficiari finali dei Paesi interessati ed in particolare le imprese.
Anche la possibilità di un intervento temporaneo sulla quota di cofinanziamento, teso
a venire incontro a momentanee difficoltà finanziarie dei Paesi aumentando la
partecipazione comunitaria, appare condivisibile.
 Qualche perplessità va invece espressa sulla ipotesi di una riserva di premialità (pari
al 5% delle risorse) assegnata a livello comunitario e legata prevalentemente al
raggiungimento dell’efficienza finanziaria, in quanto non funzionale al miglioramento
dell’efficacia e della qualità dei programmi. Le risorse premiali dovrebbero infatti
essere assegnate non solo a chi spende prima, ma anche per favorire il
raggiungimento degli obiettivi gestionali e strategici dei singoli programmi. In questo
senso, Confindustria supporta le modifiche emerse nel corso del negoziato.
 Condivisibile è anche la proposta di ridurre il numero di programmi mediante il ritorno
ad una programmazione plurifondo. A tale proposito si sottolinea tuttavia
l’opportunità di una tendenziale omogeneizzazione della rispettiva normativa di
riferimento. L’integrazione dei fondi che ne può derivare potrà essere ulteriormente
sviluppata, anche ricercando le opportune sinergie con altri fondi aventi rilevante
impatto sulle imprese (es. FEASR).
 È apprezzabile il proposto rafforzamento della valutazione in itinere: è altresì
importante che essa divenga “pratica ordinaria ed obbligatoria” dell’azione
amministrativa, favorendo l’acquisizione degli elementi necessari a qualunque azione
di manutenzione delle scelte di programmazione. In tal modo, la valutazione non
corre il rischio di ridursi alla sola introduzione di ulteriori oneri a carico degli
amministratori, con conseguente rallentamento delle procedure.
 Qualche perplessità suscita l’ipotesi di introdurre una liquidazione annuale dei conti
ed una chiusura annuale delle spese (FSE) o degli interventi (FESR), procedure
poco adeguate a rendicontare progetti complessi come quelli dei fondi strutturali.
15
Dovranno viceversa essere garantiti adeguati flussi finanziari, per evitare
disallineamenti tra il momento in cui si determinano certificazioni di spesa e quello di
pagamento al beneficiario finale.
 E’, infine, necessario introdurre un reale criterio di proporzionalità nei controlli,
innalzando la qualità delle attività relative e distinguendole nettamente da quelle di
gestione. Sarà inoltre utile, a tal fine, completare l’informatizzazione della gestione
dati delle politiche, eventualmente anche inserendo questo aspetto tra quelli
considerati dalle condizionalità “ex ante”..
5.
Il sostegno alle imprese
5.1. Impiego dei Fondi strutturali
Con riferimento alla revisione della Politica di Coesione e all’orientamento dei Fondi
strutturali, la Commissione europea ritiene che si debba incrementare in prospettiva
l’utilizzo di strumenti di ingegneria finanziaria a sostegno degli investimenti delle imprese,
perché capaci, per le loro caratteristiche, di aumentare considerevolmente le risorse per gli
investimenti rispetto ai tradizionali aiuti in conto capitale.
Sostiene inoltre che il sostegno dei fondi strutturali agli investimenti dovrebbe essere
concentrato esclusivamente sulle piccole e medie imprese, non solo nelle aree più
sviluppate (in cui già oggi è fortemente limitato14), ma anche nelle regioni in ritardo.
Il punto di vista di Confindustria
 In considerazione della riduzione sempre più ampia delle risorse che i bilanci pubblici
possono e potranno destinare agli investimenti, i fondi strutturali costituiranno sempre
più la principale risorsa capace di orientare una politica industriale a livello europeo.
È necessario quindi che la Flag Iniziative dedicata all’industria all’interno della
Strategia “Europa 2020” e gli indirizzi relativi alla programmazione dei fondi strutturali
siano strettamente correlati.
 È auspicabile una diffusa semplificazione dei regimi di aiuto cofinanziati, mediante un
più ampio ricorso a strumenti di natura semplificata e automatica, resi coerenti con gli
obiettivi ed i target della nuova programmazione. Tale modalità di intervento,
opportunamente mirata verso selezionate finalità di politica industriale, potrebbe
rivelarsi particolarmente utile per gli interventi di limitate dimensioni e per gli
investimenti nelle regioni maggiormente in ritardo, a patto che vengano definite ex
ante con la Commissione europea modalità chiare di utilizzo e rendicontazione.
