Cleopatra, che regina!

Transcript

Cleopatra, che regina!
17
Gazzetta del Sud Venerdì 15 Luglio 2011
.
Cultura
La scrupolosa biografia di Stacy Schiff racconta un personaggio discusso, scomodo, destabilizzante
Cleopatra, che regina!
La sua abilità politica oscurata dall’immagine di seduttrice senza scrupoli
Maria Gabriella Scuderi
Dea da bambina, regina a diciotto anni, e ben presto celebre in
tutto il mondo occidentale di allora, Cleopatra fu ed è ancora oggi probabilmente la donna che
nella storia ha stimolato i più opposti sentimenti, diventando oggetto di venerazione, invidia,
biasimo, o diffidenza.
Ereditato assieme al fratello
Tolomeo XIII il trono dei faraoni,
conservò del padre la capacità
politica di mettere a punto piani
e strategie di alleanza, per rendere il regno sempre più ricco e
florido, e di conseguenza sempre più appetibile per l’inarrestabile furia conquistatrice romana. In una Repubblica devastata
dalle guerre civili, la regina infatti capì presto che era fondamentale mettersi al fianco del
comandante più potente del momento; difficile tuttavia da individuare, proprio in virtù dei frequenti cambiamenti di rotta dettati dalle ambizioni personali e
dall’esigenza di espansione
dell’Impero.
Quando Cleopatra salì al trono, Pompeo Magno, già alleato
della famiglia, intraprese una
guerra civile contro Giulio Cesare; me ebbe la peggio e fu ucciso.
Per cui alla regina, allora ventenne, non restò altra scelta che
quella di ingraziarsi il nuovo
“potente”. I suoi amori, quelli
per cui divenne il simbolo della
femminilità intrigante e pericolosa, secondo le moderne storiografie, non sarebbero quindi altro che la conseguenza delle esigenze della “ragion di Stato” che
Cleopatra, secondo i dettami paterni, antepose sempre alle ragioni del cuore; ma queste, come
talvolta accade, anche ai più
astuti strateghi, finiscono per
prevalere, decretando il destino
di uomini e imperi.
Tali ed altre ancora le considerazioni che la storica e biografa Stacy Schiff fa scorrere lungo
le pagine del suo recente scritto
sulla vita della regina. “Cleopatra” (Mondadori, pp. 328, euro
20), è infatti una biografia che
intende rendere giustizia a quella “donna egizia” di cui sono state ampiamente sottovalutate le
qualità politiche, sempre oscurate da quell’immagine di prorompente e regale bellezza che
costituisce un ingombro scomodo quando viene anteposta a virtù ben più nobili e meritorie.
Cleopatra si unì a Cesare dopo
che questi sconfisse Pompeo nel
48 a. C.; ma dopo l’uccisione dello stesso Cesare si concesse al pupillo di lui Marco Antonio. Si trovò quindi accanto ai due uomini
più potenti del suo tempo. In un
periodo storico in cui le donne
intelligenti erano considerate al
pari delle streghe, ella si pose in
mezzo ad uno dei più pericolosi
John William Waterhouse, “Cleopatra”, 1888
crocevia della storia: quello tra
donne e potere. Non si sa se avesse realmente amato Cesare o Antonio; mentre è certo che fosse
riuscita ad ottenere devozione
ed obbedienza da entrambi.
L’attaccamento al potere in
una donna era a quel tempo considerato “indecoroso”: si riteneva che l’autorità femminile comportasse necessariamente l’inganno di un uomo. Erano in voga
infatti, sin dal I secolo a. C., contratti matrimoniali in cui la sposa giurava di ottemperare al suo
impegno di fedeltà, ma soprattutto di non aggiungere pozioni
Stacy Schiff
d’amore alle bevande e ai cibi del
marito. Il potere femminile diventava così tanto più temibile,
quanto più “occulto”, non controllabile oggettivamente. Cleopatra, inoltre, era una degna
rappresentante di quell’Oriente
alchemico, «voluttuoso e perverso», attraversato da un fiume
meraviglioso e “sinuoso” quanto
magico. È spiegabile quindi perché gli storici abbiano volutamente esaltato l’aspetto della seduttività di lei e del suo particolare carisma, fino a renderlo
prioritario rispetto alle molte
doti di abilità e acume politico.
