La cappella Brancacci

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La cappella Brancacci
La cappella Brancacci
L
a costruzione della chiesa di S. Maria del Carmine a
Firenze iniziò nel 1267, con l’insediamento
dell’ordine carmelitano, e si protrasse fino al 1475. La
lentezza dei lavori si deve all’altalenante disponibilità di
finanziamenti pubblici e privati. La chiesa era meta di grandi folle per le sacre rappresentazioni che vi venivano allestite.
La cappella gentilizia dei Brancacci, posizionata sulla testata meridionale del transetto, venne fondata nel periodo
d’oro della facoltosa famiglia, per volontà testamentaria di
Piero Brancacci (20 febbraio 1367). I lavori iniziarono col
figlio Antonio nel 1378, ma la decorazione pittorica venne
realizzata ai tempi di Felice, amministratore della cappella
dal 1422. In questo stesso anno Felice ottenne l’ambasceria
presso Il Cairo per conquistare i favori del Sultano al fine di
promuovere gli scambi commerciali con Firenze.
Dal testamento redatto in occasione di questo viaggio si
deduce che egli aveva già stabilito un programma iconografico. Per Felice Brancacci erano anni di successi politici,
grazie anche al prestigioso legame con Palla Strozzi, facoltosissimo concittadino, del quale sposò la figlia Lena. Tra il
1423 e il 1425, gli indebitamenti e le vendite di terreni
attestano la necessità di denaro per avviare gli affreschi
affidati a Masolino e Masaccio. Ai problemi finanziari si
aggiunsero quelli politici dovuti all’amicizia con Palla
Strozzi, principale avversario di Cosimo de’Medici. Questi
nel 1429, dopo aver ripreso il dominio della città, costrinse
Felice a seguire lo Strozzi nell’esilio a Padova. Le ultime
notizie relative ai lavori per la cappella si leggono nel testamento del 1432, dove lo stesso Felice dichiara incompiuta la
decorazione.
Brancacci fu poi confinato a Capodistria e nel 1435 dichiarato ribelle della patria. Per questo i carmelitani cancellarono tutti i ritratti dei personaggi a lui legati, riapparsi con
l’intervento di Filippino Lippi, che completò il ciclo tra il
1482 e il 1483.
L’aspetto attuale della cappella si deve ai rifacimenti settecenteschi, seguiti a un devastante incendio. Grazie al recente restauro si sono scoperti nuovi frammenti di affreschi,
che contribuiscono a ricostruire tutto il programma iconografico.
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Pietro secondo Masaccio
I
l ciclo pittorico della cappella Brancacci vive nella
vocazione di Pietro la nascita e il compito della Chiesa,
chiamata a continuare nel tempo la reale presenza di
Cristo tra gli uomini.
Punto di partenza sono le scene affrescate sui pilastri
dell’arcosolio: a destra il Peccato originale (Masolino) e a
sinistra la Cacciata dei Progenitori (Masaccio): a causa
dell’errore di Adamo ed Eva, l’originale rapporto tra il Dio e
l’uomo è stato spezzato e solo l’iniziativa divina lo può
risanare; per questo Egli manda il suo unico Figlio, che
l’angelo addita nell’atto di cacciare i progenitori dall’Eden.
La scena del Tributo, sulla parete di sinistra, rappresenta
l’episodio alle porte di Cafarnao, quando un gabelliere,
rivolgendosi a Pietro, chiede che anche Gesù paghi la tassa
per il Tempio. Il gesto di Gesù, che indica a Pietro dove trovare la moneta per il tributo, è la designazione dell’apostolo
a guida della Chiesa.
Nel registro superiore della parete di fondo è narrato l’inizio
della nuova missione di Pietro, dopo la Pentecoste: a sinistra, nella Predica (Masolino), l’apostolo annuncia al popolo
il compimento della promessa e la necessità della conversione. Di conseguenza, di fianco troviamo il Battesimo dei
neofiti. Il compito dell’apostolo nel mondo si rivela anche
attraverso gesti straordinari, che rinnovano la potenza di
Cristo sulla realtà: sulla parete di destra sono rappresentate,
nello stesso scenario urbano, la Guarigione dello storpio e la
Resurrezione di Tabità (Masolino e Masaccio). E’ in questa
fase del cantiere che Masolino interrompe la sua attività e
Masaccio completa il registro inferiore della parete di fondo, a partire dalla scena di Pietro che risana con l’ombra,
nella quale i malati vengono guariti al solo passaggio
dell’apostolo. Tutti gli atti compiuti da Pietro testimoniano
non tanto la grandezza del suo nuovo potere, quanto la
forza e l’autorevolezza di Cristo che agiscono in lui. La
Distribuzione dei beni e la morte di Anania identificano un
altro aspetto della prima comunità cristiana: la carità
espressa nella condivisione dei beni, così importante che
ogni tentativo fraudolento, come quello di Anania, viene
severamente punito da Dio.