 Particolare attenzione potrà essere posta sulla sperimentazione di cooperazioni di
filiera tra il sistema manifatturiero, le istituzioni di ricerca e quelle scolastiche.
 Il ricorso via via crescente a strumenti finanziari di sostegno agli investimenti, pur
condivisibile, dovrà avvenire con la necessaria gradualità, per evitare ripercussioni
negative sulle decisioni di investimento, soprattutto nelle regioni in ritardo di sviluppo.
Pur condividendo l’obiettivo di sviluppare strumenti di ingegneria finanziaria, va infatti
tenuto conto che essi trovano una difficile applicazione in quegli Stati Membri in cui il
sistema del credito ed il mercato dei capitali presentano esperienze diverse da quelle
14
Si veda a tale proposito l’art. 5 del Reg. CE 1080/2006, relativo al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, in particolare
sulle priorità di intervento nell’ambito dell’Obiettivo “Competitività regionale e occupazione”.
16
normalmente prese a riferimento dalle Istituzioni comunitarie, ovvero non hanno una
consolidata esperienza in materia. Sotto quest’ultimo aspetto, è determinante anche
rendere coerente la disciplina comunitaria in materia (v. aiuti al capitale di rischio),
che risente eccessivamente di modelli largamente diffusi in alcuni Stati membri
diversi dal nostro. Per questi motivi, si ritiene preferibile un orientamento progressivo
verso tale opzione, strettamente collegato ad una definizione della disciplina
comunitaria adeguata alla diffusione “in tutti” gli Stati Membri.
 In linea con il punto di vista espresso dalla organizzazione europea di
rappresentanza delle imprese Business Europe, Confindustria è fortemente contraria
ad ipotesi di esclusione delle grandi imprese dal sostegno degli investimenti
mediante fondi strutturali anche nelle zone dell’Obiettivo Competitività regionale e
occupazione: se confermata, tale esclusione potrebbe causare pesanti ripercussioni
nelle zone che beneficeranno di deroghe al divieto sugli aiuti di Stato
penalizzandone la competitività e la capacità di attrazione degli investimenti. Si
ritiene quindi necessario ripristinare un livello di aiuto a finalità regionale differenziato
tra tutte le fasce dimensionali d’impresa sulla base degli Orientamenti sugli aiuti di
Stato a finalità regionale di revisione (v.oltre).
5.2. Aiuti di Stato a finalità regionale
Gli Uffici competenti della Commissione Europea (DG Competition) hanno da tempo
avviato un confronto sulla revisione degli aiuti di Stato a finalità regionale, che si è
concentrato sull’elaborazione di un primo documento informale (non-paper) già vagliato e
discusso e oggetto di osservazioni degli Stati Membri. Anche il Governo italiano ha
presentato proprie osservazioni, sulla base dei contributi delle Regioni, fortemente critico,
di cui si condividono i contenuti, pur con alcune diverse specificazioni in merito ad alcuni
profili.
Il non-paper della Commissione, anche se molto puntuale e articolato, sembra troppo
anticipatamente fondato su un’ipotesi di “compromesso politico”, senza svolgere un
necessario approfondimento critico sul periodo di programmazione in essere, da cui
partire per la formulazione delle proposte di revisione.
Si sottovaluta innanzitutto il contesto “difficile” della crisi economica in atto da alcuni anni e
se ne traggono elementi limitati e incoerenti di revisione della disciplina. Innanzitutto, il
data-base per l’individuazione della popolazione beneficiaria deve essere il più aggiornato
possibile, comprensivo degli impatti causati dalla crisi.
Non viene dovutamente considerato l’impatto della crisi sulle finanze pubbliche, per cui le
deroghe a finalità regionale, se associate anche ad una labile applicazione del principio di
concentrazione, rischiano di essere più ampiamente sfruttate negli SM meno segnati dalla
crisi e/o con finanze pubbliche meno vincolate. Sotto questo aspetto, anche l’orientamento
di ridurre le intensità di aiuto appare debolmente motivato, anche perché non
accompagnato da misure di plafond finanziario nazionale a sostegno delle deroghe in
grado di “regolare” gli squilibri derivanti dalla diversa capacità finanziaria.
Quasi inesistenti sono poi i riferimenti alla complessiva riforma della politica degli aiuti di
Stato, pur essendo tuttora in corso. Pur condividendo l’orientamento della Commissione a
confermare i regimi a finalità regionale nell’ambito dell’esenzione dalla notifica, non viene
indicato alcun riferimento agli effetti che tale scelta ha comportato nelle politiche nazionali
di incentivazione e soprattutto all’effettivo impiego degli aiuti a finalità regionale,
17
quantomeno per valutarne la reale efficacia e, quindi, orientamenti più stringenti di
concentrazione.
