LA POLITICA DI COESIONE E IL QUADRO FINANZIARIO
Transcript
LA POLITICA DI COESIONE E IL QUADRO FINANZIARIO
LA POLITICA DI COESIONE E IL QUADRO FINANZIARIO PLURIENNALE 2014-2020 Position Paper Roma, novembre 2012 0 Il presente documento è stato elaborato dagli uffici di Confindustria e delle Confindustrie regionali nell’ambito delle attività della Conferenza dei Presidenti delle Confindustrie regionali e del Comitato Mezzogiorno di Confindustria. Il documento è finalizzato a definire una posizione condivisa sulle nuove prospettive finanziarie e sul futuro della politica di coesione 2014-20, alla luce delle difficoltà che la crisi economica e finanziaria, nazionale ed internazionale, ha determinato e potrà determinare sulle capacità dei bilanci pubblici di sostenere la competitività del sistema produttivo del nostro Paese. I INDICE Il punto di vista di Confindustria - Executive Summary 1. Il Quadro Finanziario Pluriennale per il periodo 2014-2020 ..................................................................... 3 1.1. La proposta della Commissione Europea .......................................................................................... 3 1.2. Lo stato del negoziato ....................................................................................................................... 4 2. Opportunità e linee portanti di una forte politica di coesione rinnovata ................................................. 5 3. Il dettaglio delle proposte ......................................................................................................................... 8 4. Regole di programmazione e governance ............................................................................................... 14 5. Il sostegno alle imprese ........................................................................................................................... 16 5.1. Impiego dei Fondi strutturali ........................................................................................................... 16 5.2. Aiuti di Stato a finalità regionale ..................................................................................................... 17 6. Il Fondo Sociale Europeo ......................................................................................................................... 20 7. Partenariato socio economico ................................................................................................................. 21 8. Percorso di costruzione dei programmi 2014-20 dei Fondi europei in Italia .......................................... 23 9. 8.1. Principi generali ............................................................................................................................... 23 8.2. Fasi di lavoro .................................................................................................................................... 23 Il cronogramma delle attività .................................................................................................................. 25 II Il punto di vista di Confindustria – Executive Summary In corrispondenza con le fasi decisive del negoziato sul futuro bilancio dell’UE e sul pacchetto legislativo dei fondi strutturali per il periodo 2014-2020, Confindustria e le Confindustrie regionali indicano alcuni punti che dovranno caratterizzare le future politiche di coesione. Confindustria giudica positivamente: l’allineamento di una politica di coesione riformata nei contenuti alle priorità ed ai target di Europa 2020, strategia fondamentale per riportare l’Italia su un sentiero di crescita. Tale politica dovrà essere rivolta a tutta l’Unione, mantenendo la priorità per le regioni in ritardo di sviluppo e tenendo conto di situazioni di svantaggio territoriale; la necessità di promuovere una politica europea orientata agli investimenti, anche attraverso l’esclusione degli interventi cofinanziati dal Patto di Stabilità e Crescita (“Golden rule”), ed auspica che la Commissione europea presenti al più presto una proposta in tal senso; l’obiettivo di garantire una effettiva addizionalità delle risorse della politica di coesione; l’esigenza di riformare le regole di funzionamento della politica di coesione, per ottenere recuperi di efficienza, contenimenti di costi e maggiore semplificazione per i beneficiari; la priorità, espressa dal Governo italiano, per il contenimento del saldo netto, esigenza fondamentale per un paese grande contribuente netto come l’Italia; l’obiettivo di una maggiore concentrazione degli interventi, non solo dal punto di vista tematico, ma anche dal punto di vista della dimensione e della massa critica dei progetti, premiandone la capacità di generare impatti significativi sugli obiettivi tematici; l’obiettivo di favorire, anche con il migliore utilizzo dei fondi strutturali europei, il pieno dispiegarsi di una efficace politica industriale europea; la concentrazione degli interventi nelle regioni più sviluppate ricche su poche priorità di Europa 2020: a queste Regioni dovrà essere garantita una adeguata autonomia programmatoria (con riferimento a fondi, priorità e strumenti di intervento), in considerazione della estrema diversità delle situazioni da affrontare; la previsione di quote minime di risorse del FSE per ciascun obiettivo, da gestire con la necessaria flessibilità in sede di programmazione e attuazione, anche in forma integrata con gli altri strumenti finanziari; l’obiettivo della revisione dei sostegni alle imprese finanziati dal FESR, all’insegna di un più ampio ricorso a procedure di accesso di natura semplificata: in questa cornice, il passaggio ad un ruolo più ampio per gli strumenti di ingegneria finanziaria dovrà essere graduale, per evitare ripercussioni negative sulle decisioni di investimento; l’obiettivo di realizzare una programmazione “per azioni”, nella quale i programmi saranno costituiti da una lista di azioni / progetti corredati di cronogramma di attività e risultati attesi; l’idea che Stati membri e Commissione concordino impegni più vincolanti in un vero e proprio Contratto di Partenariato, ridefinito negli obiettivi da raggiungere e rafforzato da precondizioni utili a migliorare la qualità e la celerità degli interventi. Sin dalle prime fasi di definizione e nella successiva fase di attuazione, il Contratto ed i susseguenti atti di programmazione dovranno basarsi sul coinvolgimento pieno e permanente delle amministrazioni regionali e delle rappresentanze degli interessi; l’opportunità che la politica di coesione tenga adeguatamente conto delle specificità delle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, come quelle insulari (Sardegna) e di quelle colpite da gravi calamità naturali (Abruzzo, Emilia Romagna); la prospettiva di consolidare una programmazione chiaramente ispirata da un metodo di cooperazione rafforzata tra Commissione Europea, Amministrazioni Centrali, Regioni; sul piano interno, l’obiettivo di una efficace programmazione integrata e convergente delle risorse aggiuntive nazionali (FSC); 1 Confindustria non condivide le ipotesi di forte riduzione delle rubriche rivolte al sostegno della competitività dell’economia europea, in particolare ricerca e infrastrutture, in maniera sproporzionata rispetto alle altre rubriche; l’eventualità che la riduzione del saldo netto italiano avvenga a scapito delle risorse della politica di coesione, che saranno fondamentali nei prossimi anni caratterizzati da restrizioni dei bilanci nazionali e regionali; proposte di condizionalità di tipo macroeconomico che tendano ad applicare questo principio in maniera iniqua, penalizzando in particolare i beneficiari finali degli interventi; le ipotesi di modifica dei criteri di allocazione delle risorse che dovessero risultare penalizzanti per le regioni svantaggiate del Mezzogiorno; le proposte di normativa sugli aiuti di Stato che non tengano adeguatamente conto degli effetti della crisi e delle differenze tra i territori dell’Unione; un utilizzo delle deroghe sugli aiuti a finalità regionale non coerente con le esigenze di pianificazione dello sviluppo a livello territoriale; l’esclusione della grande impresa dal finanziamento degli investimenti tramite FESR, che penalizzerebbe l’attrattività e la competitività dell’intero Paese; la possibilità che si operi una ripartizione delle risorse per le nuove regioni in transizione penalizzante per le regioni italiane; le ipotesi di depotenziamento del ruolo del partenariato socio economico. 2 LA POLITICA DI COESIONE E IL QUADRO FINANZIARIO PLURIENNALE 2014-20 La posizione di Confindustria e delle Confindustrie Regionali 1. Il Quadro Finanziario Pluriennale per il periodo 2014-2020 1.1. La proposta della Commissione Europea Dapprima nel mese di giugno 2011 (e con il successivo aggiornamento del 6 luglio 2012), la Commissione Europea ha presentato le sue proposte di Quadro Finanziario Pluriennale 2014-2020. In totale, per i sette anni, la Commissione propone un bilancio di 1.033 miliardi di euro in termini di impegni e di 9.882 miliardi di euro in termini di pagamenti, pari rispettivamente all'1,08% e all'1,03% del Pil complessivo dei 27. Si tratta di un bilancio “costante in termini reali”, ossia “congelato” ai livelli del 2013 con la sola aggiunta dell’inflazione1. Per quanto riguarda i principali capitoli di bilancio, la CE ha proposto di assegnare: - alla politica di coesione, cioè ai fondi strutturali 379,4 miliardi di euro2 (sono 354 nell’attuale periodo 2007-2013), di cui 163,5 per le regioni in ritardo dell’Obiettivo Convergenza, 36,4 per il nuovo Obiettivo destinato alle regioni cosiddette “in transizione”, 55,4 per le regioni dell’Obiettivo Competitività, 70,3 per il Fondo di coesione ed i rimanenti 11,7 per la cooperazione territoriale. A queste risorse si affianca un nuovo fondo da 40 miliardi di euro (Connecting Europe Facility, di cui 10 miliardi di euro provenienti dal Fondo coesione), per la costruzione di infrastrutture nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni elettroniche (banda larga); - alla Politica Agricola Comune (PAC) 386,4 miliardi di euro, cioè lo stesso ammontare disponibile nei sette anni precedenti, di cui 281,8 al primo pilastro (aiuti diretti) e 89,9 al secondo (sviluppo rurale); - ai programmi di ricerca e innovazione 80 miliardi; - agli interventi per educazione, formazione e mobilità dei giovani, sicurezza e cittadinanza, relazioni esterne e spese amministrative sono assegnate le restanti risorse ripartite. Dal punto di vista del metodo, la proposta presenta tre principali novità: - maggiore autonomia nel finanziamento dell'Ue rispetto agli Stati membri, con un sensibile potenziamento delle cosiddette “risorse proprie” (inclusa l’ipotesi di una nuova tassa europea sulle transazioni finanziarie3 e revisione del contributo basato sull'IVA); 1 Questo aggiornamento tecnico risponde a due esigenze: 1) l’impatto sul bilancio dell’adesione della Croazia all’UE e gli effetti dei più recenti dati economici che interessano le allocazioni degli Stati membri relativi ai fondi strutturali. La proposta originaria prevedeva € 1.025 miliardi (1,05% del RNL dell’UE) in termini di impegni, mentre per quanto riguarda i pagamenti gli importi della proposta originaria ammontavano a € 972 miliardi, pari all’1,00% del RNL dell’UE). Per il periodo 2007-2013 lo stanziamento era pari (a prezzi 2011) a 994 miliardi per impegni (1,05% del PIL) e 943 miliardi per pagamenti. 