Oltre 16 dicembre 2011.pub - Comunità Piergiorgio ONLUS
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Oltre 16 dicembre 2011.pub - Comunità Piergiorgio ONLUS
2011 anno 8- n.2 Poste italiane s.p.a Spedizione in Abb. Postale D.L. 353/2003 (conv.L.27/02/2004 n° 46) Art.1, comma 2, DCB UDINE Semestrale Parla con noi: Margherita Hack La ricerca, tra Neutrini e Linfociti B Il viaggio, Benvenuti al Nord Comunità Piergiorgio - ONLUS Piazza Libia 1 - 33100 Udine In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la tassa dovuta presso l’Ufficio CPO - Viale Europa Unita 8 33100 Udine Il SOMMARIO Pag. 4 Cinema e Diversità, “Si può fare” Pag. 5 OLTRE risponde ai lettori Pag. 6 Tutte le novità sugli ausili dal mondo Pag. 10 Dal Montenegro all’Ufficio H Pag. 11 Gli handicappati non vanno in bagno!!! Pag. 12 Prove pratiche di disabilità al’Ufficio H Pag. 14 Dublino, tra posture e ausili Pag. 15 A/R, Viaggi possibili Pag. 16 Record di iscritti ai Corsi per Care Givers Pag. 17 Il Friuli nel lunario della Piergiorgio Pag. 18 Astrofisica, Speciale Margherita Hack Pag. 22 Viaggio attraverso le Stelle nell’Arte Pag. 26 Benvenuti al Nord Pag. 28 Se un Neutrino…Intervista alla scienziata Pag. 30 Linfociti B e HIV. Quale il rapporto? Pag. 32 “Sì, sì, sì...oh sì”, di Sabrina Guzzanti Pag. 33 Viaggio nei giochi di una volta Pag. 34 Storia di un’italiana a Londra Pag. 36 3° Concorso fotografico “Oltre” Pag. 37 Audiolibro e CSRE di Codroipo Pag. 38 Libri sotto l’albero Pag. 40 Sledge Hockey al Centro Don Onelio Pag. 41 I bambini a sostegno dei disabili Pag. 42 I Ragazzi della Comunità su OLTRE Pag. 47 Per chi non ci conosce LE PAROLE DEL PRESIDENTE Gentili lettori di Oltre, l’appuntamento con l’annuale bilancio della nostra Comunità ma anche con i doverosi e sentiti auguri di Buon Natale, nella speranza che l’anno a venire sia per tutti voi entusiasmante, è arrivato ancora una volta. Come l’anno scorso anche in quest’ultimo scorcio del 2011 devo rilevare una situazione economica di corale sofferenza che ancora non ha trovato soluzioni e via d’uscita mentre la Comunità Piergiorgio, pur nelle fatiche di sempre, è riuscita nonostante tutto a fare fronte ad altri dodici mesi di difficoltà innegabile. Dodici mesi complicati e intensi, non soltanto sotto l’aspetto economico ma anche umano e strutturale. La Piergiorgio piange innanzitutto e ancora adesso tre persone straordinarie che proprio nel corso degli ultimi tempi sono venute a mancare. Parlo di Adriano e Bepino, colonne portanti della nostra struttura, da sempre, e parlo anche del giovanissimo Angelo che frequentava quotidianamente il nostro Centro diurno. A loro vogliamo rivolgere adesso più che mai i nostri pensieri e le nostre riflessioni mentre continuiamo a stringerci con affetto e calore attorno alle loro stesse famiglie. Il nuovo anno è ormai alle porte e la Comunità si prepara ad affrontarlo con la forza di sempre e soprattutto rinnovata, se non altro dal punto di vista strutturale, se è vero che sono ormai in fase di completamento i grandi lavori di adeguamento che la struttura ha realizzato per garantire all’utenza servizi sempre più qualificati e professionali. L’intero Centro diurno ha subito un intervento di profonda ristrutturazione che ha portato a un ampliamento degli spazi disponibili, a un nuovo assetto della palestra e dell’ambulatorio. Un imponente sforzo economico, quello che voglio ricordare in questo momento, e per il quale ringrazio sentitamente anche la Regione FVG che non ci ha mai fatto mancare il suo supporto. Nel lasciarvi alla lettura del nostro periodico, caratterizzato anche questa volta da un elevato livello contenutistico e perciò potente mezzo di comunicazione per la nostra realtà, e non soltanto in Friuli, vi rinnovo dunque i miei più sentiti e calorosi auguri di Buon Natale nella speranza che quest’ultima parte dell’anno possa rappresentare anche un ottimo punto di partenza per quello oramai alle porte. Sandro Dal Molin Direttore: Sandro Dal Molin Direttore responsabile: Carolina Laperchia Vice direttore: Barbara Porcella Segretario: Enrico Pin Redattori: Paolo Cernettig, Arrigo De Biasio, Maurizio Scolari, Rita Pugnale Hanno collaborato: Bianca Almacolle, Sylvie Delvaille, Vito Facchin, Sabrina Floreani, Pierluigi Giuliano, Massimo Marconcini, Barbara Mattiel, Ennio Mazzolo, Luigi Pinelli Chiara Plimmer, Davide Pillitu, Selena Qualizza, Stefano Scarafile. Foto di copertina: Igino Durisotti Foto Margherita Hack di: Massimo Mocilnik 2 Stampa Arti Grafiche Friulane, Imoco s.p.a. (UD) V. IV Novembre 72 - 33010 Tavagnacco Autorizzazione del tribunale di Udine n.17/04 del 11/05/04 “Oltre” viene inviato gratuitamente. Chiunque non desiderasse più riceverlo può comunicarlo all’Ufficio H della Comunità Piergiorgio O.N.L.U.S, P.zza Libia 1 - 33100 Udine. Tel 0432/403431; Fax 0432/541676; Mail: [email protected].; [email protected]. I dati personali dei destinatari della presente rivista sono trattati nel rispetto della D.Lgs. 196 del 2003. L’EDITORIALE di Carolina Laperchia Squisite salse con cui accompagnare pesci o carni; mille varianti di burro e cioccolato per realizzare dessert da urlo; mandorle a lamelle e sesamo per trasformare un anonimo pollo in un piatto di sicuro effetto e, ancora, lasagne umide e fumanti che conquistano il teleschermo già alle 6.30 del mattino mentre donne di ogni età, peso e altezza si destreggiano ai fornelli di qualsiasi canale televisivo per regalare a chi sta seduto a casa propria ricette nuove da sperimentare rapidamente. Dall’altra parte, invece, veri e propri squadroni di dietologi, nutrizionisti ed esperti in scienze dell’alimentazione armati fino ai denti che alla casalinga intenta a preparare la pasta all’uovo oppongono l’importanza del controllo delle calorie; dispensano trucchi e segreti per buttare giù qualche chilo di troppo, senza dover necessariamente ricorrere a scalpello e cazzuola; e al tripudio dei carboidrati rispondono con regimi alimentari a basso indice glicemico per chi vuole snellirsi velocemente e senza versare troppe lacrime. E il risultato di questo fricandò è un forte senso di stupore e di vertigine; gira letteralmente la testa nel tentativo folle di stare dietro a tutto ciò, di voler diventare cuochi provetti da un lato e asciutti nel fisico dall’altra parte, mantenendo una linea a dir poco invidiabile. Che la si giri o che la si volti, la cucina, intesa nella sua accezione più ampia e nel suo valore più esteso, è ormai parte integrante della nostra esistenza, nel bene e nel male; si inserisce in quel continuum fatto di estremi ma anche di soluzioni equilibrate che ormai imperversa nelle nostre vite senza mai lasciarci in pace e dal momento stesso in cui apriamo gli occhi al mattino fino a quando andiamo a letto la sera siamo trattati con bastone e carota e presi tra due fuochi, quello del cibo in tutte le salse e quello del cibo con meno salse possibili. Così come per le previsioni del tempo, che hanno pian piano conquistato un proprio specifico spazio informativo, anche la cucina è diventata ormai un mare magnum di cui non si può proprio fare a meno di parlare. Fioriscono in tal modo e ovunque siti internet e food blog come fosse sempre primavera ed ogni scusa è buona per raccontare al mondo i segreti della propria quiche lorraine o della frolla confezionata la sera prima per fare una deliziosa crostata alla frutta, magari diversa dal solito. Tutti si sfidano a colpi di fornelli. Le competizioni, in tv, si svolgono proprio dietro al gas impugnando mestoli di legno, a volte soppiantati da sofisticati utensili in acciaio, mentre i modi per preparare il caro buon vecchio petto di pollo si sprecano a dir poco. C’è solo l’imbarazzo della scelta…e che imbarazzo! Ma che cosa succede quando il pollo diventa improvvisamente “chiken” e il burro “butter”? Che cosa accade quando l’Italia esporta all’estero una delle sue più grandi e intense anime, quella appunto gastronomica, per fondersi, amalgamarsi e inserirsi a pieno titolo nelle cucine londinesi? Cosa capita quando il genio, l’estro e la fantasia sfrenata di un’italiana doc dal cuore morbido e pulsante e dal febbrile ingegno si esplica in preziosi manicaretti destinati ai così diversi gusti inglesi? È semplice, perché succede esattamente ciò che state leggendo...non un libro di ricette, s’intende, e nemmeno un “Gastro – Vangelo”, di come ce ne sono a bizzeffe, bensì uno scrigno di odori, di gusti e di esperienze di un’italiana a Londra che ha fatto della sua passione per la cucina un’arte apprezzata e riconosciuta anche nel paese della Regina. Una passione coltivata senza strategie ma solo e semplicemente per il gusto di prendersi cura di sé e degli altri proprio attraverso il cibo. La voglia di sperimentare, di legare tra loro gli alimenti, partendo dal presupposto che ognuno di essi è un insieme specifico di particelle che per potersi legare al meglio ha bisogno del classico “colpo di fulmine” e di trovare il giusto completamento di sé; la sensibilità verso i colori, la capacità di usare i piatti come tavolozze e i cibi come tempere per intessere quadri originali, senza doppioni e perciò più unici che rari. Chiara è così. Istinto e fantasia. Gli stessi che mette nei piatti che inventa, che da qualche tempo prepara anche per il “Dragon Lake”, il ristorante tipicamente british dove lei ha portato la parte migliore della sua Italia, e che fra non molto riempiranno a buon diritto anche le pagine del suo primo libro con cui è alle prese proprio adesso che è Natale e che Oltre già vi anticipa. Ed è con questo prezioso progetto in embrione, che vedrà molto presto la luce, che io desidero augurarvi buone feste, arricchendo le mie parole con un pizzico di cannella e un po’ di chiodi di garofano affinché l’anno nuovo ormai alle porte sia per tutti voi sufficientemente speziato e profumato d’ogni bene. 3 CINEMA E DIversitÀ SI Può FARE Bianca Almacolle Il film Si può fare descrive la storia di Nello, sindacalista nella Milano dei primi anni '80, che viene improvvisamente trasferito, nella veste di direttore, alla Cooperativa 180, una delle tante sorte dopo la legge Basaglia. All'interno di questa struttura gli si presenta una situazione desolante: i soci disabili trascorrono le giornate imbustando le lettere del Comune, in uno stato di semi – incoscienza dovuto all'eccessiva somministrazione di farmaci. Nello (Claudio Bisio), profondamente impressionato dalla loro condizione, decide di trasmettere ai soci il vero spirito della Cooperativa coinvolgendoli in prima persona nella gestione delle attività. Si decide così, in seguito a un’ assemblea, di abbandonare il lavoro assistenziale e di diventare un'impresa di posatori di parquet. La nuova occupazione, accolta con grande entusiasmo dai soci della Cooperativa, prende il volo quando, nel giorno della scadenza di un incarico, essendo finito 4 il legno da posare, Gigio e Luca decidono di utilizzare gli scarti per creare un pannello con l'immagine di una stella. L'idea viene molto apprezzata, gli appalti aumentano sempre di più e la Cooperativa si trasferisce in una sede più grande. Sull'onda del successo, Nello decide di stipendiare i soci e di ridurre la somministrazione dei farmaci affidandosi al dott. Furlan (Giuseppe Battiston), un convinto sostenitore delle idee di Basaglia. I soci cominciano così a vivere in modo più vero ed emozionante la loro vita e a prendere autonomamente le loro decisioni. Ma proprio quando tutto sembra andare per il meglio un tragico episodio riporta i soci della Cooperativa alla realtà della loro condizione di persone eternamente confinate dietro l'etichetta di “diverse”. Questa parentesi di “vita vera” sembra dunque finita: la quantità di farmaci viene riportata ai livelli precedenti e la Cooperativa torna alla sua vecchia sede. Nonostante lo sconforto però, Nello e i soci continuano il loro progetto addirittura ampliandolo. Il film si ispira alla reale esperienza delle Cooperative sociali nate negli anni '80 per facilitare l'inserimento nel mondo del lavoro dei pazienti dimessi dai manicomi a seguito della legge Basaglia. Oggi questo fenomeno si è ampliato al punto di coinvolgere, in tutta Italia, complessivamente 30 mila soci disabili e più di 2.500 Cooperative. Quella della Cooperativa sociale si è dimostrata negli anni la realizzazione di un'utopia: le persone svantaggiate e fragili possono entrare nel mondo del lavoro e contribuire allo sviluppo della società anziché essere un peso per quest’ultima. Il film esprime inoltre una straordinaria positività ribadita anche nel titolo: Si può fare. Questo motto ben rappresenta lo spirito attraverso il quale Nello e i soci della Cooperativa si confrontano con le difficoltà che si presentano loro: non lasciarsi mai scoraggiare dai propri limiti nella realizzazione dei propri sogni e progetti. LA REDAZIONE RISPONDE [email protected] Gentile Redazione di OLTRE, ho sentito che l’ultima Finanziaria contempla alcune novità che riguardano le cosiddette “detrazioni”. Sono chiamate in causa anche quelle per eventuali badanti? Cara Lettrice, purtroppo l'art. 40 del Decreto di luglio prevede un taglio lineare della quasi totalità delle agevolazioni fiscali per la maggioranza dei contribuenti. Per l’esattezza, la diminuzione sarà pari al 5% dal 2012 e al 20% nel 2013. Per farle un esempio, se fino ad oggi detraeva mille euro di spese sanitarie, dal 2012 ne potrà detrarre il 5% in meno, quindi 950 e 800 nel 2013. Le ricordo inoltre che il taglio riguarda anche altre detrazioni, come quelle per i carichi di famiglia, per il mutuo relativo alla prima casa, per la bandante, gli ausili, i veicoli adattati e altro ancora. Caro OLTRE, mi chiamo Luciano e sono in carrozzina da anni. Vorrei poter programmare un viaggio per Natale ma per raggiungere la destinazione che ho scelto dovrò necessariamente ricorrere all’aereo. Qual è dunque l’iter da seguire da parte di una persona disabile per riuscire a “spiccare il volo”? Gentile Luciano, nonostante ogni Compagnia aerea disponga di procedure proprie in merito, tutte devono comunque fare sempre riferimento a un preciso Regolamento approntato dalla Comunità Europea in materia di volo e disabilità. Ricordiamo innanzitutto che dal 26 luglio 2008 sono entrate in vigore le nuove norme europee sui diritti delle persone con disabilità e delle persone con mobilità ridotta all’interno degli aeroporti; tra le novità, la garanzia di protezione da ogni discriminazione e un’assistenza adeguata negli aeroporti dell’Unione europea. L’articolo 3 del Regolamento CE n. 1107/2006, che riguarda oltre 50 milioni di cittadini, stabilisce infatti che non sarà più possibile per «un vettore aereo, un suo agente o un operatore turistico, rifiutare, per motivi di disabilità o mobilità ridotta, una prenotazione per un volo in partenza o in arrivo a un aeroporto al quale si applica il presente regolamento; non sarà possibile rifiutare l’imbarco di una persona con disabilità o con mobilità ridotta in tale aeroporto, purché la persona interessata sia in possesso di un biglietto valido e di una prenotazione». Per quanto riguarda l’assistenza, sappia che ogni aeroporto dovrà essere in grado di garantirla gratuitamente purché la richiesta sia stata fatta almeno 48 ore prima della partenza e attraverso servizi di imbarco, sbarco, disponibilità di ascensori e di sedie a rotelle, aiuto negli spostamenti verso il banco del check-in oppure nella sala per il ritiro del bagaglio o alla toilette; e ancora, assistenza nelle operazioni di check-in e di registrazione del bagaglio, per le procedure di immi- grazione e per quelle doganali. Ricordiamo poi che il personale operativo presso l’aeroporto dovrà soddisfare le necessità delle persone con problemi di mobilità. Quelle che abbiamo proposto sono soltanto alcune delle norme previste dal Regolamento mentre precisiamo, a scanso di equivoci, che può essere considerata disabile «qualsiasi persona la cui mobilità sia ridotta, nell’uso del trasporto, a causa di qualsiasi disabilità fisica (sensoriale o motoria, temporanea o permanente) o intellettiva, per ragioni di età, e la cui condizione richieda un’attenzione adeguata e un adattamento del servizio fornito a tutti i passeggeri». Gentili, potreste spiegarmi che cos’è il PEBA? Trattasi di un acronimo, ovvero di una sigla che identifica il “Piano di eliminazione delle barriere architettoniche” di cui qualsiasi Comune cittadino dovrebbe essere dotato obbligatoriamente anche se poi, nella realtà dei fatti, non è propriamente così. Previsto dalla normativa vigente (legge 41/1986, legge 104/1992, legge regionale 16/2007) è, in sintesi, lo strumento tecnico a disposizione del Comune per rendere la città più accessibile alle persone disabili; contiene infatti la rilevazione e la classificazione di tutte le barriere architettoniche presenti negli spazi pubblici e negli edifici di proprietà comunale e soprattutto le proposte per la loro eliminazione con i costi degli eventuali interventi di abbattimento. Chiunque volesse scrivere alla Redazione di Oltre può inviare le proprie domande o eventuali contributi al seguente indirizzo di posta elettronica: [email protected] 5 CURIOSABILE... TUTTE LE NOVITÀ DAL MONDO DEGLI AUSILI A SERVIZIO DELL’HANDICAP I guanti servono per leggere Lo sanno bene le persone non vedenti che adesso, grazie a Thimble, potranno usufruire dei touchscreen come tutti Se eravate convinti che i guanti servissero solo per proteggere le mani dagli agenti atmosferici sappiate che alcuni, al giorno d’oggi, possono addirittura consentire alle persone non vedenti di leggere. La notizia arriva direttamente dalla Washington University dove due studenti, Erik Hedberg e Zack Bennet, hanno realizzato il rivoluzionario accessorio. Si chiama Thimble e si tratta sostanzialmente di un guanto che, indossato, è in grado di convertire via bluetooth i testi dalla forma scritta a impulsi trasformati in feedback tattile per consentire così la lettura di note, e-mail, sms su iPhone e iPod Touch. Il ditale è inoltre munito di un microfono e della funzione di geolocalizzazione in modo tale che l'utente possa sempre conoscere la propria posizione GPS semplicemente domandando "dove mi trovo?" al proprio Smartphone. Sul polpastrello si trova inoltre una microcamera che invia le immagini al processore interno per la conversione a Braille; questa sorta di microscanner, posizionato sul dito, permette quindi di percepire in rilievo non solo i dati contenuti nello Smartphone stesso ma anche nei testi cartacei. Addio pulsantiera, l’ascensore si gestisce con un tag Si chiama Tecno Proximity Control e promette di essere un valido supporto per persone non vedenti o con handicap motori Da oggi in poi coloro i quali sono colpiti da disabilità fisica e cecità potranno contare sul supporto di Tecno Proximity Control per utilizzare l’ascensore nel modo più agevole possibile. La pulsantiera per chiamarlo e per farsi condurre ai piani diventerà dunque superflua, non necessaria, mentre l’utente colpito da handicap visivo o motorio e le persone con le mani momentaneamente occupate potranno essere riconosciute automaticamente dall’ascensore stesso senza muovere un solo dito ma unicamente grazie a un tag di identificazione. Tecno Proximity Control, che al momento è ancora soltanto un prototipo, potrà essere impiegato anche per il controllo dell’accesso ai piani permettendo così lo sbarco soltanto alle persone autorizzate e soprattutto munite di codice identificativo. 6 C’è chi guida proprio con i piedi Si chiama David Rivas e ha dovuto imparare a farlo a causa della sua disabilità. Essendo nato senza il braccio destro e con un moncherino inservibile a sinistra si è dovuto quindi guardare attorno e rendersi conto che per poter guidare non c’era altra scelta se non quella di ricorrere ad altre estremità, ossia i suoi piedi. E così il trentatreenne spagnolo David Rivas, con un po’ di ingegno ma soprattutto tanta fatica, si è dovuto allenare duramente presso una Scuola di guida di Madrid, circa dieci ore al giorno per oltre un mese, così da poter realizzare il suo sogno, guidare l’auto. E la patente è riuscito infine a ottenerla utilizzando il piede sinistro per manovrare il volante e quello destro per gestire invece freno e acceleratore. .Chi bello vuol comparir con lo specchio deve interagir … Il sistema si basa su una tecnologia capace di rilevare attraverso lo specchio dotato di telecamere e sensori applicati sulla pelle lo stato di salute e le condizioni generali della stessa mentre laptop e telefonino tengono costantemente monitorate le tue condizioni “Specchio specchio delle mie brame, chi sta meglio oggi di tutto il reame?”