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NEWSLETTER 49-2008
NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO
ANIMALI: MASCHI SEMPRE PIU' IN PERICOLO
L'inquinamento da sostanze chimiche colpisce soprattutto i maschi delle specie animali,
riducendo la loro fertilità, rimpicciolendo i loro organi sessuali e aumentando i casi di
ermafroditismo (la presenza di organi sessuali di entrambi i sessi).
Lo denuncia una ricerca della ONG britannica Chemtrust
(www.chemtrust.org.uk), che ha esaminato più di 250 studi scientifici
da tutto il mondo, come riferisce il quotidiano The Independent. "I
maschi delle specie di ciascuna delle classi principali di animali
vertebrati (pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi) - spiega la ricerca
- sono stati colpiti da sostanze chimiche nell'ambiente.
La femmilizzazione dei maschi di numerose specie vertebrate è oggi
un evento largamente diffuso". Si va dei pesci dei fiumi britannici che
sviluppano uova nei loro testicoli (pare per la presenza di ormoni femminili delle pillole
anticoncezionali scaricati nelle fogne) alle rane rospo maschio della Florida, che nelle zone più
coltivate (e riempite di pesticidi) diventano ermafrodite nel 40% dei casi.
Sempre in Florida, gli alligatori esposti a pesticidi hanno livelli più bassi di testosterone,
testicoli anormali, peni più piccoli e difficoltà riproduttive. Gli storni del sudovest dell'Inghilterra
che mangiano vermi contaminati da ormoni femminili delle fogne cantano con una voce più
acuta e maggior virtuosismo. Sintomi di femminilizzazione (presenza di ormoni femminili,
organi sessuali maschili rimpiccioliti) sono stati trovati in pesci di tutti i mari del mondo, dal
Giappone al Mediterraneo, nelle tartarughe dei Grandi Laghi, fra Usa e Canada (zona ad alta
densità industriale), nei gabbiani e nei falchi pellegrini.
Al Polo Nord, sono stati scoperti orsi bianchi ermafroditi. Le lontre e i topi esposti
all'inquinamento da policlorobifenili (PCB, al bando, ma ancora diffusi) hanno testicoli e peni
rimpiccioliti. I beluga e le orche canadesi più esposte ai PCB hanno difficoltà a riprodursi. "Le
prove della ricerca suonano un campanello d'allarme" ha commentato l'endocrinologo
dell'Università di Exeter Charles Tyler. "Abbiamo lanciato 100 mila prodotti chimici contro un
sistema ormonale finemente bilanciato - ha aggiunto uno dei maggiori esperti al mondo di
sostanze mutagene, il professor Pete Myers -. Non è sorprendente che vediamo gravi risultati".
Il professor Lou Gillette dell'Università della Florida commenta che "se vediamo problemi nella
vita in natura, possiamo preoccuparci che qualcosa di simile stia avvenendo ad una
percentuale dei maschi umani".
The Independent cita a proposito altre ricerche, che rivelano che i figli di madri esposte agli
ftalati (per saperne di più su queste sostanze chimiche, clicca QUI) hanno peni più piccoli e
testicoli non discesi, che le comunità più inquinate da sostanze mutagene (fra le quali l'Italia)
generano più femmine che maschi e che perfino la produzione di sperma in venti paesi è
crollata in 50 anni da 150 milioni di millilitri a 60.
(da Promiseland News – dicembre 2008)
NON È CHIUSO IL DIBATTITO SULLA SOGLIA UE PER GLI OGM
Bruxelles ha rilanciato con i partner europei il dibattito sugli organismi geneticamente
modificati in particolare sul tipo di intervento quando nei prodotti importati dal resto del
mondo, sono presenti tracce di OGM non autorizzati in Europa.
Tra le soluzioni possibili sta emergendo, lo rivela l'Ansa, quella di
introdurre un livello di rilevamento della presenza fortuita di OGM non
autorizzati che potrebbe essere fissato allo 0,1%.
La riflessione sul modo di migliorare l'applicazione della normativa
europea sui prodotti transgenici si accentuerà nei prossimi mesi alla
luce delle conclusioni adottate lo scorso 4 dicembre dal Consiglio dei
ministri dell'ambiente dell'Ue.