Il ciclo ci porta nel cuore della prima comunità cristiana
che, unita attorno a Pietro, vive la straordinaria esperienza
della contemporaneità di Cristo dentro la realtà quotidiana.
Masaccio ne è talmente affascinato che usa ogni espediente pittorico per comunicare l’attrattiva di questa umanità
rinnovata: non solo le citazioni urbane fiorentine, gli abbigliamenti moderni o i possibili ritratti rendono attuale ciò
che è rappresentato, ma soprattutto la resa potente e verosimile delle figure, inserite con fermezza in uno spazio
coinvolgente e continuo, che quasi annulla i limiti della
cappella e fa trascorrere avvenimenti semplici e straordinari
nei quali il nostro sguardo si tende, come quello dei personaggi raffigurati: “vi si conosce lo ardire di San Piero nella
dimanda e l’attenzione degli Apostoli nelle varie attitudini
intorno a Cristo” (Vasari)
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Schema iconografico
1. Il peccato originale (Masolino)
Il serpente disse alla donna: “Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri
occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male”. Allora la donna vide che
l`albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare
saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con
lei, e anch`egli ne mangiò. (Genesi 3, 2-7)
2. La Cacciata dei progenitori (Masaccio)
Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato
tratto. Scacciò l`uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma
della spada folgorante, per custodire la via all`albero della vita. (Genesi 3, 23-24)
8. Il Tributo (Masaccio)
Venuti a Cafarnao, si avvicinarono a Pietro gli esattori della tassa per il tempio e gli
dissero: “Il vostro maestro non paga la tassa per il Tempio?” [...] E Gesù: “Perché non si
scandalizzino, va’ al mare, getta l`amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la
bocca e vi troverai una moneta d`argento. Prendila e consegnala a loro per me e per te”.
(Matteo 17, 24-27)
9. La predica di San Pietro (Masolino)
All`udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri
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apostoli: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?" E Pietro disse: "Pentitevi e ciascuno di voi
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si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo
riceverete il dono dello Spirito Santo". Con molte altre parole li scongiurava e li
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esortava: "Salvatevi da questa generazione perversa”. (Atti 2, 37-40)
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10. Il battesimo dei Neofiti (Masaccio)
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Allora quelli che accettarono la sua parola, furono battezzati; e in quel giorno furono
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aggiunte a loro circa tremila persone. (Atti 2, 41)
11. La guarigione dello storpio e la resurrezione di
Tabità (Masolino e Masaccio)
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Un giorno Pietro e Giovanni salivano al Tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita. [...] Ed egli si volse
verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro gli disse: “Non possiedo
né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno,
cammina". (Atti 3, 1-6)
Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi rivolto alla salma disse: “Tabità,
alzati!”. Ed essa aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. Egli le diede la mano e la fece
alzare, poi chiamò i credenti e le vedove, e la presentò loro viva. (Atti 9, 40-41)
12. San Pietro risana con l’ombra (Masaccio)
Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel
Signore fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e
giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di
loro. (Atti 5, 14-15)
13. La distribuzione dei beni e la morte di Anania
(Masaccio)
Nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro
comune. (Atti. 4, 32)
Un uomo di nome Anania con la moglie Saffira vendette un suo podere e, tenuta per sé
una parte dell`importo d`accordo con la moglie, consegnò l`altra parte deponendola ai
piedi degli apostoli. Ma Pietro gli disse: “Anania, perché mai satana si è così impossessato del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto parte del prezzo
del terreno? […] Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio”. All`udire queste parole,
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Il peccato originale (Masolino)
La cacciata dal Paradiso terrestre (Masaccio)
Gli evangelisti (perduti)
La chiamata di Pietro e Andrea (perduto)
Pietro salvato dal naufragio (perduto)
Il pentimento di Pietro (perduto)
Pietro pastore universale (perduto)
Il tributo (Masaccio)
La predica di san Pietro (Masolino)
Il battesimo dei neofiti (Masaccio)
La guarigione dello Storpio e la resurrezione di
Tabita (Masolino e Masaccio)
12. San Pietro risana con l’ombra gli infermi
(Masaccio)
13. La distribuzione dei beni e la morte di Anania
(Masaccio)
14. Crocefissione di san Pietro (perduto)
15. San Pietro visitato in carcere da san Paolo
(Filippino Lippi)
16. La resurrezione del figlio di Teofilo e san Pietro
in cattedra (Filippino Lippi)
17. San Pietro liberato dal carcere (Filippino Lippi)
18. La disputa con Simon Mago e la crocifissione di
san Pietro (Filippino Lippi)
Anania cadde a terra e spirò. (Atti 5, 1-5)
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S . D o m e n i c o ab b r a c c i a l a C r o c e
“F
ece poi nel primo chiostro, sopra certi mezzi tondi,
molte figure a fresco bellissime, ed un Crocifisso
con san Domenico a’ piedi, molto lodato” (Vasari).
