i monumenti della grande guerra - Centro Arti Visive

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i monumenti della grande guerra - Centro Arti Visive
laboratorio dell’immaginario
issn 1826-6118
rivista elettronica
http://cav.unibg.it/elephant_castle
I MONUMENTI DELLA
GRANDE GUERRA
a cura di Cristina Beltrami
dicembre 2015
CAV - Centro Arti Visive
Università degli Studi di Bergamo
ROSELLA MAMOLI ZORZI
Ironia della sorte: il monumento a Hemingway a
Fossalta di Piave
Ernest Hemingway (1899-1961), come molti altri giovanissimi
americani, nel 1917 volle partecipare alla prima guerra mondiale:
l’America era entrata in guerra il 6 aprile di quell’anno.
Hemingway, con John Dos Passos, Francis Scott Fitzgerald, Edward
Estlin Cummings e William Faulkner, tutti futuri grandi scrittori, era
mosso da un forte idealismo. Non tutti riuscirono ad arrivare al
fronte in Europa: Fitzgerald e Faulkner non finirono l’addestramento in tempo, il primo a Fort Leavenworth in Texas, il secondo a Toronto, anche se nei loro romanzi e racconti compare la guerra;
Cummings arrivò in Francia, dove fu internato nel campo di La
Ferté Macé sulla base di accuse non meglio specificate di tradimento: questa esperienza generò uno dei romanzi più innovativi
del Novecento, The Enormous Room (1922); Hemingway e Dos
Passos riuscirono ad arrivare al fronte e da questa esperienza Dos
Passos trasse due romanzi, One Man’s Initiation: 1917 (1920) e
Three Soldiers (1921) (Mamoli 2011: 33-35).
Hemingway tentò di arruolarsi nell’esercito americano, ma fu scartato per un difetto visivo. Riuscì ad entrare nella Croce Rossa
Americana, imbarcandosi a New York sul piroscafo Chicago il 23
maggio del 1918. Giunto a Bordeaux il 4 giugno, andò a Parigi e di
lì a Milano e a Vicenza, fermandosi a Schio. Non era il fronte, e il
giovane Hemingway voleva essere più vicino alla vera guerra: dopo qualche settimana riuscì a farsi spostare a Fossalta di Piave, do-
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ve doveva distribuire sigarette e cioccolata ai soldati italiani: lì, sulla
sponda del fiume, l’8 luglio del 1918, ancora diciottenne, fu ferito
abbastanza gravemente a una gamba. Fu trasportato prima a Fornaci, vicino a Treviso, poi a Milano, all’ospedale americano della
Croce Rossa, dove fu operato. Dopo la guerra ricevette1 una medaglia d’argento, per aver portato in salvo un soldato italiano ferito accanto a lui.
L’esperienza della guerra, con la visione dei morti senza sepoltura
nei campi e nei fossi, presto tolse ogni illusione al giovane americano, come si deduce da alcune poesie sulla guerra e dal suo primo libro importante, In Our Time, pubblicato a Parigi nel 1924 e
l’anno seguente in versione assai ampliata, a New York. Con questo libro, la cui struttura frammentata rifletteva l’esperienza della
guerra, Hemingway scrisse il suo primo libro modernista. Racconti
molto diversi fra loro si rimandano un’eco: in comune hanno il tema della morte, in guerra, nelle corride, nel crimine. La guerra rimase un tema fondamentale fino alla fine della produzione di
Hemingway: la prima guerra mondiale come sfondo alla disperazione dei protagonisti in Fiesta (1926), come tema principale in
Addio alle armi (1929); la guerra civile spagnola in Per chi suona la
campana, la prima e la seconda guerra mondiale in Al di là del fiume e tra gli alberi, pubblicato in inglese nel 1950, e in molti racconti.