. Molto presto, probabilmente, potrete chiederlo anche voi al vostro specchio e se non altro quando Ming-Zher Poh, studente del programma Health Sciences and Technology dell'Harvard-MIT, con l'aiuto del collega Daniel McDuff del Media Lab e del professore di Media Arts and Sciences, Rosalind Picard, avranno finito di mettere a punto il sistema a dir poco innovativo e rivoluzionario sul quale stanno lavorando. Trattasi di un ausilio basato essenzialmente su una tecnologia in grado di rilevare importanti dati sulla salute dei pazienti in maniera assolutamente non invasiva, utilizzando semplici telecamere a basso costo, come le webcam dei computer portatili incorporate nello specchio di casa e sensori applicati sulla cute. Il software, in sostanza, identifica la posizione del volto nell'immagine e analizza la tonalità della pelle rilevandone le variazioni cromatiche prodotte dai vasi sanguigni sottocutanei e le pulsazioni mentre i dati vengono comparati con quelli dei giorni precedenti. I risultati ottenuti sino a questo momento sono stati certamente incoraggianti anche se i limiti del sistema, su cui i tre ricercatori stanno lavorando, sono due; i movimenti del soggetto e le variazioni della luce. Un nastro adesivo per riconoscere gli oggetti La sclerosi multipla si combatte con il casco Braille Tape consentirà di realizzare etichette nel linguaggio dei ciechi Al momento sembra che abbia effetti superiori ai farmaci ma la ricerca scientifica procede comunque con prudenza nonostante gli incoraggianti risultati Sono stati tre designer sudcoreani a compiere quel passo in più rispetto al passato e a firmare così un progetto che ha il sapore dell’innovazione e del progresso e che aiuterà le persone cieche o ipovedenti a riconoscere gli oggetti di uso comune a casa e a lavoro senza confonderli e senza incorrere in errori relativi al contenuto degli stessi. Il progetto, che prende le mosse da qualcosa che già di fatto esisteva, riguarda sostanzialmente la creazione di etichette da apporre su barattoli e oggetti di varia natura realizzate con uno speciale nastro, difforme da quello che si usava precedentemente. Si tratta infatti di un particolare tipo di scotch che presenta sulla superficie piccole bollicine sulle quali fare pressione semplicemente con l'unghia per eliminare così i punti in rilievo che non servono e per realizzare in braille le parole necessarie a definire bottiglie, astucci, detergenti e altro ancora. Un’innovazione certamente, che promette di semplificare la vita di chi non può contare sui propri occhi. Sottoporsi a mille stimoli per quarantacinque minuti al giorno e per cinque giorni a settimana semplicemente indossando un casco a onde elettromagnetiche capace di fare arrivare gli impulsi elettrici a una profondità di sei centimetri nella corteccia cerebrale. È stata questa la sfida firmata congiuntamente da Italia e Israele per tentare di trovare una risposta alla Sclerosi multipla, una delle più frequenti malattie neurologiche fra i giovani adulti che riguarda circa 2,5 milioni di individui nel mondo e che si conferma come espressione di un danno progressivo alle fibre nervose e al loro rivestimento protettivo, la guaina mielinica, sia a livello dell'encefalo sia a livello del midollo spinale. Lo studio, che al momento ha dato risultati davvero incoraggianti ma che comunque la Comunità scientifica si riserva ovviamente di approfondire ancora, ha riguardato pazienti affetti da Sclerosi multipla progressiva sottoposti a riabilitazione con trattamenti fisioterapici. 7 Comunicare con il pensiero Intervista al ricercatore Riccardo Budai Carolina Laperchia Comunicare con il pensiero. Senza aprire bocca, senza muovere un solo arto, rinunciando a qualsiasi tipo di espressione facciale e contando solo ed esclusivamente sulle proprie onde cerebrali. Onde generate involontariamente, raccolte a dovere da un elettroencefalogramma, sapientemente decodificate da un protocollo standard e destinate infine a tradursi in ciò che avevamo intenzione di dire a voce e che avremmo certamente detto se avessimo potuto contare ancora sulla nostra facoltà di espressione orale. Sì, perché i sistemi di BCI (Brain Computer Interface) potrebbero rivelarsi utili nell’ambito della disabilità in special modo e consentire quindi a persone colpite da paralisi fonatorie o malattie degenerative di esprimersi ancora. «Questo sistema potrebbe anche supportare le diagnosi e aiutare i medici a capire per esempio se il paziente è in stato vegetativo o di minima coscienza. La diagnostica differenziale tra queste due condizioni è infatti estremamente critica e la BCI potrebbe dunque rivelarsi molto utile in tal senso. Affinamento diagnostico quindi, senza mai tuttavia dimenticare l’aspetto comunicativo in soggetti colpiti da handicap importanti». A spiegarlo è il dott. Riccardo Budai, responsabile della SOS di Neurofisiologia Clinica dell’Azienda Ospedaliero - Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine che da due anni, in stretta sinergia con il Laboratorio di Interazione Uomo - Macchina dell’ateneo friulano, diretto dal prof. Luca Chittaro, porta avanti le sperimentazioni con risultati incoraggianti nell’ambito di un progetto titanico, che ha un sapore quasi fantascientifico. «Il concetto è questo – chiarisce subito il dott. Budai, mentre ricorda che sul piatto c’è un lavoro a dir poco corale che in questi anni ha potuto contare anche sulla collaborazione, tra gli altri, dell’Ufficio H della Comunità Piergiorgio Onlus di Udine - La BCI ha sostanzialmente bisogno di un’informazione in tempo reale che arriva direttamente dal cervello del soggetto attraverso un’amplificazione intermedia, dopodiché serve anche qualcosa che registri l’informazione stessa e che la classifichi secondo specifici algoritmi». 8 Dott. Budai, prima di entrare nel vivo della questione, che cosa serve materialmente per avviare una sperimentazione di BCI? Innanzitutto c’è bisogno di un certo numero di elettrodi che devono essere applicati in specifici punti del cranio e che vanno poi collegati all’elettroencefalogramma, a sua volta collegato a una macchina dedicata e ad un monitor per scrivere. Due anni fa avete avviato queste sperimentazioni utilizzando inizialmente il protocollo legato ai “potenziali visivi”. Che cosa vuol dire di fatto? All’utente viene in sostanza presentata una matrice costituita da righe e da colonne e divisa quindi in tanti quadratini all’interno dei quali compaiono, in modo del tutto casuale, delle lettere che si illuminano ad intervalli di tempo casuali. Hanno tutte la stessa luminosità eppure ad un certo punto la lettera cui teoricamente l’utente sta pensando si illumina più delle altre stimolando dunque una reazione automatica nel cervello che produce così un segnale di attenzione, il cosiddetto P300, tradotto poi fattivamente nella lettera della parola che l’utente desidera scrivere e cui sta pensando. Questo è proprio il tipo di BCI in cui il soggetto resta in attesa che l’evento desiderato accada e quando lo stesso si verifica davvero, allora il sistema lo rileva attraverso gli elettrodi precedentemente collocati sul cranio. Prima di poter utilizzare il sistema, la persona che intende utilizzarlo deve essere tuttavia sottoposta a una fase preparatoria e ad una di addestramento. Quanto risulta impegnativa quest’ultima? Nella nostra esperienza la fase addestrativa può durare fino a un’ora, ma solo nelle migliori condizioni; resta comunque piuttosto pesante in termini di tempo impiegato ed è fortemente correlata alla motivazione del soggetto che vi viene sottoposto. È tuttavia una fase persistente nel senso che anche a distanza di qualche mese il sistema, memore dei dati precedentemente registrati, li ricorda e quindi non è necessario iterare l’addestramento. Dopo l’utilizzo dei potenziali visivi da qualche mese siete passati a un altro protocollo, basato questa volta sui segnali uditivi… Esatto. In questo caso il soggetto ha la possibilità di percepire soltanto lo stimolo uditivo e quindi suoni, semplici o tonali, e parole complete, anche se al momento ci siamo fermati sulle singole parole rappresentate da numeri. I risultati ottenuti sino a questo momento come possono essere valutati? Il bilancio, per adesso, è piuttosto positivo. Per quanto riguarda infatti questo secondo protocollo, basato appunto sull’utilizzo dei segnali uditivi e sul quale stiamo lavorando dal mese di gennaio, siamo sull’ordine dell’ 83% di risposte esatte. Il nostro intento, a questo punto, è sfruttare il canale uditivo per riuscire a costruire intere frasi arrivando ad avere infine due filoni, visivo e uditivo appunto, dotati di pari efficacia. Dott. Budai, un’ultima domanda. Il progetto di BCI sino a questo momento su chi è stato sperimentato? Ad oggi abbiamo testato i due protocolli soltanto su soggetti sani creando così una sorta di “punto di partenza” del lavoro ma presto, e in collaborazione con altri istituti, lo sperimenteremo anche su persone colpite da handicap importanti. L’associazione Il “Pensatore” affronta una malattia rara: l’osteosarcoma La Onlus Il Pensatore: Matteo Amitrano è nata per ricordare Matteo, un ragazzo di 22 anni che alla soglia della sua Laurea in Fisica è stato fermato dall'osteosarcoma. L'osteosarcoma è un tumore raro. Si calcola infatti che siano meno di 150 i casi annualmente diagnosticati in Italia. Pur potendo comparire a qualsiasi età, si tratta di un tumore a prevalente insorgenza nei bambini, adolescenti e nei giovani adulti. La malattia si manifesta con dolore e tumefazione, sintomi frequentemente attribuiti, in prima battuta, ad esiti di precedenti traumi. Attualmente circa il 70% dei pazienti può guarire grazie a trattamenti integrati chirurgici e chemioterapici. Molto, però, resta ancora da scoprire in fatto di cura dell'osteosarcoma. Lo scopo della Onlus Il Pensatore è dare un contributo alla ricerca e un forte sostegno a quanti sono costretti ad affrontare il peso della malattia. In questi tre anni di attività la Onlus sta finanziando una borsa di studio presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna sulla farmaco—resistenza. Nello specifico, lo studio riguarda la “Valutazione immunoistochimica e molecolare di fattori potenzialmente condizionanti la risposta istologica in pazienti con osteosarcoma”. I primi parziali dati di questa ricerca sono stati presentati dal responsabile della stessa, il Dr. Stefano Ferrari, al CTOS 2011 Meeting di Chicago (26-29 ott 2011). La borsa ha dato inoltre la possibilità a un giovane ricercatore di continuare a lavorare in Italia. Attualmente è in fase di finanziamento un ulteriore Progetto di Ricerca riguardante il Significato prognostico dei miRNAs nel sarcoma di Ewing. Lo studio verrà effettuato presso il Laboratorio di Ricerca dell’ Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna e sarà coordinato dalla Dr.ssa K.Scotlandi. Anche in questo caso la borsa verrà assegnata a un giovane laureato. La Onlus trova le sue forme di finanziamento all’interno di iniziative di vario genere come concerti, bomboniere solidali, raccolte di fondi nelle piazze e nella generosità di quanti ne condividono i progetti e le finalità. Nel 2010 sono nati i gruppi di lettura Il Pensatore, iniziativa nata da persone che mensilmente si riuniscono per cenare insieme e parlare di un libro scelto appositamente. Un’occasione per condividere convivialità e letture nel segno della solidarietà. Ogni socio, infatti, versa una quota volontaria di partecipazione al gruppo che serve a finanziare i progetti della Onlus. Per contatti e informazioni: www.ilpensatoreonlus.it È possibile sostenerci : C.C.P. 000094274339 IBAN IT 60 W-07601-03200-000094274339 5 PER MILLE CF 97525190589 La Onlus è stata fondata da quanti hanno conosciuto e amato Matteo e è il tentativo di rimettere in moto energie bloccate dal dolore della perdita e finalizzarle alla ricerca di strumenti che possano evitare in un futuro, speriamo non lontano, percorsi di sofferenza causati dall’osteosarcoma. 9 La Piergiorgio ancora una volta esempio di buona prassi Una delegazione proveniente dal Montenegro è stata in visita presso la Onlus udinese per comprenderne il funzionamento Dopo Turchia, Serbia, India, Cina, Austria e Germania la Comunità Piergiorgio ha aperto ancora una volta le proprie porte a una nuova delegazione straniera proveniente, questa volta, dal Montenegro, la giovane repubblica balcanica nata nel 2006 a seguito del referendum per l’indipendenza che ne ha sancito il distacco dalla Serbia. Nove persone accompagnate dal dr. Luciano Innocente dell’ASS 6 “Pordenonese” sono giunte in Comunità a rappresentanza di associazioni di disabili motori e sensoriali e di enti pubblici che si occupano dell’inserimento lavorativo di persone in difficoltà. precisa ancora il dott. Pin - e si sono mostrate tutte fortemente interessate alla nostra realtà e di certo motivate a comprenderne il funzionamento per poter poi migliorare anche i propri servizi». La visita si è collocata all’interno del progetto di “assistenza tecnica allo sviluppo dei servizi di inserimento lavorativo delle persone disabili nella municipalità di Niksic” che si pone anche l’obbiettivo di rafforzare il ruolo degli attori locali (ADL, Municipalità, terzo settore) nella promozione dell’inclusione sociale con particolare attenzione all’empowerment delle persone disabili e al sostegno dei loro diritti. I membri della delegazione, rimasti oltre due ore in Comunità, hanno scelto di spostarsi dalla città di Niksic, seconda realtà urbana montenegrina e collocata nell'omonima piana ai piedi del monte Trebjesa, per raggiungere e vedere personalmente le realtà operanti in Regione e in particolar modo la Piergiorgio. «È stata un’opportunità davvero interessante e ricca di significato per tutti noi; una visita che non solo ci ha permesso di confrontarci nuovamente con un’altra realtà al di fuori dei nostri confini strettamente territoriali ma che ci ha dato anche la possibilità di essere ancora una volta modello di riferimento per chi come noi all’estero è impegnato attivamente e giorno dopo giorno nel sociale». A spiegarlo è il dott. Enrico Pin, consulente informatico presso l’Ufficio H della Comunità Piergiorgio. L’occasione della visita della delegazione montenegrina ha permesso di presentare la Onlus, il suo funzionamento e i servizi caratterizzanti. «Le persone arrivate da questa realtà hanno fatto moltissime domande 10 Il nome della Repubblica del Montenegro fa riferimento al colore scuro e intenso delle foreste che un tempo coprivano le Alpi Dinariche, così come era possibile vederle dal mare. Nella maggior parte delle lingue indoeuropee non slave si è affermata la dizione veneta introdotta dai Veneziani. Un'altra tesi suggerisce che il nome Montenegro derivi dalla famiglia imperiale bizantina dei Comneno: esso fu cambiato, nel Medioevo, dal greco Κομνηνός nello slavo Černetić, la cui radice “čern”, in antico slavo “nero”, ha dato il nome alla nazione del Montenegro, dal capostipite Stefan Černoe, Stefano il Nero). Prima dei Černetić, la nazione balcanica si chiamava Principato di Zeta. Un'altra tesi ancora fa derivare il nome dal fatto che in epoca medioevale l'area era abitata da popolazioni latine, dette appunto nigri latini. Gli handicappati non vanno in bagno! Barbara Porcella Quando la domenica successiva al viaggio a Dusseldorf per la fiera sugli ausili sono uscita da casa per fare colazione, il sole era alto in cielo e il clima ancora vagamente estivo. I tre giorni in fiera erano stati impegnativi ma anche divertenti. Lungo la strada per il bar mi imbatto nella maratonina di Udine e in un paio di cicloni (biciclette che si “pedalano” con le braccia, guidate da alcuni disabili); sorrido, pensando che forse l’Italia non è poi così indietro nel mondo della disabilità rispetto alla Germania e, respirando il profumo del sole, entro nel bar. Subito dopo di me entra anche il proprietario del locale sbuffando e imprecando «Ma come si fa» dice concitato ad una signora lì presente «a mettere tanti bagni mobili lungo la strada» e continuando con un tono sempre più seccato «ci sono i bagni per gli uomini, quelli per le donne e quelli per gli handicappati!!! Non capisco proprio a cosa servano quest’ultimi! Alla maratonina gli handicappati mica partecipano!!!». La signora, visibilmente imbarazzata, tenta una vana difesa dei disabili sottolineando il fatto che i bagni, forse, non sono per i maratoneti ma per gli spettatori. Il proprietario del bar, sempre più concitato e visibilmente seccato, la apostrofa con toni pesanti «Ma signora!!! - le dice alzando notevolmente il volume della voce - “coooosa diceeee!!!...»; vengo investita dalle vocali della frase che mi spettinano i capelli già dritti dalle affermazioni precedenti, quasi non voglio sentire quello che segue. Il proprietario del locale però non sembra voler concludere la sua profonda disquisizione e rivolgendosi sempre alla stessa signora, ormai fattasi piccola piccola, continua: «Cosa sta dicendo signora??? Cosa vuole che se ne facciano gli handicappa- ti di un bagno pubblico?! Chi è sulla carrozzella non va in bagno!!! Come fa ad andare in bagno???» e ripete nervosamente «Gli handicappati non vanno in bagno!». Quasi mi cappotto dalla sedia, il caffè mi va di traverso e la brioches mi si blocca sullo stomaco!. Sono pietrificata e ripenso a Dusseldorf e a quel ragazzo, focomelico, senza braccia e senza gambe che da solo, con la carrozzina elettronica, ha preso la metropolitana da casa sua, è arrivato in fiera e l’ha visitata tutta, completamente indipendente, completamente autonomo. E penso anche a quella giovane tetraplegica con il suo comunicatore simbolico che racconta al mondo le proprie vicissitudini. E a quel bambino piccolissimo che sulla carrozzina altrettanto piccola scorazza per i padiglioni rincorso dal papà. Improvvisamente mi rendo conto che in Italia anche da adolescenti i ragazzi si lasciano per anni sui passeggini prima di dar loro una carrozzina, che la comunicazione simbolica basata sulle immagini e destinata a tutti coloro che non sanno leggere e scrivere ancora non si è diffusa e che un mondo di barriere architettoniche spesso impedisce a chi ha problemi motori di muoversi. Così constato amaramente che siamo ancora lontani da una situazione culturale simile a quella della Germania o di altri paesi del nord Europa. E sconsolata esco dal bar lottando con l’incredibile voglia di chiedere al proprietario se secondo lui il fatto che gli handicappati non vadano in bagno sia legato ad un serio e diffuso problema di stipsi… 11 PROVE PRATICHE DI DISABILITÀ Pierluigi Giuliano Passeggiando per la strada le cose che ci infastidiscono un po' sono le auto parcheggiate sul marciapiede o i “lavori in corso” che ci costringono ad attraversare la strada schivando auto e biciclette, ma subito dopo la nostra attenzione e' distratta dalle vetrine e non ci pensiamo più. Quando mi è stata proposta l'esperienza di provare per qualche ora a vivere su di una sedia a rotelle ho pensato che sarebbe stato istruttivo mettersi nei panni di chi non è autonomo come lo sono io ma mai avrei immaginato che questa esperienza avrebbe cambiato anche le sensazioni di una tranquilla passeggiata. Non so perché ma non sono mai voluto salire su di una sedia a rotelle, neanche quando, tempo fa, ho usato le stampelle a causa di un menisco dispettoso e forse l'aver accettato subito questa prova era anche per combattere questa mia piccola fobia. Il luogo della prova è una cooperativa dove lavorano molti disabili, non so se il termine sia giusto ma non credo che siano le parole a creare i ghetti ma le persone, vengo subito accolto con affetto. La sensazione è che le persone che vi lavorano formino un gruppo compatto e armonioso ma soprattutto aperto al nuovo arrivato. Il risultato è che mi sono trovato subito in sintonia con loro, cosa per me non facile, e durante il pranzo questo legame si è ulteriormente rafforzato tanto che il timore nel guardare le carrozzelle allineate in fondo alla stanza si è un po' placato. Finito il pranzo iniziamo, mi avvicino a quella che mi è stata assegnata e mi devo costringere un po' per salirci, sto abbastanza comodo ma mi devo ricordare che da quel momento non devo più sentire le gambe. Sto un po' più scomodo. Esco dalla stanza perché voglio stare un po' da solo per abituarmi all'idea, per calarmi nel personaggio, come in un film. Così giro un po' per la cooperativa, provando piccole salite, faticose, la strada, quasi un trappola. I binari del cancello che sulle mie gambe avevo superato brillantemente e senza accorgermi adesso diventano un ostacolo che deve essere superato piano e con tecnica per non ribaltarmi. Continuo a superare tanti piccoli ostacoli su quella strada che quando sono arrivato avevo percorso senza pensare. Ogni tanto incrocio qualcuno della cooperativa che mi guarda incuriosito e io, non so perché ma mi vergogno un po'. Intanto il tempo passa ed io sono sempre più scomodo, ma resisto. 