Pensieri filosofici: testo francese a fronte

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Pensieri filosofici: testo francese a fronte
Jacques e i suoi quaderni
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Denis DIDEROT
Pensieri filosofici
Testo francese a fronte
sulla base dell'editio princeps del 1746
A cura di Tomaso Cavallo
1998 31
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Jacques e i suoi quaderni 31
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Jacques e i suoi quaderni
DENIS DIDEROT
PENSIERI FILOSOFICI
Testo francese a fronte
sulla base dell’editio princeps del 1746
A cura di Tomaso Cavallo
1998 31
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Dove valse cibarsi di fragole e lamponi, citando
Citando la verità, dove delle ciliege emersero noccioli,
Come pietredure nell’alone oscuro, evocando dal bando
Del nottegiornoniente i più equivoci boccioli.
Andrea Zanzotto
In memoria di Onofrio Nicastro, ateo virtuoso.
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I Pensieri Filosofici di Diderot:
Manifesto dell’illuminismo francese.
“I segreti del ciel sol colui vede,
che serra gli occhi e crede”.
Guido Ubaldo Bonacelli
(citato da F. Redi in De generatione insectorum)
“Il primo passo verso la filosofia è l’incredulità”
(Diderot, alla vigilia della morte)
A prendere per buoni i Mémoires pour servir à l’histoire de la vie et
des ouvrages de Diderot par Madame Vandeul,1la figlia del filosofo, i
Pensieri filosofici sarebbero stati scritti nel 1746 in tre soli giorni – tra
il venerdì santo e il giorno di Pasqua – al nobile fine di poter prestare la
somma di cinquanta luigi
1Vedi:
D. Diderot, Œuvres complètes, Edition critique et annotée, (a cura di R.
Niklaus, Y. Belaval, H. Dieckmann, J. Deprun, J. S. Spink, J. Roger, J. Mayer, F.
O’ Gorman, J. Varloot), Hermann, Paris 1970, T. I, p.20.
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all’amante di quei giorni, la non avvenentissima Madame de Puisieux.
Diderot li avrebbe immediatamente venduti al suo libraio Durand, uno
dei futuri editori dell’Enciclopedia che, senza indicazione né d’autore,
né d’editore, li pubblicò l’anno stesso. Il falso luogo d’edizione indicato
– l’Aja – insieme all’anonimato, rivelò subito di essere una sorta di
garanzia del carattere eterodosso dello scritto che incontrò un notevole
successo di vendite. Non furono pochi a pensare che a scriverli fosse
2
stata la penna acuminata di Voltaire, mentre altri vi scorsero la vena
sanguigna di un La Mettrie.
***
Pensieri, come il celebre scritto postumo pascaliano, a cui replicavano in
modo diretto sul terreno della problematica religiosa e antropologica, filosofici –
come le Lettere filosofiche di Voltaire di cui riprendevano il conclamato
antipascalismo – in anni in cui nella società francese il termine “philosophique”
cominciava ad assumere un valore simbolico e politico preciso, il libretto che segna
l’esordio di Diderot, “per i riflessi prodotti e le polemiche suscitate” merita di
essere considerato come “una delle opere più importanti di tutto il XVIII secolo”.
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Per la lista delle venti edizioni settecentesche dell’opera recensite da Niklaus si
confronti la “Note” alle pp. 9-12 dell’edizione delle Pensées nel tomo II delle
Œuvres complètes cit. Nell’elenco figura anche l’edizione bilingue franco-italiana
di una ristampa (Amsterdam 1978, in 8°, pp. 181) dei Pensieri filosofici che
precede il Colloquio tra un Filosofo e la Signora Duchessa di ***, falsamente
presentato come opera postuma del poeta italiano, vittima dell’Inquisizione,
Tommaso Crudeli (1703-1745). Diderot aveva pubblicato una traduzione del suo
sonetto «Del letto nuzial questa è la sponda» su la Corréspondance littéraire del
1764. Un esemplare di questa edizione 1777 dei Pensieri filosofici, con annotazioni
di Voltaire al margine, è conservato alla Biblioteca di Pietroburgo.
3 A. M. Wilson, Diderot, Oxford University Press 1957, p. 55 (tr. it. Diderot, gli
anni decisivi, Feltrinelli, Milano 1962, p. 62). Su l’antipascalismo di Voltaire
merita sempre di essere consultato C. Luporini, Voltaire e le “Lettres
philosophiques”, Einaudi, Torino 1977, pp, 136-151.
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Tempestivamente condannati a essere lacerati e inceneriti dal boia da un decreto del
Parlamento del 7 luglio 1746, i Pensieri
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“non furono bruciati che in effigie,” come nota Robert Niklaus, il curatore
dell’edizione critica che ha pazientemente ricostruito la storia della fortuna
dell’operetta, inseguendo il gran numero di edizioni clandestine, chiara
testimonianza tanto dell’interesse dei problemi sollevati dai Pensieri, quanto del
fascino esercitato sui contemporanei dalla vivacità della prosa del giovane Diderot.
Sul momento la scontata condanna del Parlamento parigino, noto “covo
giansenista”, non ebbe conseguenze per Diderot: si risolse, al solito, in efficace
mezzo pubblicitario, denuciando all’urbe-metropoli, se non all’orbe, il libro
“scandaloso, contrario alla religione e alla morale”. A detta del Parlamento di
Parigi, i Pensieri filosofici propinavano alle menti inquiete e temerarie “il veleno
delle idee più assurde e criminali di cui l’abiezione dell’intelligenza umana fosse
capace”, avendo il sostanziale torto di porre “sullo stesso piano tutte le religioni,
per poi non accettarne alcuna”. Ma fin dall’esordio Diderot constatò che non
avrebbe tardato a dover fare i conti con il potere stabilito – il decreto del
Parlamento chiedeva esplicitamente la persecuzione non solo dei libri condannati,
ma anche dei loro autori –e in effetti quando, tre anni dopo, finirà nelle prigioni del
Castello di Vincennes, insieme a quella della Lettera sui ciechi, causa prossima
dell’incarceramento, sarà costretto ad ammettere anche la paternità dei Pensieri,
ritrattandoli allora come “intemperanze” sfuggitegli nella foga giovanile. Nella
stessa triste occasione Diderot promise solennemente di non pubblicare più opere
“pericolose”. Promessa che in sostanza mantenne, nascondendo al grande pubblico
contemporaneo alcune delle sue creazioni più mirabili – dal Nipote di Rameau che
sarà Goethe (e, successivamente lo Hegel della Fenomenologia) a rivelare
all’Europa colta, sino ai fondamentali contributi a l’Histoire de deux Indes che oggi
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La traduzione italiana della biografia del Wilson citata riesce malauguratamente
in una sola pagina a far stampare i Pensieri nel 1756 e a far pronunciare l’arrêt del
Parlamento di Parigi il 7 luglio 1764!!
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conosciamo grazie all’edizione di Gianluigi Goggi, affidando semmai alcuni dei
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suoi gioielli critici e narrativi a quella Corréspondance littéraire dell’amico Grimm
che, com’è noto, era esclusivo appannaggio di poche teste coronate in tutta
Europa. Diderot, pre-manzonianamente potremmo dire, contava su pochi lettori,
ma era ben consapevole di scrivere per un’élite filosofica di cui
voleva rendere più efficace e incisiva l’azione. L’irradiazione del suo pensiero
avverrà passo dopo passo, né ancora si è arrestata. Se Diderot ha fatto
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indubbiamente opera di volgarizzatore, questa l’ha compiuta con la grandiosa
impresa dell’Enciclopedia, per sottoscrivere la quale, tuttavia, “il fallait posséder
750 livres”.
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Dagli studi di René Legros, di Franco Venturi e dall’edizione critica di Robert
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Niklaus sappiamo che i Pensieri filosofici costituiscono lo sviluppo e la messa a
punto di annotazioni personali che Diderot aveva raccolto al margine della sua
traduzione di Shaftesbury, pubblicata nel 1745 con il titolo Essai sur le mérite et la
vertu.
5
D. Diderot, Pensées détachées. Contribution a l’Histoire de deux Indes, a cura di
G. Goggi, Siena 1976.
6 Proprio in questi giorni, per la regia di Felix Benesch, è di scena allo
Schauspielhaus di Zurigo la versione tedesca del notevole dramma di E.E. Schmitt,
“Il libertino”, interamente dedicato a un Diderot, interpretato da Felix Manteuffel,
alle prese con le sue donne e i suoi pensieri (cfr. G. Stadelmar, “Il filosofo messo a
nudo”, Frankfurter Allgemeine Zeitung 7. 10. 1997). Di Eric Emmanuel Schmitt si
veda anche il recentissimo Diderot ou la philosophie de la seduction, Albin Michel,
Paris 1997.
7 D. Diderot, Pensées Philosophiques, edition critique, avec introduction, notes et
bibliographie, a cura di R. Niklaus, Droz, Génève 1965, p. IX. Si veda anche
l’edizione Hermman 1975 cit., a cura di R. Niklaus con Commentaire di Y. Belaval
e R. Niklaus.
8 R. Legros, Diderot et Shaftesbury in “Modern Language Review, 1924, pp. 186199. F. Venturi, La giovinezza di Diderot, Sellerio, Palermo 1988 (Ia ediz. Paris
1939). “L’invito che Diderot poté trovare nelle pagine di Shaftesbury a liberare il
proprio genio lasciò una traccia profonda in tutte le sue prime opere. Nella ricerca
della propria forma, dalle Pensées philosophiques alla Lettres sur les Aveugles il
suggerimento del filosofo inglese gli sarà prezioso. Molte delle Pensées
philosophiques sono ispirate da Shaftesbury e come scritte in margine ad un
esemplare delle Characteristics” (Venturi, op. cit. p. 58). Sull’edizione italiana
dell’opera di Venturi si veda la puntualissima recensione di G. Goggi in:
Recherches sur Diderot et sur l’Encyclopèdie, n. 10, Avril 1991, pp. 159-163.
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Già la scelta del suo autore di riferimento, un deista entusiasta da tradurre in un
francese personale e animato, era indicativa di più di un tratto della complessa
personalità e, soprattutto, della sua straordinaria capacità di afferrare in questo caso
una moda – l’anglomania – per conferirle un significato nuovo, la stessa capacità
che saprà trasformare un progetto in origine commerciale ed editoriale, come la
traduzione dell’Enciclopedia di Chambers, in un’impresa destinata a divenire il
centro spirituale di tutta l’epoca.
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Traducendo l’Inquiry concerning virtue Diderot si era al contempo impossessato
dell’insieme dell’opera del più originale scrittore inglese dell’inizio del Settecento.
Almeno nei primi anni ’40, Diderot pensa d’aver incontrato in Shaftstesbury
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un’anima gemella, un autore in cui identificarsi: uno scrittore che si distingueva
dagli altri deisti inglesi per l’accento posto sul fattore morale e sul valore
dell’entusiasmo naturale, ben diverso dal “fanatismo” ascetico-religioso che ne
costituisce semmai la perversione. E nei suoi Pensieri Diderot continua a “tradurre”
con grande libertà Shaftesbury, per esempio quando critica le concezioni
antropomorfiche della divinità, o quando oppone deismo ad ateismo e ancora
quando ripartisce gli atei in classi, o quando, nell’attaccare il fanatismo, riprende di
peso gli esempi dell’imperatore Giuliano, di Gregorio Magno o dell’assai meno
celebre martire Poliuto.
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Anche in Italia, e più precisamente in Toscana, dove l’Enciclopedia conoscerà le
due famose edizioni integrali di Lucca e di Livorno, a Firenze “Il giornale de’
Letterati” attendeva con impazienza la pubblicazione dell’Encyclopédie. In un
“articolo di lettera” datato Parigi, 19 aprile 1750, ricordando come in Italia si
fossero già fatte due edizioni del Dizionario di Chambers, si aggiungeva subito che
la rielaborazione francese “getterà a terra tutte le altre, imperocché è stata
accresciuta d’un prodigioso numero d’articoli che mancano nell’originale e nelle
precedenti edizioni” (Cfr. F. Venturi, Echi italiani dell’Encyclopédie, in DiderotD’Alembert, Encyclopédie, Saggi e note, vol. 18, F. M. Ricci, Milano-Paris, pp.
313-325).
10 Un’ampia bibliografia sugli studi shaftesburyani è presente in A. O. Aldridge,
Shaftesbury and the Deist Manifesto, in “Transactions of the American
Philosophical Society” N. S. 41, Part II (1951); E. Wolf: Shaftesbury und seine
Bedeutung für die Englische Literatur des 18. Jahrhunders, Tübingen 1960: St.
Grean, Shaftesbury’s Philosophy of Religion and Ethics. A Study of Enthusiasm,
Ohio 1967.
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La conclusione cui era pervenuto l’Essai sur le mérite et la vertu circa la
separabilità di religione e morale – in quanto la virtù è naturale ed è la coscienza
religiosa a presupporre la coscienza naturale e morale – è ribadita nei Pensieri.
L’altra fonte indagata dalla critica, sulla scorta delle indicazioni fornite da Venturi,
è quella costituita dalla “letteratura clandestina”, ovvero da quel
vasto movimento di propaganda anticlericale e anticristiana che prelude
all’affermarsi dei “lumi” filosofici. Le argomentazioni a proposito dei martiri e il
tema del silenzio degli storici pagani, sono presi quasi alla lettera dall’Analyse de la
religion chrétienne, redatta da Lévesque de Burigny verso il 1733. Oltreché in
Shaftesbury, Diderot aveva potuto rintracciare una difesa delle passioni in Rémond
de Saint-Mard (Nouveaux Dialogues, 1711) e in Rémond le Grec (Dialogue de la
volupté, 1736). E di là ancora di Shaftesbury, nella difesa dell’ateo virtuoso, è la
prosa di Bayle a filtrare nelle pagine di un Diderot che forse ha presente anche il
settimo capitolo del Trattato teologico politico spinoziano, là dove presenta i suoi
dubbi sull’integrità e affidabilità del testo della Sacra Scrittura.
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In ogni caso, l’interesse predominante in Diderot è in questa fase l’accentuazione
del valore sociale del deismo che – fra fanatismo religioso ed ateismo distruttore
delle speranze e delle consolazioni umane – salvaguarda la più ampia tolleranza, la
pace e la felicità umana.
Uno spunto ben presente in diversi pensieri Diderot lo ricava poi direttamente
dall’attualità, dalla sua esperienza di parigino che, residente in rue Mouffetard, abita
il quartiere testimone dei presunti miracoli del defunto diacono giansenista Paris e
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Come notava Arnaldo Momigliano, ancora nel XX secolo la crisi modernista –
che travagliò la chiesa cattolica – nasce dal problema dell’attendibilità della Bibbia.
Momigliano ricordava anche come la tesi di un Eduard Schwartz “lo studio della
Bibbia è materia per filologi e non per teologi” non fosse mai riuscito ad affermarsi
compiutamente. “L’ambizione di quegli anni era di capire la formazione della
tradizione cristiana senza presupposti religiosi, con i puri strumenti dell’analisi
filologica […]. La rivoluzione non ebbe luogo. I teologi rimasero in controllo” (A.
Momigliano, Premesse per una discussione su Eduard Schwartz in: Settimo
contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Edizioni di Storia e
Letteratura, Roma 1984, p. 241.
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dei “consolatori” di Saint-Médard. Anche per questo spunto Diderot “traduce”
Shaftesbury, applicando con cognizione di causa agli “entusiasti” giansenisti e alla
moltitudine ignorante e superstiziosa gli argomenti polemici che il Lord inglese
aveva utilizzato contro i “profeti” calvinisti-puritani che s’aggiravano ai suoi giorni
per le strade e i parchi londinesi.
Nell’apparente disordine dei suoi “pensieri” – che dalla massima di tre sole righe
si estendono alla micro-dissertazione che copre due pagine – nell’introdursi
prepotente di momenti dialogici che preludono all’arte di cui Diderot sarà maestro
insuperato e difficilmente superabile, l’opera è indubbiamente sorretta da un
disegno strategico. Basterebbe ad attestarlo l’accuratissima e maliziosa “table des
matières”, indubbiamente di mano diderottiana. Se in tema di religione,
materialismo e ateismo i Pensieri sono ben lontani dal costituire l’ultima parola di
un pensatore attento agli sviluppi della scienza e della riflessione come Diderot, i
due principali bersagli indicati – il fanatismo e l’ascetismo – resteranno bersagli
contro cui il filosofo di Langres non cesserà di scagliare i suoi colpi, al pari delle
rivendicazioni, che saranno costantemente sue, dei diritti della ragione e dello
spirito critico.
Proprio perché vistose, non è il caso di insistere sulle “contraddizioni” presenti
nell’opera. Appuntarvisi, insistendo su come idee deiste s’affianchino a uno spunto
ateo o, addirittura, a una professione di fede cattolica, equivarrebbe ad arrestarsi
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alla superficie, smarrendo il vero senso dei Pensieri filosofici.
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Come già nella lettera A mon frère che apriva l’Essai sur le merite et la vertu
ancora nell’Encyclopédie questa professione di fede ritorna, formulata
significativamente in questi termini: “Se introdurrete un raggio di luce in un nido di
gufi, non farete altro che ferire i loro occhi ed eccitare i loro stridi. Felice cento
volte il popolo al quale la religione propone di credere cose vere e sublimi, e di
imitare solo azioni virtuose: tale è la nostra, nella quale il Filosofo non deve far
altro che seguire la propria ragione per giungere ai piedi dei nostri altari».
(Encyclopédie, s. v. Aigle, tr. it. in AA. VV., Enciclopedia, a cura di A. Soboul,
Editori Riuniti, Roma 1976, p. 42).
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Robert Niklaus ha fatto notare l’unità profonda di un pensiero, prima facie
solcato da contraddizioni, indicando il “piano” che struttura il libretto diderottiano.
Dopo una riabilitazione delle passioni (I-V) ci vengono mostrati gli effetti nefasti
del fanatismo religioso, dell’ascetismo, di una superstizione baylianamente più
ingiuriosa al cospetto della divinità dello stesso ateismo (VI-XII); l’ateo non è
confutato facilmente dal superstizioso, questi foss’anche geniale come Pascal; la
sua confutazione risulta invero più facile al deista, informato dei lavori dei fisici
sperimentali (XIII-XIX). La dimostrazione dell’esistenza di Dio è ricavata
dall’esistenza di esseri pensanti e dall’armonia della natura (XX); gli atei si basano
sul fondamento lucreziano del caso (XXI) e sono rubricabili in tre classi (XXII). Il
deismo, tuttavia, è superiore all’ateismo ed allo scetticismo (XXIII). Lo scetticismo
è comunque indispensabile (XXIV-XL): solo il fanatico crede dogmaticamente a
miracoli che ripugnano a ogni persona dotata di buon senso (XLI, XLII, XLVILIII). Come qualunque altra religione, il cristianesimo non si è affermato senza
pericolo per lo stato: l’imperatore Giuliano, anziché essere un apostata, come vuole
la tradizione cristiana, è un modello di saggezza (XLIII). Interviene poi la
domanda: le Scritture sono davvero sacre, ispirate da Dio? (XLIV, XLV, LX) e
l’appassionata difesa della ragione critica (LIV-LVII, LX) è problematicamente
seguita da una professione di fede cattolica (LVIII), mentre l’ultimo “pensiero”
celebra la Religione Naturale.
* * *
I temi e le idee racchiuse nei Pensieri filosofici non brillano certo per originalità
e già si è accennato alla duplice natura delle “fonti” di questo Diderot che non è, in
alcun modo, tutto Diderot.
Resta il fatto che proprio i Pensieri filosofici, la
raccolta di aforismi scritta di getto, con un tono appassionato, capace di sedurre e
convincere, diverranno – assai più che non la Lettera sui ciechi – il “breviario” di
una prima generazione desiderosa di raccogliere la sfida lanciata ai poteri costituiti
– chiesa, gesuiti, giansenisti, Sorbona e parlamento parigino.
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“Fin dalle prima parole a regnare è un accento nuovo, un tono animato, talora
una viva indignazione e una violenza raffrenata a stento. È con una nuova potenza
che Diderot esalta la passione – l’entusiasmo, il genio (secondo il senso ch’egli
conferisce al termine), la natura, come la chiama altrove – e pone sul trono una
nuova divinità utile per la polemica dei lumi, fattore di cui bisognerà ormai tenere
conto, perché è una forza capace di agire e sortire effetti». La passione che vale
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per ciò che ha di spontaneo, di irriflesso, va coltivata di fronte all’aridità
intellettualistica del cartesianismo, o delle versioni “agostiniste” di esso, più che di
Cartesio stesso, fautore della “bontà” delle passioni.
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Proprio con questo suo “ritorno alla natura”, con il suo “pelagianesimo”
15
Diderot, sulla scorta di Voltaire, attacca Pascal e la grande linea giansenista, ancora
così presente e viva nel dibattito culturale francese dell’epoca. L’entusiasmo,
secondo Diderot, va ricondotto nel suo giusto alveo, va sottratto alle perversioni
rappresentate dai fanatismi, per tornare a essere quella molla di grandi imprese
umane che ancora Hölderlin canterà mezzo secolo dopo in Wie wenn am
Feiertage… inaugurando la stagione dei suoi inni.
16
Da questa concezione anche nei momenti più difficili Diderot non defletterà più.
Anzi ancora l’ultimo Diderot ribadirà: “Le passioni non sono dei vizi: sono vizi
oppure virtù a seconda dell’uso che se ne fa”, in un contesto in cui non sarà più
possibile nutrire dubbi sulla valenza critico-politica che la riabilitazione delle
passioni in realtà possiede fin dai Pensieri filosofici. All’amato Seneca che
considera l’ira come “non conforme alla natura umana” Diderot nel suo tardo
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14
R. Niklaus, op. cit. p. XIV.
In merito si veda A. Vartanian, Diderot and Descartes, Princeton University
Press, 1951 (tr. it. Feltrinelli, Milano 1956). Su cartesianesimo e agostinismo si
veda il classico studio di H. Gouhier, Cartesianisme et Augustinisme, Paris 1978.
15 Il tema è in realtà più complesso di quanto lasci intendere questo accenno: il
“fatalismo”, il “necessitarismo”, pur presente nel Diderot lettore di Spinoza, apre
spiragli anche per tesi “predestinazionistiche” e diventa uno dei poli della
«dialogicità» costitutiva della personalità filosofica di Diderot.
16 Vv. 28-29: “Und wie im Aug’ ein Feuer dem Manne glänzt / Wenn hohes er
entwarf” (E come splende un fuoco nell’occhio all’uomo/ che grandi imprese ha in
mente…). (F. Hölderlin, Werke und Briefe, a cura di F. Beißner/J. Schmidt, Insel
Verlag, Frankfurt am Main 1969, p. 136).
17
Saggio sui regni di Claudio e Nerone ribatte: “Non conosco passione che sia più
conforme alla natura umana. L’ira è un effetto del torto subito, e la natura, nella sua
saggezza, ha posto il risentimento nel cuore dell’uomo per ovviare all’insufficienza
della legge. […] Senza l’ira e il risentimento, il debole avrebbe irrimediabilmente
subìto la tirannia del più forte, e la natura avrebbe creato intorno a qualcuno dei
suoi figli più violenti una turba innumerevole di schiavi.”
17
* **
Ho “recuperato” il testo originale de le Pensées philosophiques di Diderot
utilizzando come testo di riferimento i due esemplari della prima edizione presenti
nella Biblioteca dell’Università di Pisa che, pur non facendo parte della prima
18
tiratura rarissima, contrassegnata – come segnala la Bibliographie d’éditions
originales et rares de livres rares d’auteurs français des XVe, XVIe, XVIIe et XVIIIe
siècles di Avenir Tchémerzine (Hermann, Paris 1977) – da "errori di composizione
tipografica" in essi non riscontrabili, sono indubbiamente assimilabili agli esemplari
recensiti dal Niklaus sotto la sigla A I come “editio princeps”.
In questi esemplari compaiono invero pochissimi errori di stampa che qui si
segnalano, e che si è tacitamente provveduto a espungere dal testo: a p. 5: «deses»
in luogo di «de ses»; a p. 12, 22 e 55 è stata saltata la spaziatura dopo la virgola
che segue rispettivamente périr [12], Neron [22] e idées [55]; a p. 22 è errato il
17
D. Diderot, Essai sur le régnes de Claude et de Néron, ed. Assezat, t. III, p. 282
(tr. it., Sellerio, Palermo 1987, pp. 291-292).
18 Biblioteca Universitaria di Pisa: collocazione B h 4. 41, per l'esemplare un tempo
"di Luigi Gherardi Chirurgo": La Haye, aux dépens de la Compagnie, M DCC
2
XLIV, In-12°, pp.136 + 6 fogli di indice dei nomi e delle materie; Q b. 9. 10 per
un esemplare tipograficamente identico all'esemplare descritto, anche se la presenza
delle Pensées philosophiques è 'camuffata' dalle Pensées diverses di Etienne
Coeuilhe, Paris chez Merigot Fils (senza indicazione di anno, ma registrata sul
registro della Camera Reale e Sindacale dei Librai e stampatori di Parigi il 4
maggio 1751). In questo esemplare si è salvata la vignetta che raffigura la nuda
Veritas intenta a togliere maschera e corona alla losca figura della superstizione che
ha tra le mani uno scettro ormai spezzato ed è accovacciata tra una sfinge e un
dragone.
18
segno di interpunzione e, dopo objecte, un punto interrogativo sta al posto del
punto fermo. A p. 31 «à long traits» sta in luogo di «à longs traits», a p. 45 «font
semblent» sta in luogo di «font semblant», a p. 58 «ausquelles» sta in luogo di
«auxquelles»; a p. 59 «à taton» in luogo di «à tatons» e «semi-Septicisme» in luogo
di «semi-Scepticisme»; a p. 88 «chefs d’œuvres» al posto di «chefs-d’œuvre». A p.
99 si è restituita la maiuscola ad «acci novii». Si sono parimenti corretti i due errori
nella citazione latina del pensiero LI: «admodo» in luogo di «admoto» e
«aufferebat» in luogo di «auferebat» (p. 111).
Le note numerate del commento sono sempre del curatore: l’unica nota
dell’Autore è asteriscata.
***
**
*
Sul compito del traduttore ho alcune idee assai precise. Non starò a presentarle
in questa sede. Dirò soltanto che il criterio ispiratore del suo impegno dev'essere
improntato al dovere, oggi ovunque fondamentale, dell'ospitalità. Un traduttore
rispettabile è innanzitutto chi ospita nella sua lingua, al meglio di quanto la storia
della sua lingua può offrire, un'opera che chiede di essere tradotta. E bisogna
amare, allora, lo straniero, ma anche casa propria.
Prodotti per loro natura caduchi, le traduzioni dei «classici» hanno un senso se
spianano la strada alla lettura dell'originale. Per questo ritengo sia sempre
indispensabile nel caso dei “classici” fornire al lettore il riscontro del testo originale,
come ritengo che ogni generazione abbia il diritto e il dovere di ri-tradurre i
“classici” che le interessano.
19
Sul livello di indecenza medio delle traduzioni “filosofiche” italiane correnti
taccio, anche se credo di conoscerne le ragioni diverse e molteplici, almeno per un
aspetto comunque non disgiungibili dal sostanziale disprezzo in cui negli ambienti
accademici è tenuta la fatica – non sufficientemente “creativa” e “originale” – della
mediazione culturale. Proprio chi disdegna il tradurre, il più delle volte legge De
Negri e crede di leggere Hegel, confermando il mio convincimento che la prima,
per alcuni versi, decisiva interpretazione di un testo è sempre il lavoro compiuto
dal "turcimanno" (si veda al riguardo almeno: G.Folena, Volgarizzare e tradurre,
Einaudi Torino PBE 605).
*
**
***
Leggere Diderot è anche un piacere. Lo sapeva un grande filosofo, oggi
ignorato dall'incultura vigente, che annotava nel suo "Inizio di autobiografia" pochi mesi prima dell'arresto da parte della polizia fascista – :"…quello che scrivo
non sarà mai sicuramente arte: tutt'al più sarà umanità. Mi è venuta questa idea
leggendo Voltaire e Diderot. Quelli sì, scrivevano voluttuariamente, non
costruivano. Scrivevano allo sbaraglio. A leggerli, non si ha un'emozione artistica:
si ha l'ineffabile godimento di partecipare direttamente ad una conversazione. Sono
gli uomini che hanno saputo fotografare in modo più diretto e immediato nele loro
opere la propria personalità umana." (Eugenio Colorni: Scritti, introduzione di N.
