Arte e Pubblicita - Albedoimagination

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Arte e Pubblicita - Albedoimagination
PUBBLICITA’ E ARTI FIGURATIVE
Pier Pietro Brunelli
Arti figurative in Pubblicità
Le arti figurative in pubblicità costituiscono il fattore espressivo determinante per
concretizzare visivamente una qualunque ‘idea di comunicazione’. Infatti il
successo di una buona ‘idea’ di campagna pubblicitaria, di packaging, o anche di
immagine del punto vendita dipende in gran parte dalla sua qualità in termini
estetico-comunicativi, e quindi dalla capacità di impiegare tecniche artistiche
coerentemente con gli obiettivi di comunicazione. Le figure professionali che si
occupano direttamente delle arti figurative in pubblicità sono innanzitutto gli art
director e i graphic designers, i quali si servono del contributo di fotografi,
illustratori, esperti di tecniche digitali, e degli stessi tipografi. Tuttavia, poiché le
strategie creative della comunicazione visiva sono di primaria importanza,
possiamo dire che tutto l’apparato pubblicitario e del marketing è coinvolto più o
meno direttamente negli orientamenti e nelle scelte progettuali riguardanti
l’impiego delle arti figurative.
Le arti figurative in pubblicità vengono espresse sopratutto attraverso la
progettazione grafica della comunicazione visiva. Questione artistico-progettuale
cruciale è la creazione di segni alfabetici (lettering e logotipi) e di iconemonogrammi aventi funzioni di marchio (vedi Anceschi, 1988; Frutiger, 1996). Il
progetto grafico comprende anche la cura di fattori relativi all’Immagine
coordinata (Corporate image) di un’azienda o di un Istituzione, cioè di tutti i tratti
distintivi visivi (colori, scritture, segni ornamentali, interfacce, marchi istituzionali
e marchi prodotto) che caratterizzano l’immagine aziendale in ogni momento e in
ogni luogo; l’Immagine coordinata deve altresì contenere tutte le indicazioni
applicative e di formato relativamente a stampati commerciali e di rappresentanza
– insegne e segnaletica - caratterizzazione trasporti, oggettistica, abbigliamento,
merchandising – pubblicazioni di annunci stampa o attraverso altri media).
Sempre più in crescita è la necessità di produrre immagini adattabili al
movimento, come sigle e animazioni (vedi ad es. Götz, 1999), e molto spesso
aventi funzioni interattive, come nel caso della pubblicità in internet e nella
televisione digitale terrestre (vedi Curran, 2002; Brunelli, 2005).
Se l’Immagine coordinata è destinata a permanere nel tempo (nonostante vada
sottoposta a necessarie revisioni e restyling) vi sono elementi figurativi, come
illustrazioni e fotografie che mutano ad ogni campagna pubblicitaria. Ciò
comporta una continua ricerca ideativa ed estetica di cui ha cura soprattutto l’Art
director e che coinvolge specifiche tecniche e professionalità. Negli ultimi anni le
tecnologie digitali hanno rivoluzionato i procedimenti creativi consentendo uno
straordinaria rapidità nella creazione e nella elaborazione delle immagini.
Nell’antica Grecia la parola arte (tékne) designava una attività tecnico-creativa ed
in tal senso anche la pubblicità è un’arte. Inoltre, dobbiamo considerare che la
pubblicità esprime fenomeni di innovazione creativa, che sono rilevanti anche in
campo propriamente artistico. Per cui la comunicazione visiva pubblicitaria può
essere indagata in una prospettiva di critica d’arte. A tale riguardo Gillo Dorfles
scrive:
L’ipotesi – di derivazione crociano-idealista – d’un’arte purissima, destinata a non sporcarsi mai le
mani con nessun problema di carattere tecnico, scientifico, e tanto meno commerciale o industriale,
ha fatto sì che - soprattutto in Italia – sino a non molto tempo addietro, si considerasse anartistica e
riprovevole qualsiasi operazione creativa che avesse addentellati col mondo degli affari e , in
genere, con attività pratiche e di carattere economico. Anche la pubblicità – ancor ai suoi primi
balbettii all’inizio del secolo – era guardata di mal’occhio dai fautori di un’ “arte per l’arte”; sicché
molti decenni furono necessari perché si rivalutassero a pieno le opere di alcune grandi personalità
pittoriche che avevano dato un decisivo contributo alla realizzazione dei primi manifesti e
cartelloni pubblicitari (Dorfles, 1985: 37).