12 Il programma prevede la salita e la discesa da un'auto. Provo e cercando di non usare le gambe riesco faticosamente ad entrare, mi fermo un attimo per riposare pensando a come ritornare sulla sedia a rotelle, parto e con ancora più fatica atterro sul sellino. Ripenso ad i movimenti che ho fatto, non ci sarei mai riuscito senza imbrogliare un po'. Il tempo passa e ci sono altri percorsi e prove da fare e io sto scomodissimo, mi sposto un po' per trovare una posizione più comoda ma dopo pochi minuti è come prima. Cerco di distrarmi un po' salendo per una stretta rampa delimitata da due ringhiere che sale in una casa, fatico moltissimo sia a salire sia ad impedire che la sedia a rotelle torni al punto di partenza, finalmente arrivo al pianerottolo e orgogliosamente mi giro, una ragazza del gruppo mi segue ma con le mani sulla ringhiera si tira su veloce e sicura, il mio orgoglio arrossisce, non farò mai un test per l'intelligenza. Sono passate parecchie ore, o almeno a me sembra così, e ci avviciniamo alla conclusione della prova,sono intorpidito, non riesco più a star seduto ma temo il momento in cui dovrò alzarmi, tornare “normale”. Ritorniamo nella stanza da cui siamo partiti, mi sistemo un po' in disparte, mi rilasso un attimo, chiudo gli occhi e mi alzo. Faccio subito qualche passo, forse ho paura di non saper più camminare, mi do dello stupido e non è la prima volta oggi. Tirare le conclusioni dopo queste ore non è facile, posso dire che adesso quando passeggiando incontro qualche asperità nel terreno, il binario di un portone, uno scivolo del marciapiede con un piccolo gradino, mi ritorna in mente quel pomeriggio e le difficoltà che ho incontrato nel superare questi invisibili ostacoli, adesso guardo con odio chi parcheggia l'auto nei posti riservati ai disabili; ma non è solo questo, è la sensazione di aver provato, anche se per poco, una mancanza di libertà nel fare quelle tante, piccole cose quotidiane che non mi accorgevo neanche di fare, è l'aver provato quanto è più complicata la vita su di una sedia a rotelle ma soprattutto aver provato l'atmosfera serena di quel gruppo eterogeneo di persone, persone speciali che normalmente non si incontrano in giro per negozi o nei bar perché hanno di meglio da fare. Intervista di Stefano Scarafile “Della solidarietà, se ne fa un gran parlare e solitamente è intesa come “dare o fare” solidarietà. La giornata “prove pratiche di solidarietà”, nasce con il preciso scopo di lasciar intendere, che l’argomento non tratta nè di “donare e neppure di fare” ma se vogliamo di “essere”! Queste le prime parole di Katia Mignogna, Presidente della Cooperativa Arte e Libro Onlus di Udine, durante l’intervista svoltasi pochi giorni dopo la buona riuscita del progetto “prove pratiche di solidarietà”. Carissima Katia, quindi è così, l’idea è nata una mattina durante una pausa caffè, dopo il quale….? Sì, è proprio così, da tempo meditavo la possibilità di provare, e di far provare, l’esperienza della quotidianità in carrozzina; per questa ragione quella mattina ti chiesi di bere un caffè insieme. Quell’incontro rappresentò l’inizio di una nuova e affiatata collaborazione tra Arte e Libro e Ufficio H della comunità Piergiorgio Onlus di Udine. I mesi estivi servirono per decidere quali attività inserire nella giornata dedicata alla “prove pratiche di solidarietà” e quale miglior modo, se non provare in prima persona le attività che avremmo voluto far provare? Fu così che a giugno, si svolsero LE PROVE delle “prove pratiche di solidarietà”, che coinvolsero i consulenti ed i terapisti dell’Ufficio H, alcuni soci di Arte e Libro, ed alcuni amici esterni, desiderosi di mettersi in gioco: tutti, ovviamente, normodotati! Il risultato fu entusiasmante e capimmo di essere pronti per proporre questa esperienza anche a persone non vicine al mondo della disabilità. In quali prove vi siete cimentati? Decidemmo di suddividere il percorso in tre parti, della durata massima di cinque ore complessive. La prima parte fu coordinata da Mauro Costantini, docente ipovedente, il quale iniziò il programma di educazione musicale chiedendo ai partecipanti di stare bendati per tutta la durata dell’esercizio che prevedeva l’ascolto di alcuni brani, molto diversi tra loro, con lo scopo di concentrarsi solo sulla musica e sui rumori di fondo, per poter trasmettere queste nuove emozioni, sempre bendati, su un pezzo di carta. Sempre bendati, i partecipanti furono accompagnati a conoscere l’ambiente circostante, attraversando alcuni ambienti della Comunità Piergiorgio, sede della giornata. Il percorso si concluse con l’arrivo in sala mostre, dove i partecipanti furono prima seduti in carrozzina e successivamente, sbendati. Questo passaggio, seppur emotivamente forte, fu necessario per mantenere la concentrazione durante le diverse fasi della giornata. Infatti, anche se ‘prove’, l’intento era dare veridicità alla condizione che la persona disabile vive quotidianamente. Qui ebbe inizio la seconda parte del pomeriggio che, grazie alla professionalità dei consulenti Barbara Porcella ed Enrico Pin dell’Ufficio H, fu possibile far sperimentare diversi ausili, dai sofisticati puntatori oculari per la comunicazione aumentativa alternativa, ai sistemi definiti ‘poveri’ come la tabella alfabetica trasparente (Etran). A seguire i soci della Cooperativa Arte e Libro hanno intrattenuto gli ospiti con un break di dolci e caffè, momento in cui hanno avuto modo di presentarsi e di raccontare le loro attività nei laboratori dell’Arte e Libro. Il gruppo ha proseguito con la visita alla residenza della Comunità Piergiorgio, percorrendo in carrozzina anche parte del quartiere di San Domenico. Le prove si sono concluse con il trasferimento dalla carrozzina all’auto adattata con comandi speciali di guida e con la parte relativa alle attività di vita quotidiana, attività coordinate da te, Sylvie Delvaille e Sabrina Degano. Un percorso davvero impegnativo... E quindi come si è concluso il pomeriggio? Consapevoli che l’esperienza avrebbe smosso la parte più intima ed emotiva delle persone, abbiamo coinvolto il dott. Aldo Galante, counselor clinico, con l’obiettivo di aiutare il gruppo a fare sintesi della giornata ricca di esperienze e di riflessioni. Ritengo infatti che ciascuno di noi abbia portato a casa un’esperienza unica, che per quanto “uguale per tutti” abbia offerto a ciascuno nuovi spunti di riflessione, nella speranza che dopo questa giornata la solidarietà non sia intesa solo come fare e dare solidarietà, ma anche essere solidarietà. Per quanto mi riguarda, “mi porto a casa” molte emozioni; l’espressione dei volti delle persone che hanno partecipato a questa avventura: ricordo bene la loro espressione all’arrivo ed i loro sguardo alla partenza. Mi porto a casa la frase di una cara amica disabile: “alzati da quella carrozzina!”. Lei non fa le prove seduta in carrozzina, perché lei vive in carrozzina e per questo “sofferente nel vedermi soffrire”. Ma ha condiviso il senso di questa esperienza ed il significato per un normodotato di privarsi o limitarsi nella sua libertà. Pensi che le “Prove pratiche di solidarietà” avranno un seguito? Sicuramente si! Testimonianza del bisogno di comprendere il mondo della disabilità lo offre un recente articolo che vede il nostro sindaco Furio Honsell, impegnato in prima persona, seduto in carrozzina, a testare la viabilità udinese. In attesa di ospitare il sindaco presso la nostra struttura, non solo per farsi trasportare fisicamente ma anche empaticamente, in questo percorso, ringrazio di cuore Stefano Scarafile per aver condiviso e aiutato a dare vita a questo significativo progetto. Chiudo, lasciandovi con un interrogativo: Ma vi siete mai chiesti come facciano due persone in carrozzina ad abbracciarsi? 13 Dublino, nel mondo della postura e degli ausili Il resoconto della Fiera da parte di una fisioterapista dell’Ufficio H Sylvie Delvaille Dal 7 al 10 novembre si è svolto a Dublino l’European Seating Symposium, evento biennale collegato all’International seating symposium e organizzato dal Central Remedial Clinic irlandese. Quest’anno ho avuto finalmente la possibilità di parteciparvi e ho provato così l’esperienza di una vera e propria full immersion nel mondo della postura seduta e negli ausili ad essa dedicati. Sono state giornate intensissime all’interno del nuovissimo Dublin Convention Center, con mattinate di sessioni plenarie seguite da parte centrale della giornata e pomeriggi dedicati a numerosissimi workshops in contemporanea, la cui scelta era veramente difficile, dato che spesso erano tutti molto interessanti. Le pause caffè e parte della pausa pranzo davano la possibilità di visitare la mini fiera allestita all’interno del centro congressi in cui vi era la possibilità di visionare le novità sugli ausili presentati dalle aziende sponsor del congresso, oltre ai poster con piccoli studi clinici presentati in aggiunta ai workshops. Le serate dublinesi sono state all’insegna degli incontri conviviali, con visite alla fabbrica–museo della mitica birra Guinness, del whiskey irlandese e, naturalmente,serata al pub e cena di gala dell’ESS con spettacolo di danze tipiche irlandesi. È stato molto faticoso seguire con il mio inglese intermedio, ma non praticato, tutti gli interventi in inglese del simposio, a parte alcune parentesi in cui un traduttore francese faticava quanto me, specialmente negli interventi americani! L’offerta formativa partiva da argomenti di base come l’analisi della postura seduta e delle varie soluzioni possibili per migliorarla, a studi relativi all’analisi delle forze e delle sollecitazioni messe in gioco dal gesto funzionale che produce la spinta della carrozzina manuale,alla presentazione di studi e casi clinici riguardanti gli effetti della postura seduta sulla meccanica 14 respiratorie, sulla funzionalità digestiva e sulla comunicazione: una review su tutte le difficoltà posturali in relazione all’età,alla patologia e ai tipi di sistema scelti,all’utilizzo della carrozzina manuale a quella elettronica. Particolare attenzione è stata posta alle problematiche relative all’accesso agli ausili, soprattutto in relazioni provenienti dagli Stati Uniti in cui da sempre il sistema assicurativo penalizza gli utenti con difficoltà economiche: si stanno creando vere e proprie associazioni che portano avanti una lotta proprio per permettere a tutte le persone con disabilità di poter accedere agli ausili di base, quali possono essere le carrozzine; anche nella nostra Europa della crisi il problema inizia a farsi sentire e da più parti si è sottolineata l’importanza, specialmente per i bambini, di creare un circuito di banche di ausili in maniera tale da garantire sempre l’ausilio giusto al momento giusto, senza sprechi e ritardi. I relatori provenivano prevalentemente dagli Stati Uniti, dall’Irlanda, Canada, con qualche intervento da Francia, Olanda, Danimarca, Spagna, Slovenia, Australia e Brasile; le professionalità erano prevalentemente quelle di terapisti occupazionale e fisioterapisti, seguiti da fisiatri e neurologi. Per l’Italia solamente il Dott. Guzzetta, neuropsichiatra infantile presso il Dipartimento di Neuroscienze dello sviluppo all’Istituto Stella Maris di Pisa, che ha presentato un intervento dal titolo “Bambini e rischio neurologico: Neuroplasticità e intervento precoce”. Sarebbe auspicabile che i colleghi italiani, presenti numerosi al congresso, si organizzassero anche per presentare tra due anni a Dublino anche qualche loro studio o esperienza, dato che non abbiamo nulla da invidiare ai colleghi stranieri… risorse a parte! Appuntamento quindi tra due anni con qualche contributo in più dall’Italia e con un training intensivo di lingua inglese, per non perdersi nemmeno una parola. Viaggi possibili “Andata e ritorno”, un’agenzia per mete accessibili La Comunità si rinnova Un vero e proprio restyling per la Piergiorgio Massimo Marconcini Ciao, mi chiamo Massimo e sono una persona disabile in carrozzina da vent'anni e adesso ho voluto concretizzare un sogno. Sono appassionato di viaggi da sempre, per uno spirito di intraprendenza legato al mio carattere, così ho deciso di fare un'esperienza di viaggio diversa dal solito. Ho realizzato un sogno mettendo in piedi un’ agenzia di viaggi con un mio amico. Dopo l'emozione, il pathos, l'iter burocratico, i corsi di aggiornamento tematici a cui partecipiamo spesso e che non finiscono mai, mi sono dunque cimentato finalmente nella prima esperienza diretta e ho scelto l'Egitto. Sono stato a Marsa Alam, sperimentando questa località molto bella ma nella versione "villaggistica". Ho voluto e potuto, come "agente di viaggio", visitare più villaggi di una catena molto nota nel panorama villaggistico vedendo con i miei occhi, ma soprattutto sperimentando direttamente "con le mie ruote", quanto sia possibile fare vacanza nei villaggi. Direi che, con un po' di spirito di adattamento, si può andare ovunque, specie se accompagnati in modo non forzato, ma possiamo essere soddisfatti e in autonomia quasi totale scegliendo alcune strutture. Beh, su cinque villaggi, due li posso promuovere, sugli altri tre direi invece che posso giudicarli solo parzialmente accessibili. Il mare, ad esempio, con una sedia a rotelle adeguata potrebbe essere goduto, anche da pseudo sub, con diving e snorkeling ottenendo grandi soddisfazioni se fossimo in grado di organizzarci. Gli stessi Villaggi ci possono mettere a disposizione anche le strutture e le attrezzature ideali. Un buon consiglio può essere comunque quello di non aver timore a scegliere ma soprattutto di fidarsi di chi è già stato nella struttura e l'ha visionata direttamente, altrimenti le barriere possono diventare insormontabili, specie in un Paese come l'Egitto, in questo caso particolare, dove le normative sulle barriere architettoniche non sono certamente paragonabili a quelle Europee. Personalmente l'Egitto nella versione "mare" e in Villaggio è una bella esperienza, sicuramente da provare. È una vacanza di sole, mare, rilassante e da godere in ogni periodo dell'anno, essendo una meta a corto raggio anche per la facilità dei collegamenti aerei, con partenze nel Nord Italia e da tutti i principali aeroporti. Nuova palestra, con sala d’attesa dedicata, e riorganizzazione del servizio di fisioterapia svolto sia per gli utenti della Comunità sia per le persone esterne. Le novità strutturali con cui la Piergiorgio si presenta al pubblico per il 2012 sono davvero numerose e promettono oltretutto di moltiplicarsi anche per i prossimi mesi. «Da poco si è concluso il primo lotto di interventi con la ristrutturazione dell’ambulatorio, adesso più grande e funzionale, e con modifiche sostanziali apportate anche al Centro diurno della Comunità – spiega Massimo Degano, consulente informatico dell’Ufficio H, mentre ricorda anche gli interventi a favore dei dipendenti stessi della Piergiorgio e legati al servizio di lavanderia e agli spogliatoi, resi certamente più ampi e funzionali – Confidando in un ulteriore contributo regionale, nei prossimi mesi i lavori riguarderanno anche le aree destinate all’Ufficio H e alla Formazione, senza dimenticare infine il rifacimento di gran parte delle coperture della Piergiorgio che adesso, dopo tanti anni, necessitano senza dubbio di qualche ritocco». Per info: [email protected] tel. 045.6900612 15 Progetto Clessidra Provincia di Udine GRANDE SUCCESSO PER I CARE GIVERS ALLA PIERGIORGIO Si sono chiusi con un record di presenze i Corsi formativi per sviluppare un’assistenza domiciliare più competente Brevi, efficaci e soprattutto completi, tanto che il gradimento espresso dai partecipanti e testimoniato dai numeri, è stato addirittura superiore alle aspettative. E così i Corsi formativi organizzati tra settembre e novembre 2011 dalla Comunità Piergiorgio, rivolti a famigliari, badanti, assistenti e volontari per sviluppare un’assistenza domiciliare più competente, sono diventati tre anziché due, come invece previsto inizialmente. «Il bilancio che possiamo tracciare al termine di questi tre percorsi didattici, contemplati all’interno del progetto Domiciliarità Innovativa per le persone diversamente abili in situazione di gravità, è certamente molto positivo – commenta il dott. Enrico Pin, consulente informatico presso l’Ufficio H – Il numero delle richieste pervenute per seguirli è stato talmente elevato che almeno per quest’anno non abbiamo potuto soddisfare la domanda di una dozzina di persone altrettanto interessate e motivate». Gratuiti e strutturati su quattro giornate complessive, così da sviluppare in poco tempo un’assistenza domiciliare più competente ed efficace, i corsi per care givers hanno potuto contare non soltanto su una forte presenza femminile ma soprattutto su un numero maggiore di “addetti ai lavori” che in passato. «In effetti, rispetto agli anni scorsi, il dato relativo alla presenza di badanti tra gli allievi è cresciuto sensibilmente, sia per lo sviluppo nel tempo di una 16 maggiore consapevolezza personale sia per una più forte esigenza di professionalità richiesta dalle famiglie stesse agli operatori – spiega ancora il dott. Pin, mentre ricorda che l’intera progettualità si inserisce nel programma sperimentale realizzato dalla Provincia di Udine, il Clessidra, che prevede inoltre l’erogazione dei cosiddetti “moduli respiro”, brevi periodi di accoglienza in determinate strutture assistenziali con la finalità di favorire la permanenza delle persone disabili nelle proprie case – Abbiamo inoltre notato la significativa partecipazione anche da parte di persone che, a causa della forte crisi economica e della perdita del proprio lavoro, vi hanno partecipato nel tentativo di ricollocarsi nuovamente in ambito professionale». E dopo aver parlato dunque di gestione e cura delle lesioni da decubito, igiene personale e interventi di assistenza di base; dopo aver affrontato il tema della relazione d’aiuto, postura a letto, gestione della carrozzina e trasferimenti tecnici, la Piergiorgio ha intanto già avviato una serie di nuove giornate formative. «Sulla base delle indicazioni forniteci dagli stessi partecipanti ai corsi– aggiunge il dott. Pin – abbiamo dunque deciso di realizzare alcuni seminari di approfondimento per completare così, e nel migliore dei modi, il felice percorso formativo avviato qualche mese fa. LA PIERGIORGIO AUGURA BUON ANNO CON IL SUO NUOVO CALENDARIO Dopo il successo dell’anno scorso esce il Lunario 2012 fatto dai ragazzi disabili del Corso di formazione in Marketing turistico È ancora una volta un viaggio attraverso il territorio regionale quello che la Comunità Piergiorgio Onlus di Udine si prepara ad offrire non soltanto ai friulani ma anche a quanti vogliano saperne di più su questa terra; un viaggio intenso e appassionante di dodici mesi per scoprire i Comuni più interessanti e le aree naturali più belle del Friuli Venezia Giulia che una decina di ragazzi disabili, allievi del Corso di formazione in “Marketing turistico”, ha realizzato attraverso un corposo lavoro di ricerca con l’obiettivo, tra gli altri, di creare un oggetto utile e di indubbio valore. «La volontà era quella di dare corpo ad un prodotto finito, concretamente utilizzabile dalla gente - spiega con giustificato orgoglio Davide Pillitu, docente del percorso didattico e coordinatore dell’intero lavoro - Un oggetto destinato insomma a uscire dalle mura della Comunità Piergiorgio, che ne ha dato i natali, per arrivare felicemente nelle case di tutti i friulani contribuendo soprattutto alla diffusione di notizie e informazioni di alto valore culturale sul territorio stesso in cui viviamo». Finanziato dalla Onlus di piazza Libia e distribuito proprio in occasione delle festività natalizie dalla stessa Comunità Piergiorgio, il Calendario 2012 ha alle spalle un grande lavoro corale che oltre all’impegno dei ragazzi ha richiesto anche la partecipazione attiva degli educatori. «Un doveroso ringraziamento va naturalmente anche a loro che hanno seguito con costanza e dedizione i nostri allievi disabili durante questo corposo lavoro di studio e di ricerca – aggiunge Davide Pillitu, mentre ricorda anche i CSRE di provenienza dei ragazzi partecipanti al progetto, quelli di via Piemonte e via Piutti di Udine e il CSRE di Tarcento, senza dimenticare infine il contributo di un ragazzo esterno, Roberto – Il lavoro svolto è ad alto richiamo turistico e ha portato i corsisti a lavorare con impegno sulla storia e sulle bellezze artistiche e paesaggistiche del Friuli secondo però un’ottica di promozione turistica del territorio». Tarcento, Aquileia, Grado, Lignano, Tolmezzo, ma anche il Parco delle Prealpi Giulie e le Dolomiti friulane. Ogni pagina del Calendario 2012 della Comunità è dunque dominata dall’approfondimento di uno dei preziosi gioielli del territorio regionale esplorato e consegnato ai lettori attraverso informazioni di ordine storico, geografico e artistico. «Sono davvero felice di questo prodotto finale che è in sostanza il frutto più concreto e reale di tutto il nostro impegno e dell’intero percorso didattico svolto sino a oggi – precisa ancora Pillitu - Se non ci fosse stato questo importante lavoro di squadra alle spalle, il progetto non sarebbe mai nato mentre invece oggi noi abbiamo la possibilità di consegnarlo direttamente ai friulani e di portarlo soprattutto nelle loro stesse case». 