Pemfigo e pemfigoide
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Pemfigo e pemfigoide
A B S T R A C T C O L L E C T I O N immunews A B S T R A C T C 5 2008 O L L E C T I O N A B S T R A C T C O L L E C T I O N 5 Anno II - N.5 - 2008 Quadrimestrale di aggiornamento scientifico Reg. Trib. N. 642 del 18.10.2007 ISSN 1974-4641 2008 immunologia 3 Pemfigo e pemfigoide Pemfigo paraneoplastico, Zhu X, Zhang B 5 La terapia adiuvante con immunoglobuline ad alte dosi può essere introdotta facilmente e con sicurezza come trattamento alternativo nei pazienti con pemphigus vulgaris grave: studio retrospettico preliminare Mignogna MD, Leuci S, Fedele S, Ruoppo E, Adamo D, Russo G, Pagliuca R 6 Frequenza degli eventi avversi associati al trattamento con immunoglobuline endovena nei pazienti con pemfigo o pemfigoide Gürcan HM, Ahmed AR 7 Grafica Studio Sismondo - Roma La terapia con immunoglobuline endovena riduce selettivamente gli autoanticorpi circolanti nel pemfigo Czernik A, Beutner EH, Bystryn JC 8 Stampa Grafiche Ortolan Opera (MI) Immunoglobuline endovena e pemfigoide delle membrane mucose Mignogna MD, Leuci S, Piscopo R, Bonovolontà G 9 Direttore responsabile Wubbo Tempel Editore Elsevier srl Via Paleocapa, 7 20121 Milano (MI) Redazione In-folio - Torino Edizione riservata CSL Behring per i Sigg. Medici Fuori commercio © 2008, Elsevier srl - Tutti i diritti riservati. È vietato riprodurre, archiviare in un sistema di riproduzione o trasmettere sotto qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per fotocopia, registrazione o altro, qualsiasi parte di questa pubblicazione senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore non si assume alcuna responsabilità per qualsiasi lesione e/o danno a persona o beni in quanto responsabilità di prodotto, negligenza o altrimenti, oppure a operazione di qualsiasi metodo, prodotto, istruzione o idea contenuti nel materiale di cui trattasi. A causa del rapido progresso nella scienza medica, l’Editore raccomanda la verifica indipendente delle diagnosi e del dosaggio dei medicinali. ematologia 11 Anemia emolitica autoimmune Diagnosi e trattamento delle anemie emolitiche autoimmuni negli adulti: review clinica Valent P, Lechner K 13 Anemia emolitica dovuta ad anticorpi caldi Packman CH 15 Anemia emolitica autoimmune associata a leucemia linfatica cronica D’Arena G, Cascavilla N 16 Anemia emolitica autoimmune e immunodeficienza comune variabile: studio caso-controllo su 18 pazienti Sève P, Bourdillon L, Sarrot-Reynauld F, Ruivard M, Jaussaud R, Bouhour D, Bonotte B, Gardembas M, Poindron V, Thiercelin MF, Broussolle C, Oksenhendler E; DEF-I Study Group 17 neurologia 18 Encefalomielite acuta disseminata Encefalomielite post-infettiva grave resistente agli steroidi: caratteristiche generali ed effetti delle IVIG Ravaglia S, Piccolo G, Ceroni M, Franciotta D, Pichiecchio A, Bastianello S, Tavazzi E, Minoli L, Marchioni E 20 Encefalomielite acuta disseminata dopo mononucleosi infettiva Bahadori HR, Williams VC, Turner RP, Rumboldt Z, Reigart JR, Fowler SL, Chavis PS, Maria BL 21 Terapia con IVIG ad alte dosi e infusione rapida nell’encefalomielite acuta disseminata post-vaccinazione Fu DC, Montgomery JR 22 Pazienti con sindrome post-polio trattati con immunoglobuline endovena: studio pilota randomizzato controllato in doppio cieco Farbu E, Rekand T, Vik-Mo E, Lygren H, Gilhus NE, Aarli JA 23 aggiornamenti 25 CIDP (polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica) Il trattamento con immunoglobuline endovena è efficace nei pazienti diabetici con polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica: follow-up a lungo termine PTI (porpora trombocitopenica idiopatica) Trattamento della porpora trombocitopenica idiopatica nei bambini secondo le linee guida di consenso AIEOP: valutazione dell’esperienza italiana Polimiosite e dermatomiosite Efficacia del trattamento con immunoglobuline endovena ad alte dosi nei pazienti giapponesi con polimiosite e dermatomiosite resistenti agli steroidi Sindrome di Guillain-Barrè Immunoterapia per il trattamento della sindrome di Guillain-Barrè negli ospedali statunitensi Ipogammaglobulinemie da neoplasie ematologiche Trattamento della porpora trombocitopenica immuno-mediata con la contemporanea infusione di immunoglobuline endovena e trasfusione di piastrine: una revisione retrospettiva di 40 casi Ipogammaglobulinemie nelle neoplasie ematologiche Profilassi con immunoglobuline nei pazienti con neoplasie ematologiche e sottoposti a trapianto di cellule staminali Immunodeficienze primitive Terapia sostitutiva con immunoglobuline sottocutanee per i pazienti con carenza anticorpale primitiva: progressi verso il XXI secolo Sclerosi multipla Trattamento con immunoglobuline endovena delle neuriti ottiche resistenti ai corticosteroidi nei pazienti con sclerosi multipla Sindrome di Kawasaki Fattori di rischio per il fallimento della terapia iniziale con immunoglobuline endovena nei pazienti con sindrome di Kawasaki Miastenia grave Linee guida EFNS per l’uso delle immunoglobuline endovena nel trattamento delle malattie neurologiche: task force EFNS sull’uso di immunoglobuline endovena nel trattamento delle malattie neurologiche Sindrome emolitica del neonato Efficacia di due diversi regimi di immunoglobuline endovena nella malattia emolitica del neonato Rh: studio randomizzato controllato Prevenzione della sensibilizzazione D dopo trasfusione mismatched di emocomponenti: verso un uso ottimale delle RhIG Sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) Morbilità e mortalità nella sindrome da anticorpi antifosfolipidi catastrofica: fisiopatologia, cause della morte e fattori prognostici 27 27 27 27 27 28 28 28 28 29 29 29 immunologia Pemfigo e pemfigoide Con il nome di pemfigo viene indicato un gruppo di malat- mento steroideo a dosi elevate o a lungo termine hanno tie a patogenesi autoimmune caratterizzate dalla comparsa indotto la ricerca di opzioni terapeutiche alternative, da uti- di lesioni bollose muco-cutanee. I due sottotipi più fre- lizzare anche nei pazienti non rispondenti al trattamento quenti sono il pemphigus vulgaris e il pemphigus foliaceus. Il standard. Fra queste vi sono i farmaci immunosoppressori cosiddetto pemfigoide rappresenta una forma di dermatite (come l’azatioprina, la ciclofosfamide o la ciclosporina) e le bollosa autoimmune con caratteristiche cliniche simili al immunoglobuline pemfigo ma istologicamente differente (in particolare per l’infusione di IVIG si è dimostrata utile nei pazienti resistenti l’assenza di acantolisi intraepiteliale). ai corticosteroidi o che manifestano eventi avversi gravi. Il pemphigus vulgaris si manifesta generalmente con la com- Mignogna et al., nel loro studio retrospettivo, dimostrano parsa di erosioni multiple e dolorose o di lesioni bollose a che la terapia con IVIG nei pazienti con pemphigus vulgaris livello cutaneo e delle mucose (in particolare del cavo grave non solo è altamente efficace, ma fattibile anche in orale). Le mucose vengono colpite generalmente prima strutture ospedaliere senza esperienza specifica in questo della cute. Se non trattato, il pemphigus vulgaris può essere campo. Sebbene infatti le caratteristiche proprie di questo frequentemente fatale, con un tasso di mortalità che rag- genere di trattamento (uso di premedicazione, modalità di giunge il 60-90%. Il pemphigus vulgaris è caratterizzato dalla infusione, terapia degli effetti collaterali) possano presenta- presenza di autoanticorpi circolanti del tipo IgG anti- re un’iniziale sfida per la corretta gestione dei pazienti, desmogleine (Dsg) 1 e 3 e, istologicamente, dall’acantolisi un’attenta conformità alle linee guida esistenti e l’utilizzo di intraepiteliale (perdita dell’adesione cellulare) nello strato un approccio multidisciplinare permettono l’ottenimento soprabasilare dell’epidermide. Nelle forme che si associano di risultati terapeutici altamente positivi anche in centri non a malattie neoplastiche (il cosiddetto “pemfigo paraneopla- specialistici. stico”) sembra essere presente una gamma più ampia di I possibili eventi avversi associati al trattamento con IVIG nei autoanticorpi, diretti verso antigeni multipli appartenenti pazienti affetti da pemfigo sono generalmente leggeri e alla famiglia delle plachine (desmoplachina, antigene I del autolimitanti (Gürcan et al.). L’effetto collaterale più comune pemfigoide bolloso, envoplachina, ecc.) (Zhu et al.). Queste è la cefalea, mentre altri eventi avversi minori che possono forme sono particolarmente gravi e possono interessare essere riscontrati includono fatica, nausea, vomito, brividi e l’esofago e i polmoni. Infine, il quadro clinico risulta meno palpitazioni. Complicanze gravi come l’insufficienza renale severo nei casi di pemphigus foliaceus: in questi pazienti sono invece estremamente rare e possono essere ulterior- sono rilevabili anticorpi anti-Dsg 1, presente solo nello stra- mente ridotte con un’attenta selezione dei pazienti e un to esterno della cute, e clinicamente compaiono lesioni monitoraggio stretto dei soggetti ad alto rischio. I possibili crostose limitate a cuoio capelluto, torace e volto. effetti collaterali associati alle terapie attualmente in uso nel Il trattamento standard di queste malattie è rappresentato pemfigo, e in generale nelle malattie a patogenesi autoim- dai corticosteroidi, generalmente in grado di indurre una mune, sono in parte legati alla loro azione aspecifica. rapida remissione. Tuttavia, una guarigione completa è rara L’efficacia terapeutica di corticosteroidi e farmaci immuno- e anche dopo la scomparsa delle manifestazioni cutanee è soppressori è infatti legata alla capacità di ridurre i livelli di necessario somministrare una terapia di mantenimento a autoanticorpi patogeni, ma così facendo questi farmaci fini- dosaggio ridotto. Gli effetti collaterali associati a un tratta- scono per interferire con l’intero patrimonio anticorpale, endovena (IVIG). In particolare, 3 immunologia 4 ponendo le basi per una pericolosa depressione dell’immu- diretti verso altre molecole della cute e delle membrane nità umorale. mucose (Zhu et al.). Due le principali caratteristiche del Le osservazioni riportate da Czernik et al. su 12 pazienti con pemfigo paraneoplastico: la risoluzione della sintomatolo- pemfigo trattati con IVIG rivestono quindi un particolare gia dopo regressione della neoplasia di base e il frequente interesse, in quanto evidenziano un potenziale meccani- interessamento delle vie aeree con quadri di bronchiolite smo d’azione peculiare di questa terapia. Nel gruppo di obliterante anche molto gravi. La prima osservazione è pazienti studiati, infatti, a 2 settimane dall’infusione di IVIG legata alla peculiare patogenesi di questa forma di pemfi- si è osservata una riduzione dei livelli sierici di anticorpi go, in cui gli autoanticorpi patogeni sarebbero prodotti anti-Dsg 1 e anti-Dsg 3 (responsabili delle lesioni muco- direttamente dalle cellule tumorali della neoplasia di base, cutanee), contemporaneamente a un aumento degli anti- come dimostrato dal riscontro di riarrangiamenti simili nella corpi di controllo, normalmente presenti nel siero; l’azione regione variabile delle immunoglobuline sintetizzate dai delle IVIG è perciò risultata selettiva e limitata agli autoanti- linfociti B tumorali. Tuttavia, la rimozione chirurgica della corpi patogeni. Va sottolineato che nel pemfigo i livelli di neoplasia sottostante, seppur risolutiva, non è sempre fatti- anticorpi anti-Dsg 1 e anti-Dsg 3 circolanti sono stati corre- bile, in particolare per quanto riguarda i casi associati a lati con le manifestazioni cliniche della malattia. Poiché la malattie linfoproliferative sistemiche. Inoltre, anche nelle riduzione degli autoanticorpi patogeni è stata osservata forme operabili, è stato riportato un alto rischio di bron- troppo precocemente per poter essere spiegata dalla sop- chiolite obliterante nei giorni successivi alla rimozione del pressione della sintesi anticorpale (l’emivita delle IgG è di tumore. L’infusione di IVIG presenta quindi un’indicazione circa 3 settimane), gli autori ipotizzano che l’infusione di specifica nelle forme di pemfigo paraneoplastico, come IVIG possa invece determinare un aumento del cataboli- terapia adiuvante all’intervento chirurgico (prima, durante e smo delle immunoglobuline, in accordo con quanto osser- dopo, per prevenire le complicanze respiratorie) e come vato in modelli animali, forse tramite la saturazione dei trattamento delle manifestazioni cliniche nei casi associati a recettori FcRn presenti su monociti e cellule dendritiche, neoplasie non aggredibili chirurgicamente. Da sottolineare che normalmente proteggono le immunoglobuline circo- anche che nei casi associati a leucemia linfatica cronica, con lanti dalla degradazione. Contemporaneamente, gli anti- marcata immunosoppressione e alto rischio di infezioni, la corpi normali – il cui catabolismo viene così accelerato – terapia con IVIG non comporta i rischi dell’ulteriore depres- sarebbero rimpiazzati da quelli presenti nella preparazione sione del sistema immunitario osservabile con i corticoste- di IVIG, al contrario degli autoanticorpi patogeni, con un roidi ad alte dosi e i farmaci immunosoppressori. risultato netto di riduzione specifica di questi ultimi. Il pemfigoide delle membrane mucose è una forma parti- Indipendentemente dall’esattezza di questo modello, colare, caratterizzata dall’interessamento prevalente della l’osservazione di un’azione specifica delle IVIG sui soli anti- mucosa orale e congiuntivale e dalla presenza di autoanti- corpi responsabili della malattia pone il razionale per corpi diretti verso un antigene della membrana basale. Ciò un’efficacia selettiva, quindi potenzialmente gravata da determina un distacco della lamina epiteliale dalla sotto- minori effetti collaterali, nei pazienti affetti da pemfigo. stante lamina propria e la formazione di una bolla sottoepi- Il problema terapeutico risulta particolarmente rilevante teliale. Clinicamente, la malattia ha un decorso lento e cro- nelle forme di pemfigo che si associano a neoplasie linfo- nico, ma con esito a volte fatale, e viene trattata con steroi- proliferative (in specie tumore di Castleman, linfomi non- di locali (nelle forme localizzate) o sistemici a lungo termi- Hodgkin, timoma, leucemia linfatica cronica). Questi casi, ne. Nella serie di 6 pazienti riportata da Mignogna et al., tutti infatti, spesso severi e difficili da trattare, sono caratterizzati resistenti al trattamento con steroidi ad alte dosi e con dalla presenza di autoanticorpi anti-desmogleine ma anche agenti immunosoppressori, l’infusione di IVIG ha permesso immunologia Pemfigo e pemfigoide di ottenere una risoluzione completa delle lesioni localizza- miare ai pazienti il 50% della dose di steroidi e immunosop- te al cavo orale e un miglioramento dei sintomi oculari, pressori nei primi 3 mesi e un ulteriore 20% durante i cicli di come bruciore, sensazione di corpo estraneo e lacrimazio- mantenimento. ne. Le lesioni congiuntivali, particolarmente gravi perché In sintesi, è possibile affermare che l’infusione di IVIG rap- possono condurre a gravi retrazioni cicatriziali che impedi- presenta un’alternativa terapeutica efficace in tutto il grup- scono i movimenti del globo oculare, sono state arrestate e po di malattie autoimmuni muco-cutanee che vanno sotto stabilizzate dal trattamento con IVIG. Inoltre, come sottoli- il nome di pemfigo e pemfigoide, con modalità e finalità di neato dagli autori, la terapia con IVIG ha permesso di rispar- trattamento diverse nelle diverse situazioni. Zhu X, Zhang B Pemfigo paraneoplastico Il pemfigo paraneoplastico (PNP) è una patologia bollosa della cute a origine autoimmune potenzialmente fatale. Clinicamente è caratterizzato da erosioni mucose gravi e da lesioni cutanee di vario tipo, associate a neoplasie linfoproliferative. L’acantolisi sovrabasale e le fissurazioni con sparsi cheratinociti necrotici rappresentano i referti istopatologici caratteristici. Il siero di pazienti con PNP riconosce antigeni multipli, che sono stati identi- J Dermatol 2007;34(8):503-511 ficati come appartenenti alla famiglia delle plachine, che include desmoplachina, antigene I del pemfigoide bolloso (BPAG1), envoplachina, periplachina e desmogleine 1 e 3. Fra le neoplasie comunemente associate al PNP vi sono il tumore di Castleman, i linfomi non-Hodgkin, il timoma, il sarcoma follicolare a cellule dendritiche e la leucemia linfatica cronica. Abbiamo anche dimostrato che gli autoanticorpi reagenti con le proteine epidermiche sono prodotti direttamente dalle cellule del tumore associato. La bronchiolite obliterante si osserva frequentemente nei pazienti con PNP e può provocare insufficienza respiratoria e morte. Nella nostra esperienza, l’identificazione precoce e la rimozione del tumore, insieme all’infusione di immunoglobuline endovena, sono punti critici per il trattamento dei pazienti con PNP. • Questo articolo di revisione riassume le attuali conoscenze relative a patogenesi, presentazione clinica e terapia del pemfigo paraneoplastico, insieme alle osservazioni direttamente compiute dagli autori nella loro casistica. • In particolare, vengono sottolineate l’importanza clinica e la pericolosità della bronchiolite obliterante spesso riscontrata in questi pazienti, in grado di