San Domenico genuflesso ai piedi del Crocifisso fiorisce
sulla parete bianca del chiostro, mostrando a chi entra nel
convento il cuore della vita della comunità: la contemplazione di Cristo sulla croce e l’imitazione di quella offerta
d’amore nella consacrazione della propria persona, secondo l’esempio del santo fondatore.
Contro un cielo intensamente azzurro, Cristo crocifisso
sanguina su una croce che occupa l’intero spazio. San
Domenico inginocchiato ed abbracciato alla Croce suggerisce la posizione umana più adeguata davanti al sacrificio
di Cristo. “Dicono alcuni che fra Giovanni non avrebbe
preso i pennelli se prima non arebbe fatto orazione. Non
fece mai Crocifisso, che e’ non si bagnasse le gote di lagrime” (Vasari).
La figura di Cristo, composta e luminosa, riga con il sangue
il legno della croce e bagna la terra bianca. Il suo corpo
appare, come dice Santa Caterina, in una “tranquilla passione”. La resa anatomica realistica e l’attenzione al dettaglio non impediscono la modellazione plastica, ottenuta
soprattutto con la luce che risalta i volumi del volto, del
torso e delle cosce, mostrando sensibilmente “che il corpo
di Gesù Cristo fu il più bello corpo d’uomo che mai fosse e
che mai abbi ad essere” (S. Antonino).
Si impone una voluta discrepanza tra il realismo quasi
anatomico delle figure e l’irrealtà del luogo dove è
ambientata la scena: si tratta di quello che è stato definito
il realismo selettivo dell’Angelico, dove sembrano coincidere realtà e segno.
Firenze, convento di San Marco
Primo chiostro,
detto di Sant’Antonino
04
I l c o nve n t o d i S a n M a rc o
N
el 1436, l’antico monastero dei Silvestrini a
Firenze, ridotto in decadenza, fu affidato da
Papa Eugenio IV ad alcuni frati predicatori pro-
venienti da S. Domenico a Fiesole: qui, all’inizio del secolo,
Giovanni Dominici aveva fondato un convento destinato
ai seguaci dell’Osservanza, movimento di riforma che
prevedeva il ritorno alla regola delle origini.
Tra il 1438 e il 1452 il complesso architettonico di San
Marco venne radicalmente modificato dall’intervento di
Michelozzo, incaricato della ristrutturazione da Cosimo
de’ Medici, come ricorda lo stesso Antonino Pierozzi,
secondo priore di San Marco e futuro vescovo di Firenze. Il
convento si articola in un primo chiostro, detto di
Sant’Antonino, su cui si affacciano diversi ambienti, il più
importante dei quali è la sala capitolare, e un secondo
chiostro, di dimensioni maggiori, detto di San Domenico. Il
piano superiore è occupato dalle celle dei monaci, disposte
lungo tre corridoi, e dalla biblioteca.
Contemporaneamente prese avvio la decorazione pittorica, affidata all’Angelico: benché sia difficile stabilire una
cronologia precisa nell’esecuzione degli affreschi, si riconoscono due fasi, intervallate dal soggiorno dell’artista a
Roma tra il 1446 e il 1447.