Bobbio, La Nuova Italia, Firenze 1975, p.32.)
I Pensieri filosofici sono, come ha ben visto nel suo ancor fondamentale lavoro
F. Venturi, il "manifesto" del programma illuminista del filosofo di Langres.
Insieme al "Nipote di Rameau" costituiscono uno dei testi fondamentali/obbligatori
del corso di “Storia della filosofia moderna” dell'anno accademico in corso. Il
carattere didattico-elementare esplicativo delle note a commento è pertanto
deliberatamente voluto.
20
Se è verissimo che questo pesce non è di tutti, mi interessava che nessuno tra gli
studenti che si auto-imporranno di leggerlo, si sentisse escluso a priori.
Rispetto alle eccellenti edizioni recenti commentate di Robert Niklaus e di Paul
Verniére, la presente edizione ha forse il pregio di fornire al lettore i sei fogli della
fittissima, maliziosa e a suo modo geniale Table des Matières omessa in entrambi i
lavori citati. Quanto essa sia utile e costituisca parte integrante del testo diderotiano
credo risulti evidente a chiunque la utilizzi, trovandovi Cartouche che impartisce
lezioni a Hobbes, che lo scetticismo è il primo passo per la verità, e che lo "zelo"
è ormai decisamente hors de mode. Al fine che questa tavola delle materie aiuti
anche il lettore odierno e non solo quello settecentesco,
si è sempre riportato fra parentesi quadre, anche nel testo della traduzione, il
numero di pagina del testo dell'edizione citata che, come si è detto, ho letto
nell'ambiente raccolto e ospitale della Biblioteca Universitaria Pisana.
t.c.
Calci/Pisa, settembre 1997.
21
22
Denis Diderot
Pensées Philosophiques/ Pensieri filosofici
Introduzione, traduzione e commento a cura di Tomaso Cavallo
23
24
25
PENSÉES
PHILOSOPHIQUES
Quis leget haec? Pers. Sat. I
J'écris de Dieu; je compte sur peu de Lecteurs, & n'aspire qu'à
quelques suffrages. Si ces pensées ne plaisent à personne, elles
pourront n'être que mauvaises; mais [2] je le tiens pour détestables, si
elles plaisent à tout le monde.
I.
On déclame sans fin contre les Passions; ont leur impute toutes le
peines de l'homme, & l'on oublie qu'elles sont aussi la source de tous
ses plaisirs. C'est dans sa constitution, un élément dont on ne peut dire
ni trop de bien, ni trop de mal. Mais ce qui me donne de l'humeur, [3]
c'est qu'on ne les regarde jamais que du mauvais côté. On croiroit faire
injure à la raison, si l'on disoit un mot en faveur de ses rivales.
Cependant il n'y a que les passions & les grandes passions qui puissent
élever l'ame aux grandes choses. Sans elles, plus de sublime, soit dans
les mœurs, soit dans les ouvrages; le beaux arts retournent en enfance,
& la vertu devient minutieuse.
26
PENSIERI
FILOSOFICI
Quis leget haec? Pers. Sat.I. 1
Scrivo su Dio; conto su pochi Lettori e non aspiro a molti suffragi. Se questi
pensieri non piacciono a nessuno, non potranno che essere cattivi; [2] li
considererei però detestabili, se piacessero a tutti.2
I
La litania contro le passioni non ha mai fine: sono loro imputate tutte le
pene dell'uomo, mentre ci si dimentica ch'esse sono anche la fonte di
ogni suo piacere. Componenti fondamentali dell'uomo, le passioni sono
un elemento di cui non si può dire mai troppo bene o troppo male. Ciò
che mi irrita [3] è che non le si guarda mai se non dal lato cattivo. Come
se, a dire una parola in favore delle sue rivali, si temesse di ingiuriare la
ragione.3 Tuttavia non vi sono che le passioni e le grandi passioni ad
avere il potere d'elevare l'animo a grandi cose. Senza di esse, niente di
sublime sia nei costumi, sia nelle opere; le arti belle ritornano al loro
stadio infantile e la virtù diventa minuzia.
27
Les Passions sobres font les [4] hommes communes. Si j'attends
l'ennemi, quand il s'agit du salut de ma patrie, je ne suis qu'un Citoyen
ordinaire. Mon amitié n'est que circonspecte, si le péril d'un ami me
laisse les yeux ouverts sur le mien. La vie m'est-elle plus chere que ma
maîtresse? Je ne suis qu'un amant comme un autre.
III.
Les Passions amorties dégradent les hommes extraordinaires. La
contrainte a-[5] néantit la grandeur & l'énergie de la nature. Voyez cet
arbre; c'est au luxe de ses branches que vous devez la fraîcheur &
l'étendue deses [sic] ombres: vous en jouirez jusqu'à ce que l'hiver
vienne le dèpouiller de sa chevelure. Plus d'excellence en Poësie, en
Peinture, en Musique, lorsque la superstition aura fait sur le
tempérament l'ouvrage de la vieillesse.
IV.
Ce seroit donc un bon-[6] heur, me dira-t-on, d'avoir les passions
fortes. Oui, sans doute, si toutes sont à l'unisson. Etablissez entre elles,
une juste harmonie, & n'en appréhendez point de dèsordres. Si
l'espérance est balancée par la crainte, le point d'honneur par l'amour de
la vie, le penchant au plaisir par l'interêt de la santé; vous ne verrez de
libertins, ni téméraires, ni lâches.
V.
C'est le comble de la fo-[7] lie que de se proposer la ruine des
passions. Le beau projet que celui d'un dévot qui se tourmente
28
II
La sobrietà nelle passioni rende [4] mediocri gli uomini4.Se aspetto il nemico,
allorché è in gioco la salvezza della mia patria, non sono che un Cittadino ordinario.
La mia amicizia è pura circospezione, se il pericolo di un amico lascia ch'io tenga
gli occhi aperti sul mio. Mi è più cara la vita della donna che amo? Non sono che un
amante come gli altri.
III
Le passioni smorzate degradano gli uomini straordinari5. La costrizione an- [5]
nienta la grandezza e l'energia della natura. Guarda quest'albero: è al rigoglio dei
suoi rami che devi la frescura e l'estensione della sua ombra: ne godrai sino a che
l'inverno venga a spogliarlo della sua capigliatura. L'eccellenza è finita in Poesia, in
Pittura, in Musica una volta che la superstizione6 abbia fatto sul temperamento
l'opera della vecchiaia.
IV
Sarebbe dunque una for-[6] tuna, mi si dirà, avere passioni forti. Sì, senza dubbio,
se sono tutte all'unissono. Stabilite fra loro una giusta armonia7 e non avrete da
temere disordini. Se la speranza è bilanciata dal timore, il punto d'onore dall'amore
per la vita, l'inclinazione al piacere dall'interesse per la salute non vedrete né
libertini, né temerari, né vigliacchi.
V
E'il colmo della paz-[7] zia proporsi la rovina delle passioni.8 Davvero un bel
progetto quello del devoto che si tormenta come
29
comme un forcené pour ne rien desirer, ne rien aimer, ne rien sentir, &
qui finiroit par devenir un vrai monstre, s'il réussissoit!
VI.
Ce qui fait l'objet de mon estime dans un homme, pourroit-il être
l'objet de mes mépris dans un autre? Non, sans doute. Le vrai
indépendant de mes caprices doit [8] être la regle de mes jugemens; &
je ne ferai point un crime à celui-ci de ce que j'admirerai dans celui-là
comme une vertu. Croirai-je qu'il étoit réservé à quelques-uns, de
pratiquer des actes de perfection que la nature & la religion doivent
ordonner indifféremment à tous? Encore moins. Car d'où leur viendroit
ce privilege exclusif? Si Pacôme a bien fait de rompre avec le genre
humain pour s'enterrer dans une solitude; il ne m'est [9] pas défendu de
l'imiter: en l'imitant, je serai tout aussi vertueux que lui, & je ne devine
pas pourquoi cent autres n'auroient pas le même droit que moi.
Cependant il seroit beau de voir une Province entiére effrayée des
dangers de la société, se disperser dans les forêts; ses habitans vivre en
bêtes farouches pour se sanctifier; mille colonnes élevées sur les ruines
de toutes affections sociales; un nouveau peuple de Stylites se
dépouiller par [10] religion des sentimens de la nature, cesser d'être
hommes & faire les statues pour être vrais chrétiens.
VII.
Quelles voix: quels cris: quels gémissemens! Qui a renfermé dans ces
cachots tous ces cadavres plaintifs? Quels crimes ont commis tous ces
malheureux? Les uns se frappent la poitrine avec de cailloux; d'autres se
déchirent le corps avec des ongles de fer; tous ont [11] les regrets, la
douleur & la mort dans les yeux.
Qui les
30
un forsennato per non desiderare nulla, per non amare nulla, per non sentire nulla.
Finirebbe con l'essere un vero mostro9, se riuscisse nel suo intento!
VI
Ciò che costituisce l'oggetto della mia stima in un uomo, potrebbe essere l'oggetto
del mio disprezzo in un altro? No, senza dubbio. Il vero, indipendente dai miei
capricci, deve [8] essere la regola dei miei giudizi; e non considererò mai come un
crimine in una persona ciò che ammiro come virtù in un'altra. Crederò che sia
riservata a qualcuno la pratica degli atti di perfezione che la natura e la religione
debbono ordinare indifferentemente a tutti? No, assolutamente. Perché da dove
verrebbe fuori questo privilegio esclusivo? Se Pacomio10 ha agito bene rompendo
con il genere umano per seppellirsi in un deserto, non mi è [9] proibito imitarlo:
imitandolo sarò virtuoso come lui, né riesco a capire come cento altri non
avrebbero il mio stesso diritto. Tuttavia sarebbe davvero divertente vedere un'intera
Provincia, atterrita dai pericoli della società, disperdersi nelle foreste; mille colonne
innalzate sulle rovine di tutti i legami sociali; un nuovo popolo di Stiliti11 che,
seguendo la religione, si spoglierebbero [10] dei sentimenti naturali, cesserebbero di
essere uomini e diverrebbero statue per essere veri cristiani.
VII
Che voci! Che urla! Che gemiti! Chi ha rinchiuso in queste celle tutti questi
cadaveri che si lamentano? Quali delitti hanno perpetrato tutti questi sventurati? Gli
uni si battono il petto con delle pietre, altri si lacerano il corpo con delle unghie di
ferro, tutti hanno negli occhi [11] i rimpianti, il dolore e la morte. Chi mai li
condanna
31
condamne à ce tourmens?…
Le Dieu qu'ils ont offensé…
Quel est donc ce Dieu?…
Un Dieu plein de bonté…
Un Dieu plein de bonté trouveroit-il du plaisir à se baigner dans les
larmes? Les frayeurs ne feroient-elles pas injure à sa clémence? Si des
criminels avoient à calmer les fureurs d'un tyran, que feroient-ils de
plus?
VIII.
Il y a de gens dont il ne [12] faut pas dire qu'ils craignent Dieu; mais
bien qu'ils en ont peur.
IX.
Sur le portrait qu'on me fait de l'Etre Suprême, sur son penchant à la
colere, sur la rigueur de ses vengeances, sur certaines comparaisons qui
nous expriment en nombres le rapport de ceux qu'il laisse périr, à ceux
qui il daigne tendre la main; l'ame la plus droite seroit tentée de
souhaiter qu'il n'existe pas. [13] L'on seroit assez tranquille en ce
monde, si l'on étoit bien assuré que l'on n'a rien à craindre dans l'autre:
la pensée qu'il n'y a point de Dieu n'a jamais effrayé personne; mais
bien celle qu'il y en a un, tel que celui qu'on me peint.
X.
Il ne faut imaginer Dieu ni trop bon ni méchant. La justice est entre
l'exces de la clémence & la cruauté; ainsi que les peines finies sont en[14] tre l'impunité & les peines éternelles.
32
a tali tormenti?12 Il Dio che hanno offeso.… E qual'é questo Dio? Un Dio pieno
di bontà… Un Dio pieno di bontà si compiacerebbe forse a immergersi nelle
lacrime? Il terrore non costituisce un ingiuria per la sua clemenza? Se dei criminali
avessero da quietare i furori di un tiranno, che mai potrebbero fare di più?
VIII
V'è della gente di cui non
paura del diavolo!13
[12]
bisogna dire che teme Iddio, ma che ne ha una…
IX
Affidandosi al ritratto che mi si fa dell'Essere Supremo, della sua inclinazione alla
collera, del rigore delle sue vendette14, basandosi su certi confronti che ci
esprimono numericamente il rapporto tra coloro ch 'Egli lascia perire e coloro a cui
si degna di porgere la mano, l'anima più retta sarebbe tentata d'augurarsi che un tale
Essere non esista per nulla.[13] Si sarebbe sufficientemente tranquilli in questo
mondo, se si fosse al tutto certi che non si ha nulla da temere nell'altro. Il pensiero
che Dio non esista non ha mai terrorizzato nessuno; sì invece quello che ne esista
uno, tal quale me l'hanno raffigurato.
X
Dio non bisogna immaginarselo né troppo buono, né cattivo. La giustizia15 sta tra
l'eccesso della clemenza e la crudeltà, come le pene finite stanno tra [14] l'impunità e
le pene eterne.
33
XI.
Je sais que les idées sombre de la superstition sont plus généralement
approuvées que suivies; qu'il est des dévots qui n'estiment pas qu'il
faille se haïr cruellement pour bien aimer Dieu et vivre en désespérés
pour être religieux: leur sagesse est fort humaine: mais d'où naît cette
différence de [15] sentimens, entre des gens qui se prosternent aux pieds
de mêmes Autels? La piété suivroit-elle aussi la loi de ce maudit
tempérament? Hélas: comment en disconvenir? Son influence ne se
remarque que trop sensiblement dans le même dévot: il voit, selon qu'il
est affectée, un Dieu vengeur ou misricordieux; les enfers ou les cieux
ouverts: il tremble de frayeur, ou il brule d'amour: c'est une fiévre qui a
ses accès froids & chauds.
[16]
XII.
Oui, je le soutiens: la superstition est plus injurieuse à Dieu que
l'Athéisme. J'aimerois meiux, dit Plutarque, qu'on pensât qu'il n'y eût
jamais de Plutarque au monde, que de croire que Plutarque est injuste,
colére, inconstant, jaloux, vindicatif, & tel qu'il seroit bien fâché d'être.
XIII.
Le Deïste seul peut faire [17] tête à l'Athée.. Le superstitieux n'est pas
de sa force. Son Dieu n'est qu'un être d'imagination. Outre les difficultés
de la matiére, il est exposé à toutes celles qui résultent de la fausseté de
ses notions. Un C… un S… auroient été mille fois plus embarassans
pour un Vanini, que tous les Nicoles & les Pascals du monde.
*
*
Jansenistes célébres.
34
XI
So che le idee cupe della superstizione sono di norma più approvate che seguite;
esistono dei devoti che non ritengono necessario odiarsi crudelmente per amare al
meglio Iddio e vivere nella disperazione per essere religiosi; la loro devozione è
allegra, la loro saggezza umanissima. Ora, come mai vi è questa differenza tra [15]
gente che si prosterna di fronte agli stessi altari? La stessa pietà seguirà anch'essa la
legge di questo maledetto temperamento? Ahimé! come disconvenirne? L'influenza
del temperamento si fa avvertire in misura sensibile all'interno anche della stessa
persona religiosa16: a seconda dei suoi stati d'animo vede infatti un Dio vendicatore
o misericordioso, gli inferni o i cieli aperti; e ora trema atterrito, ora arde d'amore.
Insomma, si tratta d'una febbre che ha i suoi accessi freddi e caldi.
[16] XII
Sì, lo sostengo: la superstizione è più ingiuriosa nei confronti di Dio dell'ateismo.
Preferirei, dice Plutarco17, che si pensasse che non è mai esistito al mondo un
Plutarco, piuttosto che si credesse di lui che è ingiusto, collerico, incostante,
geloso, vendicativo e tale che egli non vorrebbe davvero mai essere.
XIII
Solo il Deista sa tener [17] testa all'Ateo. Il superstizioso non ne è all'altezza. Il suo
Dio non è che un essere immaginario. Oltre alle difficoltà intrinseche di per sé a
questo argomento, è esposto infatti a tutte le difficoltà che insorgono dalla falsità
delle sue nozioni. Un C18…, un S… sarebbero stati mille volte più imbarazzanti per
un Vanini di tutti i Nicole e i Pascal del mondo.
35
XIV
Pascal avoit de la droitu-[18] re, mais il étoit peureux & crédule.
Elégant Ecrivain & Raisonneur profond, il eût sans doute éclairé
l'univers; si la Providence ne l'eût abandonné à des gens qui sacrifiérent
se talens à leur haines. Qu'il seroit à souhaiter qu'il eût laissé aux
Théologiens de son tems le soin de vuider leurs querelles; qu'il se fût
livré à la recherche de la verité, sans réserve & sans crainte d'offenser
Dieu, en se servant de tout l'esprit qu'il en avoit reçu; [19] et sur-tout,
qu'il eût refusé pour maîtres des hommes qui n'étoient pas dignes d'être
ses disciples. On pourroit bien lui appliquer ce que l'Ingénieux La
Mothe disoit de la Fontaine, qu'il fut assez bête pour croire qu'Arnauld,
de Sacy & Nicole valoient mieux que lui.
XV.
"Je vous dis qu'il n'y a point de Dieu; que la création est une chimere;
que l'éternité du monde n'est [20] pas plus incommode que l'éternité d'un
esprit; que, parce que je ne conçois pas comment le mouvement a pu
engendrer cet univers qu'il a si bien la vertu de conserver, il est ridicule
de lever cette difficulté par l'existence supposée d'un Etre que je ne
conçois pas davantage; que, si les merveilles qui brillent dans l'ordre
Physique décelent quelque intelligence, les désordres qui regnent dans
l'ordre moral, anéantissent [21] toute Providence. Je vous dis que, si tout
est l'ouvrage d'un Dieu, tout doit être le mieux qu'il est possible: car si
tout n'est pas le mieux qu'il est possible, c'est en Dieu impuissance ou
mauvaise volonté. C'est donc pour le mieux que je ne suis pas éclairé
sur son existence: cela posé, qu'ai-je à faire de vos lumieres? Quand il
seroit assi démontrée qu'il est peu, que tout mal
36
XIV
Pascal era un uomo retto, [18] ma credulo e pauroso. Elegante19 scrittore e profondo
ragionatore avrebbe indubbiamente rischiarato l'universo, se la Provvidenza non
l'avesse abbandonato a gente che sacrificò i suoi talenti ai loro odi. Quanto sarebbe
stato auspicabile che avesse lasciato ai teologi del suo tempo di esaurire le loro
polemiche, che si fosse dedicato alla ricerca della verità, senza riserve e senza
timore di offendere Dio servendosi della straordinaria intelligenza che aveva
ricevuto e,[19] soprattutto, che avesse rifiutato di prendere per maestri uomini
indegni di essere suoi discepoli. Gli si può applicare quanto l'ingegnoso la Mothe 20
diceva di La Fontaine, di essere stato così stupido da credere che Arnauld21, de
Sacy e Nicole valessero più di lui.
XV
"Io vi dico che Dio non esiste, che la creazione è una chimera, che l'eternità del
mondo non è [20] più impensabile dell'eternità di uno spirito; che, dal momento che
non concepisco come il movimento abbia potuto dar vita a questo universo che ha
tuttavia la virtù di conservare, è ridicolo rimuovere questa difficoltà ricorrendo alla
supposta esistenza di un Essere che non concepisco certo in modo migliore; che se
le meraviglie che splendono nell'ordine Fisico nascondono una qualche intelligenza,
i disordini che regnano nell'ordine morale annientano [21] ogni Provvidenza. Io vi
dico che se tutto è opera di un Dio, tutto dev'essere il meglio possibile; perché se
22
tutto non è il meglio che è possibile vi è in Dio o impotenza o cattiva volontà . E'
dunque in vista del meglio che io non ho lumi sulla sua esistenza; ciò posto, che
debbo farmene dei vostri lumi? Quand'anche fosse dimostrato - e non lo è affatto -
37
est la source d'un bien; qu'il etoit [22] bon qu'un Britannicus, que le
meilleur des Princes périt; qu'un Neron, que le plus méchant des
hommes regnât; comment prouveroit-on qu'il étoit impossible
d'atteindre au même but, sans user des mêmes moyens? Permettre des
vices, pour relever l'éclat des vertus, c'est un bien frivole avantage pour
un inconvenient si réel. Voilàn dit l'Athée, ce que je vous objecte?
Qu'avez-vous à répondre?"………"que je [23) un scélérat; & que si je
n'avais rien à craindre de Dieu, je n'en combattrois pas l'éxistence."
Laissons cette phrase aux Déclamateurs: elle peut choquer la vérité;
l'urbanité la défend, & elle marque peu de charité. Parce qu'un homme a
tort de ne pas croire en Dieu, avons-nous raison de l'injurier? On n'a
recours aux invectives, que quand on manque de preuves. Entre deux
Controversistes, il y a cent à parier contre un que [24] celui qui aura
tort, se fâchera. "Tu prends ton tonnerre, au lieu de répondre, dit
Ménippe à Jupiter; tu as donc tort."
XVI
On demandoit un jour à quelqu'un, s'il y avoit de vrais Athées.
Croyez-vous, répondit-il, qu'il y ait de vrais Chrétiens?
XVII
Toutes les Billevezées de la Métaphysique ne valent [25] pas un
argument ad hominem. Pour convaincre, il ne faut quelquefois que
réveiller le sentiment, ou Physique ou Moral. C'est avec un baton qu'on
a prouvé au Pirrhonien qu'il avoit tort de nier son éxistence. Cartouche,
le pistolet à la main, auroit pu faire a Hobbes une pareille leçon. "La
bourse ou la vie: nous somme seuls: je suis le plus fort; & il n'est pas
question entre nous d'équité."
38
che ogni male è la fonte di un bene, ch'era un [22] bene che Britannico, il migliore
dei Principi perisse e regnasse invece Nerone23, il più malvagio tra gli uomini, come
si dimostrerebbe che era impossibile conseguire lo stesso fine senza usare gli stessi
mezzi? Permettere dei vizi per incrementare lo splendore delle virtù è un vantaggio
molto frivolo a petto di un inconveniente così reale. Ecco - dice l'Ateo- le mie
obiezioni: che avete da rispondermi?"…" che io [23]sono uno scellerato, e che se
non dovessi temere nulla da Dio, non ne combatterei l'esistenza.". Lasciamo
questa frase ai Predicatori24: può urtare la verità, la cortesia la proibisce e attesta
una mancanza di carità. Per il fatto che un uomo ha il torto di non credere in Dio,
noi abbiamo ragione di insultarlo? Si ricorre alle invettive solo dove mancano le
prove. Tra due controversisti25 si può scommettere cento contro uno che [24] ad
arrabbiarsi sia sempre colui che ha torto." Tu ricorri al tuo tuono anziché
rispondere - dice Menippo26 a Giove - dunque tu hai torto."
XVI
Un giorno fu chiesto a qualcuno se credeva che esistessero dei veri atei. Rispose:
perché? voi credete che esistano dei veri cristiani?
XVII
Tutte le frottole della metafisica non valgono [25] un argomento ad hominem.27 Per
convincere non occorre altro talora se non risvegliare il sentimento, fisico o morale.
E' ricorrendo a un bastone che si è provato al pirroniano 28 che aveva torto a negare
la sua esistenza. Cartouche, la pistola in pugno, avrebbe potuto dare a Hobbes una
lezione analoga. "O la borsa o la vita! noi siamo soli, io sono il più forte e tra di noi
non è in questione l'equità".
39
[26]
XVIII
Ce n'est pas de la main du Métaphysicien que sont partis les grands
coups que l'Atheïsme a reçus. Les méditation sublimes de Mallebranche
& de Descartes étoient moins propres à ébranler le matérialisme, qu'une
observation de Malpighi. Si cette dangéreuse hypothèse chanchelle de
nos jours, c'est à la Physique expérimentale que l'honneur en est dû. Ce
n'est que dans les ouvrages de [27] Newton, de Muschenbrœk,
d'Hartzœker, & de Nieuwentit qu'on a trouvé des preuves satisfaisantes
de l'éxistence d'un Etre souverainement intelligent. Graces aux travaux
de ce grands Hommes, le monde n'est plus un Dieu: c'est une machine
qui a ses roues, ses cordes, ses poulies, ses ressorts & ses poids.
XIX
Les subtilités de l'Ontologie ont fait tout au plus des [28] Sceptiques:
c'est à la connoissance de la nature qu'il étoit réservé de faire de vrais
Déistes. La seule découverte des germes a dissipés une des plus
puissantes objections de l'Athéisme. Que le mouvement soit essentiel à
la matiére, je suis maintenant convaincu que ses effets se terminent à
des développemens: toutes les observations concourent à me démontrer
que la putréfaction seule ne produit rien d'organisé: je puis admettre que
le [29] méchanisme de l'insecte lee plus vil n'est pas moins merveilleux
que celui de l'homme, & je ne crains pas qu'on en infére qu'une agitation
intestine des molécules étant capable de donner l'un, il est
vraisemblable qu'elle a donnée l'autre. Si un Athée avoit avancée, il y a
deux cens ans, qu'on verroit peut-être un jour des hommes sortir tout
formés des entrailles de la terre, comme on
40
[26] XVIII
Non è dalle mani dei Metafisici che sono partiti i colpi più duri assestati all'ateismo.
Le meditazioni sublimi di Malebranche29 e di Descartes erano meno in grado di
mandare all'aria il materialismo di un'unica osservazione di Malpighi.Se questa
ipotesi pericolosa oggi vacilla, l'onore va reso alla Fisica sperimentale. Non è che
nelle opere [27] di Newton, di Muschenbroek, d'Hartzoeker e di Nieuwentit che si
sono trovate delle prove soddisfacenti dell'esistenza di un Essere sovranamente
intelligente. Grazie ai lavori di questi grandi uomini il mondo non è più un Dio30: è
una macchina con le sue ruote, le sue corde, le sue pulegge, le sue molle e i suoi
pesi.
XIX
31
Le sottigliezze dell'ontologia al più hanno prodotto degli [28] Scettici; era
riservato alla conoscenza della natura produrre dei veri Deisti. Da sola, la scoperta
dei germi ha dissipato una delle più forti obiezioni dell'Ateismo. Che il movimento
32
sia essenziale o accidentale per la materia , io sono ora convinto che i suoi effetti
culminano in sviluppi: tutte le osservazioni concorrono a dimostrarmi che da sola la
33
putrefazione non produce nulla d'organizzato . Io posso ammettere che il [29]
meccanismo dell'insetto più vile non è meno meraviglioso di quello dell'uomo e non
temo che, da una agitazione interna di molecole capace di produrre l'uno, si
inferisca la verosimiglianza che anche l'altro sia prodotto in modo analogo. Se un
ateo, duecento anni fa, avesse sostenuto che si sarebbero forse potuti vedere un
giorno degli uomini uscire dalle viscere della terra bell'e formati, come si
41
voit éclore une foule d'insectes, d'une masse de chair échauffée; je [30]
voudrois bien sçavoir ce qu'un Métaphysicien auroit eu à lui répondre.
XX.
C'étoit en vain que j'avois essayé contre un Athée les subtilités de
l'école: il avoit même tiré de la foiblesse de ces raisonnemens une
objection assez forte:"Une multitude de vérités inutiles me sont
démontrées sans replique, disoit-il, & l'existence de Dieu, la réalité du
bien & du mal moral, [31] l'immortalité de l'âme sont encore des
problémes pour moi: quoi donc? me seroit-il moins important d'être
convaincu que les trois angles d'un triangle sont egaux à deux droits?