2 Di cui almeno 84 miliardi relativi al Fondo Sociale Europeo (FSE). 3 Il 23 maggio 2012 il Parlamento Europeo ha approvato la relazione (dell’On. Anna Podimata) favorevole all’introduzione di una imposta sulle transazioni finanziarie nella UE. 3 - allocazione fuori bilancio di una riserva di 58,3 miliardi di euro per voci di spesa sottoposte a evoluzioni imprevedibili (gli aiuti d'emergenza per le catastrofi naturali o il progetto Iter sulla fusione nucleare); - maggiore trasparenza, con la riduzione dei sistemi di compensazione applicati (a vario titolo) ai contributi di molti Stati membri per attenuare il saldo negativo (la più nota di tali compensazioni è il “rebate” britannico). Secondo tale proposta, dovrebbe restare un solo tipo di compensazione forfettaria, per alcuni paesi “contribuenti netti”, che rischiano altrimenti di pagare una quota eccessivamente più alta degli altri (Regno Unito, Svezia, Olanda e Germania). Nel valutare queste proposte, occorre tenere presente che l’Italia è il terzo contribuente del bilancio comunitario in termini assoluti, dopo Germania e Francia. Nel 2011, il contributo italiano (in termini di versamenti effettivi) è stato pari a 16,2 miliardi di euro, in crescita di 1,3 miliardi rispetto all’anno precedente, facendo registrare un saldo netto negativo di oltre 7,5 miliardi (in crescita rispetto ai 6 miliardi del 2008).4 In considerazione di tale pesante onere finanziario, il Governo italiano si è dato come obiettivo primario del negoziato la riduzione del saldo netto negativo: in questo senso, ha preso posizione nei mesi scorsi, sia pure per motivi “tattici”, a fianco dei paesi contribuenti netti che chiedono, in coerenza con la politica di rigore e di consolidamento dei conti pubblici, la riduzione del livello complessivo di bilancio. 1.2. Lo stato del negoziato Il Consiglio Affari Generali del 24 settembre 2012 ha fatto il punto del dibattito sul Quadro Finanziario Pluriennale 2014-2020 sulla base della nuova versione del cd. negotiating box, presentata dalla presidenza di turno cipriota, poi aggiornata il 29 ottobre scorso. Malgrado la prevedibile contrarietà del Parlamento europeo e della Commissione, sembrerebbe emergere un orientamento finalizzato ad apportare tagli su tutte le rubriche, ma non in maniera uniforme. La rubrica 1.A dedicata alla competitività (Ricerca, Reti trans europee) riceverebbe il taglio più consistente (-16%), mentre la politica di coesione verrebbe ridotta del 3,6% (in particolare ¼ di tale riduzione riguarderebbe la cooperazione territoriale), e la PAC del 2,8%. Nel dibattito sul tetto complessivo di spesa si conferma la contrapposizione tra il gruppo dei contribuenti netti, favorevoli ad una riduzione della proposta della Commissione e ad un miglioramento della qualità della spesa (better spending) ed il gruppo degli “Amici della Coesione”, che difendono in particolare le allocazioni su tale rubrica. Il punto di vista di Confindustria Non sono condivisibili ipotesi di forte riduzione delle rubriche rivolte al sostegno della competitività dell’economia europea, in particolare ricerca e infrastrutture. Il miglioramento del nostro saldo netto, che pure è un obiettivo condivisibile, non deve avvenire a danno delle risorse della politica di coesione, che sono fondamentali in quanto destinate agli investimenti in infrastrutture, al sostegno alle imprese, al miglioramento dei servizi ai cittadini, alla valorizzazione del capitale umano, cioè ad aspetti fondamentali per la competitività dell’economia europea. 4 Fonte: MEF – RGS, Flussi finanziari Italia – Unione Europea, 2012 4 Tutte le voci che compongono il bilancio dell’Unione, a cominciare dalla politica di coesione economica e sociale e dalla politica agricola comune, debbono essere sottoposte ad una valutazione di efficacia finalizzate ad una loro revisione volta ad aumentarne l’efficacia. Il rafforzamento dell’autonomia finanziaria dell’UE è un obiettivo condivisibile, ma vanno evitate “fughe in avanti”, ad esempio in materia di regolamentazione finanziaria. Come sostiene anche Business Europe, l'applicazione unilaterale di una tassa sulle transazioni finanziarie oltre a non risolvere il problema rischia di generare una fuga degli operatori verso mercati non regolamentati e di imporre ulteriori oneri alle imprese, già pesantemente penalizzate dalla crisi. L’eventuale adozione di tale proposta dovrà pertanto limitare al massimo gli effetti negativi sul sistema imprenditoriale europeo, evitando inoltre applicazioni difformi tra Stati membri. In ogni caso, l’Unione Europea dovrebbe favorire l’adozione di politiche e di strumenti capaci di rilanciare gli investimenti in Europa. Spendere meglio non significa, infatti, spendere meno. A tale proposito, vanno sostenute le ipotesi di “Golden Rule”, ovvero di esclusione delle spese cofinanziate da fondi strutturali dal calcolo del Patto di stabilità e crescita a livello europeo. In questo senso, è essenziale che la Commissione europea formuli al più presto una proposta in tal senso, secondo quanto stabilito dal Consiglio nei mesi scorsi. L’Italia sarà tanto più autorevole nel sostenere le sue posizioni negoziali quanto più saprà migliorare sensibilmente l’efficienza e l’efficacia dell’utilizzo dei fondi nell’attuale ciclo di programmazione5: da un lato, valorizzando le amministrazioni che mostrano (già in questo ciclo) buona capacità di spesa; dall’altro, realizzando per le altre, quanto prima, tutte le necessarie iniziative di valutazione e di riprogrammazione, anche mediante un più stretto coinvolgimento del mondo delle imprese. In tal senso, è positivo il coinvolgimento realizzato con il Tavolo Impresa e Lavoro, finalizzato a promuovere una riprogrammazione dei Fondi europei per l’Obiettivo Convergenza rivolta al sostegno agli investimenti delle imprese alla creazione di opportune occupazionali. 2. Opportunità e linee portanti di una forte politica di coesione rinnovata Gli ultimi anni hanno visto il nostro Paese peggiorare costantemente la sua posizione relativa nel confronto con gli altri paesi europei in termini di ricchezza: questo peggioramento ha riguardato sia le regioni più avanzate sia quelle maggiormente in ritardo. Tra il 1995 ed il 2008, infatti, il PIL pro capite6 del Mezzogiorno è diminuito dal 79% al 69% della media UE a 27; quello del Centro Nord è passato a sua volta dal 145% al 122%; nel complesso il PIL pro capite italiano è sceso dal 121% della media UE del 1995 al 103,6% del 2008. Secondo stime della Commissione, tale trend è destinato a proseguire negli anni successivi.7 5 Secondo gli ultimi dati disponibili (Fonte:Ragioneria Generale dello Stato) aggiornati al 30 giugno 2012, le Regioni Ob. Convergenza hanno raggiunto una percentuale di pagamenti pari al 22,6% le regioni Ob. Competitività una percentuale pari al 38,66%. 6 Espresso in Parità di Potere d’Acquisto (PPA) 7 Dovrebbe essere pari a 100 nel 2010, ed in ulteriore, leggero calo nel 2011. 5 Negli anni passati, i fondi strutturali europei hanno avuto un effetto positivo nel contenere gli effetti di questa dinamica negativa. Analisi di impatto8, svolte con riferimento alle regioni in ritardo di sviluppo nel periodo 2000-2006, mostrano positivi, anche se moderati, effetti della politica regionale sulla crescita, valutabili in circa 0,7 punti percentuali di PIL aggiuntivi annui. Altrettanto importanti sono i risultati raggiunti nel complesso dalla politica di coesione nello stesso periodo: 1 milione di posti di lavoro creati nelle imprese dell'UE, di cui l'80-90% in piccole e medie imprese (PMI); 1 milione e 300 mila PMI hanno ricevuto forme di sostegno; 4.700 km di autostrade e 1.200 km di ferrovie ad alta velocità; 10 milioni di partecipanti/anno a progetti di formazione e riqualificazione; impianti di trattamento delle acque reflue più moderni per 23 milioni di persone; accesso all'acqua pulita per altri 20 milioni. È un contributo alla crescita importante, soprattutto se si considerano gli andamenti della spesa pubblica in Europa e nel nostro Paese. L’incidenza della spesa pubblica sul PIL, negli ultimi anni, è in crescita in tutta Europa (dal 46,9% al 47,7%) ed in Italia (da 47,9% a 48,9%): ciò che caratterizza la situazione italiana è lo squilibrio interno di tale spesa, contraddistinta da un peso eccessivo della parte corrente (riferita al funzionamento della Pubblica Amministrazione) rispetto alla spesa in conto capitale (riferita cioè agli investimenti), pari a solo il 4,1% del PIL nel decennio 2001-2010. I fondi strutturali e il relativo cofinanziamento costituiscono una parte importante di tale spesa: più esattamente, nel 2010 costituiscono il 20% della spesa nazionale in conto capitale ed il 37% di quella del Mezzogiorno. Ancor più ne costituiranno parte rilevante in futuro: si stima che nel 2014 la spesa di fondi strutturali e relativo cofinanziamento sarà pari a poco meno di ¼ della spesa in conto capitale nazionale e quasi il 42% di quella del Mezzogiorno9. In particolare, le politiche regionali hanno rappresentato, nell’arco degli ultimi 10 anni, il principale strumento di supporto diretto alle imprese disponibile con continuità. Sempre più spesso, dunque, tali risorse sono divenute sostitutive di quelle nazionali, perdendo l’addizionalità che dovrebbe caratterizzarle. Per venire incontro a queste attese, la Commissione Europea ha delineato, per gli anni 2014-2020, una politica di coesione fortemente riformata, dapprima con la Quinta Relazione sulla Coesione, poi con le proposte della Budget Review, infine con le indicazioni contenute nel pacchetto legislativo sui nuovi regolamenti. Vi si possono identificare cinque novità principali10: a) dal punto di vista dei contenuti, i fondi strutturali devono diventare lo strumento attraverso il quale è possibile raggiungere i target della strategia di Europa 202011; b) dal punto di vista dell’architettura della politica, vengono creati due soli Obiettivi: 1) Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione, che ripartisce le risorse in tre categorie di regioni: 8 COM (2010) 700, Brussels 19.10.2010, The EU Budget review, pag. 6 Rapporto annuale 2010 del DPS sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, Roma, settembre 2011, Tav. III.7 (pag. 167). 