scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 16 gennaio 2013
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
16/01/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Reato prescritto e lo Stato non paga
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16/01/2013 Corriere della Sera - Bergamo
Ospedale, Formigoni al taglio del nastro carica la protesta
7
16/01/2013 Corriere della Sera - Milano
Humanitas pronta a fondare un'università di Medicina
9
16/01/2013 Corriere della Sera - Roma
Dieta forzata al San Camillo Pasti bloccati per protesta
11
16/01/2013 Corriere della Sera - Roma
La favola (finita) della dieta facile
12
16/01/2013 La Repubblica - Bologna
"Troppi bambini non vengono vaccinati"
13
16/01/2013 La Repubblica - Bologna
Sant'Orsola, la protesta dei ricercatori
14
16/01/2013 La Repubblica - Genova
Esaote, cambio al vertice Landi lascia, arriva Alonso
15
16/01/2013 La Repubblica - Firenze
Tessera sanitaria in biblioteca per accedere a prestiti e wifi
16
16/01/2013 La Repubblica - Roma
"Ospedali e tagli, il piano dopo il voto alla Regione"
17
16/01/2013 La Repubblica - Torino
L'Asl "sfratta" il Centro Fanon "Curiamo migranti, non contiamo"
18
16/01/2013 La Stampa - Nazionale
"Oggi mi visita lo smartphone"
19
16/01/2013 Il Messaggero - Roma
Banca delle cornee sì ai contratti trapianti salvi
21
16/01/2013 Il Messaggero - Roma
Umberto I, ecco le gallerie ristrutturate Il dg: sbloccare i fondi per la rinascita
22
16/01/2013 Il Giornale - Genova
L'importanza di essere fisici medici
23
16/01/2013 Il Giornale - Nazionale
I cellulari come le sigarette: «Mettete un avviso sui rischi»
24
16/01/2013 QN - Il Resto del Carlino - Bologna
«Chi è stato operato di tumore non può rischiare lungaggini per i controlli»
26
16/01/2013 Avvenire - Nazionale
Influenza, crolla la vaccinazione Oltre un milione di iniezioni in meno
27
16/01/2013 Il Gazzettino - Venezia
Sempre più interventi senza "tagli"
28
16/01/2013 Il Gazzettino - Venezia
Sanità, sindacati sul piede di guerra
29
16/01/2013 Il Gazzettino - Venezia
Vita rovinata dal farmaco, la Bayer paga
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16/01/2013 Il Secolo XIX - Genova
«La Regione è in ritardo sulla cura con la cannabis»
31
16/01/2013 Il Secolo XIX - Genova
Il Galliera perde due pilastri
32
16/01/2013 Il Secolo XIX - Nazionale
Datemi il mio farmaco non è una droga
33
16/01/2013 Il Secolo XIX - Nazionale
«Mi chiamo Alvim e trovo batteri dannosi da eliminare»
34
16/01/2013 Il Secolo XIX - Nazionale
Medici, cambia l'intramoenia "provvisoria" da 10 anni
36
16/01/2013 ItaliaOggi
La nuova pillola è molto peggio
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15/01/2013 Il Sole 24 Ore Sanita'
C'è bocconiano e bocconiano
39
15/01/2013 Il Sole 24 Ore Sanita'
I Lea che nessuno conosce
41
15/01/2013 Il Sole 24 Ore Sanita'
I contenuti della proposta del ministero della Salute
43
15/01/2013 Il Sole 24 Ore Sanita'
Ospedali alla resa dei conti
44
15/01/2013 Il Sole 24 Ore Sanita'
Con la crisi si curano gli ospedali
46
15/01/2013 Il Sole 24 Ore Sanita'
Nuove regole per le ricette europee
48
15/01/2013 Il Sole 24 Ore Sanita'
Diritto alla salute al riordino
49
15/01/2013 Il Sole 24 Ore Sanita'
Nasce biofarmaceutica AbbVie
51
15/01/2013 Il Sole 24 Ore Sanita'
Grossisti al lavoro per 64 cent
52
15/01/2013 Il Sole 24 Ore Sanita'
Personale del Ssn in calo continuo
54
15/01/2013 Come Stai
«Come si cura UN ADENOMA alla prostata?»
57
15/01/2013 Come Stai
NUOVE SPERANZE PER IL TUMORE AL PANCREAS
58
15/01/2013 Come Stai
NON ABUSARE DEGLI ANTIDOLORIFICI
61
15/01/2013 Come Stai
10 BUONI MOTIVI PER FARE SPORT
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
41 articoli
16/01/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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Tuttifrutti
Reato prescritto e lo Stato non paga
Tre fratelli vittime dei mancati controlli sul sangue infetto
Gian Antonio Stella
N on resta molto tempo, allo Stato, per mostrare un po' di decenza nei confronti di Olga Ziggiotti vedova
Morsoletto, una signora di Torri di Quartesolo, Vicenza. Una manciata di settimane e poi i giudici d'appello,
alle prese con una causa che va avanti da un mucchio di tempo ed è stata più volte sospesa proprio in attesa
di un gesto decoroso da parte del ministero della Salute, dovranno prendere atto che lo Stato proprio non
vuole pagare. E dare torto alla donna perché i torti che ha subito la sua famiglia sono ormai prescritti.
La signora Olga aveva tre figli: Marco, Fulvio e Tiziano. Tutti e tre affetti da emofilia congenita dalla nascita e
perciò obbligati a continue trasfusioni di emoderivati loro somministrati dal Servizio sanitario nazionale. Il
quale era garante, ovvio, che quegli emoderivati erano a posto e non comportavano per gli ammalati alcun
rischio. Non era un impegno morale quella vigilanza sulle sacche di plasma: era un obbligo di legge.
Come andarono le cose, al contrario, si sa. I controlli non furono all'altezza del rischio, la sciatteria criminale
di un po' di trafficanti consentì l'immissione in Italia di emoderivati prodotti partendo dal sangue di persone a
rischio come i detenuti di alcune carceri statunitensi, migliaia e migliaia di persone rimasero infettate. E
questo nonostante fin dal 1960, come ha scritto in una sentenza il giudice dell'Aquila Antonella Camilli, la
scienza mondiale avesse gli strumenti idonei a rilevare i virus nel sangue.
Anche i fratelli vicentini restarono infettati. Tutti e tre. Tiziano, contratto il virus dell'epatite C degenerata in
cirrosi epatica complicata, morì (come altri 2605 italiani, stando ai numeri dell'Associazione Politrasfus) alla
fine del '99 dopo un dolorosissimo calvario mentre era ricoverato a Innsbruck in attesa di un trapianto. Marco
e Fulvio sono costretti da allora a campare con lavori part-time, sempre appesi a una vita dentro e fuori dagli
ospedali.
«Per tutti e tre i fratelli Morsoletto», spiega l'avvocato Nicola Gasparri, «fu riconosciuta dalla stessa
Commissione medica ospedaliera l'esistenza del nesso causale tra la somministrazione degli emoderivati e le
infezioni contratte. In particolare, per Tiziano venne accertato anche il nesso causalità con il decesso». Di più:
nel 2006 il tribunale di Vicenza riconobbe il ministero della Salute responsabile delle infezioni contratte dai
Morsoletto e della morte di Tiziano ma, «accogliendo l'eccezione di prescrizione avanzata dall'Avvocatura
dello Stato, liquidò solo il danno morale subito dalla madre e dai due fratelli per la morte del congiunto».
Senza riconoscer nulla al defunto (i risarcimenti sarebbero spettati agli eredi) e nulla a Fulvio e Marco per le
malattie contratte. Una sentenza sconcertante. Contro cui fu presentato quell'appello tirato in lungo anche in
attesa che lo Stato si assumesse infine le sue responsabilità.
Il processo a chi è accusato per quegli emoderivati infetti, come abbiamo raccontato qualche settimana fa, è
ancora in corso. A quasi vent'anni dall'esplodere dello scandalo. E contro Olga, Marco e Fulvio lo stesso
Stato invoca la prescrizione...
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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Corriere della Sera - Bergamo
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Il caso Sindacati contrari. Cgil: se viene manifesteremo Regole e critiche
Ospedale, Formigoni al taglio del nastro carica la protesta
Inaugurazione prevista a fine mese La Regione ha ricordato ai dirigenti degli ospedali la regola del silenzio
elettorale. Bruni (Lista Ambrosoli): «Sono specializzati nell'inaugurare più volte le stesse opere». Gatti (Cisl):
«Sarebbe una cosa di cattivo gusto»
Simone Bianco
Dopo il trasloco, il rodaggio. Dopo o, meglio, durante il rodaggio, l'inaugurazione. La cerimonia che
ufficializzerà l'apertura del nuovo ospedale di Bergamo si terrà a fine gennaio, in una data ancora non
ufficializzata dalla direzione del Papa Giovanni XXIII, che sta preparando l'evento. La certezza però è che al
taglio del nastro non mancherà il presidente uscente della Regione, Roberto Formigoni.
Il governatore era già stato alla Trucca il 23 dicembre, a trasloco dei pazienti compiuto, per partecipare alla
messa natalizia celebrata dal vescovo di Bergamo Francesco Beschi. Si trattava però solo un primo
passaggio, di basso profilo; ora si sta lavorando per una vera inaugurazione per la fine del mese. Il
governatore per primo deve aver ritenuto che una cerimonia non sarebbe in contrasto con le regole (scritte e
non) della comunicazione in campagna elettorale. Per altro, proprio in questi giorni dal Pirellone sono partite
circolari che impongono a dirigenti e funzionari, in particolare di Asl e ospedali, il silenzio in vista delle
elezioni: nessuna intervista né commento su giornali, tv e siti internet, al massimo comunicazioni di servizio.
Evidentemente per l'inaugurazione dell'ospedale si può fare uno strappo alla regola. La notizia dei preparativi
sta già circolando all'interno dell'ospedale, provocando più di un malumore. Il trasloco anticipato al periodo
prenatalizio e i diversi problemi emersi nelle settimane successive all'apertura (dal parcheggio selvaggio alla
pendenza dei pavimenti che provoca disagi sia nelle stanze dei degenti che in sala operatoria) hanno tenuto
alta la tensione tra la direzione ospedaliera e una parte dei dipendenti. Il sindacato annuncia già battaglia: «È
meglio che Formigoni non si faccia vedere, altrimenti ci faremo sentire», avvertono Orazio Amboni
(responsabili Welfare) e Giacomo Pessina (Funzione pubblica) della Cgil. «Il disagio è fortissimo - dice
Amboni -, e non solo per il problema dei parcheggi». La Cgil aveva lanciato una raccolta firme per chiedere
che il trasloco dell'ospedale venisse rinviato ai primi mesi del 2013. «Se Formigoni arriva adesso, quando
l'ospedale non è davvero pronto, conferma il sospetto che avevamo già espresso, cioè che il trasloco venisse
fatto in modo affrettato per ragioni elettorali», dice Pessina.
Anche la Cisl, che pure a dicembre aveva evitato di polemizzare con la scelta del trasloco prenatalizio, ora è
molto critica: «Noi eravamo favorevoli ad aprire, finalmente, una grande opera ai bergamaschi - dice Mario
Gatti, della Funzione pubblica Cisl -. In questo momento però l'ospedale non può essere trasformato in uno
strumento a favore di una parte politica, sarebbe di cattivo gusto».
Anche tra i politici c'è chi esprime serie perplessità sull'opportunità di una cerimonia in piena campagna
elettorale. Ad esempio, il presidente della Provincia, Ettore Pirovano, leghista e dunque alleato per le
regionali del governatore uscente: «Io se fossi in Formigoni mi sentirei in diritto di venire a inaugurare
l'ospedale. Facile criticare, è normale che un'opera del genere abbia dei problemi. Però, se fossi in lui, verrei
a fare la cerimonia un giorno dopo le elezioni». Pirovano solleva anche il dubbio che un taglio del nastro in
piena campagna elettorale possa rivelarsi controproducente: «Non so fino a che punto una cosa del genere
possa dare vantaggi in vista delle elezioni, soprattutto se ci saranno manifestazioni di protesta - dice il
presidente della Provincia -. Meglio aspettare che anche i più piccoli problemi vengano risolti e fare
l'inaugurazione quando l'ospedale avrà terminato il rodaggio».
Se è perplesso Pirovano, é decisamente critico Roberto Bruni, candidato per la Lista Ambrosoli alle prossime
elezioni regionali: «Se fossi in Formigoni, mi sarei posto il problema dell'inopportunità di un'inaugurazione in
questo periodo - dice l'ex sindaco di Bergamo -, che per altro è regolato da norme precise. Il centrodestra in
Lombardia mi sembra specializzato nel ripetere più volte l'inaugurazione delle stesse opere. Si è voluto fare il
trasloco prima dio Natale: la cerimonia d'apertura del nuovo ospedale andava fatta alla fine di quella fase.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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16/01/2013
Corriere della Sera - Bergamo
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Adesso è del tutto inopportuna perché Formigoni, oltre a essere probabilmente candidato in prima persona
per il Parlamento, è uno dei principali sostenitori del candidato del centrodestra alla Regione».
Nessun problema di opportunità invece, nel celebrare l'apertura dell'ospedale in piena campagna elettorale,
secondo Leonio Callioni, assessore comunale del Pdl, formigoniano: «In fondo - dice -, chi è il governatore
che ha portato a compimento l'ospedale? È Formigoni, perciò ritengo che sia pienamente legittimo che venga
a inaugurarlo. Concludere quest'opera è stato faticoso, ci sono stati e ci sono ancora problemi da risolvere,
ma è evidente a chi entra al Papa Giovanni XXIII che si tratta di una meraviglia, sia architettonica che
funzionale. È stato ottenuto un risultato eccezionale e non vedo perché non celebrarlo».
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Hanno detto
Sarebbe meglio aspettare dopo le elezioni Ettore Pirovano Lega
Non mi sembra inopportun0, suoi i meriti Leonio Callioni Pdl
Foto: Primo giro Roberto Formigoni nel nuovo ospedale il 23 dicembre, con il dg Carlo Nicora (a destra)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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16/01/2013
Corriere della Sera - Milano
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Il progetto Previsti oltre 700 studenti. Rocca: niente concorrenza con la Statale
Humanitas pronta a fondare un'università di Medicina
Partita il 28 dicembre la richiesta al ministero: corsi in inglese I posti in programma Sono previsti 567 posti di
Medicina e Chirurgia, 114 di Infermieristica e 57 per tecnici di radiologia e radioterapia I fondi Il progetto,
autofinanziato, può usufruire anche di un fondo speciale, frutto di una donazione, di 10 milioni di euro
Simona Ravizza
Il pallino per l'istruzione l'ha sempre avuto, tant'è vero che è stato per otto anni vicepresidente di
Confindustria con delega all'education (sia sotto la presidenza di Luca Cordero di Montezemolo sia sotto
quella di Emma Marcegaglia). Adesso l'imprenditore Gianfelice Rocca, 65 anni, presidente del colosso
industriale italo-argentino Techint, vuole giocare in proprio. Così dall'istituto clinico Humanitas di Rozzano - di
cui Rocca è fondatore - a fine dicembre è partita la richiesta di istituire una nuova università. È l'Humanitas
University (tutta in lingua inglese) che, a regime, ha l'ambizione di accogliere 738 studenti: 567 di Medicina e
Chirurgia, 114 di Infermieristica e 57 di tecnici di radiologia e radioterapia. «La proposta intende rafforzare
l'impegno nella ricerca medica, nell'assistenza e nella didattica che l'istituto svolge da 16 anni, in linea con
quanto accade nei più importanti policlinici al mondo, dove governance clinica, di ricerca e formazione di fatto
coincidono - sottolinea Rocca stesso -. Il progetto non vuole porsi in competizione con altri atenei, al contrario
si propone di allargare le opportunità di collaborazione con le università, prima fra tutte la Statale con cui in
questi anni abbiamo realizzato iniziative importanti e innovative come l'International Medical School».
Il progetto è arrivato sul tavolo del ministero dell'Istruzione (Miur) il 28 dicembre, dove da Francesco Profumo
in giù sono tutti al lavoro come se fosse il primo giorno d'insediamento del governo. Le basi legislative le dà il
decreto ministeriale numero 50 del 23 dicembre 2010 che, all'articolo 6, prevede l'istituzione di nuove
università non statali, «sulla base di proposte di soggetti pubblici e privati che prevedano corsi di laurea e di
laurea magistrale con insegnamenti prevalentemente in lingua inglese». Spiega Rocca: «La nostra proposta
intende aggiungere risorse mettendole a disposizione del sistema universitario, milanese e nazionale, in
un'ottica di virtuosa collaborazione tra pubblico e privato. In un momento critico per il nostro Paese il gruppo
Techint con Humanitas si impegna a offrire capitali per la formazione dei giovani italiani e stranieri in un
ambito delicato e strategico come quello della Sanità».
La strada per far nascere un ateneo è, però, lunga. Sono necessari il parere preliminare del Comitato
interuniversitario regionale e dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca:
per arrivare, poi, al via libera del Miur. Sono in molti a scommettere, comunque, che Gianfelice Rocca per
realizzare la nuova sfida potrà contare sull'aiuto di Gianluca Vago, neorettore dell'università Statale, ma fino a
poco tempo fa presidente proprio dell'International Medical School.
L'Humanitas, infatti, già oggi è sede universitaria distaccata della Statale e conta complessivamente 217
studenti (tra il corso in italiano e quello internazionale). Ma altra cosa è fondare un'università. Il progetto,
totalmente autofinanziato, può usufruire anche di uno speciale fondo, frutto di una donazione, di 10 milioni di
euro destinati allo sviluppo di un campus universitario e al sostegno del diritto allo studio. Una sfida a quasi
17 anni dall'ingresso in Humanitas del primo paziente (oggi i ricoveri annuali sono oltre 50 mila tra ordinari e
day hospital). Del resto, Rocca - forte anche dei conti a posto dell'ospedale (che ha chiuso il bilancio
d'esercizio 2011 con un risultato netto di 21 milioni e mezzo) - non è il solo imprenditore della Sanità ad avere
il desiderio di essere al timone di un ateneo. A metà dicembre Giuseppe Rotelli, neoproprietario dell'ospedale
San Raffaele e a capo di un gruppo ospedaliero con 1,4 miliardi di fatturato totale, ha annunciato a sorpresa:
«Ho promosso la costituzione di una nuova università che sostituirà l'attuale Vita Salute (ancora guidata dalle
fedelissime di don Luigi Verzé, le Sigille, ndr)». Un'altra scommessa in nome dell'education.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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16/01/2013
Corriere della Sera - Milano
Pag. 5
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Foto: Al timone Gianfelice Rocca, 65 anni, è presidente del colosso industriale italo-argentino Techint e
fondatore dell'istituto clinico Humanitas. In Confindustria è stato per 8 anni vicepresidente con delega all'
education. La sua sfida ora è far nascere l'«Humanitas University»
16/01/2013
Corriere della Sera - Roma
Pag. 2
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Dieta forzata al San Camillo Pasti bloccati per protesta
I cassintegrati davanti all'ingresso, arriva la polizia
Francesco Di Frischia
Pasti in ritardo per i malati del San Camillo: una ventina di lavoratori della ditta Innova, che ha il compito di
preparare pranzi e cene per i ricoverati, sono finiti in cassa integrazione per colpa della spending review. E
ieri mattina hanno protestato bloccando l'arrivo in ospedale dei camion che trasportano il vitto. Sono dovuti
intervenire gli agenti del Commissariato Monteverde per riportare la calma e permettere ai carrelli di essere
distribuiti nei tanti padiglioni dell'ospedale sulla Circonvallazione Gianicolense. I lavoratori, autoconvocati in
assemblea permanente, promettono di proseguire l'agitazione anche nei prossimi giorni.
Come si ricorderà, in estate il Governo Monti ha varato la riduzione dei costi di tutti gli appalti pubblici,
compresi quelli della sanità: tra gli accordi da revisionare nel San Camillo c'era anche quello della
ristorazione, che scadrà nel 2015. Il contratto, secondo quanto si è appreso, era più alto del 20% rispetto ai
prezzi minimi di riferimento dell'autorità di vigilanza: dopo mesi di trattativa tra il San Camillo e la società
Innova, si è trovato l'accordo che permette all'ospedale di risparmiare il 12 per cento «senza diminuire la
qualità del prodotto e del servizio erogati», sottolinea Fabrizio D'Alba, direttore amministrativo del nosocomio.
La rinegoziazione ha portato a rinunciare alle confezioni di porcellana: primi, secondi, contorni e frutta
vengono servizi in materiale monouso.
Tra il vecchio e il nuovo accordo, del resto, l'unica profonda modifica riguarda il fatto che i cibi continueranno
a essere cucinati all'interno della sede industriale della Innova, che prepara pranzi e cene anche per altri
ospedali romani: fino a ieri, però, le pietanze venivano portate nel San Camillo e confezionate per ogni
malato. Da oggi anche quest'ultima operazione viene eseguita direttamente nella stessa ditta: così si è riusciti
a abbassare i costi senza incidere sulla qualità del servizio. E comunque prima che il vassoio arrivi a
destinazione, il carrello viene riscaldato elettronicamente riportando il cibo alla giusta temperatura con le
adeguate proprietà organolettiche e nutrizionali.
Per evitare licenziamenti «abbiamo sottoscritto un accordo con la Regione e con Cgil, Cisl e Uil - ricordano
dalla Innova - e 22 lavoratori sono ora in cassa integrazione: non potevamo fare altro». «Ci dispiace se in
questi giorni ci sono stati piccoli ritardi nell'arrivo dei pasti ai pazienti - osserva il direttore sanitario del San
Camillo, Diamante Pacchiarini - ma ogni giorno vigileremo sulla qualità del servizio».
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La vicenda I tagli ai privati
L'ex commissario Enrico Bondi a fine novembre ha firmato due decreti che applicano la spending review: in
pratica ha tagliato il 7% ai budget 2012 a cliniche e ospedali religiosi, per un totale di 96 milioni di euro
I tagli nel pubblico
Bondi aveva previsto il taglio di circa mille posti letto, la metà in Asl e ospedali pubblici, ma prima di varare il
decreto si è dimesso una decina di giorni fa. Il deficit della sanità del Lazio nel 2012 è di circa 780 milioni
Il ricorso al Tar
L'Associazione italiana ospedalità privata (Aiop) ha presentato ricorso contro i decreti di Bondi con i quali l'ex
commissario (sostituito da Filippo Palumbo) aveva tagliato oltre 96 milioni dai budget 2012. Il Tar del Lazio si
pronuncia oggi su questo delicato tema
Foto: Spending review L'ingresso dell'ospedale San Camillo sulla circonvallazione Gianicolense
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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Sanità Pietanze preparate nella sede della ditta appaltatrice per risparmiare
16/01/2013
Corriere della Sera - Roma
Pag. 1
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La favola (finita) della dieta facile
GIULIO DE SANTIS
Da Ela Weber a Christian De Sica, una folla di vip, convinti di essere sovrappeso, ha sfilato per anni davanti
alla sua porta per dimagrire. E lui, Antonio Favella, noto endocrinologo adesso finito sotto processo, li ha
contraccambiati della fiducia, consegnandogli una pillola «magica». Peccato che fosse vietata dalla legge. Ieri
il medico è stato rinviato a giudizio con l'accusa di falso e violazione della legge sugli stupefacenti.
La pillola per dimagrire, a base di Fendimetrazina, non avrebbe mai dovuto essere prescritta poiché,
all'epoca dei fatti, nel 2009, era ritenuta pericolosa per le persone non obese. A stabilirlo una lunga querelle
amministrativa tra i produttori e il ministero della Salute, conclusasi nell'agosto del 2011 con il divieto assoluto
di commercializzarla.
Fino al giorno prima, in ogni modo, il medico poteva prescriverla ma soltanto a determinate condizioni. E così
per aggirare il divieto, in quegli anni l'endocrinologo è ricorso a un trucco. Nelle ricette, secondo la procura,
avrebbe alterato il peso e l'altezza dei pazienti per ottenere un indice di massa corporea superiore a quella
reale, così da permettere la prescrizione del farmaco. In alcuni casi le pillole sono state mandate a clienti
residenti a Bangkok. In ogni modo la maggioranza degli episodi è circoscritta a Roma.
Il gup Giacomo Ebner ha disposto il processo pure per altre sette persone per ricettazione. Tra gli imputati i
gestori di due farmacie romane: il titolare di «Europea» in via della Croce, Vincenzo Crimi, e la proprietaria di
«Villa Ferraioli» ad Albano, Maria Pia Marconi. Oltre all'attore e alla presentatrice, nella vicenda è coinvolta
anche la sorella di Carlo Verdone, una delle prime a sfilare davanti al pubblico ministero Giovanni
Bombardieri per raccontare come il medico abbia aggirato il divieto di prescrizione. Il farmaco ora è vietato. A
dare man forte alla decisione del ministero della Salute ci sono tre morti a causa della Fendimetrazina nel
corso di dieci anni, a partire dal 2003.
Giulio De Santis
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Foto: In cura Ela Weber e Christian De Sica sono tra coloro che si sono avvalsi delle cure del dottor Antonio
Favella
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Il caso Rinviato a giudizio il medico dei vip. Le sue pillole a De Sica e Ela Weber
16/01/2013
La Repubblica - Bologna
Pag. 9
(diffusione:556325, tiratura:710716)
L'allarme del procuratore Pastore. L'Ausl: il rischio di contagio è enorme
LUIGI SPEZIA
«CI sono centinaia, se non migliaia, di bambini che vivono tra di noi in questa regione e non si sono sottoposti
alle vaccinazioni obbligatorie per legge, ribadite anche dalla Cassazione. E' un problema che ci preoccupa
fortemente perché mette a rischio la copertura dalle malattie e la salute dei piccoli».
E' l'allarme lanciato dal procuratore dei Minori Ugo Pastore, dopo un aumento sensibile di casi di coppie,
soprattutto italiane, che si rifiutano di sottoporre i bambini alle vaccinazioni. «Le Ausl ci segnalano casi in
continuazione - dice Pastore - e noi chiediamo spiegazioni e poi presentiamo ricorso al Tribunale dei Minori,
contro i genitori, a tutela dei bambini. Ma il Tribunale, nonostante io abbia fatto, da quando sono arrivato a
Bologna, moltissimi ricorsi, non ha mai emesso un solo provvedimento per imporre la vaccinazione. E questo
non aiuta». In generale, la decisione dei genitori si fonda su posizioni scientifico-ideologiche, sulla scorta di
alcune tesi mediche che sconsigliano i vaccini. Oppure si tratta di pura noncuranza.