Tandis qu'en habile Déclamateur, il me faisoit avaler à long traits
l'amertume de cette réflexion; je r'engageai le combat par une question
qui dût paroître singuliére à un homme enflé de ses premiers succès…
[32] Etes-vous un Etre pensant, lui demandai-je?………"en pourriezvous douter, me répondit-il, d'un air satisfait. ……pouquoi non? qu'ai-je
apperçu qui m'en convainque? ……de sons & de mouvemens?… Mais
le Philosophe en voit autant dans l'animale qu'il dépouille de la faculté
de penser: Pourquoi vous accorderois-je ce que Descartes refuse à la
fourmi? Vous produisez à l'extérieur des actes assez propres à m'en
imposer; je serois [33] tenté d'assurer que vous pensez en effet: mais la
raison suspend mon jugement."Entre les actes extérieurs & la pensée, il
n'y a point de liaison essentielle, me dit-elle: il est possible que ton
Antagoniste ne pense non plus que sa montre:falloit-il prendre pour un
Etre pensant, le premier animal à qui l'on apprit à parler? Qui t'a révelé
que tous les hommes ne sont pas autant de perroquets instruits à ton
insçu?"…"Cette com-[34] paraison est tout au plus ingénieuse, me
42
vedono schiudere una folla d'insetti34 da una massa di carne riscaldata,[30] vorrei
proprio sapere cosa avrebbe potuto rispondergli un metafisico.
XX
Invano avevo tentato contro un ateo le sottigliezze scolastiche; dalla debolezza di
tali ragionamenti aveva persino ricavato un'obiezione assai forte: "Mi sono
dimostrate senza possibilità di replica una moltitudine di verità inutili - mi diceva - e
l'esistenza di Dio, la realtà del bene e del male morale,[31] l'immortalità dell'anima
sono ancora dei problemi per me. Ma come! E' forse meno importante avere dei
lumi su argomenti del genere che essere convinto che i tre angoli di un triangolo
sono eguali a due angoli retti? " Mentre da abile retore 35 mi faceva ingoiare tutta
l'amarezza di questa riflessione, io riingaggiai battaglia con una questione che
dovette apparire singolare a un uomo inorgoglito dei suoi primi successi…[32] Gli
domandai: "Siete un essere pensante?"
"Perché? Potreste dubitarne?" mi rispose con un aria soddisfatta. "E perché no?
che cos'ho percepito che me ne convinca?… dei suoni, dei movimenti… Ma il
Filosofo ne constata altrettanti nell'animale che considera privo della facoltà di
36
pensare. Perché dovrei accordarvi ciò che Descartes rifiuta alla formica ? Voi
producete all'esterno degli atti molto adatti a convincermi e, in effetti, sarei [33]
tentato di sostenere che voi pensiate, ma la ragione sospende il mio giudizio." "Tra
gli atti esterni e il pensiero, essa mi dice, non vi è un nesso essenziale: è possibile
che il tuo antagonista pensi altrettanto poco come il suo orologio. Forse che
bisogna considerare come un essere pensante il primo animale a cui si è insegnato a
parlare? Chi ti ha rivelato che tutti gli uomini non sono dei pappagalli istruiti a tua
37
insaputa? …"Questa com-[34] parazione, mi replicò, è soltanto
43
repliqua-t'il; ce n'est pas sur le mouvement & les sons; c'est sur le fil des
idées, la conséquence qui regne entre les propositions, & la liaison des
raisonnements, qu'il faut juger qu'un Etre pense: s'il se trouvoit un
perroquet qui répondit à tout, je prononcerois sans balancer que c'est un
Etre pensant… Mais qu'a de commun cette question avec l'existence de
Dieu? quand [35] vous m'aurez démontré que l'homme en qui j'apperçois
le plus d'esprit n'est peut-être qu'un Automate, en serai-je miex disposé
à reconnoître une intelligence dans la nature?……"C'est mon affaire,
repris-je: convenez cependant qu'il y auroit de la folie à refuser à vos
semblables la faculté de penser:" "sans doute, mais que s'ensuit-il de là?
"…"il s'ensuit que si l'univers, que dis-je l'univers, que si l'aile d'un
papillon m'offre des tra- [36] ces mille fois plus distinctes d'une
intelligence, que vous n'avez d'indices que votre semblable est doué de
la faculté de penser, il seroit mille fois plus fou de nier qu'il éxiste un
Dieu, que de nier que votre semblable pense. Or que cela est ainsi; c'est
à vos lumiéres, c'est à votre conscience que j'en appelle: avez-vous
jamais remarqué dans les raisonnements, les actions, & la conduite de
quelqu'homme que ce soit, plus d'intelligence, d'ordre, [37] de sagacité,
de consequence que dans le méchanisme d'un insecte? La Divinité n'estelle pas aussi clairement empreinte dans l'œil d'un Ciron, que la faculté
de penser dans les ouvrages du grand Newton? Quoi! le monde formé
prouve moins une intelligence, que le monde expliqué?… Quelle
assertion!"… "mais, repliquez-vous, j'admets la faculté de penser dans
un autre, d'autant plus volontiers que je pense moi-mê- [38] me.…
Voilà, j'en tombe d'accord, une présomption que je n'ai point: mais n'en
suis-je pas dédommagé par la superiorité de mes preuves sur les vôtres?
L'intelligence d'un premier Etre ne m'est pas mieux démontrée dans la
nature, par ses ouvrages, que la faculté de penser dans un Philosophe
par ses écrits: songez
44
ingegnosa; non è sui movimenti e sui suoni, è sul filo delle idee, sulla coerenza che
regna tra le proposizioni e sulla connessione dei ragionamenti che bisogna fondarsi
per sostenere che un Essere pensa; se si trovasse un pappagallo che risponde a
tutto, dichiarerei senza esitazione di sorta che è un Essere pensante… Ma che
c'entra questa questione con l'esistenza di Dio? Quand'anche [35] mi aveste
dimostrato che l'uomo in cui io colgo maggiore intelligenza non può essere se non
un automa, sarei meglio disposto a riconoscere un'intelligenza nella natura?…"
"Questo è affar mio, risposi a mia volta, converrete tuttavia che sarebbe folle
rifiutare ai vostri simili la facoltà di pensare…" "Senza dubbio, ma cosa ne
consegue?" "Ne consegue che se l'universo, ma che dico l'universo?, se l'ala di una
farfalla mi offre delle trac- [36] ce mille volte più distinte d'una intelligenza, degli
indizi che voi avete per ritenere che il vostro simile sia un essere pensante, sarebbe
mille volte più folle negare che esista un Dio, che negare che il vostro simile pensi.
Ora che sia così, è ai vostri lumi, alla vostra coscienza che io faccio appello: avete
mai notato nei ragionamenti, nelle azioni e nella condotta di qualche uomo,
chiunque sia, una maggiore intelligenza, una maggior sagacia,[37] un ordine e una
consequenzialità pari a quella che si trova nel meccanismo di un insetto? La
38
Divinità non è altrettanto chiaramente impressa nell'occhio di un acaro quanto la
facoltà di pensare nelle opere del grande Newton? Ma come? Il mondo formato
proverebbe l'intelligenza in una misura minore rispetto al mondo spiegato?… Che
razza d'asserzione!… Ma, voi replicherete, io ammetto la facoltà di pensare in un
altro, tanto più volentieri in quanto penso io stes- [38] so… Ecco, sono d'accordo,
ma io non ho per nulla questo pregiudizio e non mi sono forse disobbligato con la
superiorità delle mie prove sulle vostre? L'intelligenza d'un Essere primo non è
meglio dimostrata nella natura, dalle sue opere, che la facoltà di pensare in un
filosofo nei suoi
45
donc que je ne vous objectois qu'une aile de papillon, qu'un œil de
ciron, quand je pouvois vous écra-[39] ser du poides de l'univers. Ou je
me trompe lourdement, ou cette preuve vaut bien la meilleure qu'on ait
encore dictée dans les écoles." C'est sur ce raisonnment, & quelques
autre de la même simplicité, que j'admets l'existence d'un Dieu, & non
sur ces tissus d'idées seches & Métaphysiques, moins propres à
dévoiler la vérité, qu'à lui donner l'air dun mensonge.
[40]
XXI.
J'ouvre les cahiers d'un Professeur célébre, & je lis:"Athées, je vous
accorde que le mouvement est essentiel à la matiére; qu'en concluezvous?…que le monde résulte du jet fortuit des atômes? J'aimerois autant
que vous me dissiez que l'Iliade d'Homere, ou la Henriade de Voltaire
est un résultat de jets fortuits de caracteres. Je me garderai bien de
faire[41] ce raisonnement à un Athée. Cette comparaison lui donnera
beau jeu. Selon les loix de l'Analyse des Sorts, me diroit-il, je ne dois
point être surpris qu'une chose arrive, lorsqu'elle est possible, & que la
difficulté de l'événement est compensée par la quantité des jets. Il y a
tel nombre de coups dans lequels je gagerois avec avantage d'amener
cent mille six à la foi, avec cent mille dez. Quelle que fût la somme finie
de caracteres avec [42] laquelle on me proposeroit d'engendrer
fortuitement l'Iliade, il y a telle somme finie de jets qui me rendroit la
proposition avantageuse: mon avantage seroit même infini, si la quantité
de jets accordée étoit infinie. Vous voulez bien convenir avec moi,
continueroit-il, que la matiére existe de toute éternité, & que le
mouvement lui est essentiel. Pour répondre à cette faveur, je vais
supposer avec vous, que le monde n'a point
46
scritti? Pensate dunque che io non vi obiettavo che un'ala di farfalla, che l'occhio di
un acaro quando avrei potuto schiac-[39]ciarvi con il peso dell'universo. O io mi
sbaglio di grosso, o questa prova è all'altezza della migliore prova fornita dagli
scolastici. E' in base a questo ragionamento e a qualche altro egualmente semplice
che io ammetto l'esistenza di un Dio e non su questo tessuto di metafisica e di idee
aride, meno capaci di disvelare la verità che di conferirle l'aspetto della menzogna.
[40] XXI
39
Apro i quaderni di un celebre professore e vi leggo: "Atei, vi concedo che il
movimento sia essenziale alla materia; ma cosa ne concludete?… che il mondo
risulta dal lancio fortuito degli atomi? Sarebbe la stessa cosa che mi diceste che
l'Iliade d'Omero o l'Henriade di Voltaire sono il risultato di combinazioni fortuite
delle lettere dell'alfabeto." Io mi guarderei bene dal fare [41] questo ragionamento
con un ateo. Questo confronto gli darebbe buon gioco. In base alle leggi del calcolo
40
delle probabilità , mi direbbe, non debbo affatto sorprendermi che accada una cosa,
una volta che è possibile e che la difficoltà dell'evento è compensata dalla quantità
dei lanci. Vi è un tal numero di colpi in cui scommetterei con mio vantaggio di fare
centomila volte sei alla volta, avendo centomila dadi a disposizione. Quale che sia la
somma finita dei caratteri con [42] cui mi si proporrebbe di produrre fortuitamente
l'Iliade, esiste tale somma finita di lanci che mi renderebbe la proposta vantaggiosa:
il mio vantaggio sarebbe addirittura infinito, se fosse infinita la quantità dei dati
concessa. Voi vorrete convenire con me - proseguirebbe - che la materia esiste da
tutta l'eternità e che il movimento le è essenziale. Per rispondere al favore che mi
fate io supporrò con voi che il mondo non abbia dei
47
des bornes; [43] que la multitude des atômes étoit infinie, & que cet
ordre qui vous étonne, ne se dément de nulle part: or de ces aveux
réciproques, il ne s'ensuit autre chose, sinon que la possibilité
d'engendrer fortuitement l'univers est très-petite, mais que la quantité de
jets est infinie, c'est-à-dire, que la difficulté de l'événement est plus que
suffisamment compensée par la multitude des jets. Donc si quelque
choses doit répugner à la raison, c'est la [44] supposition que la matiére
s'etant muë de toute éternité, & qu'y ayant peut-être dans la somme
infinie des combinaisons possibles, un nombre infini d'arrangements
admirable, il ne se soit rencontré dans la multitude infinie de ceux
qu'elle a pris successivement. Donc l'esprit doit être plus étonné de la
durée hypothétique du cahos, que de la naissance réelle de l'univers.
[45]
XXII.
Je distingue les Athées en trois classes. Il y e a quelques-uns qui
vous disent nettement qu'il n'y a point de Dieu, & qui le pensent, ce
sont les vrais Athées: un assez grand nombre qu ne sçavent qu'en
penser, & qui decideroient volontiers la question à croix ou pile; ce
sont les Athées Sceptiques; beaucoup plus qui voudroient qu'il n'y en
eût point, qui font semblent d'en être [46] persuadés, qui vivent comme
s'ils l'étoient, ce sont les fanfarons du parti. Je déteste les fanfarons, il
sont faux; je plains le vrais Athées, toute consolation me semble morte
pour eux; & je prie Dieu pour les Sceptiques, ils manquent des
lummières.
48
limiti,[43] che la moltitudine degli atomi sia infinita e che quest'ordine che vi stupisce
non si smentisce da nessuna parte; ora da queste concessioni reciproche non segue
se non che la possibilità che l'universo sia ingenerato fortuitamente è piccolissima,
ma anche che la quantità di lanci è infinita, ovvero, che la difficoltà dell'evento è più
che sufficientemente compensata dalla moltitudine dei lanci. Dunque se qualcosa
deve ripugnare alla ragione è la [44] supposizione che essendosi mossa la materia da
tutta l'eternità e che essendovi forse nella somma infinita delle combinazioni
possibili un numero infinito di ordinamenti ammirevoli, non si sia trovato nessuno di
questi ammirevoli ordinamenti nella moltitudine infinita di quelli che la materia ha
successivamente assunto di volta in volta. Dunque la mente deve essere più stupita
dalla durata ipotetica del caos, che dalla nascita reale dell'universo.41
[45] XXII
42
Distinguo gli atei in tre classi . Ve ne sono alcuni che vi dicono chiaramente che
non esiste nessun Dio e che lo pensano: sono i veri atei. Un numero
sufficientemente ampio che non sanno che pensarne e che deciderebbero volentieri
la questione a testa o croce: sono gli atei scettici. Più numerosi sono coloro che
vorrebbero che non vi fosse alcun Dio, che fanno finta di esserne [46] persuasi, che
vivono come lo fossero: sono i fanfaroni del partito. Io detesto i fanfaroni, sono
falsi. Compiango i veri atei, ogni consolazione mi pare morta per loro, e prego per
gli scettici, mancano di lumi.
49
XXXIII.
Le Deïste assure l'éxistence d'un Dieu, l'immortalité de l'âme & ses
suites: le Sceptique n'est point décidé sur ces articles: l'Athée [47] les
nie. Le Sceptique a donc pour être vertueux un motif de plus que
l'Athée, & quelque raison de moins que le Déiste. Sans la crainte du
Legislateur, la pente du temperament, & la connoissance des avantages
actuels de la vertu, la probité de l'Athée manqueroit de fondement, &
celle du Sceptique seroit fondée sur un peut-être.
XXXIV.
Le Scepticisme ne con- [48] vient pas à tout le monde.Il suppose un
examen profond & desinteressé: celui qui doute, parce qu'il ne connoit
pas les raisons de crédibilité, n'est qu'un ignorant. Le vrai Sceptique a
compté & pesé les raisons. Mais ce n'est pas une petite affaire que de
peser des raisonnemens. Qui de nous en connoit exactement la valeur?
qu'on appporte cent preuves de la même vérité, aucune ne manquera de
partisans. Chaque esprit a son télesco- [49] pe. C'est un colosse à mes
yeux que cette objection qui disparoit aux vôtres: vous trouvez légere
une raison qui m'écrase. Si nous somme divisés sur la valeur
intrinseque, comment nous accorderons-nous sur le poids relatif? Ditesmoi, combien faut-il de preuves morales pour contrebalancer une
conclusion Metaphysique? Sont-ce mes lunettes qui péchent ou le
vôtres? Si donc il est si difficile de peser des raisons, & s'il n'est point
de [5O] questions qui n'en ayent pour & contre, & presque toujours à
égale mesure, pourquoi tranchons-nous si vîte? D'où nous vient ce ton si
décidé? N'avons-nous pas éprouvé cent fois que la suffisance
dogmatique révolte. "On me fait hair les choses
50
XXIII
Il Deista assicura l'esistenza d'un Dio, l'immortalità dell'anima43 e le sue
conseguenze. Lo scettico non ha un'idea certa su questi argomenti. L'ateo [47] li
nega. Lo scettico ha dunque per essere virtuoso un motivo in più rispetto all'ateo e
qualche ragione in meno del deista. Senza il timore del Legislatore, l'inclinazione
del temperamento, e la conoscenza dei vantaggi attuali della virtù, la probità degli
atei mancherebbe di fondamento44, e quella dello scettico sarebbe fondata su di un
forse.
XXIV
Lo scetticismo non s'at- [48] taglia a tutti quanti. Presuppone un esame
profondo e disinteressato: colui che dubita, perché non conosce le ragioni di
credibilità, è semplicemente un ignorante. Il vero scettico ha contato e soppesato le
ragioni. Ma non è una faccenda da poco soppesare dei ragionamenti. Chi di noi ne
conosce esattamente il valore? se si apportano cento prove della stessa verità,
nessuna sarà priva di sostenitori. Ogni mente ha il suo telesco-[49] pio. Ai miei
occhi è colossale un'obiezione che ai vostri scompare; voi trovate leggera una
ragione che invece mi schiaccia. Se siamo divisi sul valore intrinseco come ci
accorderemo sul peso relativo? Ditemi, quante prove morali sono necessarie per
controbilanciare una conclusione metafisica? E sono le mie lenti o le vostre ad
essere difettose? Se dunque è così difficile soppesare le ragioni e se non esistono
[50] questioni che non ne abbiano a favore o contrarie, e quasi sempre in misura
eguale, perché mai noi tronchiamo l'esame così in fretta? Da dove ci viene questo
tono così deciso e spavaldo? Non abbiamo provato cento volte che la sufficienza
dogmatica induce alla rivolta? "Mi si fanno odiare
51
vraisemblables, dit l'Auteur des Essais, quand on me le plante pour
infaillibles. J'aime ces mots qui amolissent & modérent la témérité de
nos propositions, à l'aventure, aucu- [51] nement, quelquefois, on dit,
je pense, & autres semblables: & si j'eusse eu à dresser des enfans, je
leur eusse tant mis en la bouche cette façon de répondre enquestante &
non résolutive, qu'est-ce à dire, je ne l'entens pas, il pourroit être, estil-vrai, qu'ils eussent plutôt gardé la forme d'apprentifs à soixante ans,
que de répresenter les docteurs à l'âge de quinze.
[52]
XXV.
Qu'est-ce que Dieu? question qu'on fait aux enfans & à laquelle les
Philosophes ont bien de la peine à repondre.
On sçait à quel âge un enfant doit apprendre à lire, à chanter, à
danser, le Latin, la Géometrie. Ce n'est qu'un matiére de religion qu'on
ne consulte point sa portée: à peine entend-il, qu'on lui demande,
Qu'est-ce que Dieu? C'est das le même instant,[53] c'est de la même
bouche qu'il apprend qu'il y a des Esprits follets, des Revenans, des
Loups-garoux & un Dieu. On lui inculque une des plus importantes
vérités, d'une maniere capable de le décrier un jour au tribunal de sa
raison. En effet, qu'y aura-t-il de surprenant, si trouvant à l'âge de vingt
ans, l'éxistence de Dieu confondue dans sa tête, avec une foule de
préjugés ridicules, il vient à la méconnoître, à la traiter [54] ainsi que
nos Juges traitent un honnête-homme, qui se trouve engagé par accident
dans une troupe de coquins.
XXVI.
On nous parle trop-tôt de Dieu: autre défaut, on n'insiste pas assez
sur sa présence. Les hommes ont banni la Divinité
52
le cose verosimili, dice l'autore dei Saggi , quando me le si presentano come
infallibili. Io amo quelle parole che smorzano e moderano la temerarietà delle nostre
asserzioni, forse, in qual- [51]che modo, talora, si dice, io penso e altre consimili.
Se avessi da educare dei bambini metterei loro in bocca a tal punto questo modo di
rispondere interrogativo e non risolutivo vale a dire? non capisco, potrebbe
essere, è vero? che conserverebbero l'aspetto d'apprendisti a sessant'anni, anziché
presentarsi come dottori a quindici anni."45
[52] XXV
Cos'è Dio? domanda che si pone ai bambini e a cui i filosofi sono in gran pena per
rispondere.46
Si sa a che età un bambino deve apprendere a leggere, a cantare, a ballare, il latino,
la geometria. Non è che in materia di religione che non si consultano le sue
capacità.Cos'è Dio? Dalla stessa bocca, nello stesso istante,[53] egli apprende che
esistono gli spiriti folletti, gli spettri, i lupi mannari e un unico Dio.Gli si inculca una
delle verità più importanti in un modo capace di screditarla un giorno al tribunale
della sua ragione. In effetti che vi sarà di sorprendente se, trovando a vent'anni
l'esistenza di Dio confusa nella sua mente insieme ad una folla di ridicoli pregiudizi,
egli la misconoscerà e la tratterà [54] alla stessa stregua con cui i nostri giudici
trattano un onest'uomo che si trova per caso in una banda di malfattori?
XXVI
Ci si parla troppo presto di Dio. Altro difetto: non si insiste a sufficienza sulla
sua presenza. Gli uomini hanno bandito da sé la divinità,
53
d'entr'eux; ils l'ont réleguée dans un Sanctuaire; les murs d'un temple
bornent sa vue; elle n'existe point au-delà. Insensés que vous êtes,
détruisez ces en-[55] ceintes qui rétrécissent vos idées, élargissez Dieu:
voyez-le par-tout où il est, ou dites qu'il n'est point. Si j'avois un enfant
à dresser, moi, je lui ferois de la Divinité une compagnie si réelle, qu'il
lui en couteroit peut-être moins pour devenir Athée que pour s'en
distraire. Au lieu de lui citer l'exemple d'un autre homme qu'il connoît
quelquefois pour plus méchant que lui; je lui dirois brusquement, Dieu
t'entends, & tu ments. Les jeunes gens veu-[56] lent être pris par les
sens: je multiplirois donc autour de lui le signes indicatifs de la
présence Divine. S'il se faisoit, par exemple, un cercle chez moi, j'y
marquerois une place à Dieu; & j'accotumerois mon élève à dire, "Nous
etions quatre, Dieu, mon ami, mon Gouverneur, & moi."
[57]
XXVII.
L'ignorance & l'incuriosité sont deux oreilliers fort doux; mais pour
les trouver tels, il faut avoir la tête aussi bienfaite que Montaigne.
XXVIII.
Les esprits boillants, les imaginations ardentes ne s'accomodent pas
de l'indolence du Sceptique. Ils aiment mieux hazarder un choix que de
n'en faire aucun; se tromper que de vi-[58] vre incertains: soit qu'ils se
méfient de leurs bras, soit qu'ils craignent la profondeurs des eaux, on
les buot toujours suspendus à des branches dont ils sentent toute la
foiblesse, & ausquelles ils aiment mieux demeurer accrochés que de
s'abandonner au torrent. Ils assurent tout, bien qu'ils n'ayent rien
soigneusement examiné: ils
54
l'hanno relegata in un Santuario: i muri di un tempio limitano la sua veduta, come
se non esistesse al di là di tali muri. Insensati! distruggete questi re- [55] cinti che
rimpiccioliscono le vostre idee, liberate Dio: vedetelo ovunque egli è, o dite che
non esiste. Se dovessi educare un bambino, gli renderei la divinità una compagnia
così reale che gli costerebbe meno forse diventare ateo che sottrarsene.Anziché
citargli l'esempio di un altro uomo che egli conosce talora come più malvagio di se
stesso, gli direi bruscamente: Dio ti sente, e tu stai mentendo. E' la sensibilità che
va [56] colpita nei ragazzi: attorno a lui io moltiplicherei i segni indicativi della
presenza divina. Se si facesse una cerchia intorno a me, io riserverei sempre un
posto a Dio. Abituerei il mio allievo a dire: "Noi siamo quattro, Dio, il mio amico, il
mio precettore e io."
[57] XXVII
L'ignoranza e la mancanza di curiosità sono due guanciali molto dolci, ma per
trovarli tali occorre avere una testa altrettanto ben fatta di quella di Montaigne47.
XXVIII
Gli spiriti bollenti, le immaginazioni ardenti non s'adattano all'indolenza dello
scettico. Preferiscono arrischiare una scelta, anziché non farne alcuna; ingannarsi
piuttosto che vi-[58]vere nell'incertezza. Sia che diffidino delle loro braccia, sia che
temano la profondità delle acque, li si vede sempre attaccati a dei rami di cui
sentono tutta la fragilità e ai quali preferiscono restare avvinghiati, anziché
abbandonarsi al torrente. Sono certi di tutto, benché non abbiano esaminato nulla
con cura. Non dubitano di nulla, perché non ne
55
ne doutent de rien, parce qu'ils n'en ont ni la patience ni le courage.
Sujets à de lueurs qui les [59] décident, si par hazard ils rencontrent la
vérité; ce n'est point à tâton, c'est brusquement & comme par révélation.
Ils sont entre les dogmatiques, ce qu'on appelle les illuminés chez le
peuple dévot. J'au vu des individus de cette espece inquiéte qui ne
concevoient pas comment on pouvoit allier la tranquillité d'esprit avec
l'indécision. "Les moyen de vivre heureux, sans sçavoir qui l'on est, d'où
l'on vien, où l'on va, pour- [60] quoi l'on est venu." "Je me pique
d'ignorer tout cela, sans en être plus malheureux, répondoit froidement
le Sceptique: ce n'est point ma faute, si j'ai trouvé ma raison muette,
quand je l'ai questionnée sur mon état. Toute ma vie j'ignorerai sans
chagrin ce qu'il m'est impossible de sçavoir. Pourquoi regretterois-je des
connoissances que je n'ai pu me procurer, & qui sans doute ne me son
pas fort nécessaires, puisque j'en suis privé. J'ai-[61] merois autant, un
des premiers gênies de nnotre siécle, m'affliger sérieusement de n'avoir
pas quatre yeux, quatre pieds & deux ailes.
XXIX
On doit éxiger de moi que je cerche la vérité,mais non que je la
trouve. Un sophisme ne peut-il pas m'affecter plus vivement qu'une
preuve solide? je suis nécessité de consentie aux faux que je prens pour
le vrai, & de rejetter le vrai, [62] que je prens pour le faux: mais qu'ai-je
à craindre, si c'est innocemment que je me trompe? L'on n'est point
récompensé dans l'autre monde pour avoir eu de l'esprit dans cellui-ci; y
seroit-on puni pour en avoir manqué? damner un homme pour de
mauvais raisonnemens, c'est oublier qu'il est un sot pour le traiter
comme un méchant.
56
hanno la pazienza e il coraggio. Assoggettati a dei bagliori che li [59] decidono, se
per caso s'imbattono nella verità, non è procedendo a tastoni, ma bruscamente e
come attraverso una rivelazione. Tra i dogmatici sono come coloro che il popolo
devoto chiama gli illuminati. Ho visto degli individui di questa specie inquieta che
non concepivano che si possa alleare la tranquillità dell'animo con l'indecisione.
"Come vivere felici, senza sapere chi si è, da dove si viene, dove si va, per- [60] ché
si è venuti?" "Io mi vanto di ignorare tutto ciò, senza esser perciò più sventurato"rispondeva con freddezza lo scettico."Non è affatto colpa mia, se ho trovato muta
la ragione allorché l'ho interrogata sul mio stato.Per tutta la vita ignorerò senza
preoccuparmi ciò che mi è impossibile sapere. Perché dovrei rimpiangere
conoscenze che non ho potuto procurarmi e che indubbiamente non mi sono tanto
necessarie, visto che ne sono privato. [61]Sarebbe, a detta di uno dei geni più grandi
del nostro secolo48, come affliggersi seriamente di non avere quattro occhi, quattro
piedi e due ali.
XXIX
Si deve esigere da me ch'io cerchi la verità, ma non che la trovi. Un sofisma non
può forse colpirmi più vivamente di una solida prova? Io sono costretto a
consentire al falso che scambio per il vero e a rigettare il vero [62] che prendo per
falso; ma cos'ho da temere se è senza malizia che mi inganno? Non si è affatto
ricompensati nell'altro mondo per aver avuto dell'intelligenza in questo; vi si
sarebbe puniti per non averne avuta? Dannare un uomo a causa dei suoi
ragionamenti fallaci è dimenticare che è uno sciocco, per trattarlo come un
malvagio.
57
XXX.
Qu'est-ce qu'un Scepti- [63] que? c'est un Philosophe qui a douté de
tout ce qu'il croit, & qui croit ce qu'un usage légitime de sa raison & de
ses sens lui a démontré vrai: voulez-vous quelque chose de plus précis?
rendez sincère le Pirrhonien, & vous aurez le Sceptique.
XXXI.