Proprio il principio-guida della concentrazione viene ambiguamente declinato con quello di
“equilibrio”, allo scopo di mantenere la possibilità di includere nelle deroghe regionali
praticamente tutti gli Stati Membri, anche quelli che hanno concretamente manifestato un
interesse scarso o nullo al loro impiego15. Tale rilievo dovrebbe far riflettere maggiormente
sia sulla concentrazione sia sulla negoziazione spesso (strumentalmente) conflittuale sulle
deroghe da parte di alcuni Stati Membri.
Sulle imprese beneficiarie il non-paper si concentra esclusivamente sull’esclusione dalle
deroghe regionali delle Grandi Imprese nelle regioni 107.3.c (mentre sono ammesse nelle
regioni 107.3.a, ma escluse dai Fondi strutturali). Le considerazioni sulla crisi e gli effetti di
de-localizzazione dovrebbero invece far riflettere di più sulla possibilità di prevedere la loro
inclusione, anche col sostegno dei Fondi strutturali e oltre le regioni dell’Obiettivo
Convergenza, ipotizzando, ad esempio, massimali minimi di aiuto (5-10% ESL), un tetto
alla spesa ammissibile e una finalizzazione su obiettivi particolarmente rilevanti per la
competitività.
Per gli aiuti settoriali andrebbero meglio definiti i profili di verifica delle attuali esclusioni
dalle deroghe regionali, in particolare per agricoltura, pesca e acquacoltura, trasporti e
siderurgia e fibre sintetiche. Soprattutto nel manifatturiero, simili vincoli (basati quasi
esclusivamente sulla sovraccapacità produttiva) dovrebbero ormai ritenersi superati.
Sulle carte degli aiuti (le cd. “zonizzazioni”), le principali criticità si rilevano sulla deroga
107.3.c, in particolare riguardo la determinazione delle quote nazionali di popolazione
beneficiaria. Ma nel complesso emerge una certa “strumentalità” dell’approccio seguito,
che porta a risultati almeno in parte contraddittori16.
Sui metodi si rilevano, pertanto, criticità piuttosto evidenti in ordine ai rischi di ulteriore
frammentazione delle aree beneficiarie e di evidente difficoltà nell’integrare le deroghe
nelle politiche di sviluppo regionale.
Per la selezione interna agli SM delle regioni “c” viene sostanzialmente confermata la
struttura dei criteri attuali, con alcune parziali modifiche, che portano ad eccessi di
frammentazione e ad evidenti difficoltà di impiego della deroga nella programmazione di
sviluppo regionale17. In sostanza, tali criteri partono da un presupposto “quasi risarcitorio”
di coincidenza “obbligata” tra criticità industriale e socioeconomica e impiego della deroga
15
Alcuni dati sulla correlazione tra quota di popolazione beneficiaria e quota degli aiuti regionali sul totale degli aiuti, per
nulla considerati dalla Commissione, portano, infatti, a evidenziare un prevalente sottoutilizzo tendenziale delle deroghe
regionali nell’ambito degli aiuti di Stato e alcuni casi di sovra-impiego (come in Francia).
16
Le proposte di modifica della metodologia di base appaiono eccessivamente orientate a garantire “trattamenti
favorevoli” per alcuni Stati Membri (Francia e Spagna). La revisione della safety net premia soprattutto alcuni Stati come
Cipro e Lussemburgo che dovrebbero avere alcun bisogno delle deroghe regionali e tutela gli Stati in difficoltà finanziaria
come Grecia, Irlanda, Portogallo e (ancora) Spagna. Il risultato finale penalizza la Danimarca (del tutto esclusa, ma
immotivatamente rispetto al trattamento favorevole per Cipro e Lussemburgo), Austria, Slovenia e in misura più
contenuta Romania, Finlandia e Regno Unito; sugli altri Stati le variazioni rispetto alla metodologia attuale risultano
marginali, in positivo o in negativo.
17
Normalmente, l’individuazione di aree così piccole viene operata con riferimento a localizzazioni produttive in crisi, in
funzione delle possibilità di intervento offerte dagli aiuti per eventuali ristrutturazioni e riconversioni. Già tale situazione
può creare problemi di selezione, in quanto le criticità socioeconomiche determinate da una localizzazione produttiva
non è detto che siano rilevabili completamente in essa o nelle zone immediatamente limitrofe. Inoltre, la criticità
socioeconomica rilevabile in particolari concentrazioni territoriali non necessariamente può essere affrontata
selezionando come beneficiaria la stessa area di riferimento, in quanto gli insediamenti produttivi o le politiche territoriali
ad essi dedicati potrebbero benissimo determinare scelte di delocalizzazione da un’area, potenzialmente beneficiaria di
aiuti per la propria criticità, ad una completamente diversa e alternativa, magari non ammissibile, in base ai criteri di
selezione.