provocare insufficienza respiratoria e morte. Il deposito di autoanticorpi nell’epitelio bronchiale e nel lume dei bronchioli affetti sarebbe alla base di questa temibile complicanza. • Gli autori riportano anche le prove a sostegno di una produzione diretta degli autoanticorpi patogeni da parte delle cellule neoplastiche del tumore associato. Da questo punto di vista, la rimozione del tumore, quando possibile, rappresenta il primo e più importante provvedimento terapeutico. • L’infusione di IVIG prima, durante e dopo l’intervento, alla dose totale di 1-2 g/kg, è raccomandata per bloccare gli autoanticorpi circolanti rilasciati dal tumore. Da sottolineare il dato, riportato dagli autori, di una maggiore frequenza di bronchiolite obliterante nei pazienti non trattati con IVIG. 5 immunologia Pemfigo e pemfigoide La terapia adiuvante con immunoglobuline ad alte dosi può essere introdotta facilmente e con sicurezza come trattamento alternativo nei pazienti con pemphigus vulgaris grave: studio retrospettico preliminare Mignogna MD, Leuci S, Fedele S, Ruoppo E, Adamo D, Russo G, Pagliuca R Premessa: La terapia a lungo termine con corticosteroidi, spesso in associazione con altri agenti immunosoppressori, è considerata il fulcro del trattamento del pemphigus vulgaris (PV). Evidenze recenti stanno tuttavia modificando questo paradigma, a seguito dei successi ottenuti con immunoglobuline endovena (IVIG) ad alte dose nei pazienti non rispondenti alle terapie convenzionali o che manifestavano eventi avversi gravi. Tuttavia, il passaggio dai trattamenti convenzionali alle IVIG rappresenta una sfida importante nella pratica clinica di medici non esperti in questo campo, a causa dei potenziali effetti collaterali e di altri fattori specifici della terapia con IVIG, quali zione in 8 pazienti con PV grave trattati con IVIG. Risultati: Tutti i pazienti hanno mostrato una risposta clinica efficace senza reazioni avverse, risultante in un significativo risparmio nel dosaggio di steroidi. Conclusione: I nostri risultati indicano che, quando vengono seguite le attuali linee guida, la terapia con IVIG può essere introdotta facilmente e con sicurezza come trattamento alternativo nei pazienti con PV grave. Un attento monitoraggio dei pazienti, l’utilizzo di un approccio multidisciplinare e la valutazione dei fattori legati all’ospedalizzazione possono aiutare il clinico non esperto a gestire con successo i pazienti con PV grave che necessitano di terapia con IVIG. la necessità di premedicazione, la selezione dei casi, le modalità di infusione, il monitoraggio dei pazienti e il costo e la durata del ricovero ospedaliero. Obiettivo: Lo scopo di questo studio preliminare era di valutare e descrivere gli esiti del trattamento con IVIG in 8 pazienti selezionati con PV, rispondenti a criteri chiaramente definiti per l’inizio di questa terapia. Metodi: Sono state seguite le linee guida disponibili per il trattamento con IVIG nei pazienti con malattia bollosa muco-cutanea autoimmune. Abbiamo valutato retrospettivamente la risposta clinica, l’induzione e la durata della remissione, le strategie per la prevenzione di eventi avversi e il numero totale dei giorni di ospedalizza- Am J Clin Dermatol 2008;9(5):323-331 • Questo studio preliminare ha voluto indagare la fattibilità del trattamento con IVIG nei pazienti con pemphigus vulgaris. • Nonostante gli efficaci risultati terapeutici ottenuti nel pemfigo, uno degli ostacoli all’utilizzo su larga scala delle IVIG è basato sulla percezione di un trattamento difficile da eseguire in centri non specialistici e che necessita di competenza specifica. • I risultati riportati dagli autori di questo articolo sottolineano l’importanza della diffusione di linee guida e di protocolli dettagliati che possano supportare anche il clinico non esperto e permettere ai pazienti con pemphigus vulgaris grave di beneficiare di questa efficace opzione terapeutica. 6 immunologia Pemfigo e pemfigoide Frequenza degli eventi avversi associati al trattamento con immunoglobuline endovena nei pazienti con pemfigo o pemfigoide Gürcan HM, Ahmed AR Premessa: La terapia con immunoglobuline endovena (IVIG) è largamente usata nel trattamento delle patologie immunomediate come agente immunomodulatorio ed è considerata un agente biologico sicuro. Obiettivo: Determinare la frequenza di eventi avversi associati alla terapia con IVIG nei pazienti con pemfigo o pemfigoide. Metodi: Abbiamo rivisto retrospettivamente i dati relativi a pazienti trattati con IVIG per pemfigo o pemfigoide durante un periodo di 10 anni. Le IVIG sono state somministrate seguendo un protocollo pubblicato alla dose di 2 g/kg, su un periodo di 3-5 giorni a intervalli prestabiliti. Le cartelle cliniche dei pazienti sono state riviste per estrarre le informazioni relative a sesso, gonfiore dei linfonodi cervicali non sono stati riportati precedentemente. Un’insufficienza renale acuta si è verificata in un paziente ed è stata il solo evento avverso maggiore osservato. Nessuno dei pazienti ha richiesto l’ospedalizzazione e non ci sono stati decessi. Conclusioni: Gli eventi avversi associati alla terapia con IVIG sono generalmente leggeri e autolimitanti. L’incidenza di eventi avversi gravi è bassa. L’identificazione dei fattori di rischio e il monitoraggio attento dei pazienti ad alto rischio durante il trattamento sono probabilmente in grado di diminuire l’incidenza dei rari eventi avversi gravi e delle meno probabili complicanze fatali. età, durata del trattamento, numero di cicli somministrati, numero di giorni in cui ogni paziente ha ricevuto IVIG, peso di ogni paziente, dose di IVIG infusa in ogni paziente ed eventi avversi precoci o tardivi riportati dai pazienti od osservati dal personale sanitario. Risultati: Abbiamo identificato 9892 infusioni di IVIG in 174 pazienti. La cefalea era l’evento avverso più comune: è stata osservata durante 886 (8,9%) infusioni e ha coinvolto 123 (70,6%) pazienti. L’incidenza di altri eventi avversi minori (inclusi fatica, nausea, vomito, brividi, orticaria, gonfiore dei linfonodi, raucedine, fastidio toracico e palpitazioni) era dello 0,57-3,4% per infusione e dello 0,041,3% per paziente. La raucedine e il Ann Pharmacother 2007;41(10):1604-1610 • In questa analisi retrospettiva di quasi 10.000 infusioni di IVIG effettuate in pazienti con pemfigo o pemfigoide il trattamento si è rivelato associato a una bassa incidenza di effetti collaterali. • L’evento avverso più frequente, la cefalea, è stato osservato in meno del 9% delle infusioni. Altri eventi avversi minori non hanno superato l’incidenza del 3,4% per infusione. Gli eventi avversi maggiori sono risultati molto rari (un caso di insufficienza renale acuta su 174 pazienti). • In considerazione della provata efficacia dell’infusione di IVIG nei pazienti affetti da pemfigo o pemfigoide, questa opzione terapeutica appare dotata di un favorevole rapporto costo/beneficio. 7 immunologia Pemfigo e pemfigoide La terapia con immunoglobuline endovena riduce selettivamente gli autoanticorpi circolanti nel pemfigo Czernik A, Beutner EH, Bystryn JC Premessa: Le malattie mediate da autoanticorpi come il pemfigo sono causate da un singolo o da un numero molto limitato di autoanticorpi patogeni. Il problema maggiore delle attuali terapie per queste patologie è che sono rivolte a tutti gli anticorpi e non, selettivamente, a quelli patogeni. Questo studio è stato condotto per confermare le osservazioni effettuate su un numero limitato di pazienti, le quali suggerivano che le immunoglobuline endovena (IVIG) potevano essere in grado di abbassare selettivamente i livelli sierici solo degli autoanticorpi anomali. Metodi: Lo studio è stato condotto su 12 pazienti sottoposti a trattamento con IVIG per pemfigo resistente. I livelli sierici di anticorpi anti- anticorpi normali sono aumentati in quasi tutti i pazienti, in media del 408% (p < 0,001). Limitazioni: Non abbiamo eseguito una correlazione con la risposta clinica al trattamento con IVIG. La dimensione del campione era troppo limitata. Conclusione: Questi risultati indicano che la terapia con IVIG può ridurre selettivamente e significativamente i livelli sierici degli anticorpi anomali nel pemfigo senza diminuire i livelli di anticorpi normali. Quindi, le IVIG sembrano in grado di raggiungere l’obiettivo del trattamento nelle malattie mediate da autoanticorpi, rimuovendo selettivamente dalla circolazione solo quegli anticorpi che causano la malattia. desmogleina 1 (Dsg 1) e desmogleina 3 (Dsg 3) sono stati misurati attraverso un test ELISA immediatamente prima dell’infusione di IVIG e dopo una mediana di 2 cicli (range: 1-3) di trattamento. Come controllo, sono stati misurati contemporaneamente i livelli sierici di alcuni anticorpi normali (verso i virus herpes simplex tipo 1 e 2, della parotite epidemica e della varicella). Risultati: Entro una mediana di 2 settimane dopo l’ultimo ciclo di IVIG, gli anticorpi anti-Dsg 3 si sono ridotti in tutti i pazienti con test positivo al basale e in 8 pazienti su 10 (80%) con test positivo per anti-Dsg 1. In media, gli anticorpi anti-Dsg 3 sono diminuiti del 45% e gli anticorpi anti-Dsg 1 del 32%. Al contrario, i livelli sierici dei 4 J Am Acad Dermatol 2008;58(5):796-780 • Questo studio, condotto su 12 pazienti affetti da pemphigus vulgaris e pemphigus foliaceus resistenti al trattamento con steroidi o farmaci immunosoppressori, dimostra per la prima volta che l’infusione di IVIG in questi pazienti non solo riduce i livelli sierici degli autoanticorpi patogeni, ma contemporaneamente incrementa quelli degli anticorpi normali circolanti. • La possibilità di intervenire selettivamente sugli anticorpi anti-desmogleina 1 e 3, i cui livelli sierici correlano con l’attività della malattia, riveste un’importanza clinica notevole, in quanto permetterebbe di trattare il pemfigo in maggiore sicurezza e con minori effetti collaterali. Nessuno dei farmaci immunomodulatori attualmente in uso presenta questa caratteristica. • È possibile ipotizzare, per spiegare questa osservazione, che l’azione terapeutica delle IVIG si sviluppi, tra l’altro, attraverso un aumento del catabolismo delle immunoglobuline dell’ospite, aumento che per gli anticorpi normali sarebbe compensato dalle immunoglobuline infuse, mentre i livelli degli anticorpi patogeni, non presenti nelle preparazioni di IVIG, risulterebbero diminuiti. 8 immunologia Pemfigo e pemfigoide Tabella. Modifiche nei livelli di anticorpi patogeni e di controllo prima e dopo l’infusione di IVIG Anticorpi intercellulari ELISA Dsg 3 Dsg 1 Variazione media (%) Controlli HSV-1 HSV-2 Parotite epidemica Varicella Variazione media (%) Pre-IVIG Post-IVIG 133 (neg-210) 134 (neg-318) 83 (neg-136) 104 (neg-196) –45* –32* –39 3,9 (0,8-6,2) 0,24 (0-1,8) 3,4 (1,3-5,9) 305 (8-1024) 5,8 (4,7-7,0) 3,0 (0,8-6,7) 5,8 (3,9-7,1) 640 (256-2024) +49† +1400† +73† +110† +408 IVIG: immunoglobuline endovena. Dsg: desmogleina. HSV: herpes simplex virus. *p <0,05. Variazione (%) † p <0,001. 9 immunologia Pemfigo e pemfigoide Mignogna MD, Leuci S, Piscopo R, Bonovolontà G Immunoglobuline endovena e pemfigoide delle membrane mucose Ophthalmology 2008;115(4):752 Abstract non disponibile. • L’articolo riporta l’esperienza clinica su 6 pazienti con pemfigoide delle membrane mucose resistente alla terapia con corticosteroidi, trattati con l’infusione di IVIG. • Tutti i pazienti non avevano mostrato segni di miglioramento dopo almeno 6 mesi (range: da 8 a 20 mesi) di trattamento steroideo, o presentavano controindicazioni all’uso a lungo termine di steroidi sistemici. Sono stati somministrati da 10 a 20 cicli di IVIG per ciascun paziente. • Una remissione clinica è stata osservata in tutti e 6 i pazienti trattati con IVIG, dopo una media di 9 mesi dall’inizio del trattamento. In particolare, si sono osservati la scomparsa delle lesioni orali, associata a netto incremento della qualità di vita, una riduzione dei sintomi oculari e un miglioramento dell’acuità visiva. • La durata a lungo termine delle remissioni ottenute verrà valutata con un follow-up previsto di almeno 2 anni. Tabella. Segni e sintomi oculari di pemfigoide prima e dopo terapia con IVIG Acuità visiva Fotofobia Pre-IVIG Post-IVIG 1 Destro Sinistro 20/100 20/80 20/50 20/40 3+ 2+ 0 0 3+ 2 Destro Sinistro 20/100 20/200 20/50 20/80 4+ 4+ 0 1+ 4+ 3 Destro Sinistro 20/100 20/200 20/50 20/80 3+ 4+ 1+ 0 4 Destro Sinistro 20/200 20/200 20/100 20/80 3+ 3+ 5 Destro Sinistro 20/100 20/80 20/50 20/40 6 Destro Sinistro 20/200 20/200 20/80 20/100 IVIG: immunoglobuline endovena. 10 Eritema congiuntivale Pazienti Occhio Discomfort Stadio Pre-IVIG Post-IVIG Pre-IVIG Post-IVIG Pre-IVIG Post-IVIG Pre-IVIG Post-IVIG 1+ 3+ 2+ 1+ 0 3e 3a 3a 1+ 4+ 4+ 1+ 1+ 2 2 1 1 4+ 0 4+ 3+ 0 0 2 2 2 1 0 0 3+ 0 3++ 3+ 1+ 0 3d 3a 3d 3a 2+ 4+ 0 1+ 3+ 1+ 3+ 4+ 0 1+ 3a 3a 3a 3a 4+ 4+ 0 1+ 3+ 0 3+ 2+ 1+ 0 3d 3a 3d 3a ematologia Anemia emolitica autoimmune Le anemie emolitiche autoimmuni (AEA) rappresentano pazienti che risponderanno alla splenectomia. Altri approc- un gruppo di condizioni caratterizzate dalla distruzione ci terapeutici che possono essere tentati nei pazienti resi- immunomediata dei globuli rossi da parte di anticorpi stenti sono i farmaci immunosoppressori e, di più recente autologhi. Si tratta di condizioni acquisite, a volte isolate introduzione, il rituximab. (AEA primitive) a volte associate ad altre patologie (AEA Una possibile opzione per i pazienti con AEA resistente o secondarie). per accelerare il recupero dei casi trattati con steroidi è I meccanismi che portano alla genesi degli autoanticorpi l’infusione di immunoglobuline endovena (IVIG). Queste in questi pazienti, come in altre patologie autoimmuni, hanno dimostrato efficacia in alcuni tipi di citopenie immu- non sono ben noti, almeno per quanto riguarda le forme nomediate e potrebbero agire attraverso meccanismi primitive. Ben caratterizzati, invece, e da lungo tempo, diversi. Fra le azioni delle IVIG con una potenziale efficacia sono gli autoanticorpi e i processi che causano la distruzio- terapeutica vi sono la downregulation del recettore Fc, la ne delle emazie. Le AEA vengono infatti classificate proprio deviazione dell’attivatore del complemento verso bersagli in base alla temperatura ottimale di legame dell’autoanti- innocui, l’inibizione dell’attività autoanticorpale attraverso corpo in vivo. Le forme di AEA da anticorpi caldi (che rap- l’interazione idiotipo-dipendente fra le IVIG stesse e le presentano la grande maggioranza dei casi) sono dovute immunoglobuline del ricevente e, infine, la regolazione dei generalmente a IgG che reagiscono in modo ottimale con circuiti di citochine alterate. In generale, la risposta ad alte i globuli rossi a 37°C. Le forme da anticorpi freddi sono dosi di IVIG è più rapida di quella agli steroidi. Per questa associate invece alla presenza di IgM in grado di reagire ragione, le IVIG sono state utilizzate nelle AEA con compli- con l’antigene eritrocitario a 4°C, mentre la lisi avviene a canze cliniche acute in associazione alla terapia con predni- 37°C. Esistono anche forme miste e forme dovute a emoli- sone per accelerare la risposta. In particolare nelle forme sine “bifasiche” (Valent e Lechner). associate a patologie linfoproliferative, in cui la presenza di Sebbene non particolarmente frequenti, le AEA possono immunosoppressione può controindicare dosaggi di ste- rappresentare un problema clinico rilevante. L’anemia, roidi eccessivamente elevati, è stato riportato un più veloce generalmente lieve o moderata e a inizio insidioso, può in e maggiore incremento dell’ematocrito nei pazienti trattati alcuni casi esordire acutamente, con valori di emoglobina con IVIG in associazione con corticosteroidi. In questo stu- molto bassi, necessità di emotrasfusioni e rischio di scom- dio, gli autori concludevano a favore di un ruolo per le IVIG penso cardiaco. La terapia delle AEA è classicamente basa- nel trattamento delle AEA mediate da IgG ma non da IgM. ta sull’uso dei corticosteroidi. Nei pazienti che non rispon- L’infusione di IVIG si è dimostrata efficace anche come tera- dono, come più frequentemente capita nelle forme da anti- pia di prima linea nelle forme di AEA da anticorpi caldi corpi freddi e nelle forme secondarie, può essere tentata la (Packman), in particolare nei pazienti con epatomegalia splenectomia. Tuttavia, sebbene risolutiva in circa due terzi (con o senza splenomegalia) e con bassi livelli di emoglobi- dei casi, la rimozione della milza comporta problemi a na. Tuttavia, la percentuale di pazienti rispondenti è stata lungo termine – in particolare di suscettibilità alle infezioni calcolata pari a circa un terzo del totale, rendendo questo – non indifferenti e, inoltre, non è stato possibile fino ad approccio terapeutico utile piuttosto come trattamento oggi mettere a punto un metodo sicuro per identificare i aggiuntivo o in situazioni cliniche in cui la tossicità di altre 11 ematologia terapie, compresi i corticosteroidi, può rappresentare un un’attraente opzione terapeutica nei soggetti con LLC e punto critico. AEA (D’Arena e Cascavilla). Circa la metà di tutti i casi di AEA da anticorpi caldi e la mag- Sève et al. riportano i dati relativi a 18 pazienti con AEA gioranza di quelli da anticorpi freddi compaiono come associata manifestazioni o complicanze di patologie sottostanti (AEA