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Pubblicazioni KENNETH ALLSOP. Ribelli vagabondi nell'America dell'ultima frontiera. Bari, Later- za, 1969. Kenneth Allsop è rettore alla Edimburgh University, autore di numerosi saggi e collaboratore di riviste. Il volume di cui ci occupiamo è stato pubblicato con il titolo « Hard Travelling-The Hobo and his History » da Hodder and Stroughton nel 1967. « Hobo » è il viaggiatore senza biglietto dei treni a vapore. L'etimologia della parola è vaga: secondo alcuni deriverebbe dal latino « homo bonus », secondo altri dal saluto « Ho, boy ». Un'altra teoria suggerisce una serie di trasformazioni dall'originale saluto « Hello, Brother » o da « Hi, boy! », il richiamo degli addetti alla posta sui treni del North-West. Nicholas Klein affermava che Hobo avesse origine dalle parole « hoe-boy », « chiaramente derivate dal lavoro delle fattorie in cui molta parte dei lavoratori fluttuanti erano impegnati. In ogni caso, il termine era di largo uso a partire dal 1890. L'America non sarebbe quel che è senza la società di lavoratori migranti che nel secolo scorso, in moto perpetuo, si spostò da una parte all'altra del continente dovunque l'economia la richiedesse. L'Hobo nasce dal capitalismo del diciannovesimo secolo, lo stesso che produsse la fortuna di John D. Rockefeller. Gli sterminati campi di grano, l'estendersi della ferrovia gli conferirono un modus vivendi e una precisa identità. Pur nella condizione di vagabondo, infatti, l'hobo conserva, respinto dalla buona stella del successo che a molti si apriva attraverso l'avventura del West, una sua spavalda dignità, e la forte coscienza di classe o « sottoclasse » — come Allsop precisa — ne fa un personaggio socialmente ben identificato. Alla fine del secolo XVIII l'America ha fame di manodopera specializzata e, nonostante il divieto imposto dal governo britannico, navi intere di artigiani fanno la spola tra il vecchio continente e l'America. Il sindacalismo che, del resto, era ancora agli albori in Gran Bretagna, muove faticosamente i primi passi. La strada, in America come in Inghilterra, e non i carri merci — il mezzo di trasporto tipico dell'hobo — segna il loro cammino. Fin d'ora comincia l'atteggiamento ostile delle autorità nei riguardi del vagabondo, di derivazione britannica, risalente ai provvedimenti del quattordicesimo secolo per impedire la diffusione della peste, ripresi dai puritani per arginare l'ozio e la disoccupazione. La migrazione all'Ovest si rivelò un successo per coloro che già disponevano di esperienza agricola e di una certa somma di denaro (commercianti, maestri di scuola), per gli altri l'Ovest diventò una regione dove essi erravano qua e là per tutti gli usi. Allsop presenta nei primi capitoli del suo lavoro una galleria di tipi umani, che, come tagliaboschi o mandriani, commercianti, agricoltori e ferrovieri, si guadagnano da vivere nell'immenso territorio americano, pronti all'insopprimibile impulso della partenza per un posto sempre nuovo. Negli anni 1870 ogni impresa industriale, e in particolare quella ferroviaria che aveva attraversato un periodo di grande sviluppo negli anni precedenti, subì un calo progressivo e pauroso, tale da buttare sulla strada stuoli di lavoratori, 393 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDS (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce ex-ferrovieri, ex-braccianti, ex-soldati, che si sparpagliavano in ogni direzione, dovunque si prospettasse la possibilità di lavoro. Gente che la necessità spingeva a far presto, alla quale la strada non bastava più. E' il momento ín cui il vagabondo diventa « hobo » sui carri merci che gli offrivano un mezzo di locomozione rapido ed economico. Il problema del vagabondaggio suscita ovunque indignazione e sollecita provvedimenti che non contemplano alcuna considerazione umana del problema. La soluzione più ovvia sembra quella di rinchiudere i vagabondi ín case dí lavoro. Riaffiora in un certo senso il sentimento — diffuso