vedere in lombardia

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vedere in lombardia
Il Fai, Fondo Ambiente Italiano dedica a Robert Irwin e James Turrell una grande mostra, a Villa Panza fino al 2 novembre, intitolata «Aisthesis - All’origine delle sensazioni»
AISTHESIS
All’origine delle sensazioni
Robert Irwin e James Turrell a Villa Panza
Varese, Villa Panza 27.11.2013 02.11.2014
TUTTA L’ARTE DA VEDERE IN MAGGIO GIUGNO LUGLIO
SUPPLEMENTO A «IL GIORNALE DELL’ARTE» N. 342 MAGGIO 2014
James Turrell, Breathing Light, 2013 © James Turrell photo © Florian Holtzer Graphic design www.mstudiomilano.it
VEDERE IN
LOMBARDIA
IL GIORNALE DELL’ARTE
N. 1 MAGGIO/GIUGNO/LUGLIO 2014
UMBERTO ALLEMANDI & C.
3
VEDERE IN LOMBARDIA
Dopo l’Expo, spenti i fuochi d’artificio
IL GIORNALE DELL’ARTE
Secondo Valerio Terraroli il futuro della Lombardia è in una cultura
di qualità capace di pensare al territorio e ai cittadini nei prossimi 15 anni
Società editrice
Umberto Allemandi & C.,
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è una testata edita
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nell’ambito della linea di periodici
«Vedere a...»
Hanno collaborato
n Sandro Parmiggiani, q Giorgio D’Orazio
In redazione Jenny Dogliani
Per la pubblicità in Lombardia
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IL GIORNALE NON RISPONDE DELL’AUTENTICITÀ DELLE ATTRIBUZIONI DELLE OPERE RIPRODOTTE, IN
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FIRMATI E LE DICHIARAZIONI RIFERITE DAL GIORNALE IMPEGNANO ESCLUSIVAMENTE I RISPETTIVI AUTORI.
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Sinfonia sconcertante
Expo 2015, una veduta del canale del master plan
V
alerio Terraroli, classe 1956, emiliano, laureato
in Lettere moderne con indirizzo storico-artistico e
diplomato presso la Scuola di perfezionamento di Storia
dell’arte medievale e moderna dell’Università di Genova, ha
insegnato nelle Università di Pavia e Torino, ed è ora titolare
della cattedra di Storia della critica d’arte, Storia delle arti
decorative e Museologia all’Università di Verona. Nei suoi
studi si è dedicato prima alla cultura artistica del Settecento,
soprattutto lombarda, per poi specializzarsi nelle espressioni
artistiche tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento,
in particolare per ciò che riguarda l’architettura, la scultura
e quelle che superficialmente vengono definite arti minori,
come la ceramica; si è inoltre occupato della catalogazione
del patrimonio artistico del Vittoriale degli Italiani. Ha al
suo attivo numerose pubblicazioni, prima con Electa e
successivamente con Skira, del cui Comitato editoriale fa
parte dal 1995. Terraroli vive a Brescia e conosce bene la
realtà lombarda, per avervi curato mostre e condotto studi
approfonditi.
Lei ha avuto modo di operare in varie città della
Lombardia e conosce molto bene il territorio. Quale
ritiene, in estrema sintesi, essere lo «stato dell’arte»
dei beni artistici in Lombardia? Ritiene che la
collaborazione tra enti e soggetti sia soddisfacente, che
le eventuali reti sinergiche siano adeguate?
L’attuale territorio regionale lombardo non solo possiede un’enorme
ricchezza in termini storico-artistici: dai monumenti ai musei, dai
siti archeologici ai piccoli centri urbani, dalle gallerie d’arte alle
testimonianze dell’archeologia industriale, ma, come del resto tutto
il nostro Paese, è ricco di diversità, di mescolanze, di sovrapposizioni,
di relazioni con i territori limitrofi. Si tratta di un patrimonio diffuso
capillarmente, che ha un senso anche rispetto all’ambiente socioeconomico-culturale in cui si è sviluppato, che ha subito abbandoni,
danni e perdite nel corso del tempo, ma che, rispetto ad altre realtà
nazionali, si trova oggi, generalmente, in una situazione di controllo
e di tutela abbastanza accettabili, vuoi per l’impegno degli organi
preposti, vuoi, soprattutto, per una maggiore e diffusa coscienza dei
cittadini. Trovo, allo stesso tempo, del tutto inadeguato alla complessità
dei problemi lo stato delle relazioni tra gli enti, nel senso che, fatti
salvi alcuni generosi tentativi di coordinamento e riorganizzazione dei
sistemi di relazioni, nella realtà dei fatti non esiste un quadro d’insieme.
Basti solo pensare che non si è mai messo in atto un abbonamento unico
per musei, mostre e monumenti valido per tutta la Lombardia, con costi
ridotti per giovani, studenti e anziani, come da anni esiste in Piemonte,
oppure che ci sia una reale programmazione tra enti preposti e scuole
di diverso ordine e grado per un’intensa attività
didattica da esercitarsi sia nelle aule, sia nei musei,
nei siti, nei territori, con l’obiettivo di fare della storia
dell’arte, e della conoscenza diretta del patrimonio un
elemento fondante di cittadinanza, di condivisione e
di responsabilità, oltre che di piacere e divertimento.
Per lo sviluppo della cultura, anche dal punto di vista
del mondo del lavoro, gli strumenti ci sono, basterebbe
avere precise volontà politiche e obiettivi che vadano
oltre il mese prossimo, ma guardino a quali cittadini e
a quale territorio vogliamo avere tra 10-15 anni.
C’è anche nel territorio lombardo la tentazione di produrre mostre che siano solo
vetrine per inseguire un alto numero di
visitatori, di cui fregiarsi, come capita in
alcune città italiane, assecondando le peggiori tendenze del mercato dell’arte, o le
mostre sono più virtuosamente occasioni
di studio e di conoscenza, di riscoperte e di aperture di
nuove piste di ricerca?
Ci sono mostre e mostre, così come ci sono scelte di politica culturale
attente al puro consenso immediato e scelte attente a costruire un
tessuto e una trama di relazioni feconde: come si sa, per fare le cose
bene o per farle male ci si impiega, più o meno, lo stesso tempo, ma i
risultati sono un po’ diversi. Non voglio banalizzare, semplicemente
penso che basterebbe fermarsi un momento a riflettere quali sono
gli obiettivi su cui si vuole puntare: parlo per gli amministratori,
i dirigenti dei musei e degli enti preposti alle attività culturali, gli
studiosi. La prima responsabilità di tutti dovrebbe essere quella di
tutelare e irrobustire il patrimonio storico-artistico della collettività.
La seconda quella di valorizzare e promuovere ciò che si tutela, ma
allargando il campo a intelligenti sinergie e collaborazioni con altri
musei e con collezionisti, fondazioni, galleristi, allo scopo di realizzare
piccole, medie, grandi mostre che abbiano il senso di proporre ai
visitatori nuovi percorsi all’interno delle esposizioni permanenti
dei musei, tagli tematici, novità e scoperte degli studi, e creando
nuove opportunità di lavoro per i giovani. Non è necessario fare la
mostra «fuochi d’artificio», magari sui «soliti» artisti, basta scegliere
gradazioni, dimensioni, tagli espositivi diversi e agganciare ciò che si
fa a ciò che esiste perché le ricadute in termini di crescita culturale, di
consapevolezza e di rapporto con il tessuto stratificato del territorio
siano davvero significative e utili per tutti. In Lombardia, come nel
resto d’Italia, si è rincorso e si rincorre il successo di cassetta, la mostra
pacchetto, pronta e, ovviamente, costosa: ma gli amministratori e i
responsabili dei musei, gli studiosi si sono mai veramente chiesti che
senso ha promuovere tutte queste iniziative effimere (e senza selezione
qualitativa) e a fronte di uno stato dei bilanci degli assessorati alla
Cultura e dei musei ridotti quasi a zero, invece di puntare sulla
costruzione di una sorta di fidelizzazione dei cittadini al proprio
patrimonio e al contributo di una sua crescita nel tempo?
C’è molto fervore, anche espositivo, attorno all’Expo
2015. Che mostre proporrebbe?
Per essere uno che si è occupato nel corso dei propri studi di esposizioni
universali e di grandi esposizioni, non sono per nulla incuriosito
dall’Expo 2015: mi sembra una formula un po’ datata, superata
dalle enormi possibilità che oggi abbiamo di avere notizie, scambiare
informazioni, allestire relazioni, elaborare progetti in modo virtuale,
a meno che l’evento sia il reale motore di un radicale mutamento
urbanistico, architettonico, di recupero e valorizzazione di enormi
spazi urbani, di un rifondante rapporto di sinergia tra centro
e periferie, tra centro e territorio, ma anche in questo caso era
necessario creare per tempo una griglia di priorità e di obiettivi
condivisi, al di là delle singole mostre e mostrine, chiedendosi che
cosa resterà a Milano alla fine dell’Expo. Un progetto? Che cosa è
l’idea dell’Italia nel mondo? Buon cibo, ovviamente,
bellezza, ossia arte e paesaggio, non si sa fino a
quando, e stile, ossia eleganza, gusto e ben vivere.
Luoghi comuni? Sarà, ma sono quelli che il mondo ci
ha attribuito ed è intorno a quelli che avrei progettato
un’esposizione che raccontasse ai visitatori come sia
nata un’idea di stile, quale è il senso della nostra
storia, quale siano le nostre unicità, attraverso opere
d’arte, certo, ma soprattutto attraverso oggetti, forme,
invenzioni che hanno fatto del gusto italiano uno stile
riconosciuto nel mondo, dalle corti rinascimentali
alle eccellenze dell’artigianato e delle arti decorative
italiane all’Italian Design, in uno schema di relazioni,
di competenze tecniche, di sapienze materiali, di
culture diverse e stratificate che rappresentano la
nostra storia e, se lo volessimo, un nostro futuro da
condividere. n Sandro Parmiggiani
L’assessore alla Cultura del Comune
di Milano Filippo Del Corno
gestisce la rete dei Musei civici
e ha grandi progetti
F
ilippo Del Corno, assessore alla Cultura del Comune di
Milano, è un musicista e compositore e da come presenta
il settore nella sua città si evince che affianca nel proprio
ruolo la sensibilità culturale a una dinamica capacità di «fare
sistema» con le risorse culturali milanesi.