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L’ A n g e l i c o a s a n M a r c o
“S
e bene harebbe potuto commodissimamente stare
al secolo, et oltre quello che haveva, guadagnandosi
cioche havesse voluto con quell’arti, volle farsi
religioso [...] e pregando Dio che gli facesse ogni cosa a
gloria di Lui” (Vasari), nel 1438 l’Angelico diede avvio alla
decorazione pittorica del convento di S. Marco.
Le immagini, concepite dall’Angelico in una dimensione
totalmente contemplativa, dovevano rispecchiare e stimolare la devozione dei frati. Il linguaggio pittorico, destinato
non alla fruizione di esterni ma alla clausura dei colti confratelli, trova nell’essenzialità compositiva e nella luminosità cromatica i segni distintivi della sapienza coltivata
dall’ordine domenicano.
L’Angelico dispone strategicamente le sue raffigurazioni: le
immagini più complesse e raffinate si trovano al piano
terra, negli ambienti comuni, come la grande Crocifissione
della sala del Capitolo, o il S. Domenico abbracciato alla
croce, “manifesto” della vita dei Domenicani, prima immagine visibile entrando nel complesso monastico. Il nucleo
più consistente di affreschi si dispiega nelle piccole celle del
primo piano, decorate secondo un’articolazione iconografica fondata sulla triade: Incarnazione-PassioneResurrezione e ricondotta ad unità nei tre affreschi del
corridoio comune: l’Annunciazione, il Crocifisso, la sacra
conversazione della Madonna delle ombre.
La maggior parte delle immagini non ha carattere narrativo, ma piuttosto contemplativo, come conferma la presenza ricorrente di S. Domenico e di Maria, testimoni e modelli
di immedesimazione con il mistero offerto alla meditazione
del frate: “contemplari ac contemplata aliis tradere”.
Le pitture del convento si caratterizzano per parsimonia
prospettica e immediatezza figurativa, in un inedito rigore
formale, frutto non solo di raggiunta maturità artistica, ma
anche della piena comprensione del racconto masaccesco.
Semplici e suggestivi sono gli spunti compositivi, con poche
figure stagliate su ambienti aridi, impregnati di luce. Il
realismo dell’Angelico riduce a simbolo gli elementi di
contesto e si concentra sulla composta e intensa espressività dei gesti e dei volti, che prendono corpo in una luminosità tersa e radiosa. Qui è il punto di unione tra la rinnovata
riflessione tomista di sant’Antonino, priore del convento, e
la creatività visiva del suo confratello pittore: il bello torna
ad essere lo splendore del vero.
Sempre secondo Sant’Antonino, il Crocifisso o ogni altra
immagine sacra doveva essere rappresentata ad altezza
d’uomo, curata nei dettagli, fatta per essere vista da vicina,
in modo da permettere una maggiore immedesimazione. In
questa particolare sensibilità comunicativa e percettiva si
avverte il contatto con il fenomeno della Devotio Moderna.
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La decorazione delle celle
“I
n Fiorenza fece in fresco in tutte le celle de’ frati una
storia del Testamento Nuovo per ciascuna” (Vasari). Nel
dormitorio del convento di San Marco, l’Angelico
affresca quarantadue celle di piccole dimensioni, cuore
della vita consacrata.
Gli affreschi raffigurano episodi del Vangelo e concepiti
come dei veri e propri testi da meditare. La loro presenza in
ogni cella costituisce il punto di partenza per la riflessione
del frate, secondo i precetti del priore sant’Antonino che
invitava a inginocchiarsi davanti all’immagine per contemplarla e trarne arricchimento.
L’intento di porre un affresco all’interno della cella dove il
frate trascorreva la maggior parte del suo tempo non era
infatti quello di rievocare semplicemente episodi della vita
di Gesù e di Maria, ma di offrire spunti visivi per la meditazione e l’immedesimazione nell’avvenimento sacro.
È significativo come il mistero rappresentato sia sempre
accompagnato dalla presenza di un santo domenicano
raffigurato in atteggiamento di preghiera o meditazione. I
santi – estranei alla narrazione evangelica – contemplano
ciò che avviene davanti ai loro occhi, disponendosi secondo
le raccomandazioni dello stesso fondatore nel De modo
orandi ed invitano a immedesimarsi nel loro sguardo perché
“l’affetto ama solo ciò che vede e conosce” (S. Tommaso).