17 DIDATTICA ALLE STELLE CON MARGHERITA HACK ALLA PIERGIORGIO La nota scienziata fiorentina attraverso le domande dei ragazzi disabili ha tenuto una “lectio magistralis” di oltre un’ora sull’Universo e le sue leggi Carolina Laperchia Emozione a dire poco, grande entusiasmo e soprattutto tanta voglia di ascoltare dalla sua voce diretta, chiara e pulita, la storia del Cielo, delle sue Stelle e dei Pianeti. I ragazzi disabili della Comunità Piergiorgio Onlus di Udine, che proprio martedì 21 giugno ha spalancato le sue porte alla nota astrofisica fiorentina Margherita Hack, nell’ambito del Corso in “Teorie e tecniche del linguaggio radiofonico” tenuto dalla sottoscritta, hanno dunque accolto la scienziata con grande trepidazione rapportandosi a lei attraverso domande finalizzate non soltanto a sapere qualcosa di più sulla dimensione in cui viviamo ma anche sulla sua stessa vita; una vita a dir poco intensa, costellata di straordinari successi, notevoli traguardi, largamente spesa nella ricerca scientifica e fortemente impegnata anche in politica e nel sociale, a sostegno di grandi e importanti battaglie. «La mia vita l’è una vita come tante ce n’è. Forse sono stata più fortunata di altri perché ho avuto una famiglia che mi ha lasciato di molto libera, che mi è sempre stata d’incoraggiamento e che mi ha dato la massima autonomia. Dal 1944 ho anche un compagno al mio fianco che mi ha costantemente aiutato e in questo sono stata certamente privilegiata». Margherita Hack, classe 1922, tra le menti più brillanti della Comunità scientifica italiana e il cui nome fa rima da sempre con l’astrofisica mondiale, prima donna a dirigere un Osservatorio astronomico in Italia, lo ha ribadito con il suo immancabile accento fiorentino alla nutrita platea raccolta per la grande occasione nella Chiesa di San Domenico così da poterla vedere da vicino e ascoltare le sue parole. Parole che si sono rapidamente tradotte in una vera e propria lectio magistralis attraverso la quale la Hack, membro dell’Accademia dei Lincei e ancora oggi Direttore del Centro Interuniversitario Regionale per l'Astrofisica e la Cosmologia (CIRAC) di Trieste, ha parlato per oltre un’ora. Prof.ssa Hack, come mai Lei che studia cose tanto importanti non crede in Dio? (Rita Pugnale) «La scienza si basa sulle osservazioni e sugli esperimenti da cui cerca di capire le leggi che regolano l’Universo mentre Dio non è dimostrabile scientificamente e quindi credere o non credere è un fatto del tutto personale che risponde a uno specifico bisogno delle singole persone. C’è chi sente la necessità di credere perché questo gli dà la speranza di poter vivere anche dopo la 18 18 morte, e magari una vita addirittura migliore. A me sembra invece di credere in un’invenzione nata appositamente per tranquillizzarci». Ritiene che nello spazio ci siano anche altre forme di vita diverse dalla nostra? (Rita Pugnale) «Sì e questa è una domanda che già gli antichi greci si facevano. Fino a pochi decenni fa si supponeva che esistessero altri pianeti in orbita intorno ad altre stelle diverse dal sole; non c’èra infatti nessun motivo per pensare che il nostro sistema solare fosse unico perché il sole è una stella comunissima; io la chiamo “il cittadino medio della via Lattea” ed era quindi molto probabile che ci fossero altri pianeti anche se era difficile trovarli perché i pianeti sono piccoli, non emettono luce propria e sono molto vicini alla loro stella che però, a sua volta, è certamente lontana da noi; quindi, in generale, risultano affogati nella luce della loro stella ma nel 1995 è stato scoperto il primo pianeta extrasolare, ossia in orbita attorno ad un’altra stella, e oggi, a distanza di sedici anni, ne conosciamo oltre cinquecento. Esistono due satelliti artificiali, uno francese, come il pittore impressionista, e un altro americano, che hanno proprio lo scopo di andare alla ricerca di altri pianeti extrasolari ed effettivamente ne scoprono in continuazione, quindi il numero di pianeti extra solari va crescendo ogni giorno. Ci sono miliardi di pianeti nell’universo e anche nella nostra galassia, la via Lattea, ce ne sono centinaia di miliardi. Alcuni hanno anche caratteristiche tali da permettere lo sviluppo della vita. È possibile che esistano molte altre civiltà, forse più avanzate, perché il nostro sole ha cinque miliardi di anni e sappiamo che ci sono stelle, nella nostra via Lattea, che hanno 10 miliardi di anni, quindi è possibile che i pianeti di queste stelle ospitino civiltà anche molto più vecchie della nostra e più evolute ma pensare di poter viaggiare da un pianeta all’altro, questo sì che resta invece fantascienza. Noi certamente potremmo viaggiare per tutto il nostro sistema solare; sulla luna ci siamo già andati, forse si potrà andare su Marte e le astronavi telecomandate si sono già spinte ai confini del sistema solare stesso. L’ultima è stata la sonda Cassini che è andata a visitare il pianeta Saturno e che ha fatto scendere un’altra piccola astronave, la Huygens, nell’atmosfera di Titano che è il satellite più grande di Saturno; per questo viaggetto ci sono voluti più sette anni. Il pianeta più simile alla terra scoperto finora si trova a venti anni luce, cioè la luce impiega venti anni per arrivare sino a noi. Se potessimo viaggiare a un centesimo della velocità della luce ci metteremmo due mila anni e quindi dovremmo immaginare astronavi su cui generazioni e generazioni di esseri umani possano vivere e riprodursi. Le distanze restano enormi e pensare di poter andare da un pianeta all’altro come raccontano i libri è fantascienza anche se c’è un modo per sapere se esistano altre forme di vita intelligenti. Parlo del progetto S.E.T.I, Search For Extra Terrestre Intelligence. Consiste nel puntare i radiotelescopi, grandi parabole collegate a un ricevitore radio, verso stelle vicine che hanno dei pianeti per vedere se per caso da queste arrivino segnali radio chiaramente artificiali, brevi o lunghi. Per ora il risultato è stato negativo anche se le osservazioni vanno a- vanti dal 1964 e l’idea è stata di due fisici italiani. Nessun risultato quindi al momento ma la grande difficoltà consiste nel fatto che per poter riconoscere i segnali bisognerebbe essere allo stesso grado di sviluppo tecnologico. La civiltà tecnologica ha poco più di un secolo. La probabilità che ci siano altri esseri intelligenti nell’università è altissima. Pensare di essere soli è assurdo. Sarebbe come quando si pensava che la terra era il centro dell’universo, creata da Dio appositamente per gli uomini». Ho letto che l’Universo è curvo. Può confermare questa affermazione? (Arrigo De Biasio) «Recenti osservazioni hanno invece dimostrato che l’Universo è piano. Questo, in sostanza, che cosa vuol dire? Consideriamo per esempio questa stanza in cui ci troviamo al momento. Essa ha uno spazio piano e allo stesso modo si è immaginato che anche lo spazio possa essere piano, curvo e chiuso, esattamente come la superficie della sfera. Quando parlo di spazio faccio riferimento a tre dimensioni. Questo tavolo è lungo, alto e largo. Provate ad immaginare una quarta dimensione: non è possibile. Per avere quindi uno spazio curvo si dovrebbe avere anche una quarta dimensione ma questo, come detto poc’anzi, non è appunto possibile». 19 19 È vero che su Marte c’è acqua? (Arrigo De Biasio) «Sembra di sì. Che ci sia acqua ghiacciata ai poli questo è certo ma si suppone che nel sottosuolo ci sia acqua anche allo stato liquido; in passato, su Marte, deve esserci stata molta acqua; si vede delle strutture geologiche nella sabbia che sono quelle che lascia il mare quando si ritira dalla sabbia stessa lasciando particolari segni. Può darsi che su Marte ci sia stata in passato anche qualche forma di vita elementare, parlo di batteri ed esseri monocellulari. Marte è il pianeta più interessante da questo punto di vista e proprio per tale ragione si sta programmando una missione su mana. Non so se si farà perché i tempi sono molto lunghi». cittadini di vivere meglio». Una curiosità personale… Che origine hanno i nomi dei Pianeti? (Maurizio Scolari) «I nomi sono stati inventati dagli antichi greci e romani perché pensavano che i Pianeti fossero divinità. Venere era infatti la dea dell’amore, Marte il Dio della guerra mentre si pensava che Giove fosse il padre degli dei perché era grande e Saturno il padre di Giove stesso. Urano e Nettuno, invece, sono stati scoperti più tardi. Urano fu trovato per caso attraverso l’osservazione del cielo e Nettuno fu scoperto perché ad un certo punto ci si accorse che il moto di Urano non era regolare. La scoperta avvenne per merito di un cattedratico e di un giovane studente. Al Professore tutti diedero retta e attenzione mentre invece il giovane studente, all’inizio, non fu nemmeno preso in considerazione». È più facile credere a ciò che racconta la Bibbia oppure alla teoria del Big Bang? (Ennio Mazzolo) «La Bibbia non è un libro scientifico e tutte le civiltà hanno cercato di immaginare cosa fosse l’universo e come fosse iniziato tutto; anche la Bibbia ha una sua mitologia. La teoria del Big Bang non va presa come oro colato ma c’è un dato osservativo che ci dice che tredici miliardi di anni fa le condizioni dell’Universo erano molto diverse da quelle di oggi; disponiamo infatti di una sorta di “macchina del tempo” che è poi semplicemente la velocità della luce e quindi più lontano guardo nello spazio più indietro guardo nel tempo; quando guardo il sole lo vedo non come è adesso bensì com’era otto minuti fa perché la luce ci mette 8 minuti». Prof.ssa Hack, una domanda che non riguarda nello specifico la sua materia. Lei che cosa pensa della scuola di oggi? (Davide Vogrig) «Non ho esperienza diretta della scuola di oggi ma posso dire che dalle nostre Università escono spesso persone preparate che però, il più delle volte, sono costrette ad andare all’estero. E a giudicare poi dai risultati dei nostri atenei, direi che le scuole non sono poi tanto male e che ci sono molti bravi professori; forse c’è più lassismo di una volta e ritengo che ci dovrebbe essere invece una maggiore attenzione nei confronti della scuola da parte del Governo ed è davvero triste che quando c’è una crisi economica in atto, le scuole e le università siano le realtà principalmente colpite. Le statistiche dicono che è molto più facile trovare un buon lavoro e ben remunerato se si possiede anche un certo grado di cultura. Anche Dario Fo, proprio durante uno spettacolo teatrale, diceva che l’operaio conosce cento parole mentre l’industriale mille e quindi frega sempre l’operaio. La cultura non è importante solo per le singole persone ma anche per un paese intero perché un paese che ha buon grado di cultura ha anche inventiva, crea innovazione, è competitivo e produce attività che permettono a tutti i 20 20 Lei è stata intervistata innumerevoli volte e in tante di quelle occasioni che nemmeno si contano. C’è qualcosa di cui ama parlare in particolar modo durante le interviste? (Cecilia Pilosio Vatri) «Io a domanda rispondo sempre. Che posso dire? La mia vita l’è una vita come tante ce n’è. Forse sono stata più fortunata di altri perché ho avuto una famiglia, alle spalle, che mi ha lasciato di molto libera che mi è sempre stata di incoraggiamento. Ho un compagno che mi ha sempre aiutato e in questo sono stata molto fortunata.» Qual è il rapporto, al giorno d’oggi, tra presenza femminile e mondo della scienza? (Pubblico in sala) «Oggi ci sono tante brave ricercatrici nel mondo della scienza. Nell’università sono più del 50 %, le associate si attestano al 30% mentre le ordinarie coincidono con il 12% ma le cose stanno cambiando rapidamente e quindi oggi le brave ricercatrici, numerose, hanno successo, pubblicano su riviste internazionali, fanno carriera e fra qualche anno diventeranno associate e poi ordinarie. Le cose si modificano a gran velocità anche se in tutto questo molto dipende anche dall’educazione. Bisogna incoraggiare le bambine a non avere complessi di inferiorità e a non avere carriere precluse; le donne devono essere soprattutto lasciate libere di seguire la propria strada. Anche oggi è crescente il numero di ragazze che si iscrivono a ingegneria mentre una volta le ingegnere erano zero. Le donne però devono essere combattive e pretendere che i loro diritti siano rispettati». A spasso con Marga Barbara Porcella Sono passata davanti a questa casa migliaia di volte, eppure non ho mai saputo che qui vive una delle menti “più eccelse” al mondo… Margherita Hack!. Quando suono il campanello il dito quasi mi trema, il cuore mi batte a mille e la salivazione nella mia bocca è praticamente azzerata. Salgo una marea di scalini divisi in due rampe e inevitabilmente, per deformazione professionale, una volta in cima, dopo aver sputato un polmone e aver perso una rotula, mi chiedo come possano due anziani vivere in una casa con così tante barriere architettoniche. Poi capisco. Alla porta trovo proprio lei “Marga” che sorridente mi stringe la mano, si presenta e mi fa accomodare in un “paradiso di libri”. Gli interni sono bellissimi, la tappezzeria delle pareti è fatta di libri, librerie enormi svettano dal pavimento al soffitto e i libri ricoprono anche gran parte del parquet. Stento quasi a trovare il divano su cui siede, già pronto per partire, il sig. Aldo, marito di Marga, il quale con fare sornione dopo avermi chiesto il nome mi fa capire che loro non hanno tempo da perdere e che spera che il seminario sia breve e conciso! Aldo con la sagacia tipica dei toscani doc e che caratterizza anche quegli anziani che non hanno paura più di nulla, durante il pomeriggio non risparmierà battute per nessuno e come un tiratore scelto colpirà sui difetti di ognuno di noi senza smettere di sottolineare che ha una gran voglia di tornarsene a casa, che spera che l’evento organizzato sia almeno interessante ma soprattutto che duri il meno possibile!!. Il viaggio in macchina che ci porta da Trieste a Udine si rivela un momento di grandissimo interesse, Marga che già normalmente è lontana dalle solite convenzioni, ci racconta della sua vita in modo amichevole e affabile e così scopriamo da una delle più grandi astrofisiche al mondo che odia cucinare, è vegetariana, si veste spesso con le magliette dei convegni ai quali è invitata, si è truccata solo fino ai 18 anni, è arrivata a Trieste quando gli alberi della pineta di Barcola erano appena stati piantati e che nella vita ha potuto contare sempre sull’appoggio di Aldo con il quale è sposata ormai da oltre sessant’anni. I due si sono conosciuti da bambini, poi si sono persi di vista per rincontrarsi durante gli anni dell’Università a Firenze e da allora non si sono più lasciati, ora hanno, lei 89 anni lui 92. Non si lasciano mai, e Aldo segue la moglie in ogni viaggio perché non ama essere lasciato solo con la badante! Scopriamo anche il suo libro preferito è Pinocchio perché su questo ha imparato a leggere e perché dentro si trovano insegnamenti validi anche per i tempi di oggi, che da giovane Marga è stata una grande sportiva, campionessa di salto in lungo e salto in alto mentre fino a non molti anni fa giocava a pallavolo. Una passione che l’accompagna ancora è quella per la bicicletta ma qualche volta le capita ancora di guidare la macchina. Ama il computer che utilizza per scrivere i suoi libri, perché è vero che è in pensione ma proprio per questo motivo lavora molto più di prima!!. E ha un sacco di libri da scrivere ancora. Marga e Aldo hanno alle spalle quasi un secolo di vita trascorsa sui libri, lei nel campo scientifico e lui in quello umanistico e oltre mezzo secolo lo hanno passato insieme. Il segreto di questa unione così lunga ce lo svela lei con il suo spiccato accento toscano che i tantissimi anni trascorsi a Trieste non sono riusciti a scalfire. «Noi abbiamo litigato tantissimo - ci confessa sorridendo - ma non ci siamo mai tenuti dentro niente, per questo siamo ancora uniti». Quando in serata li riportiamo a casa ci sembra che ogni parola per descrive emozioni e sentimenti sia superflua, illuminati dalla lezione sull’universo sappiamo solo che ascoltando il seminario di Margherita abbiamo veramente toccato il cielo con un dito. 2121 STELLE NELL’ARTE Davide Pillitu Le tre arti del Trivio (Grammatica, Retorica, Dialettica) in connubio con le quattro arti del Quadrivio (Aritmetica, Astronomia, Geometria e Musica) designano il campo dello scibile umano, della speculazione scientifica e sono la base su cui si fonda lo studio e l’educazione; si distinguono dalle arti meccaniche – vengono appunto chiamate liberali perché praticate e studiate da uomini liberi – che presuppongono l’uso delle mani per essere esercitate. E questa categorizzazione precisa riguardo la conoscenza umana trova riscontro in molti cicli a fresco medievali nei quali esse vengono personificate in una serie di fanciulle, in pose e con attributi specifici, spesso accompagnate da un esponente illustre dell’arte. Nel 1365 Andrea di Bonaiuto affresca in una delle pareti della sala capitolare del convento domenicano di Santa Maria Novella a Firenze il trionfo di san Tommaso d’Aquino. Sedute su scranni gotici stanno le arti liberali fra le quali siede anche l’Astronomia che indica il cielo con la mano e ai cui piedi Tolomeo, il celebre astronomo alessandrino, scruta la volta celeste con aria ispirata. La base educativa per ogni cursus studiorum che si rispetti, ha una tale rilevanza che sessant’anni prima l’importanza del cielo “scientificamente” osservato e teologicamente scandagliato, si riverbera in uno dei capolavori dell’arte di ogni tempo. Giotto, chiamato a Padova da Enrico Scrovegni, ricchissimo banchiere padovano, a decorare la cappella detta dell’Arena adiacente al palazzo Scrovegni, nello scomparto raffigurante l’Adorazione dei Magi dipinge una stella, la stella cometa, la cometa di 22 22 Halley che squarciò il cielo proprio in quel torno d’anni (1301). L’arte di Giotto non tralascia di raccontare un fenomeno astronomico realmente accaduto e ne testimonia la rilevanza inserendolo all’interno del racconto sacro. È la prima volta. È la prima volta che una stella vista all’atto del suo passaggio compare in un affresco. “Iam nova progenies caelo demittitur alto” secondo l’ecloga IV di Virgilio reinterpretata in chiave cristiana. Già una nuova progenie promana dal cielo, la vera luce, la nuova luce del Vero divino scende dal cielo sui Magi che le rendono omaggio e si inchinano di fronte a Dio. La sintesi tra l’osservazione oggettiva di un fenomeno astronomico e le sue valenze teologiche, non potrebbe essere più perfetta. Anche se più tardi, dopo la riscoperta della sensualità classica, la classicità studiata per il suo valore intrinseco, senza implicazioni teologiche, farà fiorire lo studio e la “fede negli astri”, per citare Saxl, con la creazione di cicli astrologici così in voga presso l’aristocrazia rinascimentale tanto che il duca di Ferrara Borso d’Este e il banchiere senese Agostino Chigi cercheranno gli influssi di pianeti e stelle sui loro temi natali come divertissement dispiegato sulle pareti delle loro residenze di piacere – la delizia di Schifanoia (1474) a Ferrara e la dimora presso il Tevere a Roma, la Farnesina (1512) – si rivelerà tuttavia il senso di straniamento e di inquietudine che si insinua nella Me- Poco prima Giorgione dipinge a fresco nella casa Pellizzari di Castelfranco un fregio pieno di strumenti astronomici e musicali, di armi e di “tabulae” recanti ammonimenti di carattere morale (il “fregio delle arti liberali”) prevedendo una cattiva congiunzione astrale (una sfera celeste riporta la congiunzione di Saturno, lencholia (1514) di Albrecht Dürer. La Melencholia (I), lo spirito saturnino, è illuminata dalla cometa che sfreccia sotto l’arco lunare. Non la tentazione laica e da Miles Christianus del “Cavaliere, della Morte e del Diavolo”, ma l’intimità tormentata e tormentosa dell’artista nello studio, dello studioso, dell’alchimista sotto l’influenza saturnina. Una via nuova verso una natura “esotericamente” concepita; un escamotage culturale che permette agli dei antichi di sopravvivere, iconograficamente celati dai pianeti e dalle stelle ai quali hanno dato il nome. Nel dialogo lontano, affidato ai bagliori del cielo, un’altra stella parla attraverso la sua luce a un santo nel suo studio da “umanista”: la luce anagogica di Girolamo filtra sul volto di Agostino che sospende gli studi per ascoltarla nel celebre telero (1502) di Vittore Carpaccio alla Scuola dei Dalmati a Venezia; in secondo piano, nei ripostigli (oserei dire della mente) gli strumenti antichi degli astronomi per misurare e capire ciò che allora non poteva essere misurato e compreso senza la fede. Giove e Marte per il 1503-1504) annunciata da tempi perigliosi e sfociata nella disfatta delle truppe veneziane ad Agnadello (1509). L’ira degli astri si abbatte sulla città lagunare e ormai il bacino di San Marco, sotto l’influsso di una cattiva stella, non può che generare mostri, come constata malinconicamente l’Astronomo – Astrologo (1509) di Giulio Campagnola. L’intreccio tra Astronomia, Astrologia e Mitologia non potrebbe essere più stretto laddove i termini considerati un tutt’uno si stemperano semanticamente e concettualmente l’uno nell’altro: lo stesso Dürer accanto alla stesura di una carta astronomica del cielo, realizza il trittico inciso con la “Melencholia”, il “Cavaliere, la Morte e il Diavolo” e il “San Girolamo nello studio”: la 23 23 sfera intellettuale dominata dal pianeta Saturno che influenza astrologicamente l’artista, la sfera morale e umana della vita attiva con i rischi della tentazione sempre presenti sul cammino fragile e rischioso, la vita contemplativa con il santo nel suo studio attorniato dagli strumenti che irreggimentano il tempo e lo spazio. Lo stravagante e saturnino imperatore Rodolfo d’Asburgo in una Praga già fosca per l’approssimarsi di guerre disastrose e continue lotte intestine, offre ricetto a scienziati, alchimisti e “maghi” a Hradčany: Keplero e Tycho Brahe, il “mago” Edward Kelly giunto da Londra e l’alchimista Sendivogius e nel medesimo tempo commissiona al pittore veneziano Jacopo Tintoretto la tela che narra l’origine della Via Lattea secondo la mitologia greca (1580 Londra National Gallery). Dal seno di Era sprizza il latte che si sparge nel cielo ad originare uno sciame di stelle. Il loro valore eziologicamente poetico appare lontano da uno studio scientificamente condotto sui fenomeni del cielo, ma allo stesso tempo coesiste con i grandi progressi scientifici che proprio gli ospiti di Rodolfo portarono avanti. La commistione di segni e sensi genera capolavori. La Via Lattea di Tintoretto, vista nella sua scaturigine mitologica, si situa all’estremo o p p o s t o dell’olio su rame dipinto da Adam Elsheimer nella Roma di primo Seicento, la Roma di Caravaggio e dei Cardinali Nepoti. La Fuga in Egitto (1609 Monaco Alte Pinako24 thek) è sovrastata da uno squarcio ampio di cielo notturno, solcato dalla Luna, in cui per la prima volta è rappresentata la Via Lattea senza implicazioni mitopoietiche, un fatto che suggerisce come il pittore di Francoforte potesse essere venuto a conoscenza delle prime osservazioni di Galileo, forse anche per il tramite dell'Accademia dei Lincei. Siamo nella notte del 16 Giugno 1609 e anche nella notte sacra di una Fuga. A t tualità del cielo nel quadro e profondità dei significati simbolici sottesi alle immagini, anche qui convivono, come in Giotto, a tre secoli di distanza. La Luna, alla cui luce si staglia un albero secco, è Cristo risorto (la Luna è figura di Cristo per Caspar