a cura di Dacia Maraini

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a cura di Dacia Maraini
PRESENTAZIONE DELL’OPERA
Le grandi madri della scrittura
di Dacia Maraini
Le donne leggono. Hanno sempre letto molto. Ci sono
grandi e piccoli quadri che le ritraggono mentre tengono
in mano un libro sdraiate su un divano o sedute su sedie
imbottite, o distese su un prato, immerse nella lettura. Il
pittore sembra osservare con occhi un poco invidiosi la
capacità di concentrazione della sua modella che, quando
legge, dimentica ogni cosa.
Eppure in quel leggere silenzioso e segreto c’è un’intenzione nascosta che ha spaventato gli educatori e i
controllori dei costumi di tutti i tempi. Da ricordare che
Flaubert fu denunciato per avere scritto un libro pericoloso basato sull’adulterio (sto parlando di Madame Bovary)
che, dovendo finire nelle mani delle «signorine da marito», avrebbe provocato danni «irreparabili». Evidentemente le signorine da marito dell’Ottocento erano avide
di libri e quando affondavano il naso in un romanzo non
mostravano molta voglia di uscirne.
Qualcuno potrebbe dire che era un modo di viaggiare
nel tempo e nello spazio, per una immaginazione femminile spesso costretta in stanze piccole e anguste, impedita
ai viaggi e a qualsiasi avventura che non fosse casalinga.
Forse era questo. Ma voglio pensare che ci sia qualcos’al5
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tro che spinge le donne – ancora oggi in maggioranza
lettrici di romanzi – a innamorarsi così palesemente delle
narrazioni su carta. Prima di tutto il mistero del passaggio
del tempo. Perché corre tanto? Dove va? Da dove viene?
Cosa provoca e cosa significa? Cosa conserva e cosa perde? Pensieri di chi è abituato storicamente a fare i conti
con il proprio corpo che si trasforma, osservato con sorpresa, inquietudine e a volte sincera paura. Pensieri di chi
cerca, come gli antichi prigionieri, di uscire da quella segreta, se non contando sulle proprie gambe, per lo meno
sulla propria immaginazione e sui propri sensi profondi.
Per chi sta ferma dietro una finestra (vi ricordate Emily
Dickinson che non uscì mai dalla sua casa e non ebbe mai
modo di pubblicare una sua poesia mentre era ancora in
vita? E di Isabella Morra che, relegata nel castello di Valsinni, passava le giornate sulla torre a scrutare l’orizzonte
per vedere se arrivasse qualcuno – il padre che glielo aveva promesso – a liberarla da quella prigionia?) il passare
del tempo si presenta come un arcano incomprensibile.
Il mistero della metamorfosi e del passaggio del tempo
tenevano gli occhi delle lettrici aggrappati ai libri. Sprofondate nelle storie altrui, vivevano vicariamente destini
lontani, vicende straniere. E i fantasmi di quelle storie colorivano di sé le piccole azioni quotidiane ripetute mille
volte, i doveri che fissavano la giornata delle donne alla
cucina, alla stanza da letto, al tinello. Un senso di eternità
che si accompagnava alla reiterata quotidianità, che per la
lettrice appassionata era segregazione e fonte di ispirazione, luogo di tortura e, appunto, finestra da cui osservava
il mondo.
Una donna che legge non fa paura. Ha gli occhi su una
pagina scritta e sembra che dorma. Lo scintillio delle sue
pupille – Ortega y Gasset scrive che si esce da un libro
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con le pupille dilatate – non è visibile. Eppure c’è. E può
inquietare chi diffida e vede nel silenzio femminile un segno di pericolo. Qualcosa che cova e potrebbe provocare esplosioni impreviste. Non a caso i libri erano proibiti
perfino dai medici per le giovinette che si preparavano a
diventare madri.
«Le donne non dovrebbero essere illuminate o educate
in nessun modo. Dovrebbero, in realtà, essere segregate
poiché sono loro la causa di orrende ed involontarie eccitazioni di uomini santi» scrive sant’Agostino, il coraggioso ed esposto sant’Agostino, che pure ha creduto nelle
parole scritte, ha raccontato di sé in modo sincero e palese. Chissà se ha pensato che anche le sue parole potevano
provocare qualche pensiero non pudico nel cervello di
una lettrice. Ma è probabile che ritenesse le donne escluse
dalla lettura delle sue Confessioni. Era una roba da uomini e basta. Eppure Agostino aveva una madre colta e una
sorella che scriveva. Ma le parole di Cristo, che con la loro
forza democratica avevano infiammato prima di tutto le
donne e gli schiavi, si sono nel tempo pietrificate in quella
sincera e prepotente preoccupazione di controllo che anima tutti i Padri della Chiesa.
Non fu da meno san Tommaso, il severo e prestigioso
censore che tanto si preoccupava perché tutti osservassero la gerarchia fra i sessi: «La donna trascina in basso
l’anima dell’uomo che tende a una sublime altezza, portando il suo corpo in una schiavitù più amara di qualsiasi
altra» scrive nella Summa Teologica, e c’è da inquietarsi
pensando a quanta parte ha avuto nella educazione delle
ragazze il suo pensiero paterno.
Ma se proprio vogliono leggere – diranno qualche secolo dopo alcuni padri di famiglia, preoccupati dall’inazione delle loro «bambine» intente a sbirciare di nascosto
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fra le finestre socchiuse, su una strada da cui arrivano
riprovevoli richiami d’amore –, che leggano pure! Questo pensavano i commercianti e i borghesi liberali: che le
nostre mogli e le nostre figlie, se stando chiuse a casa non
trovano di meglio da fare, caccino il naso nei libri! Ma
decidiamo noi quello che va posto nelle loro mani fragili
e delicate. Pagine che non possano corromperle, che non
possano comunicare loro pensieri di autonomia e sogni di
libertà. Dante coglie con grande acutezza il pericolo del
«libro galeotto» che unisce due bocche, due braccia, due
pensieri. Per questo le biblioteche, quando c’erano, avevano reparti separati: i libri per le giovinette ben esposti ad
altezza di occhi e i libri proibiti messi così in alto che era
impossibile raggiungerli senza una scala.