l’immunodeficienza comune variabile (IDCV). Nella grande secondarie). Nelle forme da anticorpi caldi queste sono più maggioranza dei casi, la comparsa di anemia aveva prece- frequentemente rappresentate da sindromi linfoproliferati- duto la diagnosi di IDCV (sebbene la presenza di infezioni ve (leucemia linfatica cronica, LLC, o linfomi) o da lupus eri- ricorrenti suggerisca una malattia sottostante non diagno- tematoso sistemico. Proliferazioni clonali di linfociti B sono sticata). Anche questi pazienti erano stati trattati con steroi- anche alla base di molti casi da anticorpi freddi, insieme alle di, in alcuni casi contemporaneamente all’infusione di IVIG. infezioni (mononucleosi, infezione da Mycoplasma pneu- In questi soggetti con ipogammaglobulinemia primaria, i moniae). Altre cause riconosciute di AEA secondarie sono i trattamenti alternativi al cortisone presentano gli stessi trapianti di cellule staminali o di organi, i tumori solidi e pericoli già citati a proposito della LLC: infezioni gravi, a alcuni farmaci (in particolare, gli analoghi nucleotidici). Le rischio per la vita, si sono infatti manifestate in più della forme di AEA secondarie sono particolarmente difficili da metà dei soggetti sottoposti a splenectomia o a trattamen- trattare, sebbene possano regredire anche completamente to con farmaci immunosoppressori. Al contrario, la terapia dopo risoluzione della patologia sottostante. con IVIG, oltre che sull’anemia autoimmune, potrebbe esse- Fra le neoplasie che possono essere associate alla compar- re in grado di agire anche sulla ipogammaglobulinemia, sa di AEA, la più frequente è rappresentata dalla LLC: nei presentando così un’indicazione specifica. Tuttavia, solo 2 pazienti con LLC la prevalenza di AEA, in gran parte dovuta pazienti hanno ricevuto un trattamento adiuvante con IVIG ad anticorpi caldi, è compresa fra il 4% e il 9%. Oltre a mec- in questa serie (entrambi con remissione completa dopo canismi patogenetici direttamente legati al tumore, è pos- due infusioni) e i numeri sono troppo limitati per trarre con- sibile che anche il trattamento antineoplastico (in particola- clusioni definitive. re con fludarabina, cladribina e chlorambucil) partecipi alla L’infusione di IVIG può quindi essere considerata un’efficace genesi dell’anemia autoimmune in questi pazienti. opzione terapeutica nelle AEA, in associazione ai corticoste- Sebbene la terapia corticosteroidea rappresenti la prima roidi per accelerare la remissione e ridurre il dosaggio di ste- opzione terapeutica, essa pone particolari problemi nei roidi nelle forme gravi, come trattamento di seconda linea soggetti con LLC, già colpiti da grave immunodepressione nelle forme resistenti e come forma di intervento priva di e suscettibilità alle infezioni, che è la prima causa di morte pericolosi effetti immunosoppressivi nei casi associati a in questa patologia. Insieme alla splenectomia e agli anti- patologie che determinano una compromissione del siste- corpi monoclonali (rituximab, attualmente in fase di speri- ma immunitario. mentazione), l’infusione di IVIG può quindi costituire 12 a un’altra condizione particolare: ematologia Anemia emolitica autoimmune Diagnosi e trattamento delle anemie emolitiche autoimmuni negli adulti: review clinica L’anemia emolitica autoimmune (AEA) è un disordine immunologico causato da anticorpi diretti verso globuli rossi autologhi non modificati. La patologia può essere primitiva (idiopatica) o secondaria. La diagnosi è basata sulla presenza di anemia, segni di emolisi con reticolocitosi, bassa aptoglobina, aumento della lattico deidrogenasi, elevata bilirubina indiretta e un test diretto antiglobulina (test di Coombs) positivo. A volte non tutte queste caratteristiche tipiche sono presenti. La maggior parte delle AEA è causata da anticorpi caldi, mentre anticorpi freddi vengono rilevati meno comunemente. Mentre la metà delle AEA dovute ad anticorpi caldi sono idiopatiche, quasi tutte le forme di AEA da anticorpi freddi sono secondarie. Le malattie sottostanti sono rappresenta- te da linfomi non-Hodgkin e disordini sistemici autoimmuni; meno frequentemente, da trapianti di organi, infezioni o tumori solidi. Inoltre, l’AEA è un’importante complicanza del trattamento con analoghi nucleotidici. La maggior parte dei pazienti con AEA richiede una terapia. Nelle forme da anticorpi caldi, il trattamento di prima linea standard è costituito dai glucocorticosteroidi, con o senza immunoglobuline ad alte dosi, mentre la splenectomia è considerata una terapia di seconda linea. Le percentuali di risposta dell’AEA primitiva al trattamento steroideo sono alte. Dopo un’iniziale remissione, il dosaggio dovrebbe essere lentamente ridotto, con molta cautela, e, in alcuni casi, può essere necessaria una terapia di mantenimento a basse dosi. L’efficacia del trattamento Valent P, Lechner K Wien Klin Wochenschr 2008;120(5-6):136-151 standard, tuttavia, è bassa nelle forme di AEA secondarie che si sviluppano nei pazienti con linfoma, dopo un trapianto o nei portatori di tumori solidi. Nell’ambito degli agenti immunosoppressori, il rituximab (anti-CD20) appare altamente efficace nei pazienti con AEA da anticorpi caldi refrattari alla terapia standard. Il mofetil micofenolato è piuttosto efficace nei pazienti con AEA con una patologia autoimmune o linfoproliferativa sottostante. I pazienti con agglutinine fredde sono refrattari agli steroidi e alla splenectomia. Circa la metà di questi pazienti può rispondere al rituximab, sebbene le risposte siano generalmente di breve durata. A volte, le forme di AEA associate a linfomi maligni o tumori scompaiono dopo il trattamento risolutivo della patologia di base. • In questo articolo di revisione vengono riassunte tutte le attuali conoscenze sulle AEA, con particolare riguardo ai fattori scatenanti, alla patogenesi della malattia, ai sintomi, alle caratteristiche cliniche e infine alle opzioni terapeutiche standard e a quelle emergenti. • In considerazione delle diversità patogenetiche, di presentazione clinica e di risposta al trattamento, gli autori trattano separatamente le forme di AEA da anticorpi caldi e da anticorpi freddi. • Nelle forme da anticorpi caldi il trattamento di prima linea è rappresentato dai corticosteroidi (prednisone 1 mg/kg/die). Alcuni studi riportano buoni risultati con un trattamento iniziale con IVIG, che può essere combinato alla somministrazione di prednisone per accelerare la risoluzione dei sintomi. Vengono anche discusse diverse alternative (splenectomia, immunosoppressori, anticorpi monoclonali) per i pazienti resistenti al trattamento di prima linea. • I pazienti con AEA da anticorpi freddi spesso non richiedono terapia, ma sono frequentemente resistenti al prednisone e alla splenectomia. In questi casi, un farmaco che ha dimostrato una buona efficacia è il rituximab (anti-CD20). 13 ematologia Anemia emolitica autoimmune Tabella. Possibile algoritmo di trattamento per le AEA da anticorpi caldi Tipo di AEA Prima linea Seconda linea Terza linea Idiopatica, soggetto giovane, buone condizioni Steroidi ± IgG alte dosi Splenectomia Idiopatica, soggetto anziano, cattive condizioni Steroidi ± IgG alte dosi Rituximab Ciclofosfamide, azatioprina, mofetil micofenolato, ciclofosforina A, rituximab Ciclofosfamide, azatioprina, mofetil micofenolato, ciclofosforina A, rituximab alemtuzumab Associata a LLC Indotta da fludarabina/cladribina Non-Hodgkin molto grave (a cellule B e T) Patologia linfoproliferativa autoimmune Cisti ovariche, tumori renali Malattie autoimmuni Steroidi ± IgG alte dosi Steroidi ± IgG alte dosi Chemioterapia (e steroidi) Mofetil micofenolato Splenectomia Rituximab Post-trapianto Infezioni virali Rituzimab Nessuna (trasfusione) Chirurgia Steroidi/IgG alte dosi AEA: anemia emolitica autoimmune. LLC: leucemia linfatica cronica. 14 Ciclofosfamide, azatioprina, ciclofosforina A ematologia Anemia emolitica autoimmune Anemia emolitica dovuta ad anticorpi caldi Packman CH La diagnosi di anemia emolitica autoimmune (AEA) richiede l’evidenza di una ridotta sopravvivenza dei globuli rossi (GR) dovuta ad autoanticorpi diretti verso GR autologhi. Circa l’80% dei pazienti con AEA presenta anticorpi caldi del tipo IgG; i rimanenti hanno autoanticorpi freddi. I pazienti con AEA tipicamente esibiscono anemia, reticolocitosi, presenza di sferociti e policromasia allo striscio di sangue periferico e un test diretto antiglobulina (DAT) daria. L’eziologia della AEA è sconosciuta. I pazienti con anemia sintomatica richiedono trasfusioni di GR. Il trattamento con prednisone e la splenectomia possono indurre remissioni a lungo termine. Il rituximab, le IVIG, i farmaci immunosoppressori e il danazolo sono risultati efficaci nei casi refrattari e nei pazienti non eleggibili per il trattamento chirurgico. positivo. Un aumento della bilirubina indiretta sierica, dell’urobilinogeno urinario e della lattico deidrogenasi (LDH) sierica e una riduzione dell’aptoglobina plasmatica, pur non essendo richiesti per la diagnosi, sono frequentemente presenti. Ai pazienti con AEA e nessuna malattia sottostante viene diagnosticata una AEA primitiva o idiopatica. L’AEA associata a malattie autoimmuni e ad alcune patologie maligne o infettive viene classificata come secon- Blood Rev 2008;22(1):17-31 • L’articolo di revisione è dedicato in particolare alle forme di AEA dovute ad anticorpi caldi, di cui vengono estensivamente riassunte patogenesi, caratteristiche di laboratorio e storia clinica. • Fra i possibili trattamenti, i corticosteroidi vengono indicati come terapia di prima linea, in associazione con trasfusioni di GR se necessario. La splenectomia, pure risolutiva in alcuni casi, comporta un elevato rischio di infezioni a lungo termine, inoltre non esistono al momento metodi sicuri per predire se un paziente risponderà o no alla rimozione della milza. • Per i casi resistenti agli steroidi vengono riportate le risposte ottenute con l’infusione di immunoglobuline ad alte dosi in 29 pazienti su 73 con AEA da anticorpi caldi refrattaria. Altre opzioni terapeutiche in questi pazienti possono essere il rituximab e i farmaci immunosoppressori. Figura. Striscio di sangue periferico di un paziente con AEA (sferociti indicati dalle frecce). 15 ematologia Anemia emolitica autoimmune Anemia emolitica autoimmune associata a leucemia linfatica cronica D’Arena G, Cascavilla N L’andamento clinico dei pazienti con leucemia linfatica cronica (LLC) a cellule B viene spesso complicato da fenomeni autoimmuni, i quali prendono a bersaglio prevalentemente le cellule del sangue. Fra questi, l’anemia emolitica autoimmune (AEA) rappresenta la forma più comune. D’altra parte, si ritiene che la LLC sia la più frequente fra le cause conosciute di AEA. La fonte dei putativi autoanticorpi (se cellule sono approcci frequentemente usati per le forme resistenti agli steroidi. Inoltre, sebbene i casi trattati siano ancora troppo pochi, dati incoraggianti supportano l’uso di anticorpi monoclonali, in particolare l’anti-CD20 rituximab, per il trattamento di questa complicanza autoimmune della LLC, spesso pericolosa per la vita. normali bystander o cellule tumorali) non è ancora chiara. Recentemente, è stato ipotizzato che i linfociti B leucemici potrebbero agire anche come cellule presentanti l’antigene (APC) professionali. Per quanto riguarda il trattamento dell’AEA associata alla LLC, gli steroidi rappresentano ancora la prima opzione terapeutica. Le immunoglobuline endovena (IVIG), i farmaci immunosoppressori e la splenectomia Leuk Lymphoma 2007;48(6):1072-1080 • Questo articolo di revisione riassume le caratteristiche cliniche e le opzioni di trattamento delle forme di AEA associate a LLC, la più frequente tra le cause conosciute di AEA. • I pazienti con LLC presentano una morbilità e una mortalità spesso secondarie, dovute più alle complicanze infettive e di altro genere che alla progressione diretta della malattia. In quest’ambito, la comparsa di fenomeni autoimmuni si aggiunge al numero di fattori in grado di complicare anche seriamente il decorso della malattia. • D’altro canto, i deficit della risposta immunitaria presenti nei pazienti con LLC possono rendere difficile il trattamento dell’AEA, in particolare per quanto riguarda i farmaci immunosoppressori e, in parte, anche gli steroidi ad alte dosi e il rituximab. L’infusione di IVIG rientra inoltre tra le terapie possibili per le AEA secondarie a LLC. 16 ematologia Anemia emolitica autoimmune Anemia emolitica autoimmune e immunodeficienza comune variabile: studio caso-controllo su 18 pazienti Sève P, Bourdillon L, Sarrot-Reynauld F, Ruivard M, Jaussaud R, Bouhour D, Bonotte B, Gardembas M, Poindron V, Thiercelin MF, Broussolle C, Oksenhendler E; DEF-I Study Group Medicine (Baltimore) 2008;87(3):177-184 La trasfusione di sangue intrauterina rappresenta il cardine del trattamento dell’anemia emolitica Rh del feto e consente un ottimo esito perinatale. La terapia post-natale con immunoglobuline è stata usata con successo nel trattamento dei neonati alloimmunizzati e ha dimostrato di diminuire la necessità di exanguino-trasfusione. Riportiamo qui la prima serie di casi di terapia fetale con immunoglobuline nel trattamento prenatale dell’incompatibilità Rh severa. • In questo studio sono state valutate le caratteristiche cliniche e, specialmente, le opzioni terapeutiche nei pazienti con IDCV e AEA concomitante. Sebbene l’associazione fra immunodeficienza e autoimmunità non sia ancora stata completamente chiarita, nei soggetti con IDCV la comparsa di manifestazioni autoimmuni è particolarmente frequente. Nella serie di pazienti analizzati, il 67% dei casi presentava altre patologie a origine autoimmune oltre all’AEA (porpora, neutropenia e tiroidite). • La terapia steroidea si è dimostrata efficace nell’indurre la remissione dell’anemia, più di quanto comunemente osservato nelle forme di AEA idiopatica. I 2 pazienti sottoposti a terapia adiuvante con IVIG (1-2 g/kg) hanno mostrato una risposta completa dopo due infusioni. • Un’alta incidenza di infezioni gravi è stata osservata nei casi trattati con splenectomia o farmaci immunosoppressori, suggerendo che l’immunodeficienza sottostante non dovrebbe essere sottovalutata in questi pazienti. Splenectomia e immunosoppressori dovrebbero essere considerati solo nei pazienti refrattari a ogni altra forma di trattamento. • Poiché la diagnosi di AEA spesso precede quella di IDCV, nei pazienti in cui viene riscontrata un’anemia emolitica autoimmune andrebbero studiati i livelli sierici di immunoglobuline, indipendentemente dalla loro età. Tabella. Caratteristiche dei pazienti con IDCV e AEA in rapporto a quelli con sola IDCV Pazienti con AEA (n = 14) N.(%) Età alla diagnosi di IDCV, anni (media) Razza bianca/altra Uomini/donne Infezioni delle vie aeree ricorrenti Malattia polmonare cronica con bronchiectasie Splenomegalia Linfoma Malattia autoimmune (diversa da AEA) Manifestazioni intestinali† Malattia granulomatosa “simil-sarcoide”‡ 27,5 14/0 7(50)/7(50) 8(57) 4(29) 10(71) 4(29) 11(79) 4(29) 2(14) Pazienti senza AEA (n = 238) N.(%) 35,3 233/5 104(44)/134(56) 202(85)* 87(37) 84(35)* 14(6)* 63(26)* 110(46) 35(15) AEA: anemia emolitica autoimmune. IDCV: immunodeficienza comune variabile. *p <0,05 nel confronto tra i gruppi. †Compresi diarrea cronica, diarrea infettiva da Giardia lamblia, malassorbimento, enteropatia da carenza proteica. ‡Malattia granulomatosa “simil-sarcoide” confermata all’esame istologico con evidenza di infezione micobatterica. 