negli anni della corsa all'Ovest — di condanna verso chi non raggiunge il benessere in una terra che profonde doni a tutti. Le case di lavoro rappresentano spesso la soluzione più umana. Alcuni cronisti dell'epoca suggeriscono rimedi sbrigativi quali il veleno, l'annegamento, il piombo, in forma varia. Ogni stato, in genere, è pronto a prendersi cura dei propri disoccupati, ma respinge alla frontiera quelli provenienti da altri Statí. Il problema, tuttavia, non è solo economico, ma anche — e forse soprattutto — politico: eliminando i vagabondi si vogliono colpire le loro idee sovversive. La stampa progressista contribuì a ridimensionare il problema e, comunque, a gettare una luce meno fosca sulla figura del vagabondo, divenuto il capro espiatorio di tutti i crimini. Il governatore Levelling del Kansas, infine, emanò una circolare, nella quale, appellandosi alla Costituzione degli Stati Uniti, dichiarava la libertà di chiunque a spostarsi sul suolo americano , denunciava i soprusi di cui venivano fatti oggetto i poveri e gli umili da parte della polizia e dei tribunali, si chiedeva le ragioni di quella piaga sociale. Il problema, insomma, veniva affrontato da una angolazione nuova. Il lavoro di Allsop contiene, per ogni momento della vita sociale dell'hobo preso in considerazione, un'incredibile quantità di testimonianze, raccolte « sulla strada », con una considerazione dell'ambiente e del paesaggio americano attraverso brevi squarci che conferiscono efficacia e immediatezza agli argomenti — un gusto quasi cinematografico della rappresentazione nella descrizione delle immense piantagioni nelle quali la manodopera fluttuante trova impiego — e alleggerisce l'impegno del lettore che il volume indiscutibilmente richiede. L'esame del vasto problema sociale che è l'argomento del libro rende consapevoli, se mai ce ne fosse bisogno, dell'inevitabile contributo di fatica, di dolore, di sangue, necessari a qualunque epopea. Quella del West, per quanto la retorica dei mezzi di diffusione di ogni tempo ne abbia messo in evidenza i lati più esaltanti, non fa eccezione. Nonostante la dichiarazione del governatore Levelling, l'Hobo continuò ad essere respinto e gli Stati dell'Unione promulgarono, l'uno dopo l'altro, leggi discriminatorie e crearono, non di rado, speciali corpi di polizia che avevano il compito di respingere « i portatori di vizio e malattie » alle stazioni ferroviarie e sulle strade di confine. Tuttavia l'hobo tornava utile nel Middle West all'epoca del frenetico raccolto del grano. In quell'occasione l'hobo era il benvenuto. Nella personalità dell'hobo non mancano le inquietudini e l'atteggiamento critico tipici del giovane che fugge dall'establishment, da un genere di vita che egli trova alienante, da una società destinata all'autodistruzione. Lo studio di Allsop abbraccia tutti gli aspetti del problema del vagabondaggio negli USA fino all'età contemporanea. Tra l'altro quello dei giovanissimi che, più che da un effettivo desiderio di novità o amore dell'avventura, sono spinti alla migrazione dalla necessità di trovare un lavoro. La grande maggioranza, infatti, si allontana dal luogo d'origine almeno un anno dopo la conclusione degli studi medi. Essi niente hanno a che fare con l'hobo tradizionale. Questa situazione si 394 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDS (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce verifica negli anni trenta, quando l'America risentiva della Grande Crisi. Anche quando alla base della « fuga » sembrano esserci ragioni d'incomprensione familiare, l'A, afferma che esse vanno fatte risalire a una difficile situazione economica. Accanto alla schiera degli uomini maturi, vagabondi incalliti, se ne formò quindi una nuova, di giovani, ragazzi e ragazze, per alcuni aspetti gli antesignani delle legioni hippies dei nostri tempi. Nei primi anni del '900, indirizzata a questi giovani, nasce tutta una letteratura dai contenuti ammonitoti che esorta a non prestare orecchio al canto