La Schiff tuttavia, attraverso
un meticoloso lavoro di ricerca e
servendosi di capacità non comuni di analisi ed interpretazione storica, cerca di far luce sulle
motivazioni che stanno alla base
dei molti “fraintendimenti” e
menzogne che sono stati a lungo
affiancati alla verità oggettiva.
«La storia è scritta non solo
dai posteri, ma anche per i posteri», sottolinea l’autrice. Per cui le
fonti storiche considerate più
esaurienti non incontrarono mai
Cleopatra. Plutarco, ad esempio, nacque settantasei anni dopo la sua morte; Appiano le fu distante di oltre un secolo, Dione
di due. Tuttavia, chi scrisse della
regina d’Egitto aveva più di una
ragione per enfatizzare il suo
ruolo, anziché cancellarlo. Purtroppo, tra i contemporanei di
Cleopatra non vi furono storici di
valore, nonostante l’erudizione
egizia. Questo il motivo per il
quale le notizie su di lei sono state tramandate in gran parte da
autori latini, il cui interesse era
quello di presentarla nella luce
peggiore possibile, per non togliere onore e gloria ai loro uomini più illustri. Ma la Schiff, da
scrupolosa biografa, cerca addirittura di analizzare modalità
espressive e personalità di chi ha
scritto sull’Egitto di allora, spingendosi fino a distinguere i “cu-
riosi” della storia egizia, dai semplici “pettegoli” che, avendo
qualche problema con le donne,
nutrivano disprezzo o invidia
per chi era diventata “grande”,
nonostante il suo sesso. Per non
parlare poi dei già citati “convertiti” alla causa romana, che intendevano compiacere il loro
imperatore. Ad esempio, l’autrice non tiene in considerazione
Lucano, perché troppo incline al
“sensazionalismo”, e quindi poco attendibile.
Rimane indubbio, comunque, che la relazione tra Cleopatra e Marco Antonio sia stata la
più intensa e significativa nella
vita della regina; ma quella con il
rivale di lui la più duratura. Questi, avendoli sconfitti entrambi,
per accrescere la sua gloria consegnò alla storia l’immagine di
una donna diabolica, infida, sanguinaria, desiderosa di sempre
più ampi poteri. Ma soprattutto,
come sempre accade a contatto
col “femminile potente”, anch’egli esaltò l’aspetto della pericolosa e intrigante seduttività.
Più temibile è il nemico, più
grande è la vittoria. Ed Augusto
adottò fino in fondo un tale principio. È inevitabile quindi che
nel consegnare alla storia il profilo di una della regine più discusse, il più delle volte l’aspetto
personale sia prevalso su quello
politico, e quello erotico su tutti
gli altri. Perché il “crimine” vero
di Cleopatra forse è stato quello
di aver contratto quegli stessi legami maritali «ingannevoli e sospetti» di cui godeva ogni uomo
al potere. Ella invertì ruoli e funzioni, e lo fece di sua iniziativa; e
ciò la rese una donna “contro natura”. Per di più era una persona
incredibilmente colta rispetto ai
suoi tempi; e ciò aumentava il
suo carisma e la sua efficienza.
Non è difficile credere che tali riconosciute e spiccate qualità abbiano potuto far sentire Roma
insicura e povera.
La Schiff così riesce a far rivivere, assieme alla biografia
dell’ultima regina d’Egitto,
un’intera epoca storica in tutte le
sue contraddizioni: la grandezza di Alessandria, le faide di Roma, le congiure di palazzo; tutte
realtà storiche che rendono il mito di Cleopatra centrale e sempre
più grande.