10 Per il dettaglio delle proposte si veda oltre. 11 Gli indicatori, sui quali la Strategia fissa gli obiettivi e svolge il monitoraggio sono cinque (v. tabella nel testo): ricerca e sviluppo: spesa in R&S pari al 3 per cento del Pil; capitale umano: riduzione degli abbandoni scolastici sotto il 10 per cento e incremento al 40 per cento dei 30 e i 34 anni con istruzione universitaria o equivalente; occupazione: tasso del 75 per cento per la popolazione tra i 20 e i 64 anni; povertà o esclusione sociale: uscita da questa condizione di 20 milioni di persone; ambiente: riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas serra rispetto al 1990; incremento al 20 per cento la quota delle fonti rinnovabili sul consumo finale interno lordo di energia; energia: miglioramento del 20 % dell’efficienza energetica. Le regioni italiane, in particolare quelle meridionali, appaiono tra quelle più lontane dai target previsti. Ad esempio, ben 6 delle 10 regioni con il più basso tasso di occupazione europeo sono del Sud Italia, così come sono meridionali 4 delle prime 10 a maggior rischio povertà, ed ancora il Mezzogiorno è agli ultimi posti per spese in ricerca e sviluppo e negli investimenti ambientali. 9 6 - “in ritardo di sviluppo” (cioè le attuali regioni in convergenza), che restano le principali beneficiarie della politica di coesione); - “più sviluppate” (interessate da finalità di sviluppo della competitività e dell’occupazione); - “in transizione” (cioè regioni non più in ritardo, ma non ancora del tutto sviluppate); 2) Cooperazione territoriale europea, finalizzato all’integrazione tra regioni e zone di confine interne ed esterne dell’UE; c) dal punto di vista gestionale, la Commissione propone di sottoscrivere un “Contratto di partenariato per lo sviluppo e gli investimenti”, con ciascuno Stato membro, in cui declinare operativamente la strategia di sviluppo; d) come stimolo per l’adozione di comportamenti virtuosi sul fronte della stabilità dei conti pubblici, la Commissione propone inoltre di condizionare l’erogazione dei fondi strutturali al rispetto di vincoli di natura macroeconomica, legati al Patto di Stabilità; e) sono infine previsti strumenti e soluzioni tecniche, come il soddisfacimento di condizioni preliminari (cd. condizionalità ex ante) e la premialità, per favorire il miglioramento della qualità della spesa e della capacità di programmazione e gestione da parte delle pubbliche amministrazioni interessate. BOX 1 Obiettivi della strategia Europa 2020 - Anni 2009-2011 (valori assoluti e percentuali) La situazione dell’Italia Obiettivi 1) Spesa in R&S in % sul PIL 2) Capitale umano • Quota % di popolazione 30-34 anni con istruzione universitaria o equivalente • Early school leavers – Quota % di giovani che abbandonano gli studi prematuramente • Tasso di occupazione 20-64 anni 3) Povertà o esclusione sociale: popolazione a rischio povertà o esclusione (milioni di persone) 4) Ambiente: emissioni gas serra (Indice 1990=100) 5) Energia • Quota % energie rinnovabili sul consumo finale interno lordo • Intensità energetica dell’economia (kg di petrolio equivalente per 1.000 euro) Target UE 2020 2009 Situazione Italia 2010 2011 Target Italia 2020 PNR 2012 3,0 1,26 1,26 …… 1,53 40,0 19,0 19,8 20,3 26,0-27,0 10,0 19,2 18,8 18,2 15,0-16,0 75,0 61,7 61,1 61,2 - 20,0 milioni 14,742 …... …… 80,0 94,7 96,5 …… 67,0-69,0 -2,2 milioni dei poveri materialmente deprivati o appartenenti alle famiglie a bassa intensità di lavoro -6,5% nel periodo 2008-2012 del rispetto al livello del 1990 (483,3 M.Tonn. C02/anno) 20,0 7,0 8,9 …… 17,0 + 20% efficienza energetica 141,0 143,7 …… 17,0 Il punto di vista di Confindustria È opportuno che l’Europa continui a disporre di una forte politica di coesione, che dia priorità alle regioni in ritardo di sviluppo, ma con un importante intervento di sostegno anche per le altre regioni europee finalizzato a sostenerne la competitività: tale politica ha concretamente dimostrato di essere in grado di contribuire alla crescita economica ed allo sviluppo delle regioni europee. 7 È nell’interesse dell’Italia salvaguardare una forte politica di coesione, tale da costituire la principale forma di sostegno degli investimenti nelle regioni italiane nei prossimi anni, caratterizzati da un forte contenimento della spesa in conto capitale. Affinché tale politica esprima appieno le sue potenzialità di sviluppo, particolare attenzione dovrà essere posta nel garantire l’effettiva addizionalità degli interventi, imponendo, anche nell’ambito delle attività del Semestre europeo, una verifica attenta della qualità della spesa pubblica ordinaria ed aggiuntiva. Per la governance multilivello che la caratterizza, una politica di coesione riformata è pienamente coerente con l’attuale assetto istituzionale e con gli obiettivi di riqualificazione della spesa pubblica ad esso connessi. Essa imporrà un forte recupero di efficienza alle amministrazioni regionali e locali coinvolte, al fine di evitare i ritardi e i malfunzionamenti del passato e del presente, soprattutto nel Mezzogiorno. L’idea di riformare la politica nelle sue modalità di funzionamento, per migliorarne l’efficacia, appare condivisibile: la concentrazione delle risorse sulle priorità di Europa 2020, l’introduzione di “condizioni” da soddisfare “ex ante” che garantiscano prestazioni e risultati, l’attivazione di forme di assistenza tecnica funzionali ad un deciso miglioramento della qualità degli interventi sono principi pienamente condivisibili, utili a riportare il nostro Paese su un sentiero di elevata crescita. Una politica di coesione migliorata, concentrata sulle priorità di Europa 2020 e mirata all’efficacia degli interventi potrà altresì giovarsi dello sforzo convergente di altri capitoli di bilancio. In particolare la strategia comune europea “Horizon 2020” in materia di ricerca e innovazione, fornendo uno strumento importante per calibrare gli interventi sulle grandi sfide che l’Europa deve affrontare. 3. Il dettaglio delle proposte Per quanto riguarda il dettaglio delle proposte dei nuovi regolamenti, due questioni assumono particolare importanza per il disegno dei nuovi programmi: la definizione del dettaglio degli indicatori che verranno applicati per la ripartizione delle risorse tra gli Stati membri ed all’interno dei vari obiettivi, e la modalità con cui le varie priorità di intervento vengono declinate all’interno dei singoli territori. Con riferimento alle singole priorità della Commissione si può osservare quanto segue. Regioni in ritardo di sviluppo Il perseguimento dei target della strategia di Europa 2020 costituirà il filo conduttore degli interventi nelle regioni in ritardo di sviluppo, quelle cioè che presentano un PIL pro capite inferiore al 75% della media comunitaria. I target potranno essere perseguiti articolando liberamente le priorità. A queste zone, in cui risiedono 119,2 milioni di cittadini europei, sono destinati 163,5 miliardi di euro, in calo rispetto ai 177 del periodo 2007-2013 (-8,3%). Nel ciclo 2014-2020, in quattro regioni del Mezzogiorno (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) risiederà il 50% (rispetto al 30% dell’attuale ciclo) della popolazione in Obiettivo Convergenza di tutta la vecchia Unione a 15. Rispetto alla proposta originaria della Commissione (riferita al triennio 2006-2008), la scelta di utilizzare i dati della media del PIL degli anni 2007-2009 porterebbe ad un incremento delle Regioni europee meno sviluppate (da 64 a 69) di cui beneficerebbe anche la Basilicata. 8 L’Italia ha dunque un forte interesse all’adozione di una politica di coesione che mantenga una chiara priorità per le regioni in ritardo, ed alla adozione di criteri di riparto dei fondi che ne tengano adeguatamente conto. I criteri proposti sono gli stessi dell’attuale ciclo di programmazione: ciò che viene modificato è il peso assegnato al criterio della cd. “prosperità nazionale”. Alle regioni in ritardo sono, infatti, assegnate risorse in funzione del ritardo di sviluppo di ciascuna regione moltiplicate per un valore legato al livello di prosperità del Paese. Il moltiplicatore della fascia di paesi in cui si troverebbe l’Italia (oltre il 99% della media comunitaria del PIL, assieme al solo Portogallo) sarebbe sensibilmente più basso rispetto all’attuale ciclo, generando una sensibile riduzione delle risorse assegnate alle nostre regioni meridionali in ritardo di sviluppo. Uno dei correttivi proposti riguarda la possibilità di assegnare un premio pro capite per ogni persona disoccupata per ciascun anno. Il punto di vista di Confindustria Confindustria è fortemente contraria all’adozione di criteri e meccanismi arbitrari e non motivati di l’assegnazione delle risorse, particolarmente penalizzanti per le Regioni italiane in ritardo di sviluppo; è necessario, viceversa, che siano definiti criteri che riflettano gli oggettivi ritardi di sviluppo dei territori e che non penalizzino le regioni meno sviluppate dei paesi prosperi, anche prevedendo correttivi che tengano conto della situazione occupazionale (premio per la disoccupazione); già nelle proposte legislative e nei successivi indirizzi strategici dovrà essere favorita una effettiva concentrazione degli interventi, evitando la proliferazione dei settori e delle spese ammissibili che ha caratterizzato l’attuale ciclo di programmazione. Tale concentrazione dovrà essere non solo tematica, sulle priorità di Europa 2020, ma anche relativa alla dimensione progettuale. I nuovi programmi dovranno prevedere meccanismi che facilitino la selezione di progetti aventi dimensione finanziaria adeguata alla finalità che devono perseguire, in particolare con riferimento ai progetti infrastrutturali. Analogamente, dovrebbero essere ridotte le linee di intervento attivabili per ciascun Asse dei futuri Programmi Operativi; per favorire l’efficacia degli interventi e la loro concentrazione, la Commissione Europea dovrà focalizzare la sua azione meno su aspetti formali e più sugli aspetti sostanziali legati alla concreta attuazione della strategia delineata, secondo il metodo della cooperazione rafforzata sperimentato con il Piano d’Azione Coesione; fra di essi, dovrebbe avere un ruolo adeguato la sorveglianza, da parte del livello comunitario, delle politiche nazionali di investimento, al fine di verificare il loro apporto alla coesione. L’accompagnamento all’attuazione dei programmi operativi dei fondi strutturali dovrebbe essere efficacemente coordinato con la sorveglianza dei rispettivi Piani Nazionali di Riforma (PNR), nell’ambito del Semestre Europeo, al fine di rendere immediatamente operative le raccomandazioni della Commissione e di rafforzare l’addizionalità della politica di coesione; Confindustria condivide