17 neurologia Encefalomielite acuta disseminata 18 Enrico Marchioni Clinica Neurologica IRCCS, C. Mondino, Pavia L’encefalomielite acuta disseminata (ADEM) è classificata come dosi è stato indagato su una casistica di 19 pazienti con ADEM una malattia demielinizzante del sistema nervoso centrale. resistente da Ravaglia et al. Gli autori riportano un’efficacia cli- Essa presenta generalmente un andamento “monofasico”, con nica delle IVIG in circa la metà dei pazienti trattati (10/19), rapido deterioramento neurologico nel giro di alcuni giorni, insieme ad alcune interessanti osservazioni. In particolare, l’in- accompagnato spesso da modifiche dello stato di coscienza. fusione di IVIG ha mostrato un’efficacia specifica sulla disfun- Tuttavia, alcuni casi (dal 5% al 25% del totale) possono avere un zione motoria e sull’atassia sensoriale, oltre che sulla disfun- andamento recidivante, descritto come “ricorrente” se gli stati zione urinaria. Va sottolineato come i più comuni deficit resi- interessati sono sempre gli stessi o “multifasico” se invece vi è dui dopo la terapia steroidea fossero rappresentati proprio da una disseminazione nello spazio delle lesioni. disturbi motori e sensoriali, mentre gli steroidi stessi risultava- Inoltre, è anche possibile identificare forme “classiche”, caratte- no generalmente in grado di abolire i sintomi da coinvolgi- rizzate dall’interessamento di cervello e midollo spinale, e mento cerebrale, incluse le alterazioni dello stato di coscienza forme “sight-restricted”. e i disturbi cognitivi. Al contrario, nei soli due pazienti con alte- Entrambe le forme possono essere accompagnate dal coin- razioni cognitive residuali dopo steroidi, l’infusione di IVIG ha volgimento del sistema nervoso periferico. migliorato la disfunzione motoria associata ma è stata ineffi- Clinicamente, la ADEM è caratterizzata da encefalopatia o cace sui disturbi cognitivi. Il meccanismo d’azione delle IVIG in segni neurologici focali/multifocali. L’esame RMN del cervello questa sindrome, come in altre patologie, non è del tutto presenta una demielinizzazione diffusa multifocale o a mac- noto e diverse ipotesi sono state proposte. Per quanto riguar- chie. La ADEM viene considerata un ponte fra la neurologia e da la maggiore efficacia rispetto ai corticosteroidi sulle disfun- l’infettivologia, dal momento che il suo esordio segue spesso zioni motorie, sensoriali e urinarie, queste possono essere un episodio infettivo o, più raramente, una vaccinazione. La legate a danno sia periferico sia centrale, per cui è difficile sta- sindrome si ritiene quindi dovuta a un processo infiammato- bilire quale di questi due livelli rappresenti il bersaglio prima- rio a patogenesi autoimmune, dovuto a un verosimile mec- rio delle IVIG. D’altra parte, lo studio stesso non permette di canismo di mimesi molecolare caratterizzato da un’omologia stabilire l’efficacia della terapia con IVIG sull’encefalopatia, effi- fra gli epitopi aminoacidici dell’agente patogeno e le protei- cacia ampiamente dimostrata nella metà dei casi resistenti ne mieliniche. alla terapia steroidea. Tuttavia, il riscontro di un mancato effet- L’origine autoimmune della malattia fa si che la ADEM venga to sulle alterazioni cognitive di due pazienti già trattati con trattata in prima linea con la somministrazione di corticosteroi- steroidi pone dubbi a questo proposito. Infine, un dato emer- di, generalmente metilprednisolone ev alla dose totale di 6-8 ge invece con chiarezza dallo studio di Ravaglia et al.: l’infusio- g per una settimana, seguita da prednisone a scalare per os. ne di IVIG mantiene la sua efficacia anche quando effettuata a Sebbene la patologia possa essere gravata da una considere- distanza di tempo dall’insorgenza dei sintomi, fino a 2 mesi vole morbilità e mortalità, molti pazienti, specialmente pedia- dopo. I pazienti in cui per qualunque ragione la terapia con trici, mostrano un andamento clinico favorevole. Tuttavia, una IVIG non può essere istituita precocemente non vanno quin- percentuale di pazienti stimata intorno al 30% presenta una di automaticamente esclusi da questa opzione terapeutica. resistenza alla terapia steroidea: in questi pazienti può risultare Un caso particolare di terapia con IVIG in un paziente con utile l’infusione di immunoglobuline endovena (IVIG). ADEM resistente agli steroidi è quello riportato da Bahadori et L’uso di IVIG nelle forme di ADEM refrattarie agli steroidi ad alte al. In questo caso, una ragazza di 17 anni con ADEM conse- neurologia Encefalomielite acuta disseminata guente a infezione da EBV, dopo un’iniziale parziale risposta al La PPS coinvolge una percentuale variabile fra il 20% e l’80% trattamento con metilprednisolone ev al terzo giorno di tera- dei pazienti che hanno presentato un episodio di poliomieli- pia ha manifestato allucinazioni visive. La diagnosi presuntiva te acuta e, sebbene la sua patogenesi non sia del tutto nota, è stata quella di psicosi da corticosteroidi, tuttavia dopo l’in- può essere considerata una forma particolare di mielite post- terruzione di questi ultimi lo stato mentale della paziente e le infettiva, seppure forse di tipo non autoimmune. È possibile crisi motorie parziali sono nuovamente peggiorati. Anche in infatti che la PPS sia dovuta a una degenerazione delle unità questo caso è stato ottenuto un netto miglioramento clinico motorie, primo bersaglio del virus durante la fase acuta della dopo infusione di IVIG. È noto che l’infezione da EBV può malattia, forse per eccessivo utilizzo o per il loro prematuro indurre complicanze neurologiche gravi in una minoranza di invecchiamento. Tuttavia, è stata riportata un’infiammazione casi (intorno al 5%), sotto forma di meningiti, encefalomieliti attiva nel midollo spinale di questi pazienti, associata all’au- acute o polinevriti. La patogenesi di questi disturbi non è mentata espressione liquorale di alcune citochine proinfiam- chiara, e potrebbe essere legata direttamente all’infezione, a matorie, osservazioni che hanno fatto pensare alla possibilità meccanismi immunitari o a entrambi. Tuttavia, le manifesta- di testare la terapia con IVIG in questa patologia. La modula- zioni neurologiche dell’infezione da EBV sono caratteristiche e zione dei livelli di espressione delle citochine rappresenta spesso associate alla presenza del virus nel liquor. Il caso ripor- infatti uno dei numerosi meccanismi d’azione della immuno- tato da Bahadori et al. presenta invece tutti i requisiti di una globuline. Inoltre, al momento non esistono terapie, se non vera ADEM post-infettiva (inclusa l’assenza del genoma virale sintomatiche, per il trattamento della PPS e l’individuazione di nel liquor) e, in associazione con osservazioni sporadiche pre- possibili opzioni terapeutiche riveste una particolare utilità. cedentemente pubblicate, suggerisce la possibilità che l’infe- Nel gruppo di 10 pazienti trattati con IVIG nello studio di Farbu zione da EBV sia anche in grado di provocare l’insorgenza di et al. è stata osservata una significativa riduzione della sinto- encefalopatie post-infettive a patogenesi autoimmune. Il trat- matologia dolorosa rispetto al gruppo trattato con placebo, tamento con IVIG dimostra la sua efficacia e trova indicazione ma nessun effetto sulla fatica e la forza muscolare. Tuttavia, gli anche in questa particolare eziologia. autori segnalano come lo studio potrebbe non aver avuto la In una percentuale minore di pazienti, una ADEM può seguire potenza statistica necessaria per identificare modifiche parzia- non un episodio infettivo ma una vaccinazione (antivaiolosa, li (visto l’andamento progressivo della malattia, anche una sta- antirabbica, antitetanica). Nel caso riportato da Fu et al. una bilizzazione del processo potrebbe rappresentare un utile tra- grave forma di ADEM con insufficienza respiratoria e quadri- guardo terapeutico). Queste considerazioni, insieme alla già plegia si è sviluppata in un giovane 2 settimane dopo una vac- citata mancanza di alternative, suggeriscono l’utilità di ulterio- cinazione antivaiolosa. Poiché il paziente è risultato resistente ri studi con un maggior numero di pazienti. alla terapia con steroidi ev è stato iniziato un trattamento con A conclusione di questa carrellata di evidenze, si può afferma- IVIG, con una pressoché completa risoluzione dei sintomi. re che la terapia con IVIG gioca un ruolo ben preciso nel tratta- Degno di nota risulta il protocollo usato: 2 g/kg con un’infusio- mento delle encefalomieliti acute disseminate, sia post-infetti- ne di 8 ore. Due ulteriori boli di 150 g sono stati aggiunti dopo ve sia post-vaccinazione, con particolare riferimento alle 3 e 4 settimane, rispettivamente. Data la drammaticità del qua- varianti associate a danno misto del sistema nervoso centrale dro clinico riportato, con l’aggravante della resistenza agli ste- e periferico. La sua efficacia è stata ampiamente dimostrata, in roidi, l’efficacia delle IVIG somministrate ad alte dosi e in infu- particolare nelle forme resistenti alla terapia steroidea, mentre sione rapida rappresenta un’interessante riscontro. ulteriori studi tesi a identificare con precisione il meccanismo In un quadro leggermente diverso, Farbu et al. riportano i risul- d’azione potranno servire per l’identificazione delle tipologie tati di uno studio randomizzato disegnato per indagare l’effica- di pazienti e di presentazione clinica maggiormente suscetti- cia del trattamento con IVIG nella sindrome post-polio (PPS). bili di un buon successo terapeutico. 19 neurologia Encefalomielite acuta disseminata Encefalomielite post-infettiva grave resistente agli steroidi: caratteristiche generali ed effetti delle IVIG Sulla base della loro eziologia, che si presume immunomediata, i disordini post-infettivi dell’SNC vengono comunemente trattati con alte dosi di steroidi. Rimangono però poco chiari i fattori in grado di influenzare l’efficacia del trattamento, le possibili opzioni alternative per i casi resistenti agli steroidi e il profilo dei risultati ottenuti. Descriviamo qui le caratteristiche cliniche, la prognosi e l’efficacia della terapia con immunoglobuline endovena (IVIG) in una serie di pazienti con encefalomielite acuta disseminata (ADEM) refrattaria agli steroidi. Abbiamo condotto uno studio di coorte iniziale nei pazienti ricoverati presso le Neurologic and Infectious Disease Clinics, ammessi consecutivamente per un periodo di 8 anni, con un follow-up minimo di 2 anni. Diciannove pazienti affetti da ADEM classica e localizzata sono stati trattati con IVIG dopo falli- mento della terapia steroidea. Cinque ulteriori pazienti hanno ricevuto le IVIG come trattamento di prima linea a causa di controindicazioni agli steroidi: sebbene non inclusi nell’analisi, questi pazienti sono stati seguiti per effettuare un confronto aneddotico. Gli steroidi erano somministrati sotto forma di 6-metilprednisolone (6-MP) ev, alla dose di 500-1000 mg/die fino al dosaggio massimo di 6-8 g; le IVIG erano somministrate alla dose di 0,4 g/kg/die per 5 giorni. L’esito è stato valutato sulla base della Scripps Neurological Rating Scale (SNRS), a intervalli stabiliti. Abbiamo osservato che i pazienti resistenti agli steroidi mostravano un’alta prevalenza di danno del sistema nervoso periferico (89%) e di mielite (95%). Ulteriori caratteristiche erano età avanzata, disabilità severa all’esordio e danno da moderato a grave della barriera emato-ence- Ravaglia S, Piccolo G, Ceroni M, Franciotta D, Pichiecchio A, Bastianello S, Tavazzi E, Minoli L, Marchioni E J Neurol 2007;254(11):1518-1523 falica nel SNC. In 10 pazienti (53%) su 19 la terapia con IVIG è stata efficace, con un miglioramento clinico che iniziava a essere evidente entro la fine del ciclo di 5 giorni e senza recidive. Effetti evidenti del trattamento con IVIG erano evidenziabili sulla disfunzione motoria. Una disabilità più lieve all’esordio (p = 0,013) e una minore albuminorrachia (p = 0,006) erano fattori predittivi di risposta alle IVIG. Fra i pazienti mai trattati con steroidi, 3 su 5 erano rispondenti alla terapia con IVIG. Concludiamo che le IVIG possono essere utili in una proporzione di pazienti con grave ADEM resistente agli steroidi ed elevata disfunzione motoria. Rimangono punti ancora da risolvere l’utilità delle IVIG in gruppi di pazienti meno selezionati e lo spettro dei loro effetti clinici. • L’articolo riporta i risultati ottenuti con l’infusione di IVIG in una casistica di 24 pazienti con ADEM, di cui 19 refrattari alla terapia steroidea. Fra questi ultimi, in particolare, il trattamento con IVIG è risultato efficace in 10 casi (53%), con un significativo miglioramento funzionale, iniziato durante il primo ciclo di 5 giorni e che ha raggiunto un massimo nelle 3 settimane seguenti. • L’effetto terapeutico delle IVIG non è risultato influenzato né da una parziale risposta agli steroidi né dalla tempistica della somministrazione: anche i pazienti che hanno ricevuto le IVIG relativamente tardi nel corso della malattia hanno mostrato una buona risposta terapeutica, suggerendo che il processo infiammatorio alla base della malattia rimane attivo anche molto dopo l’esordio della sintomatologia. • Gli autori notano giustamente un’alta percentuale di casi con interessamento del sistema nervoso periferico o di coinvolgimento misto centrale e periferico nella casistica di pazienti resistenti agli steroidi. Questo sottogruppo potrebbe rappresentare una categoria particolarmente difficile da trattare, nella quale l’infusione di IVIG risulta specialmente efficace. 20 neurologia Encefalomielite acuta disseminata Andamento della disabilità neurologica in un paziente con ADEM resistente al trattamento steroideo (freccia a sinistra) che ha risposto all’infusione di IVIG (freccia a destra). 100 80 SNRS Figura. 60 40 20 0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 Tempo (giorni) Encefalomielite acuta disseminata dopo mononucleosi infettiva Bahadori HR, Williams VC, Turner RP, Rumboldt Z, Reigart JR, Fowler SL, Chavis PS, Maria BL A due mesi di distanza da un’infezione da EBV una ragazza di 17 anni si è presentata all’osservazione con crisi epilettiche, alterazioni intermittenti della vista e stato mentale alterato. La risonanza magnetica mostrava modifiche della sostanza bianca caratteristiche gnosi di ADEM post-infettiva. I segni e i sintomi sono migliorati dopo trattamento con corticosteroidi ad alte dosi e IVIG. Sebbene l’EBV possa causare encefalomielite virale acuta, gli autori riportano qui un caso di ADEM insorta mesi dopo l’infezione acuta da EBV. dell’encefalomielite acuta disseminata (ADEM), con una predilezione per i territori di distribuzione dell’arteria cerebrale posteriore ma senza evidenza radiologica di arterite. La titolazione dell’EBV e i risultati dell’analisi PCR per il virus erano compatibili con la dia- J Child Neurol 2007;22(3):324-328 • Il caso riportato in questo articolo riguarda una giovane ragazza in cui una ADEM si è verificata a distanza di circa 2 mesi da un’infezione acuta da EBV. • Sebbene l’EBV possa causare direttamente encefalomielite virale, in questo caso l’assenza del genoma virale nei campioni di liquor suggerisce fortemente una patogenesi autoimmune dei segni neurologici. • La paziente è stata inizialmente trattata con steroidi ad alte dosi (metilprednisolone), ma il peggioramento dello stato mentale e la comparsa di allucinazioni visive hanno indotto l’interruzione della terapia steroidea e l’inizio del trattamento con IVIG, 2 g/kg per 4 giorni, con miglioramento significativo dei segni e sintomi. • Il quadro RMN nelle settimane seguenti all’esordio dei sintomi viene descritto dagli autori come composto da aree multiple di aumentata intensità del segnale, in particolare nelle regioni posteriori della corteccia cerebrale. Questa distribuzione non è tipica delle ADEM e potrebbe rappresentare una caratteristica peculiare del caso descritto o delle forme post-EBV. Figura. Immagini RMN della paziente 2 settimane dopo l’esordio dei sintomi. 21 neurologia Encefalomielite acuta disseminata Terapia con IVIG ad alte dosi e infusione rapida nell’encefalomielite acuta disseminata postvaccinazione Fu DC, Montgomery JR Neurology 2008;71(4):294-295 Abstract non disponibile. • In questo articolo viene riportato un caso di encefalomielite acuta disseminata (ADEM) insorta in un giovane membro del contingente americano in Iraq 12 giorni dopo una vaccinazione anti-vaiolosa. • Il paziente ha presentato un quadro rapidamente ingravescente, evoluto in insufficienza respiratoria con necessità di intubazione e quadriplegia nel giro di poche ore. Il trattamento con steroidi ev (metilprednisolone) per 5 giorni non ha sortito nessun beneficio. • In questo caso clinico di ADEM resistente agli steroidi un decisivo recupero del quadro clinico si è osservato già 12 ore dopo l’infusione di IVIG (2 g/kg), con interruzione della respirazione artificiale dopo 48 ore e ripresa motoria pressoché completa nel corso delle settimane successive. • L’insorgenza di ADEM dopo una vaccinazione è un evento raro, la cui patogenesi non è ben compresa. Nelle forme resistenti alla terapia steroidea di prima linea, l’infusione di alte dosi di IVIG si è dimostrata in grado – come nel caso riportato – di migliorare la sintomatologia e accelerare la ripresa 22 neurologia Encefalomielite acuta disseminata Pazienti con sindrome post-polio trattati con immunoglobuline endovena: studio pilota randomizzato controllato in doppio cieco Farbu E, Rekand T, Vik-Mo E, Lygren H, Gilhus NE, Aarli JA La sindrome post-polio (PPS) è caratterizzata da nuova debolezza muscolare, atrofia, fatica e dolore, che si sviluppano diversi anni dopo una poliomielite acuta. Alcuni studi suggeriscono un’infiammazione attiva nel midollo spinale di questi pazienti. Da questo punto di vista, le immunoglobuline endovena (IVIG) potrebbero rappresentare un’opzione terapeutica. Abbiamo condotto uno studio pilota randomizzato controllato in doppio cieco su 20 pazienti, per indagare i possibili effetti clinici delle IVIG nella PPS. Venti pazienti sono stati randomizzati a tumor necrosis factor-α (TNF-α) erano aumentati in confronto a pazienti con disordini neurologici non infiammatori. In conclusione, in questo piccolo studio pilota nessun effetto della terapia con IVIG è stato osservato sulla forza muscolare e sulla fatica, sebbene i pazienti con PPS trattati con IVIG riportassero un dolore significativamente diminuito 3 mesi dopo il trattamento. Il TNF-α era aumentato nel liquor dei pazienti con PPS. I risultati sono promettenti, ma non conclusivi a causa del basso numero di pazienti studiati. ricevere IVIG alla dose di 2 g/kg di peso corporeo o placebo. Gli endopoint primari erano i cambiamenti nel dolore, nella fatica e nella forza muscolare 3 mesi dopo il trattamento. Gli endpoint surrogati erano le modifiche nei livelli di citochine del liquor. Gli endpoint secondari erano dolore, fatica e forza dei muscoli isometrici dopo 6 mesi. I pazienti trattati con IVIG hanno riportato un miglioramento significativo del dolore durante i primi 3 mesi, ma nessun cambiamento è stato notato per quanto riguarda la fatica soggettiva e la forza muscolare. I livelli nel liquor di Eur J Neurol 2007;14(1):60-65 • Alcune osservazioni, fra cui il riscontro di alti livelli di citochine proinfiammatorie come il TNF-α nel liquor, hanno suggerito una patogenesi immunologica per spiegare l’insorgenza della PPS anche anni dopo l’episodio di poliomielite acuta. • In questo studio randomizzato è stata indagata l’efficacia della terapia con IVIG rispetto a placebo in 20 pazienti con PPS. Nel gruppo di pazienti trattati con IVIG si è osservato un significativo miglioramento della sintomatologia dolorosa, che ha richiesto circa 3 mesi per manifestarsi. Questa osservazione suggerisce che le IVIG, piuttosto che avere un effetto immunomodulatorio diretto, possono agire iniziando un processo progressivo risultante in una ridotta percezione del dolore. • Rispetto al gruppo placebo, nel gruppo trattato con IVIG si è osservata anche una significativa diminuzione dei livelli di TNF-α nel liquor, abnormemente alti all’esordio. Sebbene questa differenza sia risultata in parte dovuta a valori basali diversi nei due gruppi, il riscontro è interessante, sulla base del riportato coinvolgimento del TNF-α nelle sindromi dolorose neurologiche. 