Le Arti
figurative
costituiscono
un’espressione
fondamentale
della
comunicazione
pubblicitaria
La pubblicità è
considerabile
un’arte
1
Dunque è ingenuo pensare che opere d’arte realizzate con finalità
pubblicitarie o propagandistiche siano per questa ragione meno ‘artistiche’
di molte opere del passato realizzate a favore di committenze religiose o
politiche. L’artista pubblicitario esprime un suo particolare gradiente di
‘sincerità creativa’ proprio perché l’intenzionalità della committenza è
esplicitata ed è palese a tutti.
I processi creativi in pubblicità si sviluppano nel ‘working team’
all’interno di un’agenzia pubblicitaria, ma anche grazie a risorse ad essa
congiunte: l’azienda committente con le sue specifiche competenze – gli
apparati tecnologico-professionali per la realizzazione dell’immagine – e
infine lo stesso pubblico di consumatori, il quale ha funzioni propulsive
della creatività in termini di orientamento del gusto. In tal senso, in un
recente libro sulla storia dell’affiche, del quale sono stato autore insieme a
Mauro Ferraresi (Brunelli, Ferraresi: 2003), si sostiene che la creatività
pubblicitaria, sebbene contenga il ‘gene creativo’ di singoli autori, deve
essere considerata come una pratica di ‘coautoraggio’.
Quando la pubblicità ispira l’arte
Le tecnologie per l’immagine si sono evolute e diffuse soprattutto
nell’ambito della creatività pubblicitaria. Si pensi all’invenzione della
cromolitografia, a fine ‘800 (vedi Porzio,1982), impiegata soprattutto per
la stampa a colori di manifesti pubblicitari, spesso firmati da celebri pittorilitografi come Chéret, Mucha, Bonnard, Toulouse-Lautrec. La
riproducibilità di grandi immagini pubblicitarie a colori ha fornito
un’importante spinta alla storia delle arti. W. Benjamin osservò come la
riproducibilità fosse un carattere essenziale dell’opera d’arte nel XX secolo
(Benjamin,1934-35). Nell’era della tecnica e della comunicazione i
messaggi pubblicitari sono portatori di importanti innovazioni nel campo
delle arti figurative. Scrive G. Dorfles:
In pubblicità è
essenziale la
creatività
artistica di
gruppo
L’importanza del fattore tecnico nel determinare non solo l’avvento di nuove forme
artistiche, ma l’evoluzione d’un particolare gusto, è ormai, credo, accettato da tutti. E’
lontano il tempo in cui l’estetica idealista poneva la nota distinzione tra ‘tecnica esterna’ e
‘tecnica interna’ e svalutava il rapporto della tecnica con l’arte a tutto vantaggio d’un
ipotetico momento intuitivo della stessa (1970: 108).
Dunque l’artista-pubblicitario non è solo un creativo introverso ispirato
dalle sue musa interiori (tecnica interna), ma è anche un esperto
conoscitore di tecniche e di metodologie, un progettista capace di generare
soluzioni di comunicazione visiva, inoltre è anche un conoscitore dei gusti
e delle tendenze estetiche afferenti a diverse tipologie di pubblico (vedi
l’insegnamento di Behrens, 1910). In tal senso un buon Art Director
pubblicitario è anche un buon artista, la cui particolare capacità sta nel
lavorare in gruppo e nel percepire la ‘creatività socialmente diffusa’ nei
gusti e nelle tendenze espresse dal pubblico.