Il testo sottolinea che la valutazione a lungo termine dei rischi
ambientali degli OGM dovrebbe essere migliorata e gli stati membri - a determinate condizioni
- potrebbero creare delle zone OGM-FREE.
Nelle conclusioni emergono altri elementi che vanno dal rafforzamento della valutazione
ambientale e del dispositivo di sorveglianza alla valutazione dei vantaggi e dei rischi
socioeconomici; da un maggior ricorso a perizie alla necessità di stabilire una o più soglie UE di
etichettatura degli OGM fino alla presa in considerazione di aree sensibili e da proteggere.
(dal Bollettino Bio Greenplanet – dicembre 2008)
LA SCHIZOFRENIA DEI MERCATI
di Renzo Rossetto
Settore Studi Economici di Veneto Agricoltura
Lo potremmo definire l’anno della schizofrenia dei mercati: dalla
continua salita delle quotazioni dei principali prodotti cerealicoli fino
ai massimi di aprile e maggio, al crollo dei listini e ai prezzi alla
soglia dell’intervento registrati nelle ultime settimane.
Mentre per il frumento e la soia, quelli attuali sono ancora prezzi
superiori a quelli medi mensili registrati dal 2000 (dal che qualche
pessimista potrebbe concludere che non c’è fine al peggio e c’è
ancora spazio per un ulteriore discesa), per il mais, in particolare, si
tratta di quotazioni tra le più basse del nuovo millennio (solo nel 2005/06 si può dire che siano
stati stabilmente su livelli inferiori).
Se i produttori piangono (e anche qualche esperto del settore arriva
ad affermare che per fortuna c’è la PAC) gli utilizzatori non ridono:
la maggior parte di essi si era già coperta fino a fine anno quando i
prezzi erano ancora vicino ai massimi.
Se ad oggi le indicazioni provenienti dai mercati internazionali
sembrano indicare il perdurare di questa situazione di prezzi, viste
anche le previsioni di raccolti abbondanti per tutti i principali
prodotti cerealicoli, a gennaio la situazione potrebbe anche cambiare drasticamente.
Secondo alcuni osservatori infatti la discesa dei prezzi è ormai andata
oltre i valori impliciti nei fondamentali del mercato.
In base a questa considerazione non si può escludere che quando la
domanda si ripresenterà sulle piazze di contrattazione nazionale, con
rinnovata volontà/necessità di acquisto, l’offerta possa riuscire a spuntare
qualche correzione al rialzo dei prezzi.
(da Newsletter CIP Veneto Agricoltura – dicembre 2008)
E IL BACCALÀ, SIGNOR MINISTRO, DOVE LO METTIAMO?
Il ministro dell'Agricoltura Luca Zaia, in occasione dell'incontro natalizio con i giornalisti, ha
provocatoriamente proclamato uno sciopero dell'ananas e il bando a tutti quei "prodotti fuori
stagione, che non appartengono alla nostra tradizione e che, spesso, vengono coltivati in Paesi
dove è ancora possibile utilizzare insetticidi epatotossici".
La presa di posizione fa indubbiamente notizia, ma il problema
dell'importazione di prodotti alimentari è sufficientemente complesso
da meritare da un ministro maggiore cautela e - forse - uno sforzo
di comunicazione meno semplicistico.
C'è da distinguere infatti tra fattori diversi: dall'impatto ambientale
che valuta la CO2 emessa nell'aria dai mezzi di trasporto durante il
viaggio, all'aspetto che riguarda la sfida che i "nostri" prodotti
devono affrontare ogni giorno sugli scaffali dei negozi, in termini di prezzo, di qualità, di
salubrità, di libera scelta del consumatore.
Esistono condizionamenti posti dalla stagionalità, la quale limita la presenza di questo o quel
prodotto, italiano o estero che sia, nei diversi periodi dell'anno; dal fruttivendolo, non solo al
supermercato, quanti prodotti stagionali - secondo la "nostra" tradizione - sono cresciuti in
Italia e quanti in Sud Africa o America Latina? Ormai è nella tradizione che alla fine di un lauto
pasto, almeno in occasioni particolari come il Natale, si inserisca un qualche elemento esotico
come un ananasso ( declinato con idioma italiano, segno che del "reo" esiste traccia sin dai
tempi di ben nota autarchia), così ricco di acido citrico da provocare un sollucchero impagabile
per la nostra bocca impastata del gelatinoso suino proposto in alternativa dal ministro.