David Friedrich all’inizio del XIX secolo) vittorioso sulla morte che una tradizione iconografica lunghissima segnala con la presenza dell’albero disseccato. La Via Lattea è la traccia divina che la famiglia segue nel viaggio verso la salvezza di tutta l’umanità, ma è anche un segno del cielo, concreto e oggettivamente osservabile con gli strumenti adatti. L’avvicinamento dell’arte alla scienza come illustrazione di oggetti celesti da studiare, e vademecum visivo per addetti ai lavori trova un esempio paradigmatico nella serie di dipinti con le "Osservazioni Astronomiche" (Roma, Pinacoteca Vaticana) commissionata nel 1711 al pittore bolognese Donato Creti dal conte Marsili come dono a Papa Clemente XI a sottolineare l'importanza di un osservatorio astronomico per la Chiesa (grazie al Pontefice, a Bologna viene inaugurato il primo osservatorio astronomico pubblico d'Italia). Tra le cosiddette “osservazioni astronomiche” (il Sole e la Luna, i pianeti Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno ritratti in modo da mostrare il loro aspetto visto dal telescopio) compare anche la cometa. Lo stesso Galileo, amico del pittore fiorentino Ludovico Cigoli, ci ha lasciato alcuni disegni acquerellati sull’aspetto della Lu- na nelle sue fasi (1620 – 1630). Il fascino del firmamento e della sua osservazione da un punto di vista squisitamente estetico coinvolse due grandi artisti moderni che ci conducono a tempi più prossimi al nostro: Vincent Van Gogh e Joan Mirò. "... Guardare le stelle mi fa sempre sognare, così come lo fanno i puntini neri che rappresentano le città e i villaggi su una cartina." In questa lettera è contenuta la filosofia che innerva una delle opere più famose del pittore olandese. La “Notte Stellata” dipinta nel 1889 (New York Museum of Modern Art) durante il periodo del ricovero presso l'ospedale psichiatrico di Saint – Paul de Mausole, nel sud della Francia, vicino a Saint – Rémy de Provence. Qui videro la luce anche altre opere che hanno per filo conduttore il cielo e gli astri ma anche le luci artificiali dei locali notturni come il famoso “Caffè di notte” (1888 Otterlo Rijksmuseum Kröller – Müller) e la “Notte stellata sul Rodano” (1888 Parigi Musée d'Orsay) o le contorsioni acrobatiche degli amati cipressi trasfigurati dalla luna (1889 New York Metropolitan Museum of Art) e mentre occhieggiano sulla stradina di campagna (“Strada con cipressi e cielo stellato” 1890 Otterlo Rijksmuseum Kröller – Müller). Di lì a poco Vincent si sarebbe tolto la vita. Nulla della furia con cui tratta i temi resta, nel suo animo rasserenato di fronte allo spettacolo della notte, solo il tratto calligrafico che esplora il firmamento e il fascino ipnotico come di fuochi notturni; l’esattezza dell’ora in cui vede il cielo e ne riconosce le costellazioni è l’ ultima disperata gioia di osservare. Fra il 1936 e il 37 Mirò, cha da bambino osservava le stelle dal telescopio del padre interessato all’astronomia, andò a vivere sulle coste della Normandia iniziandovi nel 1940 la serie delle “Costellazioni” (23 dipinti) che portò con se quando fu costretto dall’invasione nazista della Francia a rifugiarsi con la famiglia a Palma di Maiorca. I segni “geroglifici” chiamati “Costellazioni” illustrano un itinerario astrale per i cieli della Normandia. Mirò a Varengeville descrive il suo cielo privato, rinserrato negli occhi come salvacondotto a ritrovare la strada: “(…) Ero molto depresso. Credevo che la vittoria dei nazisti fosse inevitabile ed ebbi l'idea di esprimere quest'angoscia tracciando segni e forme sulla sabbia, in modo che le onde li trascinassero via istantaneamente o creando sagome e arabeschi nell'aria come fumo di sigaretta, che poi sarebbero saliti in alto e avrebbero accarezzato le stelle (...)". Non è la terra catalana a suggerire segni ermetici, ma il cielo normanno a risvegliare i sensi così potentemente da creare un nuovo alfabeto siderale. E le stelle stanno a guardare, intonse ed intoccabili, la bruttura che non può insozzarle. Tracce più di fede che di scienza, di una fede introiettata, così lontana dalla teologia giottesca ma al contempo più vicina che mai al suo anelito verso il divino. 25 BENVENUTI AL NORD Vito Facchin Da ragazzo avevo sempre sognato di fare un viaggio nel Grande Nord che immaginavo avrei raggiunto in auto percorrendo migliaia di chilometri attraverso l’Europa per arrivare in Norvegia, sino alla “Strada atlantica” che percorre tutta questa Nazione. Ebbene, questo viaggio io l’ho effettivamente compiuto ma dall’altra parte; dal mare, dal Mare del Nord, di Norvegia e da quello di Barens. Sono riuscito a convincere mia moglie a effettuare quello che è stato definito il viaggio più bello del mondo e che viene fatto su una nave di linea, con orari di arrivo e di partenza nonché di sosta prestabiliti. Si può scendere in qualsiasi porto, compresi quelli raggiunti durante la notte. Le navi, svolgendo il servizio postale, sono infatti chiamate postali dei fiordi o, in norvegese, Hurtigrutten; le navi devono necessariamente consegnare e ritirare la posta e caricare e scaricare la merce che si trova sul molo e nelle stive, anche se il porto di destinazione della merce viene raggiunto durante le ore notturne. Talvolta ci siamo svegliati perché abbiamo sentito proprio in tali ore, o alle primissime del mattino, i rumori della gru 26 26 della nave che compiva le manovre. Non è stata una crociera, non ci sono state infatti serate di gala o cene con il Comandante ma a me e mia moglie non è dispiaciuto affatto, anzi!. Avevo richiesto all’Ufficio del turismo norvegese una documentazione sulle navi e così avevo scoperto che ce n’erano di tre tipi. Quelle due più anziane comprendevano la Loften da me scelta e un’altra dal nome impronunciabile; era il giugno del 1998, mi risulta facciano parte ancora, dopo l’ennesima revisione, della flotta degli Hurtigruten. Gli altri due tipi erano formati da navi che sembravano più da crociera mente la nostra e la gemella avevano le sembianze di baleniere, soprattutto per i colori e la stazza che le caratterizzavano: scafo nero e ponti bianchi per le due più anziane e scafo rosso e ponte bianco per tutte le altre che avevano una stazza dalle cinque alle otto volte superiore. Questi piroscafi non stanno mai fermi e sono perennemente in viaggio. Ancora oggi uno segue di giorno un altro in un carosello senza fine. Infatti parte giornalmente da Bergen, grande città portuale nel sud della Norvegia e dopo otto giorni raggiunge la città di Kirkenes all’estremo nord est della Norvegia per poi rifare il tratto all’incontrario. Io e mia moglie ci siamo imbarcati a Bergen mentre la nave stava caricando una decina di bare e smilzi alberelli in vaso. Mia moglie mi disse a bassa voce, come se i marinai la capissero,“Cominciamo bene”. E le cose peggiorarono quando vedemmo un’angusta cabina con letti a castello pieghevoli. Io cercai di mostrarle i lati positivi quale l’enorme oblò situato a circa due metri sul livello del mare e che permetteva di guardare all’esterno stando comodamente seduti sul lettodivano e che la notte poteva essere oscurato, cosa molto importante oltre il circolo polare poiché superata tale linea immaginaria in estate il sole non tramonta mai. La nave procedeva veloce, mia moglie passava le giornate leggendo in una stanza sul ponte guardando spesso fuori dalle finestre che permettevano una visione a 180°. Io giravo per tutta la nave scattando fotografie di un panorama che variava di giorno in giorno man mano che si procedeva verso nord. La costa distava 500 – 600 metri e per prima cosa abbiamo visto boschi di latifoglie, principalmente betulle che rendevano il paesaggio monotono ed uniforme. Passato il circolo polare artico, che era segnalato da un monumento raffigurante un mondo stilizzato con due circoli polari e con l’equatore sistemato su uno scoglio sferzato dai venti dell’Atlantico, il panorama cominciò a cambiare. I grandi boschi lasciarono il posto a brulle montagne intervallate da fiordi. Le piante di alto fusto non possono vivere oltre il circolo polare poiché il sole in estate non tramonta mai sotto l’orizzonte mentre in inverno il sole non sorge mai per cui le piante di fusto non possono effettuare il loro ciclo vitale ecco perché non c’erano neanche le conifere. Regina di questi brulli dirupi è l’aquila di mare che visto il numero dei gabbiani non ha problemi di sussistenza. Abbiamo visitato città storiche con bellissimi monumenti quali la vecchia capitale della Norvegia, Trondheim con la sua bella ma scura cattedrale; la città di Alesund con le sue case variopinte che si specchiavano nel molo; la città di Tromsoe, la capitale nordica con la cattedrale che ha la più grande vetrata del mondo e il posto in cui ho assistito all’arcobaleno più piccolo e basso che abbia mai visto: andava da un rione all’altro della città, a pochi metri dai tetti. Le escursioni erano in parte gratuite e alcune a pagamento e l’accompagnatore molto simpatico anche se non parlava per niente italiano quindi, facendo buon viso a cattivo gioco, cercavamo di capire quando parlava in inglese. Raggiungemmo Capo Nord il penultimo giorno di viaggio. I Norvegesi ne hanno fatto un luogo che forse ha perso quel suo carattere selvaggio avendo ricavato una megastruttura sotterranea con cinema, bar, negozi di souvenir e persino una cappella multi religiosa. Per fortuna Capo Nord è stato risparmiato. Una piazzola esterna in cemento porta all’estremità dell’ultimo dirupo dell’Europa ma quando ho visto il sole a mezzanotte… dopo aver visitato il trollensfiord, con le sue grandiose cime innevate che si specchiavano nel fiordo… eravamo tutti sul ponte per vedere il sole che toccava l’orizzonte per risalire subito. Avevamo un freddo terribile ma gli ufficiali fecero uscire dalla cucina una grande marmitta con brodo caldo e anellini che lo rendevano imbevibile. 27 27 ... E SE UN NEUTRINO… Intervista alla prof.ssa Marina Cobal del Dipartimento Chimica, Fisica e Ambiente - Università di Udine Carolina Laperchia sa estremamente piccola, praticamente vicina a zero, e scoperta oltretutto solo di recente. Quando io stessa ero all’Università si pensava che la loro massa fosse nulla, esattamente come i fotoni che trasportano la luce». Una cosa è certa. Einstein potrà continuare a dormire sonni tranquilli e nulla di ciò che è stato studiato sino ad ora sarà dunque destinato al cestino. Perché per quanto di portata storica, se mai confermata, la Lo ha precisato immediatamente. Dato il risulscoperta firmata Opera, l’esperimento internazionale tato, ormai risaputo, adesso si dovrà di fatto profinanziato dall’INFN e inizialmente nato per misurare cedere con nuovi test di verifica sui neutrini. Ule oscillazioni dei neutrini, non farà crollare proprio na curiosità, come nascono e dove si trovano quenulla. E mentre la gente da giorni ormai si figura sceste infinitesimali porzioni della materia? nari fantascientifici interrogandosi su concetti potenzialmente nuovi di spazio, tempo e causalità, il mondo «Il processo è questo. Innanzitutto si prendono i prodella Fisica invita invece alla massima cautela e si pretoni accelerati in uno degli acceleratori del CERN, il para per nuove verifiche cui sottoporre i famosi neutripiù grande laboratorio al mondo di Fisica delle particelni muonici che al momento semle. Questi protoni vengono poi ebrano essere comunque più veloci stratti quando hanno raggiunto della luce, sebbene di appena 60 l’energia che ci interessa, inviati nanosecondi. «Un test abbastanza contro un bersaglio di materiale «NELLA SCIENZA NULLA contenente all’interno altri protorapido dovrebbe arrivare dall’esperimento Minos che sta ACCADE ALL’IMPROVVISO ni che collidono con il materiale effettuando una misura simile a stesso producendo infine tante Opera e che potrebbe darci quindi E OGNI COSA È SEMPRE particelle che poi decadono anche un risultato sulla velocità dei neuin neutrini. Sono senza carica e IL FRUTTO DI LUNGHI trini nell’arco di qualche mese – nascono esattamente in questo chiarisce la prof.ssa Marina Cobal STUDI CHE DEVONO CON- modo, oltre che nelle stelle e nel dell’ateneo friulano, coordinatore sole. Il sole, per esempio, li produTINUAMENTE TROVARE ce in continuazione e naturalmendel Gruppo ATLAS Udine e reduce dal Congresso della Società te. I protoni si presentano in pacCONFERMA» italiana di Fisica all’Aquila ove chetti, in fasci contenenti un nunon si è parlato d’altro, tra i dubbi mero enorme di particelle. I neue le domande avanzate dai ricertrini viaggiano e attraversano catori presenti – Non è comunque tutto il materiale denso che è poi detto che attraverso questo nuovo test di verifica si arla roccia che va dal Cern al Gran Sasso, sotto terra, e rivi a una certezza ma avremo pur sempre una prima una volta arrivati a destinazione incontrano il rivelatoindicazione. Altri controlli ancora sono già stati richiere Opera. A quel punto si dà un segnale di arrivo. I sti alla collaborazione Opera e i ricercatori sono ovviatempi di partenza, quelli finali e la distanza percorsa mente a lavoro». dai neutrini, pari a 730 km, sono tutti calcolati utilizzando sistemi di tipo GPS e orologi atomici». Professoressa Cobal, facciamo un piccolo passo indietro. I neutrini, in questo momento storiViolazione del principio di causalità, co, sono giustamente al centro dell’attenzione “ristrutturazione” della teoria di Einstein, possiglobale ma che cosa sono in concreto? bilità di viaggiare indietro nel tempo. Il risultato che i ricercatori del CERN hanno presentato do«I Neutrini, presenti in tre tipologie diverse, fanno parpo tre intensi anni di studi ha portato molti a fate delle particelle che costituiscono i mattoncini della re anche queste affermazioni. Che cosa c’è di vemateria. Sono previsti all’interno del Modello Standard ro in tutto ciò e cosa si potrebbe verificare se il e interagiscono pochissimo con la materia stessa. Imdato fosse infine convalidato? maginarli in modo pittorico è difficile, diciamo che si configurano come oggetti puntiformi dotati di una mas«Cambierebbero diverse cose. Alcuni risultati prece28 al secondo che abbiamo sempre misurato sperimentalmente per la velocità della luce. Opera, al momento, ha rilevato dunque che i neutrini sembrano andare ad una velocità superiore al valore della velocità della luce che è sempre stato misurato. Questa è una considerazione generale e importante per capire davvero il valore dell’esperimento in questione». Al di là di questa clamorosa notizia, che messaggio pensa debba comunque restare alla gente? denti, che sono un po’ in contraddizione con ciò che vede Opera in questo momento, dovrebbero essere nuovamente compresi e adesso molti teorici sono infatti a lavoro per cercare di aggiustare la teoria che abbiamo a disposizione per la presenza di questi neutrini superluminari. In realtà non è impossibile che un oggetto viaggi più velocemente della luce ma questo può accadere solo in particolari sistemi di riferimento. Preciso comunque che non ci sarà nessun crollo della teoria della relatività e niente dovrà quindi essere gettato al vento. Confermato o meno, il risultato resta pur sempre clamoroso e richiederà molto lavoro da parte degli studiosi. In questo momento è comunque inutile e inopportuno costruire castelli in aria per tentare di spiegare qualcosa su cui la stessa Comunità scientifica è davvero molto prudente». Per poter comprendere davvero la portata dell’esperimento di cui stiamo parlando, che cosa ritiene dovremmo sapere? «La teoria della relatività, essenzialmente. La stessa dice in sostanza che c’è una velocità invariante, con lo stesso valore in ogni sistema di riferimento. Non dice tuttavia che questo valore corrisponde ai 300 mila km «L'invito è di andare oltre ai titoli, oltre al facile sensazionalismo e ricordare sempre che niente, in ricerca, accade all’improvviso ma che ogni cosa è sempre il frutto di lunghi studi da convalidare continuamente, proprio come in questo caso». Che cos’è il CERN di Ginevra Chiamatela European Organization for Nuclear Research oppure Organisation Européenne pour la Recherche Nucléaire. Sta di fatto che il CERN è in poche parole il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle ubicato, materialmente, tra Svizzera e Francia, alla periferia Ovest della città di Ginevra, in una zona considerata “franca” e dunque neutrale subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. È proprio questo, infatti, il momento storico in cui il Centro viene di fatto costruito con l’obiettivo di restituire all’Europa il primato nella fisica e nella ricerca scientifica, precedentemente depauperato a causa del conflitto. «La Comunità scientifica, in quel preciso periodo, era andata infatti quasi completamente dispersa giacché buona parte delle menti dell’epoca era di origine ebraica – precisa la prof.ssa Marina Cobal—L’idea di costruire il CERN è nata quindi nel tentativo di ricompattare questo forte gruppo intellettuale che esisteva in Europa prima della Guerra». Undici i Paesi europei che proprio nel 1952 si riuniscono per tradurre in realtà quello che all’epoca era ancora un sogno. Un sogno che al giorno d’oggi, invece, ne vede coinvolti ventitré restando comunque sempre aperto a chiunque desideri farne parte con l’obiettivo di fornire ai ricercatori gli strumenti più adeguati per la ricerca legata alla fisica delle alte energie attraverso gli acceleratori di particelle e i rivelatori. 29 LINFOCITI B E PROPAGAZIONE DELL'HIV Quale il rapporto? Intervista al ricercatore friulano Andrea Cerutti, tra i maggiori esperti al mondo delle cellule produttrici di anticorpi Carolina Laperchia È ancora indiscutibilmente furbo, molto furbo. Così astuto da riuscire tutt’oggi a evadere la risposta anticorpale neutralizzando senza problemi il massiccio lavoro dei linfociti B, le forze speciali del nostro organismo, l’esercito altamente specializzato di cui il corpo umano dispone da sempre per proteggersi dalle infezioni e dagli agenti patogeni. E mentre la tecnologia fa passi da titano, mentre la scienza studia la possibilità che esistano forme di vita diverse dalla nostra, mentre la ricerca squarcia giorno dopo giorno orizzonti sempre più impensabili e lontani, il virus dell’immunodeficienza umana, responsabile dell’AIDS, resta ancora uno spettro per i paesi in via di sviluppo e per l’intero Occidente. «Sull’HIV, a dire il vero, sappiamo molte più cose rispetto ad altri virus ma il grande ostacolo riguarda ancora adesso la generazione di un vaccino efficace. I tentativi fatti sino a questo momento sono stati deludenti. Non sappiamo ancora, infatti, come riuscire a generare anticorpi protettivi e non consociamo i meccanismi tramite cui questo retrovirus riesce di fatto a dribblare le risposte anticorpali. Interrogativi importanti su cui stiamo lavorando intensamente». L’ha spiegato anche ai suoi studenti durante i seminari tenuti alla facoltà di medicina dell’Università di Udine il friulano Andrea Cerutti, uno dei maggiori esperti mondiali delle cellule produttrici di anticorpi, in 30 30 visita per la prima volta presso l’ateneo friulano ove in quattro giorni soltanto ha consegnato ai futuri dottori un notevole bagaglio di nozioni accomunate dal medesimo fil rouge. «Il denominatore che ha legato gli argomenti proposti durante i seminari formativi e le vive discussioni sorte in aula, si è tradotto nella cellula b e nella sua capacità di produrre gli agenti protettivi necessari per difenderci dalle infezioni – precisa Cerutti, visiting professor del Dipartimento di Medicina del prestigioso Mount Sinai School of Medicine di New York e accolto in Friuli nell’ambito dei programmi 2010/2011 di didattica avanzata offerti dal Dipartimento di Scienze mediche e biologiche dell’ateneo udinese - Cellula b e anticorpo dunque sia in situazione di assenza di malattia, e in distretti corporei diversi, sia in presenza di patologie con particolare riferimento al virus dell’HIV». Professore, innanzitutto un chiarimento d’obbligo. Che cosa sono precisamente i linfociti B e per quale emotivo risultano essenziali per il nostro corpo? «I linfociti B sono cellule importantissime presenti nel nostro sangue dedicate alla produzione di anticorpi e il cui compito è proprio quello di fare in modo che l’organismo possa difendersi dagli agenti infettivi. La cellula b è quindi un vero e proprio armamentario a nostra disposizione, è una parte essenziale del nostro sistema immunitario. Quest’ultima definizione fa rima con quella branca delle scienze biomediche che studia le cellule del nostro organismo che ci proteggono contro le infezioni da parte di batteri e virus oppure contro le cellule tumorali ma che si occupa anche dei meccanismi coinvolti nella genesi di patologie immunitarie». Tra i temi che hanno suscitato maggiore interesse da parte del pubblico, il rapporto tra linfociti b e HIV. Che cosa accade in sostanza a questo esercito specializzato durante l’attacco nemico? «Nel corso dell’infezione da HIV i linfociti B vanno incontro a tutta una serie di alterazioni molto complesse che al momento sono comprese soltanto in parte dagli immunologi. In linea generale possiamo dire che il nostro organismo è in grado di proteggerci attraverso anticorpi capaci di neutralizzare i virus infettanti eppure nel caso dell’HIV questo non succede e quando l’infezione è in corso, la produzione di questi anticorpi, che tra l’altro non riescono poi a persistere nell’organismo, è molto lenta e numericamente bassa. In questo momento si sta quindi studiando come mai i linfociti b non riescano a produrre questo tipo di anticorpi in modo efficiente per proteggerci. Si tratta di un’area di studio