Lei trova bene organizzata la sua rete culturale?
C’è anzitutto la rete dei Musei civici: le raccolte del Castello Sforzesco, il
Museo del Novecento, il Civico Museo Archeologico, il Museo di Storia
Naturale e la Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Morando con Costume
Moda Immagine e Palazzo Moriggia sede del Museo del Risorgimento,
oltre alle sedi espositive temporanee di Palazzo Reale e Padiglione
di Arte Contemporanea. Da giugno inoltre, grazie all’intervento
di un importante sponsor privato, apriremo tutto l’anno Palazzo
della Ragione, dedicato alla fotografia. Tutte le nostre sedi museali,
accanto alle collezioni permanenti hanno sviluppato un’offerta di
mostre temporanee legate ad approfondimenti sul tema del museo,
per esempio la mostra «Munari Politecnico» al Museo del ’900 o quella
dedicata a Luca Beltrami dal Castello. Una competenza non gestita
direttamente dal Comune, ma in raccordo con gli enti preposti, è quella
dello spettacolo dal vivo. Accanto al Teatro alla Scala e al Piccolo Teatro,
dipende in maniera mediata da noi la rete di teatri convenzionati
sparsi in città; allo stesso modo sosteniamo e promuoviamo eventi e
associazioni culturali piccole e medie. Un ulteriore elemento di politica
culturale è quello delle Biblioteche civiche, oltre venti sedi dislocate
in tutto il Comune che alla funzione di prestito affiancano quella di
riferimento sociale e aggregazione con specifica valenza culturale.
Come sono le mostre milanesi di maggio e giugno?
Quelle legate alla cosiddetta Primavera di Milano, un palinsesto
finalizzato a indagare particolari figure della storia dell’arte
che hanno un legame eloquente con la nostra città. Ne cito due,
entrambe a Palazzo Reale: «Bernardino Luini e i suoi figli», fino
al 13 luglio, curata da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, che
ha coinvolto anche l’Università degli Studi di Milano e «Piero
Manzoni 1933-1963», curata da Flaminio Gualdoni, che vanta la
collaborazione della Fondazione Piero Manzoni, fino al 2 giugno.
Qual è il suo obiettivo
principale?
La capacità di riconoscere la storica
fertilità culturale e di sviluppo
creativo della città di Milano e del
suo territorio, che sta tornando
a svolgere un ruolo importante
sul panorama nazionale e
internazionale.
Lei in particolare ha un
desiderio per la sua città?
Vorrei portare a compimento il
progetto del Museo delle Culture,
curato da Marina Pugliese, che ha
avuto una gestazione complessa ed è
a un punto di svolta. Credo, infatti,
che il Museo delle Culture, una
volta restituito alla cittadinanza e al pubblico con la sua importante
collezione, esprimerà appieno la sua identità di centro di produzione
culturale e di contenitore per progetti interculturali e di antropologia
culturale declinati attraverso l’arte contemporanea.
q Giorgio D’Orazio
VEDERE A MILANO
Un’intesa nel caveau
Non c’è nulla di sporadico e casuale nelle collezioni d’arte del XIX-XX
secolo di Intesa San Paolo aperte al pubblico nelle Gallerie d’Italia
4
Il Polittico di Treviglio eseguito da
Bernardino Butinone e Bernardo
Zenale nel 1485-1491, nella
chiesa dei Santi Martino e Maria
Assunta di Treviglio (Bergamo)
L
e Gallerie d’Italia-Piazza Scala, polo culturale ed
espositivo di Intesa Sanpaolo (www.gallerieditalia.
com), sono situate nel cuore artistico ed economico
del centro storico di Milano, tra piazza della Scala, via
Manzoni, via Morone e piazza Belgioioso. Si estendono su
un’area complessiva di 8.300 mq, ricavate in un complesso
architettonico unico nel suo genere, composto dal Palazzo
Anguissola, capolavoro neoclassico; l’ottocentesco Palazzo
Giuseppe Santomaso e altri. Si passa poi a considerare il
veicolo di crescita culturale e
ruolo centrale di Lucio Fontana nei confronti delle correnti
civile, è una delle più rilevanti
d’avanguardia dello Spazialismo e dell’Arte Nucleare, attive a
iniziative contemplate da Progetto
Milano e in altri centri della penisola negli anni Cinquanta,
Cultura, «contenitore strategico»
per affrontare poi le ricerche che vanno all’insegna
delle attività culturali della Banca.
dell’astrattismo «concreto» del Mac (Movimento Arte
Gli obiettivi principali del Progetto
Concreta) e il ricco panorama dell’Informale. Il passaggio
sono la tutela e la valorizzazione dei
dagli anni Cinquanta ai Sessanta è indagato attraverso la
beni storici, artistici e architettonici del Gruppo, garantite dalle
concezione della pittura come traccia di azioni fisicamente
attività delle Gallerie d’Italia e il contributo alla salvaguardia del
dirette a modificarne la natura, con lavori di Piero Manzoni,
patrimonio italiano, che si attua supportando le Soprintendenze
Enrico Castellani e Toti Scialoja, ma anche attraverso le
nel recupero di opere e monumenti nazionali, con il progetto
possibilità offerte dalle nuove tecnologie di dar vita a un’arte
Restituzioni: attivo dal 1989: il programma ha costruito nel
«Programmata» o «Cinetica». Il clima degli anni Sessanta è
tempo una rete di relazioni che, coinvolgendo i musei, le chiese,
interpretato attraverso l’influenza dei mass media, tra nuove
i siti archeologici e monumentali, ha permesso il recupero di
forme di realismo e inclinazioni pop di Achille Perilli, Gastone
oltre un migliaio di opere d’arte, con testimonianze che spaziano
Novelli, Mario Schifano, Valerio Adami, Gianni Bertini e altri
dall’archeologia alle soglie dell’età contemporanea, dalla
ancora. Seguono gli autori dell’Arte povera e Concettuale.
pittura, alla scultura, all’oreficeria, alle manifatture tessili. Tra i
La scultura, ampiamente presente in tutto il percorso, con
restauri monumentali, il più recente ha interessato gli affreschi
lavori di Mauro Staccioli, Alik Cavaliere, Ettore Colla,
di Stefano fiorentino della chiesa dell’Abbazia di Chiaravalle
Nicola Carrino, Mario Ceroli, Pino Pascali e Giuseppe
Milanese, ma vanno anche ricordate, tra le 600 opere restaurate,
La facciata su piazza della Scala di Gallerie d’Italia-Piazza Scala
Maraniello, è spunto di riflessioi mosaici pavimentali paleocristiani
ne sulle relazioni con lo spazio
della Basilica di Aquileia, gli affreschi
Brentani; l’edificio con la poderosa facciata su piazza della
che generano «ipotesi costrutdi Altichiero e Avanzo nella Cappella di
Scala, sede storica della Banca Commerciale Italiana. Un
tive» (Rodofo Aricò, Gianfranco
San Giacomo nella Basilica del Santo a
insieme di palazzi, cortili e giardini, trasformato in spazio
Pardi, Giuseppe Uncini). Infine
Padova, il portale maggiore in bronzo
museale, con collezioni d’arte dell’Ottocento e del Novecento.
sono rappresentate le esperiendella Basilica di San Marco a Venezia.
Le Gallerie si articolano in due sezioni espositive. La prima
ze emerse fra gli anni Ottanta e
Il Progetto include anche iniziative
«Da Canova a Boccioni» presenta 197 tra sculture e dipinti,
Novanta. Di recente pubblicazio(mostre, convegni, restauri) organizzate in
provenienti dalle collezioni dell’Ottocento della Fondazione
ne, «L’arte moderna in Intesa
occasione della celebrazione d’importanti
Cariplo e d’Intesa Sanpaolo. L’itinerario museale, curato da
Sanpaolo», tre poderosi volumi
fatti storici e avvenimenti attuali, come
Fernando Mazzocca, conduce il visitatore attraverso un
a cura di Carlo Pirovano e FranExpo 2015. Infine, per i giovani, il Gruppo
secolo di arte italiana: da una serie di tredici bassorilievi
cesco Tedeschi, è il compendio
ha uno specifico progetto che coniuga
neoclassici di Antonio Canova alle tele di Umberto Boccioni,
delle opere della collezione di
ricerca scientifica, innovazione culturale e
che documentano il fondamentale passaggio dal Divisionismo
Intesa Sanpaolo e uno strumen- Una veduta della sezione «Cantiere del ’900»
bisogni sociali.
