Providence - numero 1 Gennaio-Marzo 2009

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Providence - numero 1 Gennaio-Marzo 2009
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Reg. Trib. Roma N° 319/2001 dell'11/7/2001 Poste Italiane S.p.A. spedizione in A.P. - 70% - D.C.B. PD
Providence
N° 1 gennaio/marzo 2009
PERIODICO TRIMESTRALE DELL'ENTE NAZIONALE di PREVIDENZA e ASSISTENZA della PROFESSIONE INFERMIERISTICA
Interventi:
Sen. Maria Ida Germontani
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DIRETTORE RESPONSABILE
Mario Schiavon
Marco Bernardini
COMITATO DI REDAZIONE
Marco Bernardini
Luca Bonfanti
Dario Caselli
Fabio Fioretto
Marisa Fort
Ernesta Rosa Galli
Marco Giammetta
Valentina Nanni
Anna Maria Padovan
Mario Schiavon
Progettazione e Impaginazione
Adriano Lelli
www.graphio.it
Tiratura 16.100 copie
Finito di stampare nel mese di Marzo 2009
Centro Stampa Monfalcone
Via Romana, 46/48- 34074 - Monfalcone - (Go)
La rivista dell’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica
REDATTORE CAPO
p
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rovidence
Sommario
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EDITORIALE
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IL NUOVO DIRETTORE
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ENPAPI E LA SFIDA DI UN SERVIZIO ASSISTENZIALE
PER TUTTA LA CATEGORIA INFERMIERISTICA
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LA TUTELA DELLA PERSONA E LA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO
IN UN SISTEMA SANITARIO FEDERALE
Sen. Maria Ida Germontani - Componente VI Commissione permanente
(Finanze e Tesoro) - Popolo della Libertà
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DAI FIADONI ABRUZZESI ALLA PITTA CON LA NIEPITA:
ANCHE A TAVOLA SI FESTEGGIA LA PASQUA
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LA PERSONA AL CENTRO DELL’ASSISTENZA
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L’ATTIVITA’ DI INVESTIMENTO DI ENPAPI NEL 2008
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PREVIDENZA INTEGRATIVA: PERCHE’ E COME...
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L’ENTE RISPONDE
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LA FESTA DI PASQUA TRA LE TRADIZIONALI UOVA ED IL RITO DEL FUOCO
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PREVIDENZA E ASSISTENZA: NUOVI INTERVENTI A FAVORE DEGLI ISCRITTI
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EVENTI CULTURALI
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I BORGHI D’ITALIA. SEBORGA
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Edi
tori
ale
di
Mario Schiavon
Presidente ENPAPI
Si discute, sempre più
spesso e in ogni ambito,
della necessità di porre
nuovamente la persona al
centro dello scenario economico e sociale del
nostro tempo. Tale esigenza è, da sempre, molto
sentita da ENPAPI e rappresenta, di fatto, il presupposto dell’esercizio del
ruolo di protezione sociale.
L’Ente, in tal senso, si è posto l’obiettivo di interpretare la
propria funzione di tutela come quella di un organismo
vicino al Professionista, che gli si affianca, sin dall’intrapresa dell’esercizio libero – professionale, svolto in qualsivoglia modalità diversa da quella subordinata, accompagnandolo con servizi, prestazioni, interventi.
Ciò non può che essere, a sua volta, associato all’esigenza di veicolare, presso la categoria infermieristica, la consapevolezza necessaria per considerare la previdenza
come una forma di risparmio.
Per questi motivi l’Ente si è prefisso lo scopo di creare un
vero e proprio “sistema” di protezione sociale, ricercando
soluzioni per migliorare la tutela previdenziale obbligatoria, conferendo pari dignità alla protezione assistenziale,
estendendo il proprio ambito di attività alla tutela previdenziale complementare.
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c i n q u e
Per quanto riguarda la tutela previdenziale obbligatoria e le soluzioni per il miglioramento del sistema, l’attenzione si è
concentrata sulla necessità di incrementare l’entità delle prestazioni pensionistiche. Per tale ragione l’Ente sta veicolando, all’interno del Parlamento, una proposta di legge, che introduca la possibilità di disporre di maggiore autonomia nel
destinare le somme a disposizione ai montanti delle posizioni individuali, incidendo positivamente, così, sul tasso di
sostituzione tra il reddito professionale e il trattamento pensionistico.
Per quanto riguarda la protezione assistenziale, tutti i provvedimenti approvati, anche quelli più recenti, si pongono l’obiettivo di affermare, chiaramente, la forte volontà di creare un circolo virtuoso di solidarietà. È sufficiente, al riguardo,
ricordare quelli già esistenti, cioè gli interventi per stato di bisogno, l’indennità di malattia, il contributo per spese funebri, le borse di studio, ai quali si affiancano quelli di nuova introduzione, cioè i trattamenti economici speciali, previsti
per orfani di Professionisti iscritti o di pensionati ENPAPI, che abbiano maturato il diritto alla pensione ai superstiti, diretta o di reversibilità, nonché per Professionisti che abbiano maturato il diritto alla pensione d’inabilità, nonché i contributi per l’avvio e l’esercizio dell’attività libero professionale.
Per quanto riguarda l’estensione dell’ambito di tutela ENPAPI ha aderito, fin dal 12 settembre 2007, al FondoSanità, al
fine di garantire ai propri Iscritti la tutela previdenziale complementare. Al predetto Fondo, che deriva dalla conversione del preesistente Fondo Dentisti, ha aderito, in seguito, la Federazione Nazionale dei Collegi Provinciali IPASVI, in
modo da estendere la possibilità di tutela anche ai Professionisti iscritti agli Albi tenuti presso i Collegi Provinciali IPASVI, a prescindere dall’iscrizione ad ENPAPI;
L’azione dell’Ente a tutela del Professionista e, quindi, della persona, non si è fermata, certamente, qui. Con la convenzione, stipulata con l’INPS in data 20 novembre 2007 si è voluto regolare il trasferimento delle posizioni previdenziali,
nonché dei relativi flussi contributivi, erroneamente accese presso la Gestione Separata INPS per i Lavoratori autonomi
e per i parasubordinati di cui all’articolo 2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335. Anche in questo caso, si è
voluto riaffermare un principio di salvaguardia dell’azione di tutela svolta in favore dei Professionisti Infermieri.
ENPAPI interpreta il ruolo di servizio alla persona anche attraverso lo svolgimento della sua attività amministrativa e di
assistenza, svolta dagli Uffici in modo particolarmente pregnante, rispetto a tutte le esigenze connesse alla posizione
contributiva dei Professionisti. Tale funzione si è molto intensificata in questo periodo, essendo in corso i predetti trasferimenti dall’INPS, da un lato, il recupero dei crediti contributivi, dall’altro.
Tutti questi elementi, sintetizzati nell’intervento di ENPAPI al XV Congresso della Federazione Nazionale dei Collegi
Provinciali IPASVI, svoltosi a Firenze dal 26 al 28 febbraio 2009, esprimono, una volta di più, la volontà di interpretare appieno il significato dell’Ente, quale soggetto che interpreta i bisogni e le esigenze dei Professionisti, operando in
modo da ricercare le soluzioni più idonee a soddisfarle.
È, questo, anche il filo conduttore di questo numero della nostra rivista,
pubblicato in coincidenza con la Santa Pasqua.
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IL nuovo DIRETTORE
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Gentili lettori ed iscritti,
ho il piacere di comunicarvi che da questo mese è entrato a far
parte della squadra e della famiglia ENPAPI il dottor Luigi Marchione
in qualità di direttore generale.
Una nomina che si inserisce in quel progetto di rafforzamento e potenziamento che stiamo portando avanti in linea con
le iniziative ultimamente assunte come l’azione di recupero
crediti previdenziali e l’adesione al FondoSanità.
Queste unite all’accordo firmato nel 2007 con l’Inps per
regolare il trasferimento delle posizioni previdenziali
oltre che dei relativi flussi contributivi che tempo addietro erano stati accesi in modo erroneo presso la Gestione
Separata dell’INPS per i lavoratori autonomi e per i parasubordinati porteranno all’aumento di oltre 20mila unità
il nostro bacino di iscritti.
E’evidente che tutto questo impone ad ENPAPI di irrobustire la propria compagine con persone qualificate e che
siano in grado di agire per contribuire allo sviluppo
dell’Ente. In questo senso la scelta del dottor Marchione
ricade su di un professionista che ha ricoperto importanti
ruoli nel settore previdenziale prima come direttore generale dell’INADEL e poi dell’INPDAP. Inoltre in ambito
INPDAP, il dottor Marchione ha curato l’attuazione delle
norme e degli accordi di contrattazione sindacale riguardanti la pensione complementare per i dipendenti pubblici. Previdenza complementare che sarà uno dei prossimi ambiti di riferimento della nostra azione futura.
Sono perciò convinto che queste esperienze di alto profilo che consentiranno al nostro Ente di continuare a crescere, implementando la propria professionalità e la propria competenza.
“Al dottor Marchione va l’augurio mio, degli organi
dell’Ente, del personale e di tutti gli iscritti, di un buon
lavoro.”
Mario Schiavon
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ENPAPI
E LA SFIDA
DI UN SERVIZIO
ASSISTENZIALE
PER TUTTA
LA CATEGORIA
INFERMIERISTICA
di
Mario Schiavon
Il XV Congresso nazionale Ipasvi
svoltosi nell’ultima settimana di
febbraio è giunto in un momento
importante ed estremamente
simbolico per il nostro Ente. E’
trascorso poco più di un decennio da quando l’Ente Nazionale
di Previdenza ed assistenza
della professione infermieristica
è stato istituito, esattamente il
24 marzo 1998, con decreto del
Ministro del Lavoro e della
Previdenza sociale, emanato di
concerto con il Ministro del
Tesoro,
Bilancio
e
Programmazione Economica.