della sirena-hobo che chiama nella notte. Quei libelli, tuttavia, non ebbero successo sul piano pratico e Allsop ne riporta brani sufficienti a dare un'idea del tono melodrammatico e lacrimoso che li caratterizzava, tale da allontanare dai buoni propositi il più tiepido assertore della vita vagabonda. L'hobo e la sua leggenda ispira ancora oggi molta parte del jazz e della musica pop. Molte canzoni ruotano intorno all'abbandono di una città di chi cerca un nuovo lavoro altrove — o di una ragazza che arriva da casa o parte verso casa —, all'avventura che qua e là attende sulla strada. Il motivo del distacco è presente in tutta la musica popolare americana. Dalla massiccia migrazione dei negri dal Sud in seguito allo sgretolamento della ricca economia del cotone, il blues, affinamento e arricchimento degli antichi ditties, ballits o rags e spirituals, deriva temi di sofferenza. Si è già detto delle idee sovversive generalmente attribuite all'hobo. Un'ideologia socialista di marca utopistica era entrata in America nel 1820 quando Robert Owen, un riformatore britannico, aveva fondato nell'Indiana una specie di kibbutz su un territorio di trentamila acri di sua proprietà. Owen portò il suo contributo all'IWW, il grande sindacato dei lavoratori fluttuanti, e così fecero ideologie di diversa estrazione. Composto di operai non specializzati e spesso disoccupati — wobblies dall'errata pronuncia da parte di un cinese della lettera « w » — fu un sindacato via g giante e costituì un fronte di solidarietà contro i padroni. I Wobblies nacquero quando l'hobo aveva già una sua consapevole identità. Negli ultimi capitoli del libro l'A. riporta ancora, numerose, le testimonianze di imperterriti vababondi dei nostri giorni. Ma o ggi, in America, l'atteggiamento verso di essi è mutato, è divenuto ostile: è approvata la mobilità motivata, quella del denaro, non quella fine a se stessa. La vita dell'hobo è sempre più difficile e tuttavia c'è chi guarda a lui con un misto d'invidia e di inquietudine, lo stato d'animo di chi sente irrimediabilmente perduto un genere di vita legato all'epoca mitica dell'America. SILVANA STAMERRA Poeti di Puglia e di Basilicata, a cura di. Tommaso Fiore. Bari, Adriatica Ed., s.a. (1970). Il denominatore comune ai trenta poeti che danno origine ed omogeneità alla presente antologia è rappresentato da una scoperta condizione di testimonianza che i] curatore è andato riconoscendo nel corso di una lunga milizia culturale e politica e che qui impiega a riscontro dí una temperie poetica, dove più dove meno evidente a seconda della vitalità della materia, ma sempre adeguata alla temperie storica o storicamente riconoscibile in un contesto di carattere politico. Non siamo, dunque, nel territorio di una pura geografia poetica, suscettibile, magari, d'essere dilatata in sentimento dei luoghi, ma nel più impervio, se ci è consentito, territorio dí una geografia delle cose, intendendo l'accezione nel senso d'un interesse 395 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDS (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce che, rispettando i luoghi come confine -- sono, in tal caso, due le regioni chiamate alla prova testimoniale —, comprende motivi storico-morali i quali trascendono i limiti geografici o amministrativi, In tal caso, poeti come Bodini, mettiamo, o come Vittore Fiore, pugliesi, valgono, sempre nel rispetto delle soggettive evidenze rappresentative o delle ipotesi culturali più o meno denunciate, poeti come Scotellaro o Parrella, lucani. Sarà senz'altro diverso il tessuto dí cultura entro il quale i singoli poeti si muovono, intendendo per tessuto di cultura la sostanza soggettiva entro la quale l'attività dei singoli poeti affonda le sue radici, identica è però l'intenzione o, se si vuole, la proiezione, misurata ed efficace, nei riguardi dei problemi che la terra intesa come ipotesi ispirativa sollecita. E identica sarà, in definitiva, la promozione umana conseguita. Promozione come interesse — si torna