Il 15 settembre del 1979, alla presenza di Fernanda Pivano (Pivano
2009: 214), venne eretta una stele [Fig.1] nel luogo dove Hemingway era stato ferito, con la scritta: “Su questo argine Ernest
Hemingway volontario della Croce Rossa Americana veniva ferito
la notte dell’8 luglio 1918.” Dall’altra parte si leggeva la famosa frase di Hemingway, “Io sono un ragazzo del Basso Piave”. Furono gli
“Amici di Comisso” a firmare questo omaggio al grande scrittore,
che fu per sempre segnato dall’esperienza degli orrori della prima
1 La medaglia fu decretata in data 4 gennaio 1919, ma Hemingway ne fu avvertito solo in data 15 marzo 1921 (Villard 1992: 255).
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Fig. 1
La stele in memoria di Hemingway a Fossalta di Piave (Copyright: Ciakfoto,
Maurizio Spadari).
guerra mondiale. Fu tuttavia un’ironia della sorte che chi eresse la
stele fosse l’associazione degli “Amici di Comisso”, perché alla
John Fitzgerald Kennedy Presidential Library di Boston si trova una
lettera davvero irritata di Hemingway indirizzata allo scrittore trevigiano, rimasta inedita. Hemingway scrisse questa lettera dopo
aver letto un articolo di Giovanni Comisso, “Addio alle quaglie”,
uscito su Omnibus il 24 febbraio del 1949 (a. IV, n. 8). La lettera era
indirizzata a Comisso presso “Omnibus, Via Senato II, Milano”.
Il pezzo di Comisso iniziava così:
Vi è un rapporto tra lo scrittore americano Ernest Hemingway e
me: siamo stati i due soli scrittori che abbiano narrato la ritirata di
Caporetto, egli in Addio alle armi, io in Giorni di guerra. Un altro rapporto consiste nell’esserci di sicuro incontrati durante l’altra guerra
nell’ospedale della Croce Rossa inglese nella Villa Trento a Dolegnano, dove egli prestava servizio come conducente di un’autoambulanza ed io vi andavo spesso a salutarvi un mio amico medico. Mi invita-
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vano talvolta a colazione e di certo abbiamo mangiato alla stessa tavola … (“Addio alle quaglie” 1949: 14).2
L’articolo continuava con una critica abbastanza feroce dello stile
dei dialoghi di Hemingway, “dove le parole della domanda sono ripetute nella risposta”, uno stile che secondo Comisso ha fatto
scuola, ma che, a quanto gli avrebbero detto alcuni critici, rifletterebbe la “reale mentalità dei contadini americani poveri di parole”.
Comisso citava poi alcuni episodi che riguardavano Hemingway a
Torcello, nella valle da pesca di San Gaetano a Caorle e a Cortina.
Comisso immagina che lo scrittore incominci a “perseguitarlo”:
E più ancora quando […] ad un rifornimento di benzina il padrone
mi disse che poco prima era passato da lui un americano con una
grande macchina senza una lira italiana in tasca e gli aveva lasciato in
pagamento della benzina una camicia di seta e alcuni barattoli di olio
(“Addio alle quaglie” 1949: 14).
Fattosi mostrare la camicia, Comisso dedusse, dalle dimensioni,
che non poteva che essere di Hemingway.
Sebbene sia Comisso sia Hemingway abbiano scritto della prima
guerra mondiale, questo avvenne in modi molto diversi, anche
perché Comisso scrisse della ritirata di Caporetto e ne fu testimone, ma non così Hemingway. In Giorni di Guerra (Opere 2002)
sembra prevalere una sorta di gioiosa partecipazione alla bellezza
della natura, anche se a tratti l’orrore della guerra colpisce il giova2 Sono grata a Ilaria Crotti e Elisabetta Lanfranchi, per l’aiuto datomi nell’identificare l’articolo di Comisso nel Fondo Comisso alla Biblioteca Comunale di
Treviso. Comisso ristampò l’articolo “Addio alle quaglie” di Omnibus in Il Caffè,
con il titolo “Hemingway tra noi”, il 4 agosto del 1961, con variazioni minime
(A. IX, n. 4, 22-24). Ringrazio il dott. Gianluigi Perino, della Biblioteca di Borgo
Cavour a Treviso, per il suo prezioso aiuto con il Fondo Comisso, e il dott. Fulvio Stacchetti, della Biblioteca Nazionale di Firenze, per avermi fornito le indicazioni bibliografiche dell’articolo di Comisso su Omnibus, mancanti nella copia
conservata al Fondo Comisso (busta XIX).