Un movimento che evidentemente, stando ai dati in possesso delle Ausl, sta prendendo sempre più piede.
Secondo il procuratore, non ha aiutato nemmeno la delibera regionale che ha abolito la sanzione
amministrativa ai genitori recalcitranti. «C'è una delibera regionale che ci impone di fare la segnalazione alla
Procura dice Fausto Francia, responsabile del Dipartimento di Sanità pubblica, Ausl di Bologna -, ma in effetti
è stata scelta la strada di non adottare più misure sanzionatorie dirette, ma di cercare un dialogo con i
genitori». Anche il dottor Francia sa che i casi di rifiuto sono in aumento, come risulta al settore delle cure
primarie dell'Ausl: «Molti genitori sono convinti che i vaccini facciano male, elaborati con chissà quali
diavolerie chimiche, ma invece non si rendono conto di esporre in tal modo i loro figli a rischi enormi. Quando
i piccoli saranno cresciuti e gireranno il mondo incontreranno virus e batteri ai quali non saranno immuni.
Inoltre, in un mondo globalizzato, in poche ore possono arrivare in Italia persone che sono portatori di quegli
stessi virus e batteri pericolosi. C'è un senso di falsa sicurezza in queste persone che è molto preoccupante».
© RIPRODUZIONE RISERVATA PER SAPERNE DI PIÙ www. ausl. bologna. it www. comune. bologna .it
Foto: ITALIANI L'allarme lanciato riguarda soprattutto figli di coppie italiane
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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"Troppi bambini non vengono vaccinati"
16/01/2013
La Repubblica - Bologna
Pag. 11
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Troppe ore in trincea nei reparti, così trascuriamo ricerca e didattica" Eleonora Porcu: "Così non va,
ginecologia è sommersa dalle emergenze"
ILARIA VENTURI
TROPPE ore di assistenza nei reparti, tra visite, guardie mediche e pronto soccorso. «Così trascuriamo
ricerca e didattica e non è giusto». Sbottano i ricercatori del dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche
del policlinico Sant'Orsola. Vogliono fare meglio il loro lavoro, avere un carico assistenziale adeguato ai fini
della loro attività di ricerca e dell'insegnamento, e non eccessivo e prevaricante, in alcuni casi, come è ora
per rispondere alle esigenze del sistema sanitario. Per questo si sono rivolti al rettore, già prima di Natale,
con un appello: ridiscutere con la Regione i patti di intesa e gli accordi sul loro ruolo.
Il malessere è diffuso. Un ricercatore a Medicina deve fare non meno di 19 ore di assistenza a settimana, ma
queste sono lievitate, in media, a 35. «Così è troppo, quando sono di guardia in ginecologia sono sommersa
di richieste, talvolta di emergenze», spiega Eleonora Porcu, rappresentante dei ricercatori nella Giunta del
Dipartimento. «Vorremmo dare il meglio di noi nel nostro mestiere di ricerca e di insegnamento e per farlo
dobbiamo avere meno assistenza ordinaria». La ricercatrice dei «bambini venuti dal freddo», nota in tutto il
mondo per i metodi di procreazione medicalmente assistita eseguiti con ovociti congelati, precisa: «Io mi
ritengo una privilegiata a lavorare qui, non ci tiriamo indietro rispetto al lavoro, vorrei fosse chiaro, la nostra
non è una posizione corporativa, anzi gettiamo il cuore oltre l'ostacolo. Il punto è riscoprire la vocazione del
policlinico che è quella della ricerca e dell'insegnamento». Il problema si trascina da anni e riguarda il ruolo
specifico dei ricercatori con il camice bianco tenuti a fare ricerca, a entrare in aula per fare lezione e a fare
assistenza (impossibile per un ricercatore clinico non vedere i malati).
Quest'ultima attività però dovrebbe essere finalizzata, a norma di Statuto dell'ateneo, all'assolvimento dei
compiti didattici e di ricerca. Invece ci sono situazioni, in particolare nei reparti di medicina interna e geriatria,
ma anche a pediatria, dove l'attività assistenziale prevale per coprire le esigenze dell'ospedale che, ricordano
i ricercatori, non «fanno parte dei criteri per l'abilitazione scientifica nazionale».
«Capisco le difficoltà, ma è un problema aperto che andrebbe discusso, se vogliamo essere competitivi a
livello internazionale nella ricerca scientifica allora dobbiamo avere il tempo necessario per farlo», dice Fabio
Piscaglia, ricercatore internista.
Il disagio è dovuto anche alla disparità di trattamento economico rispetto ai colleghi ospedalieri. «Ora di fatto
molti ricercatori della Scuola di Medicina svolgono le attività richieste dal sistema sanitario regionale a
prescindere dalla specifiche competenze e dal collegamento con l'attività di ricerca e di didattica e con un
carico assistenziale complessivo largamente superiore a quanto teoricamente atteso», si legge nell'appello
presentato al rettore e pubblicato nel blog del ricercatore Stefano Brillanti. Una situazione che per i ricercatori
«mette in difficoltà l'attività istituzionale, danneggiando la potenziale possibilità di carriera e la valutazione
complessiva della Scuola medica». Il problema è ben noto ai vertici dell'Alma Mater.
«Dovrà essere affrontato nelle prossime intese con la Regione», di chiara il professor Marzo Zoli, direttore
del dipartimento di Scienze mediche. «Speriamo si arrivi a una soluzione, ma non sarà immediata perché si è
arrivati a questo in tanti anni, in più la situazione economica ora è drammatica».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Il pronto soccorso del Policlinico
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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Sant'Orsola, la protesta dei ricercatori
16/01/2013
La Repubblica - Genova
Pag. 7
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Esaote, cambio al vertice Landi lascia, arriva Alonso
Primo dipendente, entrato nell'81, ora sceglie Firenze Il successore è un manager spagnolo originario delle
Asturie
(massimo minella)
E'UN addio che lascia il segno, quello di Fabrizio Landi. E non solo perché Landi è l'attuale amministratore
delegato di Esaote, il gruppo creato e presieduto da Carlo Castellano. Ancor più, forse, perché Landi è stato il
primo dipendente di quella che nell'81 ancora non era un'azienda. Forse non era neanche un progetto, ma
una semplice idea, un'intuizione, venutaa Castellano a Torino, all'inizio degli anni Ottanta, durante le terapie
successive all'attentato delle Brigate Rose che avevano colpito il professore, all'epoca direttore dell'Ansaldo.
«Lui è stata la prima persona che ho assunto - ricorda Castellano annunciando la rivoluzione al vertice del
gruppo, con l'addio di Landia fine mesee l'arrivo del nuovo a.
d.e "ceo", lo spagnolo Carlos Alonso, originario delle Asturie come l'omonimo pilota di Formula Uno - Notai
che le apparecchiature biomedicali che mi curavano erano tutte a marchio straniero e allora chiesi a questo
neolaureato in Ingegneria Biomedicale uno studio su questo settore, per capire la fattibilità, o meno, di un
progetto italiano». E' il 1981, l'inizio di tutto.
Landi analizza il mercato, Castellano lo sottopone a Finmeccanica e l'operazione parte. Landi è il dipendente
numero uno, ma è tutto da inventare. In Italia le apparecchiature dell'epoca erano sostanzialmente
radiologiche, nessuna macchina per le tac e le risonanze, con l'eccezione della fiorentina Ote Biomedicale
che più tardi infatti verrà assorbita in Esaote. Prima, però, c'è ancora una storia interna all'Ansaldo, come
divisione biomedicale, poi il suo passaggio in Esacontrol e infine la nascita di Esaote. Il primo ordine era
arrivato nell'82 dal laboratorio Albaro, esattamente trent'anni fa. Nel '94 Castellano e un gruppo di manager
sfilano l'azienda a Fnmeccanica. Al suo fianco c'è sempre Landi che segue ogni mossa dell'azienda, dalla
quotazione in Borsa all'ingresso della Bracco, dalla sua uscita alla nuova proprietà che fa capo a banche e
fondi per il 54% delle azioni (Intesa, Carige, Monte dei Paschi e Equinox), al 40% alla Ares di Bertarelli fino al
6% suddiviso fra un centinaio di manager e dirigenti del gruppo. «Landi resterà nel cda e manterrà le sue
azioni - precisa Castellano - Ma ha fatto una scelta di vita e quindi seguirà la sua strada». La scelta è quella
di Firenze. Landi si è avvicinato molto al sindaco Matteo Renzi, candidato sconfitto alla segreteria del Pd, ne
ha finanziato la campagna elettorale, ha lavorato nel suo team. Nel frattempo è entrato nel cda della Cassa di
Risparmio di Firenze.I suoi interessi si sono radicati in Toscana, anche con iniziative di "business angels" per
chi si avvicina al mondo delle imprese. Le strade, quindi, si dividono di comune accordo con l'arrivo di un
nuovo a. d. e "ceo", lo spagnolo Alonso. «La scelta è caduta su un manager di spessore internazionale con
una grande esperienza come Alonso, laureato in Brasile in Ingegneria Chimica, poi attivo in Spagna, Usa,
Argentina e Canada e da ultimo ancora in Spagna, alla guida del gruppo farmaceutico Esteve Pharma, di
Barcellona - spiega Castellano - Siamo ormai sempre più internazionali, ma con radici in Italia. Il 70 per cento
del nostro fatturato arriva dall'estero, quello italiano è crollato del 15 per cento compensato dai mercati di
Cina, Russia e Usa».
(massimo minella) PER SAPERNE DI PIÙ www.fiera.ge.it www.esaote.it
Foto: Carlos Alonso, nuovo a.d.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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La storia
16/01/2013
La Repubblica - Firenze
Pag. 7
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Tessera sanitaria in biblioteca per accedere a prestiti e wifi
Le prime nel pisano, poi San Casciano con i suoi 30 mila volumi. "In futuro si potranno ordinare i libri da casa"
LAURA MONTANARI
SI PUÒ prendere in prestito un libro strisciando la propria tessera sanitaria oppure mettersi a un computer e
navigare in Internet.
Alcune biblioteche toscane sperimentano già da qualche mese questa novità introdotta dalla regione
Toscana, altre, come per esempio la biblioteca di San Casciano, stanno per debuttare a fine mese. Altre
ancora subito dopo. Insomma il piano è in grande espansione. Addio badge di ingresso e addio alle
registrazioni al banco: in biblioteca si entra con la stessa tessera che sfoderiamo per fare una radiografia o le
analisi del sangue. Al progetto stanno aderendo, come spiegano dall'assessorato alla cultura della Regione,
una decina di biblioteche: da San Casciano a Buti, Calcinaia, Capannoli, Casciana Terme, Chianni, Crespina,
Lari, Pontedera e Vicopisano.
Ma a breve saranno molte di più e fra queste anche le Oblate di Firenze. Alla base del progetto sperimentale
applicato ai libri, sta l'idea della Regione di utilizzare la tessera sanitaria come passepartout per un ampio
spettro di servizi con accessi online: dal fascicolo sanitario sempre aggiornato, all'Isee, alle informazioni sui
processi civili. Si tratta di una scorciatoia, di una semplificazione. «E' uno strumento facile e pratico - ha
spiegato l'assessore Cristina Scaletti quando è partito il servizio nei primi centri di "bibliolandia" in provincia di
Pisa - perché è così che deve essere l'accesso alla cultura. Con questo progetto diamo una mano ai cittadini
offrendo loro un aiuto a semplificare e a rendere più piacevole ed efficiente il servizio delle nostre
biblioteche». Dopo i centri librari di Bibliolandia tocca ora allo Sdiaf cioè alle biblioteche fiorentine e la capofila
è San Casciano (30mila volumi). «Abbiamo installato già le macchine per la lettura elettronica delle tessere
all'ingresso della biblioteca - spiega il bibliotecario Marco Rossetti - e siamo pronti per partire con il servizio.
Con la tessera si può prenotare i libri, accedere al prestito e anche navigare in internet». Il sindaco
Massimiliano Pescini sottolinea come questo si soltanto il primo passo: «Quando il servizio sarà a regime con
la tessera sanitaria in tasca potremo anche ordinarei libri da casa. E' un'idea che punta ad avvicinare un
pubblico sempre più ampio all'utilizzo delle biblioteche». Le prime strutture a essere coinvolte nella
sperimentazione sono state dieci biblioteche pisane in collaborazione con Unione Valdera. Non in tutte il
servizio è comunque già decollato: «Siamo partiti due mesi fa, ma da noi nessuno ha ancora sperimentato gli
accessi con i lettori per la tessera sanitaria» spiegano alla biblioteca di Lari. Vedremo cosa succederà a
Firenze e dintorni. Presso alcune biblioteche è possibile un accesso guidato ai servizi connessi alla tessera
sanitaria per i propri utenti possessori di una tessera abilitata.I bibliotecari seguono, aiutano e consigliano gli
utenti: come si scarica il software per gestire il lettore di smartcard da casa; o come si entra nelle diverse
banche dati e nei servizi regionali connessi alla tessera.
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Foto: A FINE MESE La biblioteca di San Casciano partirà a fine mese: strusci la card sanitaria ed è come se
tu fossi socio. A breve anche alle Oblate
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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La novità Una decina di strutture coinvolte, a breve anche le Oblate di Firenze
16/01/2013
La Repubblica - Roma
Pag. 6
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Stop dei sindacati al commissario Palumbo: il riordino spetta alla nuova giunta E l'Umberto I avvia il tavolo col
ministero per lo sblocco di 104 milioni
LORENZO D'ALBERGO
IL NUOVO commissario ad acta intervenga al più presto o si prepari a una mobilitazione «durissima». A
invitare al dialogo e al contempo mettere in guardia Palumbo sono Claudio Di Berardino, segretario della Cgil
di Roma e del Lazio e Natale Di Cola, vertice della Cgil Fp.
Perché, ricordano i due sindacalisti, «sono mesi che chiediamo l'apertura di tavoli per Idi e San Raffaele, per
chi lavora da mesi senza percepire lo stipendio».
Poi, concludono Di Berardino e Di Cola, «sarà la nuova giunta a riprogrammare il sistema sanitario». Prima
di tutto, però, il confronto con Palumbo. Chiedono di incontrarlo anche i rappresentanti di Uil Fpl e Ugl Sanità.
«Va risolto il problema degli ospedali classificati: serve un incontro», spiega Antonio Cuozzo dell'Ugl. Questa
mattina sarà assieme a una delegazione dell'Associazione italiana ospedalità privata sotto il Tar: i magistrati
potrebbero sospendere i decreti firmati dall'ex commissario Bondi che tagliano del 7 per cento i budget 2012
delle strutture private. Della delicata situazione degli ospedali privati si è discusso ieri mattina in Campidoglio:
il sindaco Gianni Alemanno e il vicepresidente della commissione Sanità del Senato, Domenico Gramazio,
hanno incontrato le associazioni di categoria. Al termine del vertice, il primo cittadino ha chiamato il ministro
della Salute Balduzzi e il commissario. Palumbo si sarebbe impegnato a considerare un'eventuale modifica
del provvedimento che potrebbe tagliare il budget del gruppo Idi-San Carlo. La Uil Fpl, intanto, ha proclamato
lo stato di agitazione al Regina Elenae al San Gallicano. Nei due istituti fisioterapici, denuncia il segretario
regionale organizzativo Massimo Mattei, «sono stati rinnovati contratti a tempo determinato a personale già
dipendente del San Camillo Forlanini. Come quello del direttore del servizio infermieristico, utilizzando 30mila
euro di fondi destinati alla ricerca sul cancro». Alla Garbatella, invece, questa sera infermieri e artisti si
incontreranno nell'aula magna del Cto, ospedale a rischio chiusura. Alla festa "per una sanità creativa"
parteciperanno anche lo scrittore Erri De Luca e l'attore Elio Germano. Già, perché anche nel caos della
sanità, arrivano notizie positive. Al policlinico Umberto I riaprono le gallerie ipogee, dissequestrate dalla
Procura dopo un anno. E il dg dell'ospedale Umberto I, Domenico Alessio, annuncia: «Oggi attiveremo il
tavolo tecnico presso il ministero per lo sblocco dei 104 milioni destinati alla ristrutturazione del Policlinico».
Intanto al San Pietro Fatebenefratelli è stato inaugurato il reparto di radioterapia in collaborazione con
l'università di Pittsburgh.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Le gallerie ipogee dell'Umberto I sono state dissequestrate e riaperte
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
17
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"Ospedali e tagli, il piano dopo il voto alla Regione"
16/01/2013
La Repubblica - Torino
Pag. 9
(diffusione:556325, tiratura:710716)
L'Asl "sfratta" il Centro Fanon "Curiamo migranti, non contiamo"
Un fiore all'occhiello che in 10 anni ha dato assistenza psichiatrica a 1600 rifugiati
TOMASO CLAVARINO
ÈSTATA la prima e unica esperienza in Italia di counselling, psicoterapia e supporto psicosociale per
immigrati, rifugiati e vittime di torture, un vero e proprio fiore all'occhiello della sanità piemontese.
Un'esperienza studiata e apprezzata anche all'estero che ieri è stata costretta a interrompere l'attività. Il
Centro Frantz Fanon ha chiuso i battenti tra lo stupore di chi per anni ne ha apprezzato il lavoro.
Duecentocinquanta pazienti, molti affetti da gravi patologie, sono stati quindi costretti ad interrompere le cure
perché gli operatori non hanno più una sede.
«Il contratto di affitto dell'Asl To1 per la sede di via Vassalli Eandi è scaduto e siamo stati invitati, con una
fredda e scarna e-mail, a liberare i locali entro il 15 gennaio - spiega Roberto Beneduce, docente
universitarioe fondatore del centro - Abbiamo più volte chiesto delucidazioni sul futuro dei nostri pazienti, ma
non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Evidentemente la continuità terapeutica sembra diventare un concetto
superfluo quando i pazienti sono semplici immigrati». Il centro non è infatti riuscito ad ottenere dall'azienda
sanitaria una ricollocazione in altri locali, come invece è avvenuto per tutti gli altri servizi con sede in via
Vassalli Eandi, e, in attesa di trovare una nuova sede, è stato costretto a limitare di molto le proprie attività.
«Il silenzio dell'azienda sanitaria ci ferisce - continua Roberto Beneduce - E proprio per questo motivo il
difensore civico della Regione Piemonte ha inviato in questi giorni all'Asl To1 una lettera invitando l'azienda
sanitaria a dare delle risposte».
Per più di dieci anni il Centro Fanon ha collaborato con l'Asl grazie ad una serie di convenzioni e i motivi di
questa scelta da parte dell'azienda sanitaria paiono, ai più, inspiegabili. Di certo non è una questione
economica, costando la convenzione circa 65mila euro all'anno (per un gruppo di quindici operatori), quasi
meno del ricovero annuo di un solo paziente. Se poi si pensa che per il centro, in tutti gli anni di attività, sono
passati più di 1600 pazienti e che gli operatori si sono detti disposti a continuare l'attività in maniera volontaria
pur di non vederla cessare, la scelta diventa ancora più incomprensibile. «In realtà noi una spiegazione ce la
siamo data - chiosa Beneduce - Da un lato c'è quel mostro che si chiama burocrazia, dall'altro un'ombra
grigia rappresentata dalle politiche di un'amministrazione regionale che nei confronti dei migranti non ha mai
mostrato un grande interesse».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: RIFUGIATI Uno dei rifugiati ai tempi dell'occupazione dell'ex Clinica San Paolo
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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Il caso La denuncia del fondatore Beneduce
16/01/2013
La Stampa - Ed. nazionale - tutto scienze e salute
Pag. 48
(diffusione:309253, tiratura:418328)
"Oggi mi visita lo smartphone"
Le "app" per controlli e test. E dal medico si andrà solo se è davvero necessario
MARCO PIVATO
Quando non serve per chattare o intavolare infinite partite ai videogame, lo smartphone è il nostro ufficio
portatile. C'è chi ipotizza che presto lo useremo anche come carta di identità e come carta di credito. Ma non
serve andare tanto oltre con la fantasia per immaginare nuove applicazioni. Alcune sono già realtà e servono
per scopi importanti: tenere sotto controllo la nostra salute. È soprattutto la diagnostica il campo che si avvale
di iPhone e degli altri smartphone per acquisire informazioni di ogni tipo, anche da inviare in tempo reale al
proprio medico: temperatura corporea, frequenza cardiaca, pressione, ossigenazione del sangue, glicemia. E
non solo. Tutte queste speciali «app», se l'apparecchio è dotato di sonde o sensori, sono in grado di
effettuare addirittura elettrocardiogrammi (Ecg) e test delle urine per verificare, per esempio, gravidanze,
funzionalità dei reni e infezioni delle vie urinarie. Per molte applicazioni la Food and drug admnistration, negli
Usa, ha già concesso la commercializzazione. Altre sono al vaglio delle autorità competenti europee ed altre
ancora hanno già ottenuto la marcatura «CE», che garantisce la conformità dei prodotti. Il telefonino come
monitor intelligente della salute rappresenta «la rivoluzione digitale della medicina», spiega Eugenio Picano,
cardiologo e direttore dell'Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa. Che aggiunge: «Avere con sé uno
strumento che segnala se qualcosa non va è una fondamentale spinta motivazionale per il paziente, perché
stimola a superare la ritrosia o semplicemente la pigrizia di sottoporsi volontariamente, e con costanza, ai
controlli». E, infatti, chiedere aiuto non è sempre così spontaneo come si pensa. «La negazione di un disagio
è un fenomeno estremamente comune - continua Picano -. Pensiamo alle persone obese, ai diabetici o ai
pazienti psichiatrici. È normale provare pudore nei confronti della propria condizione, quando è oggetto di
stigma sociale o è percepita come qualcosa da nascondere». D'altra parte, preoccuparsi della propria salute
non è un pensiero automatico nemmeno per chi è sano. «Andare dal medico può implicare il sacrificio di un
giorno di ferie, pagare un ticket, fare lunghe file: tutti fattori di stress che possono trasformarsi in scuse per
rimandare o indurre a convincersi che, alla fine, non si ha bisogno». E allora è benvenuta la compagnia molto meno invasiva - di un piccolo strumento che fa «bip» quando un valore è fuori controllo e che trasmette
il dato senza che ce ne accorgiamo. Tutto in automatico, invece del «sermone» dello specialista che può
essere avvertito come fastidioso o colpevolizzante. Gli esempi non mancano. La società californiana AliveCor
ha sviluppato un'applicazione che consente al cellulare di visualizzare l'elettrocardiogramma tenendo
semplicemente l'apparecchio contro il petto. L'«app» è stata approvata lo scorso dicembre negli Usa e poi
dall'Ue. Il costo si aggira sui 150 euro e sarà disponibile dal secondo trimestre del 2013. General Electric
Healthcare, invece, ha inventato Vscan, un sistema a ultrasuoni portatile, che sostituirà il vecchio stetoscopio,
mentre la israeliana LifeWatch ha da poco messo sul mercato uno smartphone che visualizza
l'elettrocardiogramma, misura la temperatura, la frequenza cardiaca, il ritmo della respirazione, la saturazione
di ossigeno nel sangue, i livelli di glucosio e anche la conduttività elettrica della pelle (elemento dal cui si
desume la quantità di grasso corporeo): confrontati i dati, Vscan fornisce una misura del livello di «stress
fisiologico». L'Europa ha dato l'ok a questa «app», che costerà sui 450 euro, sarà disponibile in lingua inglese
e potrà essere interfacciato con le strutture sanitarie o il tablet del medico di famiglia. La società israeliana
sottolinea che allo strumento sono interessate anche le compagnie di assicurazione: forse, d'ora in poi, sarà
più difficile strappare polizze super-vantaggiose, ma ci saranno meno «furbetti» e falsi invalidi. Se il
«diagnosi-fonino» andrà a ruba ancora non lo sappiamo, ma sono numerose le aziende che ci hanno
scommesso. CellScope, start-up di San Francisco, ha trasformato il cellulare in un otoscopio: una piccola
cornetta dotata di telecamera consente di esaminare il timpano e individuare otiti. La società Scanadu,
ospitata nei laboratori Nasa dell'Ames Research Center, in California, ha invece progettato piccole cartucce
usa-e-getta per l'esame delle urine da inserire nella fessura dello smartphone, che diventa così un tester di
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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TECNOLOGIA
16/01/2013
La Stampa - Ed. nazionale - tutto scienze e salute
Pag. 48
(diffusione:309253, tiratura:418328)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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gravidanza e ci dice anche come stanno i reni. «Con tutte queste di innovazioni - continua Picano - il paziente
sarà il medico di se stesso, prima ancora di affidarsi ai clinici. E potrà essere autonomo nel gestire piccole
urgenze come l'influenza o essere avvisato precocemente della comparsa di sintomi non rilevabili dall'occhio
umano, prima di scoprirli durante un controllo di routine». A chi vede in questa rivoluzione una minaccia alla
privacy o uno stimolo all'ipocondria Picano obietta che «ha poco senso chiederci se si debba tornare indietro:
queste tecnologie fanno già parte della realtà». Piuttosto bisogna riflettere sulle opportunità: «La possibilità di
creare database sempre più vasti di informazioni di natura epidemiologica, fondamentali per il progresso nelle
terapie, la diminuzione del ricorso ai test a tappeto, alcuni rischiosi e spesso costosi, e l'accelerazione di
quella che sta diventando la medicina personalizzata. Senza dimenticare lo snellimento delle trafile
burocratiche per l'accesso a numerosi servizi». La portabilità delle applicazioni per la diagnosi potrebbe
abbattere, e di molto, la spesa pubblica. Il tutto grazie a una sanità a «chilometri zero».
Foto: Eugenio Picano Cardiologo
Foto: RUOLO : È DIRETTORE DELL'ISTITUTO DI FISIOLOGIA CLINICA DEL CNR DI PISA
16/01/2013
Il Messaggero - Roma
Pag. 34
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Banca delle cornee sì ai contratti trapianti salvi
Giulio Mancini
La Banca degli occhi di Roma è salva. Sul filo di lana, quando ormai le scorte di cornee in donazioni stavano
per terminare, la Regione Lazio ha autorizzato il rinnovo del contratto ai quattro medici oftalmologi incaricati
dei prelievi dai donatori. L'autorizzazione al rinnovo dei contratti scaduti il 31 dicembre è arrivata sul tavolo
del direttore generale dell'azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata, Pierluigi Bracciale. «Firmerò domani
(oggi n.d.r.) - anticipa - La proroga concessa dal commissario ad acta sarà valida fino al 31 luglio prossimo».