Le diverse biografie che riguardano la “donna egizia” contengono alla base i pregiudizi
inerenti la paura maschile, le
contorte strategie di natura politica, i numerosi e talvolta perversi contenuti di fantasia; ma tutti
assieme tali elementi non bastano a smentire il profilo di donna
seduttiva e senza scrupoli che gli
occhi viola di Liz Taylor – nella
più famosa trasposizione cinematografica della vita della regina – sono riusciti a scolpire nella
psiche collettiva.
Una delle più popolate favelas di Rio de Janeiro
Un acuto saggio di Lorenzo Pinna
La civiltà dei popoli
attraverso la storia
della “monnezza”
Andrea Miciulla
La Campania importa «rifiuti»:
diverse imprese partenopee
campane che lavorano la plastica usata (come le onnipresenti bottigliette di PET) sono
costrette ad acquistare plastica rottamata da altre regioni,
perché in città la raccolta differenziata non è effettuata in
maniera efficiente. È uno dei
paradossi raccontati da Lorenzo Pinna nel libro “Autoritratto dell’immondizia” (Bollati
Boringhieri, pp. 269, euro 16),
con la prefazione di Piero Angela.
A Napoli, in particolare, il
problema
dell’immondizia
non è nelle cifre, che sono
quelle di una città media, 950
mila abitanti, con una produzione giornaliera di nemmeno
2 mila tonnellate di rifiuti. Né
ha una natura tecnologica,
perché le soluzioni tecniche,
nella legalità e nel rispetto
dell’ambiente e della salute,
esistono e sono utilizzate in
tanta parte del mondo civile:
«il dramma è di natura politica
e culturale» . Napoli – sostiene
il saggista, esperto di scienza e
firma storica di “Quark” – è rimasta inchiodata a mentalità
arcaiche, pre-rivoluzione industriale; la cultura “macropredatoria” ha impedito alle
vere competenze e imprenditorialità del settore di emergere ed ha consentito l'azione di
organizzazioni e personaggi
criminali per i quali, come disse nel 1992 il camorrista poi
pentito Nunzio Perella, la
«monnezza è oro». In altre parole, l’incapacità di Napoli di
gestire i propri rifiuti rispecchia ed è conseguenza dell’incapacità di «trovare una via
d’entrata nella modernità».
In un viaggio nelle vicende
umane degli ultimi 10 mila anni, il libro dimostra come la
storia dell’immondizia si intrecci, sin dall’antichità, con la
storia della civiltà. Vi è il piano
alto degli splendori, dei capolavori, delle grandi scoperte e
il piano basso della «città pestilenziale», dei «micropredatori» (batteri, virus, infezioni)
che erano e sono ancora, in
molte regioni del pianeta, la
principale causa di malattia e
di morte dell’uomo. Il rapporto tra le due realtà, o meglio, la
capacità dei piani alti di tenere
sotto controllo e gestire i piani
bassi è divenuto, specie in epoca moderna, la cartina tornasole con cui verificare l’avanzamento di una società.
Nel mondo visto dalle fogne, gli eroi sono personaggi
sconosciuti ai più. Ad esempio
Joseph Bazalgette o Georges
Haussmann che, costruendo
nell’Ottocento le reti idriche di
Londra e Parigi, «dimostrarono – scrive Lorenzo Pinna –
che la condizione di città pestilenziale non era un destino
ineluttabile della civiltà umana».
Tutte le fatiche e le opere
realizzate dalle rivoluzioni urbanistiche di due secoli fa ad
oggi per risolvere la situazione
igienica delle società avanzate
rischiano tuttavia di divenire
inadeguate – spiega il saggio –
di fronte alle sfide cui le città di
Asia, Africa e America Latina
sono chiamate. Le proiezioni
dell’Onu indicano che nel
2050 circa il 70% della popolazione della Terra vivrà in centri urbani. Ciò significa che sui
9-10 miliardi di abitanti previsti per quell'epoca, 6-7 vivranno in città. Ma quali città? Si
chiede Lorenzo Pinna. Le eleganti geometrie dei grattacieli
di Shangai e Dubai o le megalopoli di casupole e baracche
di Kinshasa, in Congo, dove vivono dieci milioni di persone
senza una rete fognaria, o le
favelas di Rio de Janeiro?