al motivo di fondo — nel quale, tutto sommato, trova giustificazione l'esercizio poetico. Non poesia , allora, come riflesso di una condizione interiore che riguarda il solo poeta, o non soltanto questo, ma attraverso questo, dato d'altra parte ineludibile, come valutazione di una condizione oggettiva la quale rispecchia motivi storico-ambientali ampiamente sollecitanti l'ispirazione poetica. Alla luce di una tal condizione si giustifica, per la Puglia, l'esclusione di poeti come Fallacara, Pierri, la cui ispirazione si muove molto distante dal concetto di testimonianza di una misura storico-sociale della terra che li esprime. Per quanto riguarda la Basilicata, invece, c'è in queste pagine la scoperta, felicissima, d'una messe di poeti che si muovono, tutti o quasi, nel solco di quella poesia civile che è del più penetrante Scotellaro e che ha consentito alla regione cittadinanza moderna nel panorama della cultura poetica italiana. Non crediamo, però, di poter giustificare, a proposito di Pierro, poeta del più suonante dialetto lucano — una novità, se vogliamo, nella geografia dei dialetti italiani —, la versione in lingua operata, sia pure con gusto ed intelligenza, dal Fiore, Lo stesso dicasi per alcune liriche di Giulio Paternostro, poeta di Rotondella in quel di Matera, il cui dialetto consente ad alcuni sentimenti una evidenza rappresentativa che se espressi in lingua forse non avrebbero. Per il resto, tutto il libro è un'idea della quale bisognerà tener conto quando, una volta o l'altra, si scriverà la storia del movimento meridionalista dei nostri anni, quel movimento cui uno studioso come Tommaso Fiore ha elargito e va elargendo energie validissime. ENZO PANAREO MARIO e DORA COSTA. Corigliano d'Otranto. Galatina, Editr. Salentina, 1970. I coniugi Costa presentano un serio e appropriato studio che meriterebbe di essere conosciuto innanzitutto dai salentini e diffuso nelle scuole e nelle biblioteche comunali della provincia. Ciò consentirebbe di conoscere meglio la nostra terra non soltanto sotto il profilo storico, ma anche nella lingua, negli usi, nei costumi, nelle credenze popolari, nel folclore. Studiando il volume si può avere un'idea chiara anche delle caratteristiche topografiche, morfologiche ed idrografiche di tutta la terra d'Otranto. Gli autori hanno diligentemente curato importanti indagini sul movimento demografico, sulle varie attività della popolazione locale, sull'istruzione degli abitanti, sull'economia. Passando a trattare, poi, particolarmente della storia di Corigliano d'Otranto si ha un'ampia panoramica di quella che fu la dominazione dei Normanni, degli Svevi, degli Angioini, degli Aragonesi. 396 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDS (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce Sotto la dominazione di questi ultimi (seconda metà del 400), si verificò l'evento storico dell'invasione turca in Otranto e nella Penisola Salentina (1480-1481) conclusasi con l'eccidio degli Ottocento Idruntini, tra i quali ci fu Antonio Peschiulli da Corigliano. Gli autori continuano, quindi, la descrizione storica locale che s'inquadra e s'innesta nelle vicende storico-politiche del nostro Paese dai Barboni ai nostri giorni. Nel volume sono, inoltre, ampiamente descritte le caratteristiche architettoniche della Chiesa Parrocchiale, edificata nel 1573, e del Convento dei Cappuccini, la cui origine risale alla seconda metà del Cinquecento. In particolare sono esposte le origini e le caratteristcihe del Castello « Centro fuocale della nostra storia, quando lo vedemmo — scrivono gli autori. —, Forte nella protostoria con i Messapi-lapigi, poi, Forte Romano, ancora Forte Bizantino e finalmente Forte Normanno, quando Tancredi d'Altavilla lo concesse in feudo ad uno dei più fidi dignitari che dové porre le prime basi del Maniero Svevo ancora e Angioino e Durazzesco ». Il Castello e il Campanile di Corigliano sono antiche opere d'arte che « trascendendo l'importanza locale si collocano come monumenti