Ormai nella Banca degli occhi la disponibilità di cornee per il trapianto era agli sgoccioli. «I trapianti
programmati si sono effettuati regolarmente» garantisce Bracciale. Il punto, però, è che si è persa la
disponibilità di almeno una ventina di donatori ovvero di una quarantina di cornee: per due settimane, infatti,
non si sono potuti effettuare prelievi. «Questa pausa costituisce un grosso danno, soprattutto perchè la rete
del procurement, ovvero di sensibilizzazione dei parenti alla donazione, nel Lazio è particolarmente efficace spiega Domenico Adorno, Coordinatore Regionale Trapianti Lazio - Il fatto, poi, che il contratto ai medici
precari sia stato autorizzato fino al 31 luglio impegna tutti a lavorare fin d'ora per fare in modo che alla
scadenza non ci siano ulteriori stop». Il centro di riferimento regionale per i trapianti di cornea che ha sede
all'ospedale San Giovanni Addolorata è uno dei più efficienti in Italia. Nel 2012 la struttura sanitaria diretta dal
professor Augusto Pocobelli ha restituito la vista a 1.062 malati. Ed il blocco delle assunzioni di oftalmologi,
seppure a tempo determinato, avrebbe costretto già dalle prossime ore centinaia di pazienti ad affrontare un
viaggio della speranza per farsi operare nei centri del Veneto e della Lombardia.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
LA SOLUZIONE
16/01/2013
Il Messaggero - Roma
Pag. 34
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Umberto I, ecco le gallerie ristrutturate Il dg: sbloccare i fondi per la
rinascita
R. Tag.
Dopo undici mesi di sequestro hanno riaperto le gallerie dell'Umberto I. Erano state sigillate lo scorso febbraio
su ordine della Procura che ne aveva disposto il sequestro a causa del presunto pericolo costituito dalle
tubature del gas e dagli impianti elettrici. Ieri il via libera disposto sempre dalla magistratura, che ha ridato
respiro all'ospedale consentendo nuovamente l'uso delle gallerie e la velocizzazione del trasporto dei pazienti
e il passaggio delle barelle. L'obiettivo, ora, è la rinascita del Policlinico che attende lo sblocco dei 104 milioni
di euro di fondi attesi da 14 anni per la ristrutturazione dei padiglioni. In questi mesi, le verifiche
dell'Ispettorato del lavoro e del comando provinciale dei vigili del fuoco hanno stabilito che non ci sono
esigenze di natura cautelare che impongano il divieto di accesso ai corridoi sotterranei. Una problema, quello
delle galleria, che per il direttore generale dell'ospedale, Domenico Alessio, è risolto solamente «al 75%
perché dei 2,7 chilometri di tunnel ne rimangono da ristrutturare ancora 700 metri» Lavori che dovrebbero
essere eseguiti grazie al resto dei fondi attesi. Ed è stato proprio il direttore, ieri, a mostrare l'efficienza del
sistema antincendio. «La decisione del dissequestro - ha aggiunto Alessio - restituisce all'attività una risorsa
che fa risparmiare circa un milione di euro l'anno». L'INCONTRO Oggi, intanto, assieme alla Regione Lazio,
sarà attivato il tavolo tecnico al ministero della Salute, con l'Azienda e i tecnici, per sbloccare quei 104 milioni
fermi dal 1998. La priorità, comunque, ha spiegato Alessio, è la messa in sicurezza di tutti i padiglioni
dell'Umberto I. I progetti presentati ieri in Regione, dovranno essere in regola con la legge antisismica. Dovrà
essere rifatta la rete idrica e fognaria, e gli ascensori, troppo vecchi e stretti.
Foto: La galleria dopo i lavori
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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IL DISSEQUESTRO
16/01/2013
Il Giornale - Genova
Pag. 2
(diffusione:192677, tiratura:292798)
L'importanza di essere fisici medici
In Liguria solo in 32 gestiscono tutti i macchinari ospedalieri
Monica Bottino
Sono solo 31 in tutta la Liguria, 32 se si conta anche quello assunto «a tempo determinato». Sono gli
specialisti in Fisica Medica, professionisti del mondo sanitario magari meno conosciuti ai pazienti, ma che
svolgono un ruolo primario nella riuscita delle terapie. «Nostra è la responsabilità dei macchinari come la Tac,
la risonanza magnetica, gli apparecchi per le radiografie, i laser, gli ecografi e molti altri comunemente usati
non solo nella diagnosi, ma anche nella cura di diverse patologie - spiega Franca Foppiano, coordinatore per
la Liguria dell'Aifm, associazione italiana di Fisica Medica - Per diventare fisici medici abbiamo conseguito la
laurea in Fisica e la specializzazione di quattro anni presso la facoltà di Medicina e siamo equiparati ai dottori
in tutto e per tutto». Il problema, in questo come in altri casi, è che i fisici medici sono pochi. «Ultimamente c'è
stata qualche polemica sul nostro ruolo, qualcuno ha detto che sarebbe meglio assumere medici e infermieri
piuttosto che dirigenti sanitari come noi, ma certo quel qualcuno non conosce il nostro lavoro e la sua
importanza - continua Franca Foppiano - Noi tariamo le quantità di radiazioni di radioterapia per ciascun
paziente, per esempio, e pianifichiamo insieme con i medici le terapie radiologiche mirate per ogni malato». Il
loro lavoro è molto importante perché oggi come oggi la medicina non può prescindere dal fronteggiare le
malattie anche con l'utilizzo di strumentazioni diagnostiche sempre più all'avanguardia, che comunque
richiedono preparazione per essere utilizzate al meglio». Secondo le stime dell'associazione nazionale dei
fisici medici la Liguria, per numero di abitanti e per conformazione geografica e numero di ospedali dovrebbe
avere almeno il doppio di fisici medici presenti nelle varie Asl e nelle aziende ospedaliere. «L'area genovese
sembra essere quella più coperta - dice la dottoressa Foppiano - ma se si considerano solo i grandi ospedali
e non la Asl 3. Poi per il resto della Liguria ci sono molte realtà davvero difficili». L'obiettivo dell'associazione
è anche quello di farsi conoscere, e di farsi conoscere in particolar modo dai pazienti, affinché comprendano
anche l'importanza di questi specialisti nel loro percorso di diagnosi e cura. Anche perché in questi tempi di
spending review si risparmia su tutto ma non si può prescindere, soprattutto in ambiente sanitario,
dall'investire invece sulla sicurezza.
Foto: UNA TAC Oggi la medicina non può prescindere dall'utilizzo di macchinari sofisticati [Ansa]
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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RUOLO DECISIVO PER LA SERIETÀ DEGLI ESAMI
16/01/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 18
(diffusione:192677, tiratura:292798)
I cellulari come le sigarette: «Mettete un avviso sui rischi»
Proposta di legge Usa: sui telefonini un bollino di «pericolo radiazioni» L'Accademia dei pediatri lo vuole
soprattutto per proteggere i bambini LA «PROVA» GIUDIZIARIA Gli studi citano la sentenza italiana sul
risarcimento al manager malato di cancro
Francesca Angeli
Roma I pediatri Usa chiedono di esporre sui cellulari un avviso di rischio radiazioni. Apposite etichette che
mettano in guardia su una possibile connessione con una maggiore frequenza nell'insorgenza di tumori.
Identiche in sostanza a quelle apposte sui pacchetti di sigarette. A lanciare l'allarme, teso soprattutto a
tutelare i più piccoli è l'autorevole Aap, American academy of pediatricians, che raccoglie oltre 60mila
pediatri. La Aap infatti ha deciso di sostenere «The cell phone right to know Act», una proposta di legge del
deputato democratico dell'Ohio, Dennis Kucinch, che prevede l'esposizione di etichette che illustrino i rischi
per la salute derivanti dall'uso del cellulare. Non solo. Si chiede anche di impostare un programma di ricerca
sui rischi per la salute e l'aggiornamento dei limiti del tasso di assorbimento di onde elettromagnetiche fissati
dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente. Il presidente dell' Aap, Thomas McInerny spiega perché un
bambino corra molti più rischi rispetto ad un adulto se usa in modo eccessivo il cellulare. «Sosteniamo la
richiesta di esaminare con cura gli effetti delle onde elettromagnetiche sulla popolazione più vulnerabile come
sono appunto i bambini e le donne incinta - ha spiegato McInerny - I bambini risentono di più dell'esposizione
ad agenti ambientali come le radiazioni del cellulare. Hanno una diversa densità ossea per cui assorbono
maggiori quantità di onde elettromagnetiche rispetto agli adulti». La diretta connessione tra l'aumento del
rischio di contrarre patologie mortali come il cancro e un uso frequente del cellulare non ha ancora avuto
riscontri sufficienti. Occorre ricordare però che lo scorso anno l'Organizzazione mondiale della sanità ha
deciso un cambio di rotta rispetto ai campi elettromagnetici a radiofrequenza cambiandone la classificazione
rispetto al rischio cancro. Da «non classificabile» a «forse cancerogeno», che significa che le prove non sono
sufficienti per dichiarare quell'agente come probabilmente cancerogeno. L'Agenzia internazionale per la
ricerca sul cancro, Iarc, ha riconosciuto che chi usa il telefono cellulare «può» avere un maggiore rischio di
contrarre il glioma, un cancro del cervello, e il neurinoma acustico. Tra gli studi e i documenti portati a
sostegno della richiesta di etichette di avviso sul cellulare da parte dell'Aap è stata inserita anche la sentenza
emanata dalla Corte di cassazione italiana che ha ritenuto legittima la richiesta di risarcimento da parte di un
manager bresciano, riconoscendo il legame tra l'esposizione alle radiazioni del cellulare, usato per ore ed ore
tutti i giorni, e il tumore al cervello che lo aveva colpito. Altri studi hanno evidenziato un legame con l'infertilità
maschile. Gli uomini che tengono il cellulare nella tasca dei pantaloni o nella cintura hanno una percentuale
più bassa dell'11 per cento di spermatozoi «attivi». E in tutti gli studi condotti emerge una connessione tra
l'esposizione alle radiofrequenze del cellulare ed una variazione nella qualità degli spermatozoi. Per non
rinunciare al cellulare e comunque ridurre i rischi bastano alcuni semplici accorgimenti. Il primo e il più ovvio è
quello di usare sempre l'auricolare o in alternativa il viva voce. Non tenere mai il cellulare attaccato al proprio
corpo neppure quando lo si usa, quindi non in tasca. Evitare una chiamata se invece basta mandare un sms.
Meglio telefonare quando c'è un buon segnale perché le ricerche hanno dimostrato che l'esposizione alle
radiazioni aumenta quando il segnale è debole. Infine ovviamente limitare al massimo l'uso del cellulare da
parte dei bambini e dei teenager.
I CONSIGLI Utilizzare le cuffie o il vivavoce, con o senza fili (meglio comunque togliere le cuffie dall'orecchio
quando non si parla) Tenere il telefonino staccato dall'orecchio e dal corpo mentre si parla è sufficiente anche
una distanza breve per ridurre le radiazioni assorbite Più messaggini e meno telefonate gg ini ef onate il
cellulare emette meno radiazioni e soprattutto sono lontane dalla testa mette m e n o s oprattutto e d a ll a te
s ta Se possibile, effettuare chiamate quando il segnale è forte c'è minore esposizione alle radiazioni Limitare
l'uso del telefonino da parte dei bambini il loro cervello può assorbire fino al doppio delle radiazioni rispetto a
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IL NUOVO ALLARME Salute e tecnologia
16/01/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 18
(diffusione:192677, tiratura:292798)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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quello di un adulto Evitare di schermare le radiazioni copriantenne e cover riducono la qualità della
connessione e portano, alla fine, a maggiori radiazioni
16/01/2013
QN - Il Resto del Carlino - Bologna
Pag. 18
(diffusione:165207, tiratura:206221)
«Chi è stato operato di tumore non può rischiare lungaggini per i
controlli»
SILVIA SANTACHIARA
di SILVIA SANTACHIARA -SAN LAZZARO- POTREBBE avere vita breve il circuito Crc (Colo rectal cancer)
dell'ospedale Bellaria, servizio che permette agli operati di tumore al colon di poter contare su un
meccanismo diretto di prenotazione degli esami di controllo in grado di rispettare meticolosamente i tempi. Lo
rende noto Giuliano Serra, ex coordinatore del Comitato «Io scelgo il Bellaria» che, dopo l'ultimo controllo, si
è sentito suggerire dal personale del day service della gastroenterologia di recarsi dal medico di base e
prenotare tramite Cup i prossimi esami. «Mi hanno consigliato di attivarmi per via ordinaria perché non sanno
se il crc continuerà ad esistere - racconta Serra - ma non possiamo rischiare di non riuscire a rispettare i
tempi tra un controllo e l'altro. Non siamo pazienti di routine - ricorda - ma una fascia a rischio». SERRA, che
a suo tempo si battè anche per impedire la chiusura della chirurgia generale ad indirizzo oncologico per le
forme gastrointestinali, spiega infatti che «prenotare oggi per via ordinaria una tac e una colonscopia può
voler dire rischiare di sforare i 12 mesi, passando addirittura anche a 15 o 18 mesi. Il Crc deve vivere continua - perché il costo è praticamente pari a zero e non possono abbandonarci a noi stessi». Secondo l'ex
coordinatore del comitato infatti «devono essere garantite certezze sui tempi, fondamentali per chi ha avuto
un tumore». MA L'AZIENDA Usl di Bologna assicura di essere attualmente impegnata nella realizzazione di
«percorsi di miglioramento della presa in carico dei cittadini che necessitano di esami e visite specialistiche,
compresi quelli gastroenterologici. L'obiettivo - fa presente l'azienda - è anche quello di garantire la
prenotazione diretta di visite ed esami di controllo da parte dello specialista e in stretta relazione con il
medico di famiglia, senza rinviare il cittadino al Cup per la prenotazione, aumentare l'appropriatezza degli
stessi controlli, incrementare la disponibilità a Cup per i pazienti che necessitano di prima visita specialistica o
di una endoscopia e assicurare una crescente qualità e sicurezza della presa in carico per i cittadini».
INTANTO il reparto post acuti del Bellaria ha definitivamente chiuso. Lo dichiarano Daniela Gallamini e Nadia
Ortensi della Fp-Cisl rendendo noto che ad oggi «la maggior parte del personale è stato messo in ferie
obbligata e sono presenti 16 infermieri e 10 operatori socio sanitari da ricollocare. Non ci hanno comunicato
ne dove ne quando, e neppure la graduatoria a cui hanno diritto come da accordo sindacale sulla mobilità fanno presente - e temiamo che facciano la stessa fine del personale della pneumologia, che non fu mai
riallocato con l'apposita graduatoria. Questa - concludono - è un'ulteriore sconfitta del modello di assistenza
infermieristica fortemente voluto dalla direttrice del servizio infermieristico dell'azienda Usl di Bologna
Annalisa Silvestro». Image: 20130116/foto/1387.jpg
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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SAN LAZZARO AL BELLARIA E' A RISCHIO IL SISTEMA DI PRENOTAZIONE RAPIDA CRC
16/01/2013
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 12
(diffusione:105812, tiratura:151233)
MILANO. Vaccini ritirati o in ritardo: il risultato è che un milione e mezzo di italiani in meno si è vaccinato
contro l'influenza stagionale. A rivelarlo è Frabrizio Pregliasco, ricercatore del dipartimento di scienze
biomediche dell'Università di Milano. Per effetto dei ritardi e dei ritiri di lotti di vaccini risultati difformi
verificatisi all'inizio della Campagna di vaccinazione, rileva l'esperto, molte persone non hanno fatto profilassi.
Nella scorsa stagione, il totale delle persone vaccinate ha raggiunto circa i 12-13 milioni. Secondo il
segretario della Federazione generale dei medici di famiglia (Fimmg), Giacomo Milillo, la stima del numero
dei non vaccinati rispetto alla scorsa stagione sarebbe però ancora maggiore, sfiorando il 40%. Il minore
ricorso alla vaccinazione, sottolinea Pregliasco, «potrebbe determinare un aumento di circa 150-200mila casi
di influenza rispetto al totale della scorsa stagione, con un numero percentuale di decessi pari ad una decina
in più, considerando che la percentuale media di riferimento è di 10 casi mortali per complicanze da influenza
su 100mila casi».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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Influenza, crolla la vaccinazione Oltre un milione di iniezioni in meno
16/01/2013
Il Gazzettino - Venezia
Pag. 13
(diffusione:86966, tiratura:114104)
Sempre più applicazioni della chirurgia mininvasiva all'ospedale dell'Angelo. Dopo l'avvio della attività
operatoria con telecamere e microbisturi sul pancreas, ora lo staff della Chirurgia generale oncologica diretta
dal dottor. Roberto Merenda ha iniziato a lavorare con questi strumenti anche sul fegato. La tecnica è stata
adottata con successo sui primi due pazienti veneziani, una donna di 47 anni e un uomo di 67, l'una affetta
da una neoplasia benigna, l'altro da un tumore su cirrosi epatica. Alcune sezioni malate del fegato sono state
asportate senza incisioni deturpanti sul torace ma attraverso piccoli forellini praticati sull'addome. «E' un altro
passo avanti della chirurgia 'leggera' che siamo orgogliosi di offrire alla nostra popolazione - ha commentato il
direttore generale Giuseppe Dal Ben - Non più interventi massicci che comportano degenze lunghe, piuttosto
dolorose ed esiti anche esteticamente dirompenti sul fisico dei malati, ma operazioni poco invasive che
riducono la sofferenza e i tempi di permanenza in ospedale». La tecnica operatoria in laparoscopia utilizza
una telecamera inserita nell'addome attraverso un forellino in corrispondenza della sezione interessata. Le
immagini vengono inviate ad un monitor sul quale il chirurgo vede la zona sulla quale deve intervenire,
impiegando sottili strumenti operatori inseriti nell'addome attraverso altri piccoli fori. «L'avvio dell'attività
laparoscopica anche sul fegato è un'ulteriore alternativa nella strategia terapeutica che possiamo proporre ai
pazienti dell'Angelo con problemi gravi all'apparato addominale - spiega il primario Roberto Merenda - Non è
una procedura applicabile a tutti ma utilizzabile in casi selezionati. I vantaggi sono evidenti: grazie
all'approccio mininvasivo il dolore postoperatorio può essere controllato meglio, le complicazioni sono
pressoché annullate, non ci sono più cicatrici deturpanti e i tempi di degenza si abbreviano». In lista di attesa
ci sono altri due pazienti che saranno operati a breve. © riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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Sempre più interventi senza "tagli"
16/01/2013
Il Gazzettino - Venezia
Pag. 13
(diffusione:86966, tiratura:114104)
Sanità veneziana verso il blocco totale «se non si fermeranno i licenziamenti nelle strutture private come
quelli già avviati al Policlinico San Marco o quelli ipotizzati a Villa Salus e non si risolve il nodo Carlo Steeb».
A minacciare misure drastiche per «salvaguardare l'occupazione nel settore» è Paolo Lubiato della Cgil
funzione pubblica, confermando che venerdì, assieme ai rappresentanti di categoria della Cisl e Uil,
incontrerà il nuovo direttore generale della sanità veneziana, Giuseppe Dal Ben, per discutere sulle questioni.
Sale dunque la tensione sul fronte della sanità, e a far scattare la scintilla i nodi soprattutto del Policlinico San
Marco, dove sono già state avviate le procedure di licenziamento per un'ottantina di dipendenti, e Villa Salus,
dove il personale a rischio - secondo i sindacati - sfiora quota 70 unità. «All'incontro chiederemo
rassicurazioni e impegni sul fronte della sanità veneziana - spiega Giorgio Tonetto, segretario generale della
Cisl-Fp - e soprattutto che si salvaguardi l'occupazione. Come sindacato non ci interessa difendere le
strutture private, ma vogliamo salvaguardare sia il servizio sia i lavoratori, quindi nel caso non si blocchino
almeno i licenziamenti in arrivo, chiederemo la possibilità di eventuali spiragli occupazionali per chi rischia di
restare a casa. Senza risposte sarà sciopero dell'intero settore». Ma non solo, tra le prime richieste sindacali
che il neo direttore si troverà sul tavolo c'è anche quella di «Non ridimensionare l'ospedale del Lido San
Camillo - incalza Lubiato - semmai si assorbano i servizi del Carlo Steb, per garantire un presidio sanitario
efficiente sull'isola». Insomma anche il fronte sanitario - dove i privati accusano perdite e conti in rosso, da qui
le prospettive di licenziamenti - sta per esplodere sotto la pressione della crisi, ma per i sindacati la partita
non può essere gestita con le cesoie. Per questo c'è stata la dura presa di posizione dei sindacati, che per
difendere l'occupazione nella sanità privata sono disposti allo sciopero generale anche nella sanità pubblica.
«Per noi la sanità è sanità, anche quella privata convenzionata, per questo nel caso di licenziamenti senza
alternative occupazionali siamo pronti a mobilitare l'intero comparto - prosegue Lubiato - Sul fatto che ci siano
tutte queste difficoltà economiche possiamo solo dire che da tempo la sanità privata e il settore assistenziale
è considerato terreno di conquista da parte di cordate che vengono anche da fuori regione». © riproduzione
riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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Sanità, sindacati sul piede di guerra
16/01/2013
Il Gazzettino - Venezia
Pag. 24
(diffusione:86966, tiratura:114104)
Vita rovinata dal farmaco, la Bayer paga
Riscontrata inabilità totale a causa degli effetti collaterali: il colosso tedesco condannato a 350mila euro
Nel 1999 rischiò di morire a causa dei gravi effetti collaterali provocati da un farmaco per la riduzione del
colesterolo, il Lipobay. Ora, a distanza di oltre dieci anni, la nota casa farmaceutica Bayer è stata condannata
a risarcire quasi 350mila euro, oltre agli interessi, ad un medico ed odontoiatra di Mirano che da allora, a
seguito della malattia contratta è stato costretto a smettere di lavorare a causa di un'inabilità del 100 per
cento. La sentenza è stata emessa nei giorni scorsi dal Tribunale civile di Venezia il quale ha accolto le
richieste presentate dal legale del medico, l'avvocato Luigino Martellato. La Bayer dovrà rifondere anche
14mila euro di spese di lite. A conclusione di una causa avviata nel 2007, il giudice Marco Campagnolo ha
riconosciuto la sussistenza di un preciso nesso di causa tra l'assunzione del farmaco Lipobay 0,2 e la
patologia da cui è rimasto affetto il medico miranese, il quale si era autoprescritto il farmaco. La notizia della
dannosità del Lipobay diventò di dominio pubblico nel 2001, a seguito di numerose segnalazioni di decessi e
patologie correlate alla sua assunzione: la Bayer ritirò il prodotto dal mercato e il ministero della Salute ne
vietò la commercializzazione. Il medico miranese, che all'epoca aveva 51 anni, iniziò ad avvertire gli effetti
negativi del Lipobay due mesi dopo l'assunzione del farmaco, quando gli fu diagnosicata una grave forma di
malattia, la rabdomiolisi, che consiste nella rottura delle cellule del muscolo scheletrico (con conseguenti
problemi di movimento) e può avere anche esito mortale. Per tre anni il medico non fu più in grado di
lavorare: fu costretto a chiudere lo studio di odontoiatra e perse la convenzione con la Asl di medico di
famiglia. Successivamente è stato dichiarato invalido con totale e permanente incapacità lavorativa al 100 per
cento e l'Empam gli corrisponde una pensione di invalidità. Per questo motivo il risarcimento liquidato dal
Tribunale comprende, oltre al danno morale, anche quello patrimoniale che si riferisce al mancato guadagno
del medico per ogni anno di lavoro a cui ha dovuto rinunciare, quantificato sulla base dell'ultimo reddito da lui
dichiarato. © riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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MIRANO La nota azienda dovrà risarcire un medico che prese il Lipobay per ridurre il colesterolo
16/01/2013
Il Secolo XIX - Genova
Pag. 22
(diffusione:103223, tiratura:127026)
«La Regione è in ritardo sulla cura con la cannabis»
Quattro consiglieri chiedono che la legge sia applicata
«LA REGIONE applichi la legge sulla cannabis terapeutica». La protesta è firmata dai consiglieri Benzi
(Federazione della sinistra), Conti, Quaini e Rossi di Sinistra ecologia e libertà, che hanno chiesto alla giunta i
motivi dei ritardi nell'erogazione ai pazienti di terapie all'avanguardia da tempo riconosciute dalla scienza
medica e meno onerose per le casse del sistema sanitario regionale, tra cui l'uso di farmaci a base di
cannabinoidi. «La legge è stata fino ad oggi inapplicata, mentre il governo ha impugnato la normativa davanti
alla Corte Costituzionale. Non si è dato seguito al processo di applicazione della norma per quanto riguarda
l'approvvigionamento delle materie prime e quindi l'uso terapeutico della cannabis rimane di fatto precluso a
centinaia di malati affetti da gravi patologie costretti a cimentarsi quotidianamente con procedure burocratiche
impossibili, economicamente insostenibili e inutilmente faticose per fare importare dall'estero i farmaci».Oltre
agli effetti benefici nelle cure palliative del dolore, il glaucoma, l'epilessa e molte malattie neurologiche
possono essere curare utilizzando i derivati della cannabis. «Non è accettabile che alle richieste dei pazienti
(anche ricoverati), vi siano state risposte vaghe e differenti da parte di medici e Asl. La Regione deve
organizzarsi e far applicare la legge».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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LA PROTESTA
16/01/2013
Il Secolo XIX - Genova
Pag. 22
(diffusione:103223, tiratura:127026)
Il Galliera perde due pilastri
In pensione Ratto, primario di Neurologia. Maffezzini (Urologia) a Milano
GUIDO FILIPPI
I MOTIVI sono diversi: uno accetta la proposta di prestigioso ospedale di Milano, l'altro va in pensione, ma la
sostanza e il risultato non cambiano. Il Galliera perde due pilastri dell'attività sanitaria nell'arco di poche
settimane ed è già al lavoro per sostituirli. Il primario di Neurologia Sandro Ratto , 67 anni compiuti il giorno
della Befana, da 12 al timone del reparto,oggi saluta i colleghi e va in pensione dopo aver dedicato la carriera
al Galliera. Oltre che direttore di uno dei reparti più delicati dell'ospedale di Carignano, è stato per anni il
leader istituzionale dei primari, ma anche il punto di riferimento di tanti colleghi e il presidente genovese
dell'associazione medici cattolici. Qualche anno fa, durante uno dei momenti di attrito con l'amministrazione
della Duchessa, si schierò in prima linea per bloccare i tagli e per difendere la qualità dell'assistenza di alcuni
reparti. Qualche mese fa ha annunciato alla direzione che sarebbe andato in pensione ed è iniziato, un giro
informale d'orizzonti, per capire come orientarsi. È evidente che, terminata l'era Ratto, l'ospedale dovrà prima
di scegliere il successore definire, d'intesa con il San Martino Ist (il centro di riferimento regionale, ndr) quale
sarà il ruolo della Neurologia del Galliera che nel frattempo è stata affidata (con un incarico a tempo) a Carlo
Italo Parodi . Una soluzione a tempo che potrebbe diventare definitiva perché, secondo alcune fonti interne, è
ben quotato per dirigere il reparto, ma nelle ultime settimane girano almeno una mezza dozzina di nomi di
papabili. La poltrona della Duchessa potrebbe interessare a Fabio Bandini che ora dirige la Neurologia del
San Paolo di Savona, ma è cresciuto alla clinica universitaria dell'ospedale San Martino e quindi è probabile
che decida di partecipare al concorso. Come Massimo Del Sette che è alla guida del reparto dell'ospedale
della Spezia, ma ha famiglia a Genova e non ha mai nascosto che tornerebbe volentieri a casa. Nel balletto
dei nomi c'è anche Renato Pizio che da qualche anno è primario alla Asl 4 del Tigullio, ma è cresciuto al
Galliera dove ha lasciato il cuore e tanti amici. Non è, invece, in corsa come sostiene qualche malalingua
interna Ivan Bonanni , il figlio del savonese Franco, direttore generale del dipartimento sanità, che, qualche
anno fa, era arrivato a Carignano, grazie a una deroga firmata dal padre. È considerato bravo, ma ancora
troppo giovane per ricoprire un ruolo di responsabilità. La Asl 3 deve ancora scegliere a chi affidare la
direzione unica della Neurologia tra Paolo Tanganelli (primario del Padre Antero di Sestri ) e Sandro
Salvarani (primario del Villa Scassi di Sampierdarena) e non è escluso che i due specialista decidano di
partecipare al concorso. Chi invece ha già annunciato che lascerà il Galliera è il primario di Urologia Massimo
Maffezzini . Già qualche giorno prima di Natale aveva confessato ad alcuni colleghi che la sua esperienza
«Straordinaria sotto tutti i punti di vista» stava per concludersi. Al rientro dalle vacanze è stato ancora più
esplicito e ha detto che avrebbe accettato la proposta dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano, ma, fino a
ieri, non aveva ancora inviato la lettera di dimissioni al direttore generale Adriano Lagostena. Maffezzini era
arrivato dalla casa di cura Humanitas di Milano, ma in precedenza aveva lavorato anche al San Raffaele e
all'Ieo di Veronesi. È primario al Galliera da dieci anni e l'attività del suo reparto è notevolmente aumentata,
così come è cresciuto il numero dei pazienti provenienti dagli altri ospedali genovesi e liguri, ma anche dal
Piemonte e dalla Lombardia. È probabile che, appena le dimissioni saranno ufficiali, la direzione del Galliera
affidi, in attesa del concorso, la responsabilità temporanea dell'Urologia a Giuseppe Conzi che ha lavorato a
stretto contatto con Maffezzini.