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Un atto importante e che finalmente ha consentito la creazione delle condizioni per la realizzazione di un sistema capace di garantire una tutela previdenziale obbligatoria in favore degli infermieri, assistenti sanitari, infermieri pediatrici,
iscritti agli Albi tenuti presso i Collegi Provinciali IPASVI, impegnati nell’esercizio dell’attività in forma libero – professionale. Dopo dieci anni possiamo iniziare a tracciare un primo bilancio di quello che è stato fatto e del cammino percorso. Un cammino contrassegnato da un costante rafforzamento sia interno che esterno del nostro Ente che proprio nel
2007 ha stipulato una convenzione con l’INPS volta a regolare il trasferimento delle posizioni previdenziali oltre che
dei relativi flussi contributivi che tempo addietro erano stati accesi in modo erroneo presso la Gestione Separata
dell’INPS per i lavoratori autonomi e per i parasubordinati. In pratica saranno oltre 20mila i soggetti interessati da questa azione di trasferimento che consentirà non solo di aumentare il bacino dei nostri assicurati ma di rendere ancora più
rilevante il peso di ENPAPI rispetto alle altre Casse di previdenza. Se poi a quest’azione di trasferimento aggiungiamo
anche l’iniziativa di recupero crediti contributivi abbiamo la netta dimensione del cammino intrapreso dieci anni fa e
del lavoro che stiamo impostando per il prossimo avvenire. Ma ENPAPI in questo ultimo decennio ha anche dimostrato di saper ben operare nella gestione del proprio patrimonio, evitando di rincorrere soluzioni avventurose o che avrebbero potuto esporre l’Ente a rischi eccessivi. Come è noto l’attività di investimento rappresenta uno strumento decisivo
per l’esercizio della funzione di tutela previdenziale obbligatoria. E da parte di ENPAPI questa è stata svolta con una
forte attenzione verso il necessario conseguimento di reddito, al fine d garantire la rivalutazione annua dei montanti
contributivi senza però dimenticare la salvaguardia del patrimonio investito. Attenzione al patrimonio che risalta ancora di più in un contesto economico e finanziario come questo caratterizzato da estrema incertezza e criticità che sta falcidiando le economie e le borse internazionali. Da tutto ciò sono discesi i dati sui rendimenti medi del portafoglio investito che soltanto nel 2008 hanno registrato un avanzo del 7,3 per cento mentre nel periodo 2003-2008 i valori sono
stati pari ad un +4,42 per cento. Solidità del patrimonio che significa soprattutto serietà nella gestione della propria attività previdenziale che è bene sempre ricordare rimane la nostra funzione principale. In questo senso ENPAPI ha operato sulla base dell’obiettivo di favorire, nei confronti della categoria infermieristica e, per estensione, verso tutti i
Professionisti dell’area sanitaria, proprio quella consapevolezza necessaria a considerare la forma di tutela previdenziale
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d i e c i
come un risparmio, rappresentando il presupposto per
adempiere, ancora più compiutamente, al mandato che
lo Stato ha conferito alla professione infermieristica, emanando il decreto istitutivo dell’Ente. E proprio nell’ottica
di ricercare il miglioramento della misura dei montanti
contributivi e sempre al fine di incrementare l’entità delle
prestazioni pensionistiche, l’ENPAPI sta veicolando,
all’interno del Parlamento, una proposta di legge, che si
pone l’obiettivo di rimuovere il vincolo normativo che
fissa la misura del contributivo integrativo nella misura
del 2 per cento, prevedendo, nell’alveo dell’autonomia
gestionale riconosciuta agli Enti di previdenza privati dal
decreto legislativo di privatizzazione, la fissazione, in
modo discrezionale, di una maggiore aliquota da applicare sui volumi di affari lordi. Tale maggiorazione, infatti,
potrebbe essere destinata, da un lato all’incremento dei
montanti delle posizioni individuali, incidendo positivamente sul tasso di sostituzione tra il reddito professionale
e il trattamento pensionistico, dall’altro allo sviluppo di
nuove prestazioni assistenziali. Anche sul piano dell’attività assistenziale in questi dieci anni abbiamo dimostrato
un impegno ed un’attenzione sempre crescente con il
chiaro intento di estendere il raggio del nostro intervento.
In particolare con l’obiettivo di aumentare l’ambito delle
nostre attività verso forme di tutela previdenziale complementare, ENPAPI ha aderito, nel settembre del 2007, al
FondoSanità. Un’intesa che consentirà di garantire ai
nostri Iscritti la tutela previdenziale complementare.
Inoltre a conferma di quanto la nostra decisione sia stata
oculata e valida, a questo fondo ha aderito, in seguito, la
Federazione Nazionale dei Collegi Provinciali IPASVI, in
modo da estendere la possibilità di tutela anche ai
Professionisti iscritti agli Albi tenuti presso i Collegi
Provinciali IPASVI, a prescindere dall’iscrizione ad ENPAPI. Questo per quanto riguarda la previdenza ma anche
sul lato dell’assistenza l’Ente ha dimostrato notevole dinamismo ed impegno grazie ad una serie di provvedimenti,
alcuni approvati recentemente, che hanno voluto puntare
su un duplice presupposto: da un lato, affermare, chiaramente, la forte volontà di creare un circolo virtuoso di
solidarietà, per mezzo di forme di assistenza volte, attraverso assegni periodici, a supportare categorie particolarmente deboli, gli orfani e gli inabili; dall’altro, esprimere
sostegno ai Professionisti al di là della mera prestazione
pensionistica obbligatoria. Proprio questi ultimi provvedimenti approvati hanno consentito di estendere il nostro
sistema assistenziale, attraverso una serie di misure, a persone in stato di bisogno o in condizioni di malattia.
Potremo, infatti, erogare contributi per spese funebri,
borse di studio in favore di Iscritti e di figli di Iscritti o pensionati dell’Ente, che abbiano conseguito risultati di studio particolarmente meritevoli oppure potremo stabilire
trattamenti economici speciali, previsti per orfani di
Professionisti iscritti o di pensionati ENPAPI, che abbiano
maturato il diritto alla pensione ai superstiti, diretta o di
reversibilità, nonché per Professionisti che abbiano maturato il diritto alla pensione di inabilità. Ed in questa serie
di interventi non abbiamo dimenticato anche coloro che
decidano di dedicarsi all’attività di libero professionista
attraverso la concessione di una serie di agevolazioni e
contributi.
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Questo è quanto è stato possibile fare in un cammino per ora soltanto di un decennio, ma già adesso stiamo impostando le sfide e gli
obiettivi per i prossimi decenni che verranno nella convinzione di
porci al servizio in termini di assistenza nei confronti di tutta la
categoria. Un vero e proprio sistema di protezione sociale ed assistenziale che non si limiti a quella obbligatoria ma che contempli
anche quella complementare e che ogni giorno diventi sempre di più
un punto di riferimento della categoria infermieristica.
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Sen. Maria Ida Germontani
Componente VI Commissione permanente (Finanze e Tesoro)
Popolo della Libertà
LA TUTELA
DELLA PERSONA
E LA VALORIZZAZIONE
DEL TERRITORIO
IN UN SISTEMA
SANITARIO
FEDERALE
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Il futuro del sistema sanitario
nazionale è ancora tutto da scrivere e da definire. Sono ormai
anni che ascoltiamo analisi, critiche e giudizi che inchiodano la
sanità italiana ad una serie di
responsabilità e soprattutto al
ruolo di grande attrattore di
risorse, al punto che da più parti
si chiede la riduzione ed il contenimento delle spese. Lo stesso
intervento del Parlamento in
questi ultimi mesi per ripianare
e coprire i debiti del settore si è
uniformato a questa visione.
Ciononostante il sistema sanitario nazionale continua a rappresentare una delle realtà più
importanti ed essenziali per il
nostro Paese, da cui non si può
prescindere. Un sistema nel
quale è stato posta sempre più
al centro la persona non solo
come degente ma anche come
essere umano. E’ evidente che i
cambiamenti che sono in arrivo
non potranno non tenere conto
di questo aspetto e soprattutto
puntare ad “umanizzare” quanto
più possibile il sistema sanitario
nazionale.
Il contenimento dei costi e delle spese del settore sanitario quindi non potrà prescindere dalla rivalutazione della persona. In questo senso è importante sottolineare che ci troviamo alle soglie di una riforma che promette di modificare
profondamente l’offerta sanitaria del nostro Paese: il federalismo fiscale. In breve si passerà da un sistema a fiscalità derivata ad uno regionale con tributi propri che ovviamente porterà lo stesso SSN a regionalizzarsi ed a localizzarsi. Un trasferimento che significherà spostamento di poteri, competenze ed oneri a favore delle singole realtà locali. Si tratta di
un processo lento e delicato al quale il governo sta lavorando per evitare che questo passaggio comporti squilibri tra le
varie regioni e soprattutto tra il Nord ed il Sud dell’Italia. Al di là delle polemiche che hanno accompagnato l’approvazione del testo in Senato la riforma federale proposta dal governo ricalca il dettato costituzionale, attivando il procedimento dell’aiuto per i territori con minori capacità fiscale per abitante attraverso una legge. Un aspetto che chiaramente consentirà di portare anche ad un maggiore controllo sui trasferimenti alle Regioni più svantaggiate. In altri termini,
è giusta la solidarietà e la coesione sociale (come scritto nell’articolo 1 del testo), ma che siano finalizzate a creare uno
sviluppo vero per la aree più svantaggiate del Paese: solidarietà utile e non più assistenzialismo fine a se stesso. Inoltre
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grazie all’introduzione del federalismo fiscale, le singole
Regioni assumeranno di fronte ai propri elettori-contribuenti maggiori doveri ed oneri, responsabili in primo
luogo dell’erogazione dei servizi ai propri cittadini. In tal
senso è evidente che il tema della sanità assume un ruolo
principale con il territorio protagonista del sistema sanitario, sia per quanto riguarda il reperimento delle risorse
che la gestione stessa di queste ultime. Questo porterà
anche ad avvicinare sempre di più il cittadino alla sanità,
rendendolo anche protagonista se non addirittura il vero
controllore della validità degli stessi servizi. Una sanità
che quindi attraverso il federalismo fiscale si avvicina al
malato, capace di adeguarsi alle sue esigenze e necessità
ma al tempo stesso il degente avrà la possibilità di valutare e controllare la qualità del servizio stesso. E’ evidente
quanto tutto ciò segni un cambiamento importante e
quali effetti positivi potranno prodursi nel rapporto cittadino-sistema sanitario. In realtà però dall’altro lato si deve
considerare che la svolta dettata dall’introduzione del
federalismo fiscale non cancella il dato che il territorio ha
svolto sempre un ruolo di primo piano nel sistema sanitario nazionale. Basti pensare che a tuttoggi l’assistenza territoriale sfrutta oltre il 50 per cento delle risorse finanziarie destinate alla sanità. Guardando la distribuzione delle
risorse ed analizzando i dati della Federazione italiana
delle aziende sanitarie e ospedaliere risalta che i ricoveri
ospedalieri, la farmaceutica e la specialistica consumano
due terzi delle disponibilità finanziarie complessive. Un
valore che sale fino all’85 per cento se in questo computo si considerano anche la medicina di famiglia, le strutture per anziani e la salute mentale. Ancora più interessante è notare come nel triennio 2003-2006, dove i costi
hanno presentato una crescita del 3 per cento annuo, le
strutture ospedaliere ed il territorio abbiano seguito andamenti diversi: i costi per ricoveri ospedalieri restano
sostanzialmente invariati (+1 per cento), mentre in ambiti come la specialistica, dove si concentrano gli investimenti tecnologici e su cui incidono particolarmente i
nuovi modelli di prevenzione e consumo dei cittadini, gli
aumenti sono stati sensibili toccando quota +6 per cento.