La tradizione di arricchire di elementi esotici le grandi festività è del resto antichissima e vive la
sua epifania proprio nei doni preziosi ed esotici dei re Magi. E poi l'ananas, per le sue proprietà
organolettiche, è consigliato come elemento importante di una dieta salubre da moltissimi
dietologi (fatto che si può escludere per il cotechino). Il ministro Zaia, veneto come è anche chi
scrive, non può inoltre dimenticare che una pietanza che "appartiene alla nostra tradizione" e
sottolineo nostra perché più veneta di così non si può, ovvero il baccalà, provenga da terre
tanto lontane e così distanti "culturalmente" dalle nostre senza che ne risulti spostato di una
virgola il suo tasso di "tradizione".
Bene, il ministro crede che a difesa di una qualche più antica e non meglio precisata tradizione
siano in tanti disposti a disfarsi di un bene così prezioso come lo stoccafisso, importato a
Venezia nel lontano 1432 dal capitano Pietro Quercini, sbattuto con la sua nave, a causa di un
naufragio, in Norvegia e oggi base di uno dei più tipici piatti veneti?
Concedo a Zaia il beneficio del valore simbolico della sua affermazione, anche se continuo a
rimanere perplesso e mi pongo un'altra domanda: è davvero utile, con l'intento di
salvaguardare i cittadini e, di conseguenza, i consumatori, porre delle barriere che possono
avere effetti disastrosi sulle economie agricole dei paesi in via di sviluppo?
La presenza di quantitativi importanti di residui di sintesi dovuti ad un uso massiccio di
insetticidi, pratica diffusa in alcuni Paesi lontani, come ricorda il ministro, può essere risolta
acquistando prodotti con una certificazione sicura. Uno sforzo che magari proprio per Natale
potremmo concederci.
Esistono infatti in commercio ananas provenienti da coltivazioni equo e solidali e biologiche che
sicuramente incontrano quei criteri di salubrità a cui i consumatori italiani sono abituati e in
più, l'acquisto di questi prodotti esotici, rappresenta proprio "quell'azione di incentivo della
crescita dell'agricoltura nei paesi in via di sviluppo, efficace e mirata" che Zaia stesso chiedeva
alla platea della Fao lo scorso 19 novembre.
Importante sarebbe riprendere la consuetudine di guardare quello che mangiamo.
A quel punto concederci, con consapevolezza, ogni tanto, qualche divagazione esotica, anche
per recuperare la misura del valore delle nostre consolidate tradizioni, non credo sarebbe un
peccato.
Ci dovremmo sentire sovversivi se regalassimo un ananas Fairtrade a Natale?
(dal Bollettino Bio Greenplanet – dicembre 2008)
L'EOLICO GALLEGGIA SUL MAGNETE
Si chiama MagLev Wind Turbine, e promette di rivoluzionare il settore dell'energia
eolica
Una megaturbina che per funzionare sfrutta la levitazione magnetica, proprio come i treni
superveloci giapponesi, ed è in grado di produrre fino ad 1 gigawatt di potenza: per fare lo
stesso con i dispositivi tradizionali ci vorrebbero oltre 60 eliche. Una rivoluzione.
Ma i vantaggi dell'eolico magnetico non si
esauriscono qui: la turbina è in grado di
funzionare già con brezze leggere di soli 1,5
metri al secondo, ed è in grado di resistere
anche a regimi più sostenuti da 40 metri al
secondo (oltre 140 chilometri all'ora).
Inoltre, l'assenza di parti meccaniche in
movimento elimina l'attrito: solo l'1 per cento
della forza del vento viene dispersa per
muovere le pale, mentre il restante 99 per
cento può essere convertito in energia pulita.
Le pale magnetiche sono anche economiche: costruirne una può costare fino al 75% in meno
rispetto all'equivalente tradizionale, senza contare che mancando i complessi meccanismi che
consentono al rotore di allinearsi con la direzione del vento viene anche considerevolmente
ridotta la difficoltà di progettarle e realizzarle. E la manutenzione, che ha un costo, è di gran
lunga inferiore: un apparato eolico-magnetico secondo i suoi progettisti potrebbe funzionare
per 500 anni con un minimo di controlli periodici.