18
regionale; sul piano della programmazione regionale, non tengono, ad esempio, conto
della possibile “non sovrapposizione” tra politica industriale e politica urbanistica, cioè tra
aree critiche (e per questo beneficiarie di aiuti), ma urbanisticamente da riconvertire ad
altri usi, e aree di destinazione di interventi di sviluppo produttivo “compensativi” delle
criticità rilevate in altre aree. E tutto questo potrebbe verificarsi in unico contesto più ampio
di riferimento territoriale.
Una simile impostazione rischia di essere eccessivamente vincolante per gli indirizzi di
politica industriale e di sviluppo socioeconomico delle amministrazioni territoriali, con
implicazioni non irrilevanti anche di carattere ambientale (recupero e ri-destinazione di siti
produttivi da dismettere) e di assetto logistico-urbanistico (nuovi insediamenti alternativi in
zone più appropriate e meglio integrabili sul piano territoriale e ambientale).
Nei criteri di zonizzazione interna agli Stati membri, anche riguardo a quelli fondati
sull’isolamento geografico (insularità, zone marginali e montane) o cross-border extra
UE/SEE/EFTA, sarebbe più opportuno, oltre che per un più efficiente impiego degli aiuti a
finalità regionale, fare riferimento ad un’unità statistico-amministrativa per l’impiego della
deroga più utile alla politica industriale, preferibilmente il livello NUTS 3 o, nel caso di isole
maggiori, NUTS 2, all’interno della quale individuare anche puntualmente le criticità
socioeconomiche rilevanti, per poi concedere all’interno dell’unità statistica di riferimento
più ampia la possibilità di localizzare anche diversamente l’attuazione della deroga
107.3.c, sia pure entro tetti predeterminati di popolazione/territorio coerenti con l’intensità
della criticità socioeconomica rilevata.
Un approccio simile risulterebbe molto più facilmente integrabile con la Politica di
Coesione comunitaria e nazionale/regionale e, potenzialmente, più efficiente. Le attuali
proposte di modifica – sovrapposte ad un’impostazione già poco efficiente e fortemente
frammentata, che presenta anche forti rischi distorsivi della politica degli aiuti a finalità
regionale – sembrano invece accentuare tali criticità di impostazione.
Infine, sulle intensità di aiuto si rileva l’esigenza di una più attenta riarticolazione, basata
su una maggiore differenziazione tra regioni “a” e “c”, su una diversa intensità all’interno
delle regioni “a” e di una differenziazione delle intensità anche per le regioni “c” basata
sull’inclusione anche delle Grandi Imprese nei termini precedentemente indicati.
Il punto di vista di Confindustria
 La revisione degli Orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale deve essere
sviluppata tenendo coerentemente conto di:
• Impatti regionali della crisi economica in atto, considerando non solo un data-base il
più aggiornato possibile e inclusivo della rilevazione dei suoi effetti, ma anche con
orientamenti che tengano conto degli effetti diretti sulle scelte localizzative e
industriali delle imprese (delocalizzazioni, ristrutturazioni, …) e delle capacità di
finanza pubblica degli Stati membri;
• Risultati degli Orientamenti del periodo 2007-2013, soprattutto riguardo all’effettivo
utilizzo delle deroghe da parte degli Stati;
• Principi della riforma della politica comunitaria sugli aiuti di Stato, ossia dell’impiego
dei principali strumenti che l’UE intende introdurre e rafforzare, come la
valutazione, l’esenzione da notifica, … ;
 Data la loro “costituzionale” caratterizzazione territoriale dettata dal Trattato, le
deroghe a finalità regionale debbono trovare nella Politica comunitaria di Coesione e
sviluppo regionale una adeguata opportunità di utilizzo e di integrazione con l’impiego
19
di Fondi strutturali. Sotto questo aspetto, le nuove regole dovrebbero garantire:
• applicazione più rigorosa dei principi di concentrazione e di equilibrio nella
determinazione delle quote nazionali di popolazione beneficiaria;
• selezione interna agli Stati membri delle zone beneficiarie (zonizzazioni) basate su
criteri di identificazione legati non solo agli andamenti socioeconomici, ma anche
agli svantaggi geografici (insularità, isolamento, frontiere);
• utilizzo delle deroghe non necessariamente coincidente con le situazioni di crisi, ma
possibilmente anche con riferimento alle politiche di sviluppo regionale, industriale,
urbanistico e ambientale, con possibilità di revisioni “a medio termine”, motivate dai
cambiamenti maturati durante la programmazione;
• articolazione delle intensità di aiuto maggiormente differenziata tra regioni ex art.