Ce qu'on n'a jamais mis en question n'a point été prouvé. Ce qu'on n'a
point examiné sans prévention,[64] n'a jamais été bien examiné. Le
Scepticisme est donc le premier pas vers la verité. Il doit être général,
car il en est la pierre de touche. Si pour s'assurer de l'existence de Dieu,
le Philosophe commence par en douter, y-a-t'il quelque proposition qui
puisse se soustraire à cette épreuve?
XXXII.
L'incredulité est quelque fois le vice d'un sot, & la credulité le défaut
d'un [65] homme d'esprit. L'homme d'esprit voit loin dans l'immensité
des possibles; le sot ne voit gueres de possible que ce qui est. C'est-la
peut-être ce qui rend l'un pusillanime, & l'autre téméraire.
XXXIII.
On risque autant à croire trop, qu'à croire trop peu. Il n'y a ni plus ni
moins de danger à être Polithéiste qu'Athée; or le Scepticisme peut seul
garantir égale- [66] ment, en tout tems & en tout lieu, de ce deux excès
opposés.
58
XXX
Che cos'è uno scetti-[63] co? E' un filosofo che ha dubitato di tutto ciò che crede e
che crede ciò che un uso legittimo della sua ragione e dei suoi sensi gli ha
dimostrato vero: volete qualcosa di più preciso? rendete sincero il Pirroniano e
avrete lo Scettico49.
XXXI
Ciò che non è mai stato messo in questione non è stato affatto provato. Ciò che
non è stato esaminato senza prevenzione [64] non è mai stato ben esaminato 50. Lo
scetticismo è dunque il primo passo verso la verità. Deve essere generale, in quanto
è la pietra di paragone. Se per accertarsi dell'esistenza di Dio, il filosofo comincia
con il dubitarne,51 v'è qualche proposizione che possa sottrarsi a questa prova?
XXXII
L'incredulità è talora il vizio di uno stupido e la credulità il difetto di un [65] uomo
intelligente. L'uomo intelligente spazia lontano nell'immensità dei possibili; lo
stupido non concepisce possibile quasi null'altro se non ciò che esiste. Forse è
questo a rendere pusillanime l'uno e temerario l'altro.
XXXIII
Si rischia egualmente sia a credere troppo, sia a credere troppo poco. Non vi è né
più, né meno pericolo ad essere politeista, anziché ateo. Ora, solo lo scetticismo
può garantirsi [66] sempre e dovunque da questi due eccessi opposti.
59
XXXIV.
Un semi-Septicisme [sic!] est la marque d'un esprit foible: il décele un
raisonneur pusillanime qui se laisse effrayer par les consequences; un
superstitieux qui croit honorer son Dieu par les entraves où il met sa
raison; une espece d'incredule qui craint de se démasquer à lui même;
car si la verité [67] n'a rien à perdre à l'examen, comme en est convaincu
le semi-Sceptique, que pense-t'il au fond de son ame de ces notions
privilegiées qu'il appréhende de sonder, & qui sont placées dans un
recoin de sa cervelle, comme dans un Sanctuaire dont il n'ose
approcher?
XXXV.
J'entens crier de toute part à l'impiété. Le Chrétien est impie en Asie,
[68] le Musulman en Europe, le Papiste à Londres, le Calviniste à Paris,
le Janseniste au haut de la rue S.Jacques, le Moliniste au fond du
fauxbourg S.Médard. Qu'est-ce donc qu'un impie? tout le monde l'est-il,
ou personne?
XXXVI
Quand les dévots se déchaînent contre le Scepticisme, il me semble
qu'ils entendent mal leur intérêt, ou qu'ils se contredisent. S'il [69] est
certain qu'un culte vrai pour être embrassé, & qu'un faux culte pour être
abandonné, n'ont besoin que d'être bien connus; il seroit à souhaiter,
qu'un doute universel se répandit sur la surface de la terre, & que tous
les peuples voulussent bien mettre en question la vérité de leurs
Religions: nos Missionaires trouveroient la bonne moitité de leur
besogne faite.
60
XXXIV
Uno scetticismo a metà è il contrassegno di una mente debole; rivela un ragionatore
pusillanime che si lascia atterrire dalle conseguenze; un superstizioso che crede di
onorare il suo Dio ingombrando d'ostacoli la sua ragione; una sorta di incredulo che
teme di smascherarsi anche di fronte a se stesso 52. Perché, se la verità [67] non ha
nulla da perdere se esaminata, ciò di cui lo scettico a metà è convinto, cosa pensa al
fondo della sua anima di queste nozioni privilegiate che ha paura di vagliare e che
sono piazzate in un angolo del suo cervello come in un santuario a cui non osa
accostarsi?
XXXV
Sento gridare da ogni parte all'empietà. Il Cristiano è empio in Asia, il [68]
Mussulmano in Europa, il Papista a Londra, il Calvinista a Parigi, il Giansenista in
cima a via S.Jacques, il Molinista alla fine del quartiere di S. Médard53. Chi sono
dunque gli empi? E lo sono tutti o nessuno?
XXXVI
I devoti che si scatenano contro gli scettici, ho l'impressione, che fraintendano il
loro interesse, o che si contraddicano. Se [69] è certo che un culto vero per essere
abbracciato e un culto falso per essere abbandonato non hanno bisogno che di
essere ben conosciuti, sarebbe auspicabile che si diffondesse sulla superficie della
terra un dubbio universale e che tutti i popoli mettessero in discussione la verità
delle loro religioni: i nostri Missionari troverebbero già fatto più della metà del loro
lavoro.
61
[70]
XXXVII.
Celui qui ne conserve pas par choix, le culte qu'il a reçu par
éducation, ne peut non plus se glorifier d'être Chrétien ou Musulman,
que de n'être point né aveugle ou boiteux. C'est un bonheur & non pas
un mérite.
XXXVIII.
Celui qui mourroit pour un culte dont il connoîtroit la fausseté, seroit
un enragé.
Celui qu meurt pour un [71] culte faux, mais qu'il croie vrai; ou pour
un culte vrai, mais dont il n'a point de preuves, est un fanatique.
Le vrai Martyr est celui qui meurt pour un culte vrai, & dont la vérité
lui est démontrée.
XXXIX.
Le vrai Martyr attend la mort. L'enthousiaste y court.
XL.
Celui qui se trouvant à la [72] Mecque, iroit insulter aux cendres de
Mahomet, renverser ses autels & troubler toute une mosquée, se feroit
empaler à coup sûr, & ne seroit peut-être pas canonisé. Ce zèle n'est
plus à la mode. Polieucte ne seroit de nos jours qu'un insensé.
62
[70] XXXVII
Colui che non conserva mediante una scelta deliberata il culto che ha ricevuto
dall'educazione, non può gloriarsi d'essere cristiano o mussulmano se non come di
non essere nato cieco o zoppo. La sua è una fortuna, non un merito.54
XXXVIII
Colui che morisse per un culto di cui conoscesse la falsità, sarebbe un pazzo.
Colui che muore per un [71] culto falso, ma che crede vero, o per un culto vero, ma
di cui non ha alcuna prova, è un fanatico55.
Il vero Martire è colui che muore per un culto vero e la cui verità gli è dimostrata.
XXXIX
Il vero martire attende la morte. L'entusiasta le corre incontro56.
XL
Colui che trovandosi alla [72] Mecca57, andasse a ingiuriare le ceneri di Maometto,
rovesciasse i suoi altari e turbasse tutta una moschea, si farebbe impalare a colpo
sicuro e forse non sarebbe canonizzato. Uno zelo del genere è fuori moda. Ai giorni
nostri Poliuto58 non sarebbe che un insensato.
63
XLI.
Le tems des Révélations, des Prodiges & des Missions
extraordinaires est passé. Le Christianisme n'a plus besoin de cet
échafaudage. Un [73] homme qui s'aviseroit de jouer parmi nous le rôle
de Jonas, de courir les rues en criant, "encore trois jours & Paris ne sera
plus; Parisiens, faites pénitence, couvrez-vous de sacs & de cendres, ou
dans trois jours vous périrez, seroit incontinent saisi & trainé devant un
Juge qui ne manqueroit pas de l'envoyer aux petites maisons: il auroit
beau dire: "Peuples, Dieu vous aime-t'il moins que le Ninivite? êtesvous [74] moins coupables que lui?" On ne s'amuseroit point à lui
répondre, & pour le traiter en visionnaire, on n'attendroit pas le terme
de sa prédiction.
Elie peut revenir de l'autre monde quand il voudra, les hommes sont
tels, qu'il fera de grands miracles, s'il est bien accueilli dans celui-ci.
XLII.
Lorsqu'on annonce au peuple un dogme qui contredit la [75] réligion
dominante, ou quelque fait contraire à la tranquillité publique, justifiâton sa mission par des miracles, le Gouvernement a droit de sévir, & le
peuple de crier, crucifige. Quel danger n'y auroit-il pas à abandonner
les esprits aux séductions d'un imposteur, ou aux rêveries d'un
visionnaire? Si le sang de Jesus-Christ a crié vengeance contre les Juifs;
c'est qu'en le répandant, ils fermoient l'oreille à la voix de Moyse & des
Prophètes [76] qui le declaroient le Messie. Un Ange vint-il à descendre
des cieux, appuyât-il ses raisonnemens par des miracles; s'il prêche
coontre la loi de Jesus-Christ, Paul veut qu'on lui dise anathême. Ce
n'est donc pas par les miracles qu'il faut juger de la mission d'un
64
XLI
Il tempo delle rivelazioni, dei prodigi e delle missioni straordinarie è passato. Il
Cristianesimo non ha più bisogno di questa impalcatura. Un [73] uomo che pensasse
di recitare da noi la parte di Giona59 e corresse per le strade gridando: "ancora tre
giorni e Parigi non sarà più! Parigini, fate penitenza, copritevi di sacco e di cenere o
fra tre giorni perirete" sarebbe afferrato all'istante e trascinato dinanzi a un giudice
che lo manderebbe in manicomio. Avrebbe un bel dire:"Gente, Dio vi ama forse
meno dei Niniviti? e siete [74] meno colpevoli di loro?" Nessuno gli risponderebbe e
per considerarlo come un visionario non si attenderebbe neppure il termine della
sua predizione.
Elia60 può tornare dall'altro mondo quando vuole; gli uomini sono tali che compirà
dei grandi miracoli, se è ben accolto in questo mondo.
XLII
Quando si annuncia al popolo un dogma che contraddice [75] la religione
dominante, o qualche fatto contrario alla quiete pubblica, anche se uno giustificasse
la sua missione attraverso dei miracoli, il Governo ha diritto di colpire e il popolo di
gridare:crucifige. Sarebbe infatti pericolosissimo abbandonare le menti alle
seduzioni di un impostore o alle fantasticherie di un visionario. Se il sangue di
Gesù-Cristo ha gridato vendetta contro i Giudei è per il fatto che, versandolo, essi
chiudevano l'orecchio alla voce di Mosé e dei Profeti [76] che lo dichiaravano il
Messia. Anche se fosse un angelo che discende dal cielo e appoggiasse i suoi
ragionamenti con dei miracoli, se predica contro la legge di Gesù-Cristo, Paolo
vuole che lo si proclami anatema61. Non è attraverso i miracoli che bisogna
giudicare della missione di un uomo; ma è in base alla conformità
65
homme; mais c'est par la conformité de sa doctrine avec celle du peuple
auquel il se dit envoyé, sur-tout lorsque la doctrine de ce peuple est
démontrée vraie.
[77]
XLIII.
Toute innovation est à craindre dans un gouvernement. La plus sainte
& la plus douce des religions, le Christianisme même ne s'est affermi
sans causer quelques troubles. Les premiers enfans de l'Eglise sont
sortis plus d'une fois de la modération & de la patience qui leur étoient
prescrites. Qu'il me soit permis de rapporter ici quelques fragmens d'un
Edit de l'Empereur Julien, [78] ils caractériseront à merveille le génie de
ce Prince Philosophe, & l'humeur des zèlés de son tems.
J'avois imaginé, dit Jiulien, que les chefs des Galiléens sentiroient
combien mes procédés sont differens de ceux de mon prédécesseur, &
qu'ils m'en sçauroient quelque gré: ils ont souffert sous son regne l'éxil
& les prisons; & l'on a passé au fil de l'épée une multitude de ceux qu'ils
appellent entr'eux hérétiques… Sous le [79] mien, on a rappellé les
éxilés, élargi les prisonniers, & rétabli les proscrits dans la possession
de leurs biens. Mais telle est l'inquiétude & la fureur de cette espece
d'hommes, que depuis qu'ils ont perdu le privilége de se dévorer les uns
les autres, de tourmenter & ceux qui sont attachés à leurs dogmes, &
ceux qui suivent la réligion autorisée par les loix, ils n'épargnent aucun
moyen, ne laissent échapper aucune occasion d'exciter [80] des révoltes,
gens sans égard pour la vraie piété, & sans respect pour nos
constitutions.…Toutefois nous n'entendons pas qu'on les traîne aux
pieds de nos autels & qu'on leur fasse violence.… Quant au menu
peuple, il paroît que ce sont ses chefs qui fomentent
66
della sua dottrina con quella del popolo a cui si dice inviato, soprattutto quando la
dottrina di questo popolo è dimostrata come vera. 62
[77] XLIII
Ogni innovazione in un governo dev'essere temuta. La più santa e la più dolce delle
religioni, lo stesso Cristianesimo non si è affermato senza causare qualche torbido. I
primi figli della Chiesa hanno [29] più d'una volta oltrepassato i limiti della
moderazione e della pazienza loro prescritte. Mi sia permesso riportare qui alcuni
frammenti di un Editto dell'Imperatore Giuliano63[78]: caratterizzeranno a meraviglia
il genio di questo Principe filosofo e l'umore degli zelanti del suo tempo.
Avevo immaginato, dice Giuliano, che i capi dei Galilei avvertissero quanto i
miei modi di procedere sono diversi da quelli del mio predecessore e che me ne
sarebbero stati grati: sotto il suo regno hanno sofferto l'esilio e le carceri e si è
passata a fil di spada una moltitudine di gente che tra di loro si chiamano eretici…
Sotto [79] il mio regno si sono richiamati gli esiliati, liberati i prigionieri, ristabiliti i
proscritti nel possesso dei loro beni. Ma tale è l'inquietudine e il furore di questa
specie di uomini che da quando hanno perso il privilegio di sbranarsi a vicenda, di
tormentare e coloro che sono attaccati ai loro dogmi e quelli che seguono la
religione autorizzata dalle leggi, non risparmiano mezzo alcuno, non lasciano
sfuggire occasione d'eccitare [80] delle rivolte, gente senza riguardo per la vera pietà
e priva di rispetto per le nostre costituzioni… Tuttavia noi non intendiamo che li si
trascini ai piedi dei nostri altari né che si faccia loro violenza… Quanto al popolo
minuto, sembra che siano i suoi capi a fomentare
67
en lui l'esprit de sédition; furieux qu'ils sont des bornes que nous avons
mises à leurs pouvoirs: car nous les avons bannis de nos tribunaux, &
ils n'ont plus la commodité de dispo- [81] ser des testamens, de
supplanter les héritiers légitimes, & de s'emparer des successions……
C'est pourquoi nous défendons à ce peuple de s'assembler en tumulte &
de cavaler chez ses Prêtres séditieux.… Que cet Edit fasse la sûreté de
nos Magistrats que les mutins ont insulté plus d'une fois, & mis en
danger d'être lapidés.… Qu'ils se rendent paisiblement chez leurs chefs,
qu'ils y prient, qu'ils s'instruisent, qu'ils y [82] satisfassent au culte qu'ils
en on reçu; nous le leur permettons: mais qu'ils renoncent à tout dessein
factieux.. Si ces assemblées sont pour eux une occasion de révolte, ce
sera à leurs risques & fortunes; je les en avertis… Peuples incrédules,
vivez en paix.… Et vous qui êtes demeurés fidèles à la religion de votre
pais, & aux Dieux de vos peres, ne persécutez point des voisins, des
concytoiens, dont l'ignorance est encore plus à plaindre que [83] la
méchancheté n'est à blâmer.… C'est par la raison & non par la violence
qu'il faut ramener les hommes à la vérité. Nous vous enjoignons donc à
vous tous nos fidèles Sujets de laisser en repos les Galiléens.
Tels etoient les sentimens de ce Prince, à qui l'on peut reprocher le
paganisme, mais non l'apostasie: il passa les premiéres années de sa vie,
sous differens Maîtres & dans différentes écoles, & fit dans [84] une
âge plus avancé un choix infortuné: il se décida malheuresement pour le
culte de ses ayeux & les Dieux de son païs.
1.
Une chose qui m'étonne, c'est que les ouvrages de ce sçavant
Empereur soient parvenus jusqu'à nous.Ils contiennent des traits
68
in esso lo spirito di sedizione, infuriati per i limiti che noi abbiamo posto ai loro
poteri; perché noi li abbiamo banditi dai nostri tribunali e non hanno più l'agio di
dispor- [81] re dei testamenti, di soppiantare gli eredi legittimi e accaparrarsi le
successioni… E' perchè noi vietiamo a questo popolo di riunirsi in assemblee
tumultuose e di tramare con i loro preti sediziosi… Che questo Editto promuova la
sicurezza dei nostri Magistrati che i rivoltosi hanno più volte insultato e messo in
pericolo di essere lapidati… Che si ritrovino pacificamente presso i loro capi, che vi
preghino, che si istruiscano, che [82] soddisfacciano al culto che hanno ricevuto, noi
lo permettiamo, ma rinuncino a ogni disegno fazioso… Se queste assemblee sono
per loro un'occasione di rivolta, io li avverto, sarà a loro rischio e pericolo… Popoli
increduli, vivete in pace… E voi che siete rimasti fedeli alla religione del vostro
paese e agli Dèi dei vostri padri, non perseguitate i vostri vicini, i concittadini di cui
va più commiserata l'ignoranza [83] che biasimata la malvagità.… E' attraverso la
ragione, e non con la violenza, che gli uomini debbono essere ricondotti alla verità.
Noi ingiungiamo pertanto a tutti voi sudditi fedeli di lasciare tranquilli i Galilei.
Questi i sentimenti di quel principe a cui può essere rimproverato il paganesimo, ma
non l'apostasia: trascorse i suoi primi anni di vita con maestri differenti e in scuole
diverse e compì in [84] un'età più avanzata una scelta sfortunata: si decise
sventuratamente per il culto dei suoi avi e per gli Dèi del suo paese.64
XLIV
Mi sorprende che le opere di questo dotto imperatore siano giunte sino a noi.
Contengono degli aspetti che non nuocciono affatto
69
qui ne nuisent point à la vérité du Christianisme; mais qui sont assez
désavantageux à quelques Chrétiens de son [85] tems, pour qu'ils se
sentissent de l'attention singuliére que les Peres de l'Eglise ont eu de
supprimer les ouvrages de leurs ennemis. C'est apparemment de ces
prédécesseurs que Saint Grégoire le Grand avoit hérité du zèle barbare
qui l'anima contre les Lettres & les Arts. S'il n'eût tenu qu'à ce Pontife,
nous serions dans le cas des Mahometans qui en sont réduits pout toute
lecture à celle de leur Alcoran. Car quel eût été le sort [86] des anciens
Ecrivains, entre les mains d'un homme qui solécisoit par principe de
Religion; qui s'imaginoit qu'observer les regle de la Grammaire, c'etoit
soumettre Jesus-Christ à Donat, & qui se crut obligé en conscience de
combler les ruines de l'Antiquité.
XLV.
Cependant la divinité des écritures n'est point un caractere si
clairement empreint en elles que l'autorité [87] des Historiens sacrés soit
absolument indépendante du témoignage des Auteurs profanes. Où en
serions-nous, s'il falloit reconnoître le doigt de Dieu dans la forme de
notre Bible? Combien la version Latine n'est-elle pas miserable? Les
Originaux mêmes ne sont pas des chefs-d'œuvres de composition. Les
Prophètes, les Apôtres & les Evangélistes ont écrit, comme ils y
entendoient. S'ils nous étoit permis de regarder l'Histoire [88] du peuple
Hebreu, comme une simple production de l'esprit humain, Moyse & ses
Continuateurs ne l'emporteroient pas sur Tite-Live, Saluste, Cesar &
Joseph, tous gens qu'on ne soupçonne pas assurément d'avoir écrit par
inspiration. Ne préfere-t-on pas même le Jésuite Berruyer à Moyse? On
conserve dans nos Eglises, des tableaux qu'on nous assure avoir été
peints par des Anges & par la Divinité même: si
70
alla verità del Cristianesimo, ma rispetto ad alcuni cristiani del suo [85] tempo sono
così sfavorevoli che è strano siano sfuggiti all'attenzione singolare che i Padri della
Chiesa hanno avuto nel sopprimere le opere dei loro nemici.65 E' evidentemente da
tali predecessori che S. Gregorio Magno66 aveva ereditato il barbaro zelo che lo
animava contro le Lettere e le Arti. Se tutto fosse dipeso da questo Pontefice, noi
saremmo nelle condizioni dei maomettani che per unica lettura sono ridotti a quella
del loro Corano.Perché quale mai avrebbe potuto essere la sorte [86] degli scrittori
antichi tra le mani di un uomo che solecizzava per principio di religione, che
immaginava che osservare le regole grammaticali equivaleva a sottomettere GesùCristo a Donato e che si ritenne obbligato in coscienza a portare a compimento le
rovine dell'Antichità.
XLV
Tuttavia la divinità delle scritture non è un carattere impresso così chiaramente
in esse che l'autorità [87] degli storici sacri sia assolutamente indipendente dalla
testimonianza degli autori profani. Dove saremmo se si dovesse riconoscere il dito
di Dio nella forma della nostra Bibbia? Non è forse una versione miserevole quella
latina? E gli stessi originali non sono dei capolavori di composizione.I profeti, gli
apostoli, gli evangelisti hanno scritto come sapevano. Se ci fosse permesso di
considerare la storia [88] del popolo ebreo come una semplice produzione della
mente umana, Mosé e i suoi continuatori non sarebbero superiori a Tito Livio,
Sallustio, Cesare e Giuseppe67, autori tutti che nessuno ritiene abbiano scritto per
ispirazione. A Mosé non si preferisce addirittura il gesuita Berruyer68? Si
conservano nelle nostre chiese dei quadri dipinti, ci assicurano, dagli angeli se non
dalla stessa divinità: se
71
ces morceaux [89] étoient sortis de la main de le Sueur ou de le Brun,
que pourrois-je opposer à cette tradition immémoriale? Rien du tout,
peut-être. Mais quand j'observe ces célestes ouvrages & que je vois à
chaque pas les regles de la Peinture violées dans le dessein & dans
l'exécution; le vrai de l'Art abandonné par tout, ne pouvant supposer
que l'ouvrier étoit un ignorant, il faut bien que j'accuse la tradition d'être
fabuleuse. Quelle application ne [90] ferois-je point de ces tableaux aun
Saintes Ecritures, si je ne sçavois combien il import peu que ce qu'elles
contiennent soit bien ou mal dit. Les Prophètes se sont piqués de dire
vrai & non pas de bien dire. Les Apôtres sont-ils morts pour autre
chose que pour la vérité de ce qu'ils ont dit ou écrit? Or pour en revenir
au point que je traite, de quelle consequence n'étoit-il pas de conserver
des Auteurs profanes qui ne pouvoient man- [91] quer de s'accorder
avec les Auteurs Sacrés, au moins sur l'éxistence & le miracles de
Jesus-Christ, sur les qualités & le caractere de Ponce-Pilate, & sur les
actions & le martyre des premiers Chrétiens.
XLVI.
Un peuple entier, me direz-vous, est témoin de ce fait; oserez-vous le
nier? oui, j'oserai, tant qu'il ne me sera pas confirmé par l'autorité de
quelqu'un qui [92] ne soit pas de votre parti, & que j'ignorerai que ce
quelqu'un étoit incapable de fanatisme & de séduction. Il y a plus.
Qu'un Auteur d'une impartialité avouée, me raconte qu'un goufre s'est
ouvert au milieu d'une Ville; que les Dieux consultés sur cet événement
ont répondu qu'il se réfermera, si l'on y jette ce que l'on possede de plus
précieux; qu'un brave Chevalier s'y est précipité, & que l'Oracle s'est
accompli; je le croirai beau-[93] coup moins que s'il eût dit simplement
qu'un goufre s'étant ouvert, on employa un tems & des travaux
considérables
72
questi pezzi [89] fossero usciti dalle mani di Le Sueur o di Le Brun cosa potrei
opporre io a questa tradizione immemorabile? Niente di niente, forse. Ma quando
osservo queste opere celesti e vedo violate ad ogni passo le regole della Pittura e
nel disegno e nell'esecuzione, vedo ovunque abbandonato il vero dell'Arte, non
potendo supporre che l'artista fosse ignorante bisogna che accusi la tradizione
d'essere una favola. Quale applicazione potrei mai [90] fare di questi quadri alle
Sacre Scritture se non sapessi quanto poco importa che ciò che esse contengono sia
detto bene o male. I profeti si sono vantati di dire il vero e non di dir bene. Gli
Apostoli sono morti per qualcos'altro che per la verità di ciò che hanno detto o
scritto? Ora, per ritornare al punto che sto trattando, quale importanza non ebbe il
conservare degli autori profani che non potevano fare a meno [91] di concordare
con gli autori sacri, quanto meno circa l'esistenza di Gesù-Cristo, sulle qualità e il
carattere di Ponzio Pilato e sulle azioni e il martirio dei primi Cristiani?
XLVI
Un intero popolo - mi direte - è testimone di questo fatto; e voi osate negarlo?
Sì, avrò quest'ardire sino a che non mi sarà confermato dall'autorità di qualcuno che
[92] non sia del vostro partito e sappia che questo qualcuno è incapace di fanatismo
e di seduzione. C'è di più. Che un autore di una dichiarata imparzialità, mi racconti
che si è aperto un baratro in mezzo a una città, che gli dèi consultati su questo
evento hanno risposto che si richiuderà se vi si getta ciò che si possiede di più
prezioso; che un coraggioso cavaliere vi si è precipitato e l'oracolo si è adempiuto
io lo crederò mol- [93] to meno che se avesse detto semplicemente che un baratro si
era spalancato e che si impiegò molto tempo e molte fatiche
73
pour le combler. Moins un fait a de vraisemblance, plus le témoignage
de l'Histoire perd de son poids. Je croirois sans peine un seul honnêtehomme qui m'annonceroit que Sa Majésté vient de remporter une
victoire complette sur les Alliés; mais tout Paris m'assureroit qu'un
mort vient de ressusciter à Passy, [94] que je n'en croirois rien. Qu'un
Historien nous en impose ou que tout un peuple se trompe; ce ne sont
pas des prodiges.
XLVII.
Tarquin projette d'ajouter de nouveaux corps de Cavalerie à ceux que
Romulus avoit formés. Un augure lui soutient que toute innovation dans
cette milice est sacrilége, si les Dieux ne l'ont autorisée. Choqué de la
liberté de ce Prêtre, & résolu de le confondre & de décrier en sa
personne un Art qui croisoit son autorité, Tarquin le fait appeller sur la
place publique, & lui dit, "Devin, ce que je pense est-il possible? Si ta
science est telle que tu la vantes; elle te met en état de répondre."
L'augure ne se déconcerte point, consulte les oiseaux & répond. "Oui,
Prince, ce que tu penses, se peut faire." Lors Tarquin tirant un rasoir de
dessous sa robe & prenant [96] à la main un caillou; "approche, dit-il, au
Devin: coupe moi ce caillou avec ce rasoir; car j'ai pensé que cela se
pouvoit. Navius, c'est le nom de l'augure, se tourne vers le peuple & dit
avec assurance, "qu'on applique le rasoir au caillou, & qu'on me traîne
au supplice, s'il n'est divisé sur le champ." L'on vit en effet contre toute
attente la dureté du caillou céder au tranchant du rasoir: se parties se
séparent [97] si promptement, que le rasoir porte sur la main de Tarquin
& en tire du sang. Le peuple étonné fait des acclamations; Tarquin
renonce à ses projets & se déclare protecteur des augures; on enferme
sous un Autel le rasoir & les fragmens du caillou. On éleve une statue
au Devin: cette statue
74
per ricoprirlo. Meno un fatto è verosimile, più la testimonianza della Storia perde il
suo peso. Crederei senza fatica anche un solo onest'uomo che m'annunciasse che
Sua Maestà ha appena riportato una completa vittoria sugli Alleati69, ma anche se
tutta Parigi mi assicurasse che un morto è resuscitato a Passy [94] io non crederei
una parola. Che uno storico ci inganni o che si inganni tutto un popolo non sono
fatti prodigiosi.