nazionali ». In appendice sono riportati alcuni scritti del De Giorgi, del Bacile e dell'Arditi, celebri studiosi salentini, che hanno notevolmente contribuito, dalla fine del secolo scorso ai primi decenni del nostro secolo, a divulgare le caratteristiche storiche e morfologiche del Salento. Mario Costa, insegnante elementare di Corigliano d'Otranto, ha inteso con questo lavoro delineare ampiamente l'ambiente locale nei suoi vari aspetti. Da parte mia, conoscendo personalmente l'Autore e le sue ottime doti intellettuali, sono certo che a far tanto non è stato solo « l'affetto filiale » verso il paese natio, ma anche e, forse, soprattutto la sua sensibilità di educatore e la sentita responsabilità professionale. Il libro, infatti, può bene inserirsi tra i sussidi della nostra scuola ed è, a mio parere, validissimo perché i riferimenti all'ambiente possono servire di correlazione didattica, sotto il profilo metodologico e di conversazione, di dialogo, sotto il profilo squisitamente educativo. Anche gli adulti possono trarre dal libro preziose motivazioni culturali e l'apertura al dialogo e alla critica costruttiva, per promuovere migliori e meritate fortune economico-sociali per Corigliano d'Otranto e per tutto il Salento. BRIZIO COLELLA MARIO DILIO - PASQUALE SATALINO. Chi lega i fili. Bari, Adriatica, 1970. Se poniamo attenzione alle date — 15 Giugno 1944, 20 Settembre 1969 — entro le quali s'inscrivono gli articoli ed i saggi contenuti in questo suggestivo libro (Chi lega i fili, un omaggio a Vittore Fiore di Mario Dilio e Pasquale Satalino. Bari, Adriatica Ed., 1970) e se consideriamo la circostanza che lo ha provocato — i cinquant'anni, appunto, di Vittore Fiore del quale sono sia gli articoli che i saggi, oltre ad un manipoletto di poesie che s'incaricano di richiamare, con limpida misura poetica, le atmosfere più intense di Ero nato sui mari del tonno — troviamo che esse comprendono una esperienza di vita che per l'autore dgli scritti, il quale ha vissuto e vive da protagonista i vari momenti della milizia meridionalista, rappresenta tutto un ciclo storico. Questo va dalla guerra di liberazione, quando tra le macerie di un paese condotto a rovina si veniva riconoscendo la generazione 897 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDS (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce che avrebbe dato al paese stesso le nuove leve direttive, alla soglia degli anni settanta, gli anni delle fervide trasformazioni delle strutture sociali ed amministrative, fondamentale tra queste la realizzazione dell'istituto regionale. Non saremo noi a tentare subito di stabilire l'esatta portata negli interessi, nella dinamica di questi, della politica amministrativa e culturale della regione pugliese — divenuta in questi mesi appunto realtà in una più vasta e complessa realtà nazionale — di alcune teorie e proposizioni contenute negli scritti di Vittore Fiore; c'è, per questo, il politico e c'è lo storico, l'economista ed il sociologo, ché il merito del Fiore appunto questo è, nella facoltà dí sintesi che gli sorregge l'esercizio: porre, sulla scorta di tutta una somma di esperienze sia di ordine teorico che di ordine pratico (e solo sa chi gli è stato e gli è vicino l'impegno immediato che richiede il meridionalismo nelle varie fasi dí realizzazione!), l'accento su quelli che nella fitta trama del meridionalismo critico sono i nodi intorno ai quali più intensa di scritti e di opere diventa l'elaborazione. Non saremo noi, allora, a tentare di stabilire la misura di incidenza nella realtà quotidiana in divenire del pensiero sviluppato in questi scritti, ma è certo che sul metro della nostra esperienza di uomini attenti al nostro destino — e qui non importano le ideologie politiche che per libera elezione abbiamo dato o auspicato come piattaforma di questo destino —, maturata, tale esperienza, sia pure tra incertezze e dubbi di ogni sorta, possiamo affermare senz'altro che nelle due date indicate un ciclo vitale s'è compiuto