107.3.a e zone ex art. 107.3.c, in funzione di un adeguato “differenziale di
attrattività”;
• inclusione anche delle Grandi Imprese tra quelle beneficiarie delle deroghe e del
finanziamento dei Fondi strutturali, sia pure con intensità e dimensione finanziaria
dell’investimento ammissibile limitate e finalizzate su particolari obiettivi di
competitività, come ad esempio l’aggregazione in filiere produttive;
• eliminazione dell’esclusione ancora imposta ad alcuni settori manifatturieri, come
siderurgia e cantieristica, e ai trasporti.
6.
Il Fondo Sociale Europeo
Secondo le proposte della Commissione, l’Europa ha bisogno di maggiore investimento
sociale per sviluppare una economia competitiva ed inclusiva nel periodo post-crisi: per
questo il Fondo Sociale Europeo sarà concentrato su tre priorità convergenti: la creazione
di nuova occupazione; il miglioramento della qualità dell’istruzione; l’inclusione sociale
delle persone svantaggiate.
È previsto uno stanziamento minimo per il FSE, pari a 84 miliardi di €, circa il 25% della
politica di coesione. Tetti minimi di stanziamenti in favore del FSE, opportunamente
diversificati, devono essere previsti in tutte le tipologie di regione (in ritardo, più sviluppate,
in transizione). Il 20% delle allocazioni del FSE dovrà riguardare le azioni di inclusione
sociale: inoltre, la Commissione si attende che gli Stati membri pongano maggiore enfasi
sulla lotta alla disoccupazione giovanile.
Dal punto di vista attuativo, è auspicato un migliore coinvolgimento dei partner sociali
nell’attuazione della strategia: l’accessibilità dei fondi verrà migliorata, in particolare per i
piccoli beneficiari, mediante una più diffusa semplificazione.
Nell’ultima versione del negotiating box relativo al bilancio va, tuttavia, evidenziata
l’assenza di riferimenti a quote minime di allocazione per il FSE nell’ambito delle politiche
di coesione, assenza che potrebbe rendere più difficoltosa la successiva assegnazione del
Fondo tra le diverse tipologie di regione.
20
Il punto di vista di Confindustria
 Anche in considerazione del ruolo svolto nel contrastare gli effetti della crisi, è
auspicabile un ruolo centrale del FSE nei futuri fondi strutturali: tale ruolo dovrà
tenere conto del protrarsi degli effetti della crisi stessa.
 Particolare cura dovrà essere posta nell’incontro tra domanda dell’impresa ed offerta
del sistema dell’istruzione e della formazione, anche incoraggiando i sistemi di
formazione in alternanza e rafforzando il ruolo degli istituti tecnici e professionali in
relazione con le filiere produttive di riferimento. Da questo punto di vista, è
apprezzabile la proposta di un migliore coinvolgimento delle rappresentanze degli
interessi delle imprese nell’attuazione della strategia.
 Fra i campi di intervento del Fondo, è opportuno ricomprendere più chiaramente
anche la “sicurezza nei luoghi di lavoro”, nonché la possibilità di realizzare interventi
di assistenza tecnica anche a beneficio del partenariato socio economico, in tutte le
categorie di regioni.
 Per quanto riguarda le risorse, dovrà essere chiarito se i tetti minimi dovranno essere
rispettati a livello di Stato membro (opzione preferibile, per tenere conto delle
differenze regionali) o di singola programmazione regionale.
7.
Partenariato socio economico
Nell’attuale ciclo di programmazione si è assistito in Italia ad un sensibile indebolimento
del coinvolgimento dei partner socioeconomici, parallelo alle difficoltà della
programmazione. In particolare, è rimasto inattuato il previsto rafforzamento del
coinvolgimento nella fase attuativa. Queste difficoltà sono abbastanza diffuse a livello
europeo, come ha mostrato il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE)18.
Anche per ovviare a queste difficoltà e per rafforzare questo principio, è stato presentato
nei mesi scorsi il Documento di lavoro dei servizi della Commissione Europea “Il principio
di partenariato nell'attuazione dei Fondi del Quadro Strategico Comune - Elementi per un
codice di condotta europeo sul partenariato19”.