Foto: Sandro Ratto, primario di Neurologia
Foto: Un'immagine dall'alto dell'ospedale Galliera di Carignano
Foto: Massimo Maffezzini dirige l'Urologia
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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GRANDI MANOVRE E CANDIDATURE ILLUSTRI PER L'OSPEDALE DI CARIGNANO IL RETROSCENA
16/01/2013
Il Secolo XIX - Ed. nazionale
Pag. 41
(diffusione:103223, tiratura:127026)
Datemi il mio farmaco non è una droga
Sono ricoverato da 6 mesi all'ospedale San Martino di Genova, in quanto sieropositivo in seguito all'uso di
una siringa infetta. Durante un mio viaggio all'estero dello scorso anno, essendo le mie difese immunitarie
molto deboli, ho contratto il virus Jcv al cervello, rimasto latente sino a manifestarsi lo scorso maggio. Da
allora, essendo senza fissa dimora, sono ricoverato all'ospedale. Soffro di dolore neuropatico agli arti,
osteoporosi, ho un bypass all'arteria femorale e l'ernia iatale. La mia vita quotidiana era scandita da numerosi
attacchi di vomito e da elevata difficoltà motoria. Sotto prescrizione del mio medico curante sono in terapia da
5 anni con il Bedrocan, infiorescenza di canapa prodotta dal ministero della Salute olandese. Da allora, gli
attacchi di vomito si sono ridotti di molto. La canapa mi ha rimesso in piedi, mi rilassa i muscoli, mi aiuta ad
avere appetito e migliora l'umore: è un farmaco regolare e legale, al quale ho pienamente diritto. Esiste un
decreto legge del 2007, firmato dall'allora ministro della Salute Livia Turco che ne permette l'importazione e la
recente norma regionale approvata in Liguria dovrebbe semplificare l'accesso al farmaco. Invece succede
tutto il contrario. La mia dose sarebbe di 1 g giornaliero, ma pare che la farmacia ospedaliera non abbia fatto
l'ordine in maniera congrua, tanto che mi devo far bastare la metà della dose, in attesa che arrivi il prossimo
ordine dall'estero. Sembra che in queste strutture non sia ben accetta la terapia che seguo e che mi aiuta a
vivere con dignità. Non capisco come una terapia farmacologia possa essere considerata scomoda dal punto
di vista ideologico, tanto che il primario del reparto, dottor Viscoli (vice presidente di Anlaids Liguria) ha
minacciato di riunire una commissione di esperti per farmela interrompere, senza prospettarmi un'alternativa.
Io non voglio assolutamente essere bombardato di psicofarmaci, morfina o altro perché desidero essere
lucido, dato che a giugno dovrò riprendere la mia attività lavorativa all'interno delle carceri. Sono infatti
attivista di Nps onlus (Network persone sieropositive), un'associazione che si occupa di persone malate di
Hiv, in collaborazione con i ministeri di Grazia e Giustizia e della Salute e con il Dap e il Simpse, la società
scientifica del sistema penitenziario. Ovviamente, il mio medico curante è contrario all'interruzione della
terapia con la canapa perché è evidente che io stia meglio, ma adesso ho paura che se rifiutassi la terapia
propostami, mi dimetteranno e a breve sarò per strada. Mi batto per dimostrare che la canapa non è una
droga, ma un farmaco del quale ho terribilmente bisogno, come tante altre persone che non ne hanno
accesso, pur avendone diritto.
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lettere
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«Mi chiamo Alvim e trovo batteri dannosi da eliminare»
Storia del fulmineo successo di tre ricercatori e di un prodotto "unico" << In poco tempo "boom" di ordini
online . Ora il nostro sogno è la registrazione internazionale del brevetto
FRANCESCA MAZZINO
S ei mesi di attività e un fatturato da 50.000 euro. Sembra una chimera nell'attuale contesto economico.
Ancora di più se questo strano abbinamento è generato da una società di tre sole persone. Ovvero Alvim Srl,
che, con l'omonima tecnologia, opera nel settore del rilevamento dei batteri biofilm, che ostacolano la bontà
di molti processi produttivi. Fondatore e amministratore è Giovanni Pavanello, 30 anni, laureato in Biologia
Marina presso l'Università Politecnica delle Marche con il massimo dei voti. Il rapporto con Genova inizia
subito dopo, nel 2007: prima come collaboratore, poi come assegnista di ricerca, entra nel Cnr, esattamente
nell'Istituto di Scienze Marine (Ismar), Sezione Tecnologie Marine. Qui si confronta con il problema dei biofilm
batterici: «Da oltre trent'anni - spiega - l'Ismar se ne occupava a livello teorico, senza però cercare una
risoluzione pratica del problema». Da qui l'intuizione: creare uno strumento che permettesse di rilevare la
presenza del batterio e di intervenire in tempi rapidi per eliminarlo. Per raggiungere il risultato, Giovanni si
rende conto che non basta l'esperienza scientifica del Cnr. Serve qualcuno che apporti capacità tecnica. Tra i
propri contatti individua due società incubate da Filse: Newlab ed E-magine.it. Emilio Capparelli e Marco
Cappello, gli amministratori, sono anche loro interessati al biofilm: «Addirittura i genitori di uno di essi - dice
Pavanello - trent'anni prima avevano iniziato gli studi del problema al Cnr». Tutti e tre insieme iniziano quindi
la realizzazione e la sperimentazione del prodotto anti-batterio, fino ad essere finalmente pronti a
commercializzarlo a luglio 2012. È in questa data che Alvim Srl viene creata, racchiudendo in sé tutte le
anime dei suoi amministratori: la preparazione scientifica di Giovanni e quella elettronica di Emilio e Marco.
La società commercializza un solo prodotto, Alvim appunto, ma questo «è unico nel suo genere: rileva e dà
informazioni sulla presenza del tessuto batterico, il tutto sulla linea ed in tempo reale. Gli altri sensori esistenti
ci impiegano giorni per fare lo stesso, interrompendo la produzione o, peggio, continuando a far produrre
qualcosa di potenzialmente dannoso». Proprio per proteggere la forza della propria tecnologia, fin da subito
Alvim è stato brevettato; «Stiamo valutando - aggiunge Pavanello - ulteriori tutele con altri brevetti, anche se il
sogno è uno: quello internazionale, in quanto solo noi abbiamo questo knowhow a livello mondiale. Purtroppo
è troppo costoso». Per ora. La sorpresa più grande per Pavanello è stato il successo raggiunto non appena
lanciato il sito (www.alvim.it), da lui stesso realizzato: contatti sono arrivati da molte società, operanti nei
settori e nelle zone più disparate del mondo, dalle acciaierie alle industrie alimentari, dal Canada alla
Repubblica Ceca. «Sono loro ad aver chiamato noi! In pochissimo tempo abbiamo raggiunto i primi posti per
chiavi di ricerca su internet». Essendo il problema del biofilm comune a tutte le produzioni, risolverlo vuol dire
avere clienti su base mondiale: «Il nostro è un mercato infinito. Abbiamo raggiunto ambiti per noi
inimmaginabili: in Italia, ad esempio, Alvim viene usata per pulire le acque di idratamento dei polli o per i
processi di lavaggio delle carni». I progetti per il futuro sono molti. Sicuramente Pavanello vorrebbe
fidelizzare i propri clienti, offrendo loro un servizio complementare. «Sarebbe utile poi l'utilizzo di Alvim da
parte degli enti per la tutela dell'ambiente. Ci piacerebbe inoltre trasmettere il nostro know-how sul tema
organizzando corsi ad hoc per le singole aziende». Le occasioni non mancheranno , dunque, per sentir
parlare nel futuro di Alvim. CHE COSA SONO I BIOFILM BATTERICI DOVE SI TROVANO E COME SI
COMBATTONO Il biofilm è una aggregazione di microrganismi che può aderire a qualunque tipo di
superficie. Questi batteri possono provocare diverse problematiche, come ridurre l'efficienza termica degli
scambiatori di calore; aprire la strada alla colonizzazione da parte di organismi di maggiori dimensioni e
causare corrosione e quindi danni a livello industriale di portata ingente. Alvim permette un rilevamento
efficiente del biofilm sin dalle sue prime fasi di sviluppo. Il sensore viene inserito nella tubazione, la tecnologia
rileva l'eventuale l'attività biologica dei batteri e la trasmette in tempo reale ad un video software. A questo
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IMPARA L'ARTE
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punto si può intervenire prontamente per eliminare il problema. Un ambito di utilizzo di Alvim è quello della
prevenzione della legionella. Il biofilm rappresenta infatti l'ambiente ideale per lo sviluppo di colonie batteriche
pericolose per la salute umana, tra cui, appunto, questa.
Foto: Giovanni Pavanello tra le provette nel laboratorio della Alvim e, a sinistra, il sensore che permette di
monitorare la crescita batterica
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Medici, cambia l'intramoenia "provvisoria" da 10 anni
Lorenzo Cuocolo
LA LETTERA Ho letto che l'attività professionale che i medici ospedalieri possono svolgere all'interno delle
strutture pubbliche è stata recentemente regolamentata in maniera diversa rispetto a oggi. Potete spiegare
cosa cambia e se si tratta di una vera "rivoluzione" o se in realtà rimane tutto com'era? LAURETTA S.
(GENOVA) Il decreto Balduzzi, D.L. n. 158/2012, all'art. 2, prevede una nuova disciplina dell'attività
professionale intramoenia dei medici, che era finora retta da un regime "provvisorio", in vigore da più di dieci
anni. Il decreto, al fine di superare la cd. "intramoenia allargata", prevede l'obbligo (entro il 31 dicembre 2012)
per le aziende ospedaliere, di procedere alla «ricognizione straordinaria degli spazi disponibili per l'esercizio
dell'attività libero professionale». L'intramoenia allargata sarà dunque ammessa solo al ricorrere di specifici
presupposti: sono previste due modalità di attività professionale intramuraria, una principale ed una residuale.
In primo luogo le Regioni possono autorizzare le aziende sanitarie ad acquisire, presso strutture sanitarie
autorizzate non accreditate o tramite stipula di convenzioni con altri soggetti pubblici, spazi ambulatoriali
esterni per l'esercizio dell'attività sia istituzionale sia in regime di libera professione intramoenia. Ovviamente
l'autorizzazione potrà essere rilasciata solo se le aziende dimostrino l'assoluta necessità del ricorso a spazi
esterni. IN VIA SPERIMENTALE LE REGIONI POSSONO AUTORIZZARE L'ATTIVITÀ PROFESSIONALE
PRESSO STUDI ESTERNI In secondo luogo, le Regioni possono autorizzare le aziende sanitarie «nelle quali
risultino non disponibili gli spazi per l'esercizio dell'attività libero professionale» ad adottare un programma
sperimentale che preveda lo svolgimento, in via residuale, dell'attività professionale intramuraria presso gli
studi privati dei professionisti collegati in rete. La norma non è chiara, ma sembra che questa opzione debba
essere considerata residuale. La possibilità di aderire al programma è, inoltre, subordinata alla firma di una
apposita convenzione annuale rinnovabile. Tale convenzione è redatta sulla base di uno schema tipico
approvato con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni e deve essere
sottoscritta dal professionista interessato e dall'azienda sanitaria. Infine è previsto che il nuovo programma
sperimentale venga sottoposto ad una verifica entro il 28 febbraio 2015. In caso di accertamento positivo
l'attività potrà continuare in via permanente ed ordinaria negli studi professionali collegati in rete mentre, in
caso di verifica negativa, l'attività cesserà entro il 28 febbraio 2015. Occorre inoltre evidenziare che il nuovo
sistema introdotto dal decreto Balduzzi incide in modo rilevante sulle precedenti autorizzazioni all'intramoenia
allargato presso gli studi professionali, concesse ai sensi dell'art. 22 bis, comma 3, D.L. n. 22372006. È stato
infatti previsto che la loro validità sia cessata al 30 novembre 2012. I PERMESSI TEMPORANEI PER
OPERARE NEGLI STUDI PRIVATI A tale riguardo, però, è stata attribuita alle Regioni la facoltà, su richiesta
dell'interessato, di concedere una temporanea continuazione dello svolgimento dell'attività professionale
presso gli studi privati già autorizzati fino al momento in cui lo studio L'attività professionale "intramuraria" è
sempre consentita, ma con nuove regole gestite dalle Regioni ART. 2 si collegherà alla nuova infrastruttura di
rete o, in ogni caso, fino al 30 aprile 2013, data in cui i singoli titolari degli studi professionali in rete dovranno
acquisire la necessaria strumentazione. PROFESSIONISTI E AZIENDE IN CONTATTO ATTRAVERSO
COLLEGAMENTI TELEMATICI Il decreto introduce una rilevante novità in merito alle modalità di gestione.
Viene, infatti, prevista la predisposizione di una speciale infrastruttura di rete che consentirà il collegamento
telematico tra l'ente o l'azienda e le singole strutture nelle quali vengono erogate le prestazioni di attività
libero professionale, interna o in rete. Tale sistema è finalizzato a controllare il volume dell'attività prestata dal
professionista. In virtù della messa in rete dell'attività verrà, infatti, garantita la trasparenza e la tracciabilità di
tutti i pagamenti effettuati dai pazienti e sarà possibile anche un effettivo riscontro del numero delle
prestazioni che il professionista svolge sia durante il servizio ordinario, sia in regime intramoenia. In
particolare, è previsto che i pagamenti relativi alle prestazioni libero professionali rese dai medici sia negli
studi autorizzati, ma anche all'interno delle ASL ed ospedali, dovranno essere effettuati unicamente
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diritto & imprese
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«mediante mezzi di pagamento che assicurino la tracciabilità della corresponsione di qualsiasi importo».
NELDL158/2012 DISCIPLINA L'ATTIVITÀ DEIMEDICI OSPEDALIERI TRA LE NOVITÀ IL TARIFFARIO
UNICO L'ultima rilevante novità introdotta dal decreto Balduzzi attiene alla previsione di un tariffario unico. A
tale riguardo dovranno, dunque, essere definiti, d'intesa con i dirigenti e previa contrattazione integrativa
aziendale, gli importi idonei per remunerare ogni prestazione, i costi proquota per l'ammortamento e la
manutenzione delle apparecchiature e per assicurare la copertura di tutti i costi diretti ed indiretti sostenuti
dalle aziende. In considerazione della complessità interpretativa della nuova disciplina sembra che molte
Regione, e tra queste la Liguria, siano orientate ad accordare una proroga di qualche mese dei rapporti
esistenti, in attesa di chiarimenti dal Ministero della Salute. LA SCHEDA Studi in rete e le altre novità Il
Decreto Balduzzi prevede l'obbligo, entro il 31 dicembre 2012, per le aziende ospedaliere di censire gli spazi
disponibili per l'attività libero professionale dei medici dipendenti. L'intramoenia allargata sarà consentita solo
con due modalità 1 - Principale 2 - Residuale Le Regioni possono autorizzare le strutture sanitarie ad
acquisire gli spazi necessari anche presso ambulatori esterni oppure studi privati convenzionati di
professionisti collegati in rete. 30/4/13 È LA DATA ENTRO CUI GLI STUDI IN RETE DEVONO DOTARSI
DELLA STRUMENTAZIONE Convenzioni redatte sulla base di uno schema approvato in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra Stato e Regioni . Una speciale infrastruttura di rete consentirà il collegamento
telematico tra l'Ente o l'Azienda e le singole strutture nelle quali vengono erogate le prestazioni di attività
libero professionale, interna o in rete. I pagamenti relativi alle prestazioni libero professionali rese dai medici
sia negli studi autorizzati, ma anche all'interno delle ASL ed ospedali, dovranno essere effettuati solo
attraverso mezzi di pagamento che assicurino la tracciabilità della corresponsione di qualsiasi importo .
Foto: CHI È Professore in ruolo presso l'Università Bocconi, è titolare dello Studio legale Cuocolo, che ha
sedi a Genova e Milano. Esperto di rapporti tra imprese e pubbliche amministrazioni, lavora nell'Unità di
ricerca Bocconi "Law and Economics".
16/01/2013
ItaliaOggi
Pag. 13
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La nuova pillola è molto peggio
Quelle di 3ª e 4ª generazione sono pericolosissime
Nessuno osava parlarne, ma la denuncia di Marion Larat ha dato la stura. E in Francia è scoppiato lo
scandalo sulla pericolosità della pillola di 3ª e 4ª generazione a basso dosaggio di estrogeni, e per questo
non fa ingrassare e né aumenta la ritenzione idrica. Raddoppia, però, i rischi di trombosi venose e provoca
embolie, anche mortali. Marion, 25 anni, invalida al 65%, ha denunciato, un mese fa, la Bayer e l'Agenzia
nazionale della sicurezza del farmaco per «attentato involontario all'integrità della persona umana». L'
accusa, come ha riportato le Nouvel Observateur, è di non aver sottolineato sufficientemente gli effetti
collaterali del contraccettivo orale e di non aver raccomandato tutti gli esami necessari prima di somministrare
la pillola a donne con problemi di coagulazione. I medici dovrebbero prescriverla soltanto in casi particolari, a
chi non tollera quella di seconda generazione, e solo dopo aver sottoposto le pazienti ad accertamenti
preventivi per scoprire l'esistenza di eventuali patologie vascolari e circolatorie che ne vietano l'utilizzo. La
giovane Marion studiava con successo fino a quando l'ictus l'ha resa incapace di parlare e di camminare in
maniera normale. A provocarlo è stata Meliane, la pillola anticontraccettiva di terza generazione, come
certificato dalla Commissione per l'indennizzo delle vittime dei farmaci, con sede a Bordeaux. La ragazza non
avrebbe mai dovuto prendere questa pillola a causa dell'anomalia genetica di coagulazione che non sapeva
di avere, ma che ha scoperto soltanto dopo l'infortunio. La battaglia legale di Marion Larat ha acceso un faro
sulla pericolosità delle pillole anticoncezionali di terza e quarta generazione e sulle conseguenze, anche
mortali, che possono provocare. In Francia lo scandalo della «nuova pillola» tiene banco sui media, mentre in
altri paesi tutto tace. Le Monde ha realizzato un'inchiesta raccontando, con nomi e cognomi, storie di malattie
e di morti dovute ai nuovi contraccettivi orali. Pierre Markarian, presidente dell'Associazione vittime delle
embolie polmonari, ha raccontato di aver perso la figlia Theodora, 17 anni, nel 2007, proprio per embolia
polmonare provocata dall'assunzione, per due mesi, di Mercilon, pillola di terza generazione. L'inchiesta di Le
Monde ha scoperchiato il vaso di Pandora. E lo scandalo ha sollevato un gran polverone, tanto da far
intervenire il ministro per la salute. Marisol Touraine ha chiesto alla Ue misure per limitare diffusione e
prescrizioni della pillola di 3ª generazione in Francia. Inoltre, ha annunciato che chiederà all'Agenzia europea
del farmaco (Ema) la revisione, in senso restrittivo, delle autorizzazioni alla commercializzazione di questi
contraccettivi orali. Una scommessa perché proprio l'Ema ha fatto sapere di non avere elementi sulla
sicurezza della nuova pillola tali da fargli cambiare la posizione iniziale. Tuttavia il raddoppio dei rischi di
trombosi venose provocate dall'assunzione, per più di cinque anni, di questi contraccettivi di nuova
generazione erano noti da tempo, secondo il ministro Touraine. A più riprese, dal 1995, il quotidiano Le
Figaro, aveva denunciato il paradosso di questi contraccettivi più cari e più prescritti, quando, invece,
dovrebbero essere utilizzati soltanto in casi particolari. L'Alta Autorità francese della salute (Has) ha
declassato, a settembre, la pillola di 3ª e 4ª generazione a un livello insufficiente che potrebbe indurre il
ministro Touraine a eliminarla dai farmaci rimborsabili dal servizio sanitario pubblico dove le aveva inserite il
suo predecessore, Roselyne Bachelot, nel 2009, in alternativa per chi non tollerava la pillola di 2ª
generazione, in commercio. E che dovrebbe continuare a essere prescritta in prima battuta, secondo l'ex
ministro Bachelot. E questo, ora, pare, stia diventando un pensiero condiviso. © Riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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Mentre in Italia tutto tace, all'estero è scoppiato un vero allarme sanitario
15/01/2013
Il Sole 24 Ore Sanita'
Pag. 1
(tiratura:40000)
Dopo i fuochi di artificio delle polemiche suscitate a fine novembre dalla dichiarazione del premier Monti sul
«rischio che il sistema sanitario possa in futuro non essere sostenibile», il Natale ha portato la "buona
novella", si fa per dire, di alcuni illustri colleghi secondo i quali nell'ambito della politica di riduzione della
spesa pubblica, posizione del tutto legittima e che è supportata da alcune evidenze empiriche nella storia
delle politiche economiche, il sistema di tutela pubblico dovrebbe coprire solo i "non ricchi", come oggi si usa
dire per edulcorare i concetti (Giavazzi e Alesina, Corriere della Sera del 27 dicembre 2012). Sicuramente il
tema della ridefinizione dei confini tra Stato e privato è un tema cruciale che partiti e politici, sindacati,
economisti, sociologi e opinionisti di varia estrazione devono porsi e deve essere rispettata la posizione di chi
ritiene che si debba ridurre lo Stato per ampliare lo spazio del privato, inteso come spazio per il mercato dove
operano imprese for profit, per l'azione delle istituzioni private non profit e per le altre forme di organizzazione
della società. Tuttavia, occorre mettere in guardia da una forma di "populismo" che viene sempre alimentato
con la proposta di ricette semplici per problemi complessi. Occupandomi da oltre quarant'anni di ricerca e
formazione manageriale per chi opera nell'ambito di sistemi di tutela della salute, non posso sottrarmi
all'imperativo scientifico, ma anche morale, di far conoscere al largo pubblico che in Bocconi è presente una
cultura diversa da quella espressa da colleghi che hanno spesso l'onore di comparire sulle prime pagine di
uno dei maggiori quotidiani italiani e non di rado anche di una certa stampa straniera. In primo luogo, si
ricorda che la copertura universale, modello di welfare beveredgiano, non significa garantire tutto a tutti,
come si usa dire, ma garantire a tutti livelli di servizi - nel caso specifico di tutela della salute - considerati
espressivi di un certo livello di civiltà nel quale certi bisogni sono considerati diritti della persona in quanto
tale. In secondo luogo, la copertura universale ha anche una ragione economica sostanziale e molto forte, in
quanto persegue l'obiettivo di evitare la moltiplicazione delle strutture dedicate alla tutela della salute.