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ne protagonista; in In Our Time i capitoli o vignettes riguardanti la
guerra sono basati su un’osservazione quasi oggettiva di quanto
accade, con un effetto di profondo dolore, delusione e orrore,
che porta i protagonisti, qui e in Addio alle Armi, ad una “pace separata” (In Our Time 1925: 131).
Comisso crea un articolo basato su quanto gli dissero “una signora”, “un amico”, il benzinaio: è un articolo di fantasia, si potrebbe
dire, in cui Comisso via via rinuncia all’ipotesi di intervistare Hemingway, come - a quanto sembra - gli era stato richiesto da Omnibus. Tra le osservazioni negative mosse a Hemingway da Comisso,
alcune riguardano la partecipazione dello scrittore americano alla
caccia in botte, dove le dimensioni fisiche di Hemingway, malgrado
gli sia stata fatta costruire una botte enorme, gli impedirebbero di
stare nascosto nella stessa, funzionando quindi come “spaventapasseri” e rendendo difficile ai cacciatori di poter sparare alle anatre (donde il titolo originario dell’articolo). Non manca un riferimento al luogo dove Hemingway fu ferito, a Fossalta, dove “voleva
lasciare per ricordo una sua grande m.r.d.” [mierda, in spagnolo] e
dove avrebbe lanciato una banconota da “cento dollari”.
Anche i riferimenti al soggiorno cortinese sono abbastanza antipatici: Comisso presenta un Hemingway che fa ginnastica nudo, che
atterra un amico con un pugno, che beve tre bottiglie di gin e poi
“giuoca alla corrida” tenendo una sedia in testa. Se queste “critiche” fanno parte di un ritratto immaginario, sicuramente altre frasi
non esprimono simpatia: lo sguardo di Hemingway è “fortemente
bovino”, anche quando non fa la corrida, e il “suo ventre è proteso”.
Sebbene l’articolo di Comisso fosse una sorta di costruzione immaginaria per dire al lettore che non avrebbe fatto un’intervista a
Hemingway, il messaggio di fondo era chiaramente ostile.
Così certo pensò Hemingway, che solo due giorni dopo la pubblicazione dell’articolo, scrisse, da Cortina, una lettera molto seccata
a Comisso. Si può pensare che la sua reazione sia stata addirittura
immediata, considerando il tempo necessario perché il periodico
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arrivasse da Milano a Cortina. Rimane incerto se questa lettera sia
stata inviata o no, dato che non vi è documentazione di ricezione
o di risposta da parte di Comisso.3
Hemingway chiedeva a Comisso di chiarire i diversi punti dell’articolo, elencandoli uno per uno. Ogni paragrafo iniziava come segue: “Sarebbe così cortese da informarmi, a stretto giro di posta, e
per raccomandata […]” (Lettera inedita, Hemingway Collection,
The J. F. Kennedy Presidential Library).4
Chiedeva chi fosse il compagno di caccia in valle che avrebbe dato
a Comisso le informazioni; chi fosse l’uomo del garage; quale fosse
la data in cui Hemingway avrebbe compiuto degli “libellous acts” e
soprattutto dove Comisso lo avesse incontrato durante la prima
guerra mondiale; concludendo la lettera con la richiesta dell’indirizzo di casa di Comisso.
La cosa che più irritò Hemingway fu forse il conclamato incontro
durante la guerra a Villa Trento, a Dolegnano, con cui si apriva l’articolo di Comisso. In effetti, Hemingway non fu mai, durante la prima guerra, nella zona dell’ospedale britannico di Dolegnano, a San
Giovanni al Natisone, in provincia di Udine, evacuato durante la
rotta di Caporetto, periodo in cui Hemingway era ancora a Kansas City, dove lavorava come “cub reporter” per il Kansas City Star.
Nell’ospedale, assai importante, George Macaulay Trevelyan, già allora noto come storico, era a capo della “Prima Unità delle ambulanze CRI” (Cecchin 1984: 19); vi prestò servizio Freya Stark. Sicuramente Hemingway vi ambientò parte di Addio alle armi (1929),
ma come è noto, tutta la parte del romanzo che riguardava Gorizia, Udine, Caporetto non fu sperimentata di persona da Hem3 Nel Fondo Comisso alla Biblioteca di Borgo Cavour a Treviso non vi è
traccia né della lettera né di una possibile risposta.