Ed in questo scenario il federalismo fiscale va considerato come un’ulteriore opportunità di crescita ed un’occasione di recupero e consolidamento dei vincoli di trasparenza e correttezza amministrativa tra cittadini e Regioni.
In estrema sintesi possiamo dire che l’obiettivo del federalismo fiscale è quello di assicurare autonomia di entrata e spesa agli enti locali in modo da sostituire, gradualmente, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa
storica con quello dei costi standard per i servizi fonda-
mentali che devono costare ed essere erogati in modo
uguale in tutto il Paese. Tutto questo, quindi, ci induce a
considerare il territorio e le risorse un binario su cui il
sistema sanitario nazionale futuro viaggerà e rispetto al
quale crescerà in modo sempre più evidente la centralità
dell’individuo non più semplice destinatario ultimo ma
perno attorno al quale costruire il nuovo sistema sanitario
locale. Un percorso che se adesso giunge ad uno snodo
principale rappresenta comunque il frutto di un lavoro
costruito a partire dagli ultimi quindici anni e durante i
quali la sanità italiana ha vissuto una stagione di profonde riforme con l’avvio di un processo di “regionalizzazione”, ossia di maggiore autonomia finanziaria e responsabilità sulla salute dei residenti nelle Regioni. Tutto ciò
ha portato alla definizione di meccanismi prima completamente sconosciuti e legati a principi quali l’efficienza e
la managerialità: meno Asl (passate da 660 a 171 in quindici anni), cento nuove aziende ospedaliere autonome e
concorrenza tra i diversi soggetti pubblici ed i produttori
privati e l’istituzione delle figure dei direttori generali.
Questo ha permesso di superare il modello tradizionale
altamente burocratizzato concedendo una maggiore
autonomia di gestione ai manager e soprattutto portando
ad una responsabilizzazione sui risultati e ad una maggiore considerazione del malato stesso. Su questa strada
sta lavorando il governo e l’attuale maggioranza di centrodestra per realizzare un SSN nel quale si determini e si
imponga in maniera chiara e netta il ruolo del territorio
nella gestione delle risorse del comparto sanitario locale.
Niente più finanziamenti a pioggia ed interventi tampone
provenienti dal governo centrale ma l’impegno degli
amministratori locali a far quadrare i conti e rispondere
direttamente alle esigenze dei propri cittadini. Un
approccio, quello federale, che vuole fare giustizia anche
di una concezione che ha sempre visto la sanità locale
come una scatola indistinta nella quale immettere risorse
senza però avere cura della loro finalità e dell’impatto
stesso. E’ evidente che questo sistema ha impedito di
valutare con attenzione il peso dei vari investimenti ed
anche la loro validità. Scomporre la spesa e soprattutto
regionalizzare il sistema sanitario significa compiere una
passo decisivo verso una migliore gestione delle risorse
ed un loro uso più responsabile. Quello che quindi si prospetta per la sanità in Italia è un futuro fatto di una migliore gestione delle risorse dove finalmente il territorio ed i
singoli individui possano ritrovare e trovare il giusto valore svolgendo un ruolo da protagonista. Una riforma epocale sulla quale si misurerà la tenuta del nostro sistema
sanitario.
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di
Dario Caselli
Dai
fiadoni abruzzesi
alla pitta
con la niepita:
ANCHE A TAVOLA
SI FESTEGGIA LA
PASQUA
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Un’esplosione di sapori, di
colori e di gusto. La tavola
pasquale è così: anticipatrice
della bella stagione e dei suoi
sapori. Tanto diversa da quella
del Natale ma altrettanto sontuosa e ricca, al punto da sembrare quasi una sorta di contrappasso rispetto al digiuno
del venerdì Santo e al periodo
quaresimale che impone privazioni e limiti.
Ecco che allora con la resurrezione di Gesù Cristo anche la cucina risorge, soprattutto nella nostra Italia, dove le diverse realtà locali hanno sviluppato tante e diverse ricette, tutte legate ai sapori della terra d’origine. Nasce così un pranzo
pasquale che varia di luogo in luogo, che mescola la pastiera napoletana con le scarcelle pugliesi; i fiadoni dell’Abruzzo
con la pitta calabrese.
Un menù ricco e vario, dove ce ne è per tutti i gusti, iniziando dai piatti unici, come nel caso dei valdostani che deliziano il proprio palato con la crescia. Farina, olio, uova, parmigiano grattugiato, un po’ di lievito e del pepe nero ed
ecco un’ottima focaccia da servire tiepida o fredda accompagnata da un buon salame a grana grossa.
E sempre per chi ama i piatti unici basta varcare il Tirreno ed andare in Sardegna per gustare il pillus dove il semolino
si sposa con i sapori della carne e della salsa di pomodoro. Il tutto per realizzare una sorta di timballo cotto al forno,
composto da tanti dischi di semolino, impilati l’uno sull’altro e intervallati dalla carne e dal sugo.
Basta ritornare sulla terraferma e sbarcare sulle coste della Liguria per poter assaporare la torta pasqualina, altro piatto
unico in cui i caratteri della pasta di pane si incontrano, esaltandosi con quelli della ricotta, delle uova e della bieta.
Una pietanza ottima da consumare subito, ma che può anche aspettare fino al giorno di Pasquetta, per la consueta gita
fuori porta, semmai accompagnata da qualche fetta di salume.
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E tra le pizze non può mancare quella umbra, a base di formaggio, diventata un prodotto tradizionale della zona, ricercatissimo dai turisti al punto che è possibile trovarla in qualsiasi stagione, non solo nel periodo pasquale. Una ricetta
molto semplice che, se servita fredda, può essere accompagnata magnificamente con degli affettati tagliati di fresco.
Non solo piatti unici per il grande “ristorante Italia”. Nel menù pasquale non mancano mai i primi piatti come le tagliatelle verdi alla bolognese. Articolata la loro preparazione: dal soffritto in cui si prepara il ragù, alla pasta che viene amalgamata con gli spinaci per regalarle il tipico colore verde. Infine, le tagliatelle saranno gratinate al forno con un’aggiunta
di besciamella e una noce di burro.
E dopo una portata così ricca non può mancare un secondo come la capra alla neretese, piatto tipico abruzzese capace di esaltare i sapori locali. Un mix di pomodori e peperoni, insaporiti con chiodi di garofano e una buccia di limone,
per una portata che rievoca le tradizioni agresti delle terre abruzzesi.
Rimanendo al secondo e spostandosi nel vicino Lazio, si incontra una portata a base di carne, in particolare di agnello. Un arrosto che però - a piacere - può anche essere fatto scegliendo carne di maiale, a seconda dei gusti, e che può
essere servito accompagnato da un contorno di patate cotte al forno, magari proprio accanto all’arrosto.
E sempre a base di carne d’agnello è un altro secondo, questa volta però dal Trentino Alto Adige, dove preferiscono servire come seconda portata le polpettine pasquali di agnello. Una ricetta che prevede una doppia cottura, prima in un
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Dai
fiadoni abruzzesi
alla pitta con
la niepita:
ANCHE A TAVOLA
SI FESTEGGIA LA
PASQUA
velo d’olio caldo per far perdere il grasso alle polpette e
poi con un cucchiaio di aceto e un mestolino di brodo.
Da servire accanto ad una bella teglia di patatine fritte,
per una portata certamente gustosa e intrigante. E altrettanto intriganti e buoni sono i fiadoni abruzzesi, una sorta
di calzoni ripieni di formaggio di pecora e parmigiano
reggiano, cotti al forno che possono essere presentati
come stuzzicanti metà pranzo.
Anche in fatto di contorni, la Pasqua vanta una scelta
molto ampia tra le varie regioni. Come in Molise dove è
possibile trovare, tra una portata e l’altra, l’insalata buona,
un nome che è già un programma. Un contorno preparato con fagiolini, lattuga, pomodori e con un tocco esotico
di mango. E a rendere ancora più intrigante l’insalata: le
uova sode sbucciate e divise a metà che alla fine saranno
sistemate sopra l’insalata, a mo’ di guarnizione. Insalata
ma non solo visto che, come contorno, in Toscana ricorrono alle uova. Abbastanza semplice il procedimento: si
lasciano bollire alcune uova per poi disporle insieme al
latte e alla panna in un tegame dove, precedentemente,
cipolla e salvia sono state soffritte insieme. Quindi si uniscono i tuorli, insieme al prezzemolo, al formaggio grattugiato e alla cannella e si strapazza il tutto, ovviamente
senza rompere le uova sode.
Ma il vero protagonista della tavola pasquale è senz’altro
il dolce, come a Napoli dove troneggia la pastiera, una
torta a base di pasta frolla con ripieno di ricotta, grano
preventivamente cotto con il latte, e frutta candita tagliata a pezzi. Ma quello che rende molto particolare la
pastiera è la guarnizione ottenuta con strisce di pasta frolla che la rendono molto simile, d’aspetto, ad una crostata.
Sempre in tema di dolci, in Calabria ci sono le pitte con
la niepita, quest’ultima un’erba con foglie simili alla
menta nella forma, ma di tessuto carnoso e coperte da
una sottile peluria. In pratica si tratta di biscotti a forma di
mezzaluna ripieni di marmellata d’uva, cannella, noci
sgusciate e pestate e di cacao. Il tutto cotto a forno, da
mangiare sia caldo che freddo.
Per finire la Puglia dove come dolce pasquale ci sono le
scarcelle. La tradizione vuole che in passato esistessero
due tipi di scarcella quella semplice e quella che una
volta era destinata ai bambini più ricchi, in mostra dai
pasticceri. In effetti si tratta comunque di un dolce molto
semplice fatto di farina, uova, zucchero e latte. Una volta
ottenuta la pasta saranno ricavati dei dischi e su ognuno
sarà poggiato un uovo a sua volta fissato con i ritagli di
pasta. A guarnire infine zucchero e confettini colorati, per
poi infornare il tutto.
Tante ricette e tante varianti per festeggiare al meglio la
Pasqua. Una festa da vivere anche a tavola.