e di ricerca particolarmente importante poiché correlata al vaccino che sino ad ora non ha funzionato. Uno dei motivi è legato al fatto che si sa ancora troppo poco sull’immunologia umana. In questo momento io stesso sono alle prese con ricerche che ri- guardano lo studio dei meccanismi tramite cui il virus dell’HIV riesce a evitare risposte protettive anticorpali ma sto anche studiando i meccanismi tramite cui una particolare popolazione di cellule b produce anticorpi nell’uomo e le modalità in base alle quali i linfociti b producono anticorpi a livello di mucosa intestinale». Professore lei ha studiato in Italia ma poi ha continuato la sua formazione all’estero ove oggi tra l’altro vive e lavora, sempre a metà tra USA e Spagna principalmente. Una scelta forzata oppure semplicemente frutto del caso? «Devo precisare innanzitutto che studiare all’estero è fondamentale e doveroso. Non esiste infatti buon ricercatore che non vada oltre confine e tantomeno si può concepire uno scienziato che non sia andato all’estero a studiare, anche per avere quell’apertura mentale necessaria per fare questo mestiere. Detto questo per quanto mi riguarda la scelta di fermarmi fuori è stata del tutto personale perché ho sposato una spagnola e ho avuto poi la possibilità di lavorare facilmente a Barcellona ma devo anche dire che qui in Catalogna soprattutto l’apertura verso chi viene da fuori è davvero molto grande e quindi le opportunità professionali sono maggiori che in Italia». Qual è ancora adesso il posto migliore ove fare ricerca e quali consigli sente di poter dare a chiunque desideri intraprendere questo tipo di percorso professionale? «Nonostante la forte crisi economica, gli USA restano il luogo per antonomasia ove fare ricerca e non certo per la tecnologia ma soltanto per la maggiore disponibilità di fondi e per la grande apertura mentale verso iniziative personali. Altrove non vi sono le stesse possibilità. Tra Spagna e Italia non vedo sensibili differenze e in Europa la situazione è sicuramente a macchia di leopardo. Quanto ai consigli posso soltanto dire che oltre la formazione all’estero è fondamentale l’entusiasmo per quello che si fa. La ricerca in campo biomedico richiede persone altamente motivate, disposte a sacrificarsi e pienamente convinte della propria mission. Spero davvero che agli studenti con cui ho avuto modo di interagire sia rimasto almeno il segno della mia passione e l’interesse rispetto al problema dei linfociti B». «LA RICERCA BIOMEDICA RICHIEDE ENTUSIASMO E PERSONE DISPOSTE AL SACRIFICIO» Qualche dato… Ogni anno in Italia circa quattromila persone si infettano con HIV e in oltre il 90% dei casi il virus è acquisito per via sessuale. Sei italiani su dieci scoprono di aver contratto il virus HIV a malattia conclamata. L'età media di infezione sfiora i 40 anni, 39 anni per i maschi e 35 anni per le femmine. La modalità di acquisizione dell'infezione è cambiata rispetto al primo decennio dell'epidemia quando, in oltre il 70% dei casi. veniva acquisita attraverso la tossicodipendenza. L'incidenza è maggiore al centro-nord rispetto al sud-isole. Un terzo delle persone con una nuova diagnosi di HIV viene diagnosticato in fase avanzata di malattia, con una rilevante compromissione del sistema immunitario. Dall'inizio dell'epidemia nel 1982 ad oggi sono stati segnalati circa 63 mila casi di AIDS, di cui quasi 40.000 deceduti. I nuovi casi di AIDS per anno continuano a diminuire principalmente per effetto delle terapie antiretrovirali combinate (introdotte nel nostro Paese nel 1996). Sono diminuiti i casi attribuibili a uso iniettivo di droghe mentre sono aumentati i casi ascritti al contatto sessuale. Le stime effettuate sulla base dei dati disponibili indicano che in Italia sono attualmente presenti circa 150 mila persone HIV positive viventi, di cui più di 22 mila in AIDS. Un sieropositivo su quattro non sa di essere infetto. La principale via di trasmissione è rappresentata dai contatti sessuali non protetti. Andrea Cerutti Laureato in Medicina e specializzato in ematologia presso l’Università degli studi di Padova, il friulano Andrea Cerutti si è poi specializzato in immunologia a New York, alla Cornell University. Considerato tra i maggiori esperti al mondo di cellule produttrici di anticorpi, oggi svolge la propria attività tra l’Istituto per la ricerca biomedica di Barcellona (Institución Catalana de Recerca i Estudis Avançats) e la cattedra di Professore di Immunologia presso la Scuola di Medicina del Mount Sinai di New York. Ha pubblicato più di 55 articoli sulla regolazione e l’attivazione dei linfociti B sulle principali riviste internazionali. Numerosi i premi vinti, i finanziamenti ottenuti per le brillanti idee e le partecipazioni a prestigiose società di Immunologia che raggruppano le migliori menti del settore nonché gli inviti a presentare i risultati dei suoi lavori nei principali centri di ricerca internazionali. 31 31 Barbara Porcella Viene quasi da gridarlo alla fine dello spettacolo di Sabina Guzzanti quel “Sì, sì, sì… Oh Sì” che dà il titolo alla performance della famosa attrice. Attraverso una carrellata dei suoi personaggi più conosciuti, la Guzzanti porta sul palco la politica dell’ultimo “ventennio”, termine ricercato e scelto non certo a caso quest’ultimo. E se Berlusconi fa da filo conduttore per tutti gli sketch, non vengono certo risparmiati dalla sua satira piccante, politici come D’Alema, Bersani e Brunetta che ricevute le chiavi della città di Ravello nonostante il parere contrario della Giunta, più che cittadino onorario, sembra diventarne il portachiavi. Ma presi di mira sono anche attori come la Marini, dall’improbabile italiano, o l’indimenticata Moana Pozzi e a questi si aggiungono giornalisti dal linguaggio maccheronico, l’Annunziata e presentatori televisivi dalla erre moscia come la De Filippi. La Guzzanti, come un pittore macchiaiolo che con pennellate brevi e veloci disegna paesaggi o scene intere, nell’arco di più di due ore di spettacolo delinea però con contorni netti e chiari lo sfacelo dell’Italia Berlusconiana. Un’Italia in piena crisi economica guidata da una classe politica incapace, corrotta e spesso connivente con la mafia. Un’Italia le cui redini sono in mano a vallette ed escort che raggiunti i ventotto anni e fattesi tagliare i capelli entrano senza alcun diritto in parlamento. Un’Italia dove l’opposizione sembra collocarsi più a destra della destra. 32 Un’Italia che fino a ieri non aveva lasciato nei suoi cittadini nascere alcuna speranza di riscatto. Ma forse non tutto è perduto e forse il sacrificio della patria nostra non è del tutto consumato. Quei quattro “sì” che danno il titolo allo spettacolo sono il risultato dell’ultimo referendum di speranza che ancora qualcosa possa cambiare e che il paese messo in ginocchio, piano piano, possa risollevarsi perché c’è ancora, secondo la Guzzanti, nei cittadini e nella gente l’idea di unità, unico elemento di forza di un popolo. Un’unità che ha portato donne, bambini, anziani e giovani provenienti dalle classi sociali più diverse e disparate a occupare un vecchio cinema nel quartiere di San Lorenzo a Roma per impedire che venisse sostituito da un casinò illegale. La lotta, la rivoluzione, la protesta sempre dopo un caffè si possono ancora fare per un paese migliore, un paese in cui democrazia significhi governo del popolo. Enrico Pin «Il coperchino è arte. Da normale tappo a corona per chiusura di bibite si trasforma in velocipede completo di ciclista o in auto da corsa col suo pilota dentro. […] Non capivano la bellezza epica dello scontro, non ci arrivavano a comprendere che per dare bene il cricco dovevi metterti quasi sdraiato per terra, in chinino non bastava neanche, le ginocchia ben piantate nella smalta o nella polvere, la mano sinistra salda e larga appoggiata al suolo, il braccio destro che nella spinta inevitabilmente strisciava per metri di marciapiede » (Da “Vacca d'un cane” di Francesco Guccini) L’inizio della scuola e l’arrivo dell’autunno con le sue prime piogge decretavano la fine dei giochi all’aperto, niente nascondino, niente interminabili partite a pallone, niente strega comanda color. Ci si rifugiava negli spazi ridotti delle case e tornavano protagonisti i giochi coi tappi a corona delle bottiglie. Un po’ come per le figurine i tappi si collezionavano, si scambiavano e i “doppi” venivano usati per giocare. Ricordo ancora i tappi di una marca di succhi di frutta che riportavano le bandiere degli stati del mondo o i segnali stradali in un una sorta di sforzo didattico educativo attraverso il gioco. Nella mia collezione il tappo più pregiato era verde con tre cuori rossi, una rarità, perché arrivava dalla Yugoslavia ed era di una bottiglia d’acqua. I nostri genitori poi quando aprivano le bottiglie sembravano scassinatori provetti, dovevano stare attenti a non piegare troppo i tappi, perché se li rovinavano perdevano di valore e di efficacia nei giochi. Venivano indetti in quegli anni anche dei concorsi, dove togliendo lo strato plasticato del retro del tappo si poteva scoprire la scritta “Hai vinto!”, o almeno credo, perché io quella scritta lì non l’ho mai trovata e non conosco nessuno che l’abbia mai vista. Uno dei giochi più diffusi era il tiro a distanza: con un movimento a scatto delle dita (l'indice veniva "caricato" prima di essere rilasciato dal pollice o viceversa) si dava un colpo al tappo messo di schiena e chi raggiungeva la distanza maggiore, partendo da una linea segnata sul terreno, si vincevano i tappi degli avversari a meno che il tappo non si rovesciasse, se succedeva questo infatti, la partita era persa. Carambola, invece, consisteva nel cercare di colpire il tappo dell’avversario partendo da due punti distanti tra loro. A turno si lanciava il proprio tappo al fine di centrare quello del rivale al medesimo tempo era necessario tirare particolarmente forte in modo che se il colpo falliva, ci si allontanava il più possibile dal tappo “nemico”. C’erano poi c’erano i circuiti o le piste, dove veniva creato un percorso a curve generalmente con salite, discese e ostacoli vari. A turno si dava un colpo al tappo per tentare di arrivare al traguardo prima degli altri. Certo che avere genitori che lavoravano nel bar di una discoteca era per me un bel vantaggio… ad ogni weekend la mia scorta di tappi aumentava a dismisura con grande invidia degli amici! Storia del tappo Il tappo a corona è stato inventato negli Stati Uniti nel 1891 da William Painter, l’idea è buona ma ci vorranno alcuni anni prima che si imponga. Prima vanno realizzate apposite macchine in grado di trasformare un sottile foglio di metallo in tanti pezzi a loro volta pronti per essere usati per tappare le bottiglie di vetro. Negli anni Venti il tappo assume la fisionomia attuale, con la presenza di ventuno “dentini”, ritenuti il numero ideale per sigillare la bottiglia senza il pericolo che il contenuto possa evaporare o sgasarsi se agitato. Sino agli anni '30 è stato utilizzato esclusivamente dalla Crown Cork and Seal, poi il suo uso si espande a livello mondiale. In Italia è praticamente impossibile trovare tappi a corona precedenti gli anni '50, perché il metallo, in tempo di guerra e di autarchia, veniva utilizzato per altri scopi. 33 Un’italiana a Londra In anteprima i segreti del Bel Paese raccolti in un libro di prossima uscita Chiara Plimmer Stavo proprio pensando a quanti meravigliosi manicaretti potrei cucinare stasera per me, per mio marito o per quegli amici che potrebbero inaspettatamente suonare al campanello all’ora di cena. Guarda caso, io sono a dieta (così risparmiamo, comprando quello che rimane sugli scaffali alla fine dei saldi); mio marito sta facendo gli straordinari, che novità, e gli amici? C’è stranamente un tacito accordo per cui di questi tempi al massimo ci si incontra per un caffè, magari a metà strada così non dobbiamo neanche preoccuparci per il parcheggio, e solo in certi orari, quindi non credo che avremo ospiti a cena. Ho lo strano sentore che il gatto mangerà meglio di noi, di nuovo o come sempre da quando qualcuno ha deciso che stavamo troppo bene ed era ora di insegnarci la lezione più importante della nostra vita: dimentica le cose terrene, allontanati dai bisogni materiali e, mi raccomando, inizia ad apprezzare le cose semplici nella vita. Nello specifico, acqua, gas, elettricità e, come dimenticare, un tetto sopra la testa. Dobbiamo però ringraziare il “famoso”cielo perché almeno abbiamo la salute. Davvero? Facciamo i seri. Quale salute, se spendiamo la maggior parte della giornata a lavoro e quello che rimane a preoccuparci del giorno dopo e di quello dopo ancora perché purtroppo la nuova parola d’ordine per la nostra generazione è, come dicono gli inglesi, flexibility, ossia flessibilità. Eh sì, devi essere come un giunco che si muove seguendo i venti e che non si spezza durante la tempesta. Magari perde pezzi o cambia colore ma sicuramente non si perde d’animo e resiste. Insomma, gli puoi fare di tutto ma rimane comunque in salute. Mi ribello e dico: il mondo è vasto e noi abbiamo tanti problemi. La vita è difficile e ci mette alla prova tutti I giorni. Vado dal dentista o pago la bolletta del gas? Se avete compreso a pieno I nuovi insegnamenti, la risposta dovrebbe venire spontanea; vado alla boutique dei prodotti organici e mi compro tre foglie di insalata dall’orto del signor Gianni e forse anche un limone ma solo se viene dalla Sicilia. E non metterò qui in evidenza la stupidità della domanda. Tutti sanno che chi ha il pane non ha i denti, ma ha mai pensato nessuno che chi non ha denti, li ha persi perché non aveva il pane? E dimenticavo, perché il dentista ti fa anche diventare mezzo cieco… costa ancora un occhio della testa. Non importa se non hai i denti o se vivi al buio e al 34 freddo, l’importante è la salute e l’unico modo per mantenerla è una dieta sana ed equilibrata ma presentata con stile ed eleganza. Piatti dai colori che dovrebbero ricordare le tele di Botticelli e ingredienti dalle qualità così eccezionali e dalla bellezza così disarmante da dimenticare tutti i problemi che ci affliggono. Una cosa è sicura, dopo aver pagato il conto del fruttivendolo non dovrete preoccuparvi di cucinare, il gas è stato staccato una settimana fa. L’atto del nutrirsi, un tempo una necessità, è diventato non solo un esercizio di chimica molecolare ma soprattutto un’arte. Considerando I prezzi degli ingredienti, ci stiamo trasformando più in collezionisti che in acquirenti. La mia libreria, infatti, trabocca di libri di cucina dai titoli più diversi. Ogni giorno ne apro uno, lo leggo, guardo le figure e mi emoziono pensando alle meraviglie che potrei creare il giorno dopo. La verità è che dopo una o due ricette mi rendo conto che degli ingredienti necessari, in casa, non c’è neanche l’ombra. Allora mi faccio un caffè e mi siedo a riflettere e a rileggere le ricette come se stessi preparando un esame di matematica. Se aggiungo questo ma tolgo quello, la ricetta sarà la stessa ma soprattutto sarà commestibile o finiremo tutti in pronto soccorso con una severa forma di intossicazione alimentare? Quando apro il frigorifero non mi trovo istantaneamente nel mondo di Alice e del paese delle meraviglie. Quando entro nella mia dispensa non c’è il Leone di Narnia a darmi il benvenuto ma dagli scaffali qualche scatola mezza aperta e barattoli un po’ sbattuti mi fanno l’occhiolino. Scegli me, dicono. Farò un figurone stasera a cena, te lo prometto. Io mi fido ma con una scatola di ceci e mais e due cipolle, cosa gli racconto al piatto quando si sente vuoto e solo in mezzo alla tavola con sale e oliera come soli compagni di giochi? Cucinare, per me è l’arte dell’arrangiarsi e senza entrare in discorsi troppo profondi a base sociologica, chi mi vede cucinare capisce subito come sono nella vita. Semplice e onesta, senza bisogno di essere chi non sono ma pronta a ogni evenienza. Ho capito molto tempo fa che essere soddisfatti non vuol dire inventarsi ma re inventarsi. Il mio frigo piange e io con lui ma poi mi ricordo che per essere felici non serve molto, anzi quasi niente. La felicità è uno stato mentale e come tale fino a che c’è fantasia, c’è una soluzione a tutto (o quasi). Un cuoco che io ammiro molto ha detto che I libri di cucina non sono trattati di storia della società ma alla fine lo diventano. La storia di ciò che mangiamo è indiscutibilmente la storia di dove viviamo e chi siamo. Molti chef moderni ci fanno credere che cucinare abbia qualità morali nascoste o riveli una purezza d’intenti e virtù che per me certamente non ha. Non mi sento in colpa per aver mangiato qualcosa cucinato da altri perché a volte ho voglia di passare due ore in cucina e a volte no. Cucinare per me è prendermi cura di me stessa e delle persone a cui voglio bene nel miglior modo possibile e se i sapori ci sono, la presentazione passa in secondo piano. Mangiare è una necessità ma è anche un atto d’amore verso noi stessi e come tale va rispettato. I miei barattoli lo sanno che qualsiasi cosa accada, cercherò sempre di usarli al meglio delle mie possibilità ma non ho paura di usare scorciatoie se il tempo è poco e la fame è tanta perché se il fine è nobile, i mezzi si trovano. Ho sempre pensato che un giorno avrei trovato un libro di cucina che mi insegnasse a usare gli avanzi del giorno prima ma poi mi sono resa conto che è un’impresa quasi impossibile e forse inutile. In ogni cultura e paese, tutti ci siamo trovati a riscaldare i resti dell’ultima cena e cercare di dare un senso a quelle due carote o a quel sedano che da soli in frigorifero ora sembra che abbiano cento anni. Rugosi e rattrappiti, ci chiedono di inventarci qualcosa per mettere fine alla loro misera esistenza di verdure di contorno. Come nella vita, misuro il successo non da ciò che ho, ma da come lo uso e mio marito ne sa sicuramente qualcosa quando mi guarda cucinare e non capisce come gli ingredienti che ho disposto in fila di fronte a me, alla fine diventino qualcosa d’altro quando arrivano in tavola. Il mio sogno è andare a scuola di cucina dai più grandi chef, non per le ricette ma per imparare i segreti di ogni ingrediente possibile e immaginabile. È un po’ come Maria in “tutti insieme appassionatamente” che cuce tutti i vestiti usando le tende. È come la mamma che ti taglia i capelli esattamente come vuoi tu anche se non è parrucchiera perché ti conosce così bene che non ha dubbi sul risultato. È come la nonna Gina che cucinava tutto a occhio perché ormai nulla aveva più segreti per lei. Ma è anche come la zia Nina che d’estate portava in tavola anni di tradizioni ricordando a tutti che nutrire l’altro è una missione fondata sull’amore. Nulla aveva a che fare con l’esibizionismo della novità o dell’alta cucina a 5 stelle, ma solo amore e desiderio di prendersi cura degli altri in un modo che solo lei sapeva. Oggi, cucino per me e per altri cercando di ricordare tutti questi esempi. Un po’ di chimica, un po’ di fantasia, un po’ di esperienza e la memoria dei profumi, dei colori e dei sapori che porto con me dall’infanzia. Non credo ci sia la ricetta perfetta nella vita o in cucina ma solo una lunga sequenza di prove, errori e tanti ricordi. Sono infatti i ricordi che oggi mi permettono in una terra straniera di sentirmi sempre un po’ a casa e di far sentire gli altri un po’ come persone di famiglia. Mangio per sopravvivere e per non dimenticare da dove vengo e chi sono. Cucino per fare altri felici e soprattutto per dimostrare che intorno a una tavolo siamo tutti tanto uguali quanto diversi come lo sono i sa- pori nei nostri piatti. Me ne stavo quasi dimenticando, cucino anche perché mi piace. In maniera un po’ masochistica, mi piace confrontarmi con la sfida del frigo mezzo vuoto e della dispensa con i fantasmi dei cibi passati. Dopo una giornata di lavoro dettato da scadenze e numeri, ho bisogno (per mantenere una certa sanità mentale) di tornare alle origini, alle radici. Ho bisogno di quei sapori che mi ricordano l’estate al mare o la domenica a casa da scuola. Ho bisogno di sentire quei profumi che aleggiavano in casa al ritorno da scuola come se avessi ancora 15 anni o di quei sapori che posso solo descrivere come parte della mia anima. GELATINA DI PROSECCO E MELOGRANO Questo dessert, che si presta perfettamente alla creatività personale, è molto leggero e tipicamente estivo soprattutto per i colori accesi e variegati. Può essere servito da solo oppure con gelato di vaniglia, panna montata o liquida; magari anche con un composto di frutti di stagione leggermente cotti con zucchero e limone e un tocco di prosecco o altro liquore a vostro piacimento. Procuratevi a litro di gelatina e una serie di stampini, dai 6 agli 8 per cominciare. Procuratevi… 75cl prosecco, 250ml acqua, 300gr zucchero semolato. 