Si è soliti a considerare la pubblicità come una sorta di parassita della
creatività artistica – che ‘ruba’ le idee, le forme, i concetti alle arti –
tuttavia vi sono molti fenomeni creativi dai quali risulta che è la pubblicità
ad aver ispirato l’arte. Così, Renato Barilli osserva come sin dal primo
‘900, con il diffondersi della pubblicità i “[…] prodotti fin lì reputati
‘minori’ dell’affiche, del cartellone pubblicitario assumano un ruolo-guida,
conducano il gioco, obbligando i cultori dei generi più reputati e titolati a
seguirli per quella strada” (1990:54).
Le tecnologie
per l’immagine
impiegate in
pubblicità
hanno fatto
evolvere la
creatività
artistica
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Sotto il profilo illustrativo, pittorico e fotografico l’evoluzione del
manifesto pubblicitario incentiva tutta una serie di nuove tendenze e
tecniche creative. Si pensi ad esempio al fotomontage che, insieme al
collage costituisce una delle più innovative tecniche del ‘900 (impiegata da
artisti come Max Ernst, Hausmann, Heartfield, Grosz, Höch, ed in modo
assai diffuso dalle avanguardie dadaiste e da quelle del costruttivismo
russo – vedi sulle tecniche artistico-pubblicitarie costruttiviste: Anikst e
Černevič, 1987). In Germania la campagna di lancio per il flacone di
collutorio Odol - dal 1893 sino al 1911 - basata su collages e fotomontaggi,
anticipò i primi collages dadaisti. In generale le arti grafiche in pubblicità
si basano fortemente su tecniche collagistiche dal momento che immagini,
testi, simboli, marchi ed elementi decorativi presuppongono operazioni di
‘taglia e incolla’, di sovrapposizione e integrazione (si tratta di
procedimenti assai evidenti anche nella ‘computer grafica’ ).
Un altro fattore artisticamente innovativo, tipico della pubblicità, è dato
dalla ricerca estetica in termini di linguaggio verbo-visivo, per cui la
scrittura diviene figurazione, o si integra in essa. Un grande merito va in tal
senso all’opera del russo El Lisitskij e alle ricerche sulla ‘tipografia
creativa’ di J. Tschilchold . La pubblicità elabora il linguaggio verbovisivo in termini di struttura, funzione, tecnica tipografica, studio dello
spazio, delle forme, dei colori e dei simboli. La relazione parola-immagine
non si arresta alla ‘bella leggibilità’, poiché esprime emotività, personalità,
carattere. Queste pratiche espressive pubblicitarie influenzano tendenze
importanti dell’arte contemporanea: dalle “Parole in libertà” del futurismo
alle provocazioni verbo-visive dadaiste, alla Poesia visiva (vedi Pignotti e
Stefanelli, 1980; Accame, 1981).
Nell’ambito della cultura Bauhaus e post-Bauhaus si assiste ad una vera e
propria esaltazione delle ‘poetiche tipografiche’. Esemplare è la
commistione tra arte e comunicazione visiva pubblicitaria nell’opera di
Max Bense, maestro della scuola di Ulm, il cui pensiero è stato
determinante nella fondazione delle “estetiche informazionali”. La
relazione tra estetica e teoria dell’informazione porta ad interrogarsi sulle
modalità e i processi comunicativi dell’opera d’arte. Ad esempio Bense,
sperimenta le potenzialità percettive e comunicative della forma visiva
delle parole e dei caratteri attraverso poesie che definisce “concrete”, le
quali, spiega Bense: “si avvicinano spesso, data la loro dipendenza
tipografica e visiva, a testi pubblicitari, cioè il loro schema estetico di
comunicazione corrisponde spesso e volentieri a uno schema di tecnica
reclamistica: il segno centrale, per lo più in una parola, assume una
funzione di slogan” (Bense ora in Pignotti e Stefanelli, 1988: 155).
Un altro esempio, piuttosto eclatante, di come talvolta la pubblicità abbia
anticipato l’arte è un manifesto pubblicitario del 1899 realizzato dal belga
Henry Van De Velde, intitolato “Tropon, l’aliment le plus concentré”.
Quest’opera pubblicitaria si può considerare come la prima immagine non
figurativa (astratta) nella storia dell’arte occidentale, essa esprime un
connubio di flessuosi motivi geometrici (Jungedstil) e di scrittura che
preannunciano una sorta di astrattismo gestaltico.