L’osservazione ravvicinata prevista dall’Angelico determina
la resa accurata, raffinata e quasi miniaturistica dell’immagine, ricca di dettagli che si colgono solo attraverso uno
sguardo attento e commosso. Le figure dei protagonisti che
si offrono ad accompagnare la vita quotidiana dei monaci
sono caratterizzate nei loro stati d’animo, rese con efficacia
realistica e modellate dalla luce che le trasfigura, tanto che
Michelangelo Buonarroti ebbe a dire:
“Quest’huomo l’ha veduto il Paradiso”.
07
Trasfigurazione
L
a Trasfigurazione è rappresentata con
un esplicito riferimento alla
Crocefissione: Cristo, di proporzioni
maggiori rispetto alle altre figure della
scena, si erge sul monte Tabor con le
braccia allargate come sulla croce. Il volto,
dipinto a piccoli tocchi, è messo in forte
rilievo dalla luce che in forma di mandorla
circonda la figura di Gesù e rende fulgide le
sue vesti “sfolgoranti e candidissime come
la neve e tali che nessun lavandaio della
terra sarebbe capace di renderle così
candide” (Mc 9, 2-3).
Cristo non è sospeso, ma saldamente
appoggiato al terreno; il colloquio con
Mosè ed Elia è solamente accennato dalle
teste dei due personaggi che compaiono ai
suoi lati, secondo un procedimento allusivo
di origine ancora medievale, utilizzato dal
pittore anche nel Cristo deriso. I tre apostoli
si inginocchiano a terra, sopraffatti dalla
radiosa manifestazione di Cristo, ognuno
esprimendo in salde pose plastiche una
forma diversa di stupore, evidenziata
dall’intensa tonalità cromatica delle vesti.
La Madonna e San Domenico si pongono
come mediatori tra l’avvenimento passato e
il tempo presente: la pacatezza del loro
atteggiamento contrasta con la gestualità
concitata dei discepoli spaventati e
suggerisce la disposizione contemplativa
richiesta al frate che occupava la cella.
Dormitorio,
corridoio est
cella 6
08
Annunciazione
’
L
immagine che accoglieva i frati al
termine della scalinata che conduce
al dormitorio rappresenta il
momento iniziale della storia che attraverso
i secoli li ha raggiunti e chiamati ad
appartenere all’ordine domenicano.
Al centro del portico la Vergine, seduta su
un semplice sgabello, è raffigurata poco più
che adolescente, di dimensioni maggiori
rispetto all’angelo, fisicamente protesa
verso di lui. Le ali socchiuse e la veste
composta, suggeriscono che l’Annuncio è
già stato pronunciato. Nel protendersi
l’Angelo esprime l’attesa trepidante per la
risposta della Vergine, che incrociando le
braccia sul petto, umile e obbediente,
manifesta la sua disponibilità ad accogliere
il Verbo di Dio nel suo corpo.
La collocazione dell’ affresco all’ingresso del
dormitorio chiamava i frati alla frequente
contemplazione dell’Annunciazione, la cui
contemporaneità è suggerita dall’abito
della Vergine, molto simile alla veste
domenicana. Questo svela il significato più
profondo dell’affresco per ogni frate: la
memoria della Storia che lo ha condotto
fino a quel luogo e l’attesa del riaccadere di
quel fatto nel silenzioso Sì pronunciato
nell’intimità della cella.
Dormitorio,
corridoio nord,
di fronte alla
scala di accesso
09
Presentazione al tempio
L
a Presentazione al Tempio raffigura
appropriatamente le funzioni del
priore che aveva il compito di
discernere la vocazione dei novizi e di
ricevere poi la loro professione religiosa,
come il vecchio Simeone riconobbe e
accolse il Messia presentato al Tempio.
La mano dell'Angelico è sicura e veloce,
senza pentimenti né interventi successivi,
avendo “per costume non ritoccare né
riacconciar mai alcuna sua dipintura, ma
lasciarle sempre in quel modo che erano
venute la prima volta, per credere (secondo
ch'egli diceva) che così fusse la volontà di
Dio” (Vasari).
