LA MORTE DI CLEOPATRA - Liceo Statale Regina Margherita

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LA MORTE DI CLEOPATRA - Liceo Statale Regina Margherita
LA MORTE DI
CLEOPATRA
Carmina I 37, Orazio
Nunc est bibendum, nunc pede libero
pulsanda tellus! Nunc Saliaribus
ornare pulvinar deorum
Tempus erat dapibus, sodales!
Antehac nefas depromere Caecubum
cellis avitis, dum Capitolio
regina dementes ruinas
Funus et imperio parabat,
contaminato cum grege turpium
morbo virorum, quidlibet impotens
sperare fortunaque dulci
ebria. Sed minuit furorem
vix una sospes navis ab ignibus,
mentemque lymphatam Mareotico
redegit in veros timores
Caesar, ab Italia volantem
remis adurgens accipiter velut
mollis columbas aut leporem citus
venator in campis nivalis
Haemoniae daret ut catenis
fatale monstrum. Quae,generosius
perire quaerens, nec muliebriter
expavit ensem nec latentes
classe cita reparavit oras,
ausa et iacentem visere regiam
vultu sereno, fortis et asperas
tractare serpentes, ut atrum
corpore combiberet venenum,
deliberata morte ferocior;
saevis Liburnis scilicet invidens
privata deduci superbo,
non humilis mulier, triumpho.
Ora si deve bere, ora con piede libero
si deve battere la terra. Ora è venuto il tempo
di adornare il triclinio degli dei, o amici,
con cibi dei sacerdoti salii.
Prima d’ora era sacrilegio
trarre il cecubo dalle cantine degli Avi,
mentre la regina preparava
folli rovine al Campidoglio e morte all’impero,
insieme con un gregge peccaminoso di uomini
turpi, sfrenata nello sperare qualsiasi cosa,
e ubriacata dalla dolce fortuna.
Ma frenò la follia
quell’unica sua nave che riuscì
a salvarsi dalle fiamme,
e Cesare ricondusse a più veri timori
la sua mente invasa dal vino Mareotico,
lei che fuggiva dall’Italia con la flotta incalzando
come uno sparviero le tenere colombe
o il veloce cacciatore la lepre che corre sui
campi
della nevosa Tessaglia, per consegnare alle
catene quel malefico prodigio.
Essa che cercò una morte più nobile, né ebbe
femminile timore della spada e con veloce flotta
non cercò scampo in terre lontane,
anzi osò guardare con volto sereno la reggia
abbattuta e, piena di coraggio,
maneggiare gli squamosi serpenti,
per assorbirne nel corpo il veleno mortale,
resa ancor più efferata dalla scelta di morire,
sdegnando certo di esser condotta con le crudeli
liburne al superbo trionfo,
come una persona qualunque ,lei ,donna regale.
INTERPRETAZIONE
L’ode è una tra le più antiche della raccolta infatti risale a poco
dopo il momento in cui giunse a Roma la notizia del suicidio della
regina di Egitto Cleopatra (30 a.C) dopo essere stata sconfitta da
Ottaviano.
Orazio nella prima parte del componimento descrive la regina
Cleopatra come nemico di Roma, fonte di scompiglio e
preoccupazioni, con l’intento di lodare la figura di Ottaviano.
L’incipit viene ripreso da un carme del poeta Alceo di Mitilene
che esprime la propria gioia alla notizia della morte di Mirsilo,
tiranno della sua città. In Orazio l’attenzione si sposta sulla
regina, Cleopatra, decisa a distruggere l’impero romano . Un
ulteriore personaggio è Ottaviano che dopo la battaglia di Azio
mette in fuga la regina che parte con una sola nave e vorrebbe
condurla in catene
I due personaggi incarnano rispettivamente Oriente
e Occidente e Orazio intende raccontare il
sopravvento dell’Occidente sull’Oriente.
Nella seconda parte dell’ode Orazio illumina la
figura della regina. Sconfitta, Cleopatra ha perso
tutti i suoi averi e, piuttosto che farsi umiliare dal
nemico, sceglie la morte mettendo in salvo la sua
dignità. La donna non appare quindi più come la
nemica da vincere, ma assume verso la fine del
componimento la posizione di essere superiore,
invincibile, tanto da non temere la spada
dell’avversario. La regina non si piega a nessuna
vigliaccheria per avere salva la vita, anzi preferisce
uccidersi da sola con il veleno di un aspide.
Un gesto quello della regina che può apparire come
un atto di rinuncia ma che in realtà ha un profondo
significato politico e umano, di sfida al vincitore.
Attraverso la sua morte Cleopatra ottiene il
meritato trionfo. Il finale dell’ode ribalta la felicità
iniziale concentrandosi sulla forza d’animo del
nemico che dimostra, seppure in punto di morte, di
essere stata una valida avversaria per la quale il
lettore prova pietà e ammirazione.
Protagonista dell’ode una donna che da «fatale
monstrum» si trasforma in nobile avversaria che
riscatta la sua figura umiliata e offesa nel suo
potere.
APPROFONDIMENTO
La figura di Cleopatra, prototipo di donna combattente e
attenta a salvaguardare la propria dignità e addirittura
temuta da un condottiero quale Ottaviano, è spesso
ripresa nella letteratura, ad esempio Shakespeare in una
tragedia storica ricostruisce la storia d’amore tra Antonio
e Cleopatra.
L’ammirazione nasce soprattutto perché questa donna
che non conosceva né tabù né vergogna, che ha fatto
uccidere fratelli, mariti, sorelle e amici, che ha perso un
regno, lo ha riconquistato, ha fondato un impero e alla
fine ha perso tutto, era una sovrana capace di costruire
una flotta, domare un’insurrezione, controllare le Finanze
di un Paese e alleviare una carestia.
Si tratta anche di una donna colta che aveva letto
Erodoto, Esopo e Tucidide, parlava nove lingue ,
conosceva l’esistenza dell’equatore , la latitudine di
Marsiglia, che così unendo fascino intellettuale sessuale e
intellettuale godeva di un formidabile carisma. Persino
Cicerone parla di lei come una donna che sapeva
intrattenere una conversazione di tipo letterario.
Onore quindi a questa regina che per non essere portata
in catene a Roma si è data da sola una morte dignitosa
apparendo così giusta anche agli occhi dei Romani come
Orazio che oltre alla felicità per la sua morte esprime la
riconoscenza nei suoi confronti.
• Di Martino Luigia
• Senatore Martina
• Sica Silvana
IV D