23 neurologia Encefalomielite acuta disseminata Tabella. TNF-α e IL-6 prima e dopo trattamento nei pazienti con PPS TNF-α, CSF (pg/ml) Basale Mese 1 TNF-α, siero (pg/ml) Basale Mese 1 IVIG (media) Placebo (media) IC 95% per la differenza p 1,37 1,10 1,97 2,13 –0,41-1,62 0,13-1,92 >0,05 0,028 1,82 1,93 2,24 2,11 –1,11-1,95 –1,36-1,71 >0,05 >0,05 IVIG: immunoglobuline endovena. IC: intervallo di confidenza. TNF-alfa: tumor necrosis factor-alfa. CSF: liquor. IL-6: interleuchina 6. 24 Aggiornamenti aggiornamenti CIDP (polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica) Il trattamento con immunoglobuline endovena è efficace nei pazienti diabetici con polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica: follow-up a lungo termine Jann S, Bramerio MA, Facchetti D, Sterzi R J Neurol Neurosurg Psychiatry 2008 Sep 3 [Epub ahead of print] Questo interessante studio ha inteso valutare l’efficacia del trattamento con IVIG nei pazienti diabetici con CIDP. La CIDP sembra essere più frequente nei soggetti con diabete che nella popolazione generale e la sua sintomatologia corre il rischio di essere confusa con una neuropatia diabetica, nonostante l’importanza diagnostica e terapeutica di una diagnosi differenziale. I 16 pazienti diabetici trattati con IVIG hanno mostrato una buona risposta alla terapia e un’alta percentuale di remissioni stabili e prolungate, in molti casi con un singolo ciclo di trattamento. PTI (porpora trombocitopenica idiopatica) Trattamento della porpora trombocitopenica idiopatica nei bambini secondo le linee guida di consenso AIEOP: valutazione dell’esperienza italiana Del Vecchio GC, De Santis A, Giordano P, Amendola G, Baronci C, Del Principe D, Nobili B, Jankovic M, Ramenghi U, Russo G, Zecca M, De Mattia D; AIEOP ITP Study Group Acta Haematol 2008;119(1):1-7 L’articolo riporta i dati relativi a una vasta indagine effettuata nei centri italiani per valutare la conformità dei trattamenti effettuati secondo le linee guida AIEOP per il trattamento della PTI nei bambini, pubblicate nel 2000. Gli autori hanno rivisto 609 nuovi casi pediatrici di PTI, di cui la maggioranza (38,6%) è stata trattata con IVIG o con steroidi (23,9%), con una percentuale complessiva di successo pari a oltre il 72%. Durante il periodo in studio è stato osservato un alto tasso complessivo di adempimento delle linee guida, pari all’84,1%. Polimiosite e dermatomiosite Efficacia del trattamento con immunoglobuline endovena ad alte dosi nei pazienti giapponesi con polimiosite e dermatomiosite resistenti agli steroidi Saito E, Koike T, Hashimoto H, Miyasaka N, Ikeda Y, Hara M, Yamada H, Yoshida T, Harigai M, Ichikawa Y Mod Rheumatol 2008;18(1):34-44 In questo articolo viene riportata l’efficacia della terapia con IVIG ad alte dosi nei pazienti con polimiosite e dermatomiosite resistenti agli steroidi, una popolazione che comprende circa il 20% del totale e che è stata finora poco studiata prospetticamente. Nei 15 pazienti trattati, l’efficacia della terapia è risultata molto alta, fino al 93,3% usando lo score MMT e all’80% con lo score ADL. Inoltre, in tutti i pazienti si è osservata una normalizzazione dei livelli sierici di CK. Vanno sottolineati la lunga durata dei risultati clinici ottenuti, forse anche grazie all’uso di steroidi nel periodo di follow-up, e gli alti dosaggi di steroidi somministrati senza successo prima dell’infusione di IVIG (almeno 40 mg di prednisolone). Sindrome di GuillainBarrè Immunoterapia per il trattamento della sindrome di Guillain-Barrè negli ospedali statunitensi Alshekhlee A, Hussain Z, Sultan B, Katirji B J Clin Neuromuscul Dis 2008;10(1):4-10 In questa analisi è stato valutato il trend di utilizzo della plasmaferesi e delle IVIG come immunoterapia per il trattamento della sindrome di Guillain-Barrè negli ospedali degli Stati Uniti dal 2000 al 2005. Su un totale di 1657 pazienti identificati, è stata osservata una tendenza alla diminuzione nell’uso della plasmaferesi e all’aumento nell’impiego di IVIG. Da notare che i pazienti che hanno ricevuto IVIG hanno mostrato un tasso di mortalità significativamente minore rispetto ai pazienti trattati con plasmaferesi (0,45% verso 3,3%). Ipogammaglobulinemie da neoplasie ematologiche Profilassi con immunoglobuline nei pazienti con neoplasie ematologiche e sottoposti a trapianto di cellule staminali Raanani P, Gafter-Gvili A, Paul M, Ben-Bassat I, Leibovici L, Shpilberg O Cochrane Database Syst Rev 2008;(4):CD006501 Questa metanalisi, condotta su 40 studi randomizzati e controllati, 30 su pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali e 10 su pazienti con disordini linfoproliferativi, ha indagato l’efficacia della profilassi con IVIG nei pazienti ematologici con ipogammaglobulinemia secondaria. Nei pazienti sottoposti a trapianto, la terapia con IVIG è apparsa in grado di ridurre il rischio di polmonite interstiziale, 27 aggiornamenti senza tuttavia influenzare la mortalità globale. Nei pazienti con disordini linfoproliferativi, è stata osservata una riduzione dell’incidenza di infezioni clinicamente e microbiologicamente documentate, tale da sostenere la profilassi con IVIG in questa categoria di pazienti. Immunodeficienze primitive Terapia sostitutiva con immunoglobuline sottocutanee per i pazienti con carenza anticorpale primitiva: progressi verso il XXI secolo Moore ML, Quinn JM Ann Allergy Asthma Immunol 2008;101(2):114-121 L’articolo rivede la letteratura esistente sul ruolo clinico delle immunoglobuline per via sottocutanea (SCIG) per la terapia delle immunodeficienze primitive. Dall’analisi delle pubblicazioni prese in considerazione, gli autori concludono che la terapia con SCIG appare efficace e sicura per questa indicazione, con un rischio di reazioni sistemiche minore dell’1%. Inoltre, viene sottolineato come molti pazienti preferiscano la via sottocutanea rispetto alla via endovenosa a causa di una maggiore praticità d’uso e indipendenza nello svolgimento delle attività quotidiane. 28 Sclerosi multipla Trattamento con immunoglobuline endovena delle neuriti ottiche resistenti ai corticosteroidi nei pazienti con sclerosi multipla Tselis A, Perumal J, Caon C, Hreha S, Ching W, Din M, Van Stavern G, Khan O Eur J Neurol 2008 Aug 21 [Epub ahead of print] Questo studio prospettico riporta l’efficacia del trattamento con IVIG nel migliorare l’acuità visiva in 23 pazienti con neurite ottica resistente agli steroidi in corso di sclerosi multipla. La terapia con IVIG è stata somministrata entro 3 mesi dall’inizio dei sintomi, alla dose di 400 mg/kg/die per 5 giorni e poi una volta al mese per 5 mesi. Gli autori concludono che un trattamento con IVIG iniziato precocemente e prolungato nei mesi successivi potrebbe rappresentare una valida opzione terapeutica in questa categoria di pazienti e caldeggiano la verifica di questa ipotesi in un più vasto studio randomizzato. Sindrome di Kawasaki Fattori di rischio per il fallimento della terapia iniziale con immunoglobuline endovena nei pazienti con sindrome di Kawasaki Cha S, Yoon M, Ahn Y, Han M, Yoon KL Korean Med Sci 2008;23(4):718-22 In questo articolo vengono analizzati i fattori associati con la resistenza alla terapia con IVIG nei pazienti con sindrome di Kawasaki, evenienza che si verifica in circa il 10-20% dei soggetti trattati. I pazienti resistenti mostravano valori più alti di bilirubina, di GOT e di polimorfonucleati, e livelli più bassi di piastrine, rispetto ai pazienti rispondenti dopo una singola dose di IVIG. In particolare, il riscontro di test di funzionalità epatica alterati e di una bassa conta piastrinica permetterebbe di identificare i pazienti con maggiore probabilità di resistenza al trattamento con IVIG, per i quali dovrebbero essere messi a punto algoritmi terapeutici specifici. Miastenia grave Linee guida EFNS per l’uso delle immunoglobuline endovena nel trattamento delle malattie neurologiche: task force EFNS sull’uso di immunoglobuline endovena nel trattamento delle malattie neurologiche Elovaara I, Apostolski S, van Doorn P, Gilhus NE, Hietaharju A, Honkaniemi J, van Schaik IN, Scolding N, Soelberg Sørensen P, Udd B; EFNS Eur J Neurol 2008;15(9):893-908 Vengono riportate in questo articolo le linee guida dell’EFNS (European Federation of Neurological Societies) per l’utilizzo delle IVIG nel trattamento delle malattie neurologiche. Pur riconoscendo la sostanziale incertezza circa l’esatto meccanismo d’azione delle IVIG nelle diverse patologie, gli esperti dell’EFNS, dopo un’attenta analisi della letteratura, ritengono che la loro efficacia sia stata ormai provata in un certo numero di condizioni neurologiche, incluse, fra le altre, le esacerbazioni acute e il trattamento a breve termine delle forme severe di miastenia grave. aggiornamenti Sindrome emolitica del neonato Efficacia di due diversi regimi di immunoglobuline endovena nella malattia emolitica del neonato Rh: studio randomizzato controllato Girish G, Chawla D, Agarwal R, Paul VK, Deorari AK Indian Pediatr 2008;45(8):653-659 Questo studio randomizzato ha esaminato l’efficacia di due diversi dosaggi di IVIG (0,5 g/kg vs 1 g/kg somministrati subito dopo la nascita) nel trattamento di neonati Rh-positivi nati da madri Rh-negative con test di Coombs diretto positivo. Nessuna differenza significativa è stata riscontrata fra i due gruppi di trattamento in termini di durata della fototerapia, durata dell’ospedalizzazione e necessità di trasfusioni, suggerendo la possibilità di utilizzare efficacemente anche le dosi più basse. Prevenzione della sensibilizzazione D dopo trasfusione mismatched di emocomponenti: verso un uso ottimale delle RhIG Ayache S, Herman JH Transfusion 2008;48(9):1990-1999 Questo articolo rivede le evidenze esistenti sull’efficacia della somministrazione di RhIG nella prevenzione dell’alloimmunizzazione D in soggetti D– che ricevono emocomponenti (sangue intero, globuli rossi o piastrine) di gruppo D+. Gli autori concludono che la profilassi con RhIG è altamente efficace quando somministrata tempestivamente (entro 72 ore) a dosaggi adeguati (20 µg di RhIG per 1 ml di globuli rossi D+ o per 2 ml di sangue intero; 125-300 µg dopo trasfusione piastrinica). I pazienti andrebbero poi seguiti con test sierologici per un periodo di almeno 8 mesi per confermare l’assenza di alloimmunizzazione attiva. Sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) Morbilità e mortalità nella sindrome da anticorpi antifosfolipidi catastrofica: fisiopatologia, cause della morte e fattori prognostici Espinosa G, Bucciarelli S, Asherson RA, Cervera R Semin Thromb Hemost 2008;34(3):290294 Nell’articolo vengono riviste le caratteristiche patogenetiche e fisiopatologiche della variante “catastrofica” della APS, insieme con i trattamenti comunemente usati come terapia di prima linea: anticoagulanti, corticosteroidi, immunoglobuline e plasmaferesi. L’insieme di queste misure ha permesso la diminuzione del tasso di mortalità associato a questa patologia da circa il 50% all’attuale 20%. 29 Riassunto delle caratteristiche del prodotto pianto contro ospite, il dosaggio viene adattato individualmente. La dose iniziale è normalmente 0,5 g/kg/settimana, iniziando sette giorni prima del trapianto e fino a 3 mesi dopo il trapianto. In caso di persistente deficit di produzione di anticorpi, è raccomandato il dosaggio di 0,5 g/kg/mese fino al ritorno alla norma del livello degli anticorpi. Terapia delle infezioni batteriche gravi Almeno 0,2 g/kg di peso corporeo; tale dose può essere ripetuta fino a somministrare, nell’arco di una settimana, una dose totale di 1 g/kg peso corporeo. Se necessario il trattamento può essere ripetuto. Sindrome di Kawasaki Il dosaggio raccomandato è da 1,6 a 2 g/kg suddiviso in varie dosi in 2-5 giorni, oppure 2 g/kg in dose singola. Il paziente deve essere sottoposto a concomitante terapia con acido acetilsalicilico. I dosaggi raccomandati sono riassunti nella tabella seguente: globuline umane normali, i pazienti ai quali una specialità contenente immunoglobuline umane normali sia stata sostituita con un’altra o i pazienti in cui sia trascorso un lungo periodo di tempo dall’infu1. NOME DELLA SPECIALITÀ MEDICINALE sione precedente, dovrebbero essere monitorati durante la prima SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml Polvere e solvente per soluzione per infusione e per la prima ora dopo la prima infusione, per poter eviinfusione denziare eventuali reazioni avverse. Tutti gli altri pazienti dovrebbeSANDOGLOBULINA 3 g/100 ml Polvere e solvente per soluzione per ro essere osservati per almeno 20 minuti dopo la somministrazione. infusione In pazienti trattati con IVIg sono stati riportati casi di insufficienza SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml Polvere e solvente per soluzione per renale acuta. Nella maggior parte dei casi, sono stati individuati fattoinfusione ri di rischio quali preesistente insufficienza renale, diabete mellito, età SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml Polvere e solvente per soluzione per superiore ai 65 anni, ipovolemia, sovrappeso o assunzione concomiinfusione tante di medicinali nefrotossici. In tutti i pazienti, la somministrazione di IVIg richiede: 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA - adeguata idratazione prima di iniziare l’infusione di IVIg; Immunoglobuline umane normali (IgIV). - monitoraggio per la produzione di urina; SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml - monitoraggio dei livelli di creatinina serica; Un flacone di polvere contiene: Indicazione Dose Frequenza di somministrazione - di evitare l’uso concomitante di diuretici dell’ansa. Principio attivo: immunoglobuline umane normali 1,00 g Terapia sostitutiva nella dose iniziale: ogni 2-4 settimane per ottenere In caso di disfunzione renale, dovrebbe essere considerata SANDOGLOBULINA 3 g/100 ml immunodeficienza primaria 0,4-0,8 g/kg un livello di IgG di almeno 4-6 g/l la sospensione di IVIg. Anche se casi di disfunzione renale Un flacone di polvere contiene: mantenimento: e di insufficienza renale acuta sono stati associati all’uso di Principio attivo: immunoglobuline umane normali 3,00 g 0,2-0,8 g/kg molte specialità registrate a base di IVIg, quelle contenenti SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml Terapia sostitutiva nella 0,2-0,4 g/kg ogni 3-4 settimane per ottenere saccarosio come stabilizzante rappresentano una quota Un flacone di polvere contiene: immunodeficienza secondaria un livello di IgG di almeno 4-6 g/l preponderante dell’intero numero. Nei pazienti a rischio, Principio attivo: immunoglobuline umane normali 6,00 g Bambini con AIDS 0,2-0,4 g/kg ogni 3-4 settimane dovrebbe essere considerato l’uso di IVIg non contenente SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml Immunomodulazione: saccarosio. In caso di reazioni avverse, è necessario o ridurUn flacone di polvere contiene: Porpora trombocitopenica 0,8-1 g/kg al giorno 1, possibilmente ripetuto re la velocità di infusione o interrompere l’infusione. Il tratPrincipio attivo: immunoglobuline umane normali 12,00 g idiopatica una sola volta entro 3 giorni per tamento richiesto dipende dalla natura e dalla gravità degli Le IgG costituiscono almeno il 96% delle proteine presenti in o 0,4 g/kg/die 2-5 giorni effetti indesiderati. In caso di shock, il trattamento dovrebSandoglobulina; almeno il 90% delle IgG è presente sotto Sindrome di Guillain-Barré 0,4 g/kg/die per 3-7 giorni be seguire le linee guida per la terapia dello shock. Quando forma monomerica con piccole quantità di dimeri; sono presi somministrano specialità medicinali ottenute da sangue senti inoltre tracce di IgG polimeriche, IgA ed IgM e frammenTrapianto allogenico o plasma umano, non è possibile escludere completamenti di IgG. La distribuzione delle sottoclassi di IgG è così ripartidi midollo osseo: te la comparsa di patologie infettive conseguenti alla trata: IgG1 - 57,7%; IgG2 - 35,1%; IgG3 - 3,1%; IgG4 - 4,1%. Trattamento delle infezioni 0,5 g/kg ogni settimana dal giorno 7 smissione di agenti infettivi. Ciò risulta applicabile anche a Per un elenco completo degli eccipienti vedi 6.1 e profilassi della malattia fino a 3 mesi dopo il trapianto patogeni di natura sconosciuta. Il rischio di trasmissione di da trapianto contro ospite 3. FORMA FARMACEUTICA agenti infettivi è comunque ridotto da: Persistente deficit 0,5 g/kg ogni mese fino al ritorno alla Polvere e solvente per soluzione per infusione - selezione dei donatori mediante visita medica e screening di produzione di anticorpi norma del livello degli anticorpi delle donazioni per i tre virus maggiormente patogeni, HIV, Sindrome di Kawasaki 1,6-2,0 g/kg in 2-5 giorni 4. INFORMAZIONI CLINICHE HCV, HBV; o 2 g/kg in dose singola 4.1. Indicazioni terapeutiche - verifica dell’eventuale presenza di materiale genomico per Terapia sostitutiva in: HCV nei pool di plasma; Sindromi da immunodeficienza primaria quali: Modo di somministrazione - procedure di rimozione/inattivazione incluse nel processo di produ- agammaglobulinemia congenita e ipogammaglobulinemia; Alla prima infusione Sandoglobulina dovrebbe essere infusa per via zione che siano state validate utilizzando virus modello e siano con- immunodeficienza variabile comune; endovenosa alla concentrazione del 3% con una velocità di 0,5-1 siderate efficaci per HIV, HCV, HAV e HBV. - immunodeficienza combinata grave; ml/min (corrispondenti a 10-20 gocce/min). Se ben tollerata ed entro - il processo produttivo di Sandoglobulina prevede diverse fasi di - sindrome di Wiskott-Aldrich. 