Maria offre Gesù a Simeone perché si
compia il disegno di salvezza, e con Lui
offre se stessa. La fissità del piccolo Messia,
ammorbidita dai tocchi di bianco sulle gote
e sulle tempie, è ravvivata dai riccioli biondi
e dagli occhi vivaci che intessono un
intenso dialogo con Simeone. Questi è un
vecchio canuto che, sotto lo sguardo
intenso e consapevole della Vergine, prende
con delicatezza il Bambino, con occhi
commossi e velati di tristezza, riconoscendo
la salvezza tanto attesa e insieme il prezzo
del riscatto.
Dormitorio,
corridoio est,
cella 10
10
Cristo risorto e le pie donne
S
ul bordo del sepolcro, la Maddalena
si sostiene con la mano destra
proiettandosi in avanti per cercare il
corpo di Cristo, mentre l’altra, portata alla
fronte, esprime la sua desolazione. Sulla
sinistra le donne reclinano il capo tenendosi
strette l’una all’altra e tra i veli si scorgono
lacrime rigare le gote.
Dalla parte opposta, seduto su un angolo
del sarcofago, spicca candido l’angelo che
rivela alle donne che Colui che cercano non
è più lì. Il deciso gesto delle mani sposta
l’attenzione dal basso verso l’alto dove
domina la figura di Cristo risorto, che entro
una mandorla eterea brandisce la palma del
martirio e lo stendardo della vittoria,
acclarando un mistero altrimenti
inesprimibile.
Il trionfo di Cristo risalta nella luce
abbagliante delle sue vesti e la sua posa
vittoriosa contrasta con gli occhi ancora
segnati dalla Passione entro un volto di
singolare bellezza.
Infine, nell’angolo a sinistra, come un
osservatore nascosto, appare San Domenico,
che guarda stupito e devoto l’apparizione
del Signore risorto.
Dormitorio,
corridoio est,
cella 8
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Cristo deriso
“C
onforto anco la carità vostra, che
ogni dì vi pigliate una poca di
meditazione della passione del
nostro Signore Gesù Cristo”.
Nell’ Opera a ben vivere Sant’Antonino
raccomandava ai frati la meditazione e la
preghiera quotidiana sulla Passione,
indicando nel dettaglio i particolari del
corpo sofferente di Cristo. Beato Angelico
illustra l’episodio evangelico del Cristo
deriso, riprendendo il motivo dell’Ecce
Homo, ma trascende la crudezza del
racconto trasformando le figure in simboli.
La scena è inserita in una rigorosa scatola
prospettica. Al centro Cristo, bianco come
nella Resurrezione, maestoso e radioso nella
stessa trasparenza luminosa della
Trasfigurazione, è seduto su una rossa
panca squadrata, regale nella sua
umiliazione. La figura composta si
sottopone paziente alla derisione e il volto
mite, serrato in una espressione di
consapevole accettazione, è velato da una
benda dai delicati effetti trasparenti.
La Madonna, il cui manto costruisce
solidamente la figura aprendosi a terra con
ampie ricadute, porta una mano al volto,
piena di delicata compassione, mentre con
l’altra, aperta e luminosa, invita
all’obbedienza. Il giovane San Domenico,
colto in meditazione sulle Sacre Scritture,
sollecita la riflessione.
Le tre figure si inscrivono entro un
triangolo equilatero, i cui vertici coincidono
con i volti dei protagonisti che tracciano un
percorso obbligato ed ininterrotto per lo
sguardo dell’osservatore.
Dormitorio,
corridoio est,
cella 7
12
Istituzione dell’eucarestia
’
L
affresco illustra l’Ultima Cena
secondo l’iconografia della
cosiddetta ”Comunione degli
apostoli”: Cristo è infatti rappresentato in
piedi mentre distribuisce l’Eucarestia ai suoi
discepoli, sotto le specie del Pane e del
Vino. Otto apostoli sono disposti attorno ad
un tavolo, mentre gli altri quattro discepoli
(tra cui anche Giuda, riconoscibile
dall’aureola nera) sono raffigurati in
ginocchio sulla destra.
Sul lato opposto è inginocchiata la
Madonna, posta però più vicina allo
spettatore: la sua partecipazione all’evento
è ideale e non storica, come avviene in gran
parte degli affreschi del dormitorio.
La scelta del soggetto, si spiega in relazione
alla devozione del Corpus Domini, molto
cara ai domenicani.
L’enfasi dell’affresco sull’aspetto liturgico,
che perpetua nel tempo il fatto storico,
sottolinea inoltre la contemporaneità
dell’avvenimento alla vita dei frati.