per la storia del Sud d'Italia, un ciclo che conta al suo, e nostro, passivo molte cadute, ma anche conta qualche non inutile realizzazione. Che questo Sud — malgrado certe piaghe di miseria che l'irresponsabile miopia e l'assenteismo di un settore della classe politica al governo ancora tollerano e non vogliamo ribadire il concetto delle due Italie ed i suoi riflessi nel campo economico — faccia ormai parte, nella più vasta storia del paese, di un contesto europeo è vero, com'è vero, d'altra parte, che la regione ha cominciato a operare sul piano morale prima ancora che le urne ne facessero una entità politicoamministrativa, perché ha operato a livello di coscienza di uomini che hanno assunto un compito d'avanguardia. Quali sono state le premesse all'operare? Indispensabili premesse che hanno, a loro volta, consentito l'esatto riconoscimento degli obiettivi? Sul piano dei valori teorici naturalmente, cui non è mai restata estranea la necessaria carica umana, e dopo aver individuato sotto tutti gli aspetti la zona entro la quale esplicare l'attività: il meridionalismo critico, innanzitutto, e critico appunto perché ha dovuto fare i conti, man mano che postulava i problemi più urgenti cui attendere, con una classe dirigente che forte di certi pregiudizi di casta s'è andata sempre adagiando in un comodo clientelismo che ne ha frenato, ed in qualche caso irrimediabilmente, l'azione. Una autentica cultura meridionale poi, che omogeneizzata sul piano dei valori estetici e testimoniali con la cultura nazionale, a livello nazionale, appunto, elevasse i problemi del Sud, a riscontro di quelli che riguardano l'intero paese, premessa o conseguenza della risoluzione di questi ultimi, suscettibili, a loro volta, d'interessare tutta l'area europea nella politica degli enti sovranazionali. Ma anche il meridionalismo è cultura, diremmo che, nel caso particolare e data anche una forte tradizione che vanta i nomi migliori del pensiero meridionale, della cultura nel suo aprirsi alle varie manifestazioni è la spinta, il punto esatto di partenza, ma anche la sintesi, il punto di arrivo. Al di là di questo, infine, la realtà umana e sociale da riscattare mediante tutta una serie di interventi, non ultimo, prioritario anzi, quello della consapevolezza della propria personalità da 398 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDS (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce dare alle masse contadine ed operaie, soggetto di una storia che investe i problemi della terra e dell'economia in genere del Sud. Certo, non si vuol dire poi che tutto quanto è prospettato negli articoli, nei saggi contenuti nel libro attinge a vertici di assoluta realizzabilità: nel lasso di tempo entro il quale gli scritti s'inseriscono molte proposte, molte intuizioni hanno dovuto assoggettarsi ad una spietata verifica che la realtà storica ha dovuto maturare. Compito del meridionalista, se vogliamo, è stato oggi come ieri quello di fornire alle masse la consapevolezza della loro destinazione nello sviluppo del paese, ma è stato anche quello di fornire ai politici gli strumenti perché tale consapevolezza acquistasse, nel contesto degli interventi operati, il suo vero volto, che è poi quello del riscatto. Male per i politici, infine, se l'istanza non è stata tenuta nel debito conto. Vuol dire che le masse debbono far da sole, ed è forse meglio piuttosto che cadere nelle braccia del più retrivo paternalismo. Tutto ciò non toglie, però, che molte delle proposte, delle ipotesi, delle intuizioni contenute negli scritti di Vittore Fiore possono restare valide ed indicate all'attenzione di chi voglia ancora trarne profitto in un contesto di aspirazioni magari non diversamente formulabili dato il clima entro il quale gli uomini operavano ed operano. Comunque, qui, alla fine, non è nemmeno questione di teorie e di proposizioni, di ordine politico come di ordine culturale, fasi di un pensiero nel suo farsi, ma è questione di un umanesimo che travalica i confini