15 minuti non si verificano effetti indesiderati, la velocità di somminirimozione ed inattivazione virale che, nel loro complesso, come Leucemia linfatica cronica. strazione può essere gradualmente aumentata a 1-1,5 ml/min (circa documentato da studi eseguiti su una varietà di modelli sperimenBambini con AIDS congenito e infezioni ricorrenti. 20-30 gocce/min) per altri 15 minuti, e successivamente a 2-2,5 tali, portano alla rimozione/inattivazione dei virus eventualmente Immunomodulazione ml/min (circa 40-50 gocce/min). Nei pazienti sottoposti a regolare presenti; - Porpora trombocitopenica idiopatica (PTI), in bambini o adulti ad alto terapia di sostituzione che non hanno presentato effetti indesiderati, - il procedimento di frazionamento mediante il quale rischio di emorragia o prima di interventi chirurgici per il ripristino l’infusione può essere iniziata a 1-1,5 ml/min (circa 20-30 gocce/min). Sandoglobulina viene preparata a partire dal plasma include varie della conta piastrinica; In pazienti in terapia regolare con Sandoglobulina, che presentano fasi, che sono state validate, per l’eliminazione di virus incapsulati e - Sindrome di Guillain-Barré. buona tollerabilità, il farmaco può essere infuso a concentrazioni elenon incapsulati. La sicurezza del prodotto è ulteriormente assicuraTrapianto allogenico di midollo osseo e altri trapianti. Sindrome di vate (fino al 12%) ma l’infusione deve sempre essere iniziata a bassa ta, durante il procedimento di produzione, da una fase di inattivaKawasaki velocità, e il paziente attentamente monitorato quando la velocità di zione virale che prevede il trattamento a pH4 in presenza di pepsiinfusione viene gradualmente incrementata. na. Questo step possiede la proprietà di inattivare i seguenti virus: 4.2. Posologia e modo di somministrazione HIV-1/2 (retrovirus incapsulato), pseudorabies virus (virus a DNA Posologia 4.3. Controindicazioni incapsulato), virus della diarrea bovina (virus a RNA incapsulato, La dose e lo schema terapeutico dipendono dall’indicazione. Nella teraIpersensibilità a uno qualsiasi dei componenti. modello per HCV) e semiliki forest virus (virus a RNA incapsulato, pia sostitutiva può essere necessario individualizzare il dosaggio per Ipersensibilità alle immunoglobuline omologhe, specialmente in casi modello per HCV); ogni paziente in relazione alla risposta farmacocinetica e clinica. Gli molto rari di carenza di IgA quando il paziente ha anticorpi anti-IgA. - ad integrazione dei metodi di eliminazione/inattivazione virale già schemi di trattamento riportati di seguito sono forniti come linee guida. presenti nel processo produttivo, è stato introdotto un procedimenTerapia sostitutiva in sindromi da immunodeficienza primaria 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni per l’uso to di nanofiltrazione come ulteriore step di rimozione di virus. La Lo schema di trattamento dovrebbe indurre il raggiungimento di un Alcune gravi reazioni avverse possono essere correlate alla velocità di infucapacità di rimozione di virus incapsulati e non incapsulati di tale livello minimo di IgG (misurato prima della successiva infusione) di sione. La velocità di infusione raccomandata riportata in “4.2 Posologia e procedimento è stata stabilita mediante studi convalidati sui almeno 4-6 g/l. Dopo l’inizio della terapia sono necessari da tre a sei modo di somministrazione” deve essere rigorosamente rispettata. I seguenti modelli: HIV-1, virus della diarrea bovina, pseudorabies mesi per il raggiungimento dell’equilibrio. La dose di partenza raccopazienti devono essere attentamente monitorati e osservati per evidenvirus, sindbis virus ed entero-virus di origine bovina. Questo ulteriomandata è 0,4-0,8 g/kg seguita da almeno 0,2 g/kg ogni tre settimane. ziare la comparsa di qualsiasi sintomo durante il periodo di infusione. re step ha la potenzialità di eliminare anche virus di piccole dimenLa dose richiesta per raggiungere un livello di 6 g/l è dell’ordine di 0,2Alcune reazioni avverse possono presentarsi più frequentemente: sioni, come dimostrato per gli entero-virus di origine bovina; 0,8 g/kg/mese. Una volta raggiunto lo stato stazionario l’intervallo di - in caso di alta velocità di infusione; - le procedure di rimozione/inattivazione dei virus potrebbero risultadosaggio varia tra 2 e 4 settimane. Dovrebbero essere misurati i livelli - in pazienti con ipo- o agammaglobulinemia con o senza deficit di IgA; re di valore limitato contro virus privi di involucro quali il parvovirus plasmatici in modo da aggiustare la dose e l’intervallo di dosaggio. - in pazienti che ricevono immunoglobuline umane normali per la B19. Terapia sostitutiva in caso di leucemia linfatica cronica con grave ipogamprima volta o, in rari casi, quando la specialità contenente immunoNell’interesse dei pazienti, si raccomanda, se possibile, ogni volta che maglobulinemia secondaria e infezioni ricorrenti: terapia sostitutiva in globuline umane normali viene sostituita o quando il trattamento è Sandoglobulina viene loro somministrata, di registrare il nome combambini con AIDS e infezioni ricorrenti. stato sospeso per più di otto settimane. Vere reazioni di ipersensibili- merciale del prodotto ed il numero di lotto di produzione. La dose raccomandata è 0,2-0,4 g/kg ogni 3-4 settimane. tà sono rare. Queste possono manifestarsi nei rari casi di deficienza di Porpora trombocitopenica idiopatica 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione IgA con anticorpi anti-IgA. Raramente, le immunoglobuline umane Trattamento di un episodio acuto: 0,8-1 g/kg il primo giorno. Il trattanormali possono causare una caduta della pressione sanguigna con Vaccini a base di virus vivi attenuati mento può essere ripetuto per una volta entro tre giorni, oppure posreazione anafilattica anche in pazienti che precedentemente aveva- La somministrazione di immunoglobuline può interferire per un sono essere somministrati 0,4 g/kg/die per 2-5 giorni. Il trattamento periodo di 6 settimane e fino ad un massimo di 3 mesi con l’efficacia no tollerato un trattamento con immunoglobuline umane normali. può essere ripetuto in caso di recidiva. di vaccini a base di virus vivi attenuati quali morbillo, rosolia, parotite Le potenziali complicanze possono essere evitate assicurandosi: Sindrome di Guillain-Barré e varicella. Dopo la somministrazione di questo prodotto, bisogne- che i pazienti non siano sensibili alle immunoglobuline umane nor0,4 g/kg/die per 3-7 giorni. Nei bambini l’esperienza è limitata. mali iniettando inizialmente il prodotto lentamente (0,5-1 ml/min rebbe far trascorrere un intervello di 3 mesi prima di procedere a vacTrapianto allogenico di midollo osseo cinazione con vaccini a base di virus vivi attenuati. In caso di morbilpari a 10-20 gocce/min; con una concentrazione di 3%); Il trattamento con immunoglobuline umane normali può essere utiliz- che i pazienti siano attentamente monitorati per evidenziare la com- lo, l’interferenza può persistere fino ad un anno. Di conseguenza bisozato come parte della terapia di condizionamento e dopo il trapianto. parsa di eventuali sintomi durante il periodo di infusione. In partico- gnerebbe controllare il titolo anticorpale dei pazienti trattati con il Per il trattamento delle infezioni e nella profilassi della malattia da tralare i pazienti che non hanno mai ricevuto in precedenza immuno- vaccino per il morbillo. Interferenze con analisi sierologiche Dopo l’iniezione di immunoglobuline l’aumento transitorio dei vari anticorpi trasferiti passivamente nel sangue dei pazienti può indurre risultati positivi fuorvianti nelle analisi sierologiche. La trasmissione passiva di anticorpi contro gli antigeni eritrocitari es.: A,B,D può interferire con alcune analisi sierologiche (conta dei reticolociti, aptoglobina, test di Coombs). ne: non è stato ritenuto necessario effettuare studi sperimentali, soprattutto in specie eterologhe. 4.6. Gravidanza e allattamento La sicurezza di questa specialità medicinale per l’uso durante la gravidanza non è stata stabilita in studi clinici controllati e, quindi, essa dovrebbe essere somministrata con cautela alle donne gravide e alle madri in allattamento. L’esperienza clinica con le immunoglobuline suggerisce l’assenza di effetti dannosi sul corso della gravidanza o sul feto e sul neonato. Le immunoglobuline sono escrete nel latte e possono contribuire al trasferimento di anticorpi protettivi al neonato. 6.2. Incompatibilità Sandoglobulina non deve essere miscelata con altri medicinali; somministrare sempre Sandoglobulina in una linea di infusione separata. 4.7. Effetti sulla abilità di guidare e di usare macchine Non sono stati osservati effetti sulla abilità di guidare e di usare macchine. 4.8. Effetti indesiderati Occasionalmente possono verificarsi reazioni avverse quali brividi, mal di testa, febbre, vomito, reazioni allergiche, nausea, artralgia, ipotensione e moderato dolore lombare. Raramente le immunoglobuline umane normali possono indurre una riduzione della pressione sanguigna e, in casi isolati, shock anafilattico, anche in pazienti che non hanno mostrato ipersensibilità a precedenti somministrazioni. Dopo somministrazione di immunoglobuline umane normali sono stati osservati casi di meningite asettica reversibile, isolati casi di anemia emolitica/emolisi reversibile e rari casi di reazioni cutanee transitorie. Sono stati osservati aumento della creatininemia e/o insufficienza renale acuta. Eventi trombotici sono stati riportati negli anziani, in pazienti con segni di ischemia cerebrale o cardiaca, e in pazienti sovrappeso e marcatamente ipovolemici. Per la sicurezza nei confronti di agenti trasmissibili, vedere la sezione 4.4. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1. Elenco degli eccipienti Flacone contenente polvere per soluzione per infusione: saccarosio Flacone solvente: acqua per preparazioni iniettabili, cloruro di sodio 6.3. Stabilità 3 anni. 6.4. Precauzioni speciali per la conservazione Conservare a temperatura non superiore a 25°C, al riparo dalla luce. Non congelare. 6.5. Natura e contenuto del contenitore Sandoglobulina è disponibile in kits contenenti un flacone di immunoglobulina umana liofilizzata, un flacone di soluzione fisiologica sterile per la ricostituzione e un set per la preparazione e l’infusione della soluzione. Entrambi i flaconi sono di vetro tipo II con tappo di gomma clorobutilica privo di lattice. Sono disponibili i seguenti dosaggi: - 1 g/33 ml polvere e solvente per soluzione per infusione; - 3 g/100 ml polvere e solvente per soluzione per infusione; - 6 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione; - 12 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione. 6.6. Istruzioni per l’uso, la manipolazione e lo smaltimento Seguire attentamente le “Istruzioni per la preparazione della soluzione” qui di seguito riportate: Preparazione di una soluzione al 3%, 6%, 9% o 12% utilizzando il kit: 1) Strappare la capsula protettiva di plastica del flacone del liofilizzato e di quello contenente il diluente. Disinfettare entrambi i tappi di gomma con alcool. Non usare soluzioni torbide o che presentino precipitati. I prodotti disciolti dovrebbero essere controllati visivamente per la presenza di particelle in sospensione o di colorazione anormale prima della somministrazione. Il prodotto dovrebbe essere portato a temperatura ambiente o temperatura corporea prima dell’uso. Una volta preparata, utilizzare la soluzione senza ritardi. Il prodotto inutilizzato e i residui dovrebbero essere smaltiti in accordo con le leggi nazionali. Preparazione per l’infusione - Rimuovere la guaina protettiva dal dispositivo per l’infusione e conficcarla con forza nel tappo di gomma del flacone contenente la Sandoglobulina (FIG. 5). - Chiudere bene il tubo flessibile per l’infusione mediante la pinza comandata dalla rotella (FIG. 6). - Esercitare con il pollice e l’indice una leggera pressione sulla camera di gocciolamento, in modo che la soluzione penetri in quest’ultima (FIG. 7). - Collegare il dispositivo per l’infusione con l’ago per l’infusione. Aprire la pinza comandata dalla rotella e riempire di soluzione il sistema per l’infusione (FIG. 8). Nei pazienti con cannula a permanenza, la tubazione flessibile deve essere disaerata prima di collegarla alla cannula a permanenza. La somministrazione dell’infusione può avere inizio. Prodotto e controllato da: CSL Behring AG-Berna Dispositivo di travaso CE 0123 CODAN Il dispositivo medico è conforme alla Direttiva 93/42/CEE 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO CSL Behring S.p.A. P.le S. Türr, 5 20149 Milano (Mi) 4.9. Sovradosaggio Il sovradosaggio può provocare un sovraccarico di fluidi e iperviscosità in particolare in pazienti a rischio, inclusi i pazienti anziani o i pazienti con compromissione della funzionalità renale. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1. Proprietà farmacodinamiche Gruppo farmacoterapeutico: sieri immuni e immunoglobuline: immunoglobuline umane normali, per somministrazione endovenosa, codice ATC: J06BA02. Le immunoglobuline umane normali contengono principalmente immunoglobuline G (IgG), con un ampio spettro di anticorpi contro agenti infettivi. Le immunoglobuline umane normali contengono gli anticorpi della classe IgG presenti nella popolazione normale. Vengono di solito preparate da pools di plasma provenienti da non meno di 1000 donatori. Posseggono una distribuzione di sottoclassi di immunoglobuline G strettamente proporzionale a quella del plasma umano nativo. Dosi adeguate di questa specialità medicinale possono riportare a valori normali livelli patologicamente ridotti di immunoglobuline G. Il meccanismo di azione in indicazioni diverse dalla terapia sostitutiva non è del tutto chiaro, ma include effetti immunomodulatori. Nota: le immunoglobuline umane normali per uso endovenoso (IGIV) possono essere di una certa utilità nella fase acuta nel trattamento di alcune neuropatie periferiche, quali la Neuropatia Motoria Multifocale (NMM), la Poliradiculoneuropatia Infiammatoria Cronica Demielizzante (CIPD), e la Miastenia Gravis (MG). Va tenuto conto, tuttavia, che i risultati del trattamento possono essere temporanei e che i dati clinici a sostegno dell’impiego delle IGIV in queste indicazioni derivano da esperienze cliniche perlopiù datate e condotte su piccoli numeri di pazienti, mentre non sono disponibili ad oggi studi clinici randomizzati controllati condotti in accordo alle norme di buona pratica clinica. 5.2. Proprietà farmacocinetiche Dopo somministrazione, le immunoglobuline umane normali sono immediatamente e completamente disponibili nella circolazione del ricevente. Esse si distribuiscono in maniera relativamente rapida tra il plasma e i fluidi extravascolari, l’equilibrio tra compartimenti intra ed extravascolari viene raggiunto approssimativamente dopo 3-5 giorni. Le immunoglobuline umane normali hanno una emivita di circa 21 giorni. Questa emivita può variare da paziente a paziente, in particolare nell’immunodeficienza primaria. Le IgG e i complessi IgG vengono degradati nelle cellule del sistema reticolo-endoteliale. 5.3. Dati preclinici di sicurezza Le immunoglobuline sono costituenti naturali dell’organismo. Nell’animale la prova di tossicità acuta non ha alcuna rilevanza poiché dosi più alte provocano un sovraccarico del circolo. Gli studi di tossicità ripetuta e quelli di tossicità embrio-fetale non sono fattibili a causa della conseguente produzione ed interferenza di anticorpi contro i determinanti antigenici umani. Non sono noti gli effetti del farmaco sul sistema immunitario del neonato. In base all’esperienza clinica non sono prevedibili effetti mutageni o oncogenici delle immunoglobuli- Rimuovere la guaina protettiva di una delle cannule del dispositivo di travaso e inserire l’estremità scoperta nel tappo di gomma del flacone contenente il diluente. 