Anch’io, per tanti anni, mi sono nutrita dei grandi
romanzi dei padri. Un giorno però mi sono chiesta: ma
dove sono le madri? I padri li ho qui intorno a me, mi
hanno tenuto compagnia, mi hanno affascinata e innamorata, mi hanno incantata e deliziata. A quindici anni
avevo letto tutto Conrad – il mio preferito di sempre –,
tutto Henry James, tutto Proust, tutto Dostoevskij, tutto
Verga, tutto Pirandello, tutto Faulkner, tutto Beckett – a
cui per anni ho voluto assomigliare con tutta me stessa.
Ero una ragazzina portata alla lettura e alla meditazione.
Ho rinunciato a infiniti balli, feste, gite per leggere. A
volte cercavo di mediare i due piaceri. Mi portavo il libro
in barca e leggevo sotto il sole senza accorgermi del bruciore dei raggi. Mi ritrovavo tardi nel pomeriggio con le
piaghe sulle spalle, un gran mal di testa e la nausea che
pulsava in gola. Ma non per questo ho rinunciato. Ho
perfino provato a portare un libro nella giacca a vento
quando andavo a sciare. Leggevo durante le attese allo
skilift. O mentre gli altri si sorbivano una cioccolata
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calda chiacchierando del più e del meno, mi sedevo in
disparte su un gradino di legno e tiravo fuori dalla tasca il libricino di turno. Portavo con me libri di tutte le
dimensioni: da saccoccia, da zaino, da borsa, da tasca,
perfino da taschino. Quando si ama appassionatamente
la lettura, il tempo lo si trova, a costo di mangiarsi le ore
di sonno, di lesinarle al gioco, all’amore, al cinema.
Ma ecco, a un certo punto mi sono domandata se fosse
normale che fra tutti questi amati padri non ci fosse una
madre. Le biblioteche non le proponevano, le grandi panoramiche critiche non le offrivano alla nostra riflessione. Quei pochi nomi femminili che rimbalzavano qualche volta nei discorsi più dotti erano fatti con una certa
condiscendenza, come di fenomeni innaturali, un che di
strano e di imprevisto da riporre fra le cose abbandonate
nei ripostigli polverosi della memoria collettiva.
Ci ho messo anni per scoprire che le madri c’erano eccome. Ed erano non meno brave, coraggiose, profonde,
originali dei padri. Ma i loro nomi scivolavano nelle pieghe della storia letteraria come qualcosa di riprovevole e
un poco stonato. Ho scoperto gli scritti delle mistiche:
Il libro delle esperienze di Angela da Foligno, I dolori
mentali di Cristo di Camilla Battista Varano, I dialoghi di
Domenica del Paradiso. Scrittrici spesso scandalose nei
loro sensuali racconti del corpo di Cristo da baciare e carezzare. Ho scoperto gli scritti delle cortigiane: Veronica
Franco, Tullia d’Aragona, Gaspara Stampa, coraggiose e
battagliere difenditrici della propria libertà. Ho scoperto
i libri rabbiosi delle monache ribelli: L’inferno monacale
di Arcangela Tarabotti, I misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo. Per non parlare delle straniere:
La storia del principe Genji di Musaraki Shikibu, autrice
dell’anno Mille, uno dei piu bei romanzi orientali mai
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scritti, Le opere di Ildegarda di Bingen, i testi teatrali di
Roswitha di Gandersheim. L’autobiografia di suor Juana
Inés de la Cruz. E, ancora, che dire delle grandi scrittrici
francesi come Madame de Lafayette o Madame de Staël?
O delle romanziere dell’Ottocento come Jane Austen, le
sorelle Brönte, come George Eliot, come Mary Shelley,
l’inventrice dell’horror? O, infine, di Katherine Mansfield, la grande novellatrice?
Questa collana ci dà l’occasione di far conoscere, a chi
non li ha mai letti, i testi più popolari e felici delle grandi
scrittrici del passato, e di invitare chi li conosceva già a
rileggerli per scoprirne la modernità e la profondità.
È stato difficile limitare la scelta. All’inizio, infatti, il
mio elenco era molto lungo. Ma per ragioni editoriali ho
dovuto tagliare e tagliare, fino ad arrivare al numero di
ventidue. Spero in futuro di potere allungare la lista e
proporre ai lettori, ma soprattutto alle lettrici che ancora
oggi sono in maggioranza, queste madri letterarie che
rappresentano un grande esempio da seguire per chi voglia scrivere, e un grande piacere per chi voglia godersi
un libro ben pensato e ben raccontato.
DACIA MARAINI è autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie, narrazioni autobiografiche e saggi, editi da Rizzoli e tradotti in
ventiquattro paesi. Nel 1990 ha vinto il premio Campiello con La
lunga vita di Marianna Ucrìa, nel 1999 il premio Strega con Buio,
nel 2012 il premio Campiello alla carriera. Collabora con il «Corriere della Sera». Tra i suoi romanzi, disponibili nel catalogo BUR,
ricordiamo Il treno dell’ultima notte, La seduzione dell’altrove e La
grande festa. Nel 2011 è stata finalista al prestigioso Man Booker
International Prize. I suoi ultimi libri sono L’amore rubato (Rizzoli
2012) e Gita a Viareggio (Fahrenheit 451 2013).
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