XLVII
Tarquinio progetta di aggiungere dei nuovi corpi di cavalleria a quelli istituiti da
Romolo. Un augure lo ammonisce che ogni innovazione in tale milizia è sacrilega,
se non autorizzata dagli Dèi. Urtato dalla libertà di questo Prete, [95] e deciso a
confonderlo e a screditare nella sua persona un'arte che intralciava la sua autorità,
Tarquinio lo fa chiamare sulla pubblica piazza e gli dice: "Indovino, ciò che io
penso è possibile? Se la tua scienza vale quanto la vanti, essa ti rende capace di
rispondermi." L'augure per nulla sconcertato, consulta gli uccelli e risponde: "Sì,
Principe, ciò che [35] tu pensi, si può fare." Allora Tarquinio traendo un rasoio da
sotto la sua veste e prendendo [96] in mano un sasso dice all'indovino: "Avvicinati,
tagliami questa pietra con questo rasoio: perché è questo che ho pensato che si
potesse." Navio, così si chiamava l'augure, si volge verso il popolo e dice con
baldanza: "Si applichi il rasoio al sasso e mi si trascini al supplizio, se il sasso non si
divide all'istante." Si vide in effetti contro ogni aspettativa la durezza del sasso
cedere alla lama del rasoio: le sue parti si separarono [97] così rapidamente che il
rasoio arriva alla mano di Tarquinio e ne fa sprizzare del sangue. Il popolo stupito
prorompe in acclamazioni; Tarquinio rinuncia ai suoi progetti e si dichiara
protettore degli auguri: si racchiudono sotto un altare e il rasoio e i frammenti del
sasso. Viene innalzata una statua
75
sublistoit encore sous le regne d'Auguste, & l'antiquité profane & sacrée
nous atteste la vérité de ce fait dans les écrits de Lactance, de [98]
Denis d'Halicarnasse, & de Saint Augustin.
Vous avez entendu l'Histoire; écoutes la superstition. "Que répondezvous à cela? Il faut, dit le superstitieux Quintus à Ciceron son frere, il
faut se précipiter dans un mosntrueux pirrhonisme, traiter les Peuples &
les Historiens de stupides & bruler les Annales, ou convenir de ce fait.
Nierez-vous tout, plutôt que d'avouer que les Dieux se mêlent [99] de
nos affaires.
Hoc ego Philosophi non arbitror testibus uti, qui aut casu veri aut
malitia falsi; fictique esse possunt. Argumentis & rationibus oportet,
quare quidque ita sit, docere, non eventis, iis praesertim quibus mihi
non liceat credere… Omitte igitur lituum Romuli, quem in maximo
incendio negas potuisse comburi? Contemne cotem acii navii? Nihil
debet esse in Philosophia commentitiis fabellis loci. Illud erat [100]
Philosophi, totius augurii primum naturam ipsam videre, deinde
inventionem, deinde Constantiam… Habent etrusci exaratum puerum
autorem disciplinae suae. Nos quem? Acciumne Navium? Placet igitur
humanitatis expertes habere Divinitatis autores? Mais c'est la
croyance de Rois, des Peuples, des Nations & du Monde. Quasi verè
quidquam sit tam valde, quam nihil sapere vulgare? Aut quasi tibi ipsi
in judicando [101] placeat multitudo. Voilà la réponse du Philosophe.
Qu'on me cite un seul prodige auquel elle ne soit pas applicable? Les
Peres de l'Eglise qui voyoent sans doute de grands inconvénients à se
servir des principes de Ciceron, ont mieux aimé convenir de l'aventure
de Tarquin & attribuer l'art de Navius au Diable. C'est une belle
machine que le Diable!
76
all'Indovino, statua che sussisteva ancora sotto il regno d'Augusto e l'antichità
profana e sacra ci attesta la verità di questo fatto, negli scritti di Lattanzio, di [98]
Dionigi d'Alicarnasso e di S.Agostino.70
Voi avete sentito la storia; ascoltate la superstizione. "Cosa rispondete a questo?
Bisogna - dice il superstizioso Quinto a Cicerone suo fratello, bisogna precipitarsi
in un mostruoso pirronismo, considerare i popoli e gli storici come stupidi e
bruciare gli Annali o convenire di questo fatto. Neghereste tutto piuttosto di
ammettere che gli dèi si intromettono [99] nelle nostre vicende?
Hoc ego Philosophi non arbitror testibus uti, qui aut casu veri aut malitia falsi;
fictique esse possunt. Argumentis & rationibus oportet, quare quidque ita sit,
docere, non eventis, iis praesertim quibus mihi non liceat credere… Omitte igitur
lituum Romuli, quem in maximo incendio negas potuisse comburi? Contemne
cotem acii navii? Nihil debet esse in Philosophia commentitiis fabellis loci. Illud
erat [100]Philosophi, totius augurii primum naturam ipsam videre, deinde
inventionem, deinde Constantiam… Habent etrusci exaratum puerum autorem
disciplinae suae. Nos quem? Acciumne Navium? Placet igitur humanitatis
expertes habere Divinitatis autores? 71 Ma è la credenza dei re, dei popoli, delle
nazioni e del mondo intero. Quasi verè quidquam sit tam valde, quam nihil sapere
vulgare? Aut quasi tibi ipsi in judicand [101] placeat multitudo.72 Ecco la risposta
del Filosofo. Mi si citi un solo prodigio a cui non sia applicabile. I Padri della
Chiesa che vedevano senza dubbio dei grandi inconvenienti a servirsi dei principi di
Cicerone, hanno preferito credere alla vicenda di Tarquinio e attribuire l'arte di
Navio al diavolo. Davvero una gran bella invenzione, un vero deus ex machina il
Diavolo!73
77
XLVIII
Tous le Peuples ont de [102] ces faits, à qui pour être merveilleux, il
ne manque que d'être vrais; avec lesquels on démontre tout, mais qu'on
ne prouve point; qu'on n'ose nier sans être impie, & qu'on ne peut croire
sans être imbécile.
XLIX
Romulus frappé de la foudre ou massacré par les Sénateurs; disparoit
d'entre les Romains. Le Peuple & le Soldat en murmurent. Les Ordres
de l'Etata se soulé-[103] vent les uns contre les autres, & Rome
naissante, divisée au dedans & environnée d'ennemis au dehors, étoit au
bord du précipice. Lorsqu'un certain Proculeius s'avance gravement &
dit. "Romains, ce Prince que vous regrettez n'est point mort; il est
monté aux Cieux, où il est assis à la droite de Jupiter. Va, m'a-t-il dit,
calme tes Concitoyens: annonce leur que Romulus est entre les Dieux:
assure-les de ma [104] protection: qu'ils sçachent que les forces de leurs
ennemis ne prévaudront jamais contr'eux: le destin veut qu'ils soient un
jour les maîtres du monde: qu'ils en fassent seulement passer la
prédiction d'âge en âge à leur posterité la plus reculée." Il est des
conjunctures favorables à l'imposture, & si l'on examine quel étoit alors
l'état des affaires de Rome, on conviendra que Proculeius étoit homme
de tête, & qu'il avoit sçu pren- [105] dre son tems. Il introduisuit dans
les esprits un préjugé qui ne fut pas inutile à la grandeur future de sa
Patrie… Mirum est quantùm illi viro, haec nuntianti, fidei fuerit;
quamque desiderium Romuli apud plebem, facta fide immortalitatis,
lenitum sit. Famam hanc admiratio viri & pavor praesens nobilitavit;
factoque à paucis initio, Deum, Deo natum, salvere universi Romulum
jubent.
78
XLVIII
Tutti i popoli posseggono [102] fatti a cui per essere meravigliosi non manca che
l'essere veri, fatti con i quali si dimostra ogni cosa, ma che non sono loro stessi
provati, che non vengono negati per timore di essere empi e che non si possono
credere senza essere imbecilli.
XLIX
Romolo, colpito dalla folgore, o massacrato dai Senatori, scomparve alla vista
dei Romani. Tra il popolo e i soldati corrono molte voci. Gli ordini dello stato si
solle- [103] vano gli uni contro gli altri, e Roma nascente, divisa al suo interno e
circondata all'esterno da nemici era sull'orlo del precipizio. Fu allora che s'avanza
con aria grave un certo Proculeio che dice: "Romani, questo Principe che voi
rimpiangete non è morto; è asceso nei cieli, dove è assiso alla destra di Giove. Va,
egli m'ha detto, tranquillizza i tuoi concittadini, annuncia loro che Romolo è tra gli
Dèi; assicurali della mia [104] protezione, ch'essi sappiano che le forze dei loro
nemici non prevarranno mai contro di loro; il destino vuole che essi siano un giorno
i padroni del mondo purché trasmettano la predizione di generazione in generazione
sino alla loro più lontana posterità." Esistono delle congiunture favorevoli
all'impostura e se si esamina qual'era allora la situazione di Roma si converrà che
Proculeio era una persona assai intelligente e che aveva saputo affer- [105] rare
l'occasione. Egli introdusse negli animi un pregiudizio che non fu inutile alla futura
grandezza della sua Patria. Mirum est quantum illi viro, haec nuntianti, fidei
fuerit; quamque desiderium Romuli apud plebem, facta fide immortalitatis,
lenitum sit. Famam hanc admiratio viri & pavor praesens nobilitavit; factoque a
paucis initio, Deum, Deo natum, salvere universi Romulum
79
C'est-à-dire, que le Peuple cru à cette appari-[106] tion; que les
Sénateurs firent semblant d'y croire & que Romulus eut des Autels.
Mais les choses n'en demeurérent pas là. Bien-tôt ce ne fu point un
simple Particulier à qui Romulus s'étoit apparu. Il s'étoit montré à plus
de milles personnes en un jour. Il n'avoit point été frappé de la foudre:
les Sénateurs ne s'en etoient point défaits à la faveur d'un tems orageux:
Mais il s'étoit élevé dans les airs au milieu des éclairs & au bruit du
[107] tonnerre, à la vue de tout un peuple; & cette avanture se calfeutra
avec le tems d'un si gran nombre de piéces, que les esprits forts du
siécle suivant devoient en être fort embarassés.
L.
Une seule démonstration me frappe plus que cinquante faits. Grace à
l'extrême confiance que j'ai en ma raison, ma foi n'est point à la merci
du premier saltinbanque. Pontife de Mahomet, [108] redresse des
boiteux; fais parler des muets; rens la vue aux aveugles; guéris des
paralitiques; ressuscite des morts; restitue même aux estropiés les
membres qui leur manquent, miracle qu'on n'a point encore ténté: & à
ton grand étonnement, ma foi n'en sera point ébranlée. Veux-tu que je
devienne ton Proselyte; laisse tous ces prestiges, & raisonnons. Je suis
plus sûr de mon jugement que de mes yeux.
Si la Religion que tu m'annonces est vraie; sa vérité peut être mise en
évidence & se démontrer par des raisons invincibles. Trouve-les ces
raisons. Pourquoi me harceler par des prodiges, quand tu n'as pas
besoin pour me terrasser que d'un Syllogisme. Quoi donc, te seroit-il
plus facile de redresser un boiteux que de m'éclairer?
80
jubent.74 Vale a dire, il popolo credette a questa appari- [106] zione, i senatori
finsero di credervi e Romolo ebbe i suoi altari. Ben presto non fu più un individuo
solo colui a cui Romolo era apparso. Si era mostrato a più di mille persone in un
solo giorno. Non era stato colpito con la folgore; i senatori non se n'erano
sbarazzati approfittando di un temporale, ma si era innalzato nell'aria in mezzo ai
lampi e al rumore del [107] tuono, sotto gli occhi di tutto un popolo, e le lacune di
questa avventura con il tempo furono colmate da un numero di pezzi così grande
che gli spiriti forti75 del secolo successivo dovevano esserne notevolmente
imbarazzati.
L
Una sola dimostrazione mi colpisce più di cinquanta fatti. Grazie all'estrema fiducia
che nutro per la mia ragione, la mia fede non è alla mercé del primo saltinbanco.
Pontefice di Maometto, [108] raddrizza gli storpi, fa parlare i muti, restituisci la vista
ai ciechi, guarisci i paralitici, resuscita i morti, restituisci agli sciancati le membra
che loro mancano, miracolo non ancora mai tentato e, con tuo grande stupore, la
mia fede non sarà affatto scossa. Vuoi che divenga un tuo proselito, metti da parte i
tuoi giochi di prestigio e ragioniamo. Sono più sicuro dei miei ragionamenti che dei
miei occhi.
[109] Se la Religione che tu mi annunci è vera, la sua verità può essere messa in
evidenza e dimostrata con delle ragioni invincibili. Trovale, queste ragioni. Perché
mi assilli con dei prodigi quando per abbattermi non hai bisogno che di un
sillogismo? Ti è forse più facile raddrizzare gli storpi che illuminarmi?
81
LI
Un homme est étendu sur la terre [110] sans sentiment; sans voix,
sans chaleur, sans mouvement. On le tourne, on le retourne, on l'agite,
le feu lui est appliqué, rien ne l'emeut: le fer chaud n'en peut arracher un
symptôme de vie; on le croit mort: l'est-il? non. C'est le pendant du
Prêtre de Calame. "Qui quando ei placebat, ad imitatas lamentantis
hominis voces, ita se auferebat a sensibus & jacebat simillimus
mortuo, ut non solum vellicantes at- 111] que pungentes minime
sentiret, sed aliquando etiam igne ureretur admoto, sine ullor doloriis
sensu, nisi post modum ex vulnere. "S.Aug. Cit. de Dieu.Liv.14, ch.24.
Si certaines gens avoient rencontré de nos jours un pareil sujet; ils en
auroient tité bon parti. On nous auroit fait voir un cadavre se ranimer
sur la cendre d'un predestiné: le recueil du Magistrat Janseniste se seroit
enflé d'une resurrection: & le Constitution- [112] naire se tiendroit peutêtre pour confondu.
LII
Il faut avouer, dit le Logicien de Port-Royal, que Saint Augustin a eu
raison de soutenir avec Platon que le jugement de la vérité & la régle
pour discerner n'appartiennent pas aux sens, mais à l'esprit: non est
veritatis judicium in sensibus. Et même que cette certitude que l'on
peut tirer des sens ne s'étend pas bien loin & [113] qu'il y a plusieurs
choss que l'on croit sçavoir par leur entremise, & dont on n'a point une
pleine assurance. Lors donc que le témoignage des sens contredit, ou ne
contrebalance point l'autorité de la raison; il n'y a pas à opter: en bonne
Logique, c'est à la raison qu'il faut s'en tenir.
82
LI
Un uomo è steso [110] a terra privo di sensi, senza voce, senza calore, senza
movimenti. Lo si gira, lo si rigira, lo si scuote, gli si applica il fuoco, nulla lo
smuove; il ferro caldo non riesce a strappargli un sintomo di vita; lo si crede morto.
Lo è? No. E'il preciso riscontro [39] del prete di Calame. "Qui quando ei placebat,
ad imitatas lamentantis hominis voces, ita se auferebat a sensibus & jacebat
simillimus mortuo, ut non solum vellicantes at- [111]que pungentes minime
sentiret, sed aliquando etiam igne ureretur admoto, sine ullor doloriis sensu, nisi
post modum ex vulnere. S.Agostino De civ. Dei, XIV, c.2476. Se taluni si fossero
imbattuti ai giorni nostri in un soggetto del genere ne avrebbero ricavato dei
vantaggi. Ci avrebbero fatto vedere un cadavere rianimarsi sulla cenere di un
predestinato, la raccolta del Magistrato Giansenista si sarebbe gonfiata di una
risurrezione e il Constitution- [112]naire si riterrebbe forse confutato.
LII
Bisogna riconoscere, dice il logico di Port-Royal77, che S.Agostino ha ragione di
sostenere insieme con Platone che il giudizio della verità e la regola del
discernimento non appartengono ai sensi, ma alla mente: non est veritatis judicium
in sensibus. E addirittura che questa certezza ricavabile dai sensi non va molto
lontano, [113] esistono infatti molte cose che uno crede di sapere grazie ai sensi e di
cui non si ha una piena sicurezza. Se dunque la testimonianza dei sensi è contraria,
o non corrobora l'autorità della ragione non si tratta di optare: da buoni logici è alla
ragione che bisogna attenersi.
83
LIII
Un Fauxbourg retentit d'acclamations: la cendre d'un predestiné y fait
en un [114] jour plus des prodiges que Jesus-Christ n'en fit en toute sa
vie. On y court; on s'y porte; j'y suis la foule. J'arrive à peine que
j'entens crier, miracle! miracle! j'approche, je regarde, & je vois un petit
boiteux qui se promene à l'aide de trois ou quatre personnes charitables
qui le soutiennent, & le peuple qui s'en émerveille, de repeter, miracle!
miracle! où donc est le miracle, peuple imbecille? Ne vois-tu pas que ce
fourbe n'a [115] fait que changer de béquilles.Il en étoit dans cette
occasione des miracles comme il en est toujours des esprits. Je jurerois
bien que tous ceux qui ont vu des esprits les craignoient d'avance, &
que tous ceux qui voyoient là des miracles, étoient bien résolus d'en
voir.
LIV.
Nous avons toutefois de ces miracles prétendus un vaste recueil qui
peut braver l'incrédulité la plus détermi- [116] née. L'Auteur est un
Sénateur, un homme grave, qui faisoit profession d'un Matérialisme
assez mal entendu à la vérité; mais qui n'attendoit pas sa fortune de sa
conversion: témoin oculaire des faits qu'il raconte, & dont il a pu juger
sans prévention & sans intérêt, son temoignage est accompagné de
milles autres. Tous disent qu'ils ont vu, & leur déposition a toute
l'autenticité possible: les actes originaux en sont conservés dans les
[117] archives publiques. Que répondre à celà? Que répondre? que ces
miracles ne prouvent rien; tant que la question de ses sentimens ne sera
point décidée.
84
LIII
Un intero quartiere risuona di acclamazioni: le ceneri di un predestinato vi
compiono in un [114] giorno più prodigi di quanti non ne abbia fatti Gesù-Cristo in
tutta la sua vita. Vi si accorre, vi si va, io seguo la folla. Non sono ancora arrivato
che già sento gridare: miracolo!miracolo! Mi avvicino, guardo e vedo uno zoppetto
che cammina aiutato da tre o quattro persone caritatevoli che lo sostengono e il
popolo che se ne meraviglia, ripete:miracolo! miracolo! Ma dov'è mai il miracolo,
popolo imbecille? Non vedi che questo impostore non ha [115] fatto altro che
cambiare stampelle. Accadeva questa volta con i miracoli la stessa cosa che accade
con gli spettri. Io scommetterei che tutti coloro che hanno visto degli spettri li
temevano già da prima e che tutti coloro che hanno visto a Saint-Marcel dei
miracoli erano ben decisi a vederli.78
LIV
Di questi pretesi miracoli noi abbiamo tuttavia una raccolta così vasta che può
79
sfidare l'incredulità più determi- [116] nata. Ne è autore un Senatore , una persona
seria, che faceva professione di un materialismo in verità assai malinteso, ma che
non aspettava la sua fortuna dalla sua conversione; testimone oculare dei fatti che
racconta e di cui ha potuto giudicare senza prevenzione e disinteressatamente, la
sua testimonianza è accompagnata da mille altre. Tutti dicono che hanno visto e le
loro deposizioni sono conservate negli [117] archivi pubblici. Che rispondere a
tutto ciò? Che rispondere? che questi miracoli non provano nulla sino a che non sia
decisa la questione del modo in cui pensa.
85
LV.
Tout raisonneur qui prouve pour deux partis, ne prouve ni pour l'un
ni pour l'autre. Si le Fanatisme a ses Martyrs, ainsi que la vraie
Religion, & si entre ceux qui sont morts pour la vraie Religion, il y a eu
des Fana-[118] tiques:ou comptons, si nous le pouvons, le nombre des
morts, & croyons; ou cherchons d'autres motifs de crédibilité.
LVI.
Rien n'est plus capable d'affermir dans l'irreligion, que des faux
motifs de conversion. On dit tous les jours à des incrédules: Qui êtesvous pour attaquer une Religion que les Pauls, les Tertulliens, les
Athanases, les Chrysostomes, les Augus- [119] tins, les Cypriens, & tant
d'autres illustres Personnages ont si couragesement défendue. Vous
avez sans doute apperçu quelque difficulté qui avoit échappé à ces
génies supérieurs: montrez-nous donc que vous en sçavez plus qu'eux,
ou sacrifiez vos doutes à leurs décisions, si vous convenez qu'ils en
sçavoient plus que vous. Raisonnement frivole. Les lumiéres des
Ministres ne sont point une preuve de la vérité d'une Religion. Quel cul[120] te plus absurde que celui des Egyptiens, & quels Ministres plus
éclairés?… Non, je ne peux adorer cet oignon. Quel privilege a-t-il sur
les autres legumes? Je serois bien fou de prostituer mon hommage à des
Etres déstinés à ma nourriture? La plaisante divinité qu'une plante que
j'arrose, qui croît & meurt dans mon potager!… "Tais-toi, misérable: tes
blasphêmes me font frémir: c'est bien à toi à raisonner? en sçais-tu là
dessus plus que [121] le Sacré College? Qui es-tu pour attaquer tes
Dieux, & donner des leçons de sagesse à leurs Ministres? Es-tu plus
éclairé que ces Oracles
86
LV
Ogni ragionamento che prova a vantaggio di due partiti non prova né per l'uno, né
per l'altro. Se il fanatismo ha i suoi martiri, al pari della vera religione, e se tra
coloro che sono morti per la vera religione vi sono stati dei fana- [118]tici, o
contiamo se lo possiamo, il numero dei morti e crediamo; oppure cerchiamo altri
motivi di credibilità.
LVI
Nulla contribuisce a rinsaldare l'irreligiosità più dei falsi motivi di conversione.
Si dice tutti i giorni agli increduli: chi siete mai per attaccare una religione difesa
con tanto coraggio dai Paoli, i Tertulliani, gli Atanasi, i Crisostomi, gli Agostini80,
[119] i Cipriani e tanti altri illustri personaggi? Voi avete indubbiamente colto
qualche difficoltà sfuggita a questi geni superiori; mostrateci dunque che ne sapete
più di loro o sacrificate i vostri dubbi alle loro decisioni, se [42] convenite che ne
sapevano più di voi. Ragionamento frivolo. I lumi dei ministri non sono per nulla
una prova della verità di una Religione. Quale cul- [120] to è più assurdo di quello
degli Egizi e quali ministri più illuminati di quelli egiziani?… No, io non posso
adorare questa cipolla. Che privilegio ha mai sugli altri legumi? Sarei davvero folle
a prostituire il mio omaggio a degli esseri destinati ad esser mio cibo…una bella
divinità, una pianta che annaffio, cresce e muore nel mio orto! Taci, miserabile: le
tue bestemmie mi fanno fremere: spetta a te forse ragionare? al riguardo ne sai di
più del [121]Sacro Collegio? Chi sei tu, per attaccare i tuoi dèi, e impartire lezioni di
saggezza ai loro ministri? Sei più illuminato di questi oracoli che tutto l'universo
viene a interrogare? Quale che sia la tua risposta, mi
87
que l'univers entier vient interroger? Quelle que soit ta réponse,
j'admirerai ton orgueil ou ta témerité… Les Chrétiens ne sentiront-ils
jamais toute leur force? & n'abandonneront-ils point ces malheureux
Sophismes à ces dont ils font l'unique ressource? Omittamus ista
communia quae ex utraque [122] parte dici possunt, quamquam vere
ex utraque parte dici non possint. S.Aug. L'exemple, les prodiges &
l'autorité peuvent faire des dupes ou des hypocrites. La raison seule fait
des Croyans.
LVII
On convient qu'il est de la dernier importance de n'employer à la
défense d'un culte que des raisons solides; cependant on persécuteroit
volontiers ceux qui travaillent à décrier les mauvaises. [123] Quoi donc?
n'est-ce pas assez que l'on soit Chrétien? faut-il encore l'être par de
mauvaises raisons? Dévots, je vous en avertis; je ne suis pas Chrétien
parce que saint Augustin l'étoit; mais je le suis, parce qu'il est
raisonnable de l'être.
LVIII
Je connois les dévots: ils sont prompts à prendre l'allarme. S'ils
jugent une fois que cet écrit contient quelque chose de contraire à [124]
leurs idées, je m'attens à toutes les calomnies qu'ils ont répandus sur le
compte de mille gens qui valoient mieux que moi. Si je ne suis qu'un
Deïste & qu'un scélérat, j'en serai quitte à bon marché. Il y a long-tems
qu'ils ont damné Descartes, Montagne, Lock, & Bayle, & j'espere qu'ils
en damneront bien d'autres.Je leur déclare cependant que je ne me
pique d'être ni plus honnête homme, ni meilleur chrétien que la plupart
de [125] ces Philosophes. Je suis né dans l'Eglise Catholique,
Apostolique &
88
stupirà il tuo orgoglio o la tua temerità… I cristiani non sentiranno mai tutta la loro
forza? e non abbandoneranno questi sventurati sofismi a coloro di cui costituiscono
l'unica risorsa? Omittamus ista communia quae ex utraque [122] parte dici possunt,
quamquam vere ex utraque parte dici non possint; (S.Agostino)81. L'esempio, i
prodigi e l'autorità possono fare degli stupidi o degli ipocriti. Solo la ragione fa dei
credenti.
LVII
Si conviene che è decisamente importante non impiegare nella difesa di un culto se
non delle solide ragioni; tuttavia si perseguiterebbero volentieri coloro che lavorano
a screditare le cattive ragioni.[123] Perché mai? Non è sufficiente che uno sia
cristiano? bisogna anche esserlo per delle cattive ragioni? Devoti, v'avverto, io non
sono cristiano perché lo è stato S.Agostino, ma perché è ragionevole esserlo82.
LVIII
Conosco i devoti: sono pronti ad allarmarsi. Se arrivano a giudicare che questo
scritto contiene qualcosa di contrario alle [124] loro idee, mi aspetto la valanga di
calunnie che hanno sparso sul conto di mille altri che valevano assai più di me. Se
non sono che un deista e uno scellerato, me la sarò cavata a buon mercato. E' da
molto tempo che hanno dannato Descartes, Montaigne, Locke e Bayle83 e spero che
ne danneranno molti altri. Io dichiaro loro che io non mi vanto d'essere né più
onest'uomo, né miglior cristiano della maggior parte di [125] questi filosofi. Sono
nato nella Chiesa Cattolica, Apostolica e Romana e mi sottometto con tutte le mie
89
Romaine, & je me soumets de toute ma force à ses décisions. Je veux
mourir dans la religion de mes Peres, & je la crois bonne autant qu'il est
possible à quiconque n'a jamais eu aucun commerce immédiat avec la
Divinité, & qui n'a jamais été témoin d'aucun miracle. Voilà ma
profession de foi: je suis preque sur qu'ils en seront mécontens, bien
qu'il n'y en ait [126] peut-être entr'eux qui soit en état d'en faire une
meilleure.
LIX
J'ai lu quelquefois Abadie, Huet, & les autres. Je connois
suffisamment les preuves de ma Religion, & je conviens qu'elles sont
grandes; mais le seroient-elle cent fois davantage, le Christianisme ne
me seroit point encore démontré. Pourquoi donc éxiger de moi que je
croye qu'il y a [127] trois Personnes en Dieu aussi femement, que je
crois que les trois angles d'un triangle sont égaux à deux droits. Toute
preuve doit produire en moi une certitude proportionnée à son dégré de
force; & l'action des démonstrations Géometriques, Morales &
Physiques sur mon esprit doit être différente, ou cette distinction est
frivole.
LX
Vous présentez à un In- [128] crédule un volume d'écrits dont vous
prétendez lui démontrer la Divinité. Mais avant que d'entrer dans
l'éxamen de vos preuves, il ne manquera pas de vous questionner sur
cette collection. A-t-elle toujours été la même, vous demandera-t-il?
Pourquoi est-elle à present moins ample qu'elle n'étoit il y a quelques
siécles? De quel droit en a-t-on banni tel & tel ouvrage qu'une autre
Secte révere & conservé tel & tel autre ouvrage qu'elle a [129] rejetté?