La nuova turbina è ancora un concept, è stata presentata all'inizio dell'estate in Cina al Wind
Power Asia 2007, ma è destinata a diventare presto realtà: costruttori cinesi e statunitensi
sono al lavoro per realizzare quanto prima esemplari funzionanti, con potenze comprese tra
400 e 5.000 watt cadauna, tanto per cominciare. A regime, produrre un kilowatt di elettricità
potrebbe costare appena 0,7 centesimi di euro.
(da Promiseland News – dicembre 2008)
LA FRUTTA PER LE SCUOLE D’EUROPA
Il direttore del Centro Servizi Ortofrutticoli di Ferrara, Luciano Trentini, ha presentato alla
platea del Parlamento Europeo l'esperienza italiana per la promozione del consumo di frutta tra
bambini e adolescenti.
Dopo l'approvazione nel luglio scorso, in sede di Commissione
Europea, del programma School Fruit Scheme, promosso per favorire
i consumi di frutta nelle scuole, il 15 e il 16 dicembre si è tenuta a
Bruxelles la Conferenza di messa a punto delle modalità operative del
progetto.
La conferenza è stato un momento di scambio di idee ed esperienze
tra esperti del settore riguardo alla promozione di alimenti sani e stili
di vita salutari soprattutto per bambini. Gli obiettivi sono quelli di
individuare modelli operativi applicabili per la realizzazione del
Progetto School Fruit Scheme che mette in campo oltre 90 milioni di euro per favorire il
consumo di frutta in Europa .
Luciano Trentini, direttore del CSO di Ferrara, è stato invitato a presentare l'esperienza italiana
in termini di promozione rivolta ai bambini, concentrando l'intervento su tre progetti che più di
ogni altro sono mirati a favorire i consumi di frutta tra i più piccoli.
Si tratta in particolare del Progetto Fruitness finanziato dall'Unione Europea e realizzato dal
CSO in Austria, Germania Svezia, Regno Unito e Polonia.
Giunto al terzo anno di attività, Fruitness, utilizza la figura di un supereroe per convincere i
bambini che mangiare frutta, in particolare pesche, pere e kiwi. Nei punti vendita della grande
distribuzione europea o nei negozi specializzati vengono quindi distribuiti video game di
Fruitness e altri gadget che risultano molto apprezzati dai bambini soprattutto in età scolare.
Nel sito www.fruitness.eu è possibile ricevere preziose informazioni nutrizionali ma anche
giocare e divertirsi con game interattivi. Ad oggi il portale ha registrato quasi 600.000 contatti.
Mentre Fruitness è attivo esclusivamente fuori dai confini nazionali, nelle scuole italiane è stato
realizzato con successo il Progetto Frutta Snack. Il progetto pilota è stato realizzato in EmiliaRomagna, Lazio e Puglia in collaborazione con gli Uffici Scolastici regionali e provinciali.
La sperimentazione ha coinvolto oltre 80 scuole superiori per le aree di Bologna, Roma, Bari e
circa 60.000 ragazzi. L'idea è quella di distribuire la frutta nelle scuole con vending machine
personalizzate contenenti singoli frutti in sacchetti o frutta al naturale tagliata e confezionata.
La distribuzione automatica della frutta fresca o tagliata e confezionata è una modalità
innovativa di presentazione del prodotto che crea una alternativa salutistica ai soliti snack.
Il terzo progetto illustrato da Luciano Trentini in questi due giorni di work shop è stato quello
relativo alle "Fattorie didattiche" e promosso dalla Regione Emilia Romagna. Si tratta di
un'esperienza pluriennale di contatto diretto dei bambini con la natura e la produzione e di un'
occasione importante per conoscere i ritmi e la stagionalità delle produzioni, fattori questi che
concorrono ad avvicinare i bambini al consumo di frutta e verdura che diventano alimenti più
interessanti e meno anonimi.