4 La lettera è inedita, ma è stata commentata da Giovanni Cecchin in “Curiosi incontri con Hemingway”, Il Gazzettino, 15 settembre 1984, p. 19. Cecchin
suggerisce che Hemingway la strappò dopo averla scritta, senza mandarla a
Comisso. Le traduzioni della lettera e di tutti gli altri passi di Hemingway sono
di chi scrive.
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ingway, ma fu “made up” (creata) dallo scrittore sulla base di altre
esperienze (Mamoli e Moriani 2011: 9), racconti orali, resoconti
giornalistici, in particolare quelli del giornalista americano di origine italiana Gino Speranza, e libri (Reynolds 1976: 89-91). È noto
che per la descrizione della ritirata di Caporetto Hemingway si
servì delle forti impressioni che aveva ricevuto e degli articoli che
aveva scritto sull’evacuazione di Adrianopoli durante la guerra
greco-turca, nel 1922, dove fu inviato come corrispondente di
guerra dal Toronto Star.5 Per quanto riguarda i “libellous acts” che
Hemingway pensa gli attribuisca Comisso, va detto che l’articolo,
per quanto ostile, non ne elenca nessuno, salvo si pensi alla
“m.r.d.”.
Quanto scrive Comisso è in effetti basato almeno in parte su elementi di verità: se è vero che l’incontro sicuramente non poté avvenire mai a Dolegnano, fu forse possibile, secondo un’ipotesi di
Cecchin, che i due scrittori si incontrassero tra il 20 e il 27 ottobre 1918, a Rover, tra Crespano e Possagno (Cecchin 1984: 19).
Non ve ne è tuttavia documentazione e il contrario risulta dai diari di Fernanda Pivano (Pivano 2008: 214-15). Una base di verità
sottostava agli altri episodi: è vero che Hemingway andò a caccia
nella valle Franchetti a Caorle, è vero che ritornò sul luogo dove
era stato ferito almeno due volte: una prima volta con la prima
moglie Hadley Richardson nel giugno del 1922 (Mamoli e Moriani
2011: 21; Selected Letters 1981: 107), traendo da questa visita un
articolo per il Toronto Star, “A Veteran Visits the Old Front”; una
seconda volta con la quarta moglie Mary Welsh, nel 1949. Nella
biografia di Baker si parla di una “ceremonial visit” (Baker 1972:
725), un rito che lo scrittore volle compiere nel luogo dove era
stato versato il suo sangue, aggiungendovi le sue feci e seppellendovi una banconota da mille lire, a restituzione della pensione di
guerra che aveva ricevuto, rito che Fernanda Pivano non ricono5 Si veda in particolare “A Silent, Ghastly Procession” e “Refugees from
Thrace” (By-Line 1987: 46, 50-53).
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sce come vero (Pivano 1985: 44). Questo episodio, vero o inventato che fosse, compare in Al di là dal fiume e tra gli alberi, riferito
al protagonista, il Colonnello Cantwell:
Alcune settimane prima era passato da Fossalta ed era uscito dalla
strada incassata per trovare il posto dove era stato colpito, sulla
sponda del fiume […] Il fiume era lento e fangoso, con le canne lungo le rive, e il Colonnello, dato che non c’era nessuno in vista, si accovacciò per terra, e guardando oltre il fiume dall’argine dove di giorno non si poteva mai mostrare la testa, defecò nel punto esatto dove mediante una triangolazione aveva deciso che era stato ferito gravemente trent’anni prima (ARIT 1950: 13).
Che Comisso non amasse Hemingway lo si vede già da un’osservazione che egli fece in una lettera al poeta americano Henry
Furst del 22 novembre 1945:
Io non capisco quale strano paese sia il ‘tuo’, non si è ancora accorto
di avere in te il suo maggior poeta e romanziere e ci continua a vomitare la prosa di Hemingway, di Caldwel (sic), di Saroyan e di altri simili che non ti arriva alla suola delle scarpe (Vita nel tempo 1989:
219).