la proposta della Commissione di assegnare una quota predefinita delle risorse di ciascuna regione (almeno il 25%) agli interventi del FSE. 9 Regioni maggiormente sviluppate Si tratta delle Regioni con un PIL pro-capite superiore al 90% della media comunitaria, alle prese con le sfide che caratterizzano: la competizione globale nella società basata sulla conoscenza; il passaggio ad una economia a basse emissioni di carbonio; le criticità sociali aggravate dall’attuale fase di difficoltà economica. Ad esse sono destinati circa 55,4 miliardi di euro, in aumento rispetto ai circa 38,7 dell’attuale ciclo di programmazione (+27,1%). In queste zone, la Commissione propone che le regioni concentrino gli interventi solo su 2-3 priorità legate ad Europa 2020, al fine di non disperdere le risorse. Anche con riferimento a questo obiettivo, un giudizio più compiuto potrà essere formulato quando saranno definiti gli indicatori che verranno utilizzati per la ripartizione delle risorse tra gli Stati membri. Per quanto riguarda le Regioni più sviluppate, la maggior parte dei criteri sono nominalmente simili a quelli già utilizzati per il periodo 2007-2013, ma sono modificati sostanzialmente nella metodologia di calcolo, nei riferimenti e nei pesi percentuali. La chiave di riparto va comunque adeguata ad affrontare in maniera equilibrata le sfide poste a questa tipologia di Regioni (in particolare per i criteri relativi ai livelli di occupazione e all’istruzione terziaria). Anche l’ipotesi di prevedere maggiori risorse da destinare a questo gruppo di Regioni rispetto al passato, maggiore appare positiva. Il punto di vista di Confindustria È condivisibile l’idea della Commissione di concentrare le risorse di questo obiettivo su un massimo di 2-3 priorità legate ad Europa 2020: tuttavia, in considerazione della ampia varietà delle problematiche che possono essere oggetto di intervento nelle zone più sviluppate, deve essere garantita una adeguata autonomia programmatica alle singole Regioni destinatarie di risorse, ponendo particolare attenzione alle priorità aventi maggiori riflessi sulla competitività dei sistemi produttivi locali. la distribuzione delle risorse dovrà essere orientata non solo alla copertura di gap tra territori ma anche al rafforzamento della funzione di traino delle regioni più avanzate. in particolare per queste zone, dovrebbero essere garantite maggiori disponibilità finanziarie al Fondo Sociale Europeo, in considerazione del suo rilevante contributo potenziale ai target di Europa 2020. Non è tuttavia pienamente condivisibile la proposta della Commissione finalizzata a garantire che almeno il 52% delle risorse da destinare a questo obiettivo appartenga al FSE: la definizione della ripartizione delle risorse tra i fondi dovrà, infatti, essere lasciata al livello regionale; a tale proposito, sarebbe opportuno prevedere che una quota percentuale delle azioni/misure perseguisse congiuntamente obiettivi del FESR e del FSE. Il principio della integrazione operativa e funzionale tra i diversi fondi va valorizzato in tutte le sue forme, lasciando alle Autorità di Gestione, prima di tutto regionali, la scelta di quelle da finanziare. Regioni in transizione La Commissione europea propone un sostegno specifico per le regioni che non hanno completato l’uscita dalle aree in ritardo, quelle cioè che hanno un PIL pro-capite compreso tra il 75% e il 90% della media comunitaria. Ad esse sono destinati 38,9 miliardi di euro, in aumento (+41,2%) rispetto ai 22,9 miliardi delle regioni in phasing in e phasing out nel periodo 2007-2013. Secondo la proposta della Commissione, il livello dell’aiuto potrà variare in funzione del livello del PIL secondo due modalità: 10 alle regioni che fanno parte dell’Obiettivo Convergenza nel periodo 2007-2013, e che ne usciranno per effetto della crescita del PIL, verrebbero assicurati i 2/3 delle risorse a disposizione nell’attuale ciclo di programmazione, indipendentemente dal grado di ricchezza posseduto; alle Regioni che già oggi hanno un PIL procapite compreso tra il 75% ed il 90% della media comunitaria le risorse verrebbero assicurate in funzione della minore distanza dalla soglia del 90%. In altri termini, più una regione è ricca, minori risorse le verrebbero assegnate. Nel caso dell’Italia, questo obiettivo interesserebbe le regioni Abruzzo, Molise e Sardegna, per un totale di meno di 4 milioni di abitanti. Il punto di vista di Confindustria Confindustria sostiene l’opportunità della individuazione di uno specifico sostegno per le regioni cosiddette “in transizione”, che non possono essere private di strumenti ed opportunità che permettano loro di completare il percorso di sviluppo intrapreso. non è condivisibile che si creino due tipi di regioni in transizione (quelle che escono dall’Obiettivo Convergenza e quelle che già facevano parte di questo gruppo intermedio) con livelli diversificati di sostegno finanziario; in ogni caso, andranno verificati e quantificati gli effetti finanziari di tale disposizione, per evitare penalizzazioni per le regioni italiane, sia rispetto alle altre categorie di regioni sia rispetto ad analoghe regioni di altri Paesi; alla luce del nuovo Trattato12, un’attenzione particolare andrebbe riservata alle regioni in transizione interessate da handicap naturali e geografici (insularità, montuosità, isolamento, dispersione della popolazione su territori interni) per contrastare gli effetti di declino derivanti da una insufficiente dotazione di risorse finanziarie per gli investimenti. Analoga, attenzione dovrà essere riservata alle Regioni colpite da calamità naturali particolarmente gravi. Obiettivo Cooperazione territoriale All’obiettivo di promuovere la cooperazione all’interno degli Stati membri, fra gli Stati membri e con gli Stati confinanti con l’UE sono destinati 11,7 miliardi di euro, quasi 4 miliardi in più rispetto ai 7,7 miliardi dell’attuale ciclo di programmazione (+33,7%). I relativi programmi sono tra quelli che hanno conosciuto una maggiore lentezza nella fase di avvio nell’attuale programmazione e, di conseguenza, sono fra quelli caratterizzati dalle performance più basse in termini di pagamenti effettuati: in particolare, sono in ritardo i programmi di cooperazione alle frontiere esterne, che ancora non fanno registrare pagamenti. Si tratta di una sperimentazione caratterizzata da varie criticità: nella selezione degli interventi, nell’individuazione dei temi (ancora troppo ampi e generici), nella debole integrazione con la programmazione nazionale e regionale, nella difficoltosa selezione dei partner. 12 Con il nuovo Trattato di Lisbona la politica di coesione viene rivolta non solo agli obiettivi di riduzione dei divari economici e sociali, ma anche di quelli territoriali. 11 Il punto di vista di Confindustria L’aumento delle risorse per tale obiettivo è condivisibile, in quanto coerente con il consolidamento di un effettivo spazio economico europeo, ma dovrebbe essere accompagnato da una decisa semplificazione dei programmi e delle procedure di approvazione ed attuazione. Le lentezze realizzative dei programmi dell’Obiettivo Cooperazione dovranno essere attentamente valutate nella riproposizione della esperienza nel prossimo periodo di programmazione. Dovranno in ogni caso essere assicurati uno spazio minore per i partenariati esclusivamente istituzionali ed un ruolo più forte degli attori privati, anche mediante la definizione di regole semplificate nella gestione dei programmi, finalizzate a favorirne la partecipazione. Obiettivi tematici della politica di coesione Secondo il Quadro Strategico Comune, presentato nei mesi scorsi, ciascun Fondo strutturale deve sostenere i seguenti obiettivi tematici coerentemente con il suo scopo, al fine di contribuire alla strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva dell’Unione: 1) rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione; 2) migliorare l’accesso alle, e l’uso e la qualità delle, tecnologie dell’informazione e della comunicazione; 3) migliorare la competitività delle piccole e medie imprese, il settore dell’agricoltura (per il FEARS) e i settori della pesca e dell’acquacoltura (per il FEP); 4) incentivare il passaggio ad un’economia meno dipendente dal carbone in tutti i settori; 5) promuovere l’adattamento ai cambiamenti climatici, la prevenzione e la gestione del rischio; 6) proteggere l’ambiente e promuovere l’efficienza nell’utilizzo delle risorse; 7) promuovere una mobilità sostenibile e rimuovere i colli di bottiglia nelle principali infrastrutture di rete; 8) promuovere l’occupazione e incentivare la mobilità dei lavoratori; 9) promuovere l’inclusione sociale e combattere la povertà; 10) investire nell’istruzione, nelle abilità e nell’apprendimento continuo; 11) aumentare la capacità istituzionale e l’efficienza della pubblica amministrazione. Gli obiettivi tematici devono essere tradotti in priorità specifiche per ogni Fondo strutturale e organizzati sulla base delle regole specifiche del Fondo. Divengono quindi fondamentali il modo con cui ciascun obiettivo tematico viene tradotto in priorità di intervento nelle singole categorie di regioni e quello con cui i diversi strumenti finanziari a disposizione riescono a realizzare una effettiva integrazione degli interventi. Di particolare importanza sarà poi l’adozione di criteri di selezione dei progetti che premino la capacità di generare impatti più significativi nel perseguimento di tali obiettivi. 