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“L’infermiere è il professionista sanitario responsabile dell’assistenza infermieristica” inizia così il nuovo codice
deontologico e prosegue con il secondo articolo “l’assistenza infermieristica è servizio alla persona e alla collettività…”. Il codice procede con altri 49 articoli e leggendoli risaltano molti aspetti che permettono a noi professionisti di fermarci a riflettere ed intravedere un potenziale nell’assistenza che ci porta sempre più vicino alla persona. Il codice deontologico rappresenta per l’infermiere
libero professionista un punto di riferimento insostituibile
nello svolgimento della propria attività professionale e
che lo seguirà e sosterrà in tutto il suo percorso lavorativo. Da esso, infatti, ricaverà tutte le risposte necessarie al
suo agire professionale nei confronti della relazione con
la persona-assistita (cliente), nei rapporti con i colleghi
professionisti, con gli altri operatori della sanità, ed infine
con tutti quei soggetti che a vario titolo contribuiscono a
realizzare il mandato dell’infermiere che consiste nell’assistere, nel curare e nel prendersi pura della persona aiutandolo in un momento di difficoltà quale è quello della
malattia. Molte volte viene da chiedersi che cosa passi
per la testa di un infermiere quando sceglie di diventare
libero professionista, e soprattutto in particolare se ciò
che sente e che vuole, oltre le probabili e più che lecite
istanze personali, sia in assoluta armonia con la primaria
ispirazione infermieristica che è chiaramente basata sulla
“centralità” della persona da assistere. La risposta non
può che essere affermativa anche se la libera professione
per la sua forte connotazione liberale e pragmatica e per
i luoghi a volte misconosciuti e poco protetti dove si esercita corre qualche rischio in più. In effetti, spesso il libero professionista si trova proiettato in un mondo “laico”
rispetto ai valori di riferimento della professione, e così in
questo ambito tutto appare un po’ diverso e a volte fumoso, al punto che le regole appaiono più flessibili e gli stessi interessi assumono significati economici ma anche
politici e culturali. In questo senso nel nuovo codice
deontologico alcuni articoli hanno teso a mettere in risalto la nostra responsabilità nell’assistere, nel curare e nell’accudire la persona, rispettando la vita, la salute, la
libertà e la dignità dell’individuo. Ma non solo, visto che
in quest’opera è indispensabile tener conto dei valori
etici, religiosi culturali. L’infermiere promuove stili di vita,
la diffusione del valore della cultura della salute e della
tutela dell’ambiente. L’infermiere ascolta ed informa,
coinvolge l’assistito e valuta con lui i bisogni assistenziali, permettendo alla persona di esprimere le proprie scelte. Ciò comporta che, nell’agire quotidiano, ci siano dei
principi essenziali che guidano l’operato dell’infermiere
nella sua attività: rispettare la persona qualunque sia il
suo pensiero religioso, politico e culturale; avere la specifica competenza necessaria per l’assolvimento del compito assistenziale; ricorrere alla consulenza di colleghi
esperti nel caso di necessità; essere in grado di mettere in
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2 1
La PERSONA
al centro
dell’ASSISTENZA
di
L. Bonfanti, M. Fort,
E.R. Galli, A.M. Padovan
campo tutte le proprie conoscenze e competenze per facilitare la guarigione o il raggiungimento della maggiore autonomia possibile. Si tratta di un ruolo delicato che richiede esperienza, aggiornamento professionale, ma soprattutto la
capacità di saper mettersi a disposizione degli altri con quell’empatia indispensabile per ottenere la fiducia necessaria
per operare al meglio. A tale fine il codice deontologico ha il ruolo di guida, favorendo inoltre le relazioni con gli operatori appartenenti ad altre professioni, ma allo stesso tempo mantenendo alto il decoro personale a salvaguardia di tutta
la professione e rispettando i diritti degli assistiti con un oculato utilizzo delle risorse. Soprattutto oggi si sente il bisogno di questo ruolo di guida in un mondo dove tutto rischia di apparire “monetizzato o monetizzabile” ed in cui persino il linguaggio a volte si colora di tinte forti e poco usuali per la professione infermieristica. Si parla, in effetti, di mercato, di tariffe, di strategie, di contratti e convenzioni. Parole che suonano quasi come un allontanamento rispetto ad un
sistema valoriale che invece deve porre al centro del proprio agire la persona e la vita come valori assoluti. E’ chiaro
che lo scenario non è solo questo. Ci sono tantissimi contesti e situazioni veramente felici sia dal punto di vista professionale che umano dove trasparenza e correttezza non sono solo i presupposti basilari ma anche l’assoluta normalità
delle cose. Una circostanza che conferma come la differenza di comportamento non è determinata dal contesto, ma
piuttosto dalle persone. L’infermiere libero professionista, quindi, deve avere caratteristiche di solidità e responsabilità:
nelle proprie scelte e nel confronto con il mondo esterno/estraneo alla professione deve sempre restare su un piano di
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libertà e, di “purezza professionale” che gli garantiscano
di operare sempre nell’interesse delle persone assistite.
Tornando al codice deontologico perciò questo assume
per la libera professione un suo particolare peso specifico
ed un significato grandissimo che deve assolutamente trovare una sua fruibilità anche pratica ed immediata per
orientare le scelte di ogni giorno e per far restare la “barra
del timone” sempre franca. Ci sono, in effetti, diversi articoli del codice deontologico che colpiscono e suscitano
profonde riflessioni, ma un posto particolare va riservato
all’articolo 17 che testualmente recita: l’infermiere, nell’agire professionale è libero da condizionamenti derivanti da pressioni o interessi di assistiti, familiari, altri
operatori imprese, associazioni, organismi. Può sembrare quasi una banalità ed invece, anche in contesti apparentemente evoluti dal punto di vista della cultura sanitaria e della consapevolezza del ruolo dell’infermiere, le
pressioni “anomale” di diversa natura sull’agire professionale sono quasi all’ordine del giorno ed incidono a tutti i
livelli. E’ capitato, per esempio, che a domicilio i familiari della persona assistita dessero “buoni consigli” all’infermiere su come gestire l’assistenza e nei casi più gravi
con finalità più funzionali alle esigenze dei familiari che
della persona assistita. Oppure capita ad altri livelli ed in
contesti diversi e più strutturati che si chieda all’infermiere una specie di “silenzio-assenso” sulle modalità organizzative o sull’interpretazione dei ruoli professionali che
per ragioni economiche vedono l’impiego della risorsa
infermieristica in modo improprio e a volte de-professionalizzato. I condizionamenti non mancano nemmeno,
purtroppo, da parte degli interlocutori dirigenti e culturalmente evoluti, dove, in sede di sottoscrizione di contratti
le anomalie si intravedono già dalla titolazione della convenzione che si propone di escludere a priori il concetto
di intellettualità della professione, stralciando, di fatto,
dall’intestazione del contratto questa parola e rimarcando
con ciò la volontà di sminuire il ruolo dell’infermiere.
Esempi che danno l’idea della necessità di restare fortemente ancorati ad un’identità professionale e valoriale
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che deve trovare le sue fonti anche e soprattutto nel codice deontologico. Un codice deontologico guida ed orizzonte di riferimento ma anche un mondo tutto da scoprire nel quale ogni professionista può per conto proprio
esplorarlo e farlo proprio. Ci sono ad esempio degli aspetti assistenziali molto importanti che permettono alla professione infermieristica di iniziare e continuare a formulare piani assistenziali personalizzati. La libera professione ha ancor più questa opportunità perché può interfacciarsi con la popolazione e mettersi a servizio dell’assistenza centrata sulla persona creando piani assistenziali
nuovi dove il soggetto è l’assistito. Questo comporta la
bellezza di interagire, di ascoltare profondamente l’altro,
di mettere a disposizione della persona che compartecipa
al raggiungimento di un suo stato di salute le competenze tecniche organizzative. Interagire con l’altro vuol dire
riconoscere e attivare quelle potenzialità insite in ognuno
e che risultano utili al recupero dello stato di benessere
oppure che permettono l’adattamento della persona ad
una situazione di una malattia cronica. Possono così
nascere i progetti assistenziali dove possono essere coinvolti professionisti anche di ruoli diversi che si confrontano e interagiscono per creare quel campo, quello spazio
assistenziale utile alla persona e al suo nucleo familiare.
Una metodologia di lavoro che come confermato dall’esperienza favorisce delle sinergie che permettono il recupero dello stato di salute più velocemente, consentendo
anche ai familiari di vivere l’esperienza in modo diverso
e non con un atteggiamento di attesa. In pratica tutto questo aiuta la persona a sviluppare sempre più la propria
consapevolezza sul proprio stato di malattia aiutando la
propria compliance e alleanza terapeutica al fine di raggiungere insieme il proprio stato di salute. La persona,
quindi, riconosce e utilizza le competenze del professionista ma rimane attivo nel processo e questo permette
un’interazione continua tra gli operatori e l’assistito
vivendo attivamente i piani assistenziali giornalieri. Si
attua così una metodologia assistenziale che permette
alla persona assistita di vivere delle fasi che favoriscono la
La PERSONA
al centro
dell’ASSISTENZA
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sua partecipazione al piano di cura. Da qui la possibilità
di individuare tre fasi:
-la prima fase prevede il periodo che intercorre “dall’incontro all’alleanza” che ha come obiettivo la centralità della
persona nel processo della relazione terapeutica, accompagnare il cliente ad entrare in contatto con se stesso, a partecipare alla creazione del piano assistenziale utilizzando le
proprie conoscenze, qualità e potenzialità e interagendo
con l’equipe assistenziale utilizzando le competenze sanitarie utili al recupero dello stato di salute
-la seconda fase prevede il periodo “dall’alleanza alla
responsabilità”, aiutare la persona assistita a diventare consapevole del suo processo di guarigione, creare sinergia tra
la persona assistita e l’equipe, sviluppare il senso di cura
compartecipata. Si genera un campo di fiducia e di direzione, si attua la compliance della persona assistita.
-la terza fase prevede “l’educazione all’auto guarigione”
dove la persona si prende cura di se stesso utilizzando tutte
le risorse interne ed esterne utili per ritrovare il suo equilibrio, il proprio stato di salute. Partecipa consapevolmente al
piano assistenziale, coinvolge non solo l’equipe sanitaria
ma il proprio nucleo familiare e sociale. Inizia a prospettare un rientro nel campo sociale sviluppando l’adattamento
utile del proprio vivere con gli impegni sociali. Nel campo
dell’educazione terapeutica questa fase aiuta le persone che
vivono una malattia cronica a sintonizzare i propri impegni
sociali con la nuova condizione fisica.
Tutte le fasi tengono conto di tutti i livelli che interagiscono
in un individuo (fisico, emotivo, mentale, spirituale) cercando di ricreare un’armonia che permetta alla persona di vivere uno stato di salute utile al raggiungimento degli obiettivi
scelti dalla persona che rimane sempre al centro dell’assistenza. Una metodologia che vede sempre al centro la persona assistita e che può attuarsi sia sul territorio, sia nell’assistenza domiciliare ed, infine, durante un ricovero dove
appunto il libero professionista accompagna tutto il percorso assistenziale della persona, dal momento dell’inizio della
malattia fino a dopo il ricovero stesso realizzando un coordinamento tra le varie strutture e i colleghi professionisti. In
questo modo la persona si sente accompagnata e sa di poter
contare sull’infermiere che diviene un punto di riferimento
prezioso, riconosce la sua professionalità e riconosce che il
professionista lavora anche secondo una coscienza etica e
deontologica. Un infermiere che non è attratto dal sistema
o dal guadagno ma guidato da una professionalità attenta
alla persona e alle risorse presenti nell’individuo. Insomma
la persona al centro dell’assistenza.
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L’ATTIVITA’
DI INVESTIMENTO
DI ENPAPI
NEL 2008
26
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v e n t i s e t t e
di
Giovanni Valerio
Segretario
del Consiglio
di Indirizzo Generale
ENPAPI
Il 12 febbraio 2009 il Consiglio di
Indirizzo Generale ed il Consiglio
di Amministrazione si sono riuniti, in seduta congiunta, per
valutare i risultati della gestione
del portafoglio investito alla
data del 31 dicembre 2008.
Hanno preso atto, con soddisfazione, del rendimento positivo
conseguito, pari al 7,28%, superiore, rispetto all’obiettivo imposto dalla legge, corrispondente
alla media mobile quinquennale
del PIL che, per il 2008, è stata
pari al +3,46%, di circa 3,82
punti percentuali.
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Ciò, oltre a testimoniare la bontà delle scelte operate fin dal 2007, ha realizzato, pienamente, il richiamato scopo istituzionale dell’attività di investimento. L’attività di investimento, come è noto, è strumentale a quella istituzionale, di esercizio della funzione di tutela previdenziale obbligatoria. Ha l’obiettivo, di conseguenza, di salvaguardare l’entità della prestazione pensionistica: i proventi derivanti dall’impiego delle risorse finanziarie hanno lo scopo, infatti, di assicurare la rivalutazione dei montanti, costituiti dai contributi versati, così
come previsto dal sistema contributivo, introdotto dalla legge 8 agosto 1995, n. 335. Il Presidente ed il Consiglio di Amministrazione di
ENPAPI, in questo senso, hanno, da sempre, colto tale importante significato, adottando una gestione finanziaria che, se da un lato persegue la redditività del patrimonio, dall’altro vuole preservare il capitale investito. Ciò per mezzo dell’applicazione, in sede di definizione annuale dei criteri generali di investimento, di principi di diversificazione e frazionamento del rischio, che si concretizzano in scelte
di investimento caratterizzate da un basso rapporto rischio/rendimento. L’Ente, fin dallo scorso 2007, ha attuato, all’avvio della crisi del
mercato immobiliare statunitense, una politica di particolare prudenza, riconvertendo la quasi totalità del portafoglio allora esistente, in
strumenti appartenenti al mercato monetario. Tale decisione, particolarmente impegnativa, anche e soprattutto in termini di responsabilità assunta, si è rivelata corretta e lungimirante, atteso non solo l’andamento dei mercati finanziari nella parte finale del 2007 e dell’inizio del 2008, ma anche dello scoppio della vera e propria crisi finanziaria, che ha aperto la strada, poi, a quella economica, avvenuta
nella seconda parte dello scorso anno.
Figura 1 – Composizione percentuale del portafoglio investito al 31/12/07
Questa politica è proseguita anche nel corso del 2008, nel quale l’Ente, con il concorso di consulenti e professionisti esperti, si è, di mano in
mano, affacciato nuovamente ai mercati finanziari, con una scelta che, peraltro, lo ha tenuto a distanza dalla profonda crisi che, a livello globale, ha colpito tutti i mercati finanziari. Ciò si è reso necessario anche per evitare l’esposizione del portafoglio all’andamento dei tassi di interesse a breve, che avrebbe inficiato il risultato complessivo. Per questo motivo sono stati valutati possibili strumenti e classi di attività, da poter
inserire, all’occorrenza, nel portafoglio dell’Ente, in modo da perseguire e, se possibile, ottenere quel dovuto valore aggiunto al rendimento
ottenuto, che testimonia, peraltro, che l’attività di investimento, dopo la pausa di riflessione delle seconda parte del 2007, è continuata su basi
diverse, non racchiusa in formule precostituite ma dinamica, flessibile e pronta a cogliere le opportunità provenienti dall’esterno. Il patrimonio gestito, oggi, è costituito, in prevalenza, da titoli obbligazionari (senza alcuna esposizione al gruppo bancario Lehman Brothers) e da strumenti appartenenti al comparto monetario e, alla fine del 2008, è pari a circa centosessanta milioni di Euro.
Figura 2 - Composizione percentuale del portafoglio investito al 31/12/08
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Dal confronto tra la composizione percentuale del portafoglio, ad un anno di distanza, emergono, peraltro, diversi elementi di particolare importanza, sul piano della politica di investimento, che evidenziano la prudenza con la quale ENPAPI effettua le proprie scelte di
investimento:
• la scomparsa, tra il 2007 ed il 2008, della classe di attività degli hedge funds, che non aveva mai avuto un peso rilevante ma che, nonostante ciò, è stata considerata poco consona al fine istituzionale che la gestione finanziaria deve perseguire;
• l’ingresso, nel portafoglio, di investimenti nel “Fondo Italiano per le Infrastrutture – F2i”. La presenza di ENPAPI in questo Fondo risulta essere di particolare significato, considerando che il Fondo investe in infrastrutture anche a valenza sociale, quali Ospedali, Istituti di
cura, Scuole, Case circondariali e di rieducazione, legate allo spirito della professione infermieristica e che la natura di sottoscrittori del
Fondo, accanto a soggetti quali Fondazioni bancarie, istituzioni europee, Fondi pensione, Ordini professionali, è motivo di particolare
prestigio anche per tutta la Professione Infermieristica;
• l’assenza di alcuna esposizione al comparto azionario;
• l’avvio degli investimenti nella classe dei fondi immobiliari, considerata interessante, dal punto di vista delle prospettive di reddito e del
rapporto rischio/rendimento.
L’andamento dell’ultimo quinquennio risulta particolarmente positivo, con un valore medio delle performances conseguite pari a
+4,76%, rispetto al tasso medio di rivalutazione dei montanti, pari a +3,78%.
Figura 3 – Confronto tra l’andamento della performance del portafoglio investito e della media mobile quinquennale del PIL
Le scelte orientate alla massima prudenza hanno salvaguardato il patrimonio dell’Ente in un anno particolarmente negativo per i mercati finanziari come il 2008, conseguendo una redditività decisamente positiva e consentendo, per la prima volta dall’istituzione dell’Ente,
l’accensione del Fondo di Riserva, circostanza, questa, che rappresenta un’ottima opportunità, per l’Ente, di poter disporre di ulteriori risorse che potranno essere, eventualmente, destinate all’implementazione di forme di assistenza, in attuazione dei principi di solidarietà infracategoriale. L’attuale struttura del portafoglio dell’Ente, tra l’altro, consentirà, con buona probabilità, di perseguire gli obiettivi di rivalutazione medi annui previsti per i prossimi anni. In qualità di Segretario dell’Organo che, per Statuto, definisce i criteri generali di investimento, rivolgo, in conclusione, un plauso al Presidente ed al Consiglio di Amministrazione di ENPAPI, per gli ottimi risultati ottenuti, in
un contesto nel quale è così difficile operare scelte di investimento. Un ringraziamento, inoltre, alla struttura, per il concreto supporto alla
difficile attività decisionale.
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di
Claudio Capra
Segretario FondoSanità
Previdenza Integrativa:
perchè e come...
FONDOSANITA’, un sistema a capitalizzazione dove ognuno rimane
titolare del patrimonio versato e del rendimento prodotto negli anni
dagli investimenti
Necessità della previdenza integrativa
La previdenza obbligatoria garantisce la conservazione del patrimonio con un bassissimo livello di rischio, ma non permetterà di mantenere, al momento della pensione, il tenore di vita abituale con la medesima qualità e le stesse abitudini godute durante il periodo lavorativo. Da Panorama (N. 45 - 6 Novembre 2008): “….Chi ha iniziato a lavorare 10 anni fa riceverà dall’INPS meno di metà dell’ultimo
stipendio…mentre andrà ancora peggio per gli autonomi che prenderanno pensioni pari al 35-40% del reddito dichiarato: una miseria”.
Il calo della natalità nel nostro paese e l’aumento della vita media ha come conseguenza un aumento dei pensionati ai quali il solo contributo dei “lavoratori effettivi” non consente di garantire un’opportuna redditività. Da questi aspetti deriva la necessità della previdenza
“integrativa”, che permette di coprire parte del deficit e di avere un adeguato livello pensionistico attraverso investimenti con un lungo
orizzonte temporale ed un rischio minimo e modulabile. Diverse sono le possibilità:
Polizze individuali, piani di accumulo (PIC), fondi aperti.
Proposti da promotori di assicurazioni e banche, queste forme previdenziali costituiscono la previdenza complementare individuale, ma
bisogna ricordare che hanno sempre alti costi di gestione, i cosiddetti “caricamenti”, e fruttano interessi decurtati di percentuali significative, le “aliquote di retrocessione”, e questo rende assai minori i rendimenti e di conseguenza anche il capitale residuo.
Fondo pensione chiuso, riservato agli esercenti Professioni Sanitarie: FondoSanità: convenienza e possibili scelte
FondoSanità, che rappresenta la previdenza complementare collettiva per le figure professionali della sanità (tutti gli iscritti ad ENPAPI,
IPASVI, ENPAM (medici) ed ENPAF (farmacisti), ha costi di gestione amministrativa e finanziaria molto più convenienti, e nel lungo termine è matematicamente dimostrato che sono importanti e significative le differenze di rendimento. FondoSanità è un sistema a capitalizzazione dove si rimane titolari del patrimonio versato e del rendimento prodotto negli anni dagli investimenti, ed in base all’età ed alla
propensione al rischio è possibile la scelta fra tre diversi comparti di investimento, ed il passaggio da uno all’altro, dopo almeno un anno
di permanenza, è gratuito.
Comparto A = SCUDO: rischio basso, investimenti in titoli obbligazionari.
Comparto B= PROGRESSIONE: rischio medio, investimento diversificato con almeno il 45% in obbligazioni.
Comparto C= ESPANSIONE: rischio più elevato, investimento prevalente in azioni (almeno il 55% ).
Va segnalato che le commissioni di gestione vanno da 0,10% a 0,15% e sono molto convenienti (da uno a due punti e mezzo meno dei
fondi “aperti”, cioè riservati a tutti, concorrenti di FondoSanità).
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Vantaggi fiscali
La deducibilità di 5.164,57 euro l’anno (per sé o per i famigliari a carico), indipendente dalla detrazione Irpef del 19% per le polizze vita
eventualmente già stipulate, rende evidente che si pagano meno tasse subito e nessun altro investimento ha lo stesso rendimento immediato. Inoltre dopo 15 anni di iscrizione al fondo la tassazione della rendita pensionistica diminuisce da 15% al 9%.
Crisi dei mercati e pensioni integrative
La grave e prolungata crisi, a livello mondiale, dei mercati finanziari, non ha certo favorito negli ultimi tempi un approccio concreto ed
auspicabile alla previdenza integrativa, ma anche sulla stampa di specialistica e su vari quotidiani e settimanali non mancano importanti segnali e suggerimenti. Da Panorama (N. 45 – 6 novembre 2008): ...”Perché i ribassi non devono far paura ai giovani lavoratori…Le
perdite subite dai fondi pensione devono preoccupare ma non allarmare, soprattutto se si guarda al lungo periodo e alle caratteristiche
di questi strumenti…nelle fasi di ribasso si acquista un numero maggiore di quote del fondo.”. In particolare, per quanto riguarda
FondoSanità, il monitoraggio continuo del Consiglio di Amministrazione, dei tre gestori finanziari professionali (uno per Comparto), e
della società di consulenza con esperti dell’Università Bocconi di Milano che effettua un continuo confronto con i fondi aperti comparabili, non ha evidenziato sistematiche situazioni di sotto-performance rispetto ai concorrenti, e questo, nonostante le previsioni generalizzate che la crisi non sarà di immediata soluzione, rende FondoSanità sicuramente adeguato a gestire in modo competente una realtà
complessa come quella attuale.
I giovani non devono e non possono attendere
Anche se i vantaggi fiscali dovrebbero convincere anche i più vicini alla pensione ad iscriversi, i maggiori vantaggi sono proprio per i colleghi più giovani, che possono sfruttare l’andamento dei mercati finanziari, con l’azionario sempre positivo nel lungo termine, e soprattutto la “capitalizzazione”, quella enorme leva che moltiplica i nostri denari tanto più quanto più a lungo possono maturare i nostri guadagni.
Quindi: Partire presto, anche con risorse limitate, per avere il massimo dei vantaggi.
PENSA OGGI AL TUO DOMANI !|
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32
Viene
proposto all’ente
il seguente
quesito
di un iscritto:
E’ possibile che un pensionato INPDAP – ex dipendente
di una ASL con mansioni di infermiere – possa instaurare un rapporto di lavoro, autonomo ed in forma associata, con la medesima ASL?
La soluzione al quesito proposto deve essere fornita alla
luce di quanto stabilito dall’art. 19 del decreto-legge 25
giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, nella
legge 6 agosto 2008, n. 133, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 195 del 1° agosto 2008, in forza del quale, a
decorrere dal 1° gennaio 2009, è stata stabilita la totale
cumulabilità delle pensioni dirette di anzianità a carico
dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme
sostitutive ed esclusive della medesima con i redditi da
lavoro autonomo e dipendente.
La suddetta norma dell’agosto 2008 ha stabilito che, con
decorrenza 1° gennaio 2009, le pensioni contributive
sono interamente cumulabili con qualsiasi reddito da
lavoro se liquidate con un’anzianità contributiva pari o
superiore a 40 anni ovvero al compimento dell’età pensionabile, vale a dire a 65 anni per gli uomini e a 60 anni
per le donne, disponendo inoltre la soppressione dei
commi 21 e 22 dell’art. 1 della legge 8 agosto 1995, n.
335, sempre con effetto dalla medesima data.
Al successivo comma 3 del medesimo art. 19 il
Legislatore ha ribadito che “restano ferme le disposizioni
di cui all’articolo 4 del decreto del Presidente della
Repubblica 5 giugno 1965, n. 758” le quali stabiliscono
che i trattamenti di pensione di cui beneficiano i dipen-
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L’ENTE risponde
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[3 4 ]
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denti pubblici non sono cumulabili con la retribuzione
derivante da impieghi nell’ambito della Pubblica
Amministrazione quando il nuovo servizio costituisca
derivazione, continuazione o rinnovo del precedente
rapporto di lavoro che ha dato luogo alla pensione.
Trattandosi nel caso in esame di un rapporto di lavoro
autonomo, per di più svolto non in forma individuale, ma
associata, la suddetta norma potrebbe non trovare applicazione consentendo ugualmente il cumulo tra il trattamento pensionistico ed il reddito da lavoro autonomo.
Infatti il legislatore del 1965 (art. 1 ) ha consentito il
cumulo tra il trattamento pensionistico ed il trattamento
economico derivante da servizi resi alle dipendenze di
Amministrazioni statali, comprese quelle con ordinamento autonomo, di Regioni, di Province, di Comuni o di
Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, di Enti
parastatali, di Enti o Istituzioni di diritto pubblico, anche
con ordinamento autonomo, sottoposti a vigilanza o a
tutela dello Stato o al cui mantenimento lo Stato concorra con contributi a carattere continuativo, nonché di
aziende annesse o direttamente dipendenti dalle Regioni,
dalle Province, dai Comuni o dagli altri Enti suindicati …
prevedendo altresì che all’atto della cessazione del nuovo
rapporto è liquidato il trattamento di quiescenza in base
al servizio prestato nel rapporto stesso.
L’art. 4 del DPR 758 del 1965 che è richiamato nella
norma dell’agosto del 2008, si applica quindi solo nell’ipotesi in cui il pensionato instauri con
l’Amministrazione un nuovo rapporto di lavoro necessariamente di natura dipendente; tale è infatti la dizione
contenuta nell’art. 1 comma 1 e peraltro nel successivo
comma 2 si fa espressa menzione ad un ulteriore trattamento di quiescenza.
Né appare applicabile l’art. 25 della legge n. 724/94 che
stabilisce che al personale delle amministrazioni pubbliche, che cessa volontariamente dal servizio con diritto a
pensione, non possono essere conferiti incarichi di consulenza, collaborazione, studio e ricerca da parte dell’amministrazione di provenienza o di amministrazioni
con le quali ha avuto rapporti di lavoro nei cinque anni
precedenti a quello di cessazione, atteso che l’incarico di
cui si discute, non è né un incarico di consulenza, né di
collaborazione, ma costituisce lo svolgimento di una prestazione di natura professionale in forma associata.
Infine, va sottolineato che nel caso di cui al quesito il
professionista fornirebbe alla Amministrazione prestazioni professionali, non in forma individuale, bensì in forma
associata, il che concreterebbe la creazione di un centro
autonomo di interessi, tale da superare anche un’interpretazione estremamente restrittiva sia dell’art. 4 del DPR
758 del 1965 che dell’art. 25 del legge 724 del 1994.
Da qui la soluzione del quesito nel senso di ritenere
ammissibile il cumulo dei redditi da lavoro autonomo e
dei ricavi provenienti dal trattamento pensionistico.
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di
Marco Bernardini
LA FESTA DI PASQUA
TRA LE TRADIZIONALI
UOVA ED IL RITO
DEL FUOCO
Pasqua: un momento per celebrare la resurrezione di
Gesù Cristo ma anche il giorno in cui gli ebrei festeggiano la liberazione del loro popolo dal dominio egiziano.
E’ lungo queste due celebrazioni che, potremmo dire, si
sviluppa tutto il senso e il significato della festività
pasquale. Le uniche due religioni che riconoscono e celebrano la Pasqua e a cui legano un significato di grande
rilevanza per il loro popolo. Da un lato i cristiani, che
vedono nella Pasqua il sacrificio del figlio di Dio che
dopo essere stato crocifisso risorge per liberare gli uomini dal peccato. Il messaggio del Cristo è di resurrezione,
di trasformazione attraverso l’illuminazione, di cambiamento nella forma. Dall’altro lato il mondo ebraico, che
considera questa festività l’occasione per commemorare
il momento in cui ritrovarono la loro libertà, definitivamente affrancati dalla schiavitù egizia e quindi giunti
nella terra promessa. Due festività che, anche se ispirate
a motivi diversi, si presentano strettamente legate dal
momento che, in fin dei conti, la Pasqua cristiana deriva
da quella ebraica, chiamata Pesach e cioè passare oltre,
tralasciare. Infatti, come è scritto nel dodicesimo capitolo
dell’Esodo, Mosè programmò la fuga del suo popolo dalla
terra d’Egitto. In seguito tutti gli ebrei uccisero un agnello
di un anno, consumarono il pasto e prima di partire
segnarono con il sangue dell’animale le porte delle abitazioni. Così facendo l’angelo sterminatore o angelo della
morte vedendo il sangue dell’agnello del Pesach sulle
porte delle case di Israele “passò oltre”, salvando i primogeniti ebrei e uccidendo gli altri tra cui il figlio del
faraone. Da allora per gli ebrei la Pasqua ha assunto il termine di liberazione e di recupero della propria indipendenza. L’avvento del Cristianesimo ha però modificato il
significato originario della Pasqua, diventando semplicemente sinonimo di passaggio o più precisamente di passaggio dalla morte alla vita di Gesù Cristo e, ancora, di
passaggio a vita nuova per i cristiani. In realtà per i cristiani questa è la festività più importante e di maggior
valore, più dello stesso Natale. Infatti la Pasqua non solo
rappresenta, ma celebra quelli che possono essere considerati i tre momenti fondamentali del cristianesimo: la
Passione, la Morte e la Resurrezione di Cristo. In sostanza
la Pasqua si pone come nucleo del patrimonio liturgico e
teologico dell’intero cristianesimo. All’interno dello stesso mondo cristiano, però, ogni popolazione ha sviluppato riti ed usanze particolari con le quali festeggiare e
ricordare il momento pasquale. Nel nostro Paese, ad
esempio, le tradizioni pasquali si differenziano da una
regione all’altra anche se comunque sono unite in un
medesimo cerimoniale. Durante la mattina del Giovedì
Santo si svolge la Messa del Crisma, nella quale sono
consacrati gli Olii Santi (Crisma, Olio dei Catecumeni ed
Olio degli Infermi). E sempre in questo giorno si celebra
la Messa in Coena Domini che rievoca l’Ultima Cena,
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t r e n t a s e t t e
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durante la quale si svolge la tradizionale lavanda dei
piedi. E’ stata istituita l’Eucarestia, che vede il pane e il
vino come simbolo che il Cristo ha lasciato ai suoi apostoli ed il lavaggio dei piedi degli apostoli come simbolo
dell’invito a porsi al servizio del prossimo. Sempre il giovedì è tradizione, anche se non confermata dalla dottrina,
compiere il cosiddetto giro “delle sette chiese” o dei
“sepolcri”, durante il quale si va ad adorare i sepolcri allestiti in sette chiese vicine. Il Venerdì Santo è il giorno della
Via Crucis in cui si rievoca la passione di Cristo e il supplizio della crocifissione. Infine il Sabato Santo, incentrato sull’attesa della solenne Veglia di Pasqua che si celebra
fra il tramonto del sabato e l’alba del Nuovo Giorno. In
questo giorno di solito le chiese sono prive delle immagini di Gesù Cristo e gli stessi altari sono spogli, senza fiori
e paramenti. Sempre in questo dì si officiano poi i quattro
riti che alla fine porteranno alla grande cerimonia
pasquale: la benedizione del fuoco, la celebrazione della
Parola, con sette letture tratte dall’Antico Testamento che
narrano la storia della salvezza, i battesimi e il rinnovo
delle promesse battesimali e infine l’Eucarestia. Questa la
tradizione italiana, ma come detto, all’estero si sono sviluppate numerose usanze in alcuni casi legate alle antiche tradizioni locali. Nei paesi nordici la Pasqua per
esempio è anche l’occasione per festeggiare l’arrivo della
primavera. In Svezia e Finlandia nella domenica delle
Palme si benedicono dei rami di pioppo bianco adornati
con gemme. Ma è legata ai bambini una delle tradizioni
più antiche e folcloristiche della zona, si dice diffusasi fin
dal periodo medievale. I più piccini, infatti, una settimana prima della Pasqua si travestono da streghe e distribuiscono le loro letterine in cambio di caramelle. Questa
usanza prende spunto da una vecchia credenza svedese
legata alla convinzione che le streghe fossero più potenti
e distruttive proprio durante la settimana Santa. In
Francia, invece, la tradizione vuole che le campane delle
chiese rimangano in silenzio fino al venerdì Santo in
segno di dolore per Gesù crocifisso. Ai bambini si raccontava che queste volassero via verso Roma per poi tornare la domenica della Santa Pasqua, e quando risuonavano dai campanili i più piccoli cominciavano la ricerca
delle uova di cioccolato nascoste dai genitori prima dei
festeggiamenti. In effetti in Francia esiste ancora questa
usanza e i più piccini vanno in cerca delle uova nei propri giardini. E rimanendo in tema di uova, sempre in
Francia, verso la fine del ‘700, veniva messo da parte
quello più grande, che sarebbe stato destinato al re, il
quale a sua volta lo affidava ai migliori pittori dell’epoca
o ai migliori orafi, che lo avrebbero arricchito di pietre
preziose, smalti o gemme, trasformandolo così in un uovo
gioiello. In realtà quella delle uova rappresenta un’usanza consolidata in tutta Europa, a indicare la vita e la sua
continuità. Infatti non solo in Francia, ma anche in Svezia
e Danimarca la tradizione vuole che si mangino uova
sode colorate. Un’usanza, quella delle uova, che è presente sia in Italia che in Grecia, dove il giovedì Santo le
uova sono colorate di un rosso profondo, a indicare l’anima di Cristo. Queste poi saranno utilizzate sia come
decorazione per lo “sweet-bread” oppure, la domenica di
Pasqua, durante la cerimonia, quando vengono rotte e aperte in ricordo del miracolo della rinascita e della resurrezione di Gesù. E le uova sono presenti anche in Inghilterra, in
particolare a Preston, dove la tradizione vuole che il venerdì
Santo queste, una volta colorate vengano fatte rotolare su di
un prato o lungo una strada, fino a quando tutti i gusci non
siano stati spezzati. Non da meno la Germania dove però
accanto alle uova come simbolo della Pasqua c’è il coniglietto a cui la tradizione affida il compito, la sera prima
della domenica pasquale, di nascondere le uova nei giardini. Uova che poi i bambini cercheranno. Sempre alle uova
è poi legato un dolce tipico della tradizione pasquale spagnola, il “Mona”, decorato appunto con uova di cioccolato,
piume e una piccola figura di cioccolato a rappresentare un
personaggio noto ai bambini, a volte proveniente dal
mondo delle fiabe. Altra tradizione pasquale è poi quella
dei fuochi che, proprio nella Germania settentrionale,
trova grande sviluppo. Fuochi che però, secondo la leggenda andranno accesi con mezzi naturali: con la silice o
strofinando due pezzi di legno oppure con una grossa
lente, mentre le loro ceneri, considerate magiche, sono
sparse dai contadini per i campi al fine di propiziare il
buon raccolto.
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[3 9 ]
Un rito, quello del fuoco, che legato alla tradizione
delle uova riassume i due valori fondamentali della
festività pasquale: la purificazione dal peccato e l’importanza della vita, d’altro canto la Pasqua viene
anche chiamata la festa della trasformazione e della
resurrezione.
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di
Valentina Nanni
PREVIDENZA
e ASSISTENZA
nuovi interventi
a favore
degli iscritti
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E’ ormai consolidato l’indirizzo politico dell’Ente
Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione
Infermieristica che ritiene, nella definizione delle scelte strategiche a favore dei propri Iscritti, che la protezione assistenziale offerta debba avere pari dignità
rispetto alla tutela previdenziale obbligatoria. ENPAPI
mediante l’utilizzo congiunto di forme di previdenza
ed assistenza, si impegna nel cercare di realizzare quel
principio solidaristico secondo il quale gli Assicurati
concorrono vicendevolmente al sostegno dei propri
colleghi che versano in situazioni di grave disagio o di
difficoltà. E’ ormai consolidato l’istituto delle prestazioni di carattere assistenziale (interventi assistenziali
per lo stato di bisogno, indennità di malattia, contributi per spese funebri sostenute), mediante le quali l’Ente
si pone al fianco dei propri Iscritti durante tutto l’arco
della vita lavorativa e non soltanto al suo termine,
come avviene per le prestazioni pensionistiche. E’
mediante questo complesso articolato di interventi che
l’Ente costituisce un sistema articolato di protezione
previdenziale ed assistenziale, che nasce nel momento
dell’iscrizione e termina con la cessazione dell’attività
lavorativa ma, in alcuni casi, prosegue anche dopo il
termine della vita, infatti: le prestazioni assistenziali
correlate allo stato di bisogno o di malattia sostengono
gli iscritti in momenti di difficoltà; le prestazioni di inabilità ed invalidità si presentano in un’altrettanto sfavorevole situazione che riduce, se non compromette, la
capacità lavorativa; le indennità di maternità sorreggono le professioniste nel periodo di vacanza lavorativa,
in uno dei momenti più felici per la vita di una donna,
una volta che decidano di divenire madri; le prestazioni pensionistiche di vecchiaia sostituiscono il reddito
da lavoro, al termine della vita lavorativa; le forme di
assistenza sanitaria integrativa, messe a disposizione
attraverso EMAPI, tentano di rispondere ad ogni tipologia di necessità che può occorrere nella vita di un professionista; le pensioni indirette e di reversibilità, infine, realizzano un principio di tutela nei confronti dei
superstiti di assicurato o pensionato. Molte altre sono
le fattispecie che ENPAPI vuole tutelare, riaffermando
il proprio ruolo centrale nei confronti della categoria.
4 1
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Le nuove forme di assistenza, i cui regolamenti attuativi sono stati recentemente approvati dai ministeri
vigilanti, da un lato affermano chiaramente la forte
volontà di creare un circolo virtuoso di solidarietà, parliamo in questo caso del “Regolamento per l’erogazione di trattamenti economici speciali”, dall’altro si pongono nel segno della continuità verso il sostegno dei
professionisti durante lo sviluppo dell’attività professionale, e parliamo, in questo caso del “Regolamento per
l’erogazione di contributi per l’avvio e l’esercizio dell’attività libero professionale”. Il primo dei nuovi interventi assistenziali che l’Ente ha predisposto, prevede la
concessione, in favore di orfani titolari di pensione ai
superstiti, indiretta o di reversibilità, nonché di titolari
di pensione di inabilità, di un trattamento economico
speciale. La deliberazione, adottata dal Consiglio di
Amministrazione senza necessità di domanda da parte
degli interessati, determina in capo al beneficiario il
diritto a percepire nei dodici mesi seguenti un sussidio
mensile, il cui importo, corrisposto unitamente all’erogazione mensile del trattamento previdenziale dovuto
dall’Ente, assicura un’erogazione complessiva pari ad
€ 1.000,00 per mese lordi, salva comunque la possibilità per il Consiglio di Amministrazione di determinare,
anno per anno, un importo diverso. Tale intervento si
concretizza in un vero e proprio sostegno, operato
dall’Ente, in favore di quei soggetti che, per cause indipendenti dalla propria volontà, versano in condizioni
di particolare disagio. Il tratto comune nell’individuazione dei destinatari di tale intervento è stato colto nel
non avere alcuna possibilità di incrementare la propria
prestazione previdenziale, la quale, inoltre, è inferiore
al trattamento base risultante dall’applicazione del
sistema contributivo: in un caso, orfani, perché eroga-
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ta in misura percentuale, nell’altro, titolari di pensione di inabilità, perchè calcolata con coefficienti inferiori, corrispondenti all’età dell’iscritto al momento del pensionamento. Il secondo
dei due nuovi regolamenti assistenziali, elaborato con la collaborazione della Banca Popolare
di Sondrio, istituto cassiere dell’Ente, prevede la possibilità di riconoscimento di:
- contributi in conto interessi, in favore degli Assicurati che abbiano accesso a mutui ipotecari, finalizzati esclusivamente ad acquisto, costruzione, manutenzione straordinaria,
restauro, ristrutturazione, ampliamento di immobili destinati a studio o ambulatorio professionale;
- contributi in conto interessi a favore degli iscritti con età inferiore ai cinquanta anni,
che iniziano l’attività autonoma di infermiere e che hanno ottenuto prestiti chirografari
finalizzati alle spese di avvio dell’attività libero professionale;
- contributi in conto interessi a favore degli iscritti che hanno ottenuto prestiti chirografari finalizzati esclusivamente all’acquisto di macchinari, arredi, attrezzature destinati
all’esercizio dell’attività professionale, o per l’esecuzione di lavori di ristrutturazione
ordinaria e straordinaria dell’immobile destinato a studio o ambulatorio professionale.
Sono ovviamente previsti dei limiti massimi delle somme erogabili, definiti in funzione
delle somme richieste con il prestito o il mutuo, cui il contributo necessariamente deve
parametrarsi. Per i mutui il limite massimo è di € 100.000,00, per i prestiti cinquanta
volte il contributo soggettivo minimo pro-tempore vigente. I principali requisiti per ottenere il contributo sono legati all’anzianità contributiva, alla misura del reddito imponibile medio, al mantenimento dello status di iscritto e della regolarità della posizione contributiva per tutta la durata del contributo concesso. L’accesso ai contributi è deliberato
bimestralmente dal Consiglio di Amministrazione, che stabilisce l’eventuale graduatoria
e l’esito delle singole istanze pervenute.
La prestazione in oggetto si innesta in un sistema di prestazioni di assistenza garantite da
ENPAPI, non sovrapponendosi a quelle esistenti, ma, al contrario, integrando la capacità
di supporto dell’Ente e fornendo una tutela, un sostegno ed un incentivo all’esercizio dell’attività libero professionale, finora non oggetto di alcuna misura diretta.