Sur quel fondement avez vous donné
90
forze alle sue decisioni.84 Voglio morire nella religione dei miei padri e la credo
buona nella misura in cui è possibile a chiunque non abbia avuto alcun commercio
diretto con la Divinità e che non è mai stato testimone di nessun miracolo. Ecco la
mia professione di fede: sono quasi sicuro che ne saranno scontenti, benché non ve
ne sia [126] forse neppure uno tra loro in grando di farne una migliore.
LIX
Ho letto talora Abadie85, Huet e gli altri. Conosco a sufficienza le prove della mia
religione e convengo ch'esse siano grandi; ma se lo fossero [44] anche cento volte
di più, il Cristianesimo non mi sarebbe ancora dimostrato. Perché esigere dunque da
me che io creda che in Dio esistono [127] tre persone86, con la stessa fermezza con
cui io credo che i tre angoli di un triangoli sono eguali a due retti? Ogni prova deve
produrre in me una certezza proporzionale al grado della sua forza e l'azione delle
dimostrazioni geometriche, morali e fisiche sulla mia mente deve essere diversa,
altrimenti questa distinzione è del tutto frivola.
LX
Presentate a un in- [128] credulo un volume di scritti di cui pretendete
dimostrargli il carattere divino.Ma ancor prima di entrare ad esaminare le vostre
prove, non mancherà di interrogarvi su questa raccolta di scritti. Vi chiedera: "E'
sempre stata la stessa? Perché attualmente è meno ampia di quanto non fosse alcuni
secoli fa? Con quale diritto sono stati banditi quello scritto o quell'altro, riverito da
un'altra Setta, mentre sono stati conservati questo e quest'altro ch'essa ha [129]
rigettato? Su quale fondamento avete
91
la préference à ce manuscrit? Qui vous a dirigé dans le choix que vous
avez fait entre tant de copies différentes, qui sont des preuves évidentes
que ces sacrés Auteurs ne vous ont pas été transmis dans leur pureté
originale & premiére? Mais si l'ignorance des Copistes ou la malice des
Hérétiques les a corrompus, comme il faut que vous en conveniez, vous
voilà forcés de les restituer dans leur état naturel,[130] avant que d'en
prouver la Divinité; car ce n'est pas sur un Recueil d'écrits mutilés que
tomberont vos preuves, & que j'établirai ma croyance. Or qui
chargerez-vous de cette réforme? L'Eglise. Mais je ne peux convenir de
l'infaillibilité de l'Eglise, que la divinité des Ecritures ne me soit
prouvée. Me voilà donc dans un Scepticisme nécessité.
On ne repond à cette difficulté, qu'en avouant que les premiers
fondemens de la [131] foi sont purement humains; que le choix entre les
manuscrits, que la restitution des passagges, enfin que la collection s'est
faite par de regles de critique; & je ne refuse point d'ajouter à la divinité
des livres sacrés, un degré de foi proportionné à la certitude de ces
regles.
LXI
C'est en cherchant des preuves, que j'ai trouvé des difficultés. Les
livre qui contiennent les motifs de [132] ma croyance, m'offrent en
même-tems les raisons de l'incredulité. Ce sont des arsenaux communs.
Là j'ai vu le Déiste s'armer contre l'Athée; le Déiste & l'Athée lutter
contre le Juif; l'Athée, le Deïste & le Juif se liguer contre le Chrétien; le
Chrétien, le Juif, le Déiste & l'Athée se mettre au prises avec les
Musulman; l'Athée, le Déiste, le Juif, le Musulman & la multitude des
Sectes du Christianisme fondre sur le Chré- [133] tien, & le Sceptique
seul contre tous. J'étois Juge des coups. Je tenois la balance entre les
combattants; ses bras
92
accordato la preferenza a questo manoscritto? Chi vi ha diretto nella scelta che
avete compiuta tra tante copie diverse, prove evidenti che questi sacri Autori non vi
sono stati trasmessi nella loro purezza prima ed originaria? Ma se l'ignoranza dei
copisti o la malizia degli eretici li ha corrotti, come bisogna che ammettiate, eccovi
costretto a restituirli al loro stato naturale, [130] prima di provarne il loro carattere
divino; infatti non è su una raccolta di scritti mutili che poggeranno le vostre prove
e che io fonderò la mia credenza. Ma ora chi incaricherete di questa riforma? La
Chiesa. Ma io non posso convenire dell'infallibilità della Chiesa se non mi è provata
la divinità delle Scritture. Eccomi dunque costretto allo scetticismo."
A questa difficoltà non si risponde se non ammettendo che i primi fondamenti della
[131] fede sono puramente umani; che la sceltra tra i manoscritti, la restituzione dei
passi, infine la raccolta è stata condotta secondo le regole della critica; e io non mi
rifiuto affatto d'accordare alla divinità dei libri sacri un grado di fede proporzionato
alla certezza di tali regole.87
LXI
E'cercando delle prove che mi sono imbattuto in difficoltà. I libri che
contengono i motivi della [132] mia credenza m'offrono al contempo le ragioni
dell'incredulità. Sono degli arsenali comuni. Là vi ho visto il deista armarsi contro
l'ateo; il deista e l'ateo lottare contro l'ebreo; l'ateo e il deista e l'ebreo allearsi
contro il cristiano; il cristiano, l'ebreo, il deista e l'ateo confrontarsi con il
mussulmano; l'ateo, il deista, l'ebreo, il mussulmano e la moltitudine delle sette
cristiane accanirsi sul cri- [133] stiano e lo scettico solo contro tutti. Io ero giudice
dei colpi e tenevo la bilancia tra i combattenti:
93
s'élevoient ou s'abbaissoient en raison des poids dont ils etoient
chargés. Après de longues oscillations elle pencha du côté du Chrétien,
mais avec le seul excés de sa pésanteur, sur la resistance du côté
opposé. Je me suis témoin à moi même de mon équité. Il n'a pas tenu à
moi que cet excés m'ait paru fort grand. J'atteste Dieu de ma sincerité.
LXII
[134]
Cette diversité d'opinions a fait imaginer aux Déistes un
raisonnement plus singulier peut-être que solide. Ciceron ayant à
prouver que les Romains étoient les plus belliqueux de la terre, tire
adroitement cet aveu de la bouche de leurs Rivaux. Gaulois à qui le
cédez-vous en courage, si vous le cédez à quelqu'un? aux Romains.
Parthes, aprés vous, quels sont les hommes [135] les plus courageux? les
Romains. Affricains, qui redouteriez-vous, si vous aviez à redouter
quelqu'un? les Romains. Interrogeons à son exemple le reste de
Religionnaires, vous disent les Déïstes. Chinois, quelle Religion seroit
la meilleure, si ce n'étoit la vôtre? La Religion naturelle. Musulmans,
quel culte embrasseriez-vous, si vous abjuriez Mahomet? Le
Naturalisme. Chrétiens, quelle est la vraie Religion, si ce n'est la
chrétienne? La [136] Religion des Juifs. Mais vous Juifs, quelle est la
vraie Religion si le Judaïsme est faux? le Naturalisme. Or ceux,
continue Ciceron, à qui l'on accorde la seconde place d'un consentement
unanime, & qui ne cedent la première à personne, méritent
incontestablement celle-ci.
FIN
94
i suoi bracci s'innalzavano o s'abbassavano in ragione del peso di cui erano caricati.
Dopo lunghe oscillazioni essa inclinò dalla parte del Cristiano, ma con il solo
eccesso del suo peso sulla resistenza del lato opposto.Della mia equità garantisco
io. Non è dipeso da me che questo eccesso mi sia parso molto grande. Invoco Dio
a testimone della mia sincerità.
[134] LXII
Questa diversità di opinioni ha fatto immaginare ai deisti un ragionamento forse più
singolare che solido. Cicerone dovendo provare che i romani erano il popolo più
bellicoso della terra, ricava abilmente questo apprezzamento dalla bocca dei loro
rivali. Galli, a chi cedete in coraggio, nel caso cediate a qualcuno? Ai Romani.
Parti, chi sono, dopo voi stessi, gli uomini [135] più coraggiosi? I Romani. Africani,
chi temereste di più, se temeste qualcuno? I Romani. Interroghiamo sulla sua scorta
il resto dei religiosi, vi dicono: i deisti. Cinesi, quale religione sarebbe quella
migliore, se non fosse la vostra? La religione naturale. Mussulmani, quale culto
abbraccereste, se abiuraste Maometto? Il naturalismo. Cristiani, qual'è la vera
religione, se non è quella cristiana? La [136] religione giudaica. Ma per voi, ebrei,
qual'è la vera religione, se il giudaismo è falso? il naturalismo. Ora, prosegue
Cicerone, coloro a cui si accorda con un consenso unanime il secondo posto e che
non cedono il primo a nessuno, lo meritano incontestabilmente88.
FINE
95
NOTE
96
1
“Chi mai leggerà roba del genere?” Persio, Sattira I. Aulo Persio Flacco (34-62 d. C.) poeta satirico latino. Diderot
chiamerà Satira I e Satira II rispettivamente i suoi due dialoghi Sur les caractéres et les mots de caractère, de
profession…(Œuvres complètes, Assezat-Tourneux VI, 303-316) e il celebre Nipote di Rameau. In merito alle
questioni sollevate da tale denominazione vedi l’importante saggio di H. Dieckmann, “The relationship between
Diderot’s Satire I and II” in Studien zur europäischen Aufklärung, Fink Verlag, München 1974, pp. 73-88.
Le citazioni dall’opera di Diderot rinviano all’edizione Assezat-Tourneux. Le opere di Shaftesbury sono citate
in base all’edizione Robertson, Londra 1900.
2
Voltaire che ha annotato a due riprese i Pensieri filosofici, prima in un’edizione del 1746 e successivamente
nell’edizione bilingue, italiano-francese, attribuita falsamente a Tommaso Crudeli, del 1777, scrive al margine del
preambolo su quest’ultima edizione: “Perché mai? era meglio dire: se non ripugnano a nessuno.”
3
Sul rapporto "ragione-passioni" nella cultura filosofica del '600-'700 europeo cfr. R.Bodei: Geometria delle passioni,
Feltrinelli, Milano. Per una caratterizzazione dell'anatomia delle passioni inaugurata in Francia da François de
Larochefoucault restano fondamentali i primi due capitoli di A.C. Jemolo: Il Giansenismo in Italia. Prima della
Rivoluzione, Laterza, Bari 1928, p.40 e ss. Diderot trae il motivo dell'apologia delle passioni da Shaftesbury, in
particolare da Characteristic of Men, Manners, Opinions, Time…. Voltaire scrive in proposito: "Le passioni sono i
venti che sospingono i vascelli e che li sommergono." Sulla confutazione della difesa diderotiana delle passioni da
parte di Isaac de Pinto, che le considera nocive al progresso, cfr. A. Freer: Isaac de Pinto et la Lettre a M. D[iderot]
sur le jeu des cartes, in: Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. 1964, t.XXXIII, p.104-117. L'apologia delle
passioni non è certo una novità a metà del XVIII secolo. Gia Descartes aveva riconosciuto nel suo Trattato sulle
passioni (1649) che gli uomini appassionati sono "capaci di gustare una maggior dolcezza in questa vita." e che "Le
passioni sono tutte buone per loro natura e noi non abbiamo che da evitare il loro cattivo uso". Questo motivo
cartesiano, sviluppato dal libertinismo epicureo, conduce a Rémond de Saint-Mard che nei suoi Nouveaus dialogues
(1711) scrive: "Tutte le passioni sono buone. Esse sono troppo preziose per abbandonarle, vanno piuttosto messe a
profitto." Suo fratello, Rémond le Grec nel Dialogue sur la volupté (1736) afferma a sua volta: "E' una follia questa
guerra naturale che è stata immaginata tra la ragione e le passioni: essa deve regolarle più che combatterle." [V] Si
ricordino infine di Pierre Bayle - che definiva le passioni "une planche après le naufrages,& puis que la raison devoit
devénir si foible, [a causa della caduta adamitica] - i saggi sull'utilità delle passioni e dei pregiudizi comparsi nel II
tomo delle Nouvelles Lettres (p. 499-572) e poi nelle Nouvelles de la République des lettres, (sett. 1686, art. I, p.
989).
4
Eco di considerazioni già avanzate da Shaftesbury (Miscellaneous Reflexions, t.II, p.176). In una sua nota al Saggio
sul merito e la virtù - traduzione diderotiana dell'Inquiry concerning virtue and merit - Diderot aveva già scritto:
"Divino anacoreta, sospenda un momento la profondità delle sue meditazioni e si degni a disingannare un povero
uomo di mondo che si gloria di esserlo. Io ho delle passioni e mi dispiacerebbe molto esserne privo.Amo
appassionatamente il mio Dio, il mio re, il mio paese, i miei genitori, i miei amici, la mia donna e me stesso." (A. t.I,
p.25, n.1) (N)
5
In una nota originale del Saggio sul merito e la virtù Diderot aveva già scritto: "Noi somigliamo a strumenti le cui
corde sono le nostre passioni. Nel folle esse sono troppo tirate e lo strumento stride, nello stupido troppo allentate e lo
strumento è sordo. Un uomo senza passioni è dunque uno strumento a cui siano state recise le corde, o che non ne ha
mai avute. […]. Ma vi è di più. Se quando uno strumento è accordato voi pizzicate una corda, il suono ch'essa produce
occasiona vibrazioni anche negli strumenti vicini, se le loro corde hanno una tensione proporzionale armonica con la
corda pizzicata e nelle corde vicine dello stesso strumento se esse mantengono la stessa proporzione. Immagine
perfetta dell'affinità dei rapporti e del mutuo concorso di certe affezioni nello stesso carattere e delle impressioni e dei
dolci fremiti che le belle azioni suscitano negli altri, soprattutto quando sono azioni virtuose." (A. I, p.75 n.1) (N)
6
Uno dei principali bersagli polemici dell'opera, presente fin dal primo 'pensiero' in modo implicito, ottiene già qui
esplicitamente il suo nome: all'élite cui Diderot destina il suo lavoro e che può aver presente l'opera di Bayle, e in
particolare i suoi Pensieri diversi sulla cometa non è difficile tradurre 'superstizione' con la religione dominante nella
Francia "tutta cattolica", all'indomani della Revoca dell'Editto di Nantes (1685), con il suo insistito culto della
Madonna, regina del cielo modellata sulle regine terrestri e dei santi, cortigiani celesti, intermediari delle suppliche
dei sudditi comuni. Sulla corte terrena come modello della 'corte celeste' cfr. P. Bayle: Dictionnaire historique et
critique s.v. Nestorius, op.cit. 2082 b.
7
Voltaire annota sul suo esemplare dopo 'vigliacchi': "Allora questo equilibrio è saggezza, esclude l'entusiasmo" non
cogliendo come questa armonia non escluda l'intensità. Diderot segue da vicino Rémond de Saint-Mard che scrive [op.
cit. p.165): "I sentimenti che ci fornisce la natura sono destinati, benché si combattano, a produrre tra loro un certo
accordo che costituisce la perfezione della sua opera." (V)
8
Vedi l'identica posizione di Réne le Grec citata alla nota n.2.
9
Primo accenno a una tematica, quella teratologica, assolutamente centrale nella riflessione filosofica, morale e
scientifica diderotiana. Al riguardo cfr. per un primo accostamento: E.Hill: Human Nature and the Moral Monstre, in:
Diderot Studies XVI, (1973), pp.91-118.
97
10
Pacomio, abate di Tabenna in Egitto nel IV secolo. Convertito al cristianesimo fu discepolo di un solitario di nome
Palemone; i suoi progressi sulla via della virtù furono tali che ben presto divenne a sua volta maestro di numerosi altri
monaci nel monastero di Tabenna situato sulle rive del Nilo, da lui edificato per ordine di un angelo che gli apprortò
la regola che Dio volle che egli desse ai suoi monaci. La sua biografia scritta da un antico autore greco fu tradotta in
latino da Dionigi il piccolo e in francese da Arnauld d'Andilly insieme con le altre biografie dei Padri del Deserto. Cfr.
s.v. il Moreri, Dictionnaire ou le Mélange curieux de l'Histoire Sacrée ecc. , II edizione Basilea 1732, tomo V, p.652.
11
Stiliti, eremiti che per avvicinarsi al cielo e staccarsi da questo mondo, vivevano su una colonna (stùlos ). Il più
celebre degli stiliti è Simone del Deserto che, ancora nel nostro secolo ha ispirato la fantasia di Bunuel e le riflessioni
dell'ultimo Hugo Ball, il fondatore del Cabaret Voltaire e, con Tzara, del dadaismo.
12
G.May (Diderot et la Religieuse, Paris 1954, p.150) scorge in questa riflessione un'eco dell'esperienza del filosofo,
la cui sorella Caterina impazzisce in convento. (V) Forse bisogna però vedere già qui all'opera l'Antipascal diderotiano
che emergerà in modo esplicito e diretto con l'aforisma XIII. tenendo presente gli elementi della biografia pascaliana
redatta da Madame Perier, sorella del filosofo e posti in rilievo dalla voce che gli dedica Dictionnaire historique et
critique di P. Bayle. Indubbiamente Pascal è presentato come un modello di devozione, esempio raro perché interviene
in una persona colta e geniale: è detto esser stato "uno degli spiriti più sublimi del mondo", ma di lui si fa emergere
anche l'estremismo in fatto d'ascesi e auto-torturamento. "Diceva ancora al culmine dei suoi dolori, quando ci si
affliggeva a vederlo soffrire: non mi compiangete, la malattia è lo stato naturale dei Cristiani, perché in tal modo si è
come si dovrebbe essere sempre: nella sofferenza dei mali, nella privazione di tutti i beni, e di tutti i piaceri dei sensi,
esenti da tutte le passioni che ci travagliano durante tutto il corso della vita, senza ambizione, senza avarizia, nella
continua attesa della morte. Non è forse così che i cristiani dovrebbero passare la vita e non è una grande fortuna
quando ci si trova per necessità nello stato in cui si è obbligati a essere e non si ha altro da fare che sottomettersi
umilmente e pacificamente? E' per questo che io non chiedo altro che di pregare Dio che mi faccia questa grazia".
Ecco con quale spirito sopportò tutti i suoi mali."
[…]Vi fu nella condotta del Sig. Pascal qualche altra cosa che non è meno singolare delle sue massime circa
la salute. "Le conversazioni in cui si trovava spesso impegnato, benché fossero tutte di carità, non cessavano di darli
qualche timore di trovarsi in pericolo; ma poiché non poteva rifiutare in coscienza il soccorso che le persone gli
richiedevano, aveva trovato a ciò un rimedio. Prendeva in queste occasioni una cintura di ferro piena di punte, la
metteva a nudo sulla pelle e allorché gli veniva qualche pensiero di vanità o che prendesse un qualche piacere al posto
in cui si trovava o qualcosa di simile, si dava dei colpi con il gomito per raddoppiare la violenza delle punture e si
faceva così tornare il ricordo del suo dovere." (P. Bayle, op.cit. s.v. Pascal, rem.G)
13
Citato e ripreso da Rousseau nel Discours sur les sciences et les arts (Garnier Flammarion, Paris 1971,p.54)
14
Voltaire aggiunge nelle sue annotazioni: "E che si è sempre dipinto eternas quoniam poenas in morte timendum,
Lucrezio". Shaftesbury aveva già scritto nella Lettera sull'entusiasmo : "l'idea che Dio non esista non fa tremare
nessuno, si trema piuttosto perche ve n'è uno[…] . Se Dio esiste, la suprema bontà gli è essenziale e la sua idea esclude
quei difetti, quelle passioni, quelle debolezze che noi scopriamo in noi stessi." Vernière indica la fonte
dell'argomentazione in B. Spinoza: Trattato Teologico-Politico, capp.VII e XIII.
15
Sul tema sconfinato della giustizia divina - al centro del dibattito teologico seicentesco e del conflitto tra giansenisti
e gesuiti molinisti - si ricordi anche la posizione del 'giovane' Montesquieu nella celebre lettera LXXXIII di Usbek a
Rhédi: "Se vi è un Dio, mio caro Rhédi, bisogna necessariamente che sia giusto, perché se non lo fosse sarebbe il più
malvagio e imperfetto di tutti gli esseri. La giustizia è un rapporto di convenienza che si trova realmente tra due cose;
questo rapporto è sempre lo stesso, quale che sia l'essere che lo consideri, si tratti di Dio, di un angelo o di un uomo."
(Montesquieu: Lettres persanes, Garnier Flammarion, Paris, 1964, p.140)
16
Voltaire annota: "Costui è un malato". La teoria del temperamento, ovvero del dosaggio degli umori - il sangue, la
bile, la bile nera e il flegma- è d'origine ippocratica e con varie modificazioni era ancora adottata dalla medicina del
XIX secolo che ammetteva quattro temperamenti fondamentali: il nervoso, il sanguigno, il bilioso e il linfatico. Sul
temperamento 'sanguigno', "collerico' di Diderot cfr.
Les cas Diderot
17
Plutarco (46?- 120? d.C.), filosofo, storico e oratore, nativo di Cheronea, città della Beozia.Autore delle celebri Vite
parallele che, già tradotte in aragonese nel 1388 dal vescovo di Adrianopoli, Nicola e poi in latino da Jacopo Angeli
all'inizio del XV secolo, dopo essere state tra l'altro una delle fonti di Shakespeare, costituiranno ancora la lettura
preferita di un Rousseau, Confessioni, l.1, (tr. it.Garzanti, Milano 1976, p.9). A divulgare la posizione plutarchea
circa ateismo e superstizione aveva pensato Perre Bayle, indubbiamente, insieme con Shaftesbury che citava Plutarco
nella sua Lettera sull'entusiasmo - 'fonte' della citazione diderotiana : "Plutarco […] dice infatti che si fa maggior
torto alla divinità, credere che sia tale quale se la raffigurano i superstiziosi, anziché credere che essa non esista. "Non
posso mai abbastanza meravigliarmi - ecco le sue parole nel Trattato della Superstizione – che si consideri l'ateismo
un'empietà: l'empietà si addice alla superstizione e non all'ateismo. Se è vero che Anassagora fu una volta condannato
per empietà, avendo sostenuto che il sole era una pietra, nessuno ha però accusato di empietà i Cimmeri che non
credono che nel mondo esista un sole. Forse che colui che non crede all'esistenza degli dèi è empio, e colui che crede
che essi siano tali quali il superstizioso se li immagina, non ha un'opinione la cui empietà sorpassa di gran lunga
quella dell'ateo? Per conto mio preferirei di gran lunga che tutti dicessero che Plutarco non è mai esistito, anziché
98
sentir dire: 'Plutarco è un uomo incostante, leggero, collerico, un uomo che si offende facilmente, che diviene di
cattivo umore senza motivo…"(Pensieri diversi sulla cometa. Laterza, Bari 1995, p.219, I^ ediz. 1682).
18
Le iniziali indicano rispettivamente il filosofo caposcuola della scuola di Cambridge Ralph Cudworth (1617-1688)
e Antony Ashley Cooper, conte di Shaftesbury (1671-1713) il cui sensualismo etico di matrice neo-platonica conobbe
notevoli riecheggiamenti in Pope, Herder, Rousseau, Schiller, Goethe. Proprio una traduzione da Shaftesbury
costituisce l'esordio 'filosofico' di Diderot che pubblica nel 1745 l'Essay sur le mérite et la vertu . Confronta al
riguardo il II capitolo di F. Venturi: Giovinezza di Diderot, cit., pp.53-72. Vernière fa notare che nulla prova che
Diderot abbia mai letto The true intellectual system of the universe (1678) di Cudworth, o che abbia assimilato la sua
teoria delle 'nature plastiche'. Se qui lo esalta è sulla base della caratterizzazione come deista capace di difendere Dio
con la propria dirittura e il proprio sapere che di lui aveva fornito Shaftesbury.
Vanini Lucilio Giulio Cesare (1586-1619), l'ateo virtuoso, il 'martire' dell'ateismo, difeso da Bayle nei
Pensieri diversi sulla cometa (op.cit. pp.345 e ss.) e cantato da Hölderlin finì, com'é noto, arrostito vivo dall'Infame
in quel di Tolosa il 9 febbraio 1619: prima del supplizio si era provveduto a mozzargli la lingua. Aveva detto,
richiesto di chiedere perdono a Dio, al re e ai suoi giudici, che quanto a Dio, non credendovi non aveva nulla da
chiedergli, quanto al re, che non l'aveva mai offeso, semmai erano i giudici a fargli torto, senza averne mai da lui
subito alcuno. Autore di un Amphitheatrum Providentiae (Lyon 1615) e di De admirandis naturae, reginae deaeque
mortualium, arcanis, libri IV . Diderot ne scrive a Sophie Volland lodandolo come un uomo "che sacrifica la sua vita
alla testimonianza della verità" (Lettres à Sophie Volland, N.R.F. 1938, t.II, p.264.) (V)
Nicole Pierre (1625- 1695) a giudizio del Dictionnaire Historique et Critique di Bayle "une des plus belles
plumes de l'Europe", autore con il grande Arnauld della Logique de Port-Royal - citata da Diderot nel pensiero LII - e
di numerose opere d'apologia della fede cattolica e di scritti di morale. Esponente di spicco del "giansenismo"
francese.
Pascal Blaise (1623-1662) geniale scienziato e filosofo, autore dei celebri Pensieri e delle Lettere provinciali
era già stato al centro di un attacco clamoroso da parte di Voltaire nelle Lettere filosofiche. In merito vedi
almenoVoltaire e le "Lettres philosophiques" Einaudi, Torino 1977 [I^ ediz. 1955], pp.136-151.
19
Voltaire sulla sua copia dellePensées philosophiques sostituisce ad "Elégant", "vigoureux", vigoroso. (N)
20
Antoine Houdar de Lamotte (1672-1731), amico di Fontenelle, aveva ravvivato la quetelle des anciens et des
modernes nel 1714 con il suo "Discorso su Omero" che precedeva la sua traduzione dell'Iliade. Jean de La Fontaine
(1621-1695) è l'autore delle celebri "favole" in versi.
21
Arnauld Antoine (1612-1694) teologo insigne, cartesiano, autore di una interminabile controversia con
Malebranche contro cui scrive il Traité des vraies et de fausses idées; fondamentale la sua Logique ou art de penser,
scritta insieme con Nicole e nota come Logica di Port-Royal citata qui da Diderot al 'pensiero' LII.
Lemaistre de Sacy Isaac Louis, (1613- 1684), nipote di Arnauld, esponente di spicco tra i 'giansenisti' di PortRoyal, infaticabile traduttore di testi sacri (Vangelo, Salmi, Imitazione di Cristo, Bibbia).
22
Chiara ripresa della posizione epicurea sul problema del 'male riportata da Lattanzio nei termini seguenti: Deus,
inquit Epicurus, aut vult tollere male, & non potest; aut potest & non vult; aut neque vult neque potest; aut vult &
potest. Si vult & non potest, imbecillis est, quod in Deo non cadit. Si potest & non vult, invidus; quod aeque alienum
a Deo. Si neque vult neque potest, & invidus & imbecillis est, ideoque neque Deus. Si vult & potest, quod solum
Deo convenit, unde ergo sunt mala?
La tematica del comparire del male in un mondo creato da un dio onnipotente era stata posta al centro del
dibattito dal rilancio dei 'manichei' operato da P. Bayle. Cfr. nel Dictionnaire historique et critique le voci:
"Manicheisme", "Pauliciennes", "Prudentius" e i rimandi in esse contenuti.
23
In funzione di una riabilitazione di Seneca, Diderot tornerà ampiamente sul 'regno di Nerone' nel suo saggio :Essais
sur le règnes de Claude et de Néron, ed.Assezat, (tr. it. Sellerio, Palermo 1987).
24
Diderot li conosceva bene, componendo su ordinazione lui stesso delle prediche che vendeva poi ai "missionari", i
predicatori inviati a tenere le 'missioni' nelle diverse parrocchie. (V). Traduciamo così "Déclamateurs": un termine che
Diderot nell'Essais sur le régnes de Claude… cit. abbina a "sophistes" facendo notare che nell'antichità "i nomi di
declamatore e di sofista non avevano assolutamente l'accezione sfavorevole che vi è si connetterà successivamente."
Per un esempio di utilizzo pre-diderotiano dell'accezione negativa si veda La Fontaine, Fable X,1: Faison taire / cet
ennuyeux déclamateur. / Il cherche de grands mots, et vient ici se faire/ Au lieu d'arbitre, accusateur.