Escludere i "ricchi" dal Ssn significa creare due circuiti di finanziamento, ma inevitabilmente anche due circuiti
di offerta. Dove questo sistema è applicato, Usa, Paesi del Centro e Sud America, Stati balcanici, India, la
stessa Cina e molti altri, si hanno effetti che rappresentano una "evidenza empirica indiscutibile" che i
ricercatori devono tenere presente se non vogliono diventare "ideologici". La moltiplicazione delle strutture di
offerta nei paesi "ricchi" determina un aumento della spesa totale destinata alla tutela della salute (si veda il
17,5% del Pil degli Usa) e nei paesi economicamente meno progrediti causa un basso livello di assistenza,
non solo per le classi povere della popolazione ma anche per i ceti medi, che vengono in questo modo
schiacciati verso il basso. Non a caso la Cina, dopo aver introdotto all'inizio del nuovo secolo una riforma sul
modello del doppio circuito, dal 2010 ha iniziato a guardare con un elevato interesse ai sistemi sanitari
nazionali di tipo europeo che sembrano maggiormente sostenibili sul piano del rapporto tra spesa totale
(pubblica e privata) e su qualità dell'assistenza. In terzo luogo, fa sorridere la tesi secondo cui l'esclusione dei
"ricchi" dal Ssn «è un sistema che incoraggerebbe anche il lavoro: se anziché essere tassato con un'aliquota
del 50% dovessi pagare un premio assicurativo a una compagnia privata, lavorerei di più per non rischiare di
mancare le rate». Non bisogna essere fini economisti per dubitare del fatto che chi guadagna oltre 200250.000 euro (questa sarebbe anche in Italia una soglia minima per escludere le persone dalla copertura del
Ssn) sia indotto a lavorare di più perché deve pagare un'assicurazione anche di 8-10.000 euro. Quasi
sicuramente questi livelli di reddito non dipendono dalla quantità di lavoro ma dalla professionalità (a es.
professionisti e manager di alto livello, imprenditori di successo), dal tipo di attività (a es. investimenti
finanziari, attività di trading in tutti i settori) e dalla motivazione di carattere generale, quindi il presunto effetto
positivo non esisterebbe. È appena il caso di ricordare che agli inizi degli anni Ottanta alcune assicurazioni si
lanciarono nello sviluppo di policy sanitarie partendo dal presupposto che la bassa qualità del Ssn avrebbe
spinto molte imprese e molti professionisti a sottoscriverle, ma fecero un "bagno di sangue". Come di fronte
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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C'è bocconiano e bocconiano
15/01/2013
Il Sole 24 Ore Sanita'
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
alla stessa sintomatologia le ricette devono essere diverse per persone differenti, anche le ricette
economiche dovrebbero tenere conto delle specificità di questo settore. Elio Borgonovi © RIPRODUZIONE
RISERVATA
15/01/2013
Il Sole 24 Ore Sanita'
Pag. 6
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I Lea che nessuno conosce
Nessuna traccia dei testi inviati all'Economia - Mancano i tempi tecnici
Blitz di fine anno del ministro della Salute Renato Balduzzi: il 30 dicembre 2012 annuncia di aver approvato
l'aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza e di aver trasmesso al ministero dell'Economia il testo per
il concerto. Si tratta dell'adempimento dell'articolo 5, comma 1, della legge 189/2012 (quella che ha convertito
il decretone Balduzzi) in cui si prevede che i Lea debbano essere aggiornati con Dpcm entro il 31 dicembre
2012 almeno per quel che riguarda malattie rare, cronicità, ludopatie ed epidurale per il parto indolore. Ma del
testo non c'è traccia. Non ce l'hanno le Regioni che dovrebbero esaminarlo per l'intesa, non ce l'hanno i
tecnici e le associazioni interessate dalle nuove previsioni, non ce l'hanno le strutture di monitoraggio e
controllo del Ssn. E l'arrivo all'Economia dovrebbe anche essere avvenuto in ordine sparso, non con testo
unitario, con una serie di documenti divisi, così come furono trasmessi quelli del 2008 mai approvati, ma
successivamente scorporati in vari provvedimenti a partire dall'aumento da 43 a 108 per i Drg a rischio di
inappropriatezza. L'iter poi avrebbe dovuto concludersi e non essere avviato entro il 2012, prevedendo una
proposta del ministro della Salute di concerto con l'Economia, l'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, il
parere delle competenti Commissioni parlamentari, tutto entro fine anno: il 31 dicembre doveva essere
emanato il Dpcm di approvazione. Si tratta tuttavia di un termine non perentorio e quindi la procedura
potrebbe proseguire anche oltre il limite. Ma ciò potrà difficilmente avvenire e quindi quelli della Salute
sembrano destinati a restare - come li ha definiti il presidente della Commissione d'inchiesta sul Ssn, Antonio
Palagiano - Lea "virtuali". L'iter prevede l'espressione del parere parlamentare ma senza un termine preciso
(e comunque dovrebbe arrivare, secondo le indicazioni dello stesso ministero della Salute, prima dell'esame
in Stato-Regioni). In genere il parere parlamentare sugli atti di Governo non è vincolante: il Governo può
procedere con l'adozione dell'atto, decorsi i termini, anche in assenza del giudizio delle commissioni
competenti. Per quanto riguarda l'intesa in Stato-Regioni, la legge che regolamenta l'attività della Conferenza
(Dlgs 28 agosto 1997, n. 281) prevede che essa debba essere sancita all'unanimità, entro trenta giorni dalla
data della prima seduta in cui è all'ordine del giorno. Decorso tale termine il Governo può procedere
all'approvazione d'ufficio. Dopo trenta giorni, però. Senza considerare il concerto dell'Economia che non è
affatto scontato, come dimostra la storia di tutti i provvedimenti adottati negli ultimi tempi dalla Salute. Inoltre
le recenti dichiarazioni del presidente dei governatori Vasco Errani sembrano escludere categoricamente che
si possa trovare un'intesa all'unanimità sul tema. «Le Regioni hanno chiesto un confronto con il presidente
del Consiglio, Mario Monti, e con il Governo - ha dichiarato Errani subito dopo l'annuncio del ministro sui Lea
- sul tema della sostenibilità complessiva del Ssn dopo i tagli della legge di stabilità e delle precedenti
manovre finanziarie. La riduzione delle risorse per il 2013 e 2014 rendono infatti, a giudizio delle Regioni, di
fatto insostenibile il governo della spesa sanitaria. Per questi motivi abbiamo detto e ripetiamo che ogni
ulteriore iniziativa di politica sanitaria, si tratti di standard ospedalieri, di appropriatezza o di ridefinizione dei
Lea, deve poggiare su un quadro certo di risorse e, quindi, sul risultato di questo confronto Governo-Regioni.
Vanno allora evitati iniziative unilaterali e annunci oggettivamente non realizzabili, soprattutto in un settore
delicato come la Sanità. Peraltro il lavoro sui livelli essenziali di assistenza deve ancora cominciare il suo iter
nella Stato-Regioni e ha bisogno di una condivisione di sistema che conti sulla intesa con il ministero
dell'Economia e con le Regioni. La procedura prevista per l'approvazione dei nuovi Lea appare impraticabile
quindi per mancanza di tempi tecnici. Solo ipotizzando che l'Economia dia subito (entro la settimana) il via
libera, che il testo venga inviato alla Stato-Regioni, che questa lo inserisca all'ordine del giorno della prossima
seduta (prevista per il 24 gennaio) e che poi si trovi l'unanimità nell'arco della stessa seduta, che, infine, le
commissioni parlamentari competenti si esprimano anche a Camere sciolte, i nuovi Lea potrebbero vedere la
luce. Il Governo altrimenti non avrà il tempo di aspettare tutti i passaggi e i 30 giorni per poter esercitare
eventualmente i poteri sostitutivi anche perché dal 24 febbraio non ci sarà più. Ed è da escludere l'ipotesi che
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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Il ministro annuncia a fine anno l'aggiornamento su malattie rare, cronicità, ludopatie ed epidurale
15/01/2013
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un nuovo ministro possa riprendere tale quale il testo del suo predecessore: unico caso in cui questi Lea
potrebbero essere ripescati - ma non prima di fine primavera, ben lontani quindi dalla scadenza del 31
dicembre 2012 - è una eventuale riconferma di Renato Balduzzi al ministero della Salute. Un altro colpo - per
ora - a vuoto quindi della "storia infinita" dell'aggiornamento dei Lea. Paolo Del Bufalo Sara Todaro ©
RIPRODUZIONE RISERVATA
15/01/2013
Il Sole 24 Ore Sanita'
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I nuovi Lea approvati il 30 dicembre 2012 dal ministro della Salute sono «una risposta concreta a molte
persone e a molte famiglie che soffrono. Anche nelle difficoltà economiche il nostro Servizio sanitario
nazionale si dimostra capace di dare risposte concrete», secondo quanto dichiarato dallo stesso Balduzzi. La
priorità di aggiornamento, secondo quanto stabilito dalla legge 189/2012 è alla disciplina di esenzione per le
patologie croniche e rare e alle prestazioni di prevenzione e cura della ludopatia e all'epidurale. Per la
formulazione della proposta di aggiornamento è stata creata una rete di referenti regionali, «anche per
valutare e tenere in conto l'esigenza di non creare disagi al cittadino e di non rendere difficoltose le procedure
amministrative», spiega il comunicato di annuncio del ministero. Per alcune patologie di particolare
complessità sono stati creati specifici gruppi di lavoro che hanno approfondito le problematiche relative alla
malattia diabetica, alle malattie dell'apparato respiratorio, alle malattie reumatologiche, nefrologiche e
gastroenterologiche, con il coinvolgimento di numerosi specialisti ed esperti. Malattie rare e croniche. Oltre a
110 nuove malattie rare (l'elenco oggi in uso è ancora quello dei Lea 2001 che ha previsto l'istituzione della
rete nazionale delle malattie rare con una lista di 583 patologie coperte che salirebbero, quindi, a oltre 700)
entrano nei Lea 5 patologie croniche: le broncopneumopatie croniche ostruttive (Bpco) al II stadio (moderato),
III stadio (grave), e IV stadio (molto grave), comunemente conosciute come enfisema polmonare e
broncopolmonite cronica; le osteomieliti croniche, cioè malattie croniche infiammatorie delle ossa; le patologie
renali croniche (con valori di creatinina clearance stabilmente inferiori a 85 ml/min); il rene policistico
autosomico dominante; la sarcoidosi al II, III e IV stadio, cioè malattie che interessano più tessuti e organi con
formazioni di granulomi e che comportano problemi polmonari, cutanei e oculari. Nei Lea entra anche la
Sindrome da Talidomide. Ludopatia. L'articolo 5 della legge 189/2012 prevede l'inserimento nei Lea delle
prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione della ludopatia. In attuazione della norma, il provvedimento
della Salute include le persone affette da questo tipo di dipendenza tra coloro cui sono rivolti i servizi
territoriali per le dipendenze (Sert, Centri diurni ecc.) già attivi nelle Asl, e modifica la definizione del sottolivello di assistenza, attualmente riportata nel Dpcm 29 novembre 2001 (i Lea, appunto) come «Attività
riabilitativa sanitaria e sociosanitaria rivolta alle persone dipendenti da sostanze stupefacenti o psicotrope o
da alcool», riformulandola come «Assistenza socio-sanitaria alle persone con dipendenze patologiche o
comportamenti di abuso di sostanze». «Si afferma quindi - spiega il ministero - il principio che le persone con
ludopatia hanno diritto ad accedere al Ssn per ricevere le prestazioni di cui hanno bisogno, al pari dei soggetti
con altre forme di dipendenze patologiche, senza che questo comporti ulteriori oneri dal momento che le
Regioni non saranno tenute a istituire servizi ad hoc». Specialistica ambulatoriale. Il provvedimento introduce
anche misure per favorire l'appropriatezza dell'assistenza specialistica ambulatoriale con una riduzione degli
oneri a carico del Ssn per questo livello di assistenza. In particolare le Regioni dovranno attivare programmi
di verifica sistematica dell'appropriatezza prescrittiva ed erogativa della specialistica ambulatoriale, attraverso
il controllo delle prestazioni prescritte ed erogate a pazienti con specifiche condizioni cliniche e, comunque, di
almeno il 5% delle prestazioni prescritte, effettuando cioè un controllo sulle ricette. Per favorire lo svolgimento
dei controlli, si prevede l'obbligo del medico prescrittore di indicare nella ricetta il quesito o il sospetto
diagnostico che motiva la prescrizione, pena la inutilizzabilità della ricetta. Si forniscono inoltre in un allegato,
le «indicazioni prioritarie» per la prescrizione di prestazioni di diagnostica strumentale frequentemente
prescritte per indicazioni inappropriate. Epidurale. Viene prevista nei Lea la maggiore diffusione dell'analgesia
epidurale, prevedendo che le Regioni individuino nel proprio territorio le strutture che effettuano queste
procedure e che sviluppino programmi ad hoc per diffondere ancora di più il loro utilizzo.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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I contenuti della proposta del ministero della Salute
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Il Sole 24 Ore Sanita'
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Ospedali alla resa dei conti
Ma la bozza finale Salute-Economia ancora non piace ai governatori
Tre punti su sei del documento di richieste delle Regioni sugli standard ospedalieri approvato il 13 dicembre
sono stati recepiti nell'ultimo testo concordato da Salute ed Economia che tenterà di fare il suo ingresso alla
Stato-Regioni in programma per il 24 gennaio. Anzi, due e mezzo. Si tratta dell'incremento dei posti letto
standard per le Regioni con mobilità attiva (ma qui c'è anche la previsione voluta dall'Economia che non
piace alle Regioni di riduzione dei posti letto per chi è in mobilità passiva), la riscrittura del comma 4 del
decreto secondo quanto concordato tra ministero e assessori e della riduzione della soglia iniziale di 80 posti
letto per l'accreditamento delle strutture private a 60, ma senza la previsione di possibili «forme associative e
consortili» e dal 1° gennaio 2014 non dal 2015 come richiesto dalle Regioni. Gli altri due aspetti "chiave" per
le Regioni non ci sono. Il primo era la chiarezza sulle modalità di calcolo dei posti letto, specificando la
necessità dell'utilizzo dei modelli relativi alle strutture di ricovero pubbliche ed equiparate, l'attività delle
cliniche, il day hospital ma anche il nido, il pronto soccorso, le sale operatorie, l'ospedalizzazione domiciliare
e i nati immaturi. E manca all'appello anche il differimento al 30 giugno 2013 dei termini per la presentazione
del provvedimento generale di programmazione che nel testo trasmesso alla Stato-Regioni resta fissato al 31
dicembre 2012, anche se ora, ovviamente, visto il «no» dei governatori a una presentazione "fuori sacco" a
dicembre del provvedimento, la scadenza non può essere rispettata e sarà necessariamente da modificare. È
previsto invece che siano «successivi provvedimenti programmatici» a individuare l'ulteriore processo di
riassetto per il raggiungimento di 3,7 posti letto per mille abitanti. Il valore della mobilità. Il numero dei posti
letto per mille abitanti secondo l'ultimo testo del regolamento, potrà essere incrementato in base alla mobilità
tra Regioni. Ma anche decrementato. Il che si tradurrebbe in una saldo zero del numero di posti letto rispetto
a quello messo in preventivo dai ministeri su cui c'è il muro delle Regioni con mobilità passiva (quasi tutte del
Sud e in piano di rientro) che non accettano di perdere ancora più posti letto del previsto, rifiutando quindi a
priori il «sì» all'unanimità indispensabile per l'intesa. Il calcolo infatti è un po' diverso dalla proposta iniziale
degli assessori. Prevede che si divida il costo complessivo dell'assistenza ospedaliera nazionale,
contabilizzato nel modello economico La (dei livelli di assistenza) relativo però al 2011, per il numero di posti
letto effettivi attivi negli ospedali al 1° gennaio 2012 e rilevati dal Comitato Lea. Poi si divide il costo medio per
posto letto a livello nazionale per il valore del saldo di mobilità attiva, ma anche passiva di ciascuna Regione
secondo la matrice 2012 e non al 2013 come richiesto dalle Regioni, per individuare il numero di posti letto
equivalenti utilizzati per la mobilità. Ma mentre la proposta delle Regioni si fermava qui, l'ipotesi di testo di
Salute ed Economia moltiplica il numero di posti letto equivalenti per un coefficiente di 0,80, ridotto a 0,65 dal
2015. Un calcolo che riduce i posti letto euivalenti del 20 e del 35 per cento. I posti letto equivalenti extraospedale. I posti letto equivalenti agli ospedalieri sono quelli residenzialità presso strutture sanitarie territoriali
per i quali le Regioni coprono un costo giornaliero a carico del Ssr pari o superiore a un valore soglia pari alla
tariffa regionale giornaliera per la giornata di lungodegenza ospedaliera. Tranne quelli presso: strutture per le
cure palliative e terapia del dolore, strutture sanitarie territoriali per la salute mentale, strutture extraospedaliere per la riabilitazione intensiva, strutture sanitarie residenziali territoriali per i pazienti in stato
vegetativo e di minima coscienza. L'uso appropriato dell'ospedale. Per promuovere un uso appropriato
dell'ospedale e migliorare la qualità dell'assistenza Regioni dovranno adottarehe un atto di indirizzo ad
aziende e strutture creditate su specifici criteri per l'ammissione all'ospedalie sia di elezione che in condizioni
di emergenza-urgenza. I criteri dovranno essere definiti secondo linee guida stabilite in Stato-Regioni da
stipulare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore dei nuovi standard. P.D.B. © RIPRODUZIONE
RISERVATA I criteri di classificazione delle strutture ospedaliere Presìdi ospedalieri di base È previsto un
bacino di utenza di 80-150mila abitanti (tranne quelli in zone disagiate che seguono i criteri delle reti di
emergenza-urgenza); sono strutture sede di pronto soccorso con un numero limitato di specialità ad ampia
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Ultima chance con la Stato-Regioni del 24 gennaio per il provvedimento sui nuovi standard
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Il Sole 24 Ore Sanita'
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diffusione territoriale e devono essere dotati di letti di "Osservazione breve intensiva" (Obi) Presìdi di I livello
IL bacino di utenza previsto è tra 150mila e 300mila abitanti. Sono strutture sede di Dea di I livello, con un
numero maggiore di specialità e la disponibilità in rete h24 di servizi di radiologia con Tac ed ecografia,
laboratorio, servizio immunotrasfusionale. Per le patologie complesse (traumi, cardiovascolari, stroke) devono
essere previste forme di consultazione, trasferimento delle immagini e protocolli concordati di trasferimento
dei pazienti presso i Centri di II livello. Anche questi devono avere letti di Obi e la Terapia subintensiva
(anche a carattere multidisciplinare) Presìdi ospedalieri di II livello Hanno un bacino di utenza tra 600mila e
1.200.000 abitanti, sono strutture dotate di Dea di II livello e sono istituzionalmente riferibili alle aziende
ospedaliere, ospedaliero-universitarie, ad alcuni Irccs e a presìdi di grandi dimensioni della Asl. Per questo,
oltre a tutte le specialità e strutture presenti nelle altre due tipologie di ospedali, sono dotati di tutte le strutture
previste per l'ospedale di I livello e delle strutture per discipline più complesse non previste in questi, nel
rispetto dei bacini di utenza classificati nel regolamento disciplina per disciplina. Devono essere presenti h24
anche i servizi di radiologia con Tac ed ecografia (con presenza medica), medicina nucleare, laboratorio,
servizio immunotrasfusionale, altre eventuali discipline di alta specialità. Nelle Regioni con popolazione
inferiore a 600mila abitanti, l'attivazione o la conferma dei presìdi di II livello è subordinata a un accordo di
programmazione integrata interregionale con le Regioni confinanti (da stipulare entro il 30 giugno 2013) per
garantire il rispetto del valore soglia del bacino di utenza indicato
15/01/2013
Il Sole 24 Ore Sanita'
Pag. 10
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Con la crisi si curano gli ospedali
Mettere a sistema esperienze e proposte per realizzare innovazioni profonde
Articoli sulla grave crisi del nostro sistema ospedaliero sono all'ordine del giorno non solo sulla stampa
italiana, ma anche su giornali esteri come l'Economist, che scrive in un editoriale: «Urgente è la
riorganizzazione e il coordinamento del sistema ospedaliero [...]. È difficile immaginare un settore che abbia
più bisogno di riforme urgenti [...]. Ciò che è incredibile è la confusione, il costo e lo spreco che
contraddistingue tutto il sistema, [...] pochissimi [...] sono soddisfatti dell'assistenza che ricevono». Nell'Italia
dei luoghi comuni lo stigma mediatico riguarda soprattutto gli ospedali del Sud, sul cui degrado abbondano
inchieste e persino documentazioni fotografiche. «Con Napoli comincia veramente l'incredibile situazione del
Sud, dove gli ospedali diventano sempre più simili a lazzaretti [...]. In antitesi a questa situazione, il Sud è
costellato di magnifici ospedali costruiti dieci anni fa e non finiti». Commissioni parlamentari e organi tecnici
asseriscono il pressante bisogno di una riforma ospedaliera che «pur dovendo inquadrarsi nella più vasta
riforma sanitaria, ha una sua propria menzione costituzionale che vale a sottolinearne l'urgenza e
l'importanza» [...] e studiano «riforme senza spese» che si propongono «di lasciare immutata la quota di
bilancio destinata all'assistenza sanitaria». Quel che si richiede è un diverso impegno multifunzionale istituzionale, amministrativo, tecnologico, umano, sociale - teso a «recare a compimento», come dice il
ministro della Sanità «una efficace azione diretta a razionalizzare le spese di assistenza...». Le proposte di
riforma, prima ancora di vedere la luce, vengono criticate, tacciate «di una visione parziale o miope, di una
mancata risposta globale alla questione sanitaria, di una razionalizzazione della macchina ospedaliera che
senza un indirizzo generale di politica sanitaria rischia di annullare i risparmi attesi...». I provvedimenti
emanati suscitano le reazioni indignate di associazioni di categoria e ordini professionali, che lanciano appelli
a resistere e opporsi: «Orizzonti e panorami nebulosi si profilano davanti a noi, occorre resistere ai tentativi di
"standardizzazione [...]", pronti a difendere con tutti i mezzi i postulati fondamentali etici e sociali della
medicina». Si arma anche quella parte del mondo politico che «vorrebbe che ogni ospedale restasse un ente
autonomo, per di più ispirato ai tradizionali concetti e sistemi, allo scopo non dichiarato, ma perseguito, di
moltiplicare i centri di potere e di controllarli, affidandoli a uomini ligi al sistema vigente e fedeli alla
tradizione» e che induce i cittadini a ritenere che «le condizioni sanitarie in Italia sono carenti perché
mancano gli ospedali». Dopo aver dato spazio ai diversi umori che si agitano nel mondo della Sanità, devo ai
lettori una precisazione. Nell'ordine: non citavo i recenti reportage sui nostri ospedali ma l'Economist e il
Tempo del '65; non menzionavo la recente proposta di decreto-regolamento sugli standard per l'assistenza
ospedaliera ma il Libro bianco sulla riforma ospedaliera del '65; non mi riferivo alle "nozze con i fichi secchi"
con cui Ignazio Marino bolla la riforma a costo zero, ma alle critiche mosse nel '73 dal medico Risaia,
fondatore del movimento per la riforma sanitaria in Italia, riguardo alla riforma senza spese proposta dalla
Commissione Dogliotti, di cui egli stesso era componente; non alludevo all'ottobre caldo del 2012 ma alle
reazioni successive alla legge "Enti ospedalieri e assistenza ospedaliera" n. 132/1968, come descritte da
Cosmacini, né mi riferivo ai commenti di cittadini, associazioni o politici dopo la pubblicazione, di qualche
giorno fa, dei dati sui tagli di posti letto risultanti dall'applicazione dei nuovi standard, ma alle percezioni
rilevate da Giovanni Berlinguer nel '74, quando si raggiunse lo standard - allora raccomandato dall'Oms - di
ben 10 posti letto per 1.000 abitanti. Questo mio pastiche dimostra quanto siano ricorrenti i termini della
polemica culturale. In particolare appare duraturo, da un lato, il senso comune riformatore che propugna
l'idea della necessaria razionalizzazione, e, dall'altro, il gusto delle doglianze, che immancabilmente si
accompagnano a qualsiasi tentativo di cambiamento. Certo, si sa che riformare l'assistenza sanitaria è roba
da far tremare le vene e i polsi. Ma perché ci si duole tanto? Perché nessuno dice, emulando Marx,
"finalmente la crisi"? Dirlo significherebbe finirla con le lamentele e cominciare a pensare che la crisi stessa è
un valore, poiché ogni crisi non è mai fine senza essere un inizio. Questo è faticoso, richiede di pensare a
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Le vere riforme degli ultimi quarant'anni sono tutte scaturite da situazioni d'emergenza
15/01/2013
Il Sole 24 Ore Sanita'
Pag. 10
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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cosa va dato inizio, e al modo in cui si vuole farlo, mentre è più comodo rivolgersi nostalgicamente a quello
che va a finire, ed è più gratificante e socialmente rispettato assumere i panni del pensatore profondo che
disvela a un pubblico sconfortato il percorso che sta portando il sistema sanitario verso il baratro. Certo, non
ci rallegra sapere che all'indomani della riforma Mariotti si registrarono una crescita significativa della
frequenza dei ricoveri, che nel '74 apparve triplicata rispetto al '51, e un allungamento della degenza media
da 12,5 a 14,01 giorni. Ciò perché, come effetto della classificazione degli ospedali in zonali, provinciali e
regionali, «al fine di provare la necessità di nuove strutture e di meritare la nuova qualifica, si è ricorsi in ogni
dove all'incentivo indiscriminato dei ricoveri e alla creazione di nuovi reparti specialistici, senza tener conto né
delle reali necessità della popolazione né dell'aggravio economico che pesa sulla comunità» (Jervis, 1973).