Per questo motivo la scena è situata in un
ambiente che ricorda proprio il convento di
San Marco: da una porta dipinta dietro agli
apostoli in ginocchio si indovina infatti un
chiostro mentre attraverso le due finestre
vediamo il piano superiore di un dormitorio.
Dormitorio,
Corridoio nord,
cella 35
13
Cristo al limbo
L
ungo il corridoio del dormitorio non
preposto alla clausura è situata la
cella che, secondo la tradizione, fu
abitata da Sant’Antonino nel periodo
successivo alla sua elezione episcopale
(1446). L’affresco offerto alla
contemplazione del vescovo propone un
episodio che rappresenta con forza la
vittoria della Resurrezione di Cristo sulla
morte.
L’irruzione potente e vittoriosa della figura
di Cristo illumina la profonda caverna, di
pietra nuda e levigata, sottraendola
gradualmente alla schiavitù delle tenebre.
Il punto focale della composizione è il
braccio teso di Cristo che afferra Abramo,
seguito da Isacco, Giacobbe, Adamo ed Eva,
e dalla moltitudine dei giusti che emerge
dal fondo buio della caverna, da millenni in
trepida attesa della salvezza.
Dormitorio,
corridoio nord,
cella 31
14
Noli me tangere
L
a prima cella che si incontra
percorrendo il corridoio est del
convento è quella che presenta il
Noli me tangere, affresco che, secondo la
maggior parte della critica, è quello che dà
inizio alla vicenda pittorica del dormitorio
domenicano, trattandosi, oltretutto, della
prima rivelazione agli uomini della vittoria
di Cristo sulla morte.
I fiori, realizzati con bianco di san Giovanni
(calce) e terra rossa, appaiono come tante
piccole macchie rosse, dipinte nello stesso
modo con cui l’Angelico realizza le stigmate
di Cristo, con una lieve inflessione circolare
del pennello. Questo mette in stretta
relazione i fiori del giardino, uniti in gruppi
di cinque, con le ferite di Cristo: è
attraverso queste piaghe che si apre
all’uomo la via della salvezza e queste ferite
sono i fiori del corpo di Cristo dal quale
nascono i frutti rigogliosi della vita eterna.
Il rapporto tra i personaggi ha il suo vertice
drammatico nel breve spazio lasciato tra le
braccia protese della Maddalena, che si
getta verso l’Amato, e il gesto deciso, fermo
e carico di tenerezza di Gesù che frena il
suo slancio, spazio che trova compimento,
significato e pace nello sguardo che Cristo
rivolge alla donna.
“Appena ella lo vede, cioè si accorge di
Gesù, che prima credeva fosse il giardiniere,
si avventa su di Lui. E Gesù la ferma con la
mano. Si vedono le due mani della
Maddalena e la mano di Gesù che frena:
che è l’immagine che abbiamo sempre dato
del possesso verginale, che tende alla
totalità. Ma fino a quando questo tendere
alla totalità è a una spanna dal muso
dell’altro, veramente si possiede, molto di
più che neanche se ci si avventasse sul
muso” (Luigi Giussani).
Dormitorio,
corridoio est,
cella 1
15
Madonna delle Ombre
L
o sfondo della Sacra Conversazione è
una candida parete, spartita da
lesene scanalate con capitelli corinzi,
la cui ombra si proietta realisticamente su
di essa, da cui l’epiteto di Madonna delle
Ombre. Due ali di santi, in sereno colloquio
tra loro, si aprono ai lati della Vergine col
Bambino in trono, splendidi nella loro
regalità, evidenziata dal prezioso drappo
rosso della seduta, dai risalti dorati delle
aureole e della nicchia, dall’intenso manto
blu di lapislazzuli della Madonna.
Domenico di Corrella nel suo Theotocon del
1468 scrive che “del tutto particolare fu la
grazia con cui venne effigiata la Vergine,
come dimostra la leggiadra bellezza divina
con cui fu dipinta dalle mani dello stesso
Giovanni”.
Angelico lascia che siano le immagini
esemplari dei santi a raccontare la novità
della Resurrezione, attraverso la
rappresentazione della conversazione
fraterna di coloro che hanno meritato la
vita eterna.