2a) e 2b) Rimuovere la seconda guaina protettiva dell’altra cannula del dispositivo di travaso. Afferrare entrambi i flaconi come illustrato nella figura 2a, introdurre rapidamente la parte libera del dispositivo di travaso nel tappo del flacone di liofilizzato e contemporaneamente portare i flaconi in posizione verticale con l’accortezza di posizionare il flacone del diluente nella posizione superiore (figura 2b). In questo modo si otterrà un immediato trasferimento del diluente nel flacone del liofilizzato. 3) Al termine del trasferimento del diluente (figura 3), togliere il flacone superiore dal set di trasferimento. In questo modo si ridurrà la schiuma formatasi col travaso e si faciliterà la completa soluzione del liofilizzato. Rimuovere completamente il dispositivo di trasferimento dal flacone di Sandoglobulina. 4) Roteare il flacone vigorosamente senza agitare per evitare il formarsi di schiuma che richiederebbe tempo per essere eliminata. La ricostituzione sarà completa in pochi minuti. Ricostituzione Sandoglobulina senza impiego del kit o con solventi diversi Per ricostituire Sandoglobulina con solventi diversi, partendo da un flacone da 1 g, 3 g, 6 g o 12 g, prelevare il volume di diluente necessario, usando una siringa ipodermica sterile e iniettarlo nel corrispondente flacone di Sandoglobulina. A seconda delle necessità possono essere utilizzati quale solvente, oltre alla soluzione fisiologica contenuta nel kit, anche acqua per preparazioni iniettabili o una soluzione glucosata al 5%, seguendo le indicazioni riportate nella seguente tabella: Di solito la soluzione è trasparente o leggermente opalescente. Concentrazione 3% 6% 9% 12% Flacone 1g 33,0 cc 16,5 cc 11,0 cc 8,3 cc 8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml polvere e solvente per soluzione per infusione 1 flac. polvere da 1 g + 1 flac. solvente da 33 ml + set infusionale A.I.C. n. 025199011 SANDOGLOBULINA 3 g/100 ml polvere e solvente per soluzione per infusione 1 flac. polvere da 3 g + 1 flac. solvente da 100 ml + set infusionale A.I.C. n. 025199023 SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione 1 flac. polvere da 6 g + 1 flac. solvente da 200 ml + set infusionale A.I.C. n. 025199035 SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione 1 flac. polvere da 12 g + 1 flac. solvente da 200 ml + set infusionale A.I.C. n. 025199047 9. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/ RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml polvere e solvente per soluzione per infusione SANDOGLOBULINA 3 g/100 ml polvere e solvente per soluzione per infusione SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione Prima autorizzazione: 17.03.1984 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2000 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2005 SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione Prima autorizzazione: 29.03.1995 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2000 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2005 10. DATA DI (PARZIALE) REVISIONE DEL TESTO 17 Luglio 2007 VOLUME DI DILUENTE RICHIESTO Flacone 3g Flacone 6g 100 cc 200 cc 50 cc 100 cc 33 cc 66 cc 25 cc 50 cc Flacone 12g 200 cc 133 cc 100 cc Riassunto delle caratteristiche del prodotto 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE Vivaglobin, soluzione di 160 mg/mL per iniezione (uso sottocutaneo). 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA 1 mL contiene: immunoglobulina umana normale (sottocutanea) 160 mg* *Corrispondenti al contenuto di proteine totali di cui almeno il 95% IgG. Distribuzione delle sottoclassi di IgG: IgG1 ca. 61% IgG2 ca. 28% IgG3 ca. 5% IgG4 ca. 6% IgA max. 1,7 mg/mL Per gli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Soluzione per iniezione (uso sottocutaneo). 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Terapia sostitutiva negli adulti e nei bambini affetti da sindromi di immunodeficienza primitiva (PID) quali: • agammaglobulinemia e ipogammaglobulinemia congenite, • immunodeficienza comune variabile, • immunodeficienza combinata grave, • carenza di sottoclassi IgG con infezioni ricorrenti. Terapia di sostituzione nel mieloma o nella leucemia linfatica cronica, con grave ipogammaglobulinemia secondaria e infezioni ricorrenti. 4.2 Posologia e modo di somministrazione Posologia Il dosaggio va determinato singolarmente per ciascun paziente, tenendo conto dei parametri farmacocinetici e della risposta clinica. I dosaggi qui di seguito riportati sono da ritenere come indicativi. Con somministrazione per via sottocutanea, il dosaggio deve essere scelto in modo tale da conseguire un livello sostenuto di IgG nel plasma. Può essere necessaria una dose di carico di almeno 0,20,5 g/kg (1,3-3,1 mL/kg) di peso corporeo, ripartita in più giorni, con una dose massima giornaliera di 0,1 fino a 0,15 g/kg di peso corporeo, e secondo quanto indicato dal medico curante. Dopo che i livelli di IgG abbiano raggiunto lo stato stazionario, le dosi di mantenimento si somministreranno a intervalli successivi, preferibilmente con cadenza settimanale tali da raggiungere una dose mensile complessiva compresa fra circa 0,4 e 0,8 g/kg (2,5-5 mL/kg) di peso corporeo. Per la regolazione della dose e degli intervalli di dosaggio di Vivaglobin vanno misurati i livelli minimi di IgG. Modo di somministrazione Vivaglobin deve essere somministrato per via sottocutanea. L’infusione sottocutanea nel trattamento domiciliare deve essere avviata da un medico esperto nel trattamento dell’immunodeficienza e nell’orientamento dei pazienti in tema di terapia domiciliare. I pazienti saranno istruiti sull’impiego della pompa a siringa, sulle tecniche di infusione, sulla compilazione di un diario di trattamento e sui provvedimenti da adottare in caso di gravi reazioni avverse. La velocità di infusione raccomandata è pari a 22 mL/h. In una sperimentazione clinica, nel corso della quale sono stati valutati 53 pazienti, la velocità di infusione di Vivaglobin è stata portata - nella fase di addestramento sotto la supervisione di un medico - dagli iniziali 10 mL/h a 22 mL/h. Vivaglobin deve essere preferibilmente iniettato nella parete addominale, nella coscia e/o nel gluteo. In ogni singolo sito di iniezione non devono essere iniettati più di 15 mL. Dosi di quantità superiore a 15 mL devono essere iniettate ripartendole in più punti. 4.3 Controindicazioni Ipersensibilità accertata nei confronti di qualsiasi componente del prodotto. Vivaglobin non deve essere iniettato per via intravascolare. Non deve essere somministrato per via intramuscolare in caso di trombocitopenia di grado severo e in altri disturbi della coagulazione. 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego Non iniettare per via endovascolare! In caso di iniezione accidentale di Vivaglobin in un vaso sanguigno, è possibile che il paziente sviluppi uno shock anafilattico. La velocità di infusione raccomandata per Vivaglobin è indicata al paragrafo “4.2 Posologia e modo di somministrazione” e deve essere rispettata. I pazienti devono essere tenuti sotto stretto monitoraggio ed attentamente controllati durante l’infusione per accertare tempestivamente l’eventuale insorgenza di qualsiasi effetto avverso. Alcune reazioni avverse possono presentarsi con maggiore frequenza nei pazienti ai quali l’immunoglobulina umana normale è somministrata per la prima volta, oppure, ma raramente, quando si cambia prodotto o se il trattamento è stato interrotto per più di 8 settimane. Vere reazioni di ipersensibilità sono rare. Possono manifestarsi in rarissimi casi di carenza di IgA con anticorpi anti-IgA: questi pazienti devono essere trattati con cautela. Raramente, Vivaglobin può causare caduta pressoria accompagnata da reazione anafilattica anche in pazienti che hanno ben tollerato un precedente trattamento con immunoglobulina umana normale. Le potenziali complicanze possono essere sovente evitate, accertandosi: • che i pazienti non siano sensibili alle immunoglobuline umane normali, infondendo loro, la prima volta, il prodotto lentamente (vedere paragrafo ”4.2 Posologia e modo di somministrazione”); • che i pazienti siano attentamente monitorati per accertare con tempestività l’insorgenza di qualsiasi sintomo nel corso dell’infusione. In particolare, si raccomanda di monitorare i pazienti nel corso della prima infusione e per la prima ora successiva, al fine di potere subito individuare potenziali reazioni avverse che insorgano nelle seguenti situazioni: - pazienti non precedentemente trattati con immunoglobulina umana normale, - pazienti in precedenza trattati con un altro prodotto, oppure - quando è intercorso molto tempo dalla precedente infusione. Tutti gli altri pazienti devono essere comunque tenuti sotto osservazione per almeno 20 minuti dopo la somministrazione. In caso di sospetta reazione allergica o anafilattica si dovrà sospendere immediatamente la somministrazione del prodotto. In caso di shock devono essere adottate le procedure correnti standard per il trattamento dello shock. Le procedure standard per prevenire infezioni che risultino dall’uso di prodotti derivati da sangue o plasma umano comprendono la selezione dei donatori, il controllo delle singole donazioni e dei pool di plasma per la presenza di specifici marcatori di infezione e l’adozione di fasi di produzione efficaci per l’inattivazione/la rimozione dei virus. Ciò nonostante, quando vengono somministrati prodotti derivati da sangue o plasma umano, non può essere totalmente esclusa la possibilità di trasmissione di agenti infettivi. Ciò vale anche per virus sconosciuti o emergenti e per altri patogeni. I provvedimenti adottati sono considerati efficaci nei confronti di virus capsulati come HIV, HBV e HCV, e nei confronti dei virus non capsulati HAV e parvovirus B19. Esiste una rassicurante esperienza clinica in merito alla non trasmissione dell’epatite A o del parvovirus B19 con la somministrazione di immunoglobuline e si ritiene anche che il contenuto anticorpale rappresenti un importante contributo alla sicurezza contro i virus. Si raccomanda in modo particolare che, ogni qual volta si somministri Vivaglobin, si registrino sia il nome del paziente che il numero di lotto del prodotto stesso, in modo da stabilire un collegamento fra il nome del paziente e il numero del lotto. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione Vaccini con virus vivi attenuati La somministrazione di immunoglobulina può compromettere, in un periodo compreso fra 6 settimane e 3 mesi dalla vaccinazione, l’efficacia di vaccini vivi attenuati, come i vaccini contro il morbillo, la rosolia, la parotite e la varicella. Dopo la somministrazione di Vivaglobin deve intercorrere un intervallo di almeno 3 mesi prima di procedere alla vaccinazione con vaccini contenenti virus vivi attenuati. Nel caso del morbillo, questo effetto di indebolimento della vaccinazione può durare fino a 1 anno. Pertanto, nei pazienti vaccinati contro il morbillo si deve controllare la specifica situazione anticorpale. Interazioni con analisi sierologiche È opportuno tenere presente all’atto dell’interpretazione dei risultati di test sierologici che il transitorio aumento degli anticorpi trasportati passivamente in seguito ad iniezioni di immunoglobuline può rendere positivi i risultati dei test. La trasmissione passiva di anticorpi per gli antigeni eritrocitari, ad es. A, B e D, può interferire con alcuni test sierologici per la ricerca di allo-anticorpi eritrocitari (ad es. test di Coombs), con la conta dei reticolociti e con l’aptoglobina. 4.6 Gravidanza ed allattamento La sicurezza di questo medicinale in donne gravide non è stata stabilita in sperimentazioni cliniche controllate, pertanto, occorre porre particolare attenzione nel decidere se somministrare questa specialità medicinale durante la gravidanza o nella fase di allattamento al seno. L’esperienza clinica acquisita nell’impiego delle gammaglobuline non porta a ritenere la comparsa di effetti pericolosi in caso di somministrazione delle stesse durante la gravidanza né per la madre, né per il feto o per il neonato. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari Non vi sono indicazioni che Vivaglobin possa compromettere la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. 4.8 Effetti indesiderati In uno studio clinico eseguito con somministrazione sottocutanea in 60 soggetti, sono stati riportati i seguenti effetti indesiderati: reazioni al sito di infusione molto comuni e in gran parte di intensità lieve (gonfiore, irritazione, arrossamento, indurimento, sensazione localizzata di calore, prurito, ecchimosi) all’inizio del trattamento sottocutaneo e con riduzione molto rapida entro le prime dieci infusioni, quando i soggetti si abituano a questo tipo di trattamento. (Le reazioni al sito di iniezione non sono state segnalate in uno studio in cui i pazienti erano stati trattati con immunoglobulina sottocutanea per anni prima della sperimentazione). In singoli casi: • reazioni allergiche comprendenti caduta della pressione, • reazioni generalizzate come brividi, febbre, cefalea, malessere, moderata lombalgia, sincope, capogiri, disturbi cutanei, broncospasmo. Durante la sorveglianza post-marketing di prodotti somministrati per via intramuscolare o sottocutanea, sono stati segnalati raramente i seguenti effetti indesiderati: • reazioni allergiche comprendenti caduta della pressione, dispnea, reazioni cutanee che, in casi isolati, sono progredite fino allo shock anafilattico, anche quando il paziente non aveva presentato reazioni di ipersensibilità in occasione di somministrazioni precedenti, • reazioni generalizzate come brividi, febbre, cefalea, malessere, nausea, vomito, artralgia e moderata lombalgia, • reazioni cardiovascolari, in particolare nei casi di accidentale somministrazione del prodotto per via endovascolare, • reazioni locali nel sito di infusione/iniezione: gonfiore, irritazione, arrossamento, indurimento, sensazione localizzata di calore, prurito, ecchimosi o rash. Per informazioni in merito al rischio di malattie infettive, vedere paragrafo 4.4 “Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego”. 4.9 Sovradosaggio Non sono note conseguenze da sovradosaggio. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Gruppo farmacoterapeutico: sieri immuni ed immunoglobuline; immunoglobuline umane normali, per somministrazione extravascolare. Codice ATC: J06B A01 L’immunoglobulina umana normale contiene principalmente immunoglobulina G (IgG), caratterizzata da un ampio spettro anticorpale verso vari agenti infettivi. Vivaglobin contiene gli anticorpi dell’immunoglobulina G che sono presenti nella popolazione normale. Per la sua preparazione si impiegano pool di plasma ottenuti da almeno 1.000 donatori. Vivaglobin presenta una distribuzione di sottoclassi di immunoglobulina G strettamente proporzionale a quella del plasma umano nativo. La somministrazione di dosi adeguate di questa specialità medicinale consente di riportare alla norma bassi valori di immunoglobulina G. 5.2 Proprietà farmacocinetiche Mediante somministrazione sottocutanea dell’immunoglobulina umana normale sono stati raggiunti nel circolo del ricevente valori di picco con un ritardo di circa 2 giorni. I dati ottenuti da una sperimentazione clinica (n = 60) hanno evidenziato che, nel plasma, possono essere mantenuti livelli di 8-9 g/L (n = 53), somministrando ogni settimana dosi di Vivaglobin comprese fra 0,05 e 0,15 g per kg di peso corporeo. Ciò è paragonato a un dosaggio cumulativo mensile di 0,2-0,6 g per kg di peso corporeo. La IgG e i complessi di IgG vengono catabolizzati nelle cellule del sistema reticolo-endoteliale 5.3 Dati preclinici di sicurezza Non esistono dati considerati rilevanti per la sicurezza clinica oltre ai dati inclusi in altre sezioni del Riassunto delle caratteristiche del prodotto. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Glicina, sodio cloruro, acido idrocloridrico o idrossido di sodio (in piccole quantità, per la regolazione del pH), acqua per preparazioni iniettabili. 6.2 Incompatibilità In assenza di studi di compatibilità questo prodotto medicinale non deve essere miscelato ad altri prodotti medicinali. 6.3 Periodo di validità Il periodo di validità è di 3 anni. Il prodotto deve essere utilizzato immediatamente dopo l’apertura della fiala o del flacone. 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione Vivaglobin va conservato in frigorifero (+2° C e +8° C) nella confezione. Non congelare! 6.5 Natura e contenuto del contenitore Flaconcino (vetro Tipo I) da 3 mL di soluzione con tappo (clorobutile) - confezione da 1 o 10 flaconcini; Fiala (vetro Tipo I) da 5 mL di soluzione - confezione da 1 o 10 fiale; Flaconcino (vetro Tipo I) da 10 mL di soluzione con tappo (clorobutile) - confezione da 1, 2, 10 o 20 flaconcini; Flaconcino (vetro Tipo I) da 20 mL di soluzione con tappo (clorobutile) - confezione da 1 flaconcino. Solo la confezione da 2 flaconcini x 10 mL contiene i seguenti dispositivi: 1 siringa da 20 mL, 1 tubo-perfusore con ago, 2 aghi ipodermici, 2 aghi areatori, 3 tamponi con alcool. È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 6.6 Speciali precauzioni per lo smaltimento Vivaglobin è una soluzione pronta per l’uso e deve essere somministrata a temperatura corporea. Vivaglobin è una soluzione limpida. Il colore può variare da trasparente a giallo pallido fino a marrone chiaro entro il periodo di validità. Non usare soluzioni che sono torbide o che presentano depositi. Il prodotto non utilizzato ed i materiali di scarto devono essere smaltiti in conformità ai requisiti di legge locali. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO CSLBehring GmbH - Emil-von-Behring-Str. 76 D-35041 Marburg - Germania 8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE (DELLE AUTORIZZAZIONI) ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO 037882014/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 1 fiala da 5 mL 037882026/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 10 fiale da 5 mL 037882038/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 10 mL 037882040/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 10 flaconcini 10 mL 037882053/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 20 flaconcini 10 mL 037882065/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 3 mL 037882077/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 10 flaconcini 3 mL 037882089/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 20 ml 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE 28 settembre 2007 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO Aprile 2008 CSL Behring - P.zza S. Tuerr, 5 - 20149 Milano - Tel. 02 349641 Riassunto delle caratteristiche del prodotto 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE Rhophylac 300 microgrammi/2 ml, soluzione iniettabile in siringa pre-riempita. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Immunoglobulina umana anti-D. 2 ml di soluzione iniettabile in siringa pre-riempita contengono 1500 UI (300 microgrammi) di immunoglobulina umana anti-D corrispondenti ad una concentrazione di 750 UI (150 microgrammi)/ml. Il prodotto contiene un massimo di 30 mg/ml di proteine plasmatiche umane, di cui 10 mg/ml sono costituiti da albumina umana come stabilizzante. Almeno il 95% delle altre proteine plasmatiche è costituito da IgG. Rhophylac non contiene più di 5 microgrammi/ml di IgA. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Soluzione iniettabile in siringa pre-riempita. 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Prevenzione della immunizzazione Rh(D) in donne Rh(D)-negative - Gravidanza e parto di un feto/neonato Rh(D)-positivo - Aborto/minaccia di aborto, gravidanza ectopica o mola idatiforme - Emorragia transplacentare conseguente ad una emorragia anteparto, ad una amniocentesi, ad una biopsia dei villi coriali o a procedure ostetriche di manipolazione, come ad esempio la versione cefalica esterna, o ad un trauma addominale Trattamento di soggetti Rh(D)-negativi dopo trasfusioni incompatibili di sangue Rh(D)-positivi od altri prodotti contenenti eritrociti. ITC 3080371 - Depositato AIFA il 09/10/2007 4.2 Posologia e modo di somministrazione Posologia Lo schema posologico seguente viene raccomandato sulla base degli studi clinici condotti con Rhophylac; tuttavia, occorre tenere in considerazione le linee guida professionali per l’impiego delle IgG anti-D nei vari Stati Membri dell’UE. Prevenzione della immunizzazione Rh(D) in donne Rh(D)-negative: • Profilassi ante-parto: la dose raccomandata è una dose singola pari a 300 microgrammi (1500 UI) somministrata per via endovenosa od intramuscolare alla 28° – 30° settimana di gravidanza. • Profilassi post-parto: per somministrazione endovenosa, si ritiene che 200 microgrammi (1000 UI) siano una dose sufficiente, mentre vengono raccomandati da 200 (1000 UI) a 300 microgrammi (1500 UI) per somministrazione intramuscolare. Rhophylac deve essere somministrato prima possibile entro 72 ore dal parto. La dose post-parto deve essere somministrata anche quando sia stata effettuata una profilassi ante-parto. Se si sospetta una emorragia materno-fetale massiva [maggiore di 4 ml (0,7-0,8% delle donne )], ad esempio in caso di anemia fetale o di morte fetale intrauterina, deve essere determinata la sua entità con metodi appropriati, ad esempio il test di KleihauerBetke, e devono essere somministrate ulteriori dosi di anti-D come indicato (20 microgrammi/100 UI per ciascun ml di emazie fetali). • Profilassi delle complicazioni della gravidanza: - Interventi ed incidenti che avvengono fino alla 12° settimana di gravidanza: devono essere somministrati 200 microgrammi (1000 UI) per via endovenosa od intramuscolare non appena possibile e comunque non oltre le 72 ore dall’evento che rappresenta rischio emorragico; - Interventi ed incidenti che avvengono dopo la 12° settimana di gravidanza: devono essere somministrati non meno di 200 microgrammi (1000 UI) per via endovenosa od intramuscolare non appena possibile e comunque non oltre le 72 ore dall’evento che rappresenta rischio emorragico; - Biopsia dei villi coriali: devono essere somministrati 200 microgrammi (1000 UI) per via endovenosa od intramuscolare non appena possibile e comunque non oltre le 72 ore dall’evento che rappresenta rischio emorragico. Trasfusioni incompatibili La dose raccomandata è di 20 microgrammi (100 UI) di immunoglobulina anti-D ogni 2 ml di sangue Rh(D)-positivo trasfuso od ogni 1 ml di concentrato eritrocitario. Si raccomanda la somministrazione per via endovenosa. Se viene impiegata la via intramuscolare, occorre somministrare dosi elevate per un periodo di diversi giorni. In caso di trasfusioni incompatibili più ampie, è sufficiente una dose massima di 3000 microgrammi, indipendentemente dal fatto che il volume di trasfusione sia maggiore di 300 ml di sangue Rh(D)-positivo. Modo di somministrazione Rhophylac può essere somministrato sia per iniezione endovenosa che per iniezione intramuscolare. In caso di malattie emorragiche ove sia controindicata la iniezione intramuscolare, Rhophylac deve essere somministrato per via endovenosa. Se sono richieste dosi totali elevate (>5 ml) da somministrarsi per via intramuscolare, è consigliabile la somministrazione di dosi divise in differenti siti di iniezione. 4.3 Controindicazioni Ipersensibilità ad uno qualsiasi dei componenti. La via intramuscolare è controindicata in soggetti con trombocitopenia grave o altri disordini dell’emostasi. 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego Nel caso di uso post-partum, l’immunoglobulina anti-D è riservata alla somministrazione materna. Essa non deve essere iniettata al neonato. Il prodotto non deve essere usato in soggetti Rh(D) positivi. Le pazienti devono essere attentamente osservate per almeno 20 minuti dalla somministrazione. Se insorgono sintomi di reazioni allergiche o di tipo anafilattico, la somministrazione deve essere immediatamente interrotta. Possono determinarsi risposte allergiche alla immunoglobulina anti-D. I pazienti devono essere informati circa i sintomi precoci di tali reazioni di ipersensibilità, che comprendono orticaria, orticaria generalizzata, senso di oppressione al torace, difficoltà respiratorie, ipotensione ed anafilassi. Il trattamento richiesto dipende dalla natura e dalla severità dell’evento avverso. In caso di shock, devono essere osservati gli standard medici per il trattamento dello shock. Rhophylac contiene una concentrazione di IgA al di sotto del limite analitico di 5 microgrammi/ml. Il prodotto, tuttavia, può contenere tracce di IgA. Sebbene l’immunoglobulina anti-D sia stata impiegata con successo per il trattamento di pazienti selezionati carenti di IgA, i soggetti con deficit di IgA sono a rischio per sviluppare anticorpi IgA e possono andare incontro a reazioni anafilattiche dopo somministrazione di componenti del sangue contenenti IgA. Pertanto, il medico deve attentamente valutare il beneficio del trattamento con Rhophylac verso i rischi potenziali di reazioni di ipersensibilità. Informazioni sulla sicurezza nei confronti di agenti trasmissibili Provvedimenti standard per prevenire infezioni che risultino dall’uso di medicinali derivati da sangue o plasma umano comprendono la selezione dei donatori, il controllo delle singole donazioni e dei pool di plasma per la presenza di specifici marcatori di infezione e l’adozione di fasi di produzione efficaci per l’inattivazione/la rimozione dei virus. Ciò nonostante, quando vengono somministrati medicinali derivati da sangue o plasma umano, non può essere totalmente esclusa la possibilità di trasmissione di agenti infettivi. Ciò vale anche per virus sconosciuti o emergenti e per altri patogeni. I provvedimenti adottati sono considerati efficaci nei confronti di virus capsulati come HIV, HBV e HCV. Tali provvedimenti possono essere di valore limitato nei confronti di virus non capsulati come HAV o parvovirus B19. Esiste una rassicurante esperienza clinica in merito alla non trasmissione dell’epatite A o del parvovirus B19 con la somministrazione di immunoglobuline e si ritiene anche che il contenuto anticorpale rappresenti un importante contributo alla sicurezza contro i virus. Si raccomanda in modo particolare che, ogni qual volta si somministra Rhophylac, si registrino sia il nome del paziente stesso che il numero di lotto del prodotto, in modo da stabilire un collegamento fra il nome del paziente e il numero del lotto. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione Le interazioni di Rhophylac con altri medicinali non sono state studiate. Pertanto, le informazioni contenute in questo paragrafo derivano dalla letteratura scientifica e dalle linee guida attuali. L’immunizzazione attiva con vaccini contenenti virus vivi (ad esempio, morbillo, parotite, rosolia o varicella) deve essere differita di almeno 3 mesi dall’ultima somministrazione di immunoglobulina anti-D, in quanto può essere compromessa l’efficacia del vaccino con virus vivo. Se vi è necessità di somministrare l’immunoglobulina anti-D entro 2-4 settimane da una vaccinazione con virus vivo, l’efficacia di tale vaccinazione potrebbe essere compromessa. Dopo l’iniezione di immunoglobulina, il transitorio aumento di vari anticorpi trasferiti passivamente nel sangue delle pazienti può causare un risultato falso positivo nei test sierologici per gli anticorpi anti-emazie, ad esempio il test di Coomb nel neonato. Rhophylac può anche contenere anticorpi ad altri antigeni Rh, ad esempio anticorpi anti-Rh(C), che possono essere rilevati con metodi sierologici sensibili dopo la somministrazione del prodotto. 4.6 Gravidanza ed allattamento Questo medicinale viene usato in gravidanza. Non sono stati segnalati eventi avversi correlabili con il farmaco in neonati di 432 pazienti che hanno ricevuto una somministrazione di Rhophylac prima del parto. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari Non sono stati osservati effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. 4.8 Effetti indesiderati Quando le immunoglobuline anti-D vengono somministrate per via intramuscolare, possono essere osservati dolore locale ed iperestesia al sito di iniezione. Occasionalmente, possono insorgere febbre, malessere, cefalea, reazioni cutanee e brividi. In rari casi sono stati segnalati nausea, vomito, ipotensione, tachicardia, e reazioni allergiche o di tipo anafilattico, inclusi dispnea e shock, anche in pazienti che non avevano mostrato alcun segno di ipersensibilità ad una precedente somministrazione. Vedere il paragrafo 4.4 per quanto riguarda la sicurezza nei confronti di agenti trasmissibili. 4.9 Sovradosaggio Non sono disponibili dati riguardo il sovradosaggio. I pazienti che hanno ricevuto una trasfusione di sangue incompatibile ed a cui sono state somministrate dosi molto elevate di immunoglobulina anti-D devono essere attentamente monitorati sia dal punto di vista clinico che da quello dei parametri biologici per il rischio di reazioni emolitiche. In altri individui Rh(D)-negativi, un sovradosaggio non dovrebbe causare effetti indesiderati più frequenti o più gravi rispetto a quelli osservabili dopo una dose normale. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Categoria farmacoterapeutica: Immunoglobuline e sieri immuni: immunoglobulina anti-D. Codice ATC: J06BB01 Rhophylac contiene anticorpi IgG specifici contro l’antigene Rh(D) degli eritrociti umani. Durante la gravidanza, ed in particolare al momento del parto, le emazie fetali possono penetrare nella circolazione materna. Quando la madre è Rh(D)-negativa ed il feto Rh(D)-positivo, la madre può venire immunizzata all’antigene Rh(D) e può quindi produrre anticorpi anti-Rh(D) che attraversano la placenta e causano una malattia emolitica neonatale. L’immunizzazione passiva con gammaglobuline anti-D, se somministrate in quantità appropriate e ad un momento sufficientemente precoce dopo l’esposizione alle emazie fetali Rh(D)-positive, previene, nel 99% dei casi, l’immunizzazione Rh(D). Il meccanismo d’azione attraverso il quale l’immunoglobulina anti-D sopprime l’immunizzazione alle emazie Rh(D)-positive non è noto. Tale soppressione può essere correlata alla clearance eritrocitaria dalla circolazione sistemica prima che esse raggiungano siti immunocompetenti, o potrebbe essere dovuta a meccanismi più complessi che coinvolgono il riconoscimento dell’antigene estraneo e la presentazione dell’antigene da parte delle cellule appropriate ai siti appropriati, in presenza o in assenza di anticorpo. In volontari sani di sesso maschile Rh(D)-negativi, la somministrazione di 200 microgrammi (1000 UI) di Rhophylac sia per via endovenosa che intramuscolare, dopo 48 ore dalla iniezione di 5 ml di emazie Rh(D)-positive, ha determinato entro 24 ore una clearance delle emazie Rh(D)-positive quasi completa. Mentre la somministrazione endovenosa di Rhophylac ha determinato una scomparsa istantanea delle emazie Rh(D)-positive, la loro eliminazione dopo somministrazione del prodotto per via intramuscolare è stata ritardata, in quanto le IgG anti-D devono prima essere assorbite dal sito di iniezione. In media, il 70% delle emazie iniettate era stato eliminato dopo 2 ore dalla somministrazione endovenosa di Rhophylac. Dopo somministrazione intramuscolare, un simile grado di clearance delle emazie veniva misurato dopo 12 ore. Inoltre, l’efficacia, la sicurezza ed il profilo farmacocinetico di Rhophylac sono supportati dai risultati di tre studi clinici condotti in pazienti. Rhophylac 200 microgrammi (1000 UI) è stato somministrato post-partum in 139 pazienti. Rhophylac 300 microgrammi (1500 UI) è stato somministrato sia prima che dopo il parto in 446 ed in 256 pazienti, rispettivamente. Nessuno dei soggetti arruolati in questi studi ha sviluppato anticorpi contro l’antigene Rh(D). Non sono stati eseguiti studi clinici con Rhophylac a dosi inferiori a 200 microgrammi (1000 UI). 5.2 Proprietà farmacocinetiche Concentrazioni anticorpali misurabili vengono rilevate dopo circa 4 ore dalla somministrazione intramuscolare. I livelli sierici di picco si osservano normalmente dopo 5 giorni dalla somministrazione. Dopo somministrazione endovenosa, vengono immediatamente ottenute concentrazioni misurabili di anticorpi. L’emivita media nella circolazione di donne in gravidanza con normali livelli di IgG è stata di 17 giorni. Le IgG ed i complessi IgG vengono degradati dalle cellule del sistema reticoloendoteliale. 5.3 Dati preclinici di sicurezza Non vi sono dati preclinici rilevanti per l’immunoglobulina anti-D. Le prove di tossicità per dose ripetuta e di tossicità embrio-fetale non sono state condotte né sono praticabili, date l’induzione di e l’interferenza con anticorpi. Non è stato studiato il potenziale mutageno delle immunoglobuline. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Albumina umana Glicina Sodio cloruro 6.2 Incompatibilità In assenza di studi di compatibilità questo medicinale non deve essere miscelato con altri medicinali. 6.3 Periodo di validità 3 anni. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione Conservare in frigorifero (2°- 8°C). Non congelare. Tenere la siringa (blister originale) nell’imballaggio esterno per tenerla al riparo dalla luce. Conservare fuori dalla portata e dalla vista dei bambini. 6.5 Natura e contenuto della confezione Siringa di vetro (Tipo I) pre-riempita con 2 ml di soluzione iniettabile (1500 UI anti-D-IgG). Confezione: 1 blister contenente 1 siringa pre-riempita e 1 ago per iniezione. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione Rhophylac deve essere portato a temperatura ambiente o a temperatura corporea prima dell’uso. La soluzione deve presentarsi limpida o solo lievemente opalescente. Non usare soluzioni torbide o che mostrano depositi. Rhophylac è monouso (una siringa un paziente). Il prodotto non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità ai requisiti di legge locali. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO CSL Behring GmbH - Emil-von-Behring-Str. 76 D-35041 Marburg - Germania Distribuito da: CSL Behring S.p.A. P.le S. Türr, 5 -20149 Milano 8. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/ RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE 5 novembre 2004. 9. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO 036161026/M 1 siringa pre-riempita da 300 mcg/2 ml 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO Settembre 2007. Depositata presso AIFA 23/11/2007 Una nuova opzione per la terapia con immunoglobuline Immunoglobulina umana normale (uso sottocutaneo) Affidabilità e flessibilità Immunoglobuline umane normali A1626 Immunoglobulina umana normale (uso sottocutaneo) A1626. Deposito AIFA del 09/09/2008 Immunoglobulina umana normale (infusione endovenosa) Doppia opzione terapeutica nel trattamento con immunoglobuline