al Futurismo. Il percorso celebra Milano con la pittura
to di conoscenza delle vicende
n Sandro Parmiggiani
dell’Ottocento lombardo, anche se non mancano capolavori,
dell’arte italiana del Novecento. La sezione «Cantiere del
provenienti da altre aree geografiche, di Telemaco Signorini,
’900» ospita inoltre approfondimenti temporanei con opere
Giovanni Boldini, Federico Zandomeneghi, Antonio Mancini,
selezionate dalle oltre 3mila della collezione del XX secolo
Giulio Aristide Sartorio. La pittura lombarda è rappresentata
d’Intesa Sanpaolo. Ulteriore e innovativa area espositiva, il
da dipinti di Francesco Hayez, Giovanni Migliara, Giuseppe
Caveau, ex «cassaforte» della Comit, è un deposito attrezzato
per custodire le collezioni d’arte del Novecento: 450 opere
(tra cui dipinti di Balla, Sironi, Carrà, Severini, Picasso) su
950 metri quadrati di griglie scorrevoli a scomparsa. Questo
luogo è anche sede di «special talk». Le Gallerie d’ItaliaPiazza Scala ospitano anche mostre temporanee con opere
che provengono da altre collezioni. Fino al 29 giugno, la
ullio Pericoli si è costruito, nella casa di ringhiera in cui
mostra «Oltre. Le soglie dell’invisibile», realizzata da
tiene lo studio a Milano, uno spazio ideale. Abbattute le
Intesa Sanpaolo con la Fondazione San Fedele, riflette sulla
pareti che delimitavano le stanze, si succedono la libreria
dimensione del trascendente nell’arte, attraverso il dialogo tra
con un grande tavolo, poi un tavolo più piccolo, ingombro di
autori emblematici della contemporaneità e rappresentazioni
libri e infine lo spazio dedicato alla pittura, con i cavalletti e
storiche di soggetti religiosi: icone russe, ex voto, tavole
alcune opere in corso di realizzazione, appese o appoggiate a
medievali, lavori di Mario Sironi, Lucio Fontana, Alberto Burri,
delle mensole. Pericoli è molto conosciuto per i suoi ritratti
Giuseppe Santomaso, Ettore Spalletti, Mimmo Paladino, le
e per le sue illustrazioni di romanzi, e ancor prima per i suoi
opere «Corona di spine» di Claudio Parmiggiani e «Axis
disegni di satira, per le scene e i costumi di opere e testi teatrali,
La sala con i bassorilievi Rezzonico di Antonio Canova nella sezione
mundi» di Hidetoshi Nagasawa, create appositamente. Il
ma da almeno quindici anni sta indagando, con una sorta di
dedicata alle collezioni dell’Ottocento
percorso, curato da Andrea Dall’Asta S.J. e Francesco Tedeschi,
ossessione, il paesaggio, soprattutto quello della terra natale,
è allestito in tre sedi: le Gallerie di Piazza Scala, la Galleria
le Marche (è nato Colli del Tronto nel 1936, Ndr) con dipinti,
Molteni, Luigi Bisi, Angelo Inganni, Domenico e Gerolamo
San Fedele e la chiesa di San Fedele. Le Gallerie d’Italia-Piazza
esposti per la prima volta nel 2002, caratterizzati da superfici
Induno, Mosè Bianchi, Leonardo Bazzaro, Emilio Gola,
Scala vogliono proporsi non solo come luoghi di conservazione,
di colore che restituiscono l’alternarsi delle colture impiantate
Filippo Carcano, Luigi Rossi, Angelo Morbelli, Giovanni
fruizione e accostamento all’arte, ma anche come centri di
nei secoli, con segni che lacerano e feriscono la materia
Segantini, Gaetano Previati, che rievocano le vicende e la
elaborazione della cultura, in costante interazione con la città,
pittorica, che ne svelano la geologia interiore, in un ritmo di
fortuna dei generi dei dipinti storici: i ritratti, le battaglie
con una programmazione di iniziative culturali e scientifiche,
forme, colori e segni che non smettono d’inseguirsi. Tre sono
del Risorgimento, i paesaggi, le vedute, i Navigli, le scene
laboratori didattici, percorsi formativi per giovani e pubblici
le mostre a lui dedicate in questo periodo: «Aeronatura. Lo
d’interni, gli episodi di vita moderna, cogliendo i mutamenti
«speciali», all’insegna della multidisciplinarietà. Le attività
sguardo di Tullio Pericoli sul paesaggio dell’Alto Garda»
dello sguardo e del gusto attraverso diverse stagioni
comprendono arte, musica, letteratura, teatro, cinema, moda.
al Mag, Museo Alto Garda, di Riva del Garda (Trento) fino
espressive, dal Romanticismo, dominato dalla personalità di
Le Gallerie vogliono essere luogo di aggregazione, anche con
al 2 novembre; al Mart di Trento e Rovereto, dal 9 maggio
Hayez, al Naturalismo, dei pittori di paesaggio e di
l’apertura di un’area di servizi in piazza
all’8 giugno vi sono 100 opere tra quelle pubblicate nel volume
genere, al Simbolismo, rappresentato dai capoladella Scala: bookshop e caffetteria sono
Paesaggi e nello Spazio Don Chisciotte della Fondazione
vori di Rossi, Bazzaro, Morbelli, Sartorio e Previaa disposizione di visitatori e pubblico
Bottari Lattes di Torino fino al 14 giugno, 20 ritratti
ti, naturale premessa alla nascita del Futurismo
esterno.
(Beckett, Pasolini, Kafka, Rembrandt, Woolf, Fenoglio,
di Boccioni.
Le Gallerie di Milano, insieme a
Levi, Calvino). Con i paesaggi dell’Alto Garda Pericoli si è
«Cantiere del ’900» è la sezione dedicata alle colquelle di Palazzo Leoni Montanari
misurato con terre diverse da quelle a lui familiari. «Sono stato
lezioni del XX secolo di Intesa Sanpaolo. Il percora Vicenza e di Palazzo Zevallos
invitato a fare un sopralluogo, sono salito su un piccolo aereo, facendo
so storico-critico generale, curato da Francesco
Stigliano a Napoli, formano le
una lunga ricognizione dall’alto dell’area che si estende a nord del lago.
Tedeschi, illustra attraverso 189 opere autori e
«Gallerie d’Italia», l’insieme delle sedi
Tutti i miei paesaggi sono visti come se fossi in groppa a un volatile: da
tendenze più rappresentativi della seconda metà
espositive e culturali di Intesa Sanpaolo
lontano hai la possibilità di una lettura più distante e distaccata, puoi
del secolo. Si parte dall’immediato dopoguerra e
presenti nel territorio nazionale. La
cogliere il paesaggio nella sua struttura. La mia lingua di pittore di
dagli anni Cinquanta, con una particolare rilettucreazione di questa rete museale , che
paesaggi l’ho imparata attraverso le forme delle terre in cui sono nato.
ra degli sviluppi di un’arte che tende a risolvere la
nasce dalla volontà di non tesaurizzare
Dall’aereo, ho scattato molte foto; c’era assieme a me un fotografo, le
contrapposizione tra realismo e astrattismo, con Uno scorcio della sezione «Cantiere
le bellezze artistiche di proprietà, ma di
nostre immagini, una volta stampate, sono risultate abbastanza diverse:
del ’900»
opere di Afro, Alberto Burri, Emilio Vedova,
condividerle con il pubblico e farne
i nostri occhi leggono in maniera differente». Ovviamente ci sono
Ci guarda dall’alto
Le visioni ad alta quota
dei paesaggi di Tullio Pericoli
T
5
VEDERE A MILANO
Le tre giornate di Milano della fotografia
In maggio la quarta edizione di Mia Fair con 200 espositori e nuovi premi
L
Oltre alle tradizionali manifestazioni collaterali, sono
previste tre nuove iniziative: il Premio Mila Malerba; una
performance artistico-musicale con Irene Grandi e i
videoartisti Pastis; il progetto curatoriale Caffè Artistico
di Lavazza, uno spazio esclusivo con 6 fotografi presentati
da 3 curatori internazionali, invitati da Mia Fair e da
Francesca Lavazza. Antonio Arévalo ha selezionato Ricardo
Miguel Hernández e Graziano Folata; Luca Panaro ha
proposto Guido Meschiari e Matilde Soligno; Francesco
Zanot ha scelto Francesco Neri e il collettivo The Cool
Couple.
Il Premio Mila Malerba è riservato ai partecipanti del
workshop «Dalla fotografia all’immagine digitale. Storia,
linguaggi, mercato», a cura di Francesco Cascino, Fabio
Castelli e Walter Guadagnini, svoltosi in aprile; i partecipanti
individueranno un’opera esposta a Mia e formuleranno per
iscritto le motivazioni critiche più convincenti, vagliate da
una giuria: il vincitore avrà a disposizione 2mila euro per
acquistare un’opera negli stand della Fiera.
Tra le altre iniziative vi è il Premio Bnl Gruppo Bnp
Paribas, attribuito da una giuria al miglior artista esposto
nelle gallerie d’arte: il lavoro selezionato sarà acquisito da
Bnl per la sua collezione che ha già 5mila opere. Si tiene,
per la seconda volta Codice Mia. Portfolio Review, una
lettura dedicata al mercato fotografico, ideata e curata da
COURTESY M. TARANTINI
a quarta edizione di Mia-Milan Image Art Fair, è dal 23
al 25 maggio, nella ormai storica sede di Superstudio
Più (via Tortona 27), con 200 espositori tra gallerie,
fotografi indipendenti, editori specializzati italiani e stranieri
che presentano altrettanti artisti affermati e giovani talenti da
tutto il mondo, secondo la formula «uno stand per ogni artista
e a ogni artista il suo catalogo». Incoraggiata dal suo successo,
MIA Fair sbarca in Asia, dal 24 al 26 ottobre, al Marina Bay
Stands con Mia Fair Singapore.
Fabio Castelli, ideatore e direttore della manifestazione,
Una veduta della scorsa edizione di Mia Fair
differenze profonde, ma anche costanti,
tra il paesaggio marchigiano e quello
dell’Alto Garda. «Tre sono gli elementi del
paesaggio dell’Alto Garda: il lago, la pianura,
la montagna; mancano le colline che ci sono
nella mia terra. In questi dipinti ho insistito
sugli interventi umani che hanno modificato il
paesaggio, i vigneti e i frutteti. Ci sono anche
gli insediamenti, a volte aggressivi; ho scelto di
dare enfasi alla forza e alla bellezza naturale che dall’aereo emergeva: la
natura ha dentro di sé le risorse per annullare certi interventi disastrosi,
come se la terra contenesse un “Moby Dick” capace di scrollarsi di dosso
ciò che ne deturpa la superficie».