25
La 'controversia' era un tipo di declamazione scolastica in uso nella retorica romana, che traeva i suoi elementi dalla
discussione di una causa realmente dibattuta nel foro, o discuteva su temi artificiosamente complicati o inventati a
scopo di recitazione. L'eristica è l'arte della controversia. Nel XVI e XVII secolo la controversia era 'fiorita'
particolarmente sul terreno religioso-teologico e studiare la controversia equivaleva ad apprendere la tecnica della
discussione teologica.
26
Menippo di Gadara, (III secolo a C.) "volgeva in ridicolo le cose più serie" (Moreri, cit. s.v.); a lui risale il
prosimetrum, forma poetica in cui vari stili si incrociano e si mescolano. Sulla diffusione delle Satire Menippee di
Varrone, Petronio, Marziano Capella, Boezio cfr.E.R.Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, Nuova Italia
Firenze, 1992, p.171. In Luciano - Zeus a corto di ragioni - è comunque Kyniscos e non Menippo a pronunciare la
99
frase attribuitagli da Diderot.
27
E' chiamata così a partire dal '600 (Jungius, Logica 1638,V.I.8) l'argomentazione dialettica consistente nel
contrapporre all'avversario le conseguenze risultanti dalle tesi meno probabili, concesse o approvate da lui.
28
Pirroniano, scettico, discepolo di Pirrone, filosofo greco nativo di Elide e discepolo di Anassarco, fortemente
valorizzato da P. Bayle nel Dictionnaire historique et critique. Il Pirronismo, nella definizione di Bayle, è l'arte di
disputare su tutto, senza assumere mai altro partito se non quello di sospendere il proprio giudizio (epoché ). cfr. per
un primo orientamento, R. H. Popkin: La storia dello scetticismo. Da Erasmo a Spinoza. , Anabasi, Milano 1995.
Cartouche, soprannome di Louis-Dominique Bourguignon, famoso ladro parigino, nato verso il 1693 e
suppliziato il 28 novembre 1721.
Hobbes Thomas (1588-1679) filosofo materialista, teorico della politica, autore del Leviathan. Nel De cive
(1642) aveva avanzato la tesi che 'il più forte ha sempre ragione' e in termini meno crudi "auctoritas, non veritas facit
legem".
29
Malebranche Nicolas (1638-1715) oratoriano, importante cartesiano, teorico dell'occasionalismo e della visione
delle idee in Dio. Descartes René (1596-1650) matematico e filosofo decisivo nella storia del pensiero occidentale. La
sua fama è però al momento in cui Diderot scrive incrinata dal successo del newtonianesimo e l'Enciclopedia non sarà
mai tenera nei suoi confronti. Sul rapporto Diderot-Descartes resta fondamentale, ancorché invecchiato, A.Vartanian:
Diderot and Descartes (tr. it. Feltrinelli, BD) Sul carattere 'meditativo' della riflessione malebrancheana aveva
insistito, non senza sarcasmi, Arnauld nella polemica interminabile che ebbe con l'oratoriano. Per Descartes il rinvio è
alle celebri Meditationes de prima philosophia, in quibus Dei existentia et animae immortalitas demonstratur (a
partire dall'edizione di Amsterdam del 1642: in quibus Dei existentia et animae humanae a corpore distinctio
demonstrantur ).
Marcello Malpighi (1628-1694) celebre medico, autore di numerose scoperte anatomiche in particolare sulla
struttura della pelle ottenute con l'utilizzo del microscopio.
Isaac Newton (1643-1727) matematico, fisico, alchimista, teologo antitrinitario.Fondamentale per la storia
della scienza occidentale i suoi Philosophiae naturalis principia mathematica. La sua opera viene 'volgarizzata' in
Francia soprattutto grazie alle "Lettere inglesi" di Voltaire, nonostante le resistenze dell'Acadèmie des Sciences
dominata dai cartesiani. Esemplare e avvincente la biografia dedicatagli da Richard S.Westfall: Newton, tr. it.
Einaudi 1989.
Pierre von Musschenbroek (1692-1761), fisico olandese, allievo di Newton, inventore del pirometro,
rinnovatore della filosofia sperimentale. La sua Introductio ad philosophiam naturalem era stata tradotta in francese
nel 1739 con il titolo Essais de physique.
Nicolas Hartzoeker (1656-1725), fisico, micrografo e medico. Perfezionatore del microscopio e del telescopio,
scopritore degli "animaletti spermatici". Fautore dell'ipotesi delle anime plastiche o formatrici, assai discussa nel
corso del XVIII secolo.
Bernard Niewentyt (1654-1718), matematico e medico olandese. La sua opera principale L'existence de Dieu
démontrée par les merveilles de la nature… era stata tradotta in francese nel 1725.
30
Vernière vi scorge un'allusione al Deus sive Natura di Spinoza, e prosegue chiedendosi: "Ma perché gli oppone un
meccanicismo invecchiato e la concezione desueta d'un Dio orologiaio.?"per concludere: Diderot nel 1746 non è
ancora in serio contatto con le scienze della natura. Una lettura 'à la Lenoble' - Mersenne et la naissance du
mecanisme BDF - di questo passo permetterebbe di indirizzare altrimenti l'allusione al panteismo che non sarebbe
allora quello spinoziano, bensì quello vitalistico del rinascimento italiano (da Bruno a Campanella) contro cui il
meccanicismo, adottato ad es. da Malebranche sulla scorta di Cartesio, opererebbe una s-divinizzazione del mondo,
ridotto a semplice macchina, progettata, realizzata e mantenuta in movimento da Dio.
31
Così designata a partire dal XVII secolo (Clauberg, Metaphysica, 1646, I, 1-2) quella parte della metafisica che già
Aristotele aveva visto come scienza dell'ente in quanto ente. Ripresa da Wolff la definizione della metafisica generale
come ontologia comparirà ancora nel Disc. prélim. de L'Enciclopédie dell'amico di Diderot, D'Alembert: "Les êtres,
tant spirituels que matériels ayant quelques propriétés genérales comme l'existence, la possibilité, la durée, l'examen
de ces propriétés forme d'abord cette branche de la philosophie dont toutes les autres empruntent en partie leur
principes; on la nomme l'ontologie ou la science de l'être, ou metaphysique genérale."
32
Diderot pare qui rispondere al Traité de l'âme di La Mettrie, comparso nel 1745 che sosteneva l'essenzialità de la
force motrice alla materia da essa animata e mossa. [V]
33
Contro un Van Helmont che credeva alla generazione spontanea a partire dalla putrefazione, Francesco Redi studia
la vita ciclica delle mosche (Esperienze intorno alla generazione degl'insetti, Firenze 1668) e anche Leuwenhoeck
apporta la stessa dimostrazione con una diversa metodologia ( Opera omnia seu arcana naturae, Leyde 1722.) Le
esperienze di John Turbeville Needham (1713-1781), sacerdote cattolico e naturalista, membro della Royal Society,
convinto di aver provato incontrovertibilmente la produzione di infusori dalla carne macerata a confera della teoria
della generazione spontanea, modificheranno l'opinione di Diderot sulla generazione e faranno cadere uno degli
argomenti del suo deismo già abbastanza traballante. Le idee di Needham furono confutate dagli esperimenti di L.
Spallanzani. Già Fontenelle aveva sostenuto in De l'existence de Dieu "Mi pare che siano gli animali a recare, per
100
così dire, l'iscrizione più chiara e ad insegnarci nel modo migliore che esiste un Dio autore dell'Universo."
34
La Théologie des insectes di F.C.Lesser, tradotta in francese nel 1742, era appena stata ripubblicata nel 1745 da
Réamur, a sua volta autore di Mémoires pour servir à l'histoire des insectes, in 6 volumi (1734-1742).
35
Il pericoloso ateo, l'abile retore è La Mettrie e gli argomenti attaccati da Diderot erano sostenuti nel suo Taité de
l'âme dove è presentato l'argomento del pappagallo. [V] La designazione 'déclamateurs" era già comparsa anche al
pensiero XV, dove la nostra traduzione con "predicatori" c'è stata suggerita dal contesto. E' però importante notare
come il Diderot dei Pensieri filosofici chiami allo stesso modo i 'predicatori' della religione dogmatica post-tridentina
e il fautore baldanzoso dell'ateismo.
36
La teoria cartesiana dell'animale macchina era stata presentata fin dal "Discorso sul Metodo". Sulla discussione che
aveva impegnato sull'argomento il XVII secolo dava maliziosi ragguagli l'articolo Rorarius nel Dictionnaire
Historique et Critique di P. Bayle. Sulla questione si veda l'interessante compendio fornito inDell'anima delle bestie
e sue funzioni. Trattato del molto rev.P. Ignazio Gastoni Pardies della compagnia di Gesù nel quale si disputa la
celebre Questione de' Moderni Se gli Animali Bruti siano mere Machine Automate senza cognizione, nè senso come
gli Orologi Venezia 1696 [BUP]; Boas: The happy BEASTS in French-Thought of the seventeenth century, Baltimore
1933; M.T.Marcialis: "Alle origini della questione sull'anima delle bestie. I libertini e la ragione strumentale", in:
Saggi sull'illuminismo, a cura di G. Solinas, Cagliari 1973;Garin E. Gli animali macchine, in >Rivista critica di storia
della filosofia, 1972, III, pp. 335-339
37
Per l'utilizzo di questa argomentazione si veda il curioso capitolo di J. Locke, Saggio sull'intelligenza umana
Esemplificazione presente già nel celebre 'pensiero' sui due infiniti di Pascal. (Pensieri, tr.it. Serini, Milano 1984,
p.192) Dell'acaro e della sua mirabile organizzazione avevano già parlato Gassendi (Syntagma philosophicum, 1656) e
Pierre Borel (Centurie des observations microscopiques, 1656). Il 'grande Newton era divenuto famoso anche al di
fuori della ristretta cerchia degli scienziati e degli accademici grazie al successo delle Lettere filosofiche di Voltaire.
39
Identificato da tutti i commenti in D.F.Rivaud, professore di filosofia al collége de Beauvais, di cui Diderot fu
allievo. Introdusse lo studio delle matematiche all'università di Parigi.
40
Settore matematico indagato insieme da Pascal e Fermat negli anni 1653-54. La prima sintesi in materia fu fornita
da Jacques Bernoulli con la sua Ars conjectandi (Basilea 1713)
41
Voltaire annota al riguardo: "Quale che sia il momento che scegliate, c'è sempre da scommettere l'infinito contro
uno che l'universo non si formerà da sé solo". Al margine di un altro esemplare delle Pensées philosophiques
aggiungeva: "Paralogismo. Voi supponete l'esistenza di questi dadi - è chiaro che allora il 6 arriverà; ma il problema è
se vi sono dei dadi: nessun dado, nessuna combinazione, nessun ordine senza intelligenza. Rimuovete per l'eternità
della sabbia: resterà sempre tale. Certamente non produrrà dei pappagalli degli uomini delle scimmie. Ogni artefatto
dimostra un artefice." Più oltre commenta: "Il movimento essenziale alla materia non è che un'ipotesi. E non è
legittimo fondare un sistema su di un'ipotesi di cui non si può avere alcuna prova." Dopo le parole "un numero infinito
di ordinamenti ammirevoli" Voltaire scrive: "Non ne esiste neppure uno, perché è necessario che vi sia un disegno e la
materia bruta non può avere dei disegni. Spinoza ammette il pensiero insieme con la materia, ammette dei disegni."
Rousseau nella sua Lettera a Voltaire sulla Provvidenza ammette che è difficile confutare questo argomento
diderotiano, che riprenderà in termini critici nella Professione di fede di un Vicario savoiardo: "Non debbo affatto
sorprendermi che accada ciò che è possibile, e che la difficoltà dell'evento sia compensata dalla quantità dei 'lanci'. Ne
convengo. Ma se mi si venisse a dire che dei caratteri di stampa gettati alla rinfusa hanno prodotto l'Eneide in tutto il
suo ordine, non mi degnerei di fare un passo per andare a verificare questa menzogna." (J.J. Rousseau: Emile, ou de
l'éducation, Flammarion Paris 1966, p.358)
42
Shaftesbury li ripartiva in due classi: "Colui che nega assolutamente un Dio e colui che si limita a dubitarne. Ora
colui che dubita può deplorare la propria sorte e augurarsi d'essere convinto. Colui che nega è un presuntuoso
insolente." (I moralisti). Le tre "classi" degli increduli riappaiono in Diderot ne la Promenade du sceptique. Fin d'ora
è evidente la superiorità intellettuale dello scettico rispetto all'ateo per sistema e la sua superiorità morale sul libertino
fanfarone. (N) Si confronti inoltre l'incipit della voce Atei de l'Encyclopédie : "Si chiamano atei coloro che negano
l'esistenza d'un Dio autore del mondo. Li si può dividere in tre classi. Gli uni negano che un Dio esista; gli altri fan
mostra di essere increduli o scettici sull'argomento; gli ultimi, infine, poco diversi dai primi, negano i principali
attributi della natura divina e suppongono che Dio è un essere privo d'intelligenza, che agisce per pura necessità, vale
a dire, un essere che a parlare propriamente non agisce per nulla, ma che è sempre passivo. L'errore degli atei deriva
necessariamente da una di queste tre fonti." La voce in questione è attribuita all'abate Yvon, prete filosofo [1720-1784
o 1790] che all'Enciclopédie ha fornito anche le voci: "anima" e "Dio". Che comunque Diderot sia intervenuto
redazionalmente su queste voci è indiscutibile e basterebbe la tripartizione degli atei in tre classi dell'incipit a
provarlo.
43
Voltaire annota al margine: "Molti deisti non ammettono l'immortalità dell'anima". "No, il deista crede in Dio, ma
non per questo crede nell'immortalità dell'anima. Pensate ai sadducei." Nel suo Traité de la metaphysique (1734)
aveva scritto: "Non affermo di possedere delle dimostrazioni contro la spiritualità e l'immortalità dell'anima, ma dico
38
101
che tutte le apparenze verosimili parlano contro di esse."
44
Erano gli argomenti indicati da Bayle, nei Pensieri diversi sulla cometa, per sostenere la possibilità dell'esistenza
di 'atei virtuosi' e di una società formata da atei.
45
M.de Montaigne: Essais, l. III, c.11. (tr. it. Saggi, Mondadori, Milano, pp.1375-1376)
46
cfr.P. Bayle: Dictionnaire hist. et critique art. Simonide, nota F "Ierone, tiranno di Siracusa, pregò Simonide di
dirgli cos'è Dio. Il poeta rispose che questa questione non può essere spiegata senza preparazione e che aveva bisogno
di un giorno per esaminarla. Passato il termine Ierone esigeva la risposta; ma Simonide lo pregò di accordargli ancora
due giorni. E così per cinque volte di seguito. Sorpreso da questa condotta il tiranno ne volle sapere la causa. "Agisco
così - gli rispose Simonide - perché più esamino questa materia e più mi pare oscura."
47
M.de Montaigne Essais, l. III, c. 13 (tr.it. Saggi, op.cit. Diderot utilizza però la trascrizione di Pascal: "L'ignoranza
e la mancanza di curiosità sono due dolci guanciali per una testa ben fatta". (Entretien avec Monsieur de Saci, tr. it.
Pensieri, cit. p.518)
48
Allusione a Voltaire che aveva scritto nella Lettere filosofiche: "Altrettanto varrebbe disperarsi per non avere
quattro piedi e due ali".(XXV)
49
Pirrone [360-270 aC], filosofo greco nativo di Elide nel Peloponneso. Partecipando alla spedizione di Alessandro
raggiunse l'India dove conobbe fachiri e ginnosofisti, il cui atteggiamento ascetico produsse in lui una grande
impressione. Rirtornato in Grecia cercò di realizzare nella propria vita l'ascetismo appreso alla suola dei fachiri e
ginnosofisti indiani. Contemporaneamente alla scuola stoica ed epicurea, Pirrone fondò in Elide una propria scuola
che fu detta "scettica" ovvero la scuola di chi abbraccia come sistema lo stato di permanente dubbio e ricerca
(skejptomai "ricerco") in un atteggiamento di perenne insoddisfazione esistenziale. La saggezza, bene supremo
dell'uomo è nella felicité (eudaimonia ) ma la felicità per Pirrone si caratterizza come tranquillità o imperturbabilità
(atarassia ).Elementi dell'atarassia dovevano essere il rigetto dell'emotività (apatheia )e l'indifferenza di fronte a
uomini e cose (adiaforia ). Il "pirronismo" in quanto scetticismo radicale è la sospensione del giudizio e dell'interesse
sia per l'opinione che per la realtà: epoché. E' vero che anche gli accademici (corrente scettica di scuola platonica)
affermavano l'epoché contro il dogmatismo degli stoici, ma l'epoché degli accademici era tale di fronte alla pretesa di
certezza e di certezze, salvando il verisimile come plausibile; invece l'epoché di Pirrone era radicale di fronte a
qualunque acquiescenza per quanto riguardasse la realtà e la presa della realtà, ai fini di conseguire la perfetta
eudaimonia e atarassia. Pirrone insegnava inoltre l'acatalepsia ovvero l'incomprensibilità che è per lui una proprietà
strutturale delle cose, per cui non è legittima nessuna posizione che abbia caratteri di fermezza e stabilità in un mondo
costitutivamente in trasformazione. Tra l'immergersi nei fenomeni seguendoli e vivendoli e il salvare i fenomeni
(l'istanza di Democrito) Pirrone esclude ogni possibile salvezza del fenomenico per eventualmente connetterlo a una
realtà in sé; si affida al fenomeno ma non per penetrarlo, bensì per viverlo nell'indifferenza verso ogni trascendimento
o velleità di trascendimento. Nel moderno il pirronismo conosce un rilancio con Sanchez e in particolare con Pierre
Bayle; la voce Pirrone del Dictionnaire hist et crit. è un vero e proprio saggio; in essa Bayle attacca la dottrina della
provvidenza in base all'impossibilità di giungere a comporla con gli eventi cosmici e umani
50
Nella voce "Credere" dell'Enciclopedia Diderot scriverà: "Credere… è essere persuaso della verità di un fatto o di
una proposizione, o perché non ci si è data la pena di esaminarlo, o perché lo si è esaminato male, o perché lo si è
esaminato a fondo. Non vi è che l'ultimo caso in cui l'assenso possa essere saldo e soddisfacente. E' altrettanto raro
quanto difficile essere contenti di sé quando non si è fatto alcun uso della propria ragione o la si è usata male. Colui
che crede senza avere alcuna ragione di credere , anche se si fosse imbattuto nella verità, si sente sempre colpevole di
aver trascurato la prerogativa più importante della propria natura, e non è possibile che un caso fortunato compensi
l'irregolarità della sua condotta. Colui che si inganna, dopo aver impiegato le facoltà della sua anima in tutta la loro
estensione, rende a se stesso testimonianza di avere compiuto il suo dovere di creatura ragionevole; e sarebbe
altrettanto biasimevole crredere senza esame come non credere una verità evidente o chiaramente dimostrata. Si sarà
dunque ben regolato il proprio assenso e lo si sarà concesso come si deve quando per ogni caso e ogni materia, si sarà
dato ascolto alla voce della propria coscienza e a quella della propria ragione. Agendo altrimenti si peccherebbe contro
i propri lumi, e si abuserebbe delle facoltà che ci sono state date al solo scopo di seguire l'evidenza e la probabilità più
grande; non si possono contestare questi principi, senza distruggere la ragione e gettare l'uomo in perplessità
fastidiose."
51
Era la strada seguita da Descartes nella prima delle sue Meditazioni metafisiche.
52
Vernière suggerisce che l'allusione coinvolga Daniel Huet, vescovo d'Avranches, autore della Demonstratio
evangelica (1679) e di un Traité philosophique de la faiblesse de l'esprit humain pubblicato nel 1723 dall'abate
Olivet.
53
Diderot che abita nel quartiere di S. Médard, 'roccaforte' giansenista, luogo dei 'miracoli' del Diacono Paris, allude
al contrasto che opponeva i giansenisti, ai molinisti, gesuiti, ubicati nella rue S.Jacques ove era situato il loro
prestigioso collége Louis Le Grand. Sulla vicenda dei miracoli al Faubourg Saint-Marcel cfr. A. Mousset: L'Étrange
histoire des convulsionnaires de Saint-Médard , (Paris 1953). Sul molinismo cfr. C.A.Jemolo, lI Giansenismo in
Italia. Prima della Rivoluzione, Laterza, Bari 1928, p.40 e ss.(BUP = Biblioteca Universitaria Pisa: Coll 697, 7)
102
54
Si ricordi l'espressione di Montaigne: noi siamo cristiani, perché perigordini!
Dal latino fanum; tempio, indica ciò che appartiene alla sfera sacra e non ammette quindi critiche, riserve,
obiezioni. Dopo la critica che ne condusse il movimento illuministico, il termine ha conosciuto nel XX secolo una
'rivalutazione' da parte del nazismo (cfr. V. Klemperer: Lingua Tertii Imperii ) che lo ha impiegato come sinonimo di
"coraggioso, valoroso, eroico" manifestando al contempo dove esso conduca inesorabilmente. Oggi ad esempio in terra
d'Algeria. Si veda anche l'aforisma LV.
56
Cfr. Shaftesbury: Miscellaneous Reflections, II, 180. (N)
57
In realtà la tomba di Maometto si trova a Medina, e non a La Mecca, che è invece il luogo di nascita del Profeta.
58
Martire cristiano armeno, soldato dell'esercito romano di stanza a Militene, fu decapitato dopo aver subito molti
tormenti durante una persecuzione anticristiana. Di lui parla Baillet nelle sue Vies des Saints, ma Diderot ricava
senz'altro da Shaftesbury il suo esempio (Miscellaneous Reflections, t.II, p.210) ben noto del resto al lettore francese
per via del dramma omonimo di Corneille
59
Giona, figlio di Amittai, riottoso profeta della distruzione di Ninive: la sua sopravvivenza nel ventre della balena era
interpretata dai Padri della chiesa come allegoria della discesa agli inferi di Cristo, prima della resurrezione.Il
riferimento diderotiano fonde i versetti di Giona 3,3 e 3.5: "Ninive era una città molto grande, di tre giornate di
cammino. Giona cominciò a percorrere la città, per un giorno di cammino e predicava: "Ancora quaranta giorni e
Ninive sarà distrutta." L'esempio di Giona ricorreva già in Shaftesbury, Miscellaneous Reflexions, t. II, p.229). (N)
60
"Ecco io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore, perché converta il cuore
dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio."
(Malachia 3, 23-24). Il ritorno d'Elia faceva parte della predicazione dei "convulsionari".
Un prete della diocesi di Troyes, Pierre Vaillant, autoproclamatosi capo della "Elisiani" si considerava una
reincarnazione di Elia e come il precursore del Messia: intendeva convertire gli ebrei e la corte di Roma: finì alla
Bastiglia dove rimase dal 1734 al 1756. (V)
61
"Ebbene, anche se noi o un angelo del cielo vi evangelizzasse diversamente da ciò che vi evangelizzammo noi, sia
anatema." (Gal.I, 8). Essere 'anatema' equivaleva ad essere maledetto, separato da Dio e quindi affidato a Satana. (cfr.I
Cor. 5.5). Sul complesso istituto dell'anatema cfr. almeno la voce, con bibliografia, in Enciclopedia della Bibbia ,
Torino 1969, I vol.pp.430-432. [BUP II D. 5. 1]
62
Diderot pare qui far propria la posizione ortodossa di un Bossuet. Cfr al riguardo: Dissertazione intorno la Dottrina
e Critica di Grozio, di Monsignor J.B. Bossuet, Vescovo di Meaux, tradotta in italiano dal can. Gio.Crisostomo
Trombelli, Venezia Pitteri 1734 (p.44) [BUP: Miscellanea 1033] il quale cita tra i molti apologisti Tertulliano tanto
"lungi dall'ammettere per prova della Missione di Gesù Cristo i soli Miracoli, ch'anzi vuole, che le Profezie sieno
un'argomento molto più valido ch'i Miracoli stessi, e che da esse, non da i Miracoli, veniamo onninamente accertati,
dell'infallibilità della nostra fede."
55
63
Si tratta dell'Epistola ai Bostreniani datata Antiochia 1 agosto 362, citata da Shaftesbury in Miscellaneous
Reflexions, t.II, pp. 211-212.(N). I tagli operati da Shaftesbury ricorrono esattamente anche nel testo di Diderot che
non ha quindi fatto ricorso all'originale. (V). Nell'Enciclopedie (s.v. Eclectisme ) Diderot scriverà: "Giuliano, il
flagello del Cristianesimo, l'onore dell'Eclettismo, uno degli uomini più straordinari del suo secolo, fu allevato dalle
cure dell'imperatore Costanzo; apprese la Grammatica da Nicocle, e l'Arte oratoria da Eubolo. I suoi primi maestri
erano tutti cristiani e l'eunuco Mardonio era incaricato di sorvegliarli. Qui non trattiamo di Giuliano conquistatore o
politico, ma solamente del Giuliano filosofo. Vogliamo soltanto prevenire coloro che sono intenzionati a farsi un'idea
giusta delle sue qualità, dei suoi difetti, dei suoi progetti, della sua rottura con Costanzo, delle sue spedizioni contro i
Parti, i Galli, i Germani, del suo ritorno alla religione dei suoi avi, della sua morte prematura, e degli avvenimenti
della sua vita, di diffidare sia degli elogi che l'adulazione gli ha prodigato nella storia profana, sia delle ingiurie che il
risentimento ha vomitato contro di lui tra gli storici della Chiesa. E' in casi come questi che conta soprattutto seguire
una regola di critica, che in un'infinità di altre congiunture condurrebbe alla verità con più sicurezza di qualunque
testimonianza. Si tratta di lasciar da parte ciò che gli autori hanno scritto in base alle loro passioni e ai loro pregiudizi
ed esaminare, secondo la nostra propria esperienza ciò che è verosimile. Per giudicare con indulgenza o severità del
gusto smodato di Giuliano per le cerimonie del paganesimo o della Teurgia, non dobbiamo considerare questi oggetti
con gli occhi del nostro secolo, ma occorre trasportarsi ai tempi dell'imperatore, e in mezzo a una folla di grandi
uomini, tutti impregnati di queste dottrine superstiziose; bisogna sondare se stessi e vedere senza parzialità nel fondo
del proprio cuore se noi saremmo stati più saggi di lui. Si temette fin dalla prima ora che egli abbandonasse la
Religione cristiana, ma si era ben lontani dall'immaginare che sarebbe stata la mediocrità dei suoi maestri a causare la
sua apostasia. In effetti, quando l'esercizio assiduo dei suoi talenti lo pose al di sopra dei suoi pedagoghi, la curiosità
lo condusse nelle scuole dei Filosofi. […] Frequentò a Nicomedia quel Libanio che l'imperatore aveva vietato ch'egli
incontrasse e che si lamentava così amaramente di un divieto che non gli permetteva - a suo dire - di spargere un solo
103
grano di buona semenza in un terreno prezioso la cui cultura era abbandonata a un retore miserabile, solo perché
aveva un talento così modesto e così volgare da maledire gli dèi. Le dispute dei Cattolici fra loro e con gli Ariani
finirono di soffocare nel suo cuore quel poco di Cristianesimo che le lezioni di Libanio gli avevano lasciato. Vide il
Filosofo Massimo.Si sostiene che l'imperatore non ignorasse questi passi sconsiderati, ma cominciando a essere
inquietato dalle superiori qualità di Giuliano, con un presentimento che non era che troppo giusto, immaginò che per
la tranquillità dell'impero e sua propria, era meglio che questo spirito ambizioso si volgesse alle Lettere e alla
Filosofia, anziché occuparsi di governo e di affari pubblici. Giuliano adottò l'eclettismo. Come avrebbe potuto
salvaguardarsi dall'entusiasmo con un temperamento bilioso e melanconico, un carattere impetuoso e ardente, e
l'immaginazione la più viva e ribollente? Come avrebbe potuto notare tutte le puerilità della Teurgia e della
Divinazione, quando i sacrifici e le evocazioni, tutti i prestigi di questa specie di dottrina, non cessavano di
promettergli la sovranità? E' molto difficile mettere in dubbio i princìpî di un arte che ci chiama all'impero, e coloro
che mediteranno con una qualche profondità sul carattere di Giuliano, su quello dei suoi nemici, sulle congiunture in
cui venne a trovarsi, sugli uomini che lo circondavano, saranno forse più stupiti della sua tolleranza che della sua
superstizione. Malgrado il furore del Paganesimo da cui era posseduto, non sparse una sola goccia di sangue cristiano
e sarebbe al riparo da ogni rimprovero, se a un principe che comanda a uomini che pensano in modo diverso da lui in
fatto di religione bastasse non farne morire nessuno. I cristiani richiesero a Giuliano il pieno esercizio della loro
religione, la libertà per le loro assemblee e le loro scuole, la partecipazione a tutti gli onori della società di cui erano
membri utili e fedeli, e in questo avevano ragione. I cristiani non esigevano da lui che costringesse con la forza i
pagani a rinunciare ai falsi dèi, si guardavano dall'accordargliene il diritto, gli rimproveravano al contrario se non la
violenza, per lo meno le vie indirette e sorde di cui si serviva per determinare i Cristiani a rinunciare a Gesù Cristo.