L’ anima anticipatrice della pubblicità viene portata ironicamente in
trionfo dalla Pop Art degli anni ’60 (si pensi a A. Wharhol che ‘dipinge’ la
lattina di Campbell) e ancora negli anni ’90 da movimenti neo-pop (che
esibiscono immagini e comportamenti ostentatamente pubblicitari).
Il collage è un
tecnica
creativa
tipicamente
pubblicitaria
L’arte del
linguaggio
verbo-visivo è
essenziale in
pubblicità
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Inoltre, negli ultimi anni si sono sviluppate diverse tendenze artistiche
all’insegna della ‘simulazione pubblicitaria’ o dell’anti-pub che, attraverso
il detournement grafico e concettuale, recuperano lo stile espressivo dei
linguaggi pubblicitari in una dimensione anticonsumistica e contestatrice
(vedi Grazioli, 2001; Brunelli, 2002).
Maestri e correnti storiche dell’arte in pubblicità
Si tende a considerare come primo manifesto artistico-pubblicitario di
successo una creazione del celebre pittore Edouard Manet del 1868,
intitolata Les Chats, commissionata dal libraio Rothschild per
pubblicizzare un libro sul comportamento e la cura dei gatti. La
committenza originaria del manifesto pubblicitario deriva dal mondo
dell’editoria e dello spettacolo, dal teatro al circo, e in generale da quella
Belle Epoque che enfatizza un’atmosfera gaudente inneggiante ai beni di
lusso o voluttuari (come lo sono stati le sigarette o il cioccolato), alla moda
e alla mondanità – atmosfera della quale Toulouse-Lautrec è stato il grande
celebratore aristico. Sul finire dell’800 la poetica francese dell’Art nouveau
si profondeva nell’estetizzazione romantica della produzione industriale,
dando luogo a diverse correnti espressive: lo “Jungendstil” “stile della
giovinezza” in Germania, il “Ver sacrum” in Austria, lo “Evergreen”, la
“Arts and Crafts“ in Inghilterra, il “Liberty” in Italia (dal nome considerato
nobilitante di una prestigiosa ditta inglese). In contrapposizione ai modelli
coloristici ed espressionisti di Bonnard e dei Nabis si esprimono le forme
cesellate e fiorite di Mucha, Berthon, Schwabe. Artisti-designers come
Grassét e Morris elaborano linee figurative che ricordano i preraffaelliti o
le suggestioni medievaliste dei codici miniati. Un gusto esemplare
espresso dal manifesto pubblicitario italiano deriva originariamente dalla
committenza dei Magazzini Mele di Napoli (tra le prime grandi case di
moda italiane) in collaborazione con le Officine Ricordi di Milano
(quest’ultime per la loro celebrità nei campi della musica, dell’editoria e
dell’immagine venivano chiamate anche ‘Officine dei sogni’). Tra il 1896
e il 1915, i principali artisti che firmano i manifesti per i magazzini Mele,
sono: Cappiello, Metlicovitz, Dudovich, Terzi, Villa, Malerba, Laskoff,
Sacchetti. Da ricordare sono le opere artistico-pubblicitarie promosse da
Campari - in particolare quelle futuriste di Depero, celeberrimo esempio di
convergenza tra avanguardie artistiche e creatività pubblicitaria. Si pensi
poi alla dimensione estetico-comunicativa introdotta da Cappiello, il quale
fu il primo artista a proporre una narratività di tipo surrealista nel
messaggio pubblicitario, attraverso immagini di folletti, diavoletti,
giocolieri e altri personaggi stravaganti. Con Cappiello si apre una delle
strade principali della creatività pubblicitaria moderna: l’associazione
dell’immagine del prodotto a un’immagine di fantasia divertente e
inconsueta.
Una strada per certi aspetti opposta ha invece il suo capostipite in Saverio
Pozzati, detto Sepo, questi mirava a far emergere semplicemente il
prodotto, rendendolo quasi iperreale, magnificandolo e quindi conducendo
tutta l’attenzione visiva su di esso, senza l’ausilio di metafore e personaggi.