Pericoli è arrivato a Milano nel 1961: «Quando sono sbarcato
a Milano, il 1° maggio del 1961, alle 7 del mattino, rimasi colpito
dall’uniforme colore giallastro, del cielo e dei muri, così diverso
dall’azzurro che respiravo a casa mia. Ma in quei giorni la diversità
del paesaggio era l’ultimo dei miei problemi: volevo mettere le radici
qui. La memoria del paesaggio di Colli riemerse quando Italo Pietra,
direttore de “Il Giorno”, collezionista d’arte, mi chiese di dipingere per
lui un quadro del mio paese. La porta della mia memoria secretata
s’aprì, ed emerse la punta della nostalgia. Scesi nella valle del Tronto,
per guardare compiutamente dal basso il mio paese: lo inquadrai
nella mia macchina fotografica e, con quel gesto, il paese si trasformò
in paesaggio. La realtà in immagine. Un altro incontro ravvicinato con
il paesaggio fu quando, dopo avere visto “Il Vangelo secondo
Matteo” di Pasolini, sentii l’esigenza di andare a Matera a
vedere i Sassi: il paesaggio non era più un tappeto che copre
la terra, ma un’apertura verticale dentro la terra. Quando
tornai a Milano, cominciai a immaginare che i palazzi e i
grattacieli intorno a me fossero delle visioni, delle sezioni
geologiche. Lì nacque l’esigenza di indagare il paesaggio nella
sua struttura interna, riflettendo su una frase di Lévi-Strauss
che assimila la geologia al linguaggio psicanalitico. Cominciai
così a mettere assieme vari alfabeti, forme elementari di
linguaggio, guardando molto Klee, e usando il paesaggio come
base d’appoggio. I ritratti sono un’altra cosa: nei volti cerco un
particolare da afferrare, quel non so che che li fa così singolari,
uno differente dall’altro. Nei paesaggi vado invece alla
ricerca di qualcosa che mi accomuna a loro: un’immersione,
un sentirmene parte. La città non fa parte della mia natura
originaria. Entro in relazione con la sua realtà attraverso la
mia cultura, la mia mente, mentre al paesaggio mi collego
attraverso dei canali primordiali e istintivi». n
Mia è sua: passione, non speculazione
L’ideatore di Mia Fair Fabio Castelli racconta nascita, evoluzione
ed esportazione del modello di una fiera di fotografia unica nel suo genere
F
COURTESY AANGELA LO PRIORE
confida, anche in ragione del risultato di pubblico e vendite
ottenuto ad Arte Fiera di Bologna, dove Mia ha curato per la
prima volta una sezione interamente dedicata alla fotografia,
di superare i dati dell’edizione 2013 (20mila visitatori). La
selezione degli espositori per l’edizione 2014 (patrocinata da
Regione Lombardia, Provincia di Milano, e Comune di Milano,
con il sostegno di Bnl Gruppo Bnp Paribas, Lavazza, Bmw i,
Eberhard & Co. e Nikon) è curata da un comitato scientifico
composto da 3/3 photography projects di Roma, Gigliola
Foschi, Elio Grazioli, Roberto Mutti ed Enrica Viganò.
Enrica Viganò. Ancora, 45 fotografi, selezionati dal comitato
scientifico, potranno sottoporre, il 24 maggio, il proprio
portfolio ad alcuni esperti internazionali di collezionismo
tra cui Joe Baio, collezionista di New York, Anne-Marie
Beckmann, curatrice della collezione Deutsche Börse di
Francoforte; Rudi Bianchi, collezionista di Los Angeles,
Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, collezionista e
direttrice dell’omonima fondazione torinese e Janina Vitale,
curatrice della Dz Bank Art Collection di Francoforte. L’evento
sarà coronato da un premio all’autore prescelto, cui verrà
riservato uno stand nell’edizione 2015 di Mia Fair.
Quest’anno espone le sue opere il fotografo norvegese Bjørn
Sterri, vincitore della scorsa edizione di Codice Mia.
Va infine ricordata la seconda edizione del Premio
Archivio Tempo ritrovato-Fotografie da non perdere,
che si rivolge ad archivi privati di autori italiani, spesso
dimenticati. Vinto nel 2013 da Federico Garolla, per la
sua documentazione sugli anni Cinquanta, il Premio
Archivio, il cui Comitato Scientifico è composto da Fabio
Castelli, Renata Ferri, Laura Gasparini, Lucia Miodini e
Roberta Valtorta, è stato assegnato quest’anno all’Archivio
Tranquillo Casiraghi (1923-2005), che ha rappresentato la vita
sociale degli anni Sessanta. Il Premio di 8mila euro intende
supportare i costi relativi all’inventariazione, catalogazione,
digitalizzazione in alta risoluzione, conservazione e restauro
delle opere dell’archivio vincitore.
Infine, Bmw i promuove il concorso fotografico Born
Electric by Bmw i: i partecipanti al concorso online
(bornelectric.bmw.it) dovranno esprimersi con il linguaggio
della fotografia sul tema della mobilità sostenibile.
Infine, la sezione Proposta Mia ospita i lavori di 25 artisti
che si presentano senza il supporto di gallerie. n
abio Castelli dimostra come non sia mai troppo
tardi per fare della passione di una vita un’attività
di successo. Imprenditore in altri settori fino a
quasi quindici anni fa, ha da sempre collezionato arte e
fotografia e così il suo curriculum può vantare la stretta
collaborazione con la Galleria Daverio di Milano e con la
Direzione del settore Musei e Mostre dello stesso Comune,
con la Casa d’Arte Farsetti per il settore fotografia nelle
aste d’arte contemporanea, il ruolo di promotore e
direttore artistico, dal 2003 al 2008, di Fotografia Italiana,
galleria d’arte specializzata nella nostra fotografia e
successivamente, ancora, di consulente per Alinari 24
Ore, oltre che di curatore di mostre fotografiche in spazi
pubblici e privati.
Nel 2011 Castelli decide di dare vita a una fiera d’arte
dedicata alla fotografia e al video, la prima in Italia. Mia
Fair, Milan Image Art Fair, che ottiene subito un grande
successo. Incontriamo Castelli nell’ufficio a Milano, mentre
le sue collaboratrici stanno lavorando alla quarta edizione
(cfr. articolo qui sopra).
Castelli si distingue per la sua eleganza e signorilità e
manifesta la sua collaudata cultura e parla volentieri di
quella che considera la sua principale creazione.
Come ha avuto l’idea di fare Mia?
Batto il marciapiede della fotografia da quarant’anni e,
quotidianamente, conclusasi la mia esperienza nella galleria
Fotografia Italiana, ricevevo lettere o venivano a trovarmi giovani
fotografi che mi chiedevano consigli e lumi sul
loro futuro. Non potevo fare granché e allora
nacque l’idea di organizzare una Fiera che
desse spazio ad autori non rappresentati
da una galleria, purché, ovviamente,
superassero il vaglio di un comitato
scientifico. Ecco perché, fin dalla
prima edizione del 2011, Mia
ha riservato 20-25 stand a
fotografi senza galleria. A
testimonianza del valore
dell’iniziativa, quasi
il 50% di
questi autori l’anno dopo venivano presentati da una galleria: il
processo di emersione aveva funzionato. Anche la parte restante
della fiera era impostata con criteri analoghi: ogni galleria
partecipante poteva presentare nel proprio stand un solo autore
(se intendeva portare due fotografi, doveva affittare due stand),
producendo anche un catalogo, piccolo, ma che potesse essere
messo a disposizione dei visitatori. Da quest’anno si avranno a
disposizione degli e-book. La prima edizione ebbe un successo che
nemmeno noi potevano prevedere: oltre 18mila visitatori paganti.
Lei come spiega il crescente interesse verso la
fotografia e il successo di Mia, considerato che
precedenti tentativi erano falliti?
L’innovazione che ho portato avanti da subito è di fare percepire
la grande varietà in cui si declina oggi la fotografia: la fotografia
classica ormai entrata nel collezionismo (ad esempio, Ghirri,
Giacomelli e tanti altri); la fotografia concepita come opera
d’arte contemporanea che adotta questo mezzo per esprimersi; la
fotografia di moda; il reportage, fatto da autori bravissimi che però
spesso non vogliono essere definiti artisti; la foto di viaggio. Potrei
aggiungere, e non sarei provocatorio, che Mia ha inteso abbattere
queste segmentazioni. Anche le radiografie sono fotografia. Tutte
queste diverse immagini sono collezionabili, ma occorre che siano
presentate con grande rigore e onestà, anche perché tuttora molti
fotografi, galleristi, collezionisti non sanno fare fino in fondo queste
valutazioni. Il mercato della fotografia è ormai parte integrante del
mercato dell’arte, ma potrà radicarsi solo praticando con serietà il
rigore e la trasparenza.
Ascoltandola si percepisce immediatamente la
sua grande passione e la sua dedizione a questa
impresa di divulgazione, ma lei aveva anche interessi
collezionistici
Nel mondo della fotografia, a differenza di tanti altri settori
dell’arte, credo che ancora la passione domini sulla speculazione,
sul calcolo economico. Chi viene a Mia incontra fotografi che sono
persone vere (pensi a Franco Fontana), collezionisti ansiosi di
conoscere e fare nuove scoperte, galleristi specializzati che vivono la
propria attività come una missione, ma anche galleristi che hanno
cominciato a inserire i fotografi tra i loro artisti. I prezzi delle
fotografie in vendita sono compresi tra i 1.500 e i 20mila euro: la
fotografia costa ancora poco e c’è ancora spazio per non pensare
solo all’investimento finanziario. Mia è diventata in pochissimi anni
capitale della fotografia italiana e internazionale. Tra i visitatori
si trovano grandi firme del giornalismo estero, direttori dei grandi
musei e collezionisti italiani e stranieri. Ed è un’esperienza, come
sapete, che stiamo per esportare: presto Mia Fair si terrà anche a
Singapore. n
VEDERE IN LOMBARDIA
6
Le cinque perle lombarde del Fai
i magnifici letti a baldacchino collocati nelle camere del
piano nobile, risalenti al XVIII secolo e ricoperti da preziosi
tessuti coevi e l’arredo ligneo dello studio. Numerosi arredi e
opere d’arte del XVII-XIX secolo donati al Fai, ora nelle stanze,
restituiscono l’originaria atmosfera domestica.