8 fogli di gelatine, ½ cucchiaino di vaniglia (essenza), 3 cucchiaini di couintreau, grand marnier o liquore secco (facoltativo) 75gr semi di melograno, Olio insapore per rivestire le formine Pronti, via… Rivestire le formine con un velo d’olio e posizionate su una teglia da forno oppure un vassoio. Versate 75 cl di prosecco e 250 ml di acqua in una pentola, aggiungete quindi lo zucchero e mescolare il tutto fino a sciogliere quest’ultimo (fate però attenzione a non mescolare una volta che la pentola sia sul fuoco). Nel frattempo fate sciogliere i fogli di gelatina (colla di pesce) nell’acqua fredda per circa 5 minuti. Mettere la pentola sul fuoco, portare a ebollizione e fate bollire per un minuto. Aggiungete quindi la vaniglia e lasciate sobbollire il liquido per un altro minuto ancora prima di rimuoverlo dal fuoco. Versate 250ml del liquido ottenuto in un contenitore graduato e quando i fogli di gelatina saranno morbidi al tocco, rimuoveteli dall’acqua, strizzateli dolcemente e aggiungeteli al composto di acqua e prosecco ancora caldo. Versare il liquido nella pentola (che non deve essere sul fuoco, mi raccomando) e mescolate di nuovo con un frullino. Riversate il tutto nel contenitore graduato prima di versare nelle formine dopo averle guarnite con una manciata di semi di melograno o di un altro frutto di piccole dimensioni per poi versare il liquido fino al bordo. Disponete le formine su un vassoio e lasciatele in frigorifero per l’intera notte. Prima di servirle,riempite un bacino oppure un altro contenitore con acqua calda e posizionatevi le formine in modo tale che l’acqua arrivi a metà dell’altezza e lasciatele in ammollo per circa 30secondi. Rimuovete quindi le formine, asciugate l’esterno e disponetele a testa in giù su un piatto da portata. Ultimo passo: decorate il dessert con i rimanenti semi di melograno. 35 COMUNITÁ PIERGIORGIO ONLUS 3° CONCORSO FOTOGRAFICO Il periodico della Comunità Piergiorgio ONLUS aspetta i tuoi scatti migliori Che cosa ti suggerisce la parola OLTRE? Possiedi delle fotografie scattate casualmente oppure durante viaggi di piacere che in qualche modo rappresentano al meglio, secondo te, il concetto di OLTRE? Come partecipare Il Concorso ha tema “OLTRE” e saranno ammesse opere a colori o in bianco e nero. Le opere possono essere consegnate a mano oppure a mezzo Raccomandata A/R presso la Comunità Piergiorgio O.N.L.U.S, Piazza Libia 1, 33100 Udine o, ancora, inviate in formato digitale a alta risoluzione al seguente indirizzo mail: [email protected] entro e non oltre il giorno 15 aprile 2012 (farà fede il timbro postale per le opere pervenute oltre la data indicata). La Giuria sarà composta dai membri della Redazione di Oltre, dal Presidente della Comunità Piergiorgio ONLUS e da esperti del settore. L’ammissione e l’assegnazione dei premi avverrà a giudizio insindacabile della Giuria. I premi: 1) Pubblicazione dell’opera come Copertina del numero di giugno 2012 e un Set completo da scrivania realizzato interamente a mano dalla cooperativa sociale Arte e Libro. 2) Pubblicazione dell’opera come Copertina del numero di dicembre del 2012 della rivista Partecipa anche tu inviando sino ad un massimo di tre fotografie entro il 15 aprile del 2012 Il regolamento del Concorso e la Scheda di adesione sono scaricabili dal sito internet www.piergiorgio.org 3636 AUDIOLIBRO, UN VIAGGIO ATTRAVERSO I CINQUE SENSI «Mi chiamo Ivano Persello e sono un ragazzo non vedente ma riesco a sentire, a gustare, a toccare e ad annusare le cose meglio degli altri». Tra le trentuno tracce contemplate all’interno del progetto Audio Libro, un lavoro davvero corale che negli ultimi due anni ha coinvolto operatori e utenti dei Servizi per l’handicap dell’ Azienda Sanitaria 4 Medio Friuli e che per il 2011 è stato proposto unitamente al giornale pubblicato ogni dodici mesi dai CSRE della provincia di Udine, vi è anche quella realizzata dal giovane Ivano. Un vero e proprio viaggio nel passato e un ripensamento del proprio presente alla luce dei cinque sensi quello realizzato attraverso il CD Audio Libro anche grazie al contributo di due attori professionisti, Claudio Moretti e Lucia Linda, chiamati a interpretare i testi scritti e dunque prodotti dai ragazzi disabili che hanno preso parte con grande entusiasmo al lavoro. «Ognuno di noi, attraverso questi sensi, riesce a ricostruire fatti ed episodi della propria vita passata e del suo presente – spiega Evelina, referente del progetto Attraverso alcune interviste i ragazzi hanno raccontato per esempio il profumo della polenta, del latte appena munto e poi da lì tornavano nel loro passato rievocando passioni e interessi magari momentaneamente dimenticati. Ma cosa aspettarsi dunque e concretamente inserendo il CD? «Attraverso questo piccolo disco e schiacciando sul tasto play – spiega l’educatrice per adulti Cristina, operativa presso il CSRE di Tarcento - si sentono le voci di due attori protagonisti che interpretano i testi elaborati dai ragazzi dei singoli CSRE e costruiti sul filone dei cinque sensi. Abbiamo scelto di lavorare su questo denominatore comune perché quello dei sensi era un modo per fare riaffiorare i ricordi di utenti adulti che hanno un vissuto davvero molto ricco da fare emergere». IL CSRE DI CODROIPO HA FESTEGGIATO I SUOI PRIMI TRENT’ANNI CON UNA FAVOLA DI QUESTI TEMPI Raccontare il mondo della disabilità ai più piccini e svelare loro in modo semplice e divertente un universo non sempre facile da comprendere. Obiettivo ambizioso quello che ha segnato dunque i natali de “La Ballata della Carrozza”, la favola illustrata sulla quale per ben due anni i ragazzi del CSRE di Codroipo, e sotto l’egida degli operatori, hanno lavorato con impegno per produrre infine un libro presentato ufficialmente al pub- blico venerdì 30 settembre, proprio in occasione dei festeggiamenti per i trent’anni di questa importante realtà del territorio friulano nata negli anni Ottanta e che oggi si configura come punto di riferimento significativo per persone adulte con disabilità fisica e psicologica. «Trent’anni non sono certamente pochi, anzi, corrispondono quasi alla vita lavorativa di una persona e quella del CSRE è stata davvero un’esperienza intensa che ha coinvolto tanti operatori, ragazzi giovani e in generale molte persone che nel corso di questa avventura hanno sofferto, lottato, gioito e ottenuto soprattutto dei risultati - spiega Luigino Dus, mentre ricorda che il CSRE è frequentato attualmente da venti persone adulte coinvolte quotidianamente in un calendario di attività molteplici che spaziano dall’ambito cognitivo a quello motorio – Il CSRE è una struttura che dagli anni Ottanta a oggi di strada ne ha fatta parecchia. Siamo partiti in un periodo storico in cui il mondo della disabilità era ancora poco noto per cui tanti giovani con problemi erano costretti ad andare fuori regione per cercare un supporto. Nel corso del tempo siamo tuttavia riusciti a compiere grandi passi in avanti arrivando ad oggi con una struttura come la nostra che è in grado di dare risposte concrete a chi ha bisogno e che è sempre stata estremamente attenta alla centralità del soggetto, della persona». Una persona valorizzata in ogni modo, attraverso attività programmate con cura, giorno per giorno, così come spiega l’educatrice Alessia. «Il Centro è diviso in cinque aule contraddistinte da colori diversi e in ognuna delle quali ha luogo un’attività specifica – precisa la giovane, menzionando inoltre tutta la componente delle attività motorie in cui il Centro è specializzato – Nell‘aula blu trovano spazio le attività cognitive, l’attività di mosaico prende forma nell’aula gialla mentre in quella verde viene anche curato il giornalino di fine anno». «Il compleanno che abbiamo da poco festeggiato è importante – spiega con grande coinvolgimento e giustificato orgoglio la dott.ssa Annamaria Zuppello, dirigente tecnico dei Servizi delegati per l’handicap presso l’Azienda Sanitaria 4 Medio Friuli - Il significato della giornata è ricordare ancora una volta il momento che risale a trent’anni fa, quando la Provincia di Udine ritenne importante definire un impegno del settore pubblico nell’ambito della disabilità. Questo fatto diventa in qualche modo tangibile con la costituzione del CAMPP, ente costituito tra Provincia di Udine, Comune e Istituto per la maternità e l’infanzia e che cerca di dare una risposta al problema della disabilità in tutte le realtà simili della provincia stessa. Successivamente nascono anche i primi centri per minori non scolarizzabili, le scuole speciali che trovano soprattutto negli anni Settanta la loro massima espansione e con l’inizio degli anni Ottanta c’è inoltre la graduale crescita di quelli che all’epoca venivano chiamati laboratori, ossia centri finalizzati a dare risposte di tipo occupazionale o pre - lavorativo a persone con disabilità». 37 A cura di Enrico Pin Cosa succede in città di Massimiliano Santarossa Lo scrittore pordenonese, classe 1974, ha ambientato nel Friuli degli anni Ottanta il suo nuovo libro che racconta le avventure di quattro ragazzi che scoprono il mondo grazie al rocker Vasco. Quattro adolescenti si muovono in un piccolo paese di provincia a un passo dai quartieri popolari di una città ancora lontana e tutta da scoprire. È il 16 agosto 1987 quando Vasco Rossi arriva al parco Galvani di Pordenone con il suo tour “Cosa succede in città” e sarà il loro primo concerto, un concerto che non dimenticheranno mai più. Un buon posto per morire di Tullio Avoledo e Davide Boosta Dileo Settecento pagine a doppia firma; da un lato lo scrittore Tullio Avoledo e dall’altro Davide Boosta Di Leo, tastierista e fondatore dei Subsonica. Un gigantesco asteroide è diretto verso il pianeta Terra. Solo pochi eletti sono a conoscenza della minaccia incombente per il genere umano. Saranno due estranei, Leo e Claire, un uomo e una donna, ignari del pericolo, a cercare di fermare il conto alla rovescia verso la catastrofe. Libri sotto l’albero 38 38 Cose da salvare in caso di incendio Lettera di dimissioni di Haley Tanner di Valeria Parrella L’autrice, Haley Tanner, nata a New York nel 1982, trasporta nel suo romanzo l’esperienza maturata durante l’insegnamento dell’inglese in una scuola per bambini stranieri a Brooklyn. Protagonisti, due bambini figli di immigrati russi di dieci anni, Vaclav, che sogna di diventare un mago famoso in tutto il mondo e Lena, sua compagna di scuola e sua assistente. Un giorno Lena sparisce dalla vita di Vaclav senza nemmeno un addio. Dieci anni dopo i due si rincontreranno per scoprire che nulla è cambiato mentre il passato getterà un’ombra crudele sulla loro felicità. Protagonista è Clelia, innamorata della vita, ricca di passione e di ideali, che per mantenersi lavora come maschera in un teatro e che proprio in teatro farà presto carriera. Appagata dal successo, Clelia sembra non accorgersi di scegliere sistematicamente il "male minore". La storia di Clelia procede di pari passo con quella dell'Italia e ci restituisce il ritratto di un Paese che ha progressivamente rinunciato all’impegno pubblico per il privato e all'etica per il guadagno. L'Uomo Nero e la bicicletta blu Un calcio in bocca fa miracoli di Eraldo Baldini di Marco Presta Siamo nell’estate del 1963 e in un paese di campagna, popolato da figure comiche e personaggi dai tratti improbabili, un ragazzino cerca disperatamente di racimolare i soldi necessari ad acquistare una bicicletta blu. Gigi, il protagonista, ha un padre che vende bestiame e sogna Marilyn, un nonno col fucile sempre a portata di mano, una madre saggia e un fratellino furbo e terribilmente scaltro. Mentre l’estate procede anche l’uomo nero si avvicina e la vita con i suoi lati più oscuri irrompe in quella di Gigi. L’autore, noto conduttore della trasmissione radiofonica “Il ruggito del coniglio”, si cimenta in questo romanzo. Protagonisti, un vecchio burbero sempre più asociale e il suo amico Armando, gentile e generoso ma con un’idea da realizzare tanto stramba quanto poetica. Prima di morire vuole infatti aver prima fatto nascere una storia d’amore. Per Armando, Chiara e Giacomo, due ragazzi che non si conoscono nemmeno, sarebbero una coppia perfetta e lui intende dare una mano al destino coinvolgendo lo scontroso amico. Africa di Valerio Varesi Varesi, papà del commissario Soneri ai quali è ispirata la serie di sceneggiati televisivi "Nebbie e delitti”, lascia il mondo del mistero e dei delitti stessi per raccontarci invece una storia di immigrazione. Africa è un etiope immigrato in Italia e fa il camionista. Guida, giorno e notte, d’estate e d’inverno; il tachigrafo è manomesso e passa le ore della sua giovane vita cercando di rimanere sveglio per consegnare la merce in tempo, in tempo per il padrone. Un racconto breve e intenso, il realismo suscita rabbia ma anche impotenza e indignazione di fronte all’ingiustizia. Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve di Jonasson Jonas Allan Karlsson compie cento anni e per l'occasione la casa di riposo dove vive intende festeggiare la ricorrenza in pompa magna, con tutte le autorità. Allan, però, è di un'altra idea. Così decide, di punto in bianco, di darsela a gambe. Nella sua fuga incontra e raccoglie attorno a sé una strana squadra di personaggi cui racconterà la propria vita avventurosa, ricca di incontri importanti con le personalità che hannoo segnato il secolo appena passato, da Stalin al Generale Franco. Con due valigie piene di soldi, inseguiti da una banda di criminali intenzionati a riprendersele, la nostra combriccola intraprenderà un viaggio nel tempo e negli spazi del Nord Europa. 39 39 Una nuova squadra di Sledge Hockey L’iniziativa, di cui da un anno è portavoce il Centro don Onelio di Caneva di Tolmezzo, sta per prendere il via e coinvolgerà anche Austria e Slovenia. A supportare i futuri “campioni del ghiaccio”, il team delle Aquile di Pontebba Cari lettori di Oltre, noi del Centro Don Onelio di Caneva di Tolmezzo, per questo numero del nostro giornale, vogliamo raccontarvi qualcosa di molto importante. È un fatto che è davvero significativo e, ad ognuno, è rimasto nel cuore. A distanza di alcuni mesi non vi chiediamo se a luglio avete avuto occasione di guardare su Telefriuli il telegiornale. Sarebbe difficile ricordare tutti i servizi che ci propongono le emittenti televisive, specialmente se sono notizie che non ci riguardano da vicino. Le cose belle, anzi, meravigliose non le dimentichiamo, ma le conserviamo nei nostri cuori. Sul giornale locale del 14 luglio purtroppo non è stato pubblicato l’articolo sulla serata avvenuta il 13/07 al tennis club di Tolmezzo tra l’associazione “Le Aquile” e la Comunità Piergiorgio di Caneva. Il servizio in questione sulla rete televisiva è stato trasmesso e anche su radio spazio 103, l’emittente diocesana, ne hanno parlato. Per carità, sì, la notizia è stata diffusa, ma come al solito in modo un po’ tecnico senza molti fronzoli. Noi ragazzi invece approfittiamo del nostro semestrale per esprimervi gli stati d’animo e le emozioni che abbiamo provato quella sera. Prima di tutto bisogna dire che tutti insieme per molti giorni, con gli operatori, con le nostre mani abbiamo creato per l’occasione degli oggetti in legno di bigiotteria. Sono stati tanti e, alla fine, è venuto fuori un capolavoro. Un attimo, però, esattamente a cosa sono serviti i lavoretti? Eh, eh, alla fine lo scoprirete. Leggete fino in fondo! 40 Al tennis club abbiamo assistito alla sfilata di diciotto ragazze del Friuli Venezia Giulia per la selezione regionale di Miss Italia 2011: sono state belle ed hanno sfilato con grande bravura. Ad allietare la manifestazione sono stati ospiti Florian Planker della squadra nazionale di hockey, il poeta Pierluigi Cappello che ha letto alcune sue poesie, dei violinisti che hanno eseguito alcuni brani, i ragazzi del Piccolo Teatro città di Udine, il gruppo star dance di Tolmezzo, due ragazzi disabili, Francesco e Catrin, che hanno vinto a Rimini il campionato di ballo ed Eric, un altro ragazzo diversamente abile che è il vincitore del campionato di Atene il 5 luglio. Finalmente arriva il momento della sfilata delle signore over quaranta accompagnate da modelli under 40 e, tutti insieme, indossano i nostri bei lavori. Che soddisfazione! Ed ecco due amici del nostro Centro, Ivanka e Cristian che sfilano con Anna Maria Bertanza, la responsabile dell’associazione “Le Aquile”. Sì, proprio loro che durante l’anno hanno assistito alle partite di hockey e dalle quali sono stati affascinati. Ok, ma... come si può fare per proseguire con questo sport? La serata al tennis club aveva proprio l’obiettivo di unire l’associazione di Pontebba con noi allo scopo di creare una squadra di hockey con i nostri ragazzi del Centro Don Onelio. I promotori del progetto siamo noi, ma desideriamo che ad esso possano avvicinarsi anche altri disabili della nostra regione. Il gruppo di Caneva di Tolmezzo I BAMBINI DI PRATO CARNICO A SOSTEGNO DELLA DISABILITÀ Trenta piccoli alunni della Scuola Primaria hanno realizzato un Calendario dedicato agli alberi e alle piante della Val Pesarina. Il ricavato è stato devoluto alla sede di Caneva di Tolmezzo della Comunità Piergiorgio Onlus Hanno voluto dare l’intero ricavato raccolto in beneficenza scegliendo dunque il Centro Don Onelio di Caneva di Tolmezzo, dedicato a persone disabili, quale importante destinatario dell’apprezzato gesto. E lo hanno fatto realizzando un calendario interamente dedicato alle piante e agli alberi che popolano i boschi della Val Pesarina; una delle sette valli della Carnia a confine con il Cadore e con la Valle di Sappada, con cui tra l’altro la stessa condivide alcuni monti. Circa una trentina i bambini della Scuola Primaria a tempo pieno di Prato Carnico coinvolti nell’iniziativa e che, diretti per un anno intero nel progetto da un team di appassionate insegnanti, hanno così potuto dare vita al calendario “Arbai” nato dall’esigenza di scoprire le peculiarità della splendida Val Pesarina appunto attraverso attività di ricerca e di esplorazione del territorio; iniziative accolte con grande entusiasmo dai bambini e che hanno attivamente coinvolto anche le rispettive famiglie. della vallata e delle zone limitrofe che hanno dato in offerta il lunario – Scrivere i testi del calendario anche in lingua ci ha permesso di recuperare parole e modi di dire che oggi stanno pian piano scomparendo e che invece devono essere salvaguardati». Un’esperienza davvero edificante dunque che ha prodotto un calendario di successo, se è vero che le mille copie stampate sono state esaurite in breve tempo, e il cui ricavato, di 3151 euro, è stato poi consegnato ufficialmente alla Comunità Piergiorgio nella sua sede di Caneva di Tolmezzo nel mese di maggio alla presenza della responsabile Marta, del direttore scolastico della Scuola di Prato Carnico, Riccardo Carrera, e di alcuni volontari. «Dopo questo incontro, davvero intenso e significativo – precisa l’insegnante – la nostra scuola è stata poi invitata a vivere una giornata intera al Centro don Onelio e grazie all’abile mediazione di tutto il personale i nostri piccoli alunni, che erano stati preparati all’incontro, hanno potuto vivere serenamente l’esperienza entrando così a contatto con una realtà sino ad allora pressoché sconosciuta. Sono stati visitati i laboratori, l’orto botanico e gli animali che aiutano i pazienti. Gli alunni hanno poi cantato insieme agli ospiti condividendo così dei veri e propri momenti di allegria». «Attraverso questo percorso, iniziato un anno fa, abbiamo voluto approfondire la conoscenza delle principali piante ad alto fusto che popolano i nostri boschi – spiega una delle insegnanti che hanno partecipato al progetto, tra l’altro fortemente sostenuto dall’intera comunità – Abbiamo organizzato esplorazioni guidate sul territorio per il riconoscimento delle piante nel loro habitat, consultato libri e interpellato nonni, genitori ed esperti della vallata per recuperare più informazioni possibili sull’argomento verso cui gli alunni si sono mostrati da subito particolarmente interessati». E ogni pagina del calendario è infatti dedicata alla descrizione di un particolare albero o di una specifica pianta raccontati e descritti in parte anche attraverso il ricorso alla lingua locale. «Questo aspetto, in particolar modo, è stato per noi molto importante – aggiunge la maestra, mentre ricorda il grande e intenso coinvolgimento nel progetto anche da parte dei commercianti 41 UNA MOSTRA FOTOGRAFICA E UN FILM AL CINEMA Ecco alcune delle numerose opportunità per i ragazzi del Centro diurno della Piergiorgio Arrigo De Biasio Nel mese di giugno sono andato a vedere una mostra fotografica allestita nel corridoio della sede della quarta circoscrizione sud, in via Pradamano a Udine, dove si trovano anche la Scuola media statale Enrico Fermi e la piscina comunale. E ci sono andato in compagnia di un gruppo di ragazzi della Comunità Piergiorgio che frequento quotidianamente. La mostra era sostanzialmente l’esposizione di Igino, un amico del Centro diurno, che da oltre un anno viene da noi a fare volontariato compatibilmente, è ovvio, con i numerosi impegni che ha ogni giorno. Igino è anche la persona che ha tenuto un corso di fotografia per alcuni di noi. Le sue fotografie ritraevano attimi di balletti di danza classica con tutte le evoluzioni di una coppia di danzatori. La luce degli scatti era volutamente violetta, un colore di valenza alquanto mistica perché secondo Igino la danza, accompagnata dalla musica, ci proietta verso Dio. Anche io che sto scrivendo in questo preciso istante sono credente ed è il motivo per cui ho apprezzato molto questo richiamo sottolineato dall’artista che tra l’altro non era l’unico espositore della mostra. C’erano infatti anche scatti di altri fotografi. Uno di loro riproponeva costantemente, in ogni opera, un cerchio collocato circa lungo la diagonale di un rettangolo; è così che è riuscito a far vedere bene l’ingrandimento di un fiammifero che viene acceso in quattro scatti. Si vede bene infatti la sfera del fiammifero in una delle quattro foto, metà gialla e metà rossiccia. Un altro fotografo proponeva invece scatti legati all’Africa; al Malì, per l’esattezza. Capanne, volti, una lavagna piena di scritte e un tramonto. Devo ancora menzionare i lavori dell’ultimo fotografo che ritraeva vedute dal carso triestino con colori davvero molto belli. Siccome alla fine mancava ancora un po’ di tempo a mezzogiorno siamo andati a bere un caffè alla macchinetta