Tali degenerazioni, tuttavia, dovrebbero trovare un freno nei severi standard previsti dal regolamento (che
invero possono rappresentare un aiuto, non solo un vincolo, per i politici regionali), e nella gerarchizzazione
degli ospedali, che punta alla effettiva messa in rete e alla valorizzazione delle relazioni inter-organizzative, e
dunque non è una mera ripetizione, come è stato detto, della vecchia classificazione della 132 (peraltro
ampiamente disattesa dalle Regioni che, in un crescendo di fantasia programmatoria, hanno distribuito alte
specialità in ospedali periferici, moltiplicando e polverizzando l'offerta). Dovrebbe anche incoraggiarci la
constatazione che, malgrado nel '68 si pensasse di aver toccato il fondo, a distanza di pochi anni si è
spiccato il volo: nel '78 ha visto la luce la 833, che ha smantellato il carrozzone burocratico e ipertrofico delle
casse mutue e istituito un Servizio sanitario universale. Perché allora, piuttosto che ripetere copioni già noti,
non cimentarsi nella costruzione del nuovo? Mettiamo a sistema le esperienze e le proposte presenti nei
diversi ambiti e livelli del servizio sanitario. Facciamo di necessità virtù, così che dalla riforma Balduzzi possa
nascere un'onda lunga di innovazioni profonde (neanche ipotizzabili in assenza di crisi) in modo da giungere
a un ripensamento generale del modo di fare salute. Qualcosa che, grazie al senso d'urgenza conferito dalla
crisi, vada oltre le intenzioni del riformatore. Ricordando che, come è stato detto, l'ora più buia della notte è
quella più vicina alla luce del giorno. di Paola Adinolfi *
15/01/2013
Il Sole 24 Ore Sanita'
Pag. 14
(tiratura:40000)
Nuove regole per le ricette europee
Criteri standardizzati per le ricette transfrontaliere, per consentire ai pazienti europei di ottenere i farmaci a
essi prescritti in qualsiasi Paese della Comunità. Le misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle
ricette mediche emesse in un altro Stato membro sono contenute nella direttiva 2012/52/Ue del 20 dicembre
2012, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale europea L356 del 22 dicembre. La direttiva - che dovrà essere
recepita nelle legislazioni nazionali entro il 25 ottobre 2013 e rigorosamente applicata soltanto alle ricette
destinate a essere spedite in un altro Stato membro - fissa l'elenco minimo di informazioni essenziali che
dovranno figurare nella prescrizione per consentire la verifica di autenticità da parte delle farmacie. La ricetta
dovrà recare - oltra alla data di emissione - nome e cognome per esteso e data di nascita del paziente; idem
per il medico prescrittore di cui dovranno essere specificati anche qualifica, recapiti diretti (mail, telefono o
fax), indirizzo professionale completo e firma (in forma scritta o digitale in base al mezzo scelto per
l'emissione della ricetta). Il farmaco prescritto dovrà invece essere identificato tramite la denominazione
generica, tranne nel caso dei farmaci biologici. Il prescrittore potrà utilizzare il nome commerciale se lo ritiene
necessario per ragioni mediche spiegando nella ricetta il perché della scelta. Da indicare anche formulazione
farmaceutica, quantità, dosaggio e posologia. La novità è stata salutata con soddisfazione dalla Sit (Società
italiana di telemedicina e Sanità elettronica) che ha più volte segnalato l'anomalia italiana di una ricetta
elettronica e di un certificato malattia telematico privi di firma digitale. «La firma digitale - commenta il
vicepresidente Sit, Sergio Pillon - è indispensabile per una corretta dematerializzazione sanitaria, anche per
evitare possibili innumerevoli personalismi regionali che renderebbero il sistema inutilmente complesso e
oneroso per medico e paziente. Ci auguriamo che l'obbligo introdotto dall'Ue costringa l'Italia ad adeguarsi al
più presto». © RIPRODUZIONE RISERVATA
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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DIRETTIVA
15/01/2013
Il Sole 24 Ore Sanita'
Pag. 17
(tiratura:40000)
Diritto alla salute al riordino
A fine percorso 200 milioni di risparmi - Più territorio, 2mila letti in meno
Quarantadue milioni di euro di investimenti con l'obiettivo di risparmiarne 200 a fine percorso riuscendo anche
a regalare ai pazienti toscani un sistema sanitario regionale nuovo di zecca all'insegna della qualità e
dell'equità. Questo il succo del riordino del sistema sanitario toscano proposto dall'assessore Luigi Marroni,
approvato definitivamente dalla Giunta il 28 dicembre. Una delibera corposa che in oltre cento pagine
tratteggia linee di indirizzo e piani operativi da perfezionare in 30 giorni per un restyling che poggia sul
potenziamento delle attività territoriali, il taglio di circa 1.500/2mila posti letto, la razionalizzazione della rete
dei laboratori e delle prestazioni effettuate, la razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi, la
riorganizzazione della rete di emergenza-urgenza con la creazione delle centrali operative d'Area vasta del
118. Il tutto da realizzare a tambur battente: la gran parte degli interventi sarà realizzata nell'arco di tre mesi;
l'unica misura che necessita di un tempo superiore a un anno è l'unificazione dei sistemi informatici affidata
alla Regione e agli Estav, che richiederà 15 mesi in tutto. Rapidissimo anche l'accesso ai finanziamenti: i
criteri di riparto delle risorse saranno definiti e comunicati alle aziende sanitarie entro marzo 2013. Oltre metà
dei 20 milioni di euro a esse destinati dovrà essere destinata all'implementazione delle azioni concernenti il
riassetto del territorio. Un ulteriore fondo di 21 milioni 850mila euro sarà distribuito a tutte le aziende sanitarie
(Asl e Aou) in base ai risultati ottenuti in termini di appropriatezza delle prestazioni. Entro il primo marzo
dovranno anche essere sottoscritti da aziende sanitarie e Aree vaste i protocolli attuativi vincolanti con enti
locali, organizzazioni professionali e sindacali e Università. Un ruolo di primo piano spetterà ai medici di
medicina generale, tramite le diverse forme organizzative (Aft, associazioni funzionali territoriali e/o Uccp,
Unità complesse di cure primarie) a svolgere un ruolo di coordinamento dei professionisti coinvolti nel
percorso di cura e di mediatori dei rapporti tra assistiti e servizi. Primi interpreti, insomma, della filosofia che
fa da motore al progetto: «Senza un pensiero di cambiamento - recita la delibera toscana - il diritto alla salute
non ha futuro». Sara Todaro © RIPRODUZIONE RISERVATA Gli interventi Territorio e residenzialità Nel
mirino: il riassetto delle cure primarie e nuovo ruolo dei professionisti, la rimodulazione dell'organizzazione
distrettuale, l'integrazione delle cure primarie con quelle intermedie e con l'assistenza ospedaliera a mediobassa intensità. Tra i passaggi previsti, la realizzazione di un'assistenza H 16-24 (H24 in situazioni disagiate)
e il riassetto dei presìdi distrettuali attraverso la definizione di un "piano regolatore" aziendale tarato sulle
specificità locali. Appropriatezza e buon uso delle risorse da parte dei prescrittori saranno oggetto di linee
guida e accordi aziendali avendo come scopo la riduzione della spesa farmaceutica e la riduzione del 5%
delle prescrizioni di diagnostica per immagini. Per lo sviluppo della continuità assistenziale è previsto il
potenziamento dell'Adi (+10%), della distribuzione diretta dei farmaci (+20%), dell'ecografia internistica di 1°
livello negli ambulatori di medicina generale e dei sistemi di telemedicina. Tra gli altri obiettivi, il
potenziamento della Sanità d'iniziativa (+20% di popolazione coperta all'anno) e l'adeguamento a uno
standard da definire di posti letto di cure intermedie per mille abitanti (hospice, Rsa, ospedali di comunità
ecc.). Razionalizzazione della rete ospedaliera Si punta al recupero dell'efficienza dei posti letto con tasso di
occupazione <>85%, all'ncremento dell'appropriatezza e all'ottimizzazione dei processi. Azioni programmate:
la riduzione del parametro dei Pl per mille abitanti da 3,7 attuale a 3,15 (incluse riabilitazione e
lungodegenza) tenendo conto dei diversi contesti organizzativi e dei fabbisogni territoriali e la riduzione del
tasso di ospedalizzazione standardizzato allineandolo all'obiettivo di 120 ricoveri per mille abitanti.
Emergenza-Urgenza La novità più rilevante sarà la Centrale unica 118 di Area Vasta: dalle attuali 12 (una per
Asl), le centrali operative passeranno a 3 (una per Area Vasta - Centro, Nord-Ovest, Sud-Est). Ma sarà
riorganizzata anche l'intera rete territoriale dell'emergenza-urgenza attraverso la razionalizzazione della rete
dei punti di emergenza sanitaria presidiati da personale sanitario e volontari. Laboratori Gli interventi che
porteranno come valore prudenziale a una riduzione del 20%, dovranno prevedere: la definizione di un
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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TOSCANA/ Via libera al restyling del sistema sanitario con 42 milioni di investimenti
15/01/2013
Il Sole 24 Ore Sanita'
Pag. 17
(tiratura:40000)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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elenco di test inappropriati; la definizione di un elenco di prestazioni obsolete perché sostituite da test più
specifici e/o sensibili; la definizione di pannelli di esami da eseguire in logica sequenziale (reflex test); l'elenco
di esami ridondanti; l'obbligo di specificare nella richiesta il quesito diagnostico; richiesta elettronica per il 60%
delle prestazioni entro il 31/12/2013; la definizione di protocolli di accesso, pre-ospedalizzazione, pronto
soccorso e degenza contenenti un numero minimo di esami attinenti al quesito diagnostico; la formazione dei
Mmg; la possibilità di modificare "in progress" gli esami richiesti; la definizione del Catalogo unico delle
prestazioni. Riorganizzazione della rete dei laboratori puntando a un sistema integrato su scala
provinciale/aziendale che condivida protocolli, tecnologia, controlli ed esperienze, garantendo comunque in
tutti i presìdi ospedalieri periferici attività diagnostica correlata al grado di complessità e alle necessità della
struttura ospedaliera. Farmaceutica, beni e servizi L'obiettivo a lungo termine è la presa in carico da parte dei
magazzini Estav della gestione di tutti i prodotti (sanitari e non) in parte ancora presenti nei magazzini delle
aziende sanitarie. Le azioni a breve termine prevedono tra l'altro per la farmaceutica le gare per categorie
omogenee; l'incremento dell'uso dei farmaci che, a parità di risultato terapeutico, hanno un costo più
contenuto; la revisione dei prontuari farmaceutici ospedalieri; la riduzione della variabilità di prezzo mediante
allineamento al prezzo Estav più basso; la contrattazione a livello aziendale della quota parte di risultato
attribuibile ai Mmg. Per i dispositivi medici si punta invece tra l'altro alla riduzione del numero di Dm utilizzati
per categoria omogenea; alla riduzione del prezzo di acquisto mediante l'allineamento dei prezzi di acquisto a
quello più basso in Estav; alle gare regionali per categorie omogenee; alla limitazione degli acquisti in
privativa e alla valutazione della reale esclusività dei dispositivi.
15/01/2013
Il Sole 24 Ore Sanita'
Pag. 19
(tiratura:40000)
Nasce biofarmaceutica AbbVie
Conclusa a inizio gennaio la scissione in casa Abbott che ha portato alla separazione dell'attività di business
relativa ai farmaci basati sulla ricerca, che diviene AbbVie, una nuova società biofarmaceutica indipendente
che ha avviato le contrattazioni in modo indipendente presso la borsa di New York con il simbolo "ABBV".
AbbVie vanta un ampio portafoglio di specialità medicinali, ai primi posti nell'immunologia e nella virologia, e
con una pipeline di terapie innovative. Abbott è una delle più grandi e diversificate aziende del settore della
salute, leader di mercato nel campo della diagnostica, dei dispositivi medici, della nutrizione e dei farmaci
branded.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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SCISSIONI
15/01/2013
Il Sole 24 Ore Sanita'
Pag. 19
(tiratura:40000)
Grossisti al lavoro per 64 cent
Attualmente l'incasso in classe A è solo di 30 centesimi a scatoletta
Per garantirsi il livello di profittabilità ritenuto accettabile in rapporto al capitale investito (8-9%) i grossisti
farmaceutici dovrebbero incassare almeno 64 centesimi per ogni confezione distribuita per conto del Ssn a
fronte dei circa 30 ottenuti con il meccanismo in percentuale sul prezzo al pubblico attualmente vigente (3%
al netto dell'Iva; 4,3% del prezzo ex fabrica). A tener desta l'attenzione sul nodo della nuova remunerazione
della distribuzione farmaceutica è uno studio sviluppato da Claudio Leporelli, docente di Ingegneria
informatica automatica e gestionale dell'Università «La Sapienza» di Roma, per conto dell'Associazione dei
distributori farmaceutici (Adf). Obiettivo dell'analisi, determinare il livello di redditività medio dei distributori
farmaceutici, determinare il costo medio per confezione delle attività distributive e ipotizzare un nuovo
schema di remunerazione per gli operatori. Base di partenza i bilanci 2010 e 2011 di un campione di sedici
aziende integrati da questionari rivolti alle aziende associate Adf dai quali - fatti i conti con redditività, liquidità,
indebitamento e produttività - emerge un quadro non esattamente entusiasmante per il comparto. I costi
crescenti divorano il fatturato e la distribuzione di prodotti diversi da quelli di fascia A riesce a compensare,
solo in parte, il risultato negativo conseguito dalla distribuzione dei farmaci di fascia A e l'indicatore Eva
(Economic Value Added) resta inesorabilmente negativo, documentando l'incapacità delle imprese analizzate
di generare ricchezza in base alle condizioni attuali di remunerazione dei servizi di distribuzione. I conti sono
presto fatti. Il giro d'affari dei grossisti in relazione al Ssn riguarda circa 1 miliardo 86mila confezioni con un
prezzo medio ex fabrica di 7 euro (10 in prezzo al pubblico): la remunerazione per il servizio di distribuzione
effettuato è di circa 30 centesimi a scatoletta. Con riferimento ai costi del 2011 il valore che consentirebbe di
raggiungere il punto di pareggio al livello della gestione operativa è invece di 50 centesimi a scatoletta, e ne
servirebbero 64 per realizzare anche una adeguata remunerazione del capitale investito. Di più: dallo studio è
emerso anche un aumento del 3,4% della media annua dei costi operativi unitari sia nel 2010 che nel 2011
(3,2% dei costi unitari totali) e un analogo incremento è atteso - a parità di condizioni operative - anche per il
2012. L'ipotesi di un nuovo schema di remunerazione misto (quota fissa+quota percentuale) messa a punto a
partire da tutti questi valori attesterebbe a 51 centesimi la componente fissa e all'1,35% la componente
percentuale sul prezzo di vendita adeguate per il 2012, tenendo conto anche della riduzione del prezzo medio
di vendita per confezione pari al 6,2% registrato nel primo semestre dell'anno e di un ipotetico trend di
crescita dei costi operativi analogo a quello degli anni precedenti. Meglio l'uovo oggi, sembra voler
concludere lo studio: se la finanza pubblica non ce la fa, meglio mantenere la quota fissa e rinunciare
temporaneamente alla percentuale, rinviando a una successiva fase di analisi e negoziazione altre questioni
cruciali. Come l'indicizzazione per proteggere i risultati economici del mercato regolato incentivando
l'efficienza (price cap); l'individuazione di regolamenti più laschi sulla logistica della distribuzione e di vincoli
più stringenti sui tempi di pagamento; la definizione di condizioni predefinite sulla Dpc (distribuzione per
conto) che consentano al tempo stesso di ridurre i costi della filiera e di coprire il deficit riscontrato sulla
distribuzione indiretta dei farmaci di fascia A. Un buon consiglio, se non fosse che viene dato ormai per
imminente il decreto Salute-Economia che - secondo quanto previsto dalla spending review - potrebbe
sparigliare tutto, proponendo l'ennesimo modello di remunerazione al bancone e tornando a battere sul tasto
dell'incentivo alla distribuzione dei generici. Sara Todaro © RIPRODUZIONE RISERVATA Costi per
confezione (2010-2011) Costi operativi per pezzo 2010 2011 Personale -0,19 -0,20 Trasporti -0,11 -0,11
Costi generali -0,15 -0,15 Accantonamenti -0,003 -0,001 Ammortamenti/svalutazioni -0,04 -0,04 immateriali 0,02 -0,01 materiali -0,02 -0,02 svalutazione crediti -0,00 -0,01 Costo capitale investito per pezzo 2010 2011
Remunerazione capitale investito -0,13 -0,13 Costi per pezzo 2010 2011 Costi operativi per pezzo -0,49 -0,50
Costi oper. + remun. capitale per pezzo -0,62 -0,64 Ipotesi su un nuovo schema di remunerazione 2010 2011
Ipotesi nuovo modello Remunerazione % sul prezzo 1,16% 1,27% 1,35% Componente fissa per pezzo (euro)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 16/01/2013
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FARMACI/ Studio de «La Sapienza» di Roma per Adf stima l'equa remunerazione per i distributori
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Il Sole 24 Ore Sanita'
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0,48 0,49 0,51
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Personale del Ssn in calo continuo
In un anno 6mila dipendenti in meno - I medici si riducono di 1.741 unità, i primari di 426
In un anno - tra il 2010 e il 2011 - il Servizio sanitario nazionale ha perso 6.044 unità di personale, di cui
5.849 uomini e "solo" 195 donne. A ridurre di più gli organici sono stati in valori assoluti gli operatori del
comparto (-3.891), seguiti dai medici (-1741). Ma in percentuale il vero "crollo" si è avuto per i dirigenti a
tempo determinato: -31,17% tra i medici, -66,67% tra i veterinari. I primari medici in esclusiva in un solo anno
perdono 435 unità, ma ne guadagnano 9 tra le fila di quelli non esclusivi. E la non esclusività è l'univa voce
che, seppure con numeri piccoli, cresce percentualmente. Il calo è comunque quasi tutto concentrato sugli
uomini, mentre le donne, medici compresi, sono quasi sempre in aumento, anche se il saldo finale è negativo
di poche unità. Per il personale non dirigente il calo è generalizzato per i maschi di tutti i profili, mentre
aumentano le donne, tranne tra gli infermieri (in calo quasi come gli uomini) e nel ruolo amministrativo. Il
management aziendale, invece, "taglia" solo i direttori amministrativi, mentre tutte le altre posizioni
aumentano, soprattutto proprio tra i direttori generali in crescita di 21 unità tra il 2010 e il 2011, il +7,12 per
cento. E il personale del Ssn resta tra i più numerosi del pubblico impiego: assorbe infatti da solo il 20,94% di
tutti i dipendenti (solo la Scuola fa di più) dei 21 comparti in cui è divisa la pubblica amministrazione (16,42%
gli uomini, 24,65% le donne). Ma diverso è il peso a livello di singole Regioni. Il personale del Ssn in generale
pesa infatti per il 26,89% del totale dei dipendenti pubblici dell'Emilia Romagna (oltre il 6% in più della media
nazionale, quindi), il 26,75% in Umbria e il 25,26% in Piemonte, mentre assorbe solo il 12,32% dei dipendenti
del Lazio, il 15,81% di quelli della Puglia e il 16,28% dei dipendenti campani. È tuttavia proprio nelle Regioni
con piani di rientro (Lazio e Campania, ma anche in quasi tutte le altre) che il personale registra il calo
maggiore confrontando gli organici 2006 (ultimo anno senza piani di rientro) e il 2011. A perdere di più in
cinque anni sono Molise e Campania (rispettivamente -20,81% e -20,18% unità di personale nei Ssr). Ma tra
le Regioni attualmente in piano di rientro si registrano cali anche per Lazio (-16,21%), Calabria (-11,67%),
Sicilia (-11,56%) e Piemonte (-0,40%). Ridotti anche gli organici della Liguria (-4,86%) che da piano di rientro
è uscita nel 2010 ma non ha fermato i tagli al personale e della Basilicata (-1,56%). Aumentano invece nei
cinque anni i dipendenti sanitari di tutte le altre Regioni. Per le Regioni in piano di rientro l'aumento più
elevato è il 3,36% della Puglia rispetto al 2006, ma la Regione nel 2009 ha fatto registrare un'inversione di
tendenza riducendo il personale. Stesso discorso per la Sardegna, che tuttavia non è più in piano di rientro
dal 2010, mentre in Abruzzo il calo si è fatto sentire rispetto al 2006, ma gli organici sono aumentati di nuovo
nel 2009 con un risultato complessivo del +0,97 per cento. Tra chi non è in piano di rientro, l'incremento
maggiore è quello di Trento (+12,98%), ma la media di crescita delle unità di personale nelle Regioni senza
piano di rientro (escluso Trento, appunto) è di circa il 4 per cento con il valore minore a Bolzano (1,21%) e in
Umbria (1,96%) e il maggiore in Emilia Romagna (5,76%), Friuli Venezia Giulia (5,58%) e Toscana (5,50%).
A PAG. 22 CRONICITÀ. La ricetta Cergas Bocconi per l'integrazione multiprofessionale A PAG. 23
CASSAZIONE. Il decalogo sulle direttive anticipate sul trattamento di fine vita A PAG. 23 CASSAZIONE/2. :
mai sospendere la cura in caso di dubbio Paolo Del Bufalo © RIPRODUZIONE RISERVATA Gli organici del
Ssn e il loro peso sul pubblico impiego (2011) Regioni Uomini Donne Totale % uomini su totale dip. maschi %
donne su totale dip. femmine % su totale dei dipendenti Abruzzo 5.814 9.022 14.836 17,96 23,85 21,08
Basilicata 3.187 4.065 7.252 18,14 21,56 19,90 Calabria 11.154 10.387 21.541 18,22 19,12 18,64 Campania
27.698 21.520 49.218 17,46 14,98 16,28 Emilia R. 16.774 44.035 60.809 20,58 30,45 26,89 Friuli V.G. 5.304
14.971 20.275 13,72 32,32 23,86 Lazio 19.803 29.681 49.484 9,52 15,34 12,32 Liguria 7.780 17.304 25.084
17,68 32,05 25,56 Lombardia 29.324 75.015 104.339 20,52 28,22 25,51 Marche 6.572 13.359 19.931 19,27
27,07 23,90 Molise 1.483 2.089 3.572 15,75 21,76 18,77 Piemonte 15.466 42.607 58.073 19,00 30,49 26,26
Bolzano 2.213 6.196 8.409 15,25 21,31 18,08 Trento 2.240 5.465 7.705 14,11 25,27 19,59 Puglia 17.303
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Conto annuale 2011 della Ragioneria generale dello Stato: tutti i numeri degli organici della pubblica
amministrazione
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21.233 38.536 15,04 16,66 15,81 Sardegna 7.819 13.483 21.302 18,45 30,12 25,30 Sicilia 22.897 22.779
45.676 19,13 25,43 22,79 Toscana 15.798 36.675 52.473 14,83 20,43 18,22 Umbria 3.946 7.302 11.248
19,72 31,31 26,75 Valle d'Aosta 679 1.438 2.117 15,28 22,71 19,89 Veneto 17.619 42.978 60.597 13,48
27,32 21,50 Totale 240.873 441.604 682.477 16,42 24,65 20,94 Gli organici Regione per Regione (2011) e le
differenze in cinque anni Regioni Totale Diff. con 2006 * Diff. con 2009 ** Diff. % 2011/2006 Abruzzo 15.508 387 541 0,97 Basilicata 6.869 -8 -99 - 1,56 Calabria 21.587 -1.449 -1.239 - 11,67 Campania 48.302 -7.530 3.736 - 20,18 Emilia R. 60.421 2.934 378 5,76 Friuli V.G. 20.231 1.331 -277 5,58 Lazio 49.423 -5.904 -3.064
- 16,21 Liguria 25.375 -639 -626 - 4,86 Lombardia 103.692 3.342 1.128 4,45 Marche 19.595 802 -171 3,36
Molise 3.616 -551 -316 - 20,81 Piemonte 57.839 867 -1.093 - 0,40 Puglia 38.502 1.941 -711 3,36 Sardegna
21.319 804 -383 2,05 Sicilia 45.565 -4.350 -1.421 - 11,56 Toscana 52.431 2.525 222 5,50 Umbria 11.168 190
25 1,96 Valle d'Aosta 2.116 42 65 5,16 Veneto 60.355 1.396 -287 1,88 Pa Trento 7.706 570 356 12,98 Pa
Bolzano 8.398 111 -11 1,21 Totale 680.022 -3.960 -10.715 - 2,15 (*) Anno precedente i primi piani di rientro
(**) Anno conclusivo primi piani di rientro Organici 2011 del personale Ssn e differenza con 2010 Ruoli 2011
Differenza con 2010 Diff. % tot. con 2010 Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale Medici 71.186 44.227
115.413 -2.186 445 -1.741 -1,51 Medici 66.487 43.147 109.634 -2.085 428 -1.657 -1,51 -Dirigenti medici con
incarico struttura complessa (rapporto esclusivo) 7.217 1.235 8.452 -403 -32 -435 -5,15 -Dirigenti medici con
incarico di struttura complessa (rapporto non esclusivo) 259 6 265 8 1 9 3,40 -Dirigenti medici con incarico di
struttura semplice (rapporto esclusivo) 12.013 5.054 17.067 -652 -165 -817 -4,79 -Dirigenti medici con
incarico struttura semplice (rapporto non esclusivo) 564 54 618 25 6 31 5,02 -Dirigenti medici con altri
incarichi professionali (rapporto esclusivo) 42.384 35.751 78.135 -1.052 647 -405 -0,52 -Dirigenti medici con
altri incarichi professionali (rapporto non esclusivo) 3.699 920 4.619 69 40 109 2,36 -Dirigenti medici a tempo
determinato 351 127 478 -80 -69 -149 -31,17 Veterinari 4.581 1.042 5.623 -100 19 -81 -1,44 -Veterinari con
incarico di struttura complessa (rapporto esclusivo) 427 41 468 -34 6 -28 -5,98 -Veterinari con incarico di
struttura semplice (rapporto esclusivo) 918 194 1.112 -13 -3 -16 -1,44 -Veterinari con incarico di struttura
semplice (rapporto non esclusivo) 9 0 9 2 0 2 22,22 -Veterinari con altri incarichi professionali (rapporto
esclusivo) 3.161 798 3.959 -49 16 -33 -0,83 -Veterinari con altri incarichi professionali (rapporto non
esclusivo) 58 8 66 -2 2 0 - -Veterinari a tempo determinato 8 1 9 -4 -2 -6 -66,67 Odontoiatri 118 38 156 -1 -2 3 -1,92 -Odontoiatri con incarico di struttura complessa (rapporto esclusivo) 5 0 5 1 0 1 20,00 -Odontoiatri con
incarico di struttura complessa 3 1 4 0 0 0 - -Odontoiatri con incarico di struttura semplice (rapporto esclusivo)
16 4 20 -2 -1 -3 -15,00 -Odontoiatri con incarico di struttura semplice (rapporto non esclusivo) 10 10 0 0 0 - Odontoiatri con altri incarichi professionali (rapporto esclusivo) 47 27 74 0 -1 -1 -1,35 -Odontoiatri con altri
incarichi professionali (rapporto non esclusivo) 37 6 43 0 0 0 - Dirigenti non medici 7.161 12.856 20.017 -319
-38 -357 -1,78 Dirigenti sanitari non medici 4.007 10.647 14.654 -156 -13 -169 -1,15 Dirigenti ruolo
professionale 1.163 263 1.426 -54 -7 -61 -4,28 Dirigenti ruolo tecnico 590 555 1.145 -13 -9 -22 -1,92 Dirigenti
ruolo amministrativo 1.401 1.391 2.792 -96 -9 -105 -3,76 Personale non dirigente 161.401 384.289 545.690 3.278 -613 -3.891 -0,71 Profili ruolo sanitario - personale infermieristico 62.367 212.302 274.669 -727 -536 1.263 -0,46 Profili ruolo sanitario - personale funzioni riabilitative 3.761 16.841 20.602 -40 1 -39 -0,19 Profili
ruolo sanitario - personale tecnico sanitario 14.284 22.359 36.643 -378 144 -234 -0,64 Profili ruolo sanitario personale vigilanza e ispezione 7.444 4.856 12.300 -198 88 -110 -0,89 Profili ruolo professionale 316 50 366
-25 12 -13 -3,55 Profili ruolo tecnico 51.799 74.229 126.028 -1.229 177 -1.052 -0,83 Profili ruolo
amministrativo 21.430 53.652 75.082 -681 -499 -1.180 -1,57 Altro personale 1.125 232 1.357 -29 14 -15 1,11 Direttori generali 686 173 859 8 17 25 2,91 Direttore generale 264 31 295 15 6 21 7,12 Direttore
sanitario 200 59 259 0 5 5 1,93 Direttore amministrativo 181 69 250 -11 7 -4 -1,60 Direttore dei servizi sociali
41 14 55 4 -1 3 5,45 Personale contrattista 439 59 498 -37 -3 -40 -8,03 TOTALE 240.873 441.604 682.477 5.812 -192 -6.004 -0,88 Fonte di tutte le tabelle: elaborazione Il Sole-24 Ore Sanità su dati Conto annuale
2011, Ragioneria generale dello Stato Valore medio delle retribuzioni 2011 e differenza % con 2009 per
qualifica (euro) Stipendio + Iis Ria Tredicesima Totale voci stipendiali Straordinario Indennità varie Altre
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accessorie Totale indennità fisse e accessorie Retrib.ne media comp.va Diff. % con 2009 * Medici 40.018
3.038 5.761 48.817 1.061 20.122 3.774 24.957 73.774 2,22 Medici 40.017 3.016 5.751 48.784 1.098 20.028
3.818 24.944 73.727 2,18 Veterinari 40.054 3.485 5.975 49.514 374 22.049 2.984 25.407 74.921 3,01
Odontoiatri 39.618 2.040 5.447 47.106 40 16.234 1.709 17.983 65.089 2,75 Dirigenti non medici 40.075 722
4.931 45.727 327 16.789 1.456 18.572 64.299 2,89 Dirig. sanitari non medici 40.109 732 4.898 45.739 383
13.816 1.362 15.560 61.299 3,03 Dir. ruolo tecnico 39.982 467 4.608 45.057 61 21.114 1.057 22.232 67.289
3,99 Dir. ruolo amministrativo 39.931 773 5.239 45.943 140 30.831 2.126 33.097 79.040 3,05 Personale non
dirigente 21.089 2.410 1.960 25.458 696 198 3.827 4.720 30.179 0,86 Profili ruolo tecnico 18.570 1.495
1.678 21.743 747 169 3.086 4.002 25.745 0,89 Rofili ruolo amministrativo 20.232 2.207 1.892 24.331 449
186 2.237 2.872 27.203 0,69 (*) Scadenza ultimo contratto Costi e retribuzioni medie 2011 nel pubblico
impiego (euro) Comparto Totale costi (euro) % incidenza su totale Retribuzione media pro capite (euro/anno)
Diff. % sulla media Magistratura 1.859.344.565 1,14 131.303 276,76 Carriera diplomatica 255.446.841 0,16
92.695 165,98 Carriera prefettizia 179.281.311 0,11 87.709 151,67 Carriera penitenziaria 45.658.149 0,03
77.688 122,91 Autorità indipendenti 207.672.555 0,13 76.916 120,70 Presidenza Consiglio ministri
329.217.411 0,20 58.964 69,19 Enti art. 70, comma 4 - Dlgs 165/01 (Enac, Cassa depositi e prestiti ecc.)