della teoria per guardare nel vivo della realtà umana per coglierne le infinite esigenze e le diverse disponibilità alla vita pubblica. Ecco perché questo è un libro vivo, non di arida formulistica politico-sociale, un libro che al di là degli schemi e delle ipotesi propone, nel calore delle speranze, una misura di civile sensibilità forse raramente raggiunta prima nell'attività meridionalista. ENZO PANAREO N. Presentazione e commento di Ermanno Mozzati. Milano, Ed. U. Mursia & C. Coll. La nuova biblioteca, 1969. PALUMBO. Pane verde. La riproposta in edizione scolastica di questo bel libro di N. Palumbo sollecita alcune considerazioni. Visto nella particolare angolazione di libro di narrativa da mettere adesso nelle mani dei giovani e giovanissimi, per una lettura sui banchi della scuola, dove abituare gli allievi più che a vacue esercitazioni accademiche, ad una salutare valutazione dei prodotti dello spirito, Pane verde, uno fra i più penetranti libri della narrativa meridionale, si arricchisce di alcune peculiarità che meglio lo caratterizzano. Quel particolare momento della più recente storia d'Italia, gli anni vogliamo dire durante i quali si maturò da parte del fascismo e si realizzò la fondazione dell'impero — gli anni lungo i quali si sviluppa la trama del romanzo di Palumbo — devono essere mostrati ai giovani nella loro giusta luce; non anni eroici, ma anni durante i quali il regime fascista tentava mediante l'impresa africana e sulla scorta di motivi rivendicazionisti veramente mal 'riposti nei riguardi della politica estera, di camuffare, e superare, la pesante espressione economica che si era determinata nel paese in conseguenza dell'avventata poli tica interna ed estera mussoliniana. Un testo di storia, ovviamente, accenna soltanto — quando accenna! — al particolare momento, un testo di narrativa — il Pane verde di Palumbo, nel caso nostro — per converso, diffonde il concetto storico lungo tutta l'intelaiatura della 300 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDS (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce narrazione lasciando così nella mente dei giovani lettori una traccia non tanto facilmente cancellabile. Nel contesto di una tal prospettiva, per quel che riguarda l'economia etico-storica dell'opera, s'inserisce, e diventa motivo di fondo, la questione meridionale — il libro racconta di una famiglia di artigiani pugliesi í quali con l'emigrazione a Bari prima ed a Milano poi tentano dí sottrarsi ai gravi disagi economici in cui si son sempre dibattuti, oltre che ad un irrespirabile clima feudale — vista mediante il succedersi delle generazioni, da quando essa, praticamente, entrava nel vivo della problematica economica, dopo la brutale annessione, meglio non può definirsi, dell'Italia meridionale al regno dei Savoia, fino alle soglie della seconda guerra mondiale. E se è vero che la questione meridionale rappresenta il momento della verifica di ogni governo italiano, si può dire che essa per come fu affrontata — o per come non fu affrontata! — dal fascismo caratterizzò in pieno il regime. Si pensi ai contadini ed agli operai meridionali che non andavano, certo, a combattere in Africa Orientale per restaurare l'impero sui colli fatali di Roma. Poi andarono anche in Spagna, quelli che tornarono dall'Africa, ma allora la tragedia era ormai alle porte. La particolare condizione linguistica — un raccontare piano, con una lingua interamente ricavata dai modi del linguaggio quotidiano, corrente tra la classe operaia nel Mezzogiorno — diventa, intanto il veicolo più opportuno delle idee e delle visioni storiche che il racconto acutamente propone. Siamo certi che questo libro rappresenterà — mediante anche la succosa presentazione ed il sobrio, ma calzante, commento del Mozzati — nelle mani dei giovani un prestigioso ed efficace incentivo di promozione umana e culturale. ENZO PANAREO 400 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDS (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce