“L`INTERNAZIONALISMO DEI GIOCHI OLIMPICI

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“L`INTERNAZIONALISMO DEI GIOCHI OLIMPICI
“L’INTERNAZIONALISMO DEI
GIOCHI OLIMPICI”
PROF.SSA SIMONA IANNACCONE
Università Telematica Pegaso
La figura di Coubertin e la sua definizione di olimpismo
Indice
1
GLI ESORDI DEI GIOCHI OLIMPICI ---------------------------------------------------------------------------------- 3
2
LO SPIRITO OLIMPICO DI STOCCOLMA -------------------------------------------------------------------------- 10
3
L’INNOVAZIONE SIMBOLICA ------------------------------------------------------------------------------------------ 16
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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La figura di Coubertin e la sua definizione di olimpismo
1 Gli esordi dei Giochi Olimpici
I giochi sono solennemente aperti dal re Giorgio I in presenza di settanta mila spettatori,
quattordici nazioni e 241 atleti ad Atene nel 1896. Le competizioni sportive si svolsero durante una
settimana e comprendevano l’atletica, il ciclismo, la scherma, la ginnastica, il sollevamento pesi, la
lotta, il nuoto, il tennis e il tiro (il canottaggio, previsto dal programma, non poté essere
organizzato). La gran parte dei partecipanti era rappresentata dai Greci e da qualche decina di atleti
venuti da nuovi altri paesi europei, quali Stati Uniti, Cile e Australia.
A metà settimana olimpica, un pastore greco, Spyros Louis, riporta la prima vittoria
nella maratona mai organizzata e diviene l’idolo dei suoi connazionali. Il livello generale delle
competizioni è flebile, ma poco importa.
La riuscita popolare esorta i Greci a reclamare Atene come luogo permanente dei Giochi.
Tale risoluzione avrebbe, senza dubbio, annullato il carattere internazionale che egli voleva
assegnare ai giochi rinnovati.
Già nel congresso della Sorbona del 1894, Coubertin aveva proposto che il ripristino
dei Giochi partisse dal 1900, da Parigi e dall’Esposizione Universale che vi era programmata. I
delegati lo convinsero che sei anni di attesa erano un periodo troppo lungo e suggerirono il 1896 e
Atene.
I Giochi del 1900 si svolsero a Parigi, capitale culturale del mondo, come
auspicato da
Coubertin, celebrati in concomitanza con le Esposizioni Universali, furono mal organizzati
nonostante radunassero ventiquattro nazioni e novecentonovantasette partecipanti: Coubertin dirà
negli anni successivi che «si tratta di un miracolo che l’Olimpismo abbia potuto sopravvivere a
quella celebrazione»1.
All’interno dell’Esposizione Coubertin sognava di ricostruire l’antico sito di Olimpia,
riproducendo il sacro recinto dell’Altis, come aveva già proposto ai direttori dell’Expo 1889, ma
senza successo. Il responsabile dell’Esposizione 1900 era Alfred Picard, un ufficiale di stampo
conservatore, senza alcun rispetto per lo sport e gli sportivi, non condivise il piano del barone.
Con sua grande delusione, egli vide ergersi un muro di contese politiche e di
incongruenze burocratiche. Dopo numerose traversie, all’indomani del Congresso di Havre nel
1
P. de Coubertin, Une campagne de vingt et un ans. Cap.XV:Les apprêts de la Deuxième
Olympiade, p. 138
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1897 Coubertin afferma che «l’ora suonerà per noi di pensare alla seconda Olimpiade» 2.
Sconosciuto il programma, così come i progetti del commissario, Coubertin deciderà di organizzare
«i Giochi al di fuori di ogni ingerenza amministrativa ad opera di un comitato d’organizzazione
privato»3 presieduto dal visconte di La Rochefoucauld. Fu prodotto un vastissimo programma, che
comprendeva ogni disciplina possibile, le iscrizioni iniziarono a fioccare, i preparativi a farsi
frenetici. Ma il 9 novembre dello stesso anno l’Unione delle società sportive antiche francesi
(USFSA), di cui pure Coubertin era segretario generale, dichiarò di essere l’unica depositaria del
diritto di organizzare manifestazioni sportive a Parigi nel 1900. La Rochefoucauld si dimise
immediatamente e Coubertin lo seguì a ruota. Picard, direttore dell’Expo, nominò Daniel Mérillon,
presidente della Federtiro francese, il quale diffuse un nuovo programma di manifestazioni, ma le
numerose strutture sportive internazionali che avevano già aderito alla proposta di Coubertin
rifiutarono di associarsi alla nuova iniziativa. Secondo il programma di Mérillon l’Olimpiade si
sarebbe tenuta a Vincennes e le discipline sarebbero state inserite nelle diverse sezioni
dell’Esposizione.
L’Olimpiade traballava. Finì che in seno all’Expo fu organizzata una miriade di eventi
sportivi inseriti nel programma della Fiera, così diversi e multiformi, così slegati fra loro, che assai
poco ricevettero l’etichetta di “competizione olimpica” 4; le gare furono descritte come “concorsi
internazionali di esercizi fisici e sport” 5, la stampa li denominò giochi internazionali, mondiali,
Giochi di Parigi. Sul piano sportivo le gare furono un mezzo fallimento, confuse in un apletora di
eventi di diverso calibro. Al contrario, va detto, l’Expo fu un vero successo. Chiuse il 12 novembre,
visitata da quasi 51 milioni di persone; l’Olimpiade ne fu solo un contorno.
Nel pensiero di Coubertin, bisognava cercare di dare ai partecipanti quello che non potevano
trovare altrove. Questi ultimi ad Atene erano entrati in contatto con la più pura antichità, pertanto,
Parigi doveva mostrare loro la vecchia Francia con le sue tradizioni e la raffinata cornice.
Da ultimo le competizioni sono ripartite su quasi sei mesi, senza che sia d’altro canto
possibile fissarne l’inizio e la fine. I campionati professionali di ciclismo, di scherma e di tiro
attirano la folla.
2
P. de Coubertin, Une campagne de vingt et un ans. Cap.XV, op. cit. p. 138 ; Memoires
Olympiques. Cap. V: la Deuxième Olympiade (Paris 1900), pp. 48-52 ; Cfr., Discours d’ouverture
du Congrès premier a l’Hotel de ville du Havre le 26 Juillet 1897, p.10
3
P. de Coubertin, Une campagne de vingt et un ans. Cap.XV , Ibidem; Un siècle de Comité
International Olympique, op. cit., p. 117
4
Un siècle de Comité International Olympique, 1894-1994, op. cit. p. 120
5
Ibidem
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I Parigini, come testimoniato dalla scarsa risonanza della stampa, hanno altre preoccupazioni
quali le scoperte tecnologiche che stanno cambiando la vita del mondo occidentale.
Malgrado tutto, tali giochi attirano più atleti, da numerosi paesi, che da Atene. Qualche
donna vi partecipa per la prima volta: nel tennis, tiro all’arco e golf. Queste ultime erano assenti
quattro anni prima a causa della misoginia di Coubertin che si opporrà alla loro partecipazione fino
alla sua morte (soprattutto nelle gare di atletica leggera).
Il canottaggio, il calcio, il polo, il cricket e il rugby fanno la loro apparizione nel programma
olimpico. L’atletica si svolge sulla pista del Racing club de France al Pré Catelan, in pieno bosco di
Boulogne. Gli Americani ei Francesi dominano largamente le competizioni. In Francia,
all’universitario Myer Prinstein, primo dopo le qualificazioni, è impedita la partecipazione alla
finale del salto in lungo, programmata di domenica, giornata invece consacrata all’ufficio
religioso 6. L’eroe di questa edizione è l’altro americano Ray Ewry, capace di sconfiggere nel salto
in alto la poliomelite avuta da bambino prima degli avversari incontrati in gara. 7
Furono notati risultati interessanti, ma che non avevano niente di olimpico. Secondo
l’espressione di uno dei colleghi del barone Coubertin, gli organizzatori «avevano utilizzato la
nostra opera facendola a brandelli»8. In ogni caso, era risultato chiaro che non bisognava più
lasciare che i Giochi venissero inseriti in qualche grande fiera nell’ambito della quale il loro valore
filosofico evaporava e la loro portata pedagogica diventava inoperante.
Altre due volte, nel 1904 e nel 1908 i Giochi olimpici avrebbero dovuto subire, per ragioni
di bilancio, il contatto con le esposizioni. Solamente nel 1912, grazie allo sforzo svedese, il divorzio
sarebbe stato concesso.
Sin dal rinnovamento, Coubertin aveva progettato che i Giochi del 1904 fossero
attribuiti agli Stati Uniti con lo scopo di internazionalizzare il più possibile la nuova istituzione. La
cocente delusione procurata a Coubertin dall’esito dell’Olimpiade di Parigi andava cancellata subito
guardando al Nuovo Mondo ed esportandovi l’idea olimpica, come il barone aveva sempre sognato.
Chicago fu dapprima designata poi, il presidente americano Théodore Roosevelt, succedutosi a
McKinley, si dichiarerà favorevole per Saint-Louis.
6
Prinstein ottenne il secondo posto, perdendo con Alvin Kraenzlein, senza disputare la finale: per
motivi religiosi si rifiutò di gareggiare la domenica, e per lui venne tenuta valida la misura delle
qualificazioni. Cfr. S. JACOMUZZI, Storia delle Olimpiadi, Einaudi, Torino 1976, p. 29.
7
Ewry gareggiò prima nel lungo, dove vinse con la misura di 3,21 m. Vinse anche il salto triplo
con 10,58 m. Infine, si aggiudicò anche l'alto facendo pure il primato del mondo con 1,65 m. Il
pubblico francese rimase strabiliato dalla sua prestazione e lo ribattezzò "la rana umana".
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Coubertin subito dopo Parigi mostrò di non aver fatto tesoro dell’esperienza parigina
nell’abbinamento nefasto Olimpiade-Esposizione Universale: a St.Louis i Giochi diedero coloritura
olimpica a qualunque evento sportivo, ma il tono da fiera paesana svilì molte competizioni e
provocò anche una abonimia come le gare riservate alle “razze minori”, di cui il barone si
vergognerà per tutta la vita.
Le competizioni sono ancora associate ad una esposizione: quella tenuta per commemorare,
con un anno di ritardo, il centenario dell’acquisto della Luisiana dagli Stati Uniti. Esse sono tuttavia
assai ben organizzate e riscuotono sul posto un popolare successo. Il sistema metrico è utilizzato
per le differenti gare conformemente alle regole del CIO
La boxe diventa sport olimpico. Solo dodici nazioni e seicentocinquantuno sportivi
sono presenti a causa della distanza e del costo dei trasferimenti; questi Giochi furono
soprannominati «Giochi della vergogna (disonore)» per aver precluso la partecipazione dei neri
americani. Un corridore tenta di conseguire la vittoria nella maratona dopo aver percorso parte del
percorso in automobile, senza dubbio il primo imbroglio nella storia dei giochi. Già nel 1904,
Coubertin annunciava, che «era arrivata l’ora di superare una nuova tappa e di restaurare
l’Olimpiade nella sua bellezza primaria»9.
Gli organizzatori credono bene di aggiungere al programma dei «antropological
days», concorsi riservati alla competizione di pellerossa, pigmei, patagoni, turchi e altri popoli
considerati esotici 10. Piuttosto che recarsi a Saint-Louis, Coubertin, preoccupato per il prestigio del
CIO, preferisce riunirlo a Londra sotto il patrocinio del re d’Inghliterra. Bisogna dire che il
principale organizzatore dei giochi del 1904, James E. Sullivan, aveva tentato di formare una
«Unione internazionale» per rimpiazzare il CIO.
Roma (in omaggio alla classicità) fu designata per i giochi del 1908 giacché, come
scriveva il barone, «soltanto a Roma, di ritorno dal suo viaggio in America, l’Olimpismo avrebbe
rivestito la toga sontuosa, sfarzosa, tessuta di arte e di pensieri di cui aveva, dall’origine, voluto
rivestirla» 11. Tale visione non prenderà corpo che cinquanta anni più tardi.
8
P. de COUBERTIN, Mémoires Olympiques, Chapitre V :LaDeuxième Olympiade (Paris 1900),
p. 49
9
Extrait de la Revue Olympique de mars 1911
10
Sui “giochi antropologici” si veda S. JACOMUZZI, Storia delle Olimpiadi, Einaudi, Torino
1976, p. 32.
11
Cfr., L. TOSCHI, Romane olimpiadi, in “Lancillotto e Nausica”, a. V (1988), n. 3, pp. 28-41).
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Cambiamento di scenario nel 1908: dopo la defezione di Roma 12, i Giochi vengono
assegnati a Londra, la capitale del paese che ha inventato la gran parte delle discipline sportive in
voga presso i giovani studenti di Oxford o Cambridge.
L'Italia fu, nell'ambito europeo, una delle nazioni che incontrarono le maggiori difficoltà.
Era stata appena sfiorata dall'evento inaugurale del 1896, praticamente ignorata dai mezzi
d'informazione, tanto da esser presente alle gare di Atene con un solo atleta, Rivabella, che
partecipò al tiro a segno. Le cose erano andate assai meglio nel 1900 a Parigi, con 33 partecipanti
italiani e tre medaglie, le prime della serie azzurra. L'Italia fu assente del tutto nel 1904 a St. Louis.
A quel punto, però, qualcuno aveva cominciato a interessarsi attivamente all'idea dei Giochi
Olimpici. Già da un certo tempo erano nate le prime federazioni sportive e verso la fine del 1902
cominciò a farsi strada un'idea: quella di tenere a Roma i Giochi Olimpici del 1908. Ne fu
principale fautore il conte Eugenio Brunetta d'Usseaux, un piemontese assai bene introdotto negli
ambienti francesi. L'idea piacque a de Coubertin, che grazie ai suoi studi classici era mentalmente
orientato ad apprezzare in pieno il significato storico di Roma e dell'Italia. In linea di massima la
candidatura di Roma era stata accettata dal CIO, ma in seguito le difficoltà di ordine economico e
anche politico che affliggevano in quegli anni il paese, sommate all'impreparazione degli organi
sportivi, indussero a dichiarare forfait
I Britannici sono il modello da seguire in materia di educazione scolastica e
universitaria. Pierre de Coubertin in svariate occasioni ne ha esaltato i meriti. Il Comitato olimpico
francese sensibilizza il presidente del Consiglio, Georges Clemenceau, e si fa assegnare un aiuto
pubblico di cinquantamila franchi per l’invio di una delegazione di atleti. Lo Stato riconosce
implicitamente l’importanza rappresentata da queste competizioni olimpiche e, nel contempo,
attende che gli atleti designati e loro dirigenti giustifichino dunque, con risultati di prestazione, tale
fiducia nazionale.
In una circolare indirizzata ai membri del Comitato, Coubertin scriveva che in ragione «di
difficoltà di ordine particolare verificatesi a Roma e che noi abbiamo dovuto tener segrete»13, il
12
C. BIANCHI, F. CARMINATI, G. COLASANTE, Alle radici dell’Olimpismo italiano. Il conte
Eugenio Brunetta d’Usseaux (1857-1919) Comitato per l'Organizzazione dei XX Giochi Olimpici
Invernali Torino 2006, p.58
13
La decisione era stata presa durante i Giochi intermedi di Atene, 1906, dove due volontà si
affrontavano. Da un canto, quella dei Greci, o piuttosto quella dell’opinione pubblica greca quale
Casa Reale, e dall’altro quella di Coubertin. L’uno voleva, rivendicando un diritto storico
ereditario, fissare risolutivamente i Giochi Olimpici in Grecia. L’altro, timoroso di
internazionalizzare la sua opera, intendeva che i Giochi si svolgessero ogni quattro anni in uno dei
continenti del pianeta. Circolare del Presidente ai membri del CIO, 9 dicembre 1906. Archivi CIO.
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CIO ha ottenuto dall’Associazione Olimpica Britannica l’organizzazione a Londra nel 1908 dei
Giochi della IV Olimpiade.
Coubertin arrivò a Roma nel febbraio 1905, percorse Roma e i suoi dintorni e «qui vi troverà
tutto ciò che occorreva per donare ai Giochi lo splendore e la bellezza che egli desiderava» 14 (le
Terme di Caracalla, Piazza del Popolo, etc). Il barone aveva stabilito egli stesso un bilancio
preventivo dei giochi e per portare felicemente a termine la sua impresa romana, suggerì diverse
misura da attuare di cui la prima concerneva la necessità di costituire una piccola società anonima
con un capitale di 50.000 franchi. Un anno era trascorso dalla visita di Coubertin a Roma, i suoi
progetti non furono mai presentati alla commissione, il “grande comitato” non fu mai convocato e il
Governo ricusò i sussidi 15. Il professore Angelo Mosso, tra gli oppositori all’ospitalità della gara, in
un articolo clamoroso, si schierò contro l’idea di un’olimpiade romana poiché riteneva gli italiani
non ancora in grado di competere con gli stranieri in una gara mondiale per l’educazione fisica 16.
Per la circostanza, venne costruito lo stadio di Shepherd’s Bush dove i Giochi olimpici
acquistano una nuova dimensione 17.
I giochi riunirono ventidue nazioni e presero una cadenza realmente internazionale. Il saggio
in Une Campagne de vingt et un ans rende omaggio all’organizzazione perfetta dell’Associazione
Olimpica Britannica, nonostante gli sforzi ostruzionistici «di un gruppo di Americani» e di talune
società francesi che intendevano far scomparire il Comitato Nazionale Olimpico francese e il CIO.
Una cerimonia di apertura accuratamente regolamentata, in presenza del re Eduardo VII e
della regina Alessandra, prefigurano gli eventi futuri della fine del XX secolo.
Gli Inglesi modernizzano i Giochi, per la prima volta ventidue nazioni (millecinquecento
atleti in marcia) sfilarono sotto il segno delle proprie bandiere, con duemilatrentacinque concorrenti
nello stadio, realizzando uno dei desideri della Conferenza della Comédie Française: quasi tutti
(salvo gli americani) avevano accettato di indossare le loro divise così che l’aspetto della sfilata
risultava trasformato. I territori dell’Africa del Sud, del Canada e dell’Australia partecipano
indipendentemente dal Regno Unito.
14
«La ville de Rome avec ses trésors d’art antique devait ennoblir le mouvement olympique et
donner à l’internationalisme sportif une impulsion décisive. «Olympiade Romaine» in Le Figaro
del 1908
15
«Si les Jeux Olympiques de 1908 s’étaient déroulés à Rome,ville à laquelle ils furent attribués»
Bulletin du Comit International Olympique ( Revue Olympique ), Mai 1961, N°74, pp. 1112
16
Ibidem
17
P.de Coubertin, Les remèdes. La question des stades, in Bulletin di Bureau International de
Pedagogie Sportive, n.2, 1933, p. 4
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Tuttavia, le competizioni sono segnate dalle contestazioni dovute alla mancanza di
esperienza e al nazionalismo dei giudici e degli arbitri per la gran parte britannici. D’ora in poi le
giurie olimpiche saranno internazionali.
L’unica delusione fu rappresentata dalla squalificazione del maratoneta italiano,
Dorando Pietri, per essere stato aiutato da un giudice di gara troppo solerte. 18. In nessun altro luogo
fu più appariscente il raggruppamento degli sport
A Londra le prove ginniche ebbero un posto d’onore e furono molto apprezzate dagli
spettatori. Le gare di scherma si tenevano nei pressi dello stadio, sotto tendoni giganteschi ben
decorati e perfettamente costruiti dal punto di vista tecnico. Con i rispettivi risultati, tutte quelle
gare misero in luce il carattere internazionale dell’istituzione. I premi individuali di ginnastica
toccarono a un italiano, un inglese, un francese e due tedeschi. I quattro paesi scandinavi ebbero la
meglio nella ginnastica a squadre. Francia e Ungheria si divisero gli allori nella scherma. I lottatori,
sessantotto per l’esattezza, appartenevano a dieci diverse nazionalità. Furono premiati un ungherese,
un finlandese, uno svedese e un italiano.
La congiunzione gioco-esposizione non si sarebbe più riprodotta e fu peraltro proibita dalle
regole olimpiche.
A Londra si ebbero numerosi festeggiamenti. Vi fu, in particolare, per gli atleti, un
banchetto di 250 o 300 coperti, un gran ballo, ricevimenti da tutte le parti 19
Coubertin si compiace dei risultati di Giochi di Londra 20. Per la prima volta dei
principi sono stati emanati, il Comitato di organizzazione ha perfettamente funzionato, il fair-play,
il dilettantismo hanno funzionato, malgrado ci siano sati incresciosi eccessi di fervore nazionalista,
l’autorità del CIO è d’ora in avanti indiscutibile. L’olimpismo non rappresenterà nessuna cosa se la
«pedagogia sportiva», sottolinea Coubertin, non contribuirà a modificare considerevolmente i
comportamenti e i costumi: «Io non ho, pertanto, abbandonato le mie convinzioni e le mie
speranze»21
I Giochi di Londra, e il loro successo, hanno contribuito a promuovere la riforma del
precetto al quale Coubertin ha consacrato la sua vita.
18
Ex ciclista, corridore per scommessa contro cavalli e levrieri, l’atleta italiano entrò barcollante,
il 24 luglio, nel londinese White City Stadium; guidato da alcuni zelanti giudici, fra cui Arthur
Conan Doyle, l’inventore di Sherlock Holmes, tagliò vanamente il traguardo.
19
Op. cit., p. 92
20
P.de Coubertin, Une campagne de vingt et un ans. Chapitre XII : La IV Olympiade….et Après,
p. 203
21
Op. cit., p. 206
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Lo spirito olimpico di Stoccolma
I Giochi olimpici svolti a Stoccolma 1912 sono ricordati dalla tradizione e dalla
storiografia olimpiche, dal punto di vista organizzativo e dei risultati teorici, perfettamente coerenti
con le concezioni di Pierre de Coubertin. Già nei giorni successivi alla conclusione dei Giochi nasce
il mito di Stoccolma:
«La perfezione dei congegni organizzativi fu al di sopra di ogni aspettativa. Pressoché tutti i
dettagli erano stati previsti e sempre nel modo più semplice e più pratico […] Un grande soffio di
patriottismo animava ognuno. “Fare onore alla Svezia” era la parola d’ordine» 22.
La manifestazione svedese si svolse senza esclusioni clamorose, casi di razzismo,
boicottaggi e scandali di nessun genere.
Di questa olimpiade Coubertin ha lasciato dei giudizi entusiasti e molte volte retorici: che
sia stata un’Olimpiade “perfetta” da ogni punto di vista lo confermano anche le testimonianze del
tempo esterne al CIO e al Comitato Olimpico svedese: «la bellezza della città, il fascino delle notti
crepuscolari, la gioconda accoglienza degli abitanti, la perfetta organizzazione di tutte le gare, la
cura minuta di ogni particolare, gli splendidi risultati ottenuti, la larga partecipazione, ha fatto di
questa olimpiade una manifestazione superiore alle precedenti» 23.
Anche nelle ricostruzioni storiche successive i Giochi svedesi sono esaltati come un
modello insuperato: «Stoccolma, o la nostalgia dell’Olimpismo. Perché a Stoccolma lo spirito
olimpico riconobbe se stesso, e da allora il riferimento alla capitale nordica […] divenne quasi un
luogo comune ogni qualvolta si trattasse di indicare un momento in cui l’ideale olimpico si presentò
in tutta la sua modesta ma autentica grandezza, in tutto il suo raccolto significato» 24
Ci sono i primi imprevisti diplomatici: la Russia e l’Austria protestano contro la
presenza della Finlandia e della Boemia (che sebbene non indipendenti avevano già da tempo un
forte movimento olimpico all’interno 25) sotto la stessa bandiera. Viene trovato un compromesso, in
caso di vittoria, uno stendardo dai colori cechi o finlandesi sarebbe stato issato al di sopra delle
22
P. de Coubertin, Une campagne de vingt-et-un ans (1887-1908) Paris 1909,
A. Balestrieri, Dalla città crepuscolare, in “La Gazzetta dello Sport”, 9 luglio 1912.
24
G. Meyer, Le phénomène olympique, Le Table Ronde, Paris, 1960, p. 115
25
P. de Coubertin, Géographie sportive, in "Revue Olympique", aprile 1911, pp. 51-52
23
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bandiere austriaca o russa. E fu solo grazie a ciò che la bandiera russa poté sventolare sull’asta,
mentre Coubertin, fautore di una «geografia sportiva», applica uno dei grandi principi «all games,
all nations», ossia che può esistere una geografia sportiva distinta dalla geografia politica 26. E
questo perché la partecipazione ai giochi sia da ritenere un diritto universale dei popoli e degli
individui 27. Coubertin fece notare la differenza tra il trattamento da riservare alla Boemia e alla
Finlandia e il rifiuto opposto l’anno prima alle richieste dei Sokols croati che non potevano vantare
gli stessi titoli incontestabili. In una lettera del 1911 indirizzata all’editore dell’Allgemeine
Sportzeitung di Vienna, Coubertin esprime due principi olimpici essenziali, in riferimento al
delicato problema sollevato dalle nazionalità e dalle bandiere durante i Giochi di Stoccolma del
1912 28.
I Giochi conseguirono uno straordinario successo dovuto altresì alla presenza
numerosa dei partecipanti, dei paesi e degli spettatori. Ventotto paesi si ritrovano a Stoccolma,
confermando così lo straordinario entusiasmo internazionale per tale appuntamento quadriennale.
Grazie alla istituzione di una lotteria speciale, le cerimonie e i quattordici sport in programma sono
organizzati con splendore (e beneficio).
I concorsi d’arte cari a Coubertin sono inaugurati a Stoccolma. Tutti gli artisti sono chiamati
a prendervi parte e la gran parte tra essi dedica la propria esistenza ad esercitare tale arte. Dal punto
di vista sportivo, sono dei professionisti. Le competizioni artistiche collegano i lavori della mente
ispirata dall’idea dell’atletica alla meravigliosa attività dei muscoli.
26
Cfr. A. LOMBARDO, I giochi perfetti, in “Lancillotto e Nausica”, a. XII (1995), nn. 1-2-3, pp. 36
ss.
27
P. de COUBERTIN, Géographie sportive, cit, e ora in Textes choisi, cit, p. 452
28
P.de COUBERTIN, Géographie Sportive in Revue Olympique, Aprile 1911, pp. 51-52, ora in
Textes Choisi, Olympisme, T. II, p.. Gentile Signore, devo far notare che l’articolo pubblicato nel
Vostro quotidiano il ventisei febbraio potrebbe far insorgere qualche incomprensione. Il
programma per i Giochi olimpici di Stoccolma non è ancora definitivo, e non è compito tutto del
Comitato svedese “stilare la lista dei paesi ammessi a partecipare ai Giochi”. La regola
fondamentale delle Olimpiadi è riassunta in questi termini «all games, all nations». Non è neanche
nel potere del Comitato Olimpico Internazionale, l’autorità suprema in questo campo, modificare
questo assunto. Devo aggiungere che una nazione non è necessariamente uno Stato indipendente.
C’è una geografia sportiva che potrebbe differire a volte dalla geografia politica. Molto tempo fa
un precedente caso è stato risolto dall’Ufficio Europeo della Federazione di Ginnastica, diretta dal
Sig. Cuperus di Antwerp. Noi crediamo di aver agito saggiamente seguendo questo esempio. Per
quanto concerne il Vostro paese, giacché nessun austriaco risulta presente nell’elenco del CIO, per
il momento, noi non siamo responsabili di questa lacuna; stiamo cercando di porvi rimedio. Io
auspico che il nostro prossimo incontro, che si terrà a Budapest a maggio, per invito del governo
ungherese e sotto il patronato di Sua maestà Imperiale e Reale Apostolica, non si concluda con
questo vuoto. In ogni caso noi contiamo che molti atleti austriaci siano ammessi alla quinta
Olimpiade, per noi fonte di gioia.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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La figura di Coubertin e la sua definizione di olimpismo
La Conferenza internazionale convocata a Parigi nel mese di maggio 1906 dal CIO ha
completato, come si sa, l’organizzazione delle Olimpiadi e l’opera del Congresso iniziale del 1894.
Il suo obiettivo, ovvero quello del barone Coubertin, che sviluppò il suo programma nel discorso di
apertura, era quello di far beneficiare lo sport dei valori che avrebbe portato l’arte e di nobilitare
così lo sport 29. Egli voleva arrivare alla conseguenza che gli artisti stessi praticassero lo sport e
facessero approfittare la loro arte delle esperienze acquisite 30.
Dopo aver enunciato le varie prerogative dello sport: bellezza, giustizia, audacia,
onore, gioia, fecondità, progresso, Pierre de Coubertin, che si presenta al concorso sotto lo
pseudonimo di due poeti (il primo francese e il secondo tedesco, vale a dire appartenenti ai due
paesi in lotta nel centro d’Europa), vince una medaglia d’oro nella letteratura alla “Olimpiade
dell’Arte” con una poesia Ode allo sport scritta nello stile aulico dell’epoca, concludendo con
un’invocazione alla pace: «O Sport, tu sei la Pace! Tu stabilisci dei felici rapporti tra i popoli
avvicinandoli nel culto della forza controllata, organizzata e padrona di se stessa. Da te la gioventù
universale apprende a rispettarsi e così la diversità delle qualità nazionali diventa la fonte di una
generosa e pacifica emulazione»31.
Egli impose altresì un nuovo sport, il pentathlon moderno 32, nel quale si compendia
tutta la “filosofia” sportiva di Coubertin (il motto citius, altius, fortius trova in questa gara
un’efficace sintesi). «Una delle innovazioni più interessanti dei Giochi Olimpici del 1912 sarà stata
l’istituzione del Pentathlon moderno e quest’ultimo sarà durevole non tanto perché è dotato di una
sfida che la Svezia, questa volta, ha saputo attribuirsi, quanto per l’adesione universale che l’ha
consacrata» 33.
Dal punto di vista sportivo, il Pentathlon moderno ha rappresentato la vetta più alta dell’
Olimpiade. Altrove lo sforzo muscolare non è stato così intenso e il disinteresse così completo 34.
Malgrado qualche lieve imperfezione, il Pentathlon fu organizzato in modo da soddisfare
coloro che lo consigliarono vivamente. Un perfetto spirito sportivo si manifestò tra tutti i
concorrenti. Vincitori e vinti mostrarono il medesimo entusiasmo per tale superba istituzione, mero
criterio di virilità e di perfetto atletismo.
29
Art et amateurisme,Revue Olympique, aprile 1939, fasc. 5, p. 19 e ss.
Ibidem
31
Ode allo sport, in “Revue Olympique”, dic. 1912, pp. 179-181
32
P.de COUBERTIN, «Les débuts du Pentathlon Moderne» in Revue Olympique, ottobre 1912,
pp. 151-154. Textes Choisi, T.II, op. cit., p. 249
33
Ibidem
34
Ibidem
30
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La figura di Coubertin e la sua definizione di olimpismo
Resta celebre l’atleta americano, Jim Thorpe 35, per aver vinto l’oro nel pentathlon e
decathlon, poi squalificato per aver partecipato, nel suo passato, ad alcune partite di baseball
ricavandone qualche profitto.
Alcune gare sono entrate nella leggenda dello sport, come quella dei 5000 metri, che
oppone il vincitore finlandese Kolehmainen al grande favorito, il francese Bouin. Nel nuoto si
afferma il nuotatore hawaiano, Kahanamoku, nella scherma il diciannovenne fiorettista Nedo Nadi e
nella ginnastica Alberto Braglia.
Durante il discorso pronunciato alla cena reale di chiusura, Coubertin esalta la singolarità di
tali Giochi che, con acume, erano riusciti a combinare «l’arte dello spettacolo e il peso della
perfezione tecnica», senza precedenti, dichiarando a proposito: «Potessero essi contribuire come i
suoi illustri precursori al perfezionamento dell’umanità! Potessero questi essere celebrati da tutti i
popoli del mondo nell’esultanza e nella concordia» 36
Proprio nella V Olimpiade la simbologia olimpica trova la propria affermazione come
momento sostanziale dei Giochi. Anzitutto l’architettura dello stadio di stile gotico, con le sue ogive
e le sue torri, la sua perfezione tecnica, l’ordine metodico dei suoi regolamenti, ideato
dall’architetto Torben Grut, sembra racchiudere, per la prima volta nella storia dei Giochi moderni,
il concetto di polivalenza architetturale.
«La severità dello stile, che accosta stranamente l’antico al medievale impressiona
profondamente» 37. Nella strana architettura dello stadio si manifesta uno dei caratteri che Coubertin
ha voluto imprimere all’olimpismo, ovvero l’unione tra la tradizione classica greco-romana e la
35
Vincitore all’Olimpiade di Stoccolma in due gare, è considerato subito un eroe sportivo e come
tale è accolto al suo ritorno negli Stati Uniti. Ebbene Thorpe subisce la squalifica per decisione del
Comitato olimpico statunitense e dall’Amateur Athletic Union per aver giocato nel 1909-10 al
baseball guadagnando delle piccole cifre. Il caso commuove tutta l’America ed è discusso molto
anche in Europa, tanto più che si inserisce in un contesto ben più ampio, il dibattito sul razzismo,
essendo Thorpe un indiano.
Nella riunione di Losanna del 1913 il CIO discute sulla questione
Thorpe e gli echi del caso sviluppano un dibattito serrato nel Congresso di Parigi del 1914. Il CIO
decide ufficialmente di adeguarsi alla squalifica decretata dalle autorità federali americane
nonostante l’ondata di simpatia nell’opinione pubblica; Coubertin, pur non intervenendo sul caso
specifico, coglie questa occasione per tornare sull’argomento e ribadire i principi cardine su cui
deve poggiare lo sport. Coubertin intende dimostrare che la gravità dell’accusa non va legata
all’entità delle somme percepite; la mancata applicazione del regolamento per questo che appare
come una violazione, si domanda il presidente del CIO, «non aprirebbe la porta a pericolosi
accomodamenti con la legge. E tali accomodamenti ovunque dannosi non devono essere evitati
soprattutto quando si tratta di Giochi Olimpici?» P. de COUBERTIN, Encore l’affaire Thorpe, in
“Revue Olympique, agosto 1913, pp. 58-59; Cfr, L. RUSSI, La democrazia dell’agonismo : lo
sport dalla secolarizzazione alla globalizzazione, Libreria dell’Università editrice, Pescara, 2003
p. 55
36
Un siècle de comité International, p. 122
37
Ibidem
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tradizione nazionale del paese ospitante. Lo si vide trasformarsi in sala da banchetti, sala da
concerto, salone per le danze e per sempre pronto l’indomani mattina per le gare. Lo si vide, in una
sola notte, trasformarsi in prato con sovrapposizione di zolle verdi, riempirsi di ostacoli, ornarsi di
siepi fiorite per i giochi equestri.
Mentre a Londra la vita dell’enorme metropoli non era stata influenzata dalla presenza
dell’Olimpismo, Stoccolma se ne mostrava tutta impregnata. La città intera partecipava all’attività
in onore degli stranieri e si aveva come l’impressione di rivivere l’atmosfera di Olimpia dei tempi
antichi, ma era una visione ingrandita e abbellita da tutte le facilitazioni e gli abbellimenti moderni
che qui non presentavano alcun difetto, in modo che ellenismo e progresso sembravano essersi fusi
per accogliere insieme l’Olimpiade.
Lo spirito sportivo? Prova di tolleranza, gli atleti tra loro ebbero relazioni molto amichevoli,
tanto da regnare la «Pax Olimpica»38.
E’ solo la V Olimpiade che, raccoglie a piene mani i primi frutti della sua intrinseca
strategia ideologica. In questa occasione, passata alla storia come l’Olimpiade perfetta, si
concretizzano per la prima volta le finalità originarie. Innanzitutto crescono i numeri: i Paesi
rappresentati sono 28, con oltre 2500 atleti, che partecipano a 100 gare per 16 discipline diverse. I
giochi riuscirono sotto tutti i punti di vista.
In particolare, l’organizzazione fu così pertinente e armoniosa da permettere il successo del
simbolismo olimpico, che tra le altre cose fu arricchito dalla coniugazione di quello universale con
quello locale. Infatti, nella circostanza svedese l’olimpismo in tutte le sue articolazioni simboliche
si sposò brillantemente con l’immagine dell’Uomo del Nord, simbolo per eccellenza della virilità
maschile e della forza e amplificò nel contempo la ridefinizione e l’acclamazione dell’identità
storica e nazionale del Paese ospitante, che appunto mostrandosi al mondo ebbe modo di rifarsi
l’immagine culturale e quindi di riaffermarla.
Nelle due ultime edizioni dei Giochi si era fatta strada il concetto che il movimento
olimpico, superata la sua difficile infanzia, fosse ormai in procinto di navigare più o meno
speditamente, anche dal punto di vista economico, dal momento che erano cresciute le “platee” di
quanti amavano seguire gli sport.
38
Tale concetto è sviluppato nell’intestazione del numero di luglio della «Revue Olympique», in
inglese. E’ un piacevole discorso uscito dalla penna di Courcy Laffan, alato, giovanile, e al
contempo classico nella evocazione del grande pensiero di tolleranza e di mutuo rispetto ereditato
dall’olimpismo antico: un discorso che porterà i suoi frutti, giacché non ci sarà mai stata una tale
armonia tra tanti sportivi.
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Tuttavia, il primo colpo basso al pacifismo coubertiniano: lo scoppio della guerra,
dopo l’attentato di Sarajevo, il 28 giugno 1914. A tal punto, il CIO è obbligato ad arrendersi e
decretare la tregua olimpica. I Giochi del 1916 previsti a Berlino non vengono disputati.
Tale abolizione, non impedirà all’istituzione olimpica di continuare il suo cammino nel
1920.
Un primo bilancio si impone. L’Olimpismo è, pertanto, il risultato di attori individuali
e istituzionali che, a partire dalla matrice francese, cercano di donare al movimento sportivo
un’autonomia contro corrente della storia. Coubertin, per le sue idee, le sue relazioni e le sue risorse
incarna e simboleggia il corrente neo-olimpico e il CIO tenta di affermare la sua indipendenza al di
fuori delle contingenze finanziarie e politiche. L’internazionalizzazione dello sport si afferma,
sebbene taluni rimproveri vengano sollevati all’Olimpismo dell’inizio secolo e in modo particolare
a Pierre Coubertin: la sua misoginia che lo induce a rifiutare la presenza femminile ai Giochi (in
profondo disaccordo da questo punto di vista con il suo comitato : «Il solo vero eroe olimpico è, ai
miei occhi, l’adulto maschio individuale»39 tale è la sua convinzione personale, più tardi
contestata), la sua visione imperialista che esclude la partecipazione dei popoli colonizzati e
soprattutto la sua concezione elitaria. Senza alcun dubbio il Movimento olimpico si inscrive in una
visione borghese e aristocratica del mondo e l’universalismo olimpico resta inscritto in un campo di
rivalità politiche che si accentuano fra le due guerre.
39
P. de COUBERTIN, Textes choisi, T.II, p.30
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3 L’Innovazione simbolica
Dal 1920 al 1936, i Giochi Olimpici vengono celebrati a cinque riprese. L’accezione
“celebrazione” acquista senso per tutta la durata delle due guerre. A guerra conclusa, non disputate
le Olimpaidi del 1916, il Comitato Olimpico Internazionale si riunì per assegnare i Giochi del 1920.
Fra le varie candidature, quella di Anversa aveva preso consistenza ancor prima che il Comitato si
riunisse, nel 1919 a Losanna, per decidere. Vi erano state, altre offerte: ma queste erano
automaticamente cadute. Anche Roma aveva nutrito qualche aspirazione, ma non perché gli sportivi
sentissero il bisogno di avere una Olimpiade in casa, bensì perché alcuni deputati credevano di farsi
pubblicità firmando una petizione affinché il Governo concedesse i fondi necessari per
l’organizzazione. Ma alla fine del marzo 1919 l’on. Colosimo, che fungeva da vice-presidente del
Consiglio, troncava ogni discussione negando categoricamente i tre milioni richiesti. Il Comitato
Olimpico francese aveva da parte sua precisato che non avrebbe dato il suo appoggio a nessuna
Olimpiade alla quale fossero ammessi atleti di nazionalità nemica, e che non avrebbe partecipato a
nessuna riunione del CIO se questi non avesse radiato dal Comitato i membri nemici della Francia:
inoltre, il Comitato Olimpico francese chiedeva la posticipazione delle Olimpiadi dal 1920 al 1921.
E’ durante tale periodo che vengono stabiliti l’essenziale del protocollo e del simbolismo
olimpico.
Le Olimpiadi si tennero puntualmente alla scadenza del quadriennio, ed ebbero luogo
ad Anversa: fu una sorta di affettuoso abbraccio alla sofferente città belga, scelta a rappresentare la
rinascita di una nazione-cuscinetto tra Francia e Germania.
Diciotto mesi dopo l’armistizio, i giochi apportano una folata di brezza al mondo ancora in
convalescenza e mostrano il vigore inalterato dell’idea olimpica. Sono assenti le squadre, oltre che
della Russia comunista e della Polonia, degli imperi centrali sconfitti: Germania, Austria e
Ungheria.
Il 14 agosto 1920, il re Alberto apre “magnificamente” i Giochi della VII Olimpiade.
La sfilata, la formula di apertura, i cori, il volo delle colombe, le salve, tutto il prestigioso
cerimoniale, dopo Stoccolma, il rituale era perfetto, «l’Olimpismo si era ritrovato intatto dopo la
tormenta e donava al mondo e alla gioventù una lezione di grande valore pedagogico»40
40
P. de COUBERTIN, Mémoires Olympiques. Chapitre XXI : La Septième Olympiade (Anvers
1920), p. 158-159
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Nella corsa si impose il talento del finlandese Paavo Nurmi, che cominciava la sua favolosa
carriera, riportando tre medaglie d’oro e una di argento, destinato a dominare le corse su lunga
distanza, grazie alle sue particolari diete e al pionieristico utilizzo, anche in allenamento, di un
cronometro per razionalizzare il dispendio di energie.
Come presso i Greci antichi, Coubertin concede il principio secondo il quale il
numero dell’Olimpiade rimane il medesimo anche se i giochi non furono svolti. Pertanto, quelli di
Anversa, non avendo potuto svolgersi l’Olimpiade del 1916, prendono il nome di «Giochi della VII
Olimpiade», piuttosto che quello di VI Giochi olimpici.
L’inaugurazione prevede la sfilata di tutti i partecipanti che, divisi per nazioni, fanno
il loro ingresso nello Stadio, marciando dietro le rispettive bandiere, raccolti tutti allineati di fronte
alla tribuna presidenziale ove si trova il capo dello Stato, sovrano o presidente della Repubblica
chiamato a proclamare l’apertura dei Giochi Olimpici. Finora nessun capo di Sato era mai mancato
a tale cerimonia, eccetto il presidente Loubet nel 1900. I re di Grecia, Svezia e Inghilterra, il
presidente Roosevelt e Doumergue, e il re del Belgio hanno ripetuto la breve ma prestigiosa formula
di apertura in ogni olimpiade successiva. Sono passati trentacinque anni da quando il re Giorgio
dichiarò: «Proclamo aperti i Giochi della prima Olimpiade dell’era moderna»
Fino alle Olimpiadi di Londra, i premi venivano consegnati nel modo più sobrio; i
vincitori comparivano in abiti comuni, senza nessun ordine particolare e senza alcun interesse per
l’estetica. Londra, ha introdotto qualche innovazione. La maggior parte dei giovani atleti è
comparsa in abiti adeguati allo sport praticato, un rinnovamento che ha del tutto mutato l’aspetto
della cerimonia. Ma dall’inizio alla fine dei Giochi del 1908, la musica era completamente assente;
la sola musica presente era quella degli ottoni che suonavano vecchie melodie da banda.
Per la prima volta la cerimonia di apertura, la cui idea risale al 1896, si accompagna
con un lancio di colombe, simbolo di pace, (generalmente tante quante le nazioni rappresentate,
ciascuna con i colori dei rispettivi Paesi), un inno suona, il cannone che rimbomba, i cori e le bande
musicali che esplodono salutando l’ascesa della grande bandiera olimpica che sventolerà durante
tutta la durata dei Giochi. Poi, tutti coloro che portano le bandiere nazionali si uniscono in
semicircolo ai piedi del palcoscenico e un atleta del Paese ospitante giura sulla formula olimpica.
Lo schermitore belga Victor Boin 41 pronuncia per la prima volta il giuramento 42 olimpico a
nome di tutti gli atleti. Il testo composto da Coubertin: «Noi giuriamo che ci presentiamo ai giochi
41
Già medaglia in scherma e water-polo fin dai Giochi del 1908 (Londra) e 1912 (Stoccolma)
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olimpici in concorrenza leale, rispettosi degli statuti che li regolano e bramosi di parteciparvi con
uno spirito cavalleresco per l’onore del nostro paese e la gloria dello sport»43. Si nota l’assenza di
riferimenti diretti al dilettantismo 44. Il giuramento ha il compito di salvaguardare i valori e bloccare
la commercializzazione dello sport, di mantenere gli atleti puri e indenni da qualsiasi tipo di
corruzione, mantenendo così vivo il rispetto che ciascun concorrente deve avere per i reali valori
dello sport 45. Con il giuramento Coubertin vuole introdurre «negli sport moderni lo spirito di
gioiosa franchezza, lo spirito di disinteressamento sincero che li rimuoverà e farà dell’esercizio
muscolare collettivo una vera scuola di perfezionamento morale» 46.
Ad Anversa per la prima volta nella storia dei Giochi comparve il vessillo olimpico,
bianco con, al centro, cinque anelli intrecciati: blu, giallo, nero, verde e rosso. La creazione di
questo simbolo risale al 1913 47. Coubertin cercava allora un simbolo, per la celebrazione del
ventesimo anniversario del rinnovamento dei giochi. Diversamente da quello che si può talvolta
leggere, non trae ispirazione dall’Antichità. Così disegnata, è simbolica. «I cinque anelli
rappresentano i cinque continenti del mondo ora uniti dall’Olimpismo e pronti ad accettarne le loro
proficue rivalità. Inoltre, i sei colori così combinati riproducono quelli di tutte le bandiere nazionali
senza eccezione alcuna. Il blu e il giallo della Svezia, il blu e il bianco della Grecia, le bandiere
42
P.de COUBERTIN, Le serment des athlètes (Lettre à Charles Simon), ora in Textes Choisi, T.
II, Olympisme, p. 466 e ss.
43
P. de COUBERTIN, Le valeur pédagogique…., in Textes Choisi, T. II, Olympisme, cit, p. 469 e
ss; «Telegraph», Anvers vivait a l’heure olympique: pour la première fois, la prestation de
sement, del 13 agosto 1920
44
«Ah, quale vecchia e stupida storia è quella del dilettantismo olimpico !Ma leggete il famoso
giuramento del quale io sono l’autore felice e fiero. Dove trovate mai che esso esiga dagli atleti
entrati nello stadio olimpico la professione di fede di un dilettantismo assoluto che io sono il primo
a riconoscere impossibile? Con il mio giuramento non chiedo che una cosa: la lealtà sportiva che
non è appannaggio dei soli dilettanti. É lo spirito sportivo che mi interessa e non il rispetto della
ridicola concezione inglese che permette solo ai milionari di sacrificarsi allo sport […] Tale
dilettantismo, non sono io che l’ho voluto, sono piuttosto le Federazioni Internazionali che l’hanno
imposto. Non è dunque più un problema olimpico». Quaranta anni più tardi tale formula sarà
modificata. Si sostituirà la frase «l’honneur de nos pays» con «l’honneur de nos équipes». A.
NOTO, Pierre de Coubertin. Il progetto politico dell’Olimpismo. Appunti di Sport e politica, Atri,
A.a. 2007-2008, p. 7; Telegraph», Anvers vivait a l’heure olympique: pour la première fois,
ibidem
45
Si veda “Rapport officiel des Jeux de la VII Olympiade”, Anvers 1920, pp.49-50
46
P. de COUBERTIN, Dans l’Union. Rapport du Secrétaire Général, in “Revue Athlétique”, 25
luglio 1890
47
P. de COUBERTIN, L’emblème et le drapeau de 1914, p.460 e ss. Questo testo è il primo
documento che spiega la creazione e il significato degli «anelli olimpici». Coubertin non ne
rivendica del tutto la paternità come autore, ma si può pensare che sia stato lui a creare tale
simbolo. Gli anelli olimpici furono sin dall’inizio l’emblema del Congresso di Parigi nel 1914, il
più grande avvenimento olimpico al di là dei Giochi di quell’epoca. Sul programma si ritrovano
con il motto «Citius, altius, fortius». Si registrerà una tale analogia con il simbolo dellUnione delle
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tricolori della Francia,dell’Inghilterra, degli Stati Uniti, della Germania, del Belgio, dell’Italia, dell’
Ungheria, il giallo e il rosso della Spagna sono accanto alle bandiere innovative del Brasile o
dell’Australia, quella dell’antico Giappone e della moderna Cina. Questo è veramente un emblema
internazionale.» 48
Gli anelli olimpici sono cinque presumibilmente poiché cinque olimpiadi erano state
celebrate. Dal punto di vista grafico, gli anelli olimpici sono unici. Più volte copiati o utilizzati
indebitamente sono caduti nel demanio pubblico nel 1987, cinquanta anni dopo la morte di
Coubertin, salvo nei paesi che hanno sottoscritto il trattato di Nairobi o che possiedono una
legislazione speciale per proteggerli a beneficio dei CNO, quali l’Australia, il Canada e gli Stati
Uniti. Dopo aver considerato una modifica del suo simbolo, il CIO si è rassegnato all’idea,
ravvisando l’impossibilità di uguagliare l’impatto visivo degli anelli attuali.
Dopo Anversa, perché Parigi ottiene nuovamente i giochi olimpici dopo quelli del
1900, occorreva «un colpo di Stato», secondo un’espressione di Coubertin. Invocando il trentesimo
anniversario del rinnovamento e della nascita parigina, egli reclamerà ai suoi colleghi nel 1921 che i
giochi vengano attribuiti alla capitale francese per il 1924, «alludendo al suo ritiro prossimo»49
dopo di che sarebbe stato pronto a lasciare la presidenza.
Intanto i giochi del 1928 vengono attribuiti ad Amsterdam che li ambiva da lungo tempo.
Los Angeles sarà designata all’unanimità per il 1932 qualche anno più tardi. La preoccupazione
principale del Comitato Olimpico francese fu, ispirandosi ai doveri definiti dal Protocollo olimpico
(le sfilate, i discorsi, il giuramento olimpico, la bandiera), collocare a pari merito, le varie branche
dello sport e i concorsi d’arte, questi ultimi parte integrante della celebrazione olimpica.
Dal punto di vista organizzativo 50, Parigi 1924 riscatta completamente Paris 1900
senza tuttavia soddisfare Coubertin che assiste ai suoi ultimi giochi. All’età di sessantuno anni, è
arrivata l’ora di pensare alla sua successione. Mentre si concludevano i preparativi per consacrare il
suo ritiro, restava un punto importante. A più riprese aveva fatto approvare dal CIO la proposta che
i nomi dei vincitori sarebbero stati incisi, alla fine di ogni Olimpiade, su una lastra di marmo da
società francesi di sport atletici immaginata da Coubertin nel 1890, vale a dire degli anelli legati
l’un l’altro (intrecciati) e il motto «Ludus pro Patria»
48
P. de COUBERTIN, Le valeur pédagogique…., cit, p. 469 e ss.
49
Il 28 maggio 1925, ultima giornata di lavori della sua XXI sessione, tenuta a Praga, Coubertin
aveva perso la presidenza del CIO, ricoperta dal 1896, superato con sei voti contro undici dal belga
Henri de Baillet Latour. Cfr. A. LOMBARDO, Pierre de Coubertin. Saggio storico sulle
Olimpiadi moderne 1880-1914, Rai-Eri, Roma 2000, p. 296
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apporre sui muri dello stadio, a testimonianza delle loro imprese. Proprio perché il desiderio di
vincere in questi tornei quadriennali era la più alta ambizione della gioventù sportiva internazionale,
conveniva garantire quello stesso riconoscimento civico che era stato ideato e realizzato
nell’antichità 51.
Il ventotto maggio 1925 il conte Henri de Baillet-Latour 52 si vide conferire l’oneroso
incarico di perseguire la sua opera adattando l’istituzione alle evoluzioni del mondo moderno. Il
barone Coubertin dopo aver occupato per 29 anni la Presidenza del CIO, si ritira dalla scena
olimpica, una decisione che aveva già annunciato a più riprese, malgrado l’istanza di qualche
membro del CIO, in particolare dello Svedese Clarence von Rosene e dell’ Americano Charles
Sherrill. Sebbene avesse, nel 1925, lasciato non solo la funzione di Presidente, ma anche la sede del
CIO, egli resterà tuttavia fedele all’opera della sua vita. Egli accetterà la carica di Presidente
onorario dei Giochi Olimpici 53. Nel messaggio di addio, Pierre de Coubertin esprime un ultimo
desiderio:
«Così come lo spirito olimpico è sopravvissuto alla guerra mondiale, esso
sopravviverà alle rivoluzioni sociali. […] L’importante è che ad ogni gradino, dall’adolescente
all’uomo maturo, si lavora per diffondere lo spirito olimpico, fatto di lealtà spontanea e di
disinteresse cavalleresco» 54
50
Cfr, Statut du Comité International Olympique.Règlement et protocole de la célébration des
Olympiade moderne set des Jeux Olympiques Quadriennaux. Règles générales techniques
applicables a la célébration de la VIII Olympiade, Pars 1924, pp. 7-13
51
P. de COUBERTIN, Mémoires Olympiques. Chapitre XXI , op. cit. p.194
52
Eletto presidente nel 1923 del Comitato Nazionale Olimpico Belga, occupa tale carica fino alla
sua morte. Nel 1925 ricopre dunque il più alto mandato che era possibile assumere in seno al
Movimento Olimpico mondiale. Inizialmente ebbe un mandato di otto anni durante il quale i
problemi interni alla famiglia olimpica, attirarono la sua attenzione: l’elaborazione del programma
dei Giochi, i conflitti concernenti l’organizzazione delle prove femminili e soprattutto il problema
del dilettantismo. Baillet-Latour non era un pedagogo, ne un filosofo come il barone, che, con dei
grandi progetti, avrebbe potuto aprire nuovi orizzonti al Movimento Olimpico. In conformità con
l’olimpismo, la nozione di «morale» è presente nel disegno del presidente. Egli sottolinea la
necessità di essere «orientés dans la bonne voie» e l’utilità di creare mediante il CIO «une autorité
morale indépendante». Egli ricorda in modo permanente «l’idéal que nous poursuivons et le but
moral » trasmessi dal fondatore.
53
Sessione del CIO a Praga nel 1929. «Voglio poter dedicare il tempo che mi resta ad affrettare
quanto prima un’urgente impresa: l’avvento di una pedagogia produttrice di chiarezza mentale e di
calma critica». Si vedano Y.P., BOULONGNE, La vie et l’œuvre pédagogique de Pierre de
Coubertin, Ottawa, Leméac, 1975 ;O. MAYER, A travers les anneaux olympiques. Histoire du
CIO et de ses Sessions de 1894 à 1960. Genève, Cailler, 1960; N. MÜLLER, O. SCHANTZ,
Bibliographie des Œuvres de Pierre de Coubertin, Lausanne, Comité International Pierre de
Coubertin, 1991 ; Cfr, Coubertin facitore di pace. Lo spirito olimpico e la « tregua sportiva» nella
Berlino Hitleriana, di L. MASTRANGELO, in “Trimestre”, 2007 XXXX/1-4, Edizioni
Scientifiche Abruzzesi
54
P. de COUBERTIN, Textes Choisi, op. cit, p. 412
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L’innovazione principale di questa Olimpiade consiste nella realizzazione di un
alloggio collettivo per gli atleti. Tale primo «villaggio olimpico», fatto di baracche in prossimità
dello stadio di Colombes, rimane dei più rudimentali. Nel 1932, l’idea del villaggio viene ripresa in
maniera più grande e radiosa per i giochi di Los Angeles, al fine di ridurre i costi di permanenza e,
nel contempo, richiamare il più grande numero possibile di partecipanti. A partire da tale occasione,
la costruzione del villaggio olimpico diventerà obbligatoria a ogni edizione dei giochi, in estate
come in inverno. In quanto luogo di incontro e affratellamento dei partecipanti, è diventato oggi un
“pezzo forte” della simbologia olimpica. Tuttavia le sue dimensioni, che contengono quindicimila
abitanti (compresi gli accompagnatori), rendono difficili le relazioni tra gli atleti di tutti i paesi che
piuttosto doveva facilitare.
Nel 1924 è ancora assente la Germania, occupata dalle truppe franco-belghe preposte al
prelievo riparatore di carbone e legname nella Ruhr. Aumenta comunque la presenza delle nazioni,
favorita dalla ripresa delle relazioni attraverso gli organismi internazionali. Nel nuoto si afferma il
talento dello statunitense Johnny Weissmuller, che presto inizierà una fortunata carriera
cinematografica come Tarzan.
I giochi di Amsterdam, 1928, sono i primi ad adottare la durata di sedici giorni come di
regola oggigiorno. Malgrado le difficoltà finanziarie, superate con l’emissione obbligazionaria, essi
sono organizzati alla perfezione. Le diverse pubblicazioni e decorazioni rispecchiano la moda
artistica degli anni folli e il gusto Art Déco. Giuseppe Cassioli disegna la medaglia olimpica di cui il
diritto, che rappresenta una vittoria, è tuttora utilizzato.
Questi sono i primi giochi a essere seguiti nel mondo intero grazie all’apparizione della TSF,
il telefono senza fili, e alla nascita della radio 55. Quest’ultima permette allo sport di evadere gli
spazi dello stadio e di accrescere notevolmente il successo dei Giochi, delineando così, secondo
Coubertin, nuovi orizzonti.
L’atletica olimpica ammette infine la partecipazione alle donne con cinque gare, in profondo
disaccordo da questo punto di vista con il suo comitato : «Il solo vero eroe olimpico è, ai miei
occhi, l’adulto maschio individuale» 56 tale è la sua convinzione personale, più tardi contestata.
Gli organizzatori olandesi abbandonano il culto religioso per lasciare spazio ad un’immagine
pagana: il fuoco 57
55
56
La stazione americana KDKA emette per la prima volta a Pittsburgh il 2 novembre 1920
P. de COUBERTIN, Textes choisi, T.II, p.30
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Ad Amsterdam, come a Los Angeles quattro anni più tardi, gli stadi olimpici costruiti
per l’occasione conterranno una sorta di circonferenza sormontata da un’urna, ove la fiamma vi
brucerà nel corso della durata dei giochi. In realtà, il culto religioso lascia spazio ad una immagine
pagana: il fuoco 58. Ad Amsterdam, come a Los Angeles quattro anni più tardi, gli stadi olimpici
costruiti per l’occasione conterranno una sorta di circonferenza sormontata da un’urna, ove la
fiamma vi brucerà nel corso della durata dei giochi. La prima fiamma olimpica, illumina l'
edizione di Amsterdam e rappresenta «la luce dello spirito, del sapere e della vita».
L'architetto olandese Jan Wils aveva incluso una torre nel suo progetto dello stadio olimpico
per la IX Olimpiade, ed ebbe l'idea di tenervi acceso un fuoco. Il 28 luglio 1928 un dipendente della
compagnia elettrica di Amsterdam accese il primo fuoco olimpico nella cosidetta “Torre di
Maratona”, conosciuta dagli olandesi come il “posacenere della KLM”.
Tuttavia a Berlino, nel 1936, tale fiamma diviene il simbolo reale, che rappresenta l’unità
della gioventù nel mondo, senza dubbio più importante perfino degli anelli olimpici.
La sua “paternità” risale
a Carl Diem, principale organizzatore di questi giochi.
Quest’ultimo propose che una fiamma fosse accesa solennemente nelle rovine di Olimpia, poi
trasportata da una staffetta fino a Berlino per poi accenderla in un grande braciere nel corso della
cerimonia di apertura. Coubertin, prima della sua morte, condivide pienamente tale idea.
La staffetta da Olimpia a Berlino resisterà per dodici giorni, attraverserà sette paesi
dell’Europa centrale, coinvolgendo tremila corridori. Essa sarà ripresa e ingrandita ad ogni
olimpiade. La fiamma olimpica viaggerà in barca, in aereo, a cavallo, in elicottero, a nuoto e perfino
(simbolicamente)sul satellite.
La grande depressione economica («vendredi noir»), che comincia nel 1929, e la
lontananza della California rispetto all’Europa riduce considerevolmente la partecipazione ai giochi
di Los Angeles. Tuttavia la recessione non impedirà ai giochi, organizzati all’americana, di
conseguire un notevole successo e di trarne beneficio. Per abbassare i costi di soggiorno, gli
organizzatori di Los Angeles avevano proposto la costruzione di un villaggio olimpico e, questa
57
Cfr., IX Olympiade. Rapport Officiel de la IXe Olympiade. Amsterdam 1928. Publié par le Comité
Olympique Hollandais; Report of the American Olympic Committee Games of the Xth. Olympiad. Los
Angeles, California July 30-August 14, 1932. Edited by Frederick W. Rubien. New York; The Games of the
Xth Olympiade Los Angeles 1932 Official Report. Published by the Xth. Olympiad Comittee Los Angeles
1933
Cfr., IX Olympiade. Rapport Officiel de la IXe Olympiade. Amsterdam 1928. Publié par le
Comité Olympique Hollandais; Report of the American Olympic Committee Games of the Xth.
Olympiad. Los Angeles, California July 30-August 14, 1932. Edited by Frederick W. Rubien. New
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volta, al contrario di Amsterdam dove tale offerta era stata rifiutata, la gran parte dei paesi furono
d’accordo 59. Il villaggio situato su una piattaforma al di sopra del Pacifico era composto di
settecento casette di legno ospitanti ognuna quattro sportivi.
Sedici primati del mondo vengono battuti e due uguagliati tra i quattordici sport in
programma. Il protocollo di consegna delle medaglie prende il suo avvio con un podio per i primi
tre e l’inno nazionale del vincitore alla conclusione della gara. Quest’ultima disposizione è sempre
stata criticata successivamente come una delle cause principali dell’inasprimento del nazionalismo
ai giochi.
Los Angeles 1932 introduce i primi elementi di quel fenomeno di spettacolarizzazione60che,
non casualmente, nasce nella città del cinema hollywoodiano 61.
Il “gigantismo” dell’edizione americana del 1932 va collegato al black Thursday del 24
settembre 1929, con il crollo delle quotazioni di Wall Street. Grazie ai giochi olimpici gli Usa
intendono mostrare l’avvenuta ripresa economica e la ritrovata fiducia.
Gli ultimi giochi prima della seconda guerra mondiale vengono assegnati nel 1931 a
Berlino. All’ascesa al potere nel 1933, fino ad allora contrario ai giochi 62, Hitler considera il
prestigio che il suo regime può trarne 63. Dopo aver colto il valore politico dei Giochi, egli fornisce
agli organizzatori tutti i mezzi 64 affinché si possa fare di meglio delle edizioni precedenti. Un
York; The Games of the Xth Olympiade Los Angeles 1932 Official Report. Published by the Xth.
Olympiad Comittee Los Angeles 1933
59
Cfr., Procès –verbal. Session du CIO. Berlin, 22-24 mai 1930. Bulletin Officiel du CIO (1930),
5 (16), P.8
60
In occasione di tali Giochi venne cantato l’«Inno Olimpico» di Bradley-Keeler. Nella seduta che
il CIO tenne a Vienna nel 1933 era stato proposto come di riconoscerlo per inno olimpico ufficiale
ed adottarlo quindi definitivamente come tale, anche per il futuro. Corrispondenza Olimpica,
Berlino, 28 settembre 1934
61
Report of the American Olympic CommitteeGames of the Xth. Olympiad. Los Angeles,
California July 30-August 14, 1932. Edited by Frederick W. Rubien. New York; The Games of the
Xth Olympiad Los Angeles 1932 Official Report. Published by the Xth. Olympiad Comittee Los
Angeles 1933
62
In principio Hitler era incerto se ospitare i Giochi Olimpici del 1936. Prima dell’ascesa al potere
aveva denunciato le Olimpiadi quale: “Un’invenzione di ebrei e massoni e un gioco ispirato al
giudaismo, che non può assolutamente essere messo in un Reich governato da socialisti nazionali”.
H. D. DAVIS, Hitler's Games: the 1936 Olympics, Harper & Row, New York ; Cambridge, cop.
1986, pp. 45-46
63
Il Dr Goebbels, che era stato nominato Ministro della Propaganda, convinse Hitler che i Giochi
sarebbero stati una splendida occasione per dimostrare la competenza organizzativa tedesca. A.
GUTTMANN, The olympics : a history of the modern games, Chicago :University of Illinois
Press, Urbana, 2002, p. 55
64
H. BERNETT, «The role of the Jewish sportsmen during the Olympic Games in 1936» in
Physical education and sports in the Jewish history and culture; proceedings of an international
seminar at Wingate Institute, July 1973, The Wingate Institute of Physical Education and Sports,
December 1973, pp. 91-92
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immenso complesso sportivo costruito intorno allo stadio con più di cento mila posti, il Reich Sport
Feld (Campo Sportivo del Reich), prende il posto del Deutsches Stadio edificato in occasione dei
giochi del 1916 che non ebbero luogo. Hitler sognava infatti il più grande impianto sportivo del
mondo. Egli avrebbe anche dichiarato che, trovandosi la Germania, allora, in una situazione
difficile dal punto di vista della politica estera, doveva cercare di conquistare l’opinione pubblica
mondiale grazie alle grandi realizzazioni culturali 65 .
In considerazione dell’alto onore che omaggiava la città capitale della Germania nel
presentare gli Undicesimi Giochi Olimpici del 1936, ed essendo il fulcro dell’interesse mondiale,
l'Amministrazione Comunale fu obbligata a fare tutto quanto nella sue facoltà per assicurare agli
ospiti di tutto il mondo un piacevole soggiorno e ricordi permanenti di Berlino e della Germania 66.
Il lavoro di preparazione comprendeva anche la festosa decorazione delle principali strade della
città, rappresentato da un mare di bandiere, festoni e immagini.
Nel predisporre i festeggiamenti del giorno di apertura, gli organizzatori decisero che gli
eventi non dovevano limitarsi allo Stadio Olimpico, che le cerimonie di apertura dovevano essere
programmate in modo da sottolineare le strette connessioni tra gli abitanti della Germania, la città
capitale e i Giochi stessi. Era così evidente che questo evento avrebbe dovuto essere più che
semplicemente la cerimonia ufficiale allo Stadio Olimpico, che sarebbe stata annunciata in tutto il
mondo dalla radio e dalla stampa.
L'organizzazione prevedeva la celebrazione della gioventù (scolaresca di Berlino), nella
mattina dell’Olympic Day, come rappresentanti della gioventù Tedesca. Nella maggior parte dei
casi essi marciavano in fila nei campi, dove, in presenza di numerosi spettatori, si impegnavano in
gare sportive e giochi. Corse a staffetta, partite di pallamano, calcio e tennis fornivano un quadro
completo delle tante attività di atletica della scolaresca di Berlino.
Il culmine di tutte queste manifestazioni fu rappresento dall'arrivo del Fuoco
Olimpico; una risonante ovazione, proveniente da 110.000 spettatori e da 4.000 atleti di 51 paesi,
65
«Aujourd’hui j’ai donné mon accord defini pour le début des travaux d’édification des
installations du stade. L’Allemagne acquiert ainsi un site sportif qui n’a pas son pareil dans le
monde. Le fait de savoir que la réalisation de cette construction fournira des milliers de journées
de travail me remplit d’une joie particulière»[…] «Tous le monde civilisé aura ici l’occasion de
constater à l’occasion des Jeux Olympiques de 1936 que le national-socialisme est digne de son
admiration et de sa confiance» Völkischer Beobachter du 15 décembre 1933
66
The XIth Olympic Games Berlin 1936, Official Report, op. cit. “Festive Arrangements”, p. 504
e ss
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La figura di Coubertin e la sua definizione di olimpismo
annunciava l’ultimo corridore, il campione dei 1.500 m, Schilgen, 67che immergeva la fiaccola nella
grande vasca, dove accese il Fuoco Olimpico che avrebbe brillato sino alla fine dei Giochi. Infine,
il tedesco Rudolf Ismayr, vincitore olimpico nel 1932 ai Giochi di Los Angeles, pronunciava il
giuramento olimpico.
Dal punto di vista politico, nasce una campagna di boicottaggio dei giochi negli Stati Uniti e
si scatena, nel 1935, in seguito all’approvazione delle leggi antisemite cosiddette di Norimberga. Si
afferma anche nello sport una politica di discriminazioni razziali.
In realtà Hitler decide per la sua squadra (che comprende anche la “mezza ebrea” Helene
Mayer, campionessa olimpica uscente nel fioretto, la quale è ammessa dopo aver ottenuto un
chiarimento ufficiale sulla sua cittadinanza 68), ma fortunatamente non ha potere sulle formazioni
delle altre nazioni. Gli Stati Uniti, in particolare, schierano l’afro-americano Jesse Owens, eroe suo
malgrado di questi giochi razzisti, che conquista quattro medaglie d’oro (cento metri, duecento,
salto in lungo e staffetta) proprio sotto gli occhi di Hitler, che aveva commissionato alla regista Leni
Riefenstahl 69 la realizzazione di Olimpia, il primo film su un’edizione dei giochi 70, che vincerà la
67
Ecco la descrizione fornita da un testimone: «Coubertin eût à coup sûr aimé cette cérémonie
d’ouverture, à la fois solennelle et simple, tout gonflée de musique. Une singulière émotion nous
avait étreints quand apparut le dernier relayeur d’Olympie. Le metteur en scène avait su éviter le
pire :l’apparition soudaine d’un athlète aux formes massives ou d’une Walkyrie rebondie. Celui
qui apparaissait était au contraire un mince adolescent blonde, spécialiste du 1.500 m, Erik
Schilgen. D’une foulée quasi divine, la flambeau bien droit, il parcourait un demi-tour de piste
aèrien, ses cheveux flottant au vent, parallèles à la flamme. Il gravissait de sa même allure élégante
et racée les marches qui conduisaient au podium et à l’énorme vasque qui deux semaines durant
illuminerait le ciel de Berlin» G. MEYER, Le phénomène Olympique, La Table Ronde, Paris,
1960, p. 173
68
Paradigmatica è la vicenda di Margarete “Gretel” Bergmann, primatista tedesca di salto in alto
esclusa dalla selezione olimpica tedesca per via della sua origine. Negli stessi anni, nell’Urss, il
mancato allineamento alle posizioni staliniste costa la cancellazione di alcune partecipazioni, come
nel caso di Nikolay Kovtun, primatista del salto in alto relegato in carcere come “nemico del
popolo”.
69
La tecnica utilizzata è unanimemente ammirata dai critici, anche se sul film sono sorte ovvie
controversie per quanto riguarda il contenuto politico. Il risultato finale fu quello che è considerato
il capolavoro della regista: Olympia. In Olympia vengono ripresi i temi cari alla Riefenstahl,
grandi masse d'uomini, esaltazione della bellezza virile dello sportivo, musica travolgente. Il
documentario, commissionato dal CIO segue passo dopo passo le Olimpiadi; tutte le gare vengono
seguite: dalla cerimonia della torcia venuta dalla Grecia alle gare ginniche. Fra i frammenti ripresi
dalla Riefenstahl immagini di massa del pubblico e delle personalità che hanno preso parte
all'evento sportivo (per citarne un paio Hitler che apre ufficialmente i giochi e Umberto II di
Savoia che saluta la squadra italiana. Nonostante l'argomento principale riguardasse la storia e lo
svolgimento delle Olimpiadi dopo la caduta del nazismo non mancarono critiche al film; in molti
affermarono che in realtà esso rappresentava una forma di propaganda in favore del regime
hitleriano, che peraltro sfruttò l'intero evento olimpico come cassa di risonanza per mostrare al
mondo gli aspetti più benevoli (durante il periodo vennero proibite le persecuzioni antisemite)
della “nuova” Germania. Cfr, R. RUGGERO, Gli specchi dell’atleta, ibidem.
70
La realizzazione del lungometraggio richiese quaranta operatori in campo, cinquecentomila
metri di pellicola e due anni per il montaggio. Sulla famosa e centenaria autrice, che nel 1934
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coppa Mussolini alla mostra di Venezia nel 1938. Il film doveva essere un documento, una cronaca
sul primo importante incontro sportivo della neo Germania.
L’Italia, oltre all’oro nel calcio, può festeggiare il suo primo successo olimpico femminile
grazie a Trebisonda Valla, detta “Ondina”, vincitrice negli 80 metri a ostacoli 71.
Sotto ogni aspetto i giochi di Berlino furono grandiosi. Berlino 1936 è stata dunque la
congiunzione di due esaltazioni sovrapposte, l’esaltazione nazista e l’esaltazione olimpica di cui
svariati tratti della simbologia, quale il rituale, il protocollo, persino la stessa ideologia, erano
intercambiabili.
aveva celebrato il raduno di Norimberga con un altro film («Trionfo della volontà»), cfr. R.
RUGGERO, Gli specchi dell’atleta, in “Lancillotto e Nausica”, a. XII (1995), nn. 1-2-3, p. 80.
71
A Berlino partecipa Luigi Faricelli, raro esempio di longevità sportiva (ventotto titoli italiani,
l’ultimo dei quali conquistato a quarant’anni), che aveva esordito a Parigi nel 1924 e che, nel 1929
a Londra, aveva battuto il record europeo dei 400 a ostacoli.
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