Gornate Olona (Varese)
Spettacolo della luce a Villa Panza
C’è tempo fino al 2
novembre per visitare
a Villa Panza di Varese
«Aistheseis. All’origine
delle sensazioni», la
mostra che documenta
la ricerca e la poetica di
«Picadilly 2013» di Robert Irwin
Robert Irwin e James
Turrell, maestri dell’arte ambientale americana, promossa
dal Fondo Ambiente Italiano con il Lacma, Los Angeles
County Museum of Art. Il progetto espositivo, realizzato in
collaborazione con il Guggenheim Museum di New York, il
Getty Research Institute di Los Angeles e l’Archivio Panza
di Mendrisio, presenta 19 opere tra installazioni, lavori site
specific e proiezioni, esaminando il singolare utilizzo nei
due californiani della luce come medium creativo e materia
da plasmare. Gli elementi fondanti della sperimentazione
sono la luce, la percezione, lo spazio, contraddistinti da un
approccio mai tentato prima nella storia dell’arte, come intuì
Giuseppe Panza che commissionò «Portal Room», «Varese
Scrim» e «Varese Window Room» nel 1973 a Robert Irwin e
«Lunette», «Sky Space I» e «Virga» nel 1974 a James Turrell.
Oggi i due artisti hanno realizzato nuove opere site specific
per la villa. Per la Scuderia Grande Turrell ha ideato un
inedito Ganzfeld (ambiente ampio, chiuso e senza soluzione
di continuità) con sofisticatissime luci programmate in uno
spazio apparentemente vuoto. Robert Irwin, invece, ha
progettato l’installazione site-conditioned «Villa Panza 2013»,
occupando l’ambiente della Limonaia con uno spazio puro,
modellato dalla luce naturale e da un velario che disegna in
modo geometrico e ritmico una via simile a un labirinto. A
corredo della mostra, curata da Michael Govan, direttore del
Lacma di Los Angeles, e da Anna Bernardini, direttore di Villa
e Collezione Panza, una sezione documentaria con lettere,
fotografie e progetti che racconta il rapporto di amicizia e
collaborazione tra Giuseppe Panza e i due artisti. q
Lenno (Como)
COURTESY GIORGIO MAJNO
Monastero di Torba
La zona del fiume Olona
ove sorge Torba, detta
«Sibrium», in età romana
è un luogo d’importanza
strategica e infatti il
primo nucleo del complesso è opera dei Romani
alla fine del V secolo d.C. Durante il lungo periodo della
pax longobarda assume funzione civile e religiosa, grazie
all’insediamento nell’VIII secolo di un gruppo di monache
benedettine che fa costruire il monastero e nell’XI secolo
la chiesa. Durante l’epoca franca, il Seprio è sede di un
contado e acquisisce una funzione agricolo-produttiva. Nei
secoli successivi il sito è luogo di scontro fra potenti famiglie milanesi. Ristabilito l’ordine, molte famiglie nobili si
avvicendano per incaricare come badessa una persona della
propria stirpe, sino ai Pusterla, cui si deve il trasferimento
delle monache a Tradate nel 1482, lasciando in cura le terre
a massari. Inizia quindi il cosiddetto «periodo agricolo» del
complesso finché in epoca napoleonica, con le soppressioni
degli ordini religiosi, Torba perde definitivamente lo status
di monastero. Dopo numerosi passaggi di proprietà negli
ultimi due secoli, il Monastero di Torba viene acquistato nel
1977 da Giulia Maria Mozzoni Crespi per donarlo al Fai e dal
1986, completamente restaurato, è aperto al pubblico.
Oria Valsolda (Como)
COURTESY LUCA ILGRANDE
Villa Fogazzaro Roi
Tra il 1848 e il 1849, un
giovanissimo Antonio
Fogazzaro si rifugia nella
villa accolto dallo zio
materno Pietro Barrera,
per allontanarsi dal natio
La villa del mecenate
filoamericano
Anna Bernardini racconta la storia
di Villa Panza e la lungimiranza
di Giuseppe Panza di Biumo
A
Varese Villa Menafoglio Litta Panza raccorda
epoche, stili architettonici e artistici diversi,
consegnati al futuro dall’acume intellettuale di un
mecenate sui generis, Giuseppe Panza di Biumo, che
comprese dall’Italia, e prima degli americani stessi, l’arte
degli Stati Uniti del secondo Novecento. Ci accompagna alla
scoperta di questo sito monumentale, oggi gestito dal Fondo
Ambiente Italiano, la direttrice Anna Bernardini
Che gestazione storica ha vissuto la villa?
La villa ha una stratificazione architettonica complessa, che parte da
un’origine seicentesca e testimonia lo spirito dell’epoca tra l’austerità
della facciata e la sorpresa della villa di delizia. Il primo impianto
è dovuto dalla famiglia varesina Orrigoni; nel Settecento diventa
proprietà della famiglia Menafoglio, il banchiere di Maria Teresa
d’Austria, nell’Ottocento passa alla famiglia Litta, ricchi notabili
milanesi che apportano modifiche all’architettura, come il salone
d’onore, progettato da Luigi Canonica, le scuderie e i rustici, che dal
1970 ospitano le opere d’arte contemporanea site specific dell’ultimo
proprietario, Giuseppe Panza, un benefattore che ha assicurato il sito e
il suo contenuto alla collettività, attraverso il Fondo Ambiente Italiano
che dopo quattro anni di restauro nel 2000 l’ha aperta al pubblico.
Chi era Giuseppe Panza?
Giuseppe Panza di Biumo, deceduto nel 2010, è stato uno dei più
importanti e lungimiranti collezionisti e mecenati italiani del
Novecento. Proveniva da una famiglia d’industriali, si occupava del
ramo immobiliare delle attività imprenditoriali di famiglia, ma dalla
seconda metà degli anni Cinquanta si appassiona ai nuovi movimenti
Villa del Balbianello
Affacciata sulla sponda
occidentale del Lago di
Como, Villa del Balbianello
sorge a Lenno sull’estrema
punta del Dosso di Lavedo,
un promontorio boscoso
che si protende verso le
acque lariane formando
una piccola penisola. È il cardinale Angelo Maria Durini a
edificare il complesso alla fine del XVIII secolo, sui resti di un
convento francescano di cui oggi resta la facciata dell’antica
chiesa. All’inizio dell’Ottocento la villa appartiene al conte Luigi
Porro Lambertenghi, attivo e noto liberale, mentre nel 1919
viene acquistata dal generale americano Butler Ames, che la
sottopone a un attento restauro. Nel 1974 passa agli eredi che
la vendono all’imprenditore Guido Monzino, appassionato
esploratore e alpinista, che si dedica a una nuova opera di
ristrutturazione degli edifici, dello splendido giardino, cui viene
conferito l’aspetto attuale, e dell’arredo completo delle stanze.
Si deve allo stesso Monzino la donazione della splendida villa e
di gran parte del Dosso di Lavedo al Fai, che la gestisce dal 1988.
artistici americani, dedicandovisi
appieno tra studio, ricerca e
collezionismo. Oggi viene ricordato come
il più grande collezionista europeo di arte
americana.
Com’era pensata e com’è oggi la
collezione Panza?
La collezione completa di Giuseppe
Panza vantava oltre 2.500 opere
dall’Espressionismo Astratto
all’Informale, dalla Pop art all’Arte
Concettuale, Minimal, Ambientale,
fino all’ultima fase dell’Arte Monocromatica e Organica. Panza ha
sempre collezionato un numero ragguardevole di opere di ogni artista
scelto, cercando di individuarne e documentarne il periodo migliore,
raccogliendo opere di autori diventati poi protagonisti della storia
dell’arte. Inoltre Panza, in anticipo sui tempi non solo per l’Italia
ma per l’Europa, cercava sempre di allestire nella sua villa corpus di
opere dello stesso autore, come a creare delle monografie espositive,
con criteri estetici e museografici da pioniere. Questo pensiero l’ha
trasferito anche nell’ultima collezione, quella lasciata al Fai, circa
180 opere; tutte le altre sono altrove, molte in grandi e piccoli musei
specialmente americani.
È vero che Giuseppe Panza ha dato un apporto critico
innovativo all’arte americana?
Ha capito prima degli altri l’importanza di unire le ricerche dell’arte
americana di quel
periodo,
attraverso
una connessione tra le
scuole di New York e
Los Angeles.
Quali sono le
grandi firme?
I primi che mi vengono in
mente: Franz Klein, Mark
Rothko, Robert Rauschenberg, Roy Lichtenstein e Robert Morris.