“L'Italia - ha dichiarato Trentini a conclusione del suo intervento a Bruxelles - vanta esperienze
di promozione e comunicazione sulla frutta che hanno riscosso notevole interesse in tutta
Europa. La Conferenza di Bruxelles è stata una occasione importante per mettere in luce il
percorso seguito a livello nazionale in termini di valorizzazione per i più piccoli e le risorse
messe a disposizione dalla Comunità con School Fruit Scheme, importanti opportunità per
continuare e consolidare il percorso avviato".
(dal Bollettino Bio Greenplanet – dicembre 2008)
RALLENTARE LA PROGRESSIONE DEL CANCRO CON LA DIETA
Si allunga la lista degli alimenti anti-cancro.
Integrare nella dieta l'olio d'oliva, i fagioli e i ceci, aiuta a diminuire la proliferazione
delle cellule tumorali.
Secondo uno studio coordinato dalla professoressa Maria Luisa Brandi
(*), del Dipartimento di Medicina Interna dell'Università di Firenze, le
cellule tumorali trattate con gli alimenti sopracitati rallentano
sensibilmente lo sviluppo.
Alcuni dati relativi ai risultati ottenuti sono stati resi noti in occasione del
convegno scientifico sui prodotti tipici organizzato dal Centro di Ricerca e
Valorizzazione degli Alimenti (Dicembre 2008).
I dati ottenuti fino a questo momento sono frutto di una sperimentazione condotta in vitro, un
tipo di analisi che consente di osservare un fenomeno singolo isolandolo dal contesto che
potrebbe portare ad un'alterazione dei dati raccolti. I ricercatori hanno utilizzato due identiche
culture di cellule umane di cancro del colon, ovvero due nuclei con un numero di cellule
equivalenti (circa 10 mila).
Per un periodo di 12 giorni, un nucleo ha ricevuto un trattamento a base di olio extravergine di
oliva, ceci e fagioli, l'altro, invece, non ha subito nessun trattamento. Per "somministrare" l'olio
extravergine di oliva, i ceci e i fagioli, i ricercatori hanno fatto un estratto e ne hanno ricavato
una polvere da dissolvere nella coltura delle cellule cancerose. Durante i 12 giorni, a intervalli
di 48 ore, si sono registrati i dati relativi alla proliferazione di entrambe le masse tumorali.
Il risultato è stato sorprendente, dopo circa due settimane le cellule non trattate si sono
sviluppate in misura esponenziale, da 10 mila a 980 mila. Al contrario, il gruppo di cellule
tumorali sottoposto al trattamento è rimasto abbondantemente sotto le centomila cellule, circa
86 mila (ben 12 volte in meno rispetto al gruppo di cellule non trattate).
La professoressa Brandi spiega che, anche se attualmente non ci sono dei dati che dimostrino
un uguale effetto anche sull'uomo, gli effetti sono talmente marcati da lasciar pensare che
un'integrazione nella dieta di alimenti come l'olio extravergine di oliva e legumi, un paio di
volte a settimana, possa avere un'azione preventiva nei confronti del tumore del colon.
L'olio extravergine d'oliva, i fagioli e i ceci sono alimenti ricchi di particolari sostanze, i
fitoestrogeni, che hanno un'azione e una struttura simile a quella degli ormoni femminili.
I fitoestrogeni, sostanze naturali non steroidee contenute nelle piante, sono noti per l'efficacia
nel contrastare molti disturbi della menopausa (vampate di calore, disturbi dell'umore, ecc.). Il
vantaggio è che non presentano gli effetti collaterali indesiderati legati alla terapia ormonale
sostitutiva.
Secondo la professoressa Brandi, una dieta con apporto regolare di legumi può perciò giovare
soprattutto alle donne in menopausa per riequilibrare in parte, in modo del tutto naturale, il
calo ormonale tipico del periodo.
Il prossimo passo dei ricercatori sarà quello di verificare se anche sull'uomo i tre alimenti
utilizzati nella sperimentazione in vitro, l'olio extravergine di oliva, i ceci e i fagioli, hanno un
così grande potere nel bloccare la proliferazione delle cellule tumorali.