12 Il punto di vista di Confindustria Il menu proposto è condivisibile, tenendo conto dei principali fattori di competitività economica, a livello europeo e nazionale. Anche la priorità assegnata all’innovazione, alla ricerca ed alla competitività delle imprese appare condivisibile, sebbene traspaia una ingiustificata limitazione al sostegno alle grandi imprese (v. oltre). Nell’ambito del menu tematico, maggiore spazio dovrebbe essere garantito alla valorizzazione dei beni culturali e del turismo come fattore primario di sviluppo, e al tema del contrasto alla illegalità. Per quanto riguarda le infrastrutture, gli interventi dovranno caratterizzarsi per la capacità di favorire il miglioramento dei servizi resi dalle reti, indipendentemente dalla dimensione progettuale. Fondo per la connettività Il Fondo CEF (Connecting Europe Facility), rivolto allo sviluppo delle infrastrutture paneuropee (trasporti, energia e ICT) sarà gestito dalla Commissione, che vi destinerà 40 miliardi (rispetto ai 13 previsti per i progetti TEN nell’attuale programmazione), così suddivisi: 9,1 miliardi per il settore energetico, 31,6 miliardi per il trasporto (compresi 10 miliardi del Fondo di coesione dedicati) e 9,1 miliardi per l'ICT. Il nuovo fondo punta anche a facilitare maggiori investimenti privati nei progetti infrastrutturali: a tale scopo, saranno lanciati i project bond, già avviati in via sperimentale dal Consiglio Europeo del 28-29 giugno 2012. Si resta in attesa dei criteri sulla base dei quali la Commissione assegnerà le risorse, anche al fine integrare non solo le fonti finanziarie sulle TEN, ma anche tra questa programmazione e quella relativa alla Coesione. Allo stato attuale, tuttavia, si segnala che tra le possibili ipotesi di ridimensionamento delle Prospettive finanziarie 2014-2020 la più ricorrente è quella relativa proprio al CEF. L’ultima versione del negotiating box prevede una riduzione di circa 14 miliardi di euro, pari al 27,68%. Una simile ipotesi sarebbe inaccettabile, poiché potrebbe creare serie criticità ai progetti TEN che interessano il nostro Paese, che è attraversato da ben 4 Corridoi prioritari su 10 della Core Network13. Il punto di vista di Confindustria L’incremento delle risorse per le grandi infrastrutture europee, e il suo collegamento diretto con la politica di coesione vanno valutati positivamente. L’allocazione riservata (earmarking) di fondi strutturali per i grandi progetti infrastrutturali proposta dalla Commissione è interessante: occorrerà verificarne in dettaglio le disposizioni attuative. Non sono accettabili ipotesi di ridimensionamento dei finanziamenti dedicati al Connecting Europe Facility nelle fasi finali del negoziato. 13 Le nuove TEN-T sono articolate in una rete globale (comprehensive network) e in una rete centrale (core network). I Corridoi di interesse italiano nella lista dei progetti pre-identificati della core network sono: 1. Baltic - Adriatic Corridor (Helsinki - Ravenna); 3. Mediterranean Corridor (Algeciras - Lyon - Torino - Milano - Venezia - Ljubljana - Budapest); 5. Helsinki - Valletta (Helsinki - Brenner - Verona - Bologna - Roma - Napoli - Bari / Napoli - Palermo - Valletta); 6. Genova Rotterdam (Genova - Milano/Novara - Zeebrugge). 13 4. Regole di programmazione e governance La Commissione Europea propone di apportare alla politica di coesione ampie modifiche anche nelle modalità di funzionamento e nelle regole di governance, con l’obiettivo di rendere più convergenti gli sforzi di tutti i soggetti interessati. • In primo luogo, si punta ad una ulteriore riduzione del carico amministrativo, semplificando gli adempimenti in capo alle amministrazioni nazionali e alle imprese, ad un rafforzamento del ruolo della valutazione in itinere, per analizzare la capacità dei programmi di perseguire gli obiettivi assegnati e adottare gli opportuni correttivi. • Dal punto di vista gestionale, la Commissione propone di sottoscrivere un “Contratto di partenariato per lo sviluppo e gli investimenti” con ciascun Stato membro, in cui declinare operativamente la strategia di sviluppo. In particolare, il Contratto dovrebbe esplicitare gli obiettivi da raggiungere (coerenti con Europa 2020), il metodo con il quale quantificare i progressi verso questi obiettivi e l’allocazione delle risorse nazionali ed europee relative alle aree ed ai programmi prioritari. Il Contratto dovrebbe inoltre stabilire un numero limitato di “condizionalità”, legate alla adozione dei provvedimenti necessari per assicurare l’effettiva attuazione (adozione direttive, predisposizione di piani di settore, provvedimenti per il rafforzamento della capacità amministrativa ecc.): in pratica, una parte delle risorse verrebbe attivata solo al soddisfacimento di tali condizioni, costituendo uno stimolo all’attuazione rapida ed efficace degli interventi. • La Commissione propone inoltre di condizionare l’erogazione di risorse anche al rispetto di vincoli di natura macroeconomica, a cominciare dal risanamento dei conti pubblici di ciascuno Stato. In pratica, potrebbero essere sospesi i pagamenti dei fondi strutturali ai Paesi che non rispettano gli impegni presi con Bruxelles per la stabilizzazione dei conti pubblici. Eventualmente, in caso di difficoltà finanziarie dello Stato membro, la Commissione potrebbe variare la quota di cofinanziamento. Nell’ambito del negoziato, si è tuttavia registrata convergenza sull’opportunità di sottolineare che le decisioni in tal senso dovranno essere proporzionate ed efficaci, e tenere conto della situazione macroeconomica dello Stato membro interessato. • Per migliorare la qualità della spesa e la capacità delle pubbliche amministrazioni interessate, viene prevista una assistenza tecnica mirata, assieme ad una “riserva di risultato” del 5% che mette in palio risorse tra tutti gli Stati e le Regioni in funzione del raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020. Le modifiche proposte nell’ambito del negoziato tendono a lasciare ai singoli Stati membri le modalità attuative della riserva, ripartendola fra le varie Autorità di Gestione in base a regole da condividere fra le varie articolazioni istituzionali. • Facendo tesoro dell’esperienza dell’attuale periodo di programmazione, la Commissione propone di superare l’attuale divisione delle programmazioni FESR e FSE, tornando a favorirne l’integrazione, attraverso l’adozione di programmi operativi plurifondo, anche al fine di semplificare numero e gestione dei programmi. • La Commissione ha infine attirato l'attenzione sulla necessità di proseguire sulla strada della semplificazione delle modalità di spesa dell'UE. In questo senso va segnalata la recente adozione del primo quadro di valutazione (Scoreboard) sulla semplificazione del QFP 2014-20 [COM(2012) 531 final], che monitora i progressi in termini di semplificazione realizzati nell'ambito dei negoziati sulle proposte legislative settoriali legate al QFP 2014-20. Lo Scoreboard rientra nell'esercizio di semplificazione avviato dalla Commissione con la Comunicazione (A simplification 14 Agenda for the MFF 2014-20) sulla semplificazione del QFP 2014-20 dell'8 febbraio scorso [COM(2012) 42 final], che mira a perseguire l'obiettivo della semplificazione nell'ambito della revisione del Regolamento finanziario e delle proposte legislative settoriali legate al futuro QFP. Il punto di vista di Confindustria È da condividere la proposta di una definizione più puntuale degli impegni delle amministrazioni, da realizzarsi attraverso il “Contratto di partnership per lo sviluppo e gli investimenti”, che consente di declinare operativamente la strategia di sviluppo rendendo più vincolanti gli impegni reciproci. Il Governo italiano ha già adottato, sul piano interno, tale modalità di regolazione dei rapporti tra Amministrazioni con lo strumento dei “Contratti istituzionali di Sviluppo”, avente caratteristiche simili. Secondo Confindustriia, è necessario che il Contratto sia il frutto della discussione non solo tra Stati membri e Commissione ma anche con le Amministrazioni regionali, principali soggetti attuatori della politica di coesione, il cui coinvolgimento, al pari di quello delle rappresentanze socio economiche e di quelle territoriali, andrà garantito in tutte le sedi di confronto e nel corso dell’intero processo. Rispetto alle ipotesi di condizionalità macroeconomica che subordinano l’erogazione dei fondi al pieno rispetto dei vincoli del Patto di stabilita, Confindustria sostiene la posizione del Governo italiano favorevole ad una attuazione della norma in senso più equo e sostenibile. In particolare, dovranno essere adottate modalità attuative tali da non penalizzare i beneficiari finali dei Paesi interessati ed in particolare le imprese. Anche la possibilità di un intervento temporaneo sulla quota di cofinanziamento, teso a venire incontro a momentanee difficoltà finanziarie dei Paesi aumentando la partecipazione comunitaria, appare condivisibile. Qualche perplessità va invece espressa sulla ipotesi di una riserva di premialità (pari al 5% delle risorse) assegnata a livello comunitario e legata prevalentemente al raggiungimento dell’efficienza finanziaria, in quanto non funzionale al miglioramento dell’efficacia e della qualità dei programmi. Le risorse premiali dovrebbero infatti essere assegnate non solo a chi spende prima, ma anche per favorire il raggiungimento degli obiettivi gestionali e strategici dei singoli programmi. In questo senso, Confindustria supporta le modifiche emerse nel corso del negoziato. Condivisibile è anche la proposta di ridurre il numero di programmi mediante il ritorno ad una programmazione plurifondo. A tale proposito si sottolinea tuttavia l’opportunità di una tendenziale omogeneizzazione della rispettiva normativa di riferimento. L’integrazione dei fondi che ne può derivare potrà essere ulteriormente sviluppata, anche ricercando le opportune sinergie con altri fondi aventi rilevante impatto sulle imprese (es. FEASR). È apprezzabile il proposto rafforzamento della valutazione in itinere: è altresì importante che essa divenga “pratica ordinaria ed obbligatoria” dell’azione amministrativa, favorendo l’acquisizione degli elementi necessari a qualunque azione di manutenzione delle scelte di programmazione. In tal modo, la valutazione non corre il rischio di ridursi alla sola introduzione di ulteriori oneri a carico degli amministratori, con conseguente rallentamento delle procedure. Qualche perplessità suscita l’ipotesi di introdurre una liquidazione annuale dei conti ed una chiusura annuale delle spese (FSE) o degli interventi (FESR), procedure poco adeguate a rendicontare progetti complessi come quelli dei fondi strutturali. 15 Dovranno viceversa essere garantiti adeguati flussi finanziari, per evitare disallineamenti tra il momento in cui si determinano certificazioni di spesa e quello di pagamento al beneficiario finale. E’, infine, necessario introdurre un reale criterio di proporzionalità nei controlli, innalzando la qualità delle attività relative e distinguendole nettamente da quelle di gestione. Sarà inoltre utile, a tal fine, completare l’informatizzazione della gestione dati delle politiche, eventualmente anche inserendo questo aspetto tra quelli considerati dalle condizionalità “ex ante”.. 