I tre scrittori nominati fanno parte di quella letteratura americana
del Novecento che Elio Vittorini lanciò nella sua famosa antologia,
Americana, ritirata per ordine della censura fascista, e ripubblicata
con la prefazione di Emilio Cecchi al posto di quella di Vittorini nel
1942, antologia che diede inizio al mito della letteratura americana
in Italia.
Per rispondere alle accuse di Comisso, Hemingway, irritato soprattutto dalla sicurezza di Comisso nel dichiarare di averlo incontrato
a Villa Trento, elencò tutta una serie di nomi di luoghi, evocativi di
altrettante battaglie della prima e della seconda guerra mondiale e
della guerra civile spagnola:
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Non ricordo di avervi incontrato quando dite di avermi incontrato nel vostro
articolo, né vi ho incontrato sul Piave, né sul Grappa, né sul Pasubio, né a Posina, Arsiero, Madrid, Guadalajara, Jarama, Belchite, Teruel, Tortosa, Chert, Mora
del Ebro, e molti altri posti [… ] che includono la Cina, i Caraibi, Francia, Lussemburgo e Germania, e le battaglie del D-Day in Normandia, lo sfondamento (25 luglio 1944) St. Lo, Percy, St. Poix, l’entrata a Parigi, St. Quentin, St. Hubert,
Houfallize, la linea Siegfried, Schnee Eifel, Hurtgen Forest, e la difesa del Lussemburgo contro l’offensiva cosiddetta Rundstet.6
Nell’elencare tutti questi luoghi di battaglie, Hemingway sembra
suggerire, con una certa baldanza, il proprio eroismo.
Eroe forse non fu, ma certo, come gli altri giovanissimi americani,
partecipò con iniziale entusiasmo alla prima guerra mondiale, e
continuò ad essere presente in zone critiche come corrispondente di guerra per tutta la sua vita.
La stele eretta dagli “Amici di Comisso” sulle rive del Piave fu sicuramente un segno ironico del destino, spiegabile solo con il fatto
che Comisso, quando la stele fu eretta, era ormai scomparso da
dieci anni. È vero che nel 1961 Comisso aveva aggiunto un commento positivo alla seconda versione del suo articolo su Hemingway, dopo il suicidio dell’americano: “Questo pessimo cacciatore, questo ottimo artista, ha finito, in questi giorni, coll’adoperare
una di quelle armi e con lo sbagliare ancora il bersaglio” (“Hemingway tra noi” 1961: 24). Ma non si può dire che i due scrittori si
amassero.
Tuttavia, quel semplice monumento ricorda la passione con cui
Hemingway, e molti altri giovanissimi americani, vollero partecipare alla prima guerra mondiale, anche se il loro idealismo fu presto
sconfitto dagli orrori della guerra.
6 Hemingway elencò i luoghi della seconda guerra mondiale dove era stato,
da Omaha Beach in Normandia, alla linea Siegfried, alle battaglie sanguinose di
Schnee-Eifel e della Hurtgen Forest, in una lettera del 15 dicembre 1948 da Venezia a Alfred Rice, riguardante i periodi della sua non permanenza a Cuba per
questioni di tasse (Selected Letters 1981: 655-656). Molti di questi luoghi di
guerra sono nominati dal Colonnello Cantwell in Across the River and into the
Trees.
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BIBLIOGRAFIA
Opere citate:
GIOVANNI COMISSO:
“Addio alle quaglie” (1949), in Omnibus, a. IV, n. 8, p. 14.
“Hemingway tra noi” (1961), in Il Caffè, 4 agosto, a. IX, n. 4, pp. 2223.
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Opere (2002), DAMIANI R. e NALDINI N. (a cura di), Mondadori,
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Fitzgerald Kennedy Presidential Library, Boston.
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ARIT (1950), Across the River and into the Trees, Arrow Books, London, 1994.
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London.
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MAMOLI ZORZI R. - MORIANI G. (2011), A Venezia e nel Veneto
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scomparsa”, in MORIANI G. (a cura di), Il Veneto di
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