Villa Panza a Varese
q Giorgio D’Orazio
COURTESY FABRIZIO OPPES STUDIO MAJNO
© ROBERT IRWIN, PHILIPP SCHOLZ
RITTERMANN COURTESY OF THE PACE GALLERY
COURTESY ARCHIVIO FAI
Casalzuigno (Varese)
Villa Della Porta
Bozzolo
L’attuale struttura della
villa, basata sul tipico
impianto a U intorno a una
corte d’onore, è articolata
su due piani e risale ai primi
anni del Settecento, periodo
in cui vengono realizzati
consistenti lavori che interessano sia la parte cinquecentesca
del complesso sia l’ala ampliata a fine Seicento. Negli interni,
ideati da Antonio Maria Porani con il committente Giovan
Angelo III, lavorano i pittori milanesi Salvione e Bosso,
realizzando uno dei cicli decorativi più sofisticati e unitari
del Settecento lombardo, di cui il salone centrale e la lunga
galleria al piano nobile sono un eloquente esempio. Gli interni
conservano ben poco del ricco arredo originario, trafugato nel
corso degli anni. Tra le poche eccezioni si possono annoverare
Veneto oppresso dal dominio austriaco. Mezzo secolo più
tardi la proprietà passa alla famiglia Fogazzaro, imparentata
con i marchesi Roi, stimati imprenditori vicentini. Oggi
la villa si presenta come l’accorpamento di più fabbricati,
costruiti attorno a una prima originaria struttura del XVI
secolo, di cui rimane il giardino pensile sul retro. Cuore della
casa è il salone Siberia, così chiamato per la difficoltà che
si riscontrava nel riscaldarlo efficacemente. Nella piccola
biblioteca, originariamente sala da pranzo, sono conservati i
numerosi volumi appartenuti a Fogazzaro e al marchese Roi,
mentre nella stanza dell’alcova è stato ricostruito lo studio
dello scrittore. Si devono al marchese Giuseppe Roi, pronipote
di Fogazzaro, nuovo erede della villa, i lavori di restauro
e ammodernamento della dimora, compiuti negli anni
Cinquanta e Sessanta, quando molti arredi originali e cimeli
ritornano nella dimora, permettendole di recuperare una
dimensione più autentica. Nel 2009, per volontà del marchese
Roi, la villa di Oria passa nella disponibilità del Fai, allo scopo
di aprirla al pubblico.
COURTESY VALENTINA PASOLINI E ARCHIVIO FAI
Villa Necchi Campiglio
Villa Necchi Campiglio
è uno splendido tesoro di
arte e architettura in via
Mozart 14, nel cuore di
Milano. È stata progettata
da Piero Portaluppi
tra il 1932 e il 1935, per
Angelo Campiglio, sua moglie Gigina Necchi e sua cognata
Nedda. Il mondo dei Necchi Campiglio è quello dell’alta
borghesia industriale lombarda, classe agiata ma anche
tenace lavoratrice, al passo con i tempi: a loro si deve
l’invenzione della celebre macchina da cucire. Nel secondo
dopoguerra all’architetto Portaluppi subentra Tomaso
Buzzi, che conferisce alle sale un aspetto più classico e
tradizionale. Oggi la Villa, donata al Fai dalle due sorelle
Gigina e Nedda nel 2001, ospita la Collezione Alighiero
ed Emilietta de’ Micheli e la Collezione Claudia Gian
Ferrari di opere italiane del XX secolo. Dopo i lavori di
restauro e l’apertura al pubblico nel 2008, la residenza è
divenuta una casa museo.
COURTESY GIORGIO MAJNO
COURTESY GIORGIO MAJNO
Milano
VEDERE A BERGAMO
8
Non solo musica
O video o bic
La città annuncia 300 eventi, tra cui la mostra di Palma il Vecchio e la riapertura
della Carrara, e vanta un grande patrimonio artistico e architettonico
Da maggio a luglio la Gamec
programma classici americani,
videoartisti e un giovane che lavora
con la penna a sfera
La grafica aiuta a restare giovani
La grafica antica e moderna (Ferroni, Pericoli e artisti di qualità)
distingue la galleria di Arialdo Ceribelli
A
rialdo Ceribelli conserva l’aria dell’eterno ragazzo,
forse grazie alla passione per l’arte e per la grafica in
particolare. Infatti cominciava a collezionare stampe
antiche a sedici anni, quando già lavorava alle Arti Grafiche
di Bergamo, dove si occupava della stampa di calendari
artistici. Tre anni dopo è alla Minerva Italica di Bergamo,
specializzata in testi scolastici, che lascia nel 1989. Nel 1968, a
Londra, nello studio di Lino Mannocci, vede un’incisione di
Gianfranco Ferroni, con il quale nasce una fraterna amicizia.
Grazie a Mannocci entra in rapporto con Lucian Freud, di cui
presenta, nel 1994, una memorabile esposizione di acqueforti,
accompagnata dal catalogo ragionato delle incisioni
dell’artista a cura di Hartley Craig: è la mostra d’apertura
della sua galleria (www.galleriaceribelli.com). Nel frattempo
Arialdo, esperto conoscitore della grafica antica, si è accostato
all’incisione moderna e contemporanea, aprendosi all’arte del
Novecento: ricordiamo le esposizioni sulla pittura e scultura
di Antonietta Raphaël e Pietro Reina. Così, accanto alle
stampe dei grandi maestri del passato, da Dürer a Rembrandt,
da Goya a Manet e agli espressionisti tedeschi, fra gli artisti
contemporanei, oltre a Ferroni e Tullio Pericoli, troviamo
Lino Mannocci, Giuseppe Biagi, Giuseppe Bartolini, Franco
Francese, Antonio Stagnoli, Claudia Marchetti, Chiara Briganti
e bravi autori inglesi come Lucian Freud, Tony Bevan, Irene
Gunston, James Merlin e Glenys Johnson. La conformazione
della galleria è cresciuta di pari passo con gli interessi di
Ceribelli sviluppandosi stanza dopo stanza. Non si può
inoltre dimenticare la costante attività
per lo studio e la valorizzazione
dell’opera di Gianfranco Ferroni:
tra i volumi di cui ha promosso
e curato la pubblicazione, si
segnalano la monografia di
Maria Grazia Recanati nel 1997,
il catalogo ragionato delle
incisioni, nel 2002, il catalogo
ragionato delle litografie,
assieme a Chiara Gatti, nel
2006, il prezioso volume di
testimonianze Gianfranco
Ferroni. In memoriam, nel
Arialdo Ceribelli
Gianfranco Ferroni, «L’ombra (studio)», 1991
2011 e il volume dedicato agli «Autoritratti» dell’artista,
sempre nel 2011, due volumi nati per celebrare il decimo
anniversario della sua morte; infine, il film documentario con
la regia di Elisabetta Sgarbi presentato al Festival di Venezia
nel 2002. Negli ultimi anni Ceribelli si sta occupando anche
delle fotografie scattate e stampate da Ferroni, materiale che
all’artista serviva come verifica del proprio lavoro e sul quale
talvolta interveniva con segni e stesure di colore. Alcune di
queste immagini sono state presentate per la prima volta nella
mostra alla Fondazione Longhi di Firenze nel 2003 e poi al
Centro San Fedele di Milano nel 2009. Tra l’altro, la passione
di Ceribelli per la fotografia si è sviluppata negli ultimi anni,
attraverso la conoscenza e l’amicizia con Mario Dondero;
oltre che a Dondero, la galleria ha dedicato quest’anno una
mostra a Pepi Merisio. Tra i cataloghi ragionati realizzati
dalla Galleria Ceribelli si ricordano quello di Salvator Rosa a
cura di Olimpia Theodoli e quello di Franco Francese a cura di
Francesco Porzio. Dal 10 maggio al 19 luglio la galleria espone
i dipinti di Alfredo Casali, con un catalogo a cura di Chiara
Gatti e un testo di Rocco Ronchi.
Quando si chiede a Ceribelli come abbia reagito alla crisi
che ha investito anche il mercato dell’arte, risponde che la
sua galleria «non è mai stata “di tendenza” e che ha continuato a
proporre, anche in questi ultimi anni, come sempre ha fatto, opere e
artisti di qualità. Tutto qui». n
L
COURTESY L’ARTISTA E ZEROÖ, MILANO
a Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea (Gamec)
(www.gamec.it) di Bergamo s’affaccia di fronte
all’Accademia Carrara. Nata nel 1796 per volontà del conte
Giacomo Carrara, l’Accademia Carrara di Belle Arti è tra le più
antiche in Italia, sede di una Pinacoteca con le opere raccolte
dal mecenate e collezionista, chiusa dal 2008 per lavori di
ristrutturazione non ancora definitivamente conclusisi. La
Gamec costituisce un ampliamento dell’accademia, formatosi
grazie ad acquisti, lasciti e depositi di privati. Il museo svolge
un’intensa attività espositiva e didattica. Il 25 maggio, per
esempio, si conclude la mostra «Andrea Mastrovito. At
the end of the line», a cura di Sara Fumagalli e di Stefano
Raimondi. L’artista, nato a Bergamo nel 1978, attraverso
una serie di frottage posizionati sul pavimento dello spazio
espositivo, come un reperto archeologico che scorre sotto i
piedi del visitatore, rilegge temi e questioni relativi alla storia,
al mito, alla società, alla relazione con lo spazio e con l’identità
dei luoghi in cui
viene presentata
l’arte. Accompagna
l’esposizione
un catalogo
monografico
bilingue, con
testi di Sara
Fumagalli, Stefano
Un’immagine del film «Il capo» (2010)
Raimondi, Nova
di Yuri Ancarani
Benway, Giacinto
Di Pietrantonio,
Marie-Noëlle Farcy e Lorenzo Giusti. Dal 16 maggio al 27
luglio è aperta la mostra «Robert Overby. Opere 1969/1987»,
curata da Alessandro Rabottini e organizzata in collaborazione
con il Centre d’Art Contemporain di Ginevra, con la
Bergen Kunsthall in Norvegia e con Le Consortium di
Digione in Francia. Di Robert Overby (Harvey, Ill., 1935-1993)
vengono presentate oltre 50 opere provenienti da collezioni
statunitensi ed europee, così da costituire la più ampia
rassegna mai dedicata al lavoro dell’artista nel mondo: sculture,
installazioni, dipinti, stampe e collage esplorano i limiti della
rappresentazione, dello spazio e dell’identità, in un’indagine
poetica sulla condizione umana e sul suo declino, sulla sua
bellezza e assurdità. La mostra è accompagnata dalla più
completa monografia
mai realizzata sulla sua
produzione, edita da
Mousse Publishing, con
più di centoquaranta lavori
documentati da testi di
Andrea Bellini, Martin
Clark, Robin Clark,
Alison M. Gingeras, Terry
R. Myers e Alessandro
Rabottini.