5. Il sostegno alle imprese 5.1. Impiego dei Fondi strutturali Con riferimento alla revisione della Politica di Coesione e all’orientamento dei Fondi strutturali, la Commissione europea ritiene che si debba incrementare in prospettiva l’utilizzo di strumenti di ingegneria finanziaria a sostegno degli investimenti delle imprese, perché capaci, per le loro caratteristiche, di aumentare considerevolmente le risorse per gli investimenti rispetto ai tradizionali aiuti in conto capitale. Sostiene inoltre che il sostegno dei fondi strutturali agli investimenti dovrebbe essere concentrato esclusivamente sulle piccole e medie imprese, non solo nelle aree più sviluppate (in cui già oggi è fortemente limitato14), ma anche nelle regioni in ritardo. Il punto di vista di Confindustria In considerazione della riduzione sempre più ampia delle risorse che i bilanci pubblici possono e potranno destinare agli investimenti, i fondi strutturali costituiranno sempre più la principale risorsa capace di orientare una politica industriale a livello europeo. È necessario quindi che la Flag Iniziative dedicata all’industria all’interno della Strategia “Europa 2020” e gli indirizzi relativi alla programmazione dei fondi strutturali siano strettamente correlati. È auspicabile una diffusa semplificazione dei regimi di aiuto cofinanziati, mediante un più ampio ricorso a strumenti di natura semplificata e automatica, resi coerenti con gli obiettivi ed i target della nuova programmazione. Tale modalità di intervento, opportunamente mirata verso selezionate finalità di politica industriale, potrebbe rivelarsi particolarmente utile per gli interventi di limitate dimensioni e per gli investimenti nelle regioni maggiormente in ritardo, a patto che vengano definite ex ante con la Commissione europea modalità chiare di utilizzo e rendicontazione. Particolare attenzione potrà essere posta sulla sperimentazione di cooperazioni di filiera tra il sistema manifatturiero, le istituzioni di ricerca e quelle scolastiche. Il ricorso via via crescente a strumenti finanziari di sostegno agli investimenti, pur condivisibile, dovrà avvenire con la necessaria gradualità, per evitare ripercussioni negative sulle decisioni di investimento, soprattutto nelle regioni in ritardo di sviluppo. Pur condividendo l’obiettivo di sviluppare strumenti di ingegneria finanziaria, va infatti tenuto conto che essi trovano una difficile applicazione in quegli Stati Membri in cui il sistema del credito ed il mercato dei capitali presentano esperienze diverse da quelle 14 Si veda a tale proposito l’art. 5 del Reg. CE 1080/2006, relativo al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, in particolare sulle priorità di intervento nell’ambito dell’Obiettivo “Competitività regionale e occupazione”. 16 normalmente prese a riferimento dalle Istituzioni comunitarie, ovvero non hanno una consolidata esperienza in materia. Sotto quest’ultimo aspetto, è determinante anche rendere coerente la disciplina comunitaria in materia (v. aiuti al capitale di rischio), che risente eccessivamente di modelli largamente diffusi in alcuni Stati membri diversi dal nostro. Per questi motivi, si ritiene preferibile un orientamento progressivo verso tale opzione, strettamente collegato ad una definizione della disciplina comunitaria adeguata alla diffusione “in tutti” gli Stati Membri. In linea con il punto di vista espresso dalla organizzazione europea di rappresentanza delle imprese Business Europe, Confindustria è fortemente contraria ad ipotesi di esclusione delle grandi imprese dal sostegno degli investimenti mediante fondi strutturali anche nelle zone dell’Obiettivo Competitività regionale e occupazione: se confermata, tale esclusione potrebbe causare pesanti ripercussioni nelle zone che beneficeranno di deroghe al divieto sugli aiuti di Stato penalizzandone la competitività e la capacità di attrazione degli investimenti. Si ritiene quindi necessario ripristinare un livello di aiuto a finalità regionale differenziato tra tutte le fasce dimensionali d’impresa sulla base degli Orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale di revisione (v.oltre). 5.2. Aiuti di Stato a finalità regionale Gli Uffici competenti della Commissione Europea (DG Competition) hanno da tempo avviato un confronto sulla revisione degli aiuti di Stato a finalità regionale, che si è concentrato sull’elaborazione di un primo documento informale (non-paper) già vagliato e discusso e oggetto di osservazioni degli Stati Membri. Anche il Governo italiano ha presentato proprie osservazioni, sulla base dei contributi delle Regioni, fortemente critico, di cui si condividono i contenuti, pur con alcune diverse specificazioni in merito ad alcuni profili. Il non-paper della Commissione, anche se molto puntuale e articolato, sembra troppo anticipatamente fondato su un’ipotesi di “compromesso politico”, senza svolgere un necessario approfondimento critico sul periodo di programmazione in essere, da cui partire per la formulazione delle proposte di revisione. Si sottovaluta innanzitutto il contesto “difficile” della crisi economica in atto da alcuni anni e se ne traggono elementi limitati e incoerenti di revisione della disciplina. Innanzitutto, il data-base per l’individuazione della popolazione beneficiaria deve essere il più aggiornato possibile, comprensivo degli impatti causati dalla crisi. Non viene dovutamente considerato l’impatto della crisi sulle finanze pubbliche, per cui le deroghe a finalità regionale, se associate anche ad una labile applicazione del principio di concentrazione, rischiano di essere più ampiamente sfruttate negli SM meno segnati dalla crisi e/o con finanze pubbliche meno vincolate. Sotto questo aspetto, anche l’orientamento di ridurre le intensità di aiuto appare debolmente motivato, anche perché non accompagnato da misure di plafond finanziario nazionale a sostegno delle deroghe in grado di “regolare” gli squilibri derivanti dalla diversa capacità finanziaria. Quasi inesistenti sono poi i riferimenti alla complessiva riforma della politica degli aiuti di Stato, pur essendo tuttora in corso. Pur condividendo l’orientamento della Commissione a confermare i regimi a finalità regionale nell’ambito dell’esenzione dalla notifica, non viene indicato alcun riferimento agli effetti che tale scelta ha comportato nelle politiche nazionali di incentivazione e soprattutto all’effettivo impiego degli aiuti a finalità regionale, 17 quantomeno per valutarne la reale efficacia e, quindi, orientamenti più stringenti di concentrazione. Proprio il principio-guida della concentrazione viene ambiguamente declinato con quello di “equilibrio”, allo scopo di mantenere la possibilità di includere nelle deroghe regionali praticamente tutti gli Stati Membri, anche quelli che hanno concretamente manifestato un interesse scarso o nullo al loro impiego15. Tale rilievo dovrebbe far riflettere maggiormente sia sulla concentrazione sia sulla negoziazione spesso (strumentalmente) conflittuale sulle deroghe da parte di alcuni Stati Membri. Sulle imprese beneficiarie il non-paper si concentra esclusivamente sull’esclusione dalle deroghe regionali delle Grandi Imprese nelle regioni 107.3.c (mentre sono ammesse nelle regioni 107.3.a, ma escluse dai Fondi strutturali). Le considerazioni sulla crisi e gli effetti di de-localizzazione dovrebbero invece far riflettere di più sulla possibilità di prevedere la loro inclusione, anche col sostegno dei Fondi strutturali e oltre le regioni dell’Obiettivo Convergenza, ipotizzando, ad esempio, massimali minimi di aiuto (5-10% ESL), un tetto alla spesa ammissibile e una finalizzazione su obiettivi particolarmente rilevanti per la competitività. Per gli aiuti settoriali andrebbero meglio definiti i profili di verifica delle attuali esclusioni dalle deroghe regionali, in particolare per agricoltura, pesca e acquacoltura, trasporti e siderurgia e fibre sintetiche. Soprattutto nel manifatturiero, simili vincoli (basati quasi esclusivamente sulla sovraccapacità produttiva) dovrebbero ormai ritenersi superati. Sulle carte degli aiuti (le cd. “zonizzazioni”), le principali criticità si rilevano sulla deroga 107.3.c, in particolare riguardo la determinazione delle quote nazionali di popolazione beneficiaria. Ma nel complesso emerge una certa “strumentalità” dell’approccio seguito, che porta a risultati almeno in parte contraddittori16. Sui metodi si rilevano, pertanto, criticità piuttosto evidenti in ordine ai rischi di ulteriore frammentazione delle aree beneficiarie e di evidente difficoltà nell’integrare le deroghe nelle politiche di sviluppo regionale. Per la selezione interna agli SM delle regioni “c” viene sostanzialmente confermata la struttura dei criteri attuali, con alcune parziali modifiche, che portano ad eccessi di frammentazione e ad evidenti difficoltà di impiego della deroga nella programmazione di sviluppo regionale17. In sostanza, tali criteri partono da un presupposto “quasi risarcitorio” di coincidenza “obbligata” tra criticità industriale e socioeconomica e impiego della deroga 15 Alcuni dati sulla correlazione tra quota di popolazione beneficiaria e quota degli aiuti regionali sul totale degli aiuti, per nulla considerati dalla Commissione, portano, infatti, a evidenziare un prevalente sottoutilizzo tendenziale delle deroghe regionali nell’ambito degli aiuti di Stato e alcuni casi di sovra-impiego (come in Francia). 16 Le proposte di modifica della metodologia di base appaiono eccessivamente orientate a garantire “trattamenti favorevoli” per alcuni Stati Membri (Francia e Spagna). La revisione della safety net premia soprattutto alcuni Stati come Cipro e Lussemburgo che dovrebbero avere alcun bisogno delle deroghe regionali e tutela gli Stati in difficoltà finanziaria come Grecia, Irlanda, Portogallo e (ancora) Spagna. Il risultato finale penalizza la Danimarca (del tutto esclusa, ma immotivatamente rispetto al trattamento favorevole per Cipro e Lussemburgo), Austria, Slovenia e in misura più contenuta Romania, Finlandia e Regno Unito; sugli altri Stati le variazioni rispetto alla metodologia attuale risultano marginali, in positivo o in negativo. 17 Normalmente, l’individuazione di aree così piccole viene operata con riferimento a localizzazioni produttive in crisi, in funzione delle possibilità di intervento offerte dagli aiuti per eventuali ristrutturazioni e riconversioni. Già tale situazione può creare problemi di selezione, in quanto le criticità socioeconomiche determinate da una localizzazione produttiva non è detto che siano rilevabili completamente in essa o nelle zone immediatamente limitrofe. Inoltre, la criticità socioeconomica rilevabile in particolari concentrazioni territoriali non necessariamente può essere affrontata selezionando come beneficiaria la stessa area di riferimento, in quanto gli insediamenti produttivi o le politiche territoriali ad essi dedicati potrebbero benissimo determinare scelte di delocalizzazione da un’area, potenzialmente beneficiaria di aiuti per la propria criticità, ad una completamente diversa e alternativa, magari non ammissibile, in base ai criteri di selezione. 