Le capacità tecniche per
smaltire i rifiuti ci sono, ma,
ancora una volta, potrebbero
mancare soldi e volontà politica. Il grave rischio – conclude
l’autore – è il ritorno delle «città pestilenziali» d’antica memoria, con «tutto il loro corteo
d’orrori». Aveva 69 anni e insegnava a Venezia
Vendita record da Sotheby’s a Londra
Oggi, a 14 anni dalla morte, un servizio su RaiTre
Morto il musicologo
Giuseppe Morelli
Manoscritto di Austen
vale 850 mila sterline
Gianni Versace, un ricordo
Giuseppe Morelli, noto musicologo e professore ordinario di Musicologia all’Università Ca’ Foscari
di Venezia, è morto. Il decesso è
avvenuto martedì ma la notizia è
stata diffusa ieri dall’Università
Cà Foscari di Venezia.
Nato a Faenza il 14 maggio
1942, Morelli aveva insegnato alla Accademia di Belle arti di Bologna dal 1965 al 1978, ed era incaricato per l’insegnamento della
musicologia a Ca’ Foscari dal
1978. Professore associato nella
stessa università dal 1983 e anco-
ra nella stessa professore straordinario dal 1990, ordinario dal
’94, ha insegnato Storia della musica contemporanea, Filologia
musicale e Storia e critica del testo musicale. Dal ’95 è stato, presso l’Università di Ca’ Foscari, presidente del corso di laurea in Conservazione dei beni culturali; dal
’98 ha coordinato, a Ca’ Foscari, i
corsi di laurea in Tecniche artistiche e dello spettacolo (triennale),
Musicologia e beni musicali,
Scienze dello spettacolo e della
produzione multimediale.
Un raro manoscritto di Jane
Austen è stato battuto all’asta
da Sotheby’s a Londra per 850
mila sterline. L’esemplare, un
racconto mai terminato intitolato “The Watsons”, era stimato tra le 200 e le 300 mila sterline.
La protagonista del racconto inedito è Emma (proprio come
Emma
Woodhouse
dell’omonimo romanzo), la
minore di quattro sorelle, figlie di un uomo di fede rimasto
vedovo. Cresciuta dalla zia,
quando fa ritorno a casa la ragazza stringe un legame particolarmente forte con la sorella
Elizabeth.
Secondo quanto riporta la
Bbc online, il lavoro è rimasto
incompleto ma non per questo
è meno importante del resto
della produzione della scrittrice. Anzi, come hanno sottolineato molti studiosi, è sicuramente tra i documenti più interessanti perché costituisce una
prova vivente degli elementi
letterari propri dell’autrice.
Fu ucciso esattamente quattordici anni fa, sui gradini della sua lussuosa villa di Miami
Beach, da uno squilibrato. Fu
un trauma enorme per il fashion mondiale, e per lo stile
italiano, di cui era uno degli
artefici e magister. Oggi Gianni Versace, lo stilista reggino
assassinato a 50 anni, verrà ricordato al Tg delle 14 di RaiTre Calabria, con un lungo
servizio di Maria Luigia Cozzupoli, che ricostruisce il profilo e la statura dell’artista calabrese divenuto un personaggio di statura mondiale.
Gianni Versace
Sarà, quello di oggi, solo
l’ultimo di una lunga serie di
omaggi e di ricordi per l’indimenticabile Gianni, la cui maison, grazie ai fratelli Santo e
Donatella, continua a tenere
alta l’insegna dello stile e della
bellezza.
Per i dieci anni dalla morte,
nel 2007, alla Scala di Milano
è stato allestito un applauditissimo balletto dedicato a
Gianni Versace, dal titolo
“Grazie Gianni con amore”,
ideato dall’amico, e grandissimo coreografo, Maurice Béjart.