Nelle stesse date si
svolge anche la sesta
edizione di «Artists’
Film International»,
Giuseppe Stampone, «Bic Blue data», un progetto nato da
un’iniziativa della
2013-2014
Whitechapel Gallery di
Londra, che quest’anno registra la collaborazione di quindici
istituzioni internazionali che presentano altrettanti artisti nelle
cui opere scelgono l’immagine in movimento come mezzo
privilegiato d’espressione. Dal 5 giugno al 27 luglio, poi, è la
volta di «Giuseppe Stampone. Ritratti-Bic Data Blue» a
cura di Giacinto Di Pietrantonio. Il giovane artista (è nato nel
1974) presenta un progetto site specific commissionato per
l’occasione: un corpus di cento lavori inediti realizzati con la
penna Bic, una tecnica che fa da fil rouge alla ricerca artistica
di Stampone, dagli «abecedari» al progetto «Global Education». I
cento ritratti raffigurano alcuni più noti artisti contemporanei:
da Ai Weiwei a William Kentridge, da Marina Abramović
a Shirin Neshat, da Jannis Kounellis a Maurizio Cattelan.
La mostra è accompagnata da un catalogo monografico
bilingue, edito da Maretti, che include, tra gli altri, testi di
Giacinto Di Pietrantonio, Alia Swastika, Sara Fumagalli e
Stefano Raimondi. n
COURTESY L’ARTISTA E PROMETEOGALLERY DI IDA PISANI, MILANO/LUCCA
Q
uando chiediamo a Claudia Sartirani,
Veneta e il restauro in corso della Biblioteca Mai, vivace
assessore alla Cultura del Comune di Bercustode della memoria storica della città.
gamo, quali sono le cinque eccellenze culCom’è strutturato il settore Cultura di sua
turali del bergamasco, subito risponde che tra le
competenza?
tante c’è sicuramente la musica. Insieme a GaeIn divisioni che si occupano, ad esempio, di spazi
tano Donizetti e al Bergamo Musica festival,
espositivi, musei, biblioteche.
infatti, tutta l’imprenditoria musicale legata
Avete eventi culturali di rilievo a maggio e
alla rete Bergamo Città della Musica produce
giugno?
annualmente oltre 300 eventi di qualità e non si
Quest’anno ci sono le elezioni e non lo dico come battuta.
può tacere dell’enorme fermento del teatro, con
È un momento importante per capire quanto e come si
la florida attività di tre spazi: il Teatro Donizetti,
parla di cultura nei programmi delle forze in campo e per
il Palacreberg e il Sociale con l’innovativa collabomettere in luce una consapevolezza che noi sicuramente
razione pubblico-privato della rete Casa delle Arti.
abbiamo avuto. Attraverso la cultura e il suo indotto
Claudia Sartirani
Bergamo però non è solo musica e
passa quindi, anche grazie allo scalo aeroportuale di
spettacolo...
Orio al Serio e alla prossima Expo, buona parte della
È importantissima la ricchezza dei giacimenti di arti figurative
riqualificazione economica di Bergamo. Un evento che voglio
classiche, a partire dalla Pinacoteca Accademia Carrara ormai di
menzionare è la mostra «Riscopriamo la Carrara. Mantegna, Bellini,
imminente riapertura, fino alle collezioni private e iniziative come
Raffaello e Moroni. Restauri e capolavori in dialogo» che inauguriamo
l’esposizione di Palma il Vecchio, prevista per il 2015 a cura della
il 13 maggio nella Galleria di Arte Moderna e Contemporanea, un
Fondazione Credito Bergamasco e dell’Università, con il Comune
omaggio al museo e al suo patrimonio a pochi mesi dalla riapertura,
partner istituzionale. Bergamo Scienza è una realtà internazionale
con opere provenienti anche da altri musei italiani (fino al 20 luglio).
che attira ogni autunno Premi Nobel e invitati di altissimo livello
Qual è infine il suo principale obiettivo?
e migliaia di appassionati. C’è inoltre la ricchezza architettonica e
Lavorare insieme, fare sistema, costruire reti che prima non
urbanistica della città. Si pensi solo alle Mura Venete e al progetto
esistevano, progettare cultura collegando pubblico e privato, essere
di gemellaggio con altre città murate che ambisce al riconoscimento
un assessorato che si muove più veloce delle esigenze degli operatori
Patrimonio Unesco. Altre punte di vanto per noi, con numeri
culturali e della cittadinanza.
sorprendenti e attività in costante crescita, sono il Museo dell’Età
q Giorgio D’Orazio
9
VEDERE A BERGAMO
Mi bastano garze, acetato, cera e fil di ferro
Simpatico e bonario, ma rigoroso, Gianriccardo Piccoli
s’ispira a Lotto, Caravaggio e Calzolari
N
on ci si deve fare fuorviare dall’immediata simpatia,
dal carattere bonario e aperto, di Gianriccardo Piccoli,
nato a Milano nel 1941: basta girare con lui a Bergamo,
dove vive dal 1968, per rendersi conto della sua disponibilità
ad avviare e consolidare un rapporto umano. Vive e respira
la pittura da una vita, con passione e identificazione totale.
Ha approfondito le vicende dell’arte che nei secoli si sono
succedute: conosce benissimo l’arte antica («quando guardo un
ritratto di Moroni, vedo subito la distanza tra modello e pittore»), ha
molto amato all’esordio Courbet e Braque, e poi Morandi e
Bonnard, ma gli sono interessate anche esperienze lontane
dalla sua come quelle di Calzolari e Beuys («non ho mai pensato di
avere una fede univoca; sono anch’io figlio di un disagio esistenziale»).
Formatosi all’Accademia di Brera, fin dall’esordio il disegno ha
assunto un ruolo centrale nel suo lavoro, una sorta di diario
esistenziale: nel suo studio di Bergamo alle pareti grandi
disegni cercano di afferrare, ad esempio, i rapporti tra le
figure di un’opera di Caravaggio.
Negli anni Sessanta Piccoli passa attraverso una pittura
informale che scava nei motivi del paesaggio e degli oggetti
quotidiani, rivisitati con accenti lirici e intimisti in cui si
percepisce il sentimento del suo legame con la fisicità del
reale. Nel 1986 viene invitato alla Biennale di Venezia;
nel 1990 tiene due mostre antologiche, una alla
Galleria Matasci di Tenero e l’altra al Serrone di Villa Reale a Monza, che registrano la svolta in corso nella sua
opera: a Tenero, la nuova serie nera, bituminosa, fortemente materica, ispirata a Böcklin; a Monza, il
dialogo e il confronto con i luoghi della mostra.
Vanno emergendo le nuove sperimentazioni
con le garze, la carta, il collage, in seguito,
anche, al suo soggiorno americano del 1984.
L’evoluzione si completa nel 1991, con l’accentuarsi dell’utilizzo di garze e acetati soGianriccardo Piccoli
vrapposti alla tela e l’insistita ricerca sulla luce, che lui
definisce «un ripensamento luministico classico come assoluto valore
di immaterialità» che, riprendendo la riflessione di Longhi,
ricollega alle «sperimentazioni scientifiche» di Caravaggio.
Da allora in poi Piccoli innova, ciclo dopo ciclo, il suo
linguaggio, facendo ricorso a nuovi materiali, quali la cera
e il filo di ferro, cimentandosi con il retaggio della tradizione
(le stazioni della Via Crucis nella Chiesa di San’Agostino a
Bergamo, nel 1995) e delle tragiche vicende dei Balcani. Piccoli
dialoga con Corot e Morandi, Brueghel e Vermeer, e con il
paesaggio del Passo di San Bernardo. Negli ultimi dipinti si
cimenta con Lotto (la «Pala di san Bernardino» nell’omonima
chiesa in Pignolo a Bergamo, che va a vedere quasi ogni
giorno) e Caravaggio. Nell’esposizione da poco conclusasi alla
Galleria Stefano Forni di Bologna, Piccoli ha presentato due
tipi di opere: da un lato, i «teatrini», ottenuti manipolando un
esile, duttile filo di ferro, che disegna nel vuoto, sopra una
sorta di mensola, memorie e sogni a occhi aperti di umili cose
quotidiane, che a noi si offrono con l’innocenza dell’infanzia.;
dall’altro, dipinti dei cicli «Inni alla notte» (da Novalis), «Il
tempo ritrovato», «Libro di spese diverse di Lorenzo Lotto», che
sviluppano alcuni dei suoi temi elettivi: l’ineludibile presenza
di qualche lacerto del reale; la persistenza delle vibrazioni
luminose e cromatiche dentro il corpo del colore, un
fluido che si muove e palpita di luce; il rapporto, spesso
conflittuale, tra luce e ombra, tra piani diversi, con
l’introduzione di un sipario semitrasparente di garze
che, distanziate di qualche centimetro dal fondo,
schermano l’immagine sotto la superficie, filtrano la
luce, la purificano e la contaminano. Sembra, questa,
una costante dell’opera di Piccoli: la presenza di
spettri che non possono essere pienamente svelati,
di un’inquietudine e di visioni mai compiutamente
afferrabili, che sempre scivolano via.
n Sandro Parmiggiani
Il museo del vescovo è anche per i laici
La Fondazione Adriano Bernareggi (www.fondazionebernareggi.it), intitolata al Vescovo di
Bergamo del 1936-53, antesignano della riforma liturgica, amante dell’arte, assai legato alla
cultura francese, reca il nome dell’uomo che operò per evitare la dispersione delle opere
d’arte che in tante chiese italiane si è verificata, e che lui evitò mettendole «in sicurezza» in
Vescovado. Così nel 1961, quand’era Vescovo Giuseppe Piazzi, nacque il Museo Diocesano,
che dal 2000 occupa l’attuale Palazzo Bassi Rathgeb in Via Pignolo, quartiere un tempo
abitato alle famiglie più ricche della città (tra le quali, i
fratelli Cassotti, committenti di Lorenzo Lotto quand’era a Bergamo; di fronte al Museo c’è la Chiesa di San
Bernardino, con la celebre Pala del Lotto). Il Museo
Diocesano d’Arte Sacra, uno dei più interessanti in
Italia, raccoglie opere mirabili di arte sacra, compresi i
paramenti e i manufatti di oreficeria legati alle funzioni
liturgiche, reliquiari e altre testimonianze di devozione.