18 regionale; sul piano della programmazione regionale, non tengono, ad esempio, conto della possibile “non sovrapposizione” tra politica industriale e politica urbanistica, cioè tra aree critiche (e per questo beneficiarie di aiuti), ma urbanisticamente da riconvertire ad altri usi, e aree di destinazione di interventi di sviluppo produttivo “compensativi” delle criticità rilevate in altre aree. E tutto questo potrebbe verificarsi in unico contesto più ampio di riferimento territoriale. Una simile impostazione rischia di essere eccessivamente vincolante per gli indirizzi di politica industriale e di sviluppo socioeconomico delle amministrazioni territoriali, con implicazioni non irrilevanti anche di carattere ambientale (recupero e ri-destinazione di siti produttivi da dismettere) e di assetto logistico-urbanistico (nuovi insediamenti alternativi in zone più appropriate e meglio integrabili sul piano territoriale e ambientale). Nei criteri di zonizzazione interna agli Stati membri, anche riguardo a quelli fondati sull’isolamento geografico (insularità, zone marginali e montane) o cross-border extra UE/SEE/EFTA, sarebbe più opportuno, oltre che per un più efficiente impiego degli aiuti a finalità regionale, fare riferimento ad un’unità statistico-amministrativa per l’impiego della deroga più utile alla politica industriale, preferibilmente il livello NUTS 3 o, nel caso di isole maggiori, NUTS 2, all’interno della quale individuare anche puntualmente le criticità socioeconomiche rilevanti, per poi concedere all’interno dell’unità statistica di riferimento più ampia la possibilità di localizzare anche diversamente l’attuazione della deroga 107.3.c, sia pure entro tetti predeterminati di popolazione/territorio coerenti con l’intensità della criticità socioeconomica rilevata. Un approccio simile risulterebbe molto più facilmente integrabile con la Politica di Coesione comunitaria e nazionale/regionale e, potenzialmente, più efficiente. Le attuali proposte di modifica – sovrapposte ad un’impostazione già poco efficiente e fortemente frammentata, che presenta anche forti rischi distorsivi della politica degli aiuti a finalità regionale – sembrano invece accentuare tali criticità di impostazione. Infine, sulle intensità di aiuto si rileva l’esigenza di una più attenta riarticolazione, basata su una maggiore differenziazione tra regioni “a” e “c”, su una diversa intensità all’interno delle regioni “a” e di una differenziazione delle intensità anche per le regioni “c” basata sull’inclusione anche delle Grandi Imprese nei termini precedentemente indicati. Il punto di vista di Confindustria La revisione degli Orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale deve essere sviluppata tenendo coerentemente conto di: • Impatti regionali della crisi economica in atto, considerando non solo un data-base il più aggiornato possibile e inclusivo della rilevazione dei suoi effetti, ma anche con orientamenti che tengano conto degli effetti diretti sulle scelte localizzative e industriali delle imprese (delocalizzazioni, ristrutturazioni, …) e delle capacità di finanza pubblica degli Stati membri; • Risultati degli Orientamenti del periodo 2007-2013, soprattutto riguardo all’effettivo utilizzo delle deroghe da parte degli Stati; • Principi della riforma della politica comunitaria sugli aiuti di Stato, ossia dell’impiego dei principali strumenti che l’UE intende introdurre e rafforzare, come la valutazione, l’esenzione da notifica, … ; Data la loro “costituzionale” caratterizzazione territoriale dettata dal Trattato, le deroghe a finalità regionale debbono trovare nella Politica comunitaria di Coesione e sviluppo regionale una adeguata opportunità di utilizzo e di integrazione con l’impiego 19 di Fondi strutturali. Sotto questo aspetto, le nuove regole dovrebbero garantire: • applicazione più rigorosa dei principi di concentrazione e di equilibrio nella determinazione delle quote nazionali di popolazione beneficiaria; • selezione interna agli Stati membri delle zone beneficiarie (zonizzazioni) basate su criteri di identificazione legati non solo agli andamenti socioeconomici, ma anche agli svantaggi geografici (insularità, isolamento, frontiere); • utilizzo delle deroghe non necessariamente coincidente con le situazioni di crisi, ma possibilmente anche con riferimento alle politiche di sviluppo regionale, industriale, urbanistico e ambientale, con possibilità di revisioni “a medio termine”, motivate dai cambiamenti maturati durante la programmazione; • articolazione delle intensità di aiuto maggiormente differenziata tra regioni ex art. 107.3.a e zone ex art. 107.3.c, in funzione di un adeguato “differenziale di attrattività”; • inclusione anche delle Grandi Imprese tra quelle beneficiarie delle deroghe e del finanziamento dei Fondi strutturali, sia pure con intensità e dimensione finanziaria dell’investimento ammissibile limitate e finalizzate su particolari obiettivi di competitività, come ad esempio l’aggregazione in filiere produttive; • eliminazione dell’esclusione ancora imposta ad alcuni settori manifatturieri, come siderurgia e cantieristica, e ai trasporti. 6. Il Fondo Sociale Europeo Secondo le proposte della Commissione, l’Europa ha bisogno di maggiore investimento sociale per sviluppare una economia competitiva ed inclusiva nel periodo post-crisi: per questo il Fondo Sociale Europeo sarà concentrato su tre priorità convergenti: la creazione di nuova occupazione; il miglioramento della qualità dell’istruzione; l’inclusione sociale delle persone svantaggiate. È previsto uno stanziamento minimo per il FSE, pari a 84 miliardi di €, circa il 25% della politica di coesione. Tetti minimi di stanziamenti in favore del FSE, opportunamente diversificati, devono essere previsti in tutte le tipologie di regione (in ritardo, più sviluppate, in transizione). Il 20% delle allocazioni del FSE dovrà riguardare le azioni di inclusione sociale: inoltre, la Commissione si attende che gli Stati membri pongano maggiore enfasi sulla lotta alla disoccupazione giovanile. Dal punto di vista attuativo, è auspicato un migliore coinvolgimento dei partner sociali nell’attuazione della strategia: l’accessibilità dei fondi verrà migliorata, in particolare per i piccoli beneficiari, mediante una più diffusa semplificazione. Nell’ultima versione del negotiating box relativo al bilancio va, tuttavia, evidenziata l’assenza di riferimenti a quote minime di allocazione per il FSE nell’ambito delle politiche di coesione, assenza che potrebbe rendere più difficoltosa la successiva assegnazione del Fondo tra le diverse tipologie di regione. 20 Il punto di vista di Confindustria Anche in considerazione del ruolo svolto nel contrastare gli effetti della crisi, è auspicabile un ruolo centrale del FSE nei futuri fondi strutturali: tale ruolo dovrà tenere conto del protrarsi degli effetti della crisi stessa. Particolare cura dovrà essere posta nell’incontro tra domanda dell’impresa ed offerta del sistema dell’istruzione e della formazione, anche incoraggiando i sistemi di formazione in alternanza e rafforzando il ruolo degli istituti tecnici e professionali in relazione con le filiere produttive di riferimento. Da questo punto di vista, è apprezzabile la proposta di un migliore coinvolgimento delle rappresentanze degli interessi delle imprese nell’attuazione della strategia. Fra i campi di intervento del Fondo, è opportuno ricomprendere più chiaramente anche la “sicurezza nei luoghi di lavoro”, nonché la possibilità di realizzare interventi di assistenza tecnica anche a beneficio del partenariato socio economico, in tutte le categorie di regioni. Per quanto riguarda le risorse, dovrà essere chiarito se i tetti minimi dovranno essere rispettati a livello di Stato membro (opzione preferibile, per tenere conto delle differenze regionali) o di singola programmazione regionale. 7. Partenariato socio economico Nell’attuale ciclo di programmazione si è assistito in Italia ad un sensibile indebolimento del coinvolgimento dei partner socioeconomici, parallelo alle difficoltà della programmazione. In particolare, è rimasto inattuato il previsto rafforzamento del coinvolgimento nella fase attuativa. Queste difficoltà sono abbastanza diffuse a livello europeo, come ha mostrato il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE)18. Anche per ovviare a queste difficoltà e per rafforzare questo principio, è stato presentato nei mesi scorsi il Documento di lavoro dei servizi della Commissione Europea “Il principio di partenariato nell'attuazione dei Fondi del Quadro Strategico Comune - Elementi per un codice di condotta europeo sul partenariato19”. Secondo le proposte della Commissione, particolare rilievo deve essere assicurato alla partecipazione al Partenariato delle organizzazioni delle parti sociali più rappresentative riconosciute a livello nazionale, con particolare attenzione al forte coinvolgimento delle associazioni imprenditoriali, in quanto “rappresentative dell’interesse generale di interi settori di attività o industriali”. Da questo punto di vista è indispensabile che le Amministrazioni centrali e regionali indicate come Autorità di gestione dei programmi siano tenute ad organizzare il partenariato in maniera chiara e trasparente, coinvolgendo adeguatamente in maniera codificata il partenariato nell’attività di preparazione, attuazione, sorveglianza e valutazione dei programmi. Come indicato chiaramente nel Documento, è necessario definire “requisiti procedurali minimi” in grado di garantire: comunicazione tempestiva al partenariato di quanto indispensabile nella definizione dei documenti strategici; è altrettanto necessaria 18 “Come favorire partenariati efficaci nella gestione dei programmi della politica di coesione sulla base delle buone prassi del ciclo 2007-2013” (GU C 44 dell’11.2.2011), adottato dal Comitato il 14 luglio 2010. 