141.663.527 0,09 54.213 55,56 Università 7.030.785.062 4,30 44.554 27,84 Enti pubblici non economici
3.307.269.414 2,02 42.029 20,60 Enti di ricerca 1.539.738.537 0,94 41.928 20,31 Forze armate
10.294.517.783 6,29 39.699 13,91 Servizio sanitario nazionale 40.358.203.416 24,67 38.766 11,23 Corpi di
polizia 17.946.862.886 10,97 38.494 10,45 Agenzie fiscali 2.810.070.656 1,72 36.922 5,94 Ist. formazione
artistico musicale 437.830.348 0,27 35.259 1,17 Totale comparti (media) 163.594.413.834 100,00 34.851 Regioni a statuto speciale 4.763.461.330 2,91 34.213 - 1,83 Vigili del fuoco 1.769.656.013 1,08 32.124 - 7,82
Enti art. 60, comma 3- Dlgs 165/01 (enti pubblici economici e aziende che producono servizi di pubblica
utilità) 469.522.796 0,29 31.287 - 10,23 Scuola 41.201.601.844 25,19 30.338 - 12,95 Regioni e Autonomie
locali 21.124.438.660 12,91 29.728 - 14,70 Ministeri 7.522.170.730 4,60 29.420 - 15,58
15/01/2013
Come Stai - N.2 - febbraio 2013
Pag. 21
(diffusione:114106, tiratura:198093)
«Come si cura UN ADENOMA alla prostata?»
«Ho 70 anni e un adenoma senza noduli alla prostata. La biopsia ha escluso il tumore e un'ecotomografia
dell'addome inferiore ha dimostrato lo svuotamento della vescica. Ora devo fare un'uroflussimetria. In che
cosa consiste? Ladenoma dev'essere operato?» Un lettore - Milano
Avere un adenoma alla prostata a 70 anni rientra nella normalità e non è da considerarsi una malattia.
L'adenoma è un ingrossamento della parte centrale della ghiandola prostatica che si forma a partire dai 50
anni senza una causa accertata. Può essere di dimensioni più o meno rilevanti, ma è sempre per sua natura
benigno. A causa della sua posizione, però, può creare, soprattutto se di grosse dimensioni, problemi di
svuotamento della vescica. La prostata, infatti, è posizionata sotto la vescica e attorno all'uretra e l'effetto
compressivo su quest'ultima genera un rallentamento del flusso dell'urina. Di solito questa condizione non
impatta sulla qualità della vita, ma provoca un lieve disturbo. Ci sono invece situazioni in cui l'ipertrofia
prostatica può diventare una malattia, cioè quando crea uno scompenso a livello della vescica, provocando
infezioni ricorrenti o un blocco completo della vescica stessa oppure, più frequentemente, quando i disturbi
disurici diventano eccessivi. La conseguenza più comune è la pollachiuria, ossia l'esigenza urgente e
frequente di urinare. L'ESAME IMPORTANTE È L'ECOGRAFIA Per la diagnosi è corretto eseguire
un'ecografìa dell'addome inferiore con valutazione del residuo post-minzionale, che ha lo scopo di valutare
non tanto la prostata quanto l'apparato urinario nel suo complesso, osservando soprattutto lo svuotamento
della vescica. Meno utile, anche se spesso viene richiesta, è l'ecografia prostatica transrettale, che serve solo
a definire il volume della ghiandola. Talvolta può essere richiesta l'uroflussimetria, che offre maggiori
informazioni sullo svuotamento della vescica. E un esame indolore e non invasivo in cui il paziente deve
urinare in un apparecchio che misura la velocità e il flusso dell'urina. I risultati sono variabili e dipendono
molto dalla quantità di liquidi bevuti prima dell'esame, pertanto devono sempre essere letti da uno specialista
urologo. Se lo svuotamento della vescica è completo e i sintomi disurici sono modesti, non serve fare nulla.
Una cura con fannaei e l'asportazione chirurgica dell'adenoma sono indicati solo quando i disturbi correlati
impattano negativamente sulla qualità della vita. ^ C. R. RISPONDE L'UROLOGO II dottar Luigi Da Pozzo è
primario del Reparto di urologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo e docente del corso di laurea in medicina e
chirurgia e della Scuola di specializzazione in urologia dell'Università VitaSalute di Milano. Membro di
prestigiose società scientifiche in ambito uro-oncologico, collabora a numerosi protocolli di ricerca clinica. IL
PSA I N QUESTI CASI N O N SERVE Lesame del Psa non può valutare l'ostruzione causata dall'ipertrofia
prostatica, quindi non è utile per capire le condizioni dell'adenoma. Serve invece a valutare il rischio che ci sia
un tumore nella ghiandola prostatica. Il suo dosaggio periodico negli uomini dopo i 45 anni ha lo scopo non
tanto di prevenire quanto di diagnosticare precocemente un tumore, che negli stadi iniziali è del tutto
asintomatico. Se il Psa indica un sospetto, si dovrà procedere con una biopsia, ovvero il prelievo di piccoli
campioni di tessuto. Valori sotto il 4 sono considerati normali, tuttavia devono essere interpretati da uno
specialista urologo.
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E SUCCESSO A ME...
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NUOVE SPERANZE PER IL TUMORE AL PANCREAS
E UNA DELIE FORME PIÙ AGGRESSIVE, PERCHÉ SI SCOPRE QUANDO È GIÀ IN FASE AVANZATA E
NON RISPONDE ALLA CHEMIOTERAPIA. ORA È IN SPEM/VINTAZIONI UN FARMACO CHE POTREBBE
RIVOLUZIONARE LA CURA. CE NE PARLA IL DOTTOR DAVIDE MELISI
C'è una forma tuS morale che fino a oggi, a torto o a ragione, veniva ritenuta un po' abbandonata dalla
ricerca ed è il cancro del pancreas. Ora non si può più dire così, grazie al dottor Davide Melisi, da poco
rientrato in Italia dagli Stati Uniti. «Mi sono sempre occupato di tumori del tratto gastroenterico» spiega il
ricercatore. «Ma mentre si vedevano già progressi scientifici nell'ambito del carcinoma del colon retto e,
benché in minima parte, anche di quello dello stomaco, la ricerca stagnava per il pancreas. Così, quando ho
dovuto decidere su cosa fecalizzare il mio ambito di ricerca, ho scelto questo organo ancora orfano di
terapie». Ed è nel nostro Paese che lo studioso ha deciso di costituire il suo gruppo di lavoro e di proseguire
la sua attività di ricerca sviluppata oltreoceano all'MD Anderson cancer center di Houston, uno tra i più noti
centri di ricerca e di cura in ambito oncologico del mondo. Sono lavori importanti, che finalmente fanno
intravvedere uno spiraglio nella cura del tumore del pancreas, una malattia subdola che lascia poche
speranze. I problemi, infatti, sono l'assenza di sintomi, se non quando si è in fase avanzata, e la scarsità di
cure. Ogni anno in Italia si verificano circa seimila casi di tumore pancreatico e in nove su dieci le speranze di
sopravvivenza sono scarse. Ma a che punto sono le ricerche? E quali sono gli obiettivi nel futuro? Ecco le
risposte del dottor Melisi. Da dove sono partite le sue ricerche? «Dal fatto che il tumore del pancreas è forse
la forma maggiormente refrattaria alla chemioterapia. E un problema non di poco conto, perché è l'unica
terapia che possa dare benefici sia dopo l'intervento, quando possibile, sia nelle forme avanzate come unica
cura». C'è una ragione? «Ce ne saranno forse più di una, ma al momento gli studi sono in corso. Si sa però
che la massa di stroma* che si forma con la malattia è come uno scudo sul pancreas che in un certo senso
difende il tumore dall'azione dei principi attivi curativi. Le ricerche quindi si sono concentrate su come aprire
una breccia in questo muro». C'è riuscito? «Direi di sì. Gli studi hanno evidenziato che lo stroma si forma
anche a causa dell'effetto di alcuni fattori di crescita tra cui il Transforming growth factor beta o Tgf beta.
Inibendo l'azione di questa proteina, si potrebbe creare la famosa breccia che permette di rendere sensibile il
tumore alla chemioterapia. Gli studi condotti in laboratorio hanno dimostrato che in questo modo aumenta
significativamente la sensibilità del tumore a questa terapia». È già stato divulgato questo studio? «Con il mio
gruppo di ricerca americano abbiamo pubblicato numerosi articoli su alcune delle riviste scientifiche più
prestigiose tra cui Molecular cancer research e thè Journal of thè national cancer institute. In più, questa
scoperta ha aperto la via allo studio di sostanze farmacologiehe mirate, con l'obiettivo di ammorbidire, per
dirlo in parole semplici, lo stroma». Nel frattempo è tornato in Italia.... «Dopo quattro anni negli Stati Uniti
sono rientrato all'Istituto nazionale tumori di Napoli e poi alla Sezione di oncologia medica dell'Università di
Verona diretta dal professor Giampaolo Tortora, dove sono ora. E qui che è iniziata la seconda fase della mia
ricerca, grazie anche all'Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Ogni anno l'Aire stanzia somme
considerevoli per finanziare importanti ricerche condotte da giovani. Il mio progetto dal titolo "Studio sui
meccanismi di resistenza del carcinoma pancreatico" rientrava nelle caratteristiche richieste e ho vinto un
finanziamento. Con quei soldi ho potuto organizzare il laboratorio presso l'Università di Verona e ho reclutato
un gruppo di ricercatori molto giovani ma già con un ottimo bagaglio di esperienza». Vi occupate soltanto di
ricerca? «No, portiamo avanti la ricerca in laboratorio mentre in reparto ci sono i malati che noi curiamo. Sono
un ricercatore anomalo da questo punto di vista, mi considero un medico prestato alla ricerca, ma questa è
anche la mia e la nostra forza. Il fatto di essere innanzitutto medici ci fa toccare con mano quotidianamente la
sofferenza del malato. Quello che dico sempre è che il problema non è al piano terra, dove ci sono i
laboratori, ma al terzo piano, in reparto. E lì che mi ritrovo a non avere talvolta la possibilità di prescrivere
terapie efficaci. Non ancora, perlomeno». Ora cosa state facendo? «Stiamo finalmente conducendo la fase
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LA PAROLA AL MEDICO
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I/II di sperimentazione del farmaco. Significa che siamo passati dallo studio sulle cavie a quello sui pazienti
volontari. Abbiamo formato due gruppi, uno composto da 100 persone che ricevono la cura e l'altro di 50 (il
gruppo di controllo) che fanno solo la chemio. Al momento seguiamo circa una decina di pazienti in questo
studio. La caratteristica comune è di avere una forma inoperabile perché troppo avanzata». Com'è progettato
10 studio nella pratica? «I 100 pazienti ricevono ogni settimana una dose di chemioterapia e ogni due
settimane il farmaco in sperimentazione. I dosaggi sono uguali per tutti. Vale a dire, una compressa due volte
al giorno. A oggi il farmaco è ben tollerato e non comporta eccessivi effetti collaterali. L'altro vantaggio è che
grazie a questo principio attivo sarà probabilmente possibile anche ridurre 11 dosaggio della chemioterapia,
perché comunque ora è in grado di agire sulle cellule tumorali. Puntiamo ad avere i primi risultati per fine
2013 e avviarci così verso la registrazione del farmaco». Che cosa vi aspettate da questa ricerca?
«Moltissimo. Ci servirà innanzitutto per comprendere meglio la biologia di questa malattia. Attraverso le
biopsie che vengono eseguite prima e dopo il trattamento, valutiamo l'attività di deposizione di neocollagene
sulla superficie del pancreas, quello che contribuisce alla formazione dello stroma e se l'uso dei farmaci è in
grado di bloccare almeno in parte l'attività di alcune delle sostanze responsabili dello stroma. Abbiamo anche
esami sofisticati che ci permettono di seguire l'attività delle cellule oncogene e di valutare il rischio di
metastasi. Questo perché il nuovo farmaco potrebbe nel futuro essere prescritto anche per la terapia
adiuvante* con un abbattimento del pericolo di metastasi». Sarà possibile anche capire se esistono più forme
di carcinoma al pancreas legate ad alterazioni diverse? «Forse sì, ma è presto per dirlo. Quello che siamo in
grado di fare oggi è la misurazione del Dna liberato dal tumore e circolante nel plasma, una sorta di "biopsie
liquide". E un esame innovativo che permette di valutare precocemente un'eventuale forma di resistenza alle
cure, cioè prima che HI manifesti clinicamente una ricaduta». Nel frattempo come avviene la cura standard
del tumore del pancreas? «Quando è possibile, perché si è di fronte a una forma localizzata, viene eseguito
l'intervento chirurgico di asportazione della parte aggredita dal tumore. È però un'operazione complicata e
ancora gravata da molti rischi. Per questo, è sempre bene rivolgersi a centri super specializzati. In seguito il
malato viene sottoposto a uno o più cicli di chemioterapia. La chemioterapia invece diventa l'unica soluzione
quando il tumore comincia a essere in una fase più avanzata». Si può diagnosticare precocemente la
malattia? «Quasi mai, perché non ci sono sintomi e, se ci sono, non si distinguono perché sono vaghi. I segni
veri e propri si manifestano quando si è già in una fase più avanzata con ittero*, dolore alla parte superiore
dell'addome o alla schiena, debolezza, nausea, vomito, perdita di peso e dell'appetito». Esistono chiari fattori
di rischio? «Di sicuro il fumo, tant'è che i i limatori hanno un rischio circa tre volte più elevato rispetto a chi
non fuma. Ci sono poi dei nuovi legami che si stanno delineando, ma ci sono ancora studi in corso. Per
esempio, è stata evidenziata dagli epidemiologi del Karolinska institute di Stoccolma una correlazione con
l'obesità, soprattutto quando il grasso è stratificato sull'addome e quando sono presenti intolleranza al
glucosio, resistenza all'insulina e diabete. Anche alcol e caffè sono sospettati di favorire lo sviluppo del
tumore, ma certamente in dosaggi elevati, e anche l'esposizione professionale a solventi di uso industriale e
agricolo e a derivati della lavorazione del petrolio, ma ripeto, gli studi sono in corso». C'è una predisposizione
familiare? «E un rischio in più avere in famiglia altri casi di tumore del pancreas o tumori della mammella o
del colon. Sembra infatti che queste due ultime forme si sviluppino da mutazioni genetiche ereditarie che
possono favorire anche il carcinoma pancreatico». L'alimentazione incide? Diffìcile dirlo con certezza. Ma,
visto che il pancreas ha un molo basilare a livello digestivo, può incidere una dieta ricca di grassi e proteine
animali e povera di frutta e verdura». ^ Cinzia Testa
LO SPECIALISTA II dottor Davide Melisi è ricercatore universitario di oncologia medica e responsabile
dell'Unità di oncologia clinica molecolare dell'apparato digerente presso l'Università degli studi di Verona. È
inoltre titolare di uno dei prestigiosi finanziamenti Start-Up dell'Associazione ^ P ^ ^ ^ italiana per la ricerca sul
cancro. Nelle sue diverse jT ^W esperienze professionali si è interessato di sviluppo sia ,**»• 1 preclinico sia
clinico precoce (studi di fase l / l l ) di nuoT ve strategie terapeutiche nel trattamento dei tumori del tratto
gastrointestinale. È docente di oncologia per il corso di laurea in medicina e chirurgia e le Scuole di
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specializzazione in oncologia e chirurgia generale dell'Università degli studi di Verona.
U N ORGANO CON MOLTE FUNZIONI I pancreas è poco considerato eppure svolge funzioni
importantissime. E una ghiandola che fa parte dell'apparato digerente e che ha come compito quello di
produrre tre sostanze fondamentali. In prima linea il succo pancreatico che interviene nella digestione durante
il passaggio nell'intestino tenue. Quindi l'insulina e il glucagone, che hanno come attività primaria il controllo
della concentrazione di glucosio nel sangue. Una vera centralina a livello dell'intestino ed è per questo che
quando si ammala sono guai. Oltre a causare disturbi anche seri a livello digestivo, non è raro che si sviluppi
anche una forma di diabete. Il pancreas può essere colpito da diverse malattie: pancreatiti acute e croniche,
cioè infiammazioni dei tessuti del pancreas e da forme tumorali che possono svilupparsi a livello della testa,
cioè della parte superiore della ghiandola, verso lo stomaco, al corpo, ovvero nella zona centrale, oppure
nella parte terminale, cioè nella coda. Il tumore più frequente, oggetto delle ricerche del dottor Melisi, è quello
alla testa.
UNA FORMA RARA C'è una forma rara di tumore del pancreas, conosciuta perché è quella che ha colpito il
co-fondatore della Apple Steve Jobs, chiamata neuroendocrina. È una malattia che cresce lentamente e ha di
solito una prognosi più favorevole rispetto ad altre neoplasie. Anche in questo caso non ci sono segni, se non
quando il tumore è avanzato. Per avere una diagnosi certa serve un campione di tessuto delle cellule e una
biopsia o una citologia. Oggi viene in aiuto l'immunoistochimica che permette di mettere in luce delle proteine
che sono specifiche della forma neuroendocrina. Con la diagnosi certa, il primo passo è l'intervento chirurgico
che è quasi sempre riso- lutivo, cioè consente la guarigione. L'altra opzione è la terapia farmacologica: il
trattamento di scelta è rappresentato dagli analoghi della somatostatina, che offrono un vantaggio
significativo di sopravvivenza, mentre nelle forme più ag- gressive si usa anche la chemioterapia. La ricerca è
inoltre concentrata sulle alterazioni molecolari e adesso ci sono dei formaci a bersaglio molecolare, come
l'everolimus, che permettono di intervenire direttamente sui meccanismi di crescita delle cellule tumorali.
GLI INDIRIZZI'
BARI Istituto tumori Giovanni Paolo II, Centro per la cura dei tumori epatobiliari e del pancreas, tei.
080/5555111 MILANO
Unità funzionale di chirurgia endocrina, Istituto San Raffaele, tei. 02/26431 ROMA Istituto nazionale dei
tumori Regina Elena, Chirurgia a indirizzo
epatobiliopancreatico, tei. 06/52662733 VERONA Università degli studi, Unità di oncologia cllnica molecolare
dell'apparato digerente, tei. 045/8128148
ABC Dizionario ITTERO: colorazione gialla della pelle. STROMA: tessuto che forma l'impalcatura di un
organo. TERAPIA ADIUVANTE: cura che viene prescritta dopo un tumore per la prevenzione delle ricadute.
Foto: • La ricerca continua in modo incessante e si profilano nuovi e rassicuranti scenari terapeutici
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NON ABUSARE DEGLI ANTIDOLORIFICI
SOLO SE UTILIZZATI QUANDO SERVONO DAVVERO SONO SICURI ED EFFICACI. ALTRIMENTI SONO
IN AGGUATO GASTRITE, ULCERA MA ANCHE EVENTI PIÙ SERI COME ICTUS E INFARTO
Da una recente indagine del Prescription drug monitoring program center of excellence della Brandeis
University, nel Massachussets, risulta che negli Stati Uniti, negli ultimi dieci anni, è triplicato il numero di morti
per overdose da analgesici oppioidi. Sembra addirittura che questi farmaci, se utilizzati in eccesso, uccidano
più delle droghe classiche come eroina e cocaina. «Un epidemico abuso di analgesici che sta devastando le
famiglie americane e consumando energie, forze e risorse federali» denuncia Hai Rogers, presidente
dell'House appropriations committee. Per cercare di rimediare sono stati attivati programmi di monitoraggio in
più di 49 stati. Obiettivi? Vigilare sull'appropriatezza delle prescrizioni, prevenire fenomeni di abuso,
promuovere campagne di educazione sanitaria e misure contro la distribuzione illegale di questi medicinali.