Secondo le proposte della Commissione, particolare rilievo deve essere assicurato alla
partecipazione al Partenariato delle organizzazioni delle parti sociali più rappresentative
riconosciute a livello nazionale, con particolare attenzione al forte coinvolgimento delle
associazioni imprenditoriali, in quanto “rappresentative dell’interesse generale di interi
settori di attività o industriali”.
Da questo punto di vista è indispensabile che le Amministrazioni centrali e regionali
indicate come Autorità di gestione dei programmi siano tenute ad organizzare il
partenariato in maniera chiara e trasparente, coinvolgendo adeguatamente in maniera
codificata il partenariato nell’attività di preparazione, attuazione, sorveglianza e
valutazione dei programmi.
Come indicato chiaramente nel Documento, è necessario definire “requisiti procedurali
minimi” in grado di garantire: comunicazione tempestiva al partenariato di quanto
indispensabile nella definizione dei documenti strategici; è altrettanto necessaria
18
“Come favorire partenariati efficaci nella gestione dei programmi della politica di coesione sulla base delle buone
prassi del ciclo 2007-2013” (GU C 44 dell’11.2.2011), adottato dal Comitato il 14 luglio 2010.
19
SWD(2012) 106 final del 24 aprile 2012
21
un’adeguata consultazione delle parti e il loro contributo attraverso il rilascio di pareri,
proposte ed osservazioni; sviluppando canali di comunicazione che, sfruttando anche le
moderne tecnologie dell’informazione e comunicazione, ne favoriscano il contributo attivo.
In particolare, deve essere definita una procedura per rendere trasparente il processo
attraverso il quale le suddette proposte del partenariato vengono prese in considerazione,
“impegnando le istituzioni coinvolte a entrare nel merito di quanto viene accolto e di
quanto viene respinto”, e rendendo accessibili i risultati delle consultazioni.
Da segnalare inoltre le proposte formulate dalla Commissione in merito al funzionamento
dei Comitati di Sorveglianza e alla definizione più puntuale di alcuni aspetti regolamentari
in relazione a termini di convocazione, diritti di voto, verbalizzazioni, gruppi di lavoro e
pubblicità/accessibilità dei documenti preparatori.
Infine, il documento della Commissione affronta il tema della partecipazione alla
definizione degli inviti a presentare proposte e alla successiva valutazione e selezione dei
progetti, nonché alla attività di valutazione dei progetti.
La definizione di un forte coinvolgimento partenariale assume particolare importanza in
vista delle proposte della Commissione sul rafforzamento del livello locale di
programmazione e attuazione e dei relativi strumenti nel futuro periodo di programmazione
(“Investimenti territoriali integrati”).
Il punto di vista di Confindustria
 La proposta del regolamento, che conferisce alla Commissione il potere di adottare un
codice europeo di condotta che definisca obiettivi e criteri per sostenere l’attuazione
del partenariato e agevolare lo scambio di informazioni, esperienze, risultati e buone
pratiche tra gli Stati membri è ampiamente condivisibile.
 Al fine di dare tale proposta concreta applicazione, sarebbe opportuna, in questo
senso, una clausola di obbligatorietà del coinvolgimento, ai diversi livelli territoriali, nel
processo di definizione dei diversi documenti di programmazione, fin dalle prime fasi
della costruzione del Contratto di Partenariato.
 Si ritiene comunque importante che il Codice Europeo di condotta sia oggetto si
specifici atti delegati volti a definire i requisiti minimi necessari a valorizzare un
partenariato di qualità nell’attuazione dei programmi, stabilendo in particolare regole
chiare in merito al funzionamento dei Comitati di Sorveglianza.
 Preoccupano da questo punto di vista le ipotesi di soppressione della parte relativa al
coinvolgimento del partenariato socio economico nell’ambito del negoziato sulle
proposte di regolamento, come evidenziato da una lettera di Business Europea alle
Istituzioni Comunitarie.
 L’opportunità di realizzare “investimenti territoriali integrati”, basati su strategie di
sviluppo urbano o legate ad altra tipologia di territorio, dovrà essere valutata sulla
base del consenso raccolto sul territorio dalla strategia di intervento e dalla coalizione
degli interessi che si mobilitano attorno ad essa, oltreché sulla base di una
approfondita ed efficace valutazione ex ante.20 Da questo punto è fondamentale un
pieno, attivo e permanente coinvolgimento delle rappresentanze territoriali del
partenariato socio economico, al fine di compensare la discrezionalità delle
amministrazioni pubbliche nella articolazione degli interventi.