Dormitorio,
corridoio est
16
I n c o r o n a z i o n e d e l l a Ve r g i n e
I
l fulcro della composizione è il disco di
luce bianca, posto al centro della parte
alta dell’affresco, da cui si irradiano
aloni luminosi variamente colorati. Davanti
al primo, giallo chiaro, su un trono di nubi,
siedono Gesù e Maria, entrambi vestiti di
bianco: Cristo pone una corona sul capo
velato della Madonna, che si china in avanti
con le braccia incrociate sul petto, nello
stesso gesto con cui l’Angelico la
rappresenta nelle due Annunciazioni del
dormitorio. Le due figure, accordate in una
composizione circolare, sono contenute in
un secondo alone bianco, circondato a sua
volta da un terzo alone verde chiaro e
infine da uno rossastro, che le raccorda con
il semicerchio dei santi inginocchiati nella
parte inferiore dell’affresco.
La resa di queste figure, nel solido
modellato dei volti, nel panneggio e
nell’attenzione al dettaglio, differisce da
quella di Cristo e di Maria, il cui peso è
quasi annullato dal fulgore della luce e dal
candore delle vesti in uno straordinario
gioco di bianco su bianco.
La vera protagonista di questo affresco è
appunto la luce, che non proviene da una
singola fonte, ma si diffonde circolarmente
a partire dal disco luminoso inquadrato
dalle figure di Gesù e Maria: non luminosità
naturale, quindi, ma splendore celestiale.
Dormitorio,
corridoio est,
cella 9
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S. D o m e n i c o abb r a c c i a l a C ro c e
S
u uno sfondo omogeneo e
biancastro, più semplice rispetto al
cielo blu della Crocifissione del
chiostro, si staglia la Croce su una roccia
stilizzata, unico elemento del paesaggio.
Solo due figure popolano l’immagine
consueta: Cristo e San Domenico. Il primo,
esangue e magro, coperto dal consueto
perizoma svolazzante, è rifinito con tocchi
di bianco di calce in punta di pennello. Il
corpo è raffigurato con realismo
soprattutto nella resa dei muscoli, dei
tendini, dell’ossatura e del sangue che
sgorga copioso dalle ferite scendendo a
rivoli fino al suolo. Il sangue di Cristo, caro
alla spiritualità domenicana osservante,
risalta per l’abbondanza e per il vivido
colore rosso, ottenuto con un singolare
pigmento di frammenti di silicati. Santa
Caterina –origine e cuore della riforma
domenicana– ricordava a tutti: «vi ha dato
il sangue per fuoco d’amore».
Dormitorio,
inizio del corridoio est,
a sinistra della scala
di accesso al dormitorio
18
Crocifissione
“F
u questo Padre [Sant’Antonino] per i
meriti suoi in modo così amato da
Cosimo de’ Medici, che avendo egli
fatto murare la chiesa e il convento di San
Marco, gli fece dipingere in faccia del
capitolo tutta la passione di Gesù Cristo”
(Vasari).
Gesù crocifisso è il centro della scena: la
sua croce, più alta rispetto a quelle dei due
ladroni, si staglia su un cielo ora rosso, ma
che doveva essere azzurro su due tonalità:
più intensa in alto e più tenue in basso.
L’asse verticale della croce divide la
composizione in due parti e occupa tutta
l’altezza del campo dell’affresco. Il buon
ladrone, alla destra di Cristo, è splendido,
raggiante, assorbito nella contemplazione
di Cristo e fisicamente sostenuto da essa,
mentre l’altro si contorce disperato,
distogliendo gli occhi dal Crocifisso. Il solo
cenno di spazialità della scena è dato dalle
croci dei due ladroni, che recedono
diagonalmente sullo sfondo.
L’ampia distesa di terra si popola di santi: la
nuova umanità nata dal sangue di Cristo,
frutto del suo sacrificio. E’ la glorificazione
di Cristo crocifisso, il centro della storia,
fonte perenne di vita nuova; in Lui si
compiono le attese dei profeti e da Lui
deriva la Chiesa quale flusso di vita, che
attraversa la storia di età in età.
Nella sala capitolare l’abate sedeva sotto la
Croce perché la sua autorità nelle decisioni
collettive, così come nella correzione
fraterna durante la pubblica confessione,
prevista dalla regola, non gli derivava da
una capacità personale, ma era sostenuta e
inverata dalla Storia da cui proveniva.
Sala Capitolare,
chiostro di
Sant’Antonino
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