L'ESPERTO: RISPETTARE SEMPRE DOSI E TEMPI DI ASSUNZIONE Effettivamente in America la
situazione è drammatica, probabilmente a causa dell'abitudine di prescrivere farmaci in modo troppo
disinvolto» commenta la professoressa Elisabetta Barocelli. «In base ai dati forniti dai Centers for disease
control and prevention statunitensi, la prescrizione e le vendite di analgesico-narcotici come Vicodin
(idrocodone), OxyContin (ossicodone), Opana (ossimorfone) e metadone è aumentata negli Usa del 300 per
cento dal 1999 a oggi. In Italia, invece, sebbene si assista a un aumento delle prescrizioni di farmaci
analgesici oppioidi, come documentato dal rapporto dell'Osservatorio nazionale sull'impiego dei medicinali
OsMed 2011, la situazione non sembra così allarmante. Il merito potrebbe essere di un approccio più
prudenziale nell'impiego di questi medicinali. Gli oppioidi I dati italiani si riferiscono a quegli antidolorifici
prescritti solo in caso di dolori importanti causati da malattie gravi come i tumori o che compaiono in seguito a
interventi chirurgici. Gli oppioidi, appunto, come morfina, codeina, tramadolo, buprenorfina, che agiscono sul
sistema nervoso centrale e la cui efficacia sale proporzionalmente con la dose. «Il problema è proprio questo:
all'aumentare del dosaggio cresce anche l'entità degli effetti collaterali: sedazione, nausea e vomito, vertigini,
stitichezza» spiega la professoressa Barocelli. «Inoltre, la somministrazione ripetuta può essere
accompagnata dalla progressiva perdita di efficacia, che in genere si contrasta alternando nel tempo i diversi
farmaci oppioidi, mentre raramente può svilupparsi dipendenza». D'altronde, nella maggior parte dei casi, non
si può fare a meno di questi medicinali e la cura viene monitorata nel tempo e "aggiustata" periodicamente in
modo da ottimizzarne l'azione. Soltanto a stomaco pieno Per quanto riguarda invece gli analgesici
antinfiammatori di uso comune, alcuni dei quali disponibili come prodotti da banco, dati abbastanza recenti
dicono che ogni anno in Italia se ne vendono circa 80 milioni di confezioni. Parliamo per esempio di
paracetamolo, acido acetilsalicilico, ibuprofene, diclofenac, indicati per alleviare dolori lievi o moderati come
mal di testa, di schiena, di denti e crampi mestruali. La tendenza sembra dunque essere quella di prendere
una compresI sa al minimo malessere, nella convinzione che, trattandosi di un farmaco senza ricetta medica,
non sia pericoloso e sia privo di effetti collaterali. «In realtà è un grosso sbaglio: questi farmaci sono sicuri,
ben tollerati ed efficaci solo se ci si attiene alle dosi e ai tempi consigliati dal medico o riportati sul foglietto
illustrativo» chiarisce la professoressa Barocelli. «Altrimenti possono trasformarsi in pericolosi boomerang per
la nostra salute. Un utilizzo cronico di antidolorifici, soprattutto negli anziani, può dare luogo a disturbi
gastrointestinali come gastrite e talvolta ulcera peptica. Il più tollerato è l'ibuprofene, mentre il ketorolac è
quello che può fare maggiori danni allo stomaco. È importante allora, oltre a non abusarne, assumerli a
stomaco pieno oppure associarli a farmaci che proteggono la mucosa gastrica o inibiscono la secrezione di
acido». Rischi per cuore e fegato Ma non è tutto. A dosi elevate e nel trattamento a lungo termine possono
comportare un aumento, seppur lieve, di eventi trombotici arteriosi, come ictus o infarto miocardico. Deve
quindi fare particolare attenzione chi è affetto da disturbi cardiovascolari o da scompenso cardiaco, così
come chi soffre di insufficienza renale, perché tali farmaci possono causare ritenzione idrica e peggiorare
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FAI LA COSA GIUSTA
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ulteriormente la funzionalità dei reni. «Un altro grande problema dell'uso improprio di antidolorifici è quello
della tossicità epatica. Il nimesulide, per esempio, è tra i più pericolosi in questo senso, se assunto per lunghi
periodi di tempo. Anche il paracetamolo, che è tra i meno irritanti a livello gastrico e viene ampiamente
utilizzato in ambito pediatrico, può portare a gravi danni al fegato in caso di sovradosaggio. Tanto che, in
seguito a numerose segnalazioni di casi di intossicazione nei bambini, l'Agenzia italiana del farmaco
raccomanda ai farmacisti di far presente ai cittadini la necessità di attenersi scrupolosamente alle dosi
riportate nel foglio illustrativo e di conservare il farmaco fuori dalla portata del bambino» conclude la
professoressa Barocelli.
Stefania Ferrari con la consulenza della professoressa Elisabetta Barocelli, vicedirettore del Dipartimento di
farmacia, ordinario di farmacologia e farmacoterapia e di farmacologia sperimentale e coordinatore Scuola di
specializzazione * in farmacia ospedaliere) dell'Uni versila di Parma. ^
Seguite questi' suggerimenti Le agenzie regolatorie sui farmaci come l'European medicine agency (Ema) e
l'americana Food and drug administration (Fda) hanno stilato una serie di raccomandazioni riguardo ai
medicinali analgesico-antinfiammatori. 1Utilizzarli per il trattamento dei sintomi, alla dose minima efficace e
per il periodo più breve possibile. 2 N o n assumerne più di uno alla volta. 3 I n caso di cura prolungata
considerarne periodicamente la reale necessità di assunzione. 4Impiegarli con cautela in età avanzata e in
caso di ulcera peptica, insufficienza renale, malattie ailergiche, difetti di coagulazione, ma anche durante la
gravidanza e l'allattamento.
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10 BUONI MOTIVI PER FARE SPORT
ITALIANI, POPOLO DI PIGRONI: CIRCA IL 40 PER CENTO NON PRATICA ALCUNA ATTIVITÀ FISICA,
ANCHE SE CI SONO DIVERSE RAGIONI PER DIRE BASTA ALLA SEDENTARIETÀ. ECCOLE
Gli italiani sono un popolo di sedentari, anche se lo sono un po' meno rispetto agli anni passati. Secondo i
dati Istat, infatti, dal 1997 al 2011 la propensione alla pratica sportiva è aumentata: siamo passati dal 26,8 per
cento al 32,1 per cento. Numeri comunque ancora piuttosto bassi. Nel 2011 ben il 39,8 per cento dei cittadini
non ha praticato alcun tipo di sport. Solo il 21,9 per cento vi si è dedicato in maniera continuativa e il 10,2 per
cento in modo saltuario. Eppure l'attività fisica fa benissimo al corpo e alla mente. Per almeno 10 ragioni.
Così TI vuoi PIÙ BENE All'attività fisica viene attribuito un importante ruolo educativo, a tutte le età. In primo
luogo perché ha un forte impatto positivo sulle abitudini di vita. Recenti ricerche hanno dimostrato che le
persone che si muovono con regolarità hanno stili di vita molto più sani delle altre: non fumano, raramente
bevono alcolici, non usano sostanze pericolose, prestano maggiore attenzione alla propria alimentazione.
Questo perché facendo sport si inizia a capire quanto il proprio corpo possa essere influenzato da certi
comportamenti. Lo sport, da questo punto di vista, spesso funziona come apripista, rendendo più consapevoli
e attente le persone. L'attività fisica insegna anche a essere più disciplinati e caparbi, oltre a trasmettere
valori importanti come il rispetto per se stessi e l'avversario, l'importanza della fatica e dell'impegno per
ottenere un risultato. Senza dimenticare che aiuta a conoscere meglio se stessi, i propri limiti e i propri punti
di forza. E anche per queste ragioni che è considerato Fondamentale nella vita di bambini e ragazzi. IL
CONSIGLIO Consigliati lo yoga, il pilates e il tai chi chuan, che aumentano la concentrazione e la
consapevolezza dei movimenti e del proprio corpo. Da praticare per un'ora almeno trequattro volte a
settimana. Per imparare la disciplina, il rispetto delle regole e dell'avversario sono perfetti anche gli sport di
squadra e le arti marziali. 2SEI PIÙ FORTE E TONICO II movimento agisce sull'apparato muscoloscheletrico, aumentando volume, tonicità e potenza dei muscoli, con un importante risvolto estetico, ma
anche funzionale. «Massa, forza e resistenza muscolare sono fattori correlati alla qualità di vita. Infatti, sono
indice di autonomia nei movimenti e di prevenzione delle cadute: più i gruppi muscolari sono allenati e forti e
più la persona è in grado di spostare bene il suo corpo nello spazio» ricorda l'esperto. Una massa muscolare
ben tonica è sinonimo poi di postura corretta, equilibrio spiccato e coordinazione affinata e anche di
articolazioni più protette. Infatti, se i muscoli sono tonici, possono contenere i capi articolari* e prevenirne i
traumi. Lo sport agisce anche sullo scheletro. Pure le ossa rispondono all'esercizio fisico irrobustendosi: le
sollecitazioni meccaniche che derivano dal movimento, in giovane età stimolano l'accrescimento osseo e il
fissaggio dei minerali nello scheletro; nelle successive fasi di vita contribuiscono ai processi di
rimodellamento osseo, ossia l'equilibrio fra riassorbimento e ricostruzione del tessuto osseo; processi che si
protraggono per tutta la vita. Per questo, uno dei capisaldi nella lotta alrosteoporosi* è proprio il movimento.
IL CONSIGLIO II pilates, la ginnastica a corpo libero o con piccoli pesi migliorano il controllo dei singoli
segmenti corporei e insegnano a calcolare e modulare la forza necessaria a ogni movimento. Vanno praticati
tre-quattro volte a settimana, per un'ora. 3MIGLIORI L'EQUILIBRIO METABOLICO L'attività fisica migliora
l'assetto lipidico, ossia la quantità e l'equilibrio fra i diversi tipi di grassi dell'organismo, agendo su più fronti.
Innanzitutto promuove la produzione della lipoproteinlipasi, un enzima che distrugge le lipoproteine a densità
molto bassa in cui sono contenuti e veicolati i trigliceridi*, abbassando il loro livello nel sangue. Inoltre,
diminuisce i valori di colesterolo Ldl*, quello cattivo, e innalza la quota di apolipoproteine, la componente del
colesterolo Hdl* o colesterolo buono, in grado di contrastare l'azione negativa di quello Ldl. Inoltre, il
movimento incrementa il consumo a scopo energetico dei grassi e ciò favorisce anche una riduzione del peso
corporeo. Infine, il movimento fisico ottimizza l'utilizzo degli zuccheri. Infatti, i muscoli impegnati nell'attività
hanno bisogno di una maggiore quantità di queste sostanze. Di conseguenza, il livello di zuccheri nel sangue
(glicemia) diminuisce e con esso anche il rischio di diabete, una malattia caratterizzata proprio da un
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aumento della glicemia oltre che da alterazioni del metabolismo. Lo sport in chi è già diabetico permette di
tenere meglio sotto controllo i valori della glicemia e soprattutto di contenere il dosaggio dei formaci. IL
CONSIGLIO Bicicletta, camminata, corsa o nuoto stimolano il sistema di produzione dell'energia, il comparto
ormonale, l'utilizzo del metabolismo e riequilibrano le componenti lipidiche. L'ideale è allenarsi a giorni alterni
per almeno 45 minuti. 4Ti ADDORMENTI MOLTO PIÙ FACILMENTE Lo sport effettuato prima di andare a
dormire eccita l'organismo e impedisce il relax. Se praticato durante la giornata, invece, è un alleato del
riposo, infatti, agisce riequilibrando gli elementi ormonali alla base dei meccanismi del sonno. Basti pensare
che favorisce la produzione degli ormoni che assecondano il rilassamento, come la serotonina. Inoltre, regola
l'orologio biologico e il ritmo sonno-veglia, concilia l'addormentamento e contrasta i risvegli notturni. IL
CONSIGLIO Sì allo yoga e allo stretching profondo, meglio se abbinati a una respirazione lenta e completa.
Si possono praticare anche ogni giorno, per una decina di minuti o più, prima di andare a letto. RALLENTI
L'INVECCHIAMENTO L'esercizio fisico rappresenta una delle principali armi della lotta ai radicali liberi,
molecole che si formano nell'organismo come risultato dei processi di ossidazione, cioè della combinazione
dell'ossigeno con gli zuccheri, i grassi e le proteine presenti nelle cellule e nei tessuti. Entro certi limiti, sono
indispensabili come barriera di protezione dall'invasione di microrganismi nocivi. Quando però il loro livello va
oltre una certa soglia possono alterare il Dna di cellule e tessuti, sono responsabili dell'invecchiamento
precoce della pelle e dello sfibramento dei capelli e possono favorire la comparsa ai varie malattie, come
aterosclerosi, diabete, disturbi cardiocircolatori, obesità. Ebbene, il movimento riduce il numero dei radicali
liberi e incrementa quello dei mitocondri, le parti della cellula che utilizzano l'ossigeno inspirato per
contrastare proprio l'azione dei radicali liberi. Non solo. In linea generale, lo sport contribuisce a mantenere
giovani ed efficienti tutti i sistemi. IL CONSIGLIO Ok a nuoto, trekking, corsa, camminata, bicicletta, yoga o
pilates poiché coinvolgono l'intero corpo e influiscono sui meccanismi ossidativi. L'importante è allenarsi per
almeno 45 minuti a giorni alterni.
PRESERVI LE DIFESE NATURALI II movimento migliora l'efficienza del sistema di difesa naturale
dell'organismo, aumentando l'efficacia dei globuli bianchi e stimolando la produzione dei linfociti T. I globuli
bianchi sono le cellule del sangue coinvolte nella risposta immunitaria, che contribuiscono a combattere virus,
batteri e altri microrganismi. I linfociti T sono un sottogruppo dei globuli bianchi, con funzioni di controllo e di
difesa. «L'esercizio fisico combatte gli stati infiammatori, quindi, a lungo termine, può proteggere dallo
sviluppo delle malattie croniche più comuni, che hanno proprio una componente infiammatoria, come le
malattie cardiovascolari, la demenza e anche i tumori, soprattutto del colon e della mammella. In quest'ultimo
caso scattano dei meccanismi complessi, che avvengono a livello molecolare» spiega l'esperto.
IL CONSIGLIO L'ideale è praticare l'attività aerobica a giorni alterni, per almeno 45 minuti da abbinare a
esercizi a corpo libero con torsioni del busto che stimolano l'attività del fegato e, dunque, l'espulsione di
sostanze tossiche con un effetto antinfiammatorio. IL CONSIGLIO LA FERTILITÀ E IL DESIDERIO
SESSUALE bito sessuologico hanno evidenziato che il movimento contribuisce a diminuire l'infertilità in
entrambi i sessi, perché partecipa al riassetto della componente ormonale, essenziale per il concepimento,
migliora la salute dell'apparato genitale e delle cellule riproduttrici e aiuta a mantenere sotto controllo il peso
corporeo. «Il sovrappeso infatti pregiudica la fertilità: nell'uomo può innalzare la temperatura dei testicoli,
danneggiando gli spermatozoi e ostacolandone la produzione. Nella donna, invece, è associato a un maggior
rischio di disturbi della fertilità, come l'ovaio policistico*» specifica il dottor Simonetto. L'esercizio fisico
aumenta in entrambi i sessi la produzione di testosterone, che è il principale ormone deputato alla
stimolazione e al mantenimento del desiderio sessuale. Inoltre, migliora l'immagine che si ha di sé, rendendo
i rapporti più appaganti: questo perché spesso l'eccitazione e l'appagamento vanno di pari passo con
l'accettazione di sé e del proprio corpo. La produzione di testosterone aumenta durante le attività sportive che
richiedono un lavoro sulla forza muscolare. Sì, dunque, a camminate in montagna, a sedute con piccoli pesi
in palestra, a esercizi con gli elastici e alla corsa, da praticare a giorni alterni per circa un'ora. Alle donne è
consigliato anche lo yoga (un'ora tre volte alla settimana), perché migliora la percezione del corpo, anche
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dell'area e della muscolatura genitale.
8Ti GODI DI PIÙ LA VITA Fare esercizio fisico significa anche stare meglio con se stessi e gli altri. Le ragioni
sono numerose. Innanzitutto, il movimento è uno degli antidoti più potenti al cattivo umore. Quando ci si
muove, infatti, aumenta la produzione delle endorfine, gli ormoni che regolano lo stato d'animo e accrescono
il senso di benessere, diminuendo anche i livelli di stress. Non solo. Dedicarsi a un'attività fisica spinge a
uscire di casa, a conoscere nuova gente, a relazionarsi con gli altri, e aiuta ad avere una vita sociale più ricca
e attiva. In questo modo, inoltre, la persona ha l'opportunità di mettersi in gioco, di lottare per un obiettivo, di
imparare a competere. Apprende così lo spirito di sacrificio, ma anche la voglia di farcela, tutti sentimenti che
possono essere utili pure nella vita di tutti i giorni: raggiungere obiettivi, seppur piccoli, come una vasca o una
serie di esercizi in più, aiuta a sentirsi più fiduciosi nelle proprie possibilità di raggiungere delle mete. Questo
si traduce in un aumento aell'autostima e della sicurezza in se stessi in tutti gli ambiti. Senza dimenticare che
muovendosi si modella il fisico e si contrasta l'accumulo di peso. Di conseguenza, ci si piace di più e ci si
sente meglio.
IL CONSIGLIO È fondamentale praticare un'attività che piaccia e dia gratificazione, e se è possibile è meglio
praticarla all'aria aperta. Può essere il ballo liscio, il pattinaggio, la canoa o lo sci o possono essere anche più
sport. L'importante è farli almeno tre volte a settimana per un'oretta. 91 PROTEGGI IL TUO CUORE '
L'attività fisica protegge tutto l'apparato cardiovascolare. «A livello centrale, assistiamo a un aumento della
capacità contrattile del cuore, perché con l'esercizio ogni contrazione diventa più efficace. Di conseguenza,
sono necessarie meno contrazioni per garantire il necessario apporto di sangue ai vari distretti corporei. Il
muscolo cardiaco, insomma, migliora la sua efficienza facendo meno sforzo» assicura l'esperto. A livello
periferico, il movimento promuove la capillarizzazione, dunque accresce il lume dei capillari, che così sono in
grado di trasportare maggiori quantità di sangue e ossigeno a organi e tessuti, con tante conseguenze
positive, per esempio: un apparato digerente più efficiente e veloce, genitali più irrorati e dunque più vitali,
muscoli più scattanti. Questo effetto comporta anche un abbassamento della pressione sanguigna, perché se
i vasi si aprono il sangue incontra meno resistenza e scorre con maggiore facilità. IL CONSIGLIO L'attività
migliore per allenare il sistema cardiovascolare è quella aerobica, da effettuare almeno 45 minuti, un giorno sì
e uno no. Consigliati quindi nuoto, corsa, bicicletta e camminate a passo svelto.
RESPIRI MEGLIO L'attività fisica migliora l'estensione del letto degli alveoli, le piccole sacche situate al
termine dei bronchioli (le diramazioni più sottili dei bronchi), nelle quali avvengono gli scambi tra ossigeno e
anidride carbonica. In altre parole, accresce l'eliminazione delle sostanze di scarto e, di contro,
l'assorbimento dell'ossigeno. «Facendo movimento, inoltre, si tiene in allenamento l'intero apparato
respiratorio: i muscoli respiratori diventano più efficienti, si affaticano meno anche a riposo, lavorano con un
minor dispendio energetico e senza coinvolgere gruppi muscolari non necessari all'atto respiratorio» spiega il
dottar Luigi Simonetto. Avere un sistema respiratorio efficiente comporta anche una migliore ossigenazione di
organi e tessuti, dunque, un cervello più lucido, un intestino più disteso, cartilagini più lubrificate, maggiore
vitalità.
IL CONSIGLIO Per allenare il sistema cardiorespiratorio è perfetta l'attività aerobica. Vanno bene il nuoto, la
camminata, la corsa o la bicicletta per almeno 45 minuti un giorno sì e uno no. p Silvia Finazzi (Si ringrazia
Viviana Ghizzardi, personal trainer e team manager a Milano) PAOLO CONTICINI, CRISTINA RICCI LO
SPECIALISTA J dottor Luigi Simonetto è direttore del Centro di medicina dell'esercizio fisico e dello sport
dell'Ospedale San Raffaele di Milano. È presidente della Commissione tutela della salute della Federazione
ciclistica italiana ed è componente della Commissione ministeriale per la vigilanza e il controllo sul doping e I
per la tutela della salute nelle attività sportive. PAOLO CONTICINI Claudio Cannone «Un'ora al giorno è
basilare per me e non ne faccio una questione estetica, ma di benessere psicofisico» SEI U N O SPORTIVO
DA SEMPRE, QUAL È LA TUA ATTIVITÀ PREFERITA? «Ho iniziato con il ciclismo ad appena sei anni. Poi,
crescendo, ho capito che lo sport che faceva per me era il calcio. Mi è sempre piaciuto il gioco di squadra e in
oratorio mi divertivo tantissimo. Così sono arrivato fino alle giovanili del Pisa che in quegli anni militava in
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serie A, ma verso i 18 anni quando i calciatori devono fare il salto, mi cedettero all'Olbia, una società in CI.
Forse non ero troppo di moda ai tempi, mentre oggi al calciatore si perdonano i colpi di testa, le feste, le
donne...». QUALE SPORT PRATICHI OGGI? «Adesso, a causa del lavoro che mi porta via tanto tempo,
faccio sport più accessibili di quelli agonistici, quindi mi dedico agli attrezzi in palestra, al tennis, alla corsa, al
calcio. Mi alleno 5-6 volte alla settimana per circa un'ora e per me è imprescindibile, perché mi aiuta a
mantenermi in forma. Ma non ne faccio solo un discorso estetico Lo sport mi fa bene soprattutto a livello
psicologico, perché mi ossigena il cervello e mi spazza via il cattivo umore. Per non parlare del fiato. Sarà
banale ma non faccio alcuna fatica a salire quattro piani di scale. E poi ho notato che quando qualche rara
volta non riesco a fare la mia oretta di sport, dormo male, ho il sonno agitato». Ti ALLENI DI SERA?
«Dipende. Mi capita di allenarmi anche la sera, ma se prepari una gara o un torneo può capitare che ti
rimanga parecchia adrenalina in corpo che poi ti impedisce di prendere sonno. Ma se dopo il lavoro fai un
allenamento tranquillo, lo sport ti lava via le tensioni e tutto lo stress della giornata e diventa un antidoto
perfetto contro l'insonnia». QUALI CONSIGLI PUOI DARE AL PIGRI DELLA PALESTRA? «Anni fa avevo
una palestra e facevo l'istruttore. Consigliavo sempre di stringere i denti le prime settimane perché poi
subentrano due elementi importantissimi: la sensazione di benessere data dalle endorfine e i risultati estetici
perché i muscoli reagiscono subito tonificandosi. Ma c'è un altro consiglio fondamentale che vorrei dare».
QUAL È? «L'attività fisica di ogni giorno va sempre abbinata a un'alimentazione sana. Non na senso fissarsi
soltanto sul numero delle calorie, ma è importante puntare alla qualità del carburante che forniamo al nostro
organismo, che deve essere fatto di carboidrati, proteine nobili del pesce e della carne bianca, tanta verdura
e frutta e pochi condimenti e soprattutto leggeri».
ATTORE E SPORTIVO È in pieno fermento la vita professionale di Paolo Conticini. Dopo il successo di "Tale
e quale", il varietà di Rai uno, l'attore pisano sarà ancora in prima serata, questa volta su Canale 5 nella
fiction "Come un delfino 2" assieme a Raoul Bova. Sarà poi la volta di "Un medico in famiglia 8", la nota serie
di Rai uno. Inoltre ha appena concluso le riprese di "Provaci ancora prof 5" che lo vedrà protagonista assieme
a Veronica Pivetti ancora sull'ammiraglia Rai.
Quando diventa una cura
L'attività fisica può diventare un vero e proprio strumento di guarigione. «Oggi l'esercizio fisico strutturato e
personalizzato è utilizzato per rafforzare i tradizionali proto- colli terapeutici in molte aree, da quella
cardiovascolare a quella metabolica, da quella oncologica a quella ostetrico-ginecologica» conferma il dottor
Luigi Simo- netto. Si pensi all'allenamento cardiovascolare nelle persone infartuate, al recupero funzionale
dopo un intervento chirurgico, alla riabilitazione del pavimento pelvico dopo il parto. Naturalmente, queste
situazioni richiedono un lavoro di équipe, in cui diversi specialisti collaborano per stabilire l'allenamento fisico
più adeguato.
FA BENE A O G N I ETÀ Lo sport è sempre indicato. Innanzitutto ai bambini, perché sviluppa in modo
armonioso il corpo, favorisce la socializzazione, costruisce l'identità, regala determinazione e coraggio, educa
al rispetto. Nelle donne in gravidanza tiene sotto controllo il peso, promuove l'ossigenazione e il nutrimento
del feto e riduce il rischio di diabete e ipertensione. Attenua anche i sintomi della menopausa, come umore
basso, vampate di calore, indebolimento di ossa e muscoli. L'attività fisica infine è alleata anche della terza
età, perché rallenta i processi di invecchiamento, previene l'impoverimento di ossa e muscoli, protegge le
articolazioni, migliora postura ed equilibrio, combatte i dolori, aiuta a sentirsi meno soli.
L'ATTIVITÀ FISICA IDEALE Non esiste una disciplina sportiva perfetta che alleni allo stesso tempo, in
modalità ottimale, apparato cardiorespiratorio, muscoli e strutture articolari. Per questo, è necessario
abbinare varie tipologie di esercizi diversi tra loro. Sono attività aerobiche la camminata a passo sostenuto, la
corsa leggera, la bicicletta, il nuoto, il trekking. Per allenare la forza resistente non è necessario utilizzare
pesi: l'ideale è seguire un programma di tonificazione, basato su esercizi mirati, messo a punto da un esperto
sulla base della singola situazione. Anche per sviluppare la flessibilità occorre eseguire movimenti specifici.
Per quanto riguarda frequenza e durata bisognerebbe praticare attività aerobica almeno 45 minuti per cinque-
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sei volte a settimana, abbinata a due-tre sedute di lavoro sulla forza resistente e a due-tre sedute di lavoro
sulla flessibilità. Queste due ultime tipologie dì lavoro possono essere accorpate. Naturalmente il lavoro sulla
flessibilità dovrebbe essere intensificato se la persona è piuttosto limitata nei movimenti.
ABCDizionario COLESTEROLO HDL: lipoproteine ad alta densità, che rappresentano il cosiddetto
"colesterolo buono". Trasportano il colesterolo Ldl in eccesso dai vari organi e tessuti al fegato, dove viene
eliminato. COLESTEROLO LDL: lipoproteine a bassa densità, che rappresentano il colesterolo "cattivo". Se è
in eccesso, forma ispessimenti e placche nelle pareti dei vasi arteriosi, che ostacolano la circolazione
sanguigna. CAPI ARTICOLARI: parti delle ossa incluse nella cavità articolare. OSTEOPOROSI: riduzione
della massa ossea con rischio fratture. OVAIO POLICISTICO: aumento di volume delle ovaie accompagnato
da tante piccole cisti (piccole cavità piene di liquido). TRIGLICERIDI: tipo di grassi presenti nel sangue, che
provengono soprattutto dalla dieta e solo in piccola parte sono prodotti dall'organismo, in particolare dal
fegato.
Foto: RICCI L'attrice 33enne è un'appassionata di pilates. RUSSELL C R O W E Sulle due ruote l'attore
australiano quasi 49enne è perfettamente a suo agio. Evviva il caschetto!
Foto: MIRANDA KERR Lo yoga è la disciplina preferita della modella australiana (30 anni). KATIE PRICE
Classe 1978, la modella malese non rinuncia allo stretching dopo l'allenamento.
Foto: HEIDI KLUM Lo sport preferito dalla modella tedesca naturalizzata statunitense (39 anni) è il
pattinaggio. M A R C I A CROSS Piccoli pesi aiutano l'attrice statunitense j j t ó l e n n e a mantenere * tonici i
muscoli.
Foto: ALBERTO DI M O N A C O Classe 1958, i! principe preferisce il mare aperto alla piscina. GWYNETH
PALTROW •Fisico statuario per la 40enne attrice americana. Merito del running al parco.