(*) Maria Luisa Brandi
Professore Straordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso l’Università di
Firenze, Responsabile del “Centro Regionale di Riferimento Tumori Endocrini Ereditari”
(da Promiseland News – dicembre 2008)
L’ORTOFRUTTA NON CADRÀ NELLA CRISI
L'anno sta rapidamente per finire e non si sa bene come possa essere archiviato: se l'anno
della crisi o se l'anno della premessa alla crisi. Se tutti gli indicatori dell'economia sono infatti
negativi per il 2008, l'anno nuovo che arriva potrebbe essere peggiore. Le previsioni generali
propendono anzi per questa ipotesi. I segnali ci sono tutti. Le difficoltà rimbalzano da un
settore all'altro e pochi possono guardare con relativa serenità al 2009.
Come è noto, la crisi è partita dalla finanza americana, dal crollo
improvviso di alcune banche d'affari che sembravano gli intoccabili templi
del potere e della ricchezza a livello mondiale; ha successivamente colpito
l'intero sistema bancario internazionale, quindi il settore immobiliare,
infine - in modo pesante - il comparto automobilistico, che è uno dei
grandi motori dell'economia reale del nostro tempo.
Detroit, la capitale dell'automobile, sede di General Motors, Ford e
Chrysler, con una produzione annuale che superava i 15 milioni di
autoveicoli, è oggi una città che trema e che non sa dove riciclare le
centinaia di migliaia di esuberi prodotti dalla crisi.
Come sempre, le crisi sono anche però momenti di forti cambiamenti e di grandi opportunità
per chi li sa vedere e capire in anticipo. Vanno ripensati i modelli di sviluppo.
La crisi economica va di pari passo con una crisi ecologica e una crisi delle idee che forse è alla
base di tutto e che è ancora più pericolosa delle altre. Il presidente eletto degli Stati Uniti non
è che una reazione alle difficoltà dell'America e alle sue necessità di cambiamento.
Mancano pochi giorni all'insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca e le aspettative
attorno a lui sono importanti. Ma le opportunità vanno soprattutto ricercate fuori dall'America e
cioè fuori dal centro della crisi; le opportunità sono nei Paesi ad economia emergente, sono in
aree come il Mediterraneo e sono in settori economici alternativi a quelli convenzionali o
collegati alle nuove necessità della vita d'oggi.
Sono convinto che il Mediterraneo nel 2009 si confermerà un'area di sviluppo, alla condizione
che l'Europa capisca quanto sia importante la cooperazione con i Paesi della costa meridionale
e orientale e sia disposta ad investire maggiori risorse nell'area. Il settore dei prodotti freschi
tipici del Mediterraneo non dovrebbe risentire particolarmente di un calo dei consumi che sarà
molto accentuato per altri.
Sappiamo anzi che i consumi di prodotti biologici, per esempio, sono in controtendenza, ed
aumentano nonostante prezzi al consumo non proprio convenienti. L'ortofrutta e le altre
produzioni tipiche del Mediterraneo sono già in linea con un qualsiasi nuovo modello di
sviluppo. Si tratta di dare efficacia alle politiche di marketing, di perseguire la qualità e di farla
riconoscere al consumatore attraverso la certificazione. Occuparsi di ortofrutta mediterranea
oggi dovrebbe essere una fortuna.
(dal Bollettino Bio Greenplanet – dicembre 2008)
NUOVA LEGISLAZIONE UE SUI PESTICIDI
Accordo raggiunto in sede comunitaria sulla nuova legislazione sui pesticidi. Dal 2009 al 2018
ben 22 sostanze finora autorizzate saranno vietate. Previsto il principio di precauzione.
Il bando di 14 di esse è confermato dalla loro nocività per la salute umana e per l'ambiente;
potrebbero ritrovarsi vietate anche le altre, per cui le prove di effetti diretti sulla salute non
sono ancora definitive. Non ci sarà una messa al bando immediata, ma le sostanze sotto
accusa non saranno più riammesse dopo la scadenza
dell'autorizzazione attuale.
La legislazione sui pesticidi, che sarà approvata ufficialmente dalla
Plenaria a gennaio, contiene un regolamento (applicabile
direttamente negli Stati membri) sul regime di autorizzazione, e
una direttiva (da recepire con leggi nazionali) sull'uso sostenibile e
la riduzione progressiva dell'utilizza dei pesticidi.