20
Alcune regioni italiane presentano interessanti esperienze in questo senso, come ad esempio i Programmi integrati
Urbani di Sviluppo Sostenibile (i cd. PIUSS) della regione Toscana.
22
8.
Percorso di costruzione dei programmi 2014-20 dei Fondi europei in Italia
Con un documento di lavoro inviato ai Presidenti delle Regioni, il Ministro per la Coesione
Territoriale ha dato il via al percorso che deve portare all’elaborazione della nuova
programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2014-2020, con l’obiettivo di inviare alla
Commissione Europea, possibilmente entro aprile 2013, il Contratto di Partenariato (CP) e
i Programmi Operativi (PO). Dovrà inoltre essere definita, in maniera integrata e
complementare, entro giugno/ottobre 2013 la dotazione finanziaria complessiva prevista
per il Fondo Sviluppo e Coesione. Secondo l’ipotesi di base, il confronto sul piano interno
dovrebbe svolgersi a cavallo tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013, per assicurare l’invio
dei documenti verso aprile 2013, con approvazione prevista per agosto dello stesso anno.
8.1. Principi generali
Secondo il documento, l’approccio della nuova programmazione dovrebbe segnare il
passaggio da una programmazione “per enunciazioni” di grandi obiettivi strategici (da
riempire di contenuti solo in fase di attuazione) ad una “per azioni”, individuando fin dai
documenti di programmazione risultati chiari e verificabili e facendone discendere azioni
fattibili in tempi dati con risorse certe. In particolare, i principi di riferimento dell’intero
percorso saranno:
 concentrazione su un numero limitato di priorità e su risultati attesi, che siano chiari e
misurabili, tenendo conto delle specificità delle macro aree (Mezzogiorno e CentroNord) che caratterizzano il territorio nazionale;
 valorizzazione delle funzioni di proposta e controllo dei cittadini, attraverso una forte
apertura al confronto pubblico;
 valorizzazione della dimensione urbana e rurale delle alleanze fra territori;
 rafforzamento dei presidi di competenza nazionale;
 integrazione delle politiche regionali, comunitarie e nazionali con la politica ordinaria.
8.2. Fasi di lavoro
Il documento suddivide il processo in 4 fasi principali e definisce nel dettaglio, in
particolare, la programmazione della prima fase, che dovrà portare alla redazione del
“Documento di indirizzi strategici e metodologici per il confronto istituzionale per la
definizione del Contratto di Partenariato”, da rendere pubblico, e a una proposta di
attuazione delle fasi successive del percorso programmatico. Entrambi i documenti
andranno portati all’attenzione della Conferenza Stato Regioni.
 Fase A: il “Documento di indirizzi strategici e metodologici per il confronto istituzionale
per la definizione del Contratto di Partenariato”, da costruire attraverso il confronto
istituzionale e partenariale, conterrà la proposta di strategia del Ministro per la Coesione
Territoriale riguardo a: obiettivi, principali risultati attesi, assegnazioni finanziarie
necessarie (distinte tra fondi comunitari, cofinanziamenti nazionali e Fondo Sviluppo e
Coesione), principali azioni previste (e loro raggruppamento in “nuvole” a loro volta
raccordata distintamente a obiettivi comunitari o priorità nazionali), soggetti beneficiari,
centri di competenza, opportunità di applicazione di nuovi strumenti territoriali previsti
dai regolamenti, prime proposte per l’applicazione a livello nazionale dei regolamenti
comunitari (ad esempio in materia di condizionalità). La proposta per l’organizzazione
delle fasi successive dovrà essere approvata dalla Conferenza Stato Regioni.
 Fasi successive:
23
B – settembre-dicembre 2012: tutte le amministrazioni e le istituzioni interessate
parteciperanno (con confronto partenariale a geometria variabile) al confronto tecnicoistituzionale volto a orientare la redazione dei documenti da inviare alla Commissione;
C – gennaio-marzo 2013: redazione dei documenti (con confronto partenariale esteso);
D – aprile 2013: passaggi istituzionali e invio alla Commissione Europea.
E’ attualmente in corso la fase di elaborazione a livello regionale per la definizione della
cosiddetta “condizionalità ex ante”, ovvero l’individuazione delle condizioni derivanti
dall’applicazione di normativa comunitaria, che, regione per regione, sono necessarie per
favorire una piena ed efficace attuazione della strategia, nonché un lavoro preparatorio per
l’identificazione di indicatori, target e tappe, da raggiungere nell’attuazione del programma,
a cui collegare premi e penalità.