Il supporto viene realizzato mediante accollo da parte dell’Ente di una parte della quota
interessi che l’iscritto deve versare alla Banca per ripagare il mutuo o il prestito cui ha
avuto accesso. In tal modo l’iscritto ha un abbattimento di un punto percentuale del tasso
di interesse applicatogli. Il meccanismo applicativo esonera inoltre l’iscritto
Infine, ma non da ultimo, è stato deliberato il nuovo Bando di concorso per l’erogazione delle borse di studio, che recepisce le modifiche al Regolamento per l’erogazione di
borse di studio, approvato dai ministeri vigilanti, che risulta essere più favorevole per i
destinatari del concorso. Il nuovo bando, consultabile sul sito internet, posticipa al 1 giugno 2009 i termini per la presentazione della domanda, elimina il vincolo di conseguimento del titolo universitario entro i termini previsti dalla facoltà di appartenenza ed
abbassa a 101/110 la votazione minima per i titoli universitari per la presentazione della
domanda, mentre mantiene il numero, gli importi e le tipologie delle borse messe a concorso.
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iEventiculturaliEventiculturali
Palermo – MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA
PALAZZO BELMONTE RISO
Sicilia 1968/2008. Lo spirito del tempo
Fino al 31 maggio 2009
Firenze - MUSEO NAZIONALE DEL BARGELLO
Gian Lorenzo Bernini - I Marmi Vivi e la nascita del ritratto barocco
dal 3 aprile al 12 luglio 2009
Ferrara – PALAZZO DEI DIAMANTI
Morandi. L’arte dell’incisione
Dal 4 aprile al 2 giugno 2009
Pesaro (PU) – PALAZZO DUCALE
Raffaello e Urbino
Dal 5 aprile all’11 luglio 2009
Rovereto (TN) – MART
La guerra fredda. Cold war, arte e design in un mondo diviso 1945 - 1970
Fino al 26 luglio 2009
Arona (NO) – VILLA PONTI - FONDAZIONE ART MUSEO
Dall’arte di Raffaello a Rembrandt e Goya
Fino al 10 maggio 2009
Nuoro – MAN - MUSEO D’ARTE DELLA PROVINCIA DI NUORO
Something else!!!
Fino al 3 maggio 2009
Bard (AO) – FORTE
Verso l’alto – L’ascesa come esperienza del sacro
dal 9 aprile al 30 agosto 2009
Padova – ORATORIO DI SAN ROCCO
Melchiorre Cesarotti – Un letterato tra Veneto ed Europa 1730 - 1808
dal 22 aprile al 10 maggio 2009
Pescara – EX AURUM
Cromofobie
Fino al 31 maggio 2009
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[4 6 ]
I borghi d’Italia:
Seborga
La storia di un borgo che si sente principato
Un po’ borgo e un po’ principato. Seborga, una cittadina
situata nell’entroterra ligure, tra Ospedaletti e Bordighera,
vive da tempo questa “doppia identità”, alla quale si sta
abituando al punto che i suoi stessi cittadini la sentono
ormai quasi come una loro prerogativa. Peccato che però,
al di fuori degli stessi abitanti, siano pochi gli enti o gli
Stati pronti a riconoscere a Seborga lo status di principato, che invece resta uno splendido borgo italiano.
Una pretesa, quella di essere principato, che per la verità
secondo alcuni sarebbe legata piuttosto ad un intento
pubblicitario. Oggi infatti Seborga è una realtà molto
ricca dal punto di vista turistico, apprezzata in particolare dagli inglesi, capace di offrire una notevole varietà di
attrazioni e di curiosità. Grazie al suo “titolo” batte moneta, il Luigino; stampa francobolli con l’effigie di Sua
Altezza Giorgio I, ha una propria bandiera e targhe personalizzate. Tutto ottimo materiale da vendere come souvenir per i turisti e, a sua volta, per sostenere le casse
comunali. E se questo non bastasse i cittadini di Seborga
si sono dati anche delle proprie istituzioni: un “principe”,
riconosciuto con il nome di Giorgio I, e un consiglio di
15 “ministri” che però al di fuori del ruolo non riveste
alcun potere legale. Pretese dinastiche a parte, Seborga
era già popolata ai tempi dei romani, conosciuta con il
nome di “Castrum Sepulcri” che più tardi sarà cambiato
in “Sepulcri Burgum” e infine in “Seporca” da cui deriva
l’attuale Seborga. Nel periodo medievale Seborga si struttura come feudo sotto il controllo dei conti di Ventimiglia,
ma nel 954 il conte Guido decide di donare il castello,
con la chiesa di San Michele di Ventimiglia e gran parte
delle sue terre, ai monaci di Lerino. Nel 1079, Seborga
assurge allo status di Principato del Sacro Romano Impero
ed a capo del neonato principato il Papa Gregorio VII
designa un Principe-Monaco. Nel 1118 la storia del
borgo si lega a quella dei cavalieri templari. In tutto saranno nove quelli nominati dal Principe-Monaco Edouard e
che farà di Seborga il primo e unico stato cistercense della
storia. Un legame, quello con i cavalieri templari, che
contribuisce ad impreziosire e a rendere ancora più
esemplare la storia di questo borgo. Il dominio cistercense dura fino al XVIII secolo. Nel gennaio del 1729 infatti
il Principato sarà venduto a Vittorio Amedeo II Principe di
Savoia, facendolo così rientrare nei domini del Regno di
Sardegna. Ed è proprio da questo momento che si innestano le pretese di sovranità e di autonomia che, come
abbiamo visto, ancora oggi resistono. Infatti i sostenitori
dell’indipendenza del borgo ritengono che questa transazione non sia stata mai registrata e tantomeno pagata. Da
qui la pretesa autonomistica. Dubbi, congetture, tesi contrapposte che però si dimenticano quando si passa ad
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ammirare le bellezze paesaggistiche offerte da Seborga.
Infatti, incastonata come una pietra preziosa in un gioiello, la cittadina è circondata, da un lato, da colline disseminate di fiori e dall’altro dalle incantevoli spiagge di
Bordighera. Ad incorniciare il tutto, le cime innevate delle
Alpi Marittime. Infine, l’altitudine di Seborga consente
anche una vista stupenda sulle vicine spiagge di Monaco,
Nizza e Cannes, senza dimenticare lo splendido scorcio
su Saint Tropez. Tutto ciò ha permesso alla città di diventare meta ambita da chi ama stare a contatto con la natura e godere del clima mite della zona. E proprio tali condizioni meteorologiche hanno influenzato l’economia
locale che, oltre ad essere legata al turismo, vive di floricultura, soprattutto di quella di campo. In questo senso
spicca in particolare la coltivazione della mimosa che
viene esportata in tutto il mondo, insieme alla ginestra, di
cui esiste, tra le varie varietà, proprio quella “seborghina”,
apprezzata per la sua bellezza e durata. Non solo però
bellezze naturali visto che Seborga offre splendidi palazzi e costruzioni, come la Chiesa di San Martino risalente
al XVII secolo che domina la piazza principale e che spicca con i suoi stupendi stucchi in stile neoclassico risalenti ai primi anni del ‘700. Sempre nella piazza e vicino alla
Chiesa di San Martino il “Palazzo” dei monaci con l’antica sede della zecca. Da qui poi si dipanano un nugolo di
vicoli e vicoletti lungo i quali si può respirare il fascino di
un paese ancora legato alle sue tradizioni ed alla sua storia. Qui si alternano botteghe artigianali ed atelier in cui
poter ammirare ed acquistare le opere di artisti locali
capaci di modellare come pochi altri le più svariate qualità di materiali quali la porcellana, il vetro ed il legno. E
la tradizione si sente anche nel gusto e nei sapori dei prodotti tipici di Seborga, che sono quelli classici della parte
ponente della Liguria, con la presenza però di alcune specialità esclusivamente locali. E’ il caso del vino che è prodotto secondo ben tre diverse tipicità: Vermentino, Pigato
e Rossese. Ottima anche la produzione di liquori dal
caratteristico sapore che vanno dal limoncino alle grappe
aromatiche fino al alcuni liquori dai nomi molto evocatici come “Ninfa plebea” e “Sangue blu” o “Amaro calice”
e “Raggio di luna”. Dal bere al mangiare il passo è breve
con una vasta gamma di prodotti strettamente legati alla
tradizionale coltivazione dell’ulivo da cui si ricavano un
purissimo olio extravergine, i raffinati paté d’olive e le
deliziose creme di carciofi, oltre naturalmente al tradizionale pesto. Non da meno a Seborga è poi la produzione
dei prodotti da forno, che annovera non solo il tipico
pane alle olive ma una notevole varietà di dolci: i principini di Seborga che assomigliano a dei piccoli panettoni
dal morbido impasto, i torcetti seborghini (piccoli dolci
dalla forma di ferro di cavallo ricoperti di zucchero), i
baci di Seborga, le caroline all’uvetta (in pratica delle
golose sfoglie dolci) insieme a molti tipi di biscotti e cioccolatini prodotti artigianalmente. Infine un ultimo accenno alle ottime e molto apprezzate ricette della cucina di
Seborga che naturalmente sono legate ai sapori della tradizione. Una cucina che si divide tra piatti semplici come
quello della capra stufata con i fagioli o la carne di cinghiale con contorno di polenta grigliata a pietanze più
elaborate diventate vere e proprie specialità locali come
l’agnello con contorno di funghi porcini, le tagliatelle al
ragù di coniglio oppure i ravioli di borragine e le lumache
o il coniglio “alla Seborghina”, cioè preparati con pomodoro, olive e pinoli il tutto presentato in una coccio di terracotta. Diventati ormai un must per chi voglia assaggiare i sapori di questa incredibile terra.
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La Redazione di Providence vi invia i
più sinceri e sentiti auguri di una serena Pasqua. Quest’anno le festività
pasquali giungono a conclusione di un
anno ricco di attività, impegni e di
aspettative sia per quanto riguarda il
nostro Ente che per il nostro Paese. La
crisi finanziaria internazionale rappresenta la vera sfida di questi mesi alla
quale bisogna rispondere in modo
concreto ed efficace per salvaguardare
i risparmi di quei tanti italiani che giorno dopo giorno assistono all’aumento
del costo della vita. Come la Pasqua
segna il ritorno alla vita dopo un
periodo di passione e privazione così i
mesi a venire possano segnare l’inizio
della ripresa e del ritorno alla fiducia
ed alla speranza.
Auguri di Buona Pasqua a tutti voi.
Il Presidente
Mario Schiavon
ENPAPI
Lungotevere dei Mellini, 27 - 00193 Roma
www.enpapi.it