Per la prima volta, grazie a un nuovo metodi di valutazione dei rischi messo a punto
dall'Agenzia chimica svedese, diversi perturbatori endocrini non saranno più autorizzati. Tali
sostanze verranno sicuramente vietate se vi saranno almeno due conseguenze patologiche
dimostrate in esperimenti con una sola specie animale, e potranno esserlo anche con un una
sola, se vi saranno in più altri effetti osservabili su qualunque organo.
Al primo gruppo appartengono le sostanze attive Molinate, Tepraloxydim e Tralkoxydim usate
negli erbicidi, e l'Epoxiconazolo usato nei funghicidi; stanno nel secondo gruppo, invece, le
sostanze Amitrolo e Ioxynil usate negli erbicidi, Iprodion, Mancozeb, Maneb, Metconazolo, e
Tebuconazolo nei funghicidi, e il Thiacloprid, utilizzato negli insetticidi.
Molti dei principi attivi di questa lista di perturbatori endocrini sono prodotti dalle multinazionali
chimiche tedesche Bayer e Basf. Ma mentre Basf concentra i propri prodotti nel primo gruppo,
Bayer è presente piuttosto nel secondo. Questo, riferiscono fonti dell'Europarlamento, ha
causato una curiosa diatriba fra le due case farmaceutiche per decidere i criteri di valutazione
di rischio da applicare (e dal risultato sembra che Basf abbia avuto la peggio).
Le sostanze che saranno proibite sono dichiaratamente tossiche, cancerogene, mutagene e
tossiche per la riproduzione, oppure contemporaneamente persistenti, bioaccumulative e
tossiche (Pbt), o si tratta, ancora, di inquinanti organici persistenti (Pop).
Il regolamento prevede che l'UE sia divisa in tre grandi fasce geografiche (Nord, Centro e Sud).
I pesticidi approvati in un'area dovranno essere autorizzati in tutti i paesi che vi appartengono,
ma potranno essere proibiti nelle altre due aree.
La direttiva sull'uso sostenibile dei pesticidi prevede che gli Stati membri presentino dei piani di
riduzione del loro impiego, con obiettivi quantitativi e calendari d'attuazione, e che siano
incoraggiati i sistemi di Protezione Integrata delle colture. Sarà inoltre proibita la diffusione
aerea dei pesticidi (con possibili deroghe che andranno espressamente richieste e autorizzate
dagli Stati membri).
I pesticidi saranno vietati, o ridotti al minimo, anche nei parchi, giardini pubblici, impianti
sportivi e ricreativi. Gli Stati membri, inoltre, potranno proibirne l'uso in zone ecologicamente
sensibili, in presenza di falde acquifere da proteggere o in aree di particolare densità della
popolazione.
(dal Bollettino Bio Greenplanet – dicembre 2008)
'NON USATE LA NOSTRA MUSICA'
E' una sorta di «diritto d' autore» morale, non potete usare le nostre parole, i nostri
ritmi, a fini di tortura.
Dal Boss ai Massive Attack 'Non usate la nostra musica': Bruce Springsteen che canta una delle
sue canzoni più belle, Born in the Usa. Freddie Mercury, l' indimenticato cantante dei Queen,
che si sgola con il loro inno, We will rock you.
E poi tanti altri successi, dal rock al pop, dall' heavy metal al rap. E' l' hit parade della tortura.
Sono i brani suonati a tutto volume, 24 ore su 24, con gigantesche casse acustiche, nelle
prigioni speciali americane, a Guantanamo, in Iraq, in Afghanistan.
Solo che adesso gli artisti di questa speciale graduatoria non
ci stanno più, e lanciano una protesta internazionale per
impedire al governo degli Stati Uniti di usare la loro musica
per fare parlare, ma più spesso col solo risultato di fare
impazzire, i detenuti sospettati di terrorismo.
Nel 60esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei
Diritti dell' Uomo, un gruppo di musicisti prevalentemente
americani e britannici ha firmato un manifesto con cui
intimano a Washington di interrompere una simile forma di tortura.
E' una sorta di «diritto d' autore» morale, quello che vogliono far valere, dicendo in sostanza
alla Casa Bianca di Bush (ancora per poco) e di Obama (dal 20 gennaio prossimo, che peraltro
ha già segnalato l' intenzione di chiudere Guantanamo): non potete usare le nostre parole, i
nostri ritmi, a fini di tortura.