Il punto di vista di Confindustria
 Confindustria condivide la proposta di un modello di programmazione più orientato ai
risultati ed alla chiara identificazione delle azioni da realizzare, secondo la
sperimentazione avviata negli ultimi mesi, nelle regioni del Mezzogiorno, con il Piano
d’Azione Coesione (PAC);
 condivide altresì l’opportunità che tali azioni siano adeguatamente concentrate sul
territorio, al fine di contrastare la frammentazione degli interventi ed incrementarne
l’efficacia.
 sottolinea la necessità che un disegno così complesso venga attuato tenendo conto
delle competenze di ciascun livello istituzionale, delle buone prassi esistenti, dei
vincoli prima di tutto finanziari (a partire dal Patto di Stabilità interno) che hanno
condizionato l’attuale ciclo di programmazione;
 evidenzia la necessità che il processo di costruzione della nuova programmazione sia
ispirato ai principi della “leale collaborazione” e della “cooperazione rafforzata” che la
Commissione Europea, Amministrazione centrale e Regioni stanno sperimentando
con il PAC, a partire dalla definizione del Contratto di Partenariato;
 proseguendo la positiva esperienza avviata con il “Tavolo impresa e lavoro” per
l’Obiettivo Convergenza, sottolinea la necessità di assicurare un pieno e costante
coinvolgimento delle rappresentanze degli interessi, in primo luogo delle imprese.
 suggerisce l’opportunità di prevedere “poteri di intervento / sostitutivi in capo
all’amministrazione centrale in caso di grave inefficienza nell’impiego delle risorse o
distorsione dei fondi rispetto ai target prestabiliti da parte delle varie Autorità di
Gestione, sulla base di criteri per l’identificazione del concetto di “grave inefficienza” e
per l’esercizio di tali poteri, da definire preventivamente in sede di Conferenza Stato
Regioni21. Potranno altresì essere stabilite forme di sostegno tramite scambio di
esperienze e “supplenze” complementari a livello regionale.
 è pertanto necessario un forte coinvolgimento delle Confindustrie regionali fin dalle
fasi di avvio della programmazione, partecipando alla identificazione delle
condizionalità ex ante maggiormente funzionali alla competitività delle imprese.
 anche per quanto riguarda le priorità di intervento, l’individuazione delle principali
azioni previste e l’opportunità di applicazione di nuovi strumenti territoriali, nonché per
la definizione di premialità coerenti con l’obiettivo del miglioramento dell’ambiente
economico e produttivo, è necessario che il coinvolgimento sia avviato quanto prima.
21
O in Conferenza Unificata Stato – Regioni Autonomie locali, laddove necessario
24
9.
Il cronogramma delle attività
Nei primi mesi del 2012 si è aperto il confronto informale all’interno dei singoli Stati membri
e con la Commissione Europea: parallelamente, il pacchetto dei regolamenti è oggetto
dell’esame da parte del Parlamento europeo e tra i vari Stati membri.
Parallelamente, a partire dal gennaio 2012, si sta svolgendo il negoziato sul Quadro
Finanziario Pluriennale, che dovrebbe portare ad un accordo entro il 2013. Entro la stessa
data il pacchetto legislativo dovrebbe essere adottato.
La presentazione e discussione delle proposte sul QFP è prevista nel corso del Consiglio
Europeo di fine novembre 2012.
All’inizio del 2014 i nuovi regolamenti dovranno essere in vigore, in modo da consentire
nello stesso momento l’adozione dei nuovi programmi.
Le possibili iniziative di Confindustria
A livello europeo:
 confronto ed approfondimento con la Commissione Europea;
 azione di sensibilizzazione nei confronti dei membri italiani del Parlamento Europeo;
 azione di sensibilizzazione nei confronti della Rappresentanza permanente italiana
presso l’Unione Europea.
A livello nazionale:
 presentazione del documento di posizione di Confindustria al Governo ed alle
Amministrazioni incaricate del negoziato sulle prospettive finanziarie e sui nuovi
regolamenti;
 sensibilizzazione della Conferenza delle Regioni e della Conferenza Unificata Stato Regioni - Autonomie locali;
 condivisione con le organizzazioni firmatarie delle proposte comuni delle parti
economiche e sociali.
A livello locale:
 confronti tra le Confindustrie regionali e le amministrazioni regionali e locali;
 confronti con le altre organizzazioni del partenariato socio economico, finalizzati ad
accordi ex ante sulla futura programmazione.
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