della piscina comunale, caffè offerto da Igino. È anche piovuto quella mattina ma fortunatamente, quando siamo arrivati a destinazione e una volta usciti dalla mostra, la pioggia aveva cessato di battere. È proprio vero che la fortuna aiuta gli audaci!. Oltre alla visita a questa mostra il mattino precedente il Centro diurno mi aveva offerto anche un’altra bella opportunità. Sempre tramite pulmino e automobile in aggiunta, e insieme a un gruppo di ragazzi, c’era stata 42 l’uscita al cinema Visionario, sempre a Udine, per vedere il film western “Pronti a morire”. Una pellicola del 1995 interpretata da Sharon Stone che già era stata protagonista di Basic instinct nel 1992 e da un giovanissimo Leonardo Di Caprio. La storia era quella di una donna, la Stone appunto, che raggiunge a cavallo un villaggio del far west tiranneggiato da un uomo cattivo. La Stone si reca in questo posto per vendicare la morte di suo padre, uno sceriffo, ucciso proprio per volere di quell’uomo cattivo quando lei era ancora una bambina. Nel villaggio si svolge quindi un torneo di due duelli e a due a due i pistoleri si sfidano sparandosi al rintocco dell’orologio; il più veloce è colui che vince. Vi partecipa anche la donna che in qualche modo, sebbene ferita e nel bel mezzo di una serie di esplosioni con la dinamite, riesce comunque a uccidere l’uomo cattivo. È davvero bello che il Centro diurno della Comunità Piergiorgio ci consenta di uscire ogni tanto per andare a vedere qualcosa di bello così noi ragazzi torniamo a casa più contenti e arricchiti grazie a nuove esperienze. Treni e disabilità Rita Pugnale Era il 29 maggio verso le ore 18. Stavo tornando a Udine da Firenze e ho fatto il cambio a Venezia. Qui sono cominciati i miei guai. Passato Sacile, la mia accompagnatrice è andata alla ricerca di un bagno. Sorpresa!. Il W.C. era due carrozze più avanti ed io non potevo in alcun modo raggiungerlo così ho dovuto resistere fino a Udine. Io vado abbastanza spesso a Firenze e non è la prima volta che su questa tratta mi succedono inconvenienti di tal genere pur essendo sempre seduta nel posto con il contrassegno dei disabili. Ultimo fra tutti, non c’era l’aria condizionata in piena calura e i finestrini erano addirittura bloccati. In conclusione; io capisco che di disagi ce ne sono sempre tanti ma dico anche che bisognerebbe avere più riguardo per le persone disabili. UNA MATTINATA SPECIALE CON I GENROSSO PER I RAGAZZI DEL CENTRO DIURNO Il gruppo musicale cattolico in tour a Udine col musical “Streetlight”: sul palco dello Zanon, diciotto ragazzi provenienti da diverse parti del mondo. Lo spettacolo ha riscosso grande successo. Due ragazzi della Piergiorgio, Maurizio ed Ennio, si confrontano sull’esperienza vissuta Maurizio Scolari Ennio Mazzolo … non c’è due senza tre!. Questo è il terzo articolo che mi accingo a scrivere per il nostro semestrale. Oggi desidero raccontarvi un’esperienza bella che ho vissuto un po’ di tempo fa assieme ad alcune persone del Centro Diurno. Tutto è cominciato un pomeriggio quando, durante la consueta riunione organizzativa, il nostro amico e volontario Igino ha accompagnato da noi Valerio Gentile. Chi è costui?. Non lo conoscete, vero?. Beh, certo, nemmeno noi sapevamo chi fosse, ma ci è bastata all’incirca mezz’ora per conoscerlo. Valerio Gentile è il referente dei Genrosso, il gruppo musicale d’ispirazione cattolica che è in attività dal 1966. La persona in questione è venuta a presentarci il loro ultimo lavoro: “Streetlight”: una storia vera di un afroamericano che vive a Chicago nella settantanovesima strada. All’inizio a me, personalmente, la cosa non suscitava grande entusiasmo, ma guardando i video e ascoltando le musiche mi ci è voluto un attimo per decidere di andare a vedere lo spettacolo. L’auditorium non è molto distante dalla nostra Comunità e così il bel tempo ci ha permesso di fare una bella passeggiata. Giunti allo Zanon ci siamo accomodati nei posti e abbiamo visto tanta gente: c’erano anche i ragazzi del Bearzi con i loro insegnanti. Ed ecco che s’abbassano le luci e comincia il musical. Ma qual è la trama?. La storia è ambientata nella settantanovesima strada di Chicago in un quartiere a rischio e il protagonista è un ragazzo afroamericano. Lui fa parte di una band e suona la batteria. Nel musical ci sono due gang: una musicale che sta preparando un concerto che terranno al Malcom X Boulevard, l’altra di teppisti. Charles, il batterista, aveva un amico teppista che gli proponeva sempre di entrare a fare parte del suo gruppo. La sorella del capo della band viene uccisa e quindi giura vendetta. Infatti la morte della ragazza scatena questo sentimento e, nella storia, ci sono dei risvolti per i due amici. I teppisti uccidono Charles e, purtroppo, al concerto per il quale avevano tanto lavorato, parte solo il suo amico. Di per sé il musical è bello, ma vedere tutti i ragazzi che recitano e cantano con molta passione, è ancora più coinvolgente. È stata davvero una giornata da ricordare quella che ho vissuto in prima persona insieme a un gruppo di amici disabili. Tramite un gentile invito del Signor Valerio abbiamo infatti avuto modo di essere “reclutati” per poter così assistere a uno spettacolo davvero unico nel suo genere; un musical vero e proprio eseguito dal vivo e il luogo dove dovevamo recarci era l’Auditorium della Scuola Zanon di Udine. Con l’aiuto degli operatori, e avendo deciso di lasciare i mezzi di trasporto in Comunità, ci siamo dunque avviati verso la meta a piedi, in una splendida giornata di sole con tanto di entusiasmo al seguito. Arrivati a destinazione, e una volta preso posto a sedere, eravamo tutti in febbricitante attesa di quello che sarebbe accaduto a breve. Dal buio della sala, all’improvviso, si accendono le luci e, come per magia, ha finalmente inizio lo spettacolo “Street light” eseguito dal celebre gruppo musicale di fama internazionale “Genrosso”. Personalmente sono rimasto molto colpito e affascinato nell’osservare questi straordinari ragazzi mentre muovevano i loro passi sul palco. Durante l’esibizione hanno messo davvero tanta energia, vigore e grinta; per non parlare poi della passione e del sentimento nell’interpretare e recitare “Street light”, che potremmo definire un piccolo sogno trasformato in realtà. L’impianto era strutturato molto bene sia dal punto di vista della sonorità (il volume della musica era infatti adatto alla situazione) sia per ciò che concerne i costumi. Ma ciò che più mi ha colpito dell’evento cui ho avuto la fortuna di assistere è stato il grande gioco di luci che ha dato una certa vivacità, sapore e tono allo spettacolo mescolandosi perfettamente in armonia con l’acustica prodotta dal suono degli elemento orchestrali. Un lungo applauso ha infine accomunato l’intero Auditorium al termine del Musical. Le luci poi si sono spente ma gli attori hanno lasciato un’impronta indelebile nei nostri cuori. La loro musica ha infatti offerto grandi emozioni che nessuno di noi potrà mai dimenticare. 43 HERBERT VON KARAJAN: LA SUA ULTIMA REGISTRAZIONE Il maestro austriaco dà l’addio al podio con la settima sinfonia di Anton Bruckner e, ancora oggi, la Deutsche Grammophon mette il compact disc in catalogo. Maurizio Scolari Ciao a tutti, prima di tutto esprimo la mia gioia per scrivere un altro articolo per il nono numero del nostro giornale. Desidero augurarvi buone feste, con l’auspicio che il nuovo anno sia migliore di quello che sta per concludersi. In questo semestrale ho pensato di raccontarvi qualcosa su un brano del quale ho la fortuna di possedere una esecuzione nella mia collezione. Mi sto riferendo ad una composizione che, a mio avviso, è considerata tra le migliori del romanticismo: la sinfonia numero sette in mi minore di Anton Bruckner. Composta tra il 1881 e terminata nel 1883, è un capolavoro formato dai consueti quattro movimenti: Allegro moderato – adagio – Scherzo e Finale. Il 13 febbraio di quell’anno Bruckner venne a sapere della morte di Richard Wagner del quale era ammiratore e gli fece omaggio scrivendo la parte conclusiva del secondo tempo. L’autore non aveva ben chiaro il quadro della forma delle sue opere, tanto è vero che accettava i suggerimenti da amici musicisti, solitamente direttori d’orchestra. Esistono varie interpretazioni di questa sinfonia e ogni direttore, con l’orchestra, cerca di trasmettere le proprie emozioni. È davvero interessante ascoltare più interpretazioni dello stesso brano: si scoprono particolari che magari, altri interpreti, fanno risaltare poco. Una delle interpretazioni più riuscite, a mio avviso, è quella di Herbert von Karajan sul podio dei Wiener Philharmoniker. Karajan-Bruckner!!!! È un eccellente binomio. L’interprete austriaco è alle prese con una partitura difficile, riesce molto bene a capire ciò che voleva il musicista. Nel 1989 il direttore austriaco aveva 80 anni; non era perfettamente in forma ma continuava, nonostante vari problemi di salute, a dirigere. Eccolo che sale sul podio, con la bacchetta in mano, guarda gli orchestrali, un attimo ancora di silenzio, allunga le braccia e dà l’attacco. 44 I gesti del maestro sono delicati, morbidi ma anche imperativi verso gli strumentisti e questi, con impegno, eseguono tutto alla perfezione. Al termine dell’esecuzione tutti tirano un sospiro di sollievo per il grande impegno profuso. Bernard Haitink, Riccardo Chailly, Sergiu Celibidache, Wilhelm Furtwangler, Claudio Abbado e Karl Bohm. Questi sono alcuni direttori che hanno eseguito la settima sinfonia in modo stupendo, ma oso dire che quella del grande Karajan è unica! Il 16 luglio del 1989 il maestro salisburghese è scomparso. Una morte che ha colpito i suoi ammiratori, compreso il sottoscritto. METTI UN GIORNO A MONT SAINT MICHEL Il mio viaggio in Normandia Selene Qualizza Mont Saint Michel fa parte del patrimonio mondiale dell’Unesco. Si trova sulla costa nord occidentale della Francia, sull’oceano Atlantico, in Normandia, in una grande baia invasa dalle più grandi maree d’Europa. Saint Aubert, un vescovo della zona, costruì la prima chiesa nel 709 su richiesta dell’arcangelo Michele. Da quella volta altre cinque chiese furono poi costruite su questa stessa area dai monaci benedettini che le abbellirono sempre più tanto è vero che ancora oggi risultano essere dei capolavori d’arte per mano romana e gotica. Per salire sulla cima c’è una ripida strada che io però non ho potuto affrontare con la mia carrozzina e quindi sono rimasta sotto, con mia mamma, a godermi il paesaggio tipico atlantico con pioggerellina acuta e sottile ma in un contesto molto particolare e suggestivo perché ho visto avanzare la marea che si alzava a vista d’occhio riempiendo tutta la spiaggia e anche parte della strada. È stata davvero una bella esperienza che mi auguro fortemente un giorno io possa fare di nuovo. MARGHERITA HACK ALLA COMUNITÀ PIERGIORGIO RAGAZZI DISABILI DIVENTANO FOTOGRAFI L’astrofisica toscana è stata accolta a braccia aperte dai ragazzi disabili della Comunità. Un incontro breve ma significativo per tutti. La Comunità Piergiorgio ha organizzato un corso “Fotografia digitale” per portatori di handicap di sessanta ore. Gli allievi diventeranno bravi fotografi. I Maurizio Scolari Nel numero precedente del nostro semestrale è stato pubblicato un articolo sul corso radiofonico scritto proprio dagli allievi che l’hanno frequentato. Io sono uno di loro e posso dire d’aver imparato tante cose!. Pressappoco era il periodo pasquale quando, durante le lezioni, stavamo imparando a fare un’intervista. Molti possono immaginare che porre domande a qualcuno di una certa importanza sia una cosa semplice, invece non è esattamente così. Sì, d’accordo, si chiedono molte cose ma non basta. Un intervistatore deve avere un buon timbro della voce, essere chiaro e avere la giusta intonazione per leggere le domande. Così, per imparare bene il mestiere, con Carolina Laperchia, la docente, abbiamo guardato alcuni video su youtube per avere un’idea su come fare. I filmati sono stati tanti finché, ad un tratto, è stata trovata un’intervista di Fabio Fazio a Margherita Hack. Un bel giorno siamo venuti a sapere che l’astrofisica sarebbe venuta da noi un pomeriggio durante il nostro corso, invece a causa di forze maggiori l’incontro è stato rinviato. Beh, da un lato ci è dispiaciuto ma in questo modo c’è stato più tempo per prepararci all’avvenimento. Si può dire che la visita del personaggio illustre da un incontro solo per noi, è stato allargato anche all’esterno. Ed ecco che martedì 21 giugno, dopo un’intensa giornata lavorativa, siamo andati nella chiesa di San Domenico per l’attesa. Tutti sappiamo che la Signora Hack ha un’età molto avanzata e, poiché dalla Comunità alla parrocchia c’è un po’ di strada, si è fatta accompagnare in carrozzina. Eccola che entra, si ferma un attimo per scendere dalla sedia, prende il bastone e va verso il tavolo. Dopo la parte introduttiva lei inizia a rispondere ai tanti quesiti interessanti dei ragazzi e, mentre lei parlava, noi eravamo incantati dalle sue spiegazioni estremamente chiare. Le lancette dell’orologio vanno avanti, il tempo stringe e le cose da porre continuano ad essere parecchie ma scade l’ora ed è il momento di tornare alla Piergiorgio dove la Hack, per alcuni minuti, si è fermata con noi. Il giorno dopo abbiamo saputo che la signora è stata tanto colpita dalla preparazione e dall’attenzione dei ragazzi del corso. La nostra realtà, negli ultimi anni, si sta facendo conoscere all’esterno e ben venga se si potessero organizzare col tempo incontri di questo tipo invitando personaggi importanti. Maurizio e Rita È partito alla grande il corso “Fotografia digitale ed B.” presso la Comunità Piergiorgio di Udine e rivolto a persone disabili. Le lezioni si svolgono tutti i venerdì mattina dalle ore 9 alle 12, fino al 23 marzo. Com’è fatta una macchina fotografica?. Come si utilizza?. Ce ne sono di economiche?. E poi, è possibile fare in modo che l’oggetto in questione venga usato solo con una mano?. Sono questi i quesiti che i diversamente abili hanno rivolto a Massimo Mocilnik, il docente; per una persona normodotata potrebbero sembrare domande del tutto scontate, elementari, ma per uno che ha varie disabilità è importante sapere se esistono alcuni modi per superare certe difficoltà. Non è semplice per coloro che stanno facendo il corso mettere per iscritto ciò che provano. Possiamo dire solo che i moduli didattici che lo compongono sono cinque: l’attrezzatura, lo scatto, la fotografia in pratica, sicurezza e luoghi di salute sul lavoro e diritti di cittadinanza e pari opportunità. CIAO ANGELO! Una comunitaria ricorda la scomparsa del giovane Angelo Branz Sabrina Floreani Caro Angelo, te ne sei andato troppo presto, a soli vent’anni. Mi facevi tanta compagnia. Ricordo soprattutto le volte in cui siamo andati insieme a vedere la partita. Ci accompagnava il tuo papà. Questo periodo senza di te è stato per me molto critico e i tuoi sorrisi mi mancano enormemente. Spero tu possa essere felice lassù!. 45 IL MIO SALUTO A BEPPINO… Barbara Mattiel Quando parecchi anni fa sono arrivata in Comunità, prima a trovare un amico poi a far volontariato, mai avrei pensato che alcune persone che abitano qui avrebbero segnato in maniera forte e decisa la mia vita; potrei dire che alcuni di loro sono stati veri e propri angeli che mi hanno guidato sulla via dell’ amore. Uno di questi comunitari ora è davvero un angelo che vola libero nel cielo e guarda tutti noi che gli vogliamo bene e, volteggiando tra le nuvole, ci dice: il vostro Bepino sta bene quassù. Prima di avvicinarsi a me Bepino mi ha guardata da lontano parecchio tempo, mi scrutava, ascoltava quello che dicevo, osservava come mi comportavo all’interno della “sua” Comunità; poi, d’improvviso, una domenica d’inverno mi ha accolta sotto il portico cantandomi la canzone di Barbara, da lì è nata una bellissima amicizia. Bepino ha dato l’approvazione al mio matrimonio: «Massimo non è tanto alto, non ha tanti muscoli, ma per te va bene, non come quello che ti aspettava fuori e che pur avendo gli occhiali non è intelligente, non era per te!» Eh si, io avevo un pretendente che mi aspettava fuori la Comunità e soprattutto la domenica stava fuori il portone per ore, poi, ho saputo che Bepino alcune volte è uscito a mandarlo via. Bepino aveva una sensibilità non comune e anche di Alma ricorda come le faceva compagnia durante le pulizie; Erminia lo pensa mentre la guardava cucinare. Lui aveva una parola gentile per tutti. La Comunità, ma anche tutti noi, ha perso un uomo di grande generosità, onestà e umanità; chiunque l’ha incontrato può testimoniare che nonostante la vita non sia stata amorevole con lui, lui lo è stato con gli altri. Bepo, tu nua manchis tant. Mandi cumò** Ed ora arrivederci Trop poc quèndes mèis per ‘na vèta con mùrtài a spàla strà pàna e màunt indove tòt lè veritèe troppo pochi quindici mesi in una vita con mortaio in spalla tra penna e monti dove tutto è verità muriran mai cor cand e semplicitèe fata ed dìsincant non moriranno mai cuore candido e disincantata semplicità mandi Sclip* fort eteren amig tèe rìvèe arrivederci Sclip forte eterno amico sei arrivato tenem post èd fianc k’àl dè dop avèirem isgnèe a meriterel riservami posto al tuo fianco quel giorno dopo avermi insegnato a meritarlo 46 Pubblichiamo la poesia, scritta in dialetto modenese, da Luigi Pinelli e che ha voluto ricordare così l’amico Beppino detto Sclip 114° cp mortai alpini. ** Mandi cumò = arrivederci ora (friulano) 21.08.11 PER CHI NON CI CONOSCE La Comunità Piergiorgio è una ONLUS fondata nel 1971 da Don Onelio Ciani con un piccolo gruppo di persone. È un’organizzazione che riunisce disabili fisici nel proposito di consentirne l’autogestione favorendone altresì il recupero del maggior grado di autonomia possibile e che si propone lo sviluppo integrale delle persone portatrici di handicap fisico, psichico, sensoriale nonché di altre patologie invalidanti. È riconosciuta come centro di recupero medico - sociale dal 1975 ed è sia una struttura sanitaria privata che un centro di riabilitazione; è convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale per trattamenti riabilitativi di tipo ambulatoriale, diurno e residenziale. A tal fine, attraverso le proprie sedi di Udine e Caneva di Tolmezzo, e mediante convenzioni, gestisce anche centri di convivenza e di degenza diurna; promuove e gestisce servizi riabilitativi, sanitari, assistenziali e di socializzazione nonché centri per l’informazione sugli ausili tecnici e informatici; favorisce le capacità lavorative del disabile attraverso corsi di formazione professionale; promuove e sostiene attività produttive, anche in forma cooperativa, idonee allo sviluppo e all’inserimento lavorativo del disabile. La cooperativa Arte e Libro, espressione della Comunità Piergiorgio ONLUS di Udine, è specializzata in rilegatoria, tesi di laurea, produzione artigianale e oggettistica in cartonato. È una società cooperativa sociale di produzione e lavoro creata con lo scopo primario di inserire nell’ambito professionale persone con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali. Attualmente vi sono impiegati una ventina di soci, per la maggior parte disabili. Come potete aiutarci Assegno bancario: se desidera donare attraverso un assegno, la invitiamo ad intestarlo -non trasferibile- a Comunità Piergiorgio ONLUS e ad inviarlo, possibilmente insieme ai suoi dati (nome, cognome e indirizzo), tramite "assicurata convenzionale" a: Comunità Piergiorgio ONLUS - Piazza Libia 1, 33100 Udine Bonifico bancario: Beneficiario: Comunità Piergiorgio ONLUS - Piazza Libia 1, 33100 Udine Banca:Banca Popolare di Vicenza Agenzia n.3 - Viale Leonardo da Vinci 107 - 33100 Udine IBAN: IT 12C0572812314714570002362 Importante: dal 1° gennaio 2008 è obbligatorio indicare l'IBAN. Al fine di non rendere anonimo il contributo, la invitiamo ad indicare il suo nominativo e recapito nelle note del bonifico. Conto Corrente Postale: Conto Corrente Postale n. 13840335. Per i bonifici postali il codice IBAN è: IT71 Z076 0112 3000 0001 3840 335 Intestato a: Comunità Piergiorgio ONLUS, Piazza Libia 1 – 33100 Udine Il 5 x mille: Lo strumento del 5 per mille si affianca al già consolidato 8 per mille e rappresenta un’occasione di sostegno importante. Chi decide di destinare, in fase di dichiarazione dei redditi, il 5 per mille della propria IRPEF alla Comunità Piergiorgio ONLUS deve firmare nel primo riquadro a sinistra, quello delle ONLUS, ed inserire il codice fiscale della nostra Comunità: 00432850303 Il vostro aiuto è deducibile: La Comunità Piergiorgio è una O.N.L.U.S. (Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale) e le donazioni in suo favore possono essere dedotte in sede di dichiarazione dei redditi. Per le persone fisiche: È possibile detrarre dall'imposta lorda il 19% dell'importo donato a favore delle ONLUS, fino ad un massimo di 2.065,83 euro, oppure, è possibile dedurre dal proprio reddito le donazioni a favore delle ONLUS, per un importo non superiore al 10% del reddito complessivo dichiarato e comunque nella misura massima di 70.000,00 euro annui. Per le imprese: è possibile dedurre le donazioni a favore delle ONLUS per un importo non superiore a 2065,83 euro o al 2% del reddito d'impresa dichiarato. Oppure, è possibile dedurre dal proprio reddito le donazioni a favore delle ONLUS, per un importo non superiore al 10% del reddito complessivo dichiarato e comunque nella misura massima di 70.000,00 euro annui. Le agevolazioni fiscali non sono cumulabili tra di loro. 47 Gli ingenui non sapevano che l’impresa era impossibile… dunque la fecero.. B. Russell 48