"Abbandonate a sé stessa - gli dicevano - l'opera di Dio; le leggi della nostra Chiesa non sono affatto le leggi
dell'impero, né le leggi dell'impero quelle della nostra Chiesa. Puniteci, se mai ci accada d'infrangere le leggi
dell'impero, ma non imponete alcun giogo alle nostre coscienze. Mettetevi al posto di uno dei vostri sudditi pagani e
immaginate al vostro posto un principe cristiano: che pensereste di lui se utilizzasse tutte le risorse della politica per
attrarvi nei nostri templi? " …Se Giuliano avesse riflettuto a ciò che era avvenuto a lui stesso, si sarebbe convinto che
anziché proibire lo studio ai cristiani, non aveva nulla di meglio da fare che aprir loro le scuole dell'Eclettismo; vi
sarebbero stati irresistibilmente attratti dall'estrema conformità dei principi di questa setta con i dogmi del
Cristianesimo, ma non gli fu concesso di tendere una trappola così pericolosa alla religione. La Provvidenza che
diffuse questo spirito di tenebra sul suo nemico, non protesse il Cristianesimo in modo meno vigoroso quando fece
uscire dalle viscere della terra delle fiamme che divorarono gli ebrei che egli impiegava a scavare le fondamenta di
Gerusalemme, di cui si proponeva di ricostruire e il tempio e le mura. Giuliano, ingannato daccapo nella malizia dei
suoi progetti, confermò la profezia che intendeva sbugiardare e l'indurimento fu la sua punizione e quella dei suoi
complici. Egli perseverò nell'apostasia; gli Ebrei che aveva riunito si disperdettero come prima; Ammiano Marcellino
che ci ha trasmesso questo fatto non abiurò affatto il paganismo e Dio volle che uno dei miracoli più grandi e più certi
che mai siano stati fatti, che mette in difficoltà la sventurata dialettica dei filosofi dei nostri giorni, non convertisse
nessuno nei giorni in cui fu compiuto. Si racconta di questo imperatore superstizioso che un giorno, assistendo a
un'evocazione di demoni, fu talmente sconvolto dalla loro apparizione, che si fece il segno della croce e subito i
demoni scomparvero. Io chiederei volentieri a un cristiano se crede a questo fatto o no; se lo nega, gli chiederei ancora
se è perché non crede ai demoni o perché non crede all'efficacia del segno della croce, o perché non crede all'efficacia
delle evocazioni; ma egli crede ai demoni e più che mai all'efficacia del segno della croce, ora come mai dubita
dell'efficacia delle evocazioni mentre molti libri sacri gliene offrono molteplici esempi? Non può dunque dispensarsi
d'ammettere il fatto di Giuliano e di conseguenza la maggior parte dei prodigi della Teurgia; e qual ragione avrebbe di
negare tali prodigi. Quanto a me confesso che non accuserei affatto un buon dialettico ben edotto dei fatti di presumere
troppo dalle sue forze; se si impegnasse con il padre Balthus a dimostrare all'autore degli oracoli e a tutti coloro che
pensano come lui, che bisogna o affidarsi a un pirronismo generale su tutti i fatti sovrannaturali o convenire della
verità della maggior parte delle operazioni teurgiche. […] Giuliano morì all'età di trentatre anni. Leggendo la sua
storia bisogna ricordarsi che una grande qualità naturale prende il nome di un grande vizio o di una grande virtù a
seconda dell'uso buono o cattivo che di essa vien fatto e non spetta se non agli uomini senza pregiudizi, senza interessi
e parzialità, pronunciarsi su questi oggetti importanti. [Enciclopédie, s.v. Ecléctisme ] (BUP sala consultazione]
64
Anche la conclusione diderotiana è una semplice parafrasi di Shaftesbury: come nota Vernière l'ironia è già presente
nel modello di Diderot.
65
In merito si ricordi lo straordinario capitolo machiavelliano dei Discorsi:
66
Su papa Gregorio Magno (540-604) Diderot poteva leggere in Shaftesbury (Miscellaneous Reflexions, t.II,p.303 e s.
in nota): "Il famoso Gregorio era così lontano dall'incoraggiare le lettere e le arti che fece in qualche modo man bassa
di tutte le produzioni del genio." Rousseau accosterà nel Primo Discours papa Gregorio al califfo Omar. "Si dice che
il califfo Omar, consultato su cosa bisognasse fare della Biblioteca d'Alessandria, rispose: "Se i libri di questa
biblioteca contengono delle cose contrarie al Corano, bruciateli! Se non contengono che la dottrina del Corano,
104
bruciateli egualmente: sono superflui." I nostri dotti hanno citato questo ragionamento come il colmo dell'assurdità.
Tuttavia ipotizzate Gregorio Magno al posto di Omar e il Vangelo al posto del Corano, la biblioteca sarebbe bruciata
egualmente e sarebbe stato forse il più bel tratto della vita di questo illustre pontefice.' (J.J.Rousseau, Discours sur les
sciences et les arrts, Flammarion Paris 1971,p.57).
67
La lista elenca alcuni dei maggiori storici dell'antichità: Tito Livio,
Sallustio, autore della "Congiura di
Catilina"
Cesare in quanto autore del De bello gallico e Flavio Giuseppe, autore della Guerra giudaica (su cui
si veda almeno P.Vidal-Naquet: Il buon uso del tradimento. tr. it. Editori Riuniti, Roma 1980) e A. Momigliano:
"Ciò che Flavio Giuseppe non vide" in : Settimo Contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Roma
1984).
68
Berruyer, Isaac Joseph (1681-1758): aveva pubblicato nel 1728 una monumentale Histoire du peuple de Dieu
depuis son origine jusqu'à la Venue du Messie tirée de seuls livres Saints… in 7 tomi e 8 volumi che fu al centro di
numerose prese di posizioni polemiche attirando su di sé accuse di empietà e di socinianesimo. Sulla vicenda
cfr.Istruzione pastor. di M. Vescovo di Soissons che condanna La storia del popolo di Dio di I.G.Berruyer. Varj
libelli in difesa della sudd. storia, Brescia, Rizzardi, 1763, 4°, 2 vol. -Venetia, Bettinelli, 1764.
69
Allusione alla guerra di Successione austriaca che la compagna di Fontenoy non era riuscita a concludere. (V)
70
L'aneddoto leggendario di Atto Navio è tramandato da Cicerone (De Divinatione II, 9), Tito Livio (I,36,4) e
Dionigi d'Alicarnasso (Antichità romane, III, 70-71), Lattanzio (Divinae Institutiones, II, 7). (N) Il luogo in cui
Agostino citerebbe l'episodio non è finora stato rinvenuto dai commentatori. Sull'Augure Atto Navio cfr. E.
Pais,Storia critica di Roma, Loescher Roma 1913, I, 2, pp.480 e ss.
71
Cicerone, De divinatione II, XI: "E' indegno di un filosofo servirsi di testimonianze che potrebbero anche essere
casualmente vere, ma che avrebbero potuto essere inventate o falsificate da gente in malafede. E' con degli argomenti,
con delle buone ragioni che bisogna dimostrare che una proposizione esiste e non con dei fatti, ancora meno con fatti
rispetto ai quali è lecito non credere. […] Non mi parlate più della bacchetta augurale di Romolo che, secondo
quanto pretendi, non non ha potuto essere bruciata da un incendio; non parlarmi del sasso di Accio Navio: in filosofia
non v'è posto per questi racconti menzogneri. Il filosofo deve prima cercare di quale natura era la dottrina degli
auguri: s'informa in seguito su come fu immaginata e quale era la sua consistenza… Gli etruschi, è vero hanno
nominato il loro autore, il ragazzo che fece uscire dalla terra l'aratro. E noi? sarà Accio Navio?… Considereremo
autori della scienza divina gente priva di ciò che costituisce il proprio dell'umanità?
72
La citazione ciceroniana - da De Divinatione, II, 39: "come se ci fosse qualcosa di più comune della mancanza di
buon senso" era già presente in Montaigne nello stesso cap. 11 del III libro già ricordato nel 'pensiero' XXIV. cfr.
n.37. "
73
Sul suo ruolo all'interno del cristianesimo agostiniano-luterano pullula di riflessioni il Dictionnaire historique et
critique di Pierre Bayle. cfr almeno la voce Xenofanes, rem.E.
74
Tito Livio, I, XVI: "E' sorpendente che si sia così facilmente creduto a colui che annunciava questi fatti e quanto la
certezza della sua immortalità abbia raddolcito il rimpianto di Romolo nutrito dalla plebe. Questa versione divenne
popolare per via del prestigio dell'eroe e del terrore allora presente; così, trascinati dall'esempio di alcuni, tutti
salutarono unanimi Romolo quale dio, figlio di Dio." L'utilizzo diderotiano di Livio è certo - come nota Vernière malizioso: anche i Romani, pre-cristiani hanno il loro 'dio, figlio di dio', che 'ascende' al cielo!
75
Spiriti estranei o addirittura ostili alle credenze religiose. L'origine dell'espressione va forse ascritta a Charron: (De
la sagesse, II, V, § 27: "[La religione] è molto più facile, e agevole e di maggior mostra ed è degli spiriti semplici e
volgari, la probità [= proud'homie ] è d'esecuzione molto più difficile e laboriosa, ha meno apparenza, ed è degli spiriti
forti, generosi." Pascal nei Pensieri scrive: "L'ateismo è il contrassegno di forza di spirito, ma solo fino a un certo
punto".cfr. Lalande: Dizionario Critico di Filosofia, s.v. Isedi, Milano 1971, p.874.
76
Agostino nel capitolo citato dimostra con una serie d'esempi l'impero della volontà sul corpo: in questo caso
racconta di un prete di Calama, di nome Restitutus: "Costui quando voleva, se si imitavano certe voci lamentose,
perdeva i sensi e giaceva a terra come un morto al punto da non sentire né chi lo solleticava, né chi lo pungeva;
addirittura si lasciava bruciare, senza avvertire dolore, se non più tardi a causa della ferita."
77
cfr. Arnauld-Nicole: Logique de Port-Royal Parte IV, I cap. Del metodo: "il giudizio della verità non risiede nei
sensi".
78
Secondo Vernière Diderot non calca per nulla la mano. Conosceva da vicino, abitando in rue Victor e in rue
Mouffetard, il quartiere dei 'convulsionari'. I miracoli seguirono di poco l'inumazione del diacono Paris nel 1727, ma
le scene di convulsione raggiunsero il loro culmine nel 1731. L'abate Bécheran de la Motte, la cui gamba sinistra era
atrofizzata, si faceva notare per il suo zelo. "L'abate Bécheran è venuto alla tomba verso le undici del mattino,
accompagnato da numerosi ecclesiastici e dai loro servi. Lo hanno coricato sulla tomba su due cuscini. Poi hanno
salmodiato e l'abate ha avuto un attacco di circa 25 convulsioni." (A.Mousset, op.cit. p.64). Diderot si schiera con
Fontenelle, Fréret, Lévesque de Burigny e Voltaire nel considerare la faccenda come un'impostura.
79
Carré de Montgeron era consigliere al Parlamento di Parigi; noto libertino s'era convertito sulla tomba di S.Médard
il 7 settembre 1731 e consacrò il suo tempo e i suoi averi per comporre una grande opera apologetica che raccogliesse
105
tutti gli elementi a favore dei convulsionari. Il 29 agosto 1737 forzò l'anticamera del re per offrirgli un lussuoso
esemplare dell'opera. Finì immediatamente alla Bastiglia. Esiliato, continuò la sua raccolta, pubblicando la seconda e
terza parte rispettivamente nel 1741 e nel 1747. Nel 1746 il caso aveva dunque ancora una sua attualità. (V).
80
La serie nomina il 'fondatore del cristianesimo' che ha prevalso storicamente, Paolo di Tarso, insieme con i Padri
della Chiesa più celebri: l'apologista Tertulliano ( ), Atanasio ( ) Agostino Cipriano ( )
81
"Tralasciamo questo genere d'argomenti che entrambe le parti possono invocare, anche se non possono entrambe
aver ragione d'invocarli".
82
Sul motivo della ragionevolezza del cristianesimo oltre all'opera di Locke conquesto titolo si ricordino le posizioni
dei deisti inglesi sino a Toland. Sull'argomento cfr. M.Jofrida:
83
In questo richiamo esplicito a Pierre Bayle, l'unico che ricorre nelle Pensées philosophiques crediamo è possibile
scorgere un segno dell'interesse che Diderot manifesta nei confronti dell'autore del Dictionnaire historique et critique
vera scuola di 'malizia' nel sapiente utilizzo dei rimandi incrociati che Diderot porrà a sua volta in atto nella sua
grandiosa impresa enciclopedica. Per un primo approccio a P.Bayle si veda la recente monografia laterziana, di G.
Mori.
84
Anche Shaftesbury aveva fatto una professione di fede analoga: "Noi siamo sicuri della saldezza della nostra fede e
della sottomissione alle dottrine cristiane e cattoliche della nostra S. Chiesa, così come sono stabilite dalla Legge"
(t.III, p.243)
85
Jacques Abbadie al pari di Pierre Daniel Huet era uno dei più celebri apologisti del XVII secolo. Il suo Traité de la
vérité de la religion chrétienne, (Rotterdam 1684, 2 vol.) conobbe numerosissime ristampe. Huet, vescovo
d'Avranches, è autore della Demonstratio evangelica, (Paris 1679) ricca di erudizione e 'geometrica' nel suo ordine
espositivo.
86
L'antitrinitarismo può, come vuole Vernière, alludere agli antitrinitari inglesi che si rifacevano a Newton. In
Francia la trinità era attaccata da l'abbé Meslier e dall'Examen des apologistes de la religion chrétienne di Lévesque de
Burigny. In ogni caso la posizione antitrinitaria caratterizzava da sempre il socinianismo.
87
La contestazione dell'integrità della Scrittura si basa sulla questione del costituirsi dei testi canonici, sulla
molteplicità delle versioni, sulla corruzione del testo, sulle possibili falsificazioni, sull'assenza di un'autorità
infallibile, tutti argomenti desunti dal cap.VII del Trattato Teologico-politico di Spinoza. Shaftesbury è comunque
anche qui la fonte diretta della riflessione diderotiana (Miscellaneous Reflexions, II, 323; 352 e ss). (V/N)
88
Argomento tratto da un frammento ciceroniano citato nel Contra Academicos di Agostino: "E' al saggio
accademico che tutti i fautori di altre sette filosofiche accordano il secondo posto, poiché ovviamente ciascuno riserva
il primo posto alla sua setta. Ex quo posse probabiliter confici eum recte primum esse judicio suo, qui omnium
ceterorum judicio sit secundus. " (N).
106
TAVOLA
DELLE MATERIE
107
A
Abbadie.
126
Analisi dei giochi d'azzardo.
41
Apostoli.
87-90
Arnaud.
19
Atanasio.
118
Augure.
94
Agostino . (Sant' )
98-101.118-119
Altare elevato a un Augure.
97
Autori sacri.
90
Atei; loro ragionamenti.
19
Atei, veri.
45
Atei, Scettici.
45
Atei, fanfaroni
45
Ateismo meno ingiurioso a Dio della superstizione. 16
Autorità fatta da ipocriti.
122
Autorità non è quasi una prova contro un Filosofo. 123
B
Bambini educati da Montagne.
Bayle.
Becherand.
Berruyer.
Bibbia.
Britannico.
50
124
114
88
83
22
C
Caos. La sua durata più incomprensibile della nascita
del mondo.
Calame (Prete di).
Calvinista.
Cesare.
Cartouche fa lezione a Hobbs.
Carattere pauroso.
Capi dei primi Cristiani.
Cavalieri romani
Chiesa (La) non può giudicare.
Cicerone citato.
Cipriano.
Città di Dio citata.
Controversisti.
Corano.
Crisostomo.
108
44
110
69
88
25
58
80
94
130
98; 114
118
110
24
85
118
Cristiano. Chi può vantarsi di esserlo.
--Troppo zelanti.
-- Primi Cristiani.
--Paiono ignorare le loro forze.
-- Martiri & azioni.
-- Empio come un altro.
Cristianesimo, causa di disordini.
Cristianesimo non è dimostrato.
Cudworth.
Culto ricevuto dall'educazione.
70
77
78
119
91
67
77
126
17
70
D
Debolezza della ragione.
61
Deismo, suoi vantaggi sull'Ateismo.
16.
Deisti.
132
-- Ragionamento singolare.
134
Dimostrazione dell'esistenza di Dio.
30
Dimostrazioni, non sono tutte della stessa forza.
112
Dionigi d'Alicarnasso.
98
Descartes.
32; 114
Devozione triste.
12
-- Allegra.
ibid.
Devoti non sono d'accordo con se stessi.
67
Diavolo.
101
Dio.
10; 11; 13
-- Che cos'é.
51
-- Se ne parla troppo presto.
51-52
-- Pericolo connesso.
53.
-- Non s'insiste a sufficienza sulla sua presenza. 54.
Divinità delle Scritture.
86
Dottrina, prova dei miracoli.
76
Dogma.
74
Donato
86
Dubbio necessario.
63
E
Editto dell'Imperatore Giuliano.
Egizi.
Elia.
Empietà.
Entusiasta.
Errore perdonabile.
Evangelisti.
Esame d'un ragionamento.
Esempio di vittime dell'inganno.
109
78
119
74
67
71
62
87
40
122
F
Fatti. Come giudicarli.
-- incredibili.
Fanatico.
Fanatismo.
Filosofi
Fisica sperimentale.
Fede incrollabile.
91
101
71
117
101
26
107
G
Galilei , turbolenze dei.
-- Esiliati, richiamati in patria.
Germi; scoperta utile.
Gesù Cristo.
Giansenisti.
Giona.
Giuliano.
Giuseppe
Gregorio Magno.
78
ibid.
28
75; 91
111
73
77-81
88
85
H
Hartzœker.
Henriade.
Hobbs.
Huet.
27
40
25
126
I
Idea singolare sulla presenza di Dio
Ignoranza & incuriosità.
Iliade.
Impunità.
Indecisione.
Insensato.
Ispirazione.
Irreligione.
110
56
57
40
13
59
70
88
118
L
Lattanzio.
Lafontaine.
Lamotte.
Lock.
Logica.
98
19
19
124
112
M
Maometto.
Martire.
Metafisica.
Ministri
Miracoli.
Missionari.
Molinista.
Mondo.
Mongeront.
Montaigne.
Moschea.
Mosé.
Muschembrœck.
Musulmano.
72; 107
71; 91; 117
76
119
76; 108; 113-115
69
67; 111
27
111; 115-116
50; 57; 124
72
75; 88
27
67; 70; 85
N
Nevio.
Nerone.
Newton.
Nicole.
Niewentit.
Niniviti.
Nozioni privilegiate
96; 101
22
27; 37
17; 19.
27
73
67
O
Omero.
Ontologia.
40
27
P
Pacomio.
Padri della Chiesa.
Papisti.
Paris (diacono)
Pascal.
111
8
85; 101
67
113
17
Passioni; fonti di bene & di male
Passioni in generale.
Passioni sobrie.
Passioni smorzate.
Passioni forti.
Passioni indelebili
Paolo.
Pene eterne & finite.
Pericolo nel credere troppo & troppo poco.
--A scrivere su certi argomenti
Pirroniano.
Platone.
Plutarco.
Poliuto insensato
Ponzio Pilato.
Pregiudizio favorevole.
Presenza divina.
Probità del Deista.
Probità dell'Ateo.
Proculeio
Prodigi ingannano.
Professione di fede.
Profeti.
2
2
3
5
6
7
76; 118
13
65
122
25; 63
112
16
72
91
105
55-56
46
ibid.
103
121
125
75; 87; 90
Q
Quadri dipinti dagli angeli
Quinto, fratello di Cicerone.
88
101
R
Ragione. Suoi vantaggi .
- - La sua forza.
- Produce i credenti.
Rivelazione.Il suo tempo è passato.
Romolo.
Regola per giudicare dei prodigi.
108
112
122
78
94; 100
94
S
Sacy (de )
Sacre scritture.
Sallustio.
Scettico.
Scetticismo. Primo passo verso la verità.
-- Qualità ch'esso richiede
112
19
90
88
15; 59; 63; 133
64
48
-- Garantisce dall'errore.
- -Favorevole alla verità.
-- Salutare.
Semi-Scetticismo
Sensi
Sentimento dell'Autore
S[haftesbury]…. Caratteri.
Società.
Solitari.
Spiriti diversi
-- Bollenti.
-- Deboli.
-- Forti.
Stiliti.
Storici profani.
-- Loro testimonianza.
Sufficienza Dogmatica.
Superstitione.
66
ibid.
68
66
112
1
17
7
9
48
57
66
107.
9
87
92
50
17; 98
T
Tarquinio
Templi (inconvenienti dei)
Tertulliano.
Timore e paura di Dio.
Tito-Livio.
Tradizione favolosa
94; 101
55
118
12
88; 105
89
V
Vanini.
Verità, difficile a trovarsi.
Voltaire (de)
17
61
61
Z
Zelo, fuori moda.
Fine della Tavola delle Materie.
113
72
114
INDICE DEL VOLUME
Introduzione di Tomaso Cavallo
9
Pensées Philosophiques
23
Pensieri filosofici
25
Note
97
Tavola delle materie
107
115
JACQUES E I SUOI QUADERNI
Direttore responsabile:
Pisa
Enrico De Angelis
1 Jean François MELON, Opere I* e II** (2 volumi), a cura di Onofrio NICASTRO e Severia
PERONA, 1983.
2 Carlo CARMASSI, La letteratura tedesca nei periodici letterari italiani del primo Ottocento
(1800-1847), 1984, (rist.1986).
3 Enrico DE ANGELIS, Crisi, tempo, liberazione: Saggi su Robert Musil, I, 1984.
3* Enrico DE ANGELIS, Crisi, tempo, liberazione: Saggi su Robert Musil, II, 1984.
4 Sandro BARBERA, La comunicazione perfetta. Wagner tra Feuerbach e Schopenhauer, 1984,
(rist. 1987).
4* Enrico DE ANGELIS, Più lumi. Spinoza, Montesquieu, Rousseau, Diderot, Haydn, 1985.
4** Andreas GRYPHIUS, Poesie con testo a fronte, trad. di Lucia MANCINI, 1985.
5 Seminario su Stephan George, di Ralph-Rainer WUTHENOW, Wolfgang KAEMPFER, Gert
MATTENKLOTT, Wendelin SCHMIDT-DENGLER, Horst Albert GLASER, Enrico DE
ANGELIS, 1985.
5* Stephan George Colloquium, mit Beiträgen von Ralph-Rainer WUTHENOW, Wolfgang
KAEMPFER, Gert MATTENKLOTT, Wendelin SCHMIDT-DENGLER, Horst Albert GLASER,
Enrico DE ANGELIS, 1985.
5** Marina FOSCHI, Due ottiche, una realtà. Sul tema ‘Für - in’ in Robert Musil, 1985.
6 Enrico DE ANGELIS, Dal mito al progetto. Note su Adalbert Stifter, 1986.
7 Germana BONSIGNORI, Paola COLOMBO, Giulia PAZZAGLIA, Paola CECCARELLI, Studi
su Stifter, 1986.
8 Marina FOSCHI, Sulla teoria della metafora in Robert Musil, 1987.
9 Marianne HEPP, Kommentar zu ausgewählte Gedichte Georg Trakls, 1987.
9* Lettura del ‘Simplicissimus’ di Grimmelshausen come Enciclopedia Popolare, a cura di Linda
BIANCOTTI, Federica ROSSI, Tiziana VALLE, introduzione di Enrico DE ANGELIS, 1987.
10 Carlo CARMASSI, La letteratura tedesca nei periodici letterari italiani del Seicento e del
Settecento (1668-1799), 1988.
11 Undici conferenze sul tempo, a cura di Enrico DE ANGELIS, 1988.
12 Giovanna CERMELLI, Il viaggiatore disincantato. Fantasia e distanza nelle novelle del tardo
Tieck, 1989.
13 Deutsche und italienische Romantik. Referate des Bad Homburger Colloquiums in der WernerReimers- Stiftung, herausgegeben von Enrico DE ANGELIS und Ralph-Rainer WUTHENOW unter
Mitwirkung von Remo CESERANI, 1989.
14-15 Loretta LARI, Esercizi sui Tedeschi (F. Schiller, J. W. v. Goethe, C. Brentano, E.T.A.
Hoffmann, F. Grillparzer, Th. Fontane), 1990.
16 Clemens BRENTANO, Godwi ovvero La statua in pietra della madre. Un romanzo selvaggio di
Maria, trad. di Fulvia PERUZZI, 1991.
17 Ludwig Achim von Arnim, Povertà, ricchezza, colpa ed espiazione della contessa Dolores. Una
storia vera per intrattenere in maniera istruttiva signorine povere, trad di Angela MASI, 1991.
18 Joseph Freiherr von EICHENDORFF, Poeti e compagnia, trad. di Linda BIANCOTTI, 1992.
19 Adalbert STIFTER, Il castello dei pazzi, introduzione, traduzione e nota di Paola COLOMBO,
1992.
20 Jeremias GOTTHELF, Lo specchio del villano ovvero Biografia di Jeremias Gotthelf scritta da
lui stesso, trad. di Monica IORI, 1993.
21 Gottfried KELLER, Heinrich il verde (prima versione), trad. di Rossella Zeni, 1993.
22 Loretta LARI, Commento a 40 sonetti di Andreas Gryphius, 1994.
116
22* Eduard MÖRIKE, Poesie, trad. di Liliana CUTINO e Enrico DE ANGELIS, 1994.
23 Wilhelm RAABE, L'ingordo. Un racconto di mare e di morte, trad. di Antonella FANTONI,
1994.
23* Enrico DE ANGELIS, Sistema inquietudini utopie. La Germania e le sue istituzioni, 1994.
24 Wilhelm RAABE, Cronaca della Sperlingsgasse, trad. di Maurizia MARGIACCHI, 1995.
24* Marina FOSCHI ALBERT- Mùarianne HEPP, Breve storia della lingua tedesca, 1995.
25 Enrico DE ANGELIS, Dal mito al progetto. Note su Adalbert Stifter. Seconda edizione,
riveduta e ampliata, 1995.
25* Enrico DE ANGELIS, Perorazioni metafisiche ovvero Bilancio di interpretazioni empiriche,
1995.
26 JEAN PAUL, La cometa ovvero Nikolaus Marggraf. Una storia comica, trad. di Ilaria
GIOVACCHINI.
27 Karl Philipp MORITZ, Anton Reiser. Romanzo psicologico, trad. di Simonetta CANTAGALLI,
1996.
27* HANS RUDOLF VELTEN, Elemente der Sprachlehrforschung, Ein Grundriß, 1996.
28 Enrico DE ANGELIS, Der späte Musil: über den Schlußband des Mann ohne Eigenschaften,
1997.
28* Ferdinand RAIMUND, Quattro commedie, trad. it. di Silvia BINI, 1997.
28** Christian Dietrich GRABBE, Tre tragedie, trad. di Enrica STRICCHI e di Gabriella
PORCELLI, 1997.
29 Marina FOSCHI ALBERT- Loretta LARI, Forme letterarie: lirica, narrativa, dramma.
Manuale per gli studenti di Germanistica, v. 1., Lirica, 1997.
29* Marina FOSCHI ALBERT- Loretta LARI, Forme letterarie: lirica, narrativa, dramma.
Manuale per gli studenti di Germanistica, v. 2., Narrativa, 1997.
30 Marina FOSCHI ALBERT- Loretta LARI, Forme letterarie: lirica, narrativa, dramma.
Manuale per gli studenti di Germanistica, v. 3., Dramma, 1998.
117