In termini stilistici è determinante la ‘modernizzazione’ espressa negli anni
‘20 dalla Bauhaus e dal De Stijl, ne deriva il primo grande connubio tra
arte e industria. In tale contesto il manifesto pubblicitario raccoglie la
spinta futurista ed elabora linee figurative antinaturalistiche e
L’Art Nouveau
esprime la
nascita di una
estetica
romantica
della
pubblicità
Cappiello:
maestro del
‘surrealismo in
pubblicità’
Bauhaus, De
Stijl e Art Decò
celebrano il
connubio Arte
e Industria
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Con l’Art Déco la linea fatta ‘a macchina’, la curva metallica e scultorea,
la tridimesionalità cubo-futurista, la luminosità e la cromaticità artificiale,
la dinamicità dei grafismi e la strutturazione geometricamente significativa
dei campi, danno luogo ad una estetica grafica rinnovata e ‘alla moda’.
Maestro di questo nuovo stile è il francese Cassandre, il quale si impone
per la sua eleganza espressiva, essenziale e ad un tempo spettacolare (il
suo insegnamento sarà rielaborato negli anni ’60 soprattutto da Savignac).
Nell’ambito della creatività pubblicitaria italiana è antesignana l’opera
della Studio Boggeri, fondato nel 1933, intorno al quale iniziò a formarsi
un eccellente entourage di designers e art directors all’insegna di un
‘nuovo razionalismo’. Va poi ricordata l’opera artistico-progettuale e
formativa del maestro Bruno Munari (1968).
Contestualmente al diffondersi di un gusto pubblicitario ‘intellettuale’ e
‘democratico’, orientato ad una sintesi verbovisiva optical e
geometrizzante, un’artista del calibro di Magritte diventa ispiratore di
suggestioni ‘pittorico-metafisiche’ anche nella comunicazione pubblicitaria
(della quale è stato protagonista con l’apertura di una sua agenzia di
pubblicità). Dunque, l’arte in pubblicità - una volta rispettati i principi
tecnici di qualità (inerenti la riproducibilità) e le strategie comunicative
(inerenti gli obiettivi di mercato) - non conosce limitazioni esteticoformali: la sua regola creativa è l’eccezione!
Conclusioni
Con il secondo dopoguerra la creatività pubblicitaria diviene matura per
assumersi l’onere di una sua piena autonomia espressiva. Da Milton Glaser
ad Armando Testa (solo per citare due artisti pubblicitari esemplari nell’era
del boom economico) il ‘segno pubblicitario’ diventa inconfondibile
propulsore di una ‘estetica del consumo’, secondo la quale il gusto, il
piacere, il benessere costituiscono i valori essenziali di un’edonistica arte
della vita. Oggi la pubblicità costituisce un campo di elaborazione
essenziale per l’evoluzione tecnico-creativa di ogni ambito della
comunicazione visiva (vedi Branzaglia, 1998). Un fattore assai attuale,
che costituisce al tempo stesso un potenziale e un limite per la creatività
visiva, è dato dal largo impiego di tecnologie digitali per l’immagine, e dal
fatto che le immagini sono sempre più disponibili in rete (vedi De Angelis,
2000). Infatti, se da una parte la produzione e l’elaborazione delle
immagini è rapida, affidabile e altamente performativa (vedi Carter, 2000)
da un’altra parte si corre il rischio di un impoverimento di quei processi
immaginativi e realizzativi soggettivi, che hanno cioè una loro relativa
indipendenza e autonomia rispetto alle tecnologie di produzione e
diffusione dell’immagine. E’ dunque determinante la capacità di avvalersi
artisticamente delle tecnologie digitali, e quindi, a livello formativo e
professionale, è necessaria una continua ricerca e sperimentazione artistica
per integrare competenze tecnologiche e processi creativi personali
originali e innovativi (in tal senso è interessante il libro ‘verbo-visivo’ di
Bonnici, 2000).
Un nuovo
‘razionalismo
democratico’
viene espresso
nello stile
creativo della
pubblicità
Magritte porta
un simbolismo
metafisico
nella
pubblicità
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