19 SWD(2012) 106 final del 24 aprile 2012 21 un’adeguata consultazione delle parti e il loro contributo attraverso il rilascio di pareri, proposte ed osservazioni; sviluppando canali di comunicazione che, sfruttando anche le moderne tecnologie dell’informazione e comunicazione, ne favoriscano il contributo attivo. In particolare, deve essere definita una procedura per rendere trasparente il processo attraverso il quale le suddette proposte del partenariato vengono prese in considerazione, “impegnando le istituzioni coinvolte a entrare nel merito di quanto viene accolto e di quanto viene respinto”, e rendendo accessibili i risultati delle consultazioni. Da segnalare inoltre le proposte formulate dalla Commissione in merito al funzionamento dei Comitati di Sorveglianza e alla definizione più puntuale di alcuni aspetti regolamentari in relazione a termini di convocazione, diritti di voto, verbalizzazioni, gruppi di lavoro e pubblicità/accessibilità dei documenti preparatori. Infine, il documento della Commissione affronta il tema della partecipazione alla definizione degli inviti a presentare proposte e alla successiva valutazione e selezione dei progetti, nonché alla attività di valutazione dei progetti. La definizione di un forte coinvolgimento partenariale assume particolare importanza in vista delle proposte della Commissione sul rafforzamento del livello locale di programmazione e attuazione e dei relativi strumenti nel futuro periodo di programmazione (“Investimenti territoriali integrati”). Il punto di vista di Confindustria La proposta del regolamento, che conferisce alla Commissione il potere di adottare un codice europeo di condotta che definisca obiettivi e criteri per sostenere l’attuazione del partenariato e agevolare lo scambio di informazioni, esperienze, risultati e buone pratiche tra gli Stati membri è ampiamente condivisibile. Al fine di dare tale proposta concreta applicazione, sarebbe opportuna, in questo senso, una clausola di obbligatorietà del coinvolgimento, ai diversi livelli territoriali, nel processo di definizione dei diversi documenti di programmazione, fin dalle prime fasi della costruzione del Contratto di Partenariato. Si ritiene comunque importante che il Codice Europeo di condotta sia oggetto si specifici atti delegati volti a definire i requisiti minimi necessari a valorizzare un partenariato di qualità nell’attuazione dei programmi, stabilendo in particolare regole chiare in merito al funzionamento dei Comitati di Sorveglianza. Preoccupano da questo punto di vista le ipotesi di soppressione della parte relativa al coinvolgimento del partenariato socio economico nell’ambito del negoziato sulle proposte di regolamento, come evidenziato da una lettera di Business Europea alle Istituzioni Comunitarie. L’opportunità di realizzare “investimenti territoriali integrati”, basati su strategie di sviluppo urbano o legate ad altra tipologia di territorio, dovrà essere valutata sulla base del consenso raccolto sul territorio dalla strategia di intervento e dalla coalizione degli interessi che si mobilitano attorno ad essa, oltreché sulla base di una approfondita ed efficace valutazione ex ante.20 Da questo punto è fondamentale un pieno, attivo e permanente coinvolgimento delle rappresentanze territoriali del partenariato socio economico, al fine di compensare la discrezionalità delle amministrazioni pubbliche nella articolazione degli interventi. 20 Alcune regioni italiane presentano interessanti esperienze in questo senso, come ad esempio i Programmi integrati Urbani di Sviluppo Sostenibile (i cd. PIUSS) della regione Toscana. 22 8. Percorso di costruzione dei programmi 2014-20 dei Fondi europei in Italia Con un documento di lavoro inviato ai Presidenti delle Regioni, il Ministro per la Coesione Territoriale ha dato il via al percorso che deve portare all’elaborazione della nuova programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2014-2020, con l’obiettivo di inviare alla Commissione Europea, possibilmente entro aprile 2013, il Contratto di Partenariato (CP) e i Programmi Operativi (PO). Dovrà inoltre essere definita, in maniera integrata e complementare, entro giugno/ottobre 2013 la dotazione finanziaria complessiva prevista per il Fondo Sviluppo e Coesione. Secondo l’ipotesi di base, il confronto sul piano interno dovrebbe svolgersi a cavallo tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013, per assicurare l’invio dei documenti verso aprile 2013, con approvazione prevista per agosto dello stesso anno. 8.1. Principi generali Secondo il documento, l’approccio della nuova programmazione dovrebbe segnare il passaggio da una programmazione “per enunciazioni” di grandi obiettivi strategici (da riempire di contenuti solo in fase di attuazione) ad una “per azioni”, individuando fin dai documenti di programmazione risultati chiari e verificabili e facendone discendere azioni fattibili in tempi dati con risorse certe. In particolare, i principi di riferimento dell’intero percorso saranno: concentrazione su un numero limitato di priorità e su risultati attesi, che siano chiari e misurabili, tenendo conto delle specificità delle macro aree (Mezzogiorno e CentroNord) che caratterizzano il territorio nazionale; valorizzazione delle funzioni di proposta e controllo dei cittadini, attraverso una forte apertura al confronto pubblico; valorizzazione della dimensione urbana e rurale delle alleanze fra territori; rafforzamento dei presidi di competenza nazionale; integrazione delle politiche regionali, comunitarie e nazionali con la politica ordinaria. 8.2. Fasi di lavoro Il documento suddivide il processo in 4 fasi principali e definisce nel dettaglio, in particolare, la programmazione della prima fase, che dovrà portare alla redazione del “Documento di indirizzi strategici e metodologici per il confronto istituzionale per la definizione del Contratto di Partenariato”, da rendere pubblico, e a una proposta di attuazione delle fasi successive del percorso programmatico. Entrambi i documenti andranno portati all’attenzione della Conferenza Stato Regioni. Fase A: il “Documento di indirizzi strategici e metodologici per il confronto istituzionale per la definizione del Contratto di Partenariato”, da costruire attraverso il confronto istituzionale e partenariale, conterrà la proposta di strategia del Ministro per la Coesione Territoriale riguardo a: obiettivi, principali risultati attesi, assegnazioni finanziarie necessarie (distinte tra fondi comunitari, cofinanziamenti nazionali e Fondo Sviluppo e Coesione), principali azioni previste (e loro raggruppamento in “nuvole” a loro volta raccordata distintamente a obiettivi comunitari o priorità nazionali), soggetti beneficiari, centri di competenza, opportunità di applicazione di nuovi strumenti territoriali previsti dai regolamenti, prime proposte per l’applicazione a livello nazionale dei regolamenti comunitari (ad esempio in materia di condizionalità). La proposta per l’organizzazione delle fasi successive dovrà essere approvata dalla Conferenza Stato Regioni. Fasi successive: 23 B – settembre-dicembre 2012: tutte le amministrazioni e le istituzioni interessate parteciperanno (con confronto partenariale a geometria variabile) al confronto tecnicoistituzionale volto a orientare la redazione dei documenti da inviare alla Commissione; C – gennaio-marzo 2013: redazione dei documenti (con confronto partenariale esteso); D – aprile 2013: passaggi istituzionali e invio alla Commissione Europea. E’ attualmente in corso la fase di elaborazione a livello regionale per la definizione della cosiddetta “condizionalità ex ante”, ovvero l’individuazione delle condizioni derivanti dall’applicazione di normativa comunitaria, che, regione per regione, sono necessarie per favorire una piena ed efficace attuazione della strategia, nonché un lavoro preparatorio per l’identificazione di indicatori, target e tappe, da raggiungere nell’attuazione del programma, a cui collegare premi e penalità. Il punto di vista di Confindustria Confindustria condivide la proposta di un modello di programmazione più orientato ai risultati ed alla chiara identificazione delle azioni da realizzare, secondo la sperimentazione avviata negli ultimi mesi, nelle regioni del Mezzogiorno, con il Piano d’Azione Coesione (PAC); condivide altresì l’opportunità che tali azioni siano adeguatamente concentrate sul territorio, al fine di contrastare la frammentazione degli interventi ed incrementarne l’efficacia. sottolinea la necessità che un disegno così complesso venga attuato tenendo conto delle competenze di ciascun livello istituzionale, delle buone prassi esistenti, dei vincoli prima di tutto finanziari (a partire dal Patto di Stabilità interno) che hanno condizionato l’attuale ciclo di programmazione; evidenzia la necessità che il processo di costruzione della nuova programmazione sia ispirato ai principi della “leale collaborazione” e della “cooperazione rafforzata” che la Commissione Europea, Amministrazione centrale e Regioni stanno sperimentando con il PAC, a partire dalla definizione del Contratto di Partenariato; proseguendo la positiva esperienza avviata con il “Tavolo impresa e lavoro” per l’Obiettivo Convergenza, sottolinea la necessità di assicurare un pieno e costante coinvolgimento delle rappresentanze degli interessi, in primo luogo delle imprese. suggerisce l’opportunità di prevedere “poteri di intervento / sostitutivi in capo all’amministrazione centrale in caso di grave inefficienza nell’impiego delle risorse o distorsione dei fondi rispetto ai target prestabiliti da parte delle varie Autorità di Gestione, sulla base di criteri per l’identificazione del concetto di “grave inefficienza” e per l’esercizio di tali poteri, da definire preventivamente in sede di Conferenza Stato Regioni21. Potranno altresì essere stabilite forme di sostegno tramite scambio di esperienze e “supplenze” complementari a livello regionale. è pertanto necessario un forte coinvolgimento delle Confindustrie regionali fin dalle fasi di avvio della programmazione, partecipando alla identificazione delle condizionalità ex ante maggiormente funzionali alla competitività delle imprese. anche per quanto riguarda le priorità di intervento, l’individuazione delle principali azioni previste e l’opportunità di applicazione di nuovi strumenti territoriali, nonché per la definizione di premialità coerenti con l’obiettivo del miglioramento dell’ambiente economico e produttivo, è necessario che il coinvolgimento sia avviato quanto prima. 21 O in Conferenza Unificata Stato – Regioni Autonomie locali, laddove necessario 24 9. Il cronogramma delle attività Nei primi mesi del 2012 si è aperto il confronto informale all’interno dei singoli Stati membri e con la Commissione Europea: parallelamente, il pacchetto dei regolamenti è oggetto dell’esame da parte del Parlamento europeo e tra i vari Stati membri. Parallelamente, a partire dal gennaio 2012, si sta svolgendo il negoziato sul Quadro Finanziario Pluriennale, che dovrebbe portare ad un accordo entro il 2013. Entro la stessa data il pacchetto legislativo dovrebbe essere adottato. La presentazione e discussione delle proposte sul QFP è prevista nel corso del Consiglio Europeo di fine novembre 2012. All’inizio del 2014 i nuovi regolamenti dovranno essere in vigore, in modo da consentire nello stesso momento l’adozione dei nuovi programmi. Le possibili iniziative di Confindustria A livello europeo: confronto ed approfondimento con la Commissione Europea; azione di sensibilizzazione nei confronti dei membri italiani del Parlamento Europeo; azione di sensibilizzazione nei confronti della Rappresentanza permanente italiana presso l’Unione Europea. A livello nazionale: presentazione del documento di posizione di Confindustria al Governo ed alle Amministrazioni incaricate del negoziato sulle prospettive finanziarie e sui nuovi regolamenti; sensibilizzazione della Conferenza delle Regioni e della Conferenza Unificata Stato Regioni - Autonomie locali; condivisione con le organizzazioni firmatarie delle proposte comuni delle parti economiche e sociali. A livello locale: confronti tra le Confindustrie regionali e le amministrazioni regionali e locali; confronti con le altre organizzazioni del partenariato socio economico, finalizzati ad accordi ex ante sulla futura programmazione. 25