La lista dei firmatari, aperta da Springsteen, include Massive Attack, Elbow, Tom Morello dei
Rage against the Machine, James Lavelle degli Unkle, Matthew Herbert, i Magic Numbers, Bill
Bailey ed altri, e potrebbe allungarsi con i nomi di altri cantanti e gruppi la cui musica viene
abitualmente impiegata come metodo di tortura, tra cui gli Aerosmith, Britney Spears,
Christina Aguilera, Lil' Kim, Limp Bizkit, Meat Loaf, Red Hot Chili Pepper e Tupac Shakur.
I carcerieri «disc-jockey» dimostrano una predilezione per la metallica, il cui ritmo ossessivo si
presta bene ai loro scopi, ma scelgono anche motivi più classici.
La campagna, chiamata ZerodB, è sponsorizzata da Reprieve, l' associazione britannica per la
difesa dei diritti umani che difende più di trenta detenuti di Guantanamo, molti dei quali, così
come altri tenuti prigionieri dagli Usa in località segrete, hanno più volte riportato, ogni volta
che hanno potuto comunicare con avvocati o familiari, di venire bersagliati da musica
assordante per ore, talvolta giorno e notte, come tentativo di farli crollare ed eventualmente
confessare la loro complicità con il terrorismo di al Qaeda.
Bynyam Mohammed, uno dei cittadini britannici detenuti a Guantanamo, a cui a un certo punto
i suoi aguzzini tagliuzzarono il pene con un rasoio mentre era tenuto in una prigione segreta in
Marocco, ha raccontato in seguito che la costante musica ad alto volume gli stava facendo
perdere la sanità mentale.
Privato del sonno, ha detto al suo avvocato Clive Stafford Smith, uno dei legali di Reprieve:
«ero bombardato con Slim Shady di Eminem e Dottor Dre, di continuo, per venti giorni di
seguito. Molti miei compagni di detenzione hanno perso la testa. Sentivo i vicini di cella che
sbattevano la testa contro il muro, urlando come pazzi, per non ascoltare più quella musica».
Alcuni prigionieri hanno dichiarato che la musica ad alto volume può essere perfino peggiore
della famigerata tecnica del water boarding, in cui il prigioniero è sottoposto a un principio di
affogamento. L' Onu e la Corte Europea dei Diritti Umani hanno già da tempo messo al bando
questa tecnica come sistema per far parlare un detenuto. Ma la Cia e altri corpi speciali
americani l' hanno utilizzata con crescente frequenza, perché ha un vantaggio su quasi tutte le
altre forme di tortura: non lascia tracce, perlomeno non sul corpo.
L' idea di trasformare la musica in un' arma nacque una ventina d' anni or sono: le forze
americane usarono brani dei Guns N' Roses e di Elvis Presely, a tutto volume, per cercare di
convincere il dittatore Manuel Noriega ad arrendersi, dopo avere invaso Panama. E forse l'
ispirazione viene dal cinema: dalla famosa scena di Apocalypse Now di Francis Coppola in cui il
personaggio interpretato da Robert Duvall, al comando di un battaglione di elicotteri, spara a
tutto volume la Cavalcata delle Valchirie di Wagner durante l' attacco a un villaggio vietnamita,
sostenendo che spaventava i vietcong e incoraggiava i suoi soldati.
«Immaginiamo un prigioniero in una stanza buia, impossibilitato a muoversi, con le manette,
un sacco sulla testa e musica a tutto volume», dice il cantante David Gray, uno dei firmatari
della protesta. «Non c' è dubbio che sia tortura. Non importa che musica sia: Chajkowskij o
Barney il Dinosauro (colonna sonora di un cartone animato - a Guantanamo è stata usata
anche questa, come pure quella di Sesame Street, ndr), è qualcosa che può farti
completamente impazzire».
Ma non tutti i cantanti protestano. Stevie Benton dei Drowning Pool, le cui canzoni sono state
usate come tortura, commenta: «Per me è un onore pensare che una nostra canzone possa
essere servita a evitare un altro 11 settembre».
(da Promiseland News – dicembre 2008)
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Un felice e proficuo Anno Nuovo
dalla Newsletter de El Tamiso !