«Può essere considerato - spiega don Giuliano Zanchi, Museo e tesoro della Cattedrale (particolare)
segretario generale della Fondazione dal 2010
- un esempio dell’arte della Controriforma» (tra i tanti capolavori, la «Trinità» di Lorenzo Lotto,
della prima metà del Cinquecento, proveniente dalla Chiesa di Sant’Alessandro in Bergamo e
la «Madonna con Gesù Bambino in gloria con san Francesco d’Assisi, san Carlo Borromeo
e un donatore» di Daniele Crespi, del primo quarto del XVII secolo). Zanchi ha dato un nuovo,
forte impulso alla vita della Fondazione Bernareggi, con due importanti iniziative. Convinto che
l’arte contemporanea debba dialogare con quella antica e che occorra ricollegare, nello stesso
Museo Diocesano, i fili tra espressioni artistiche del passato e del presente e più in generale
tra la cultura cristiana e il mondo in cui opera, dal 2007 (negli intimi spazi dell’ex Oratorio
di san Lupo, risalente al 1734, dato in gestione al Museo Bernareggi nel 2006) vengono
organizzate installazioni d’arte contemporanea, che hanno visto impegnati Gian Riccardo
Piccoli, Giovanni Frangi, Ferdinando Ferrario, Jannis Kounellis, Andrea Mastrovito. Dal 17
maggio al 30 settembre, Claudio Parmiggiani installerà, in
quello che fu un oratorio a vocazione funebre, 53 campane,
evocazione del tema della memoria e della morte, che spesso
segnano la poetica dell’artista. Lo stesso Museo Diocesano
ha ospitato altre mostre di arte contemporanea, come
quelle di Maurizio Bonfanti e di Sergio Battarola. «Le mostre
all’Oratorio di San Lupo sono state accolte con sorpresa positiva
dal mondo fuori dalla Chiesa, e con maggiori difficoltà all’interno
Il cortile con il tetto della biblioteca
del mondo ecclesiale» dice don Zanchi che, tuttavia, intende
proseguire nella strada tracciata. Altra caratteristica significativa della Fondazione Bernareggi
è la gestione, assai attiva, del sistema museale della Diocesi, che riunisce sei musei con
collezioni importanti (ad Alzano Lombardo, le sagrestie di Andrea Fantoni). E dal 2012, con gli
scavi sotto la Cattedrale, si è aperto il nuovo Museo del Duomo. n
L’eredità del conte di Carrara
Alla fine del Settecento il conte Giacomo Carrara,
intellettuale illuminato, mecenate e raffinato collezionista,
dopo l’istituzione di una Scuola di Pittura e la costituzione di
una Pinacoteca con le opere della propria galleria privata,
lasciò tutti i suoi beni alla Città di Bergamo e, ancora oggi,
attraverso la gestione dell’Accademia Carrara, la proprietà
è del Comune, impegnato a sviluppare e incrementare gli
intenti del fondatore, specialmente per quanto riguarda il
patrimonio museale. Un corposo catalogo di opere che,
grazie ad acquisizioni e munifiche donazioni susseguitesi
nel tempo da parte di collezionisti privati legati alla città,
conta oggi oltre 1.800 dipinti, testimonianze dei secoli
compresi tra il XV e il XIX di artisti come Pisanello, Botticelli,
Giovanni Bellini, Mantegna, Raffaello, Moroni, Baschenis,
Fra Galgario, Tiepolo, Canaletto, Piccio e molti altri. Una
collezione notevole alla quale si affianca una significativa
selezione di disegni e stampe, sculture e porcellane,
mobili e oggetti di arredamento, oltre a una importante
raccolta di medaglie. Insieme all’Accademia di Belle Arti
e alla Pinacoteca, l’Accademia Carrara contempla sotto al
proprio cappello la più recente Galleria d’Arte Moderna e
Contemporanea (Gamec), un segno di apertura ai secoli
meno risalenti dell’arte che registra un’intensa e qualificata
attività espositiva. Attualmente, mentre la monumentale
sede neoclassica dell’Accademia Carrara è in restauro
(ormai dal 2008, con previsione di chiusura dei lavori nel
prossimo autunno)
è stata allestita
un’esposizione della
selezione maggiore
delle sue raccolte
nel Palazzo della
Ragione, nella Città
Alta di Bergamo. q
L’ingresso
dell’Accademia
Carrara
VEDERE A BRESCIA
La cultura
mette il turbo
L’agenda di Laura Castelletti
in vista dell’Expo 2015
V
a veloce, Laura Castelletti. Vicesindaco e assessore con
delega alla Cultura, sovrintende alle attività culturali, al
sistema museale e bibliotecario urbano, ai rapporti con
enti e istituzioni di promozione culturale, alla promozione
turistica della città, al progetto Smart City, all’Ufficio relazioni
con il pubblico e all’Expo 2015.
Quali sono le priorità su cui ha lavorato?
Questa città custodisce un’area archeologica urbana fra le più
importanti dell’Italia del Nord e parte di essa è dal 2011 Patrimonio
mondiale dell’Unesco. Con fatica sto raccogliendo attorno a questo
obiettivo finanziamenti locali, regionali e nazionali per interventi di
conservazione, musealizzazione e valorizzazione, che giungeranno a
termine per l’Expo. Bisogna poi
implementare i servizi per i visitatori e i
turisti lavorando con la Fondazione
Brescia Musei che gestisce i servizi
museali e BresciaTourism che provvede ai
servizi turistici. Altro mio chiodo fisso è
quello degli spazi e opportunità per
giovani artisti. Vorrei un grande spazio
attrezzato, un Palazzo delle arti e
della creatività da affidare loro in gestione
d’impresa. Sono molto orgogliosa di come
sta procedendo l’organizzazione della Festa
della musica, che come in tutta Europa si
terrà il prossimo 21 giugno. Poi con istituti
quali il Museo di Capodimonte, gli Uffizi, il Louvre e la National Gallery
di Londra lavoriamo a un ciclo di piccole mostre sul Cinquecento,
con alcuni capisaldi della nostra Pinacoteca Tosio Martinengo e che
inaugureremo in settembre.
Come procede il disvelamento della Brescia romana?
Il nostro intervento sulla Brescia romana vuol dare un volto nuovo alla
città antica e un modo diverso di viverla quotidianamente. La grande
esposizione di Milano è la spinta propulsiva, ma l’eredità dovrà essere
durevole. Quello cui stiamo lavorando, anche con il coinvolgimento degli
altri assessorati e dell’Ats Sistema Brescia per Expo, è un progetto di
rivitalizzazione e valorizzazione urbana della porzione
di città che sorge lungo l’asse dell’antico decumano
massimo, oggi via Musei, e arriva fino a piazza della Loggia e che,
seguendo il reticolo ortogonale romano, si allarga fino a coinvolgere
a nord il Castello (con il suo parco e i suoi musei), e a sud piazza del
Foro, piazza Labus, piazza Paolo VI e le vie adiacenti, punteggiate di
magnifiche chiese che custodiscono tesori del Rinascimento bresciano.
Per la trasformazione dell’area procederemo a un intervento di
restyling, che coinvolgerà gli arredi urbani, l’illuminazione, la
pavimentazione e la pedonalizzazione.
Si parla, ma suona come uno slogan convenzionale,
del rapporto tra cultura ed economia. Lei cosa ne
pensa?
È necessario che siano al fianco dell’Amministrazione tutte le
associazioni di categoria, facendosi per prime cassa di risonanza del
valore di questa città e offrendo a visitatori e turisti tutti quei servizi,
agevolazioni e pacchetti a cui un viaggiatore è abituato. Poi è fondamentale la partecipazione diretta di partner privati
nella filiera della gestione dei servizi museali e delle offerte culturali.
È necessario che si affermi un complessivo ripensamento del ruolo
e delle funzioni dei musei (e delle mostre), intesi come luoghi di
molteplici attività, occasioni di relazioni sociali, location di attività
performative e promozionali. Il museo deve aprirsi a tutto questo con
il fine di attrarre investitori privati, che a loro volta devono ravvisare
nell’investimento in arte e cultura un’occasione per proiettarsi con
un’immagine vincente sul territorio. L’offerta culturale e museale può
oggi sopravvivere solo attraverso una stretta partnership tra risorse
pubbliche e private, non solo per l’aspetto meramente finanziario
ma anche per le modalità gestionali: fondamentale è il ruolo della
Fondazione Brescia Musei. n
10
Questa città ha due cuori
Ecco il tour delle bellezze architettoniche e artistiche di Brescia
S
i arriva a Brescia in auto e in treno, ma dal 2 marzo 2013
si può attraversarla, almeno in parte, in metropolitana.
In un ideale viaggio a ritroso nel tempo, si approda in
piazza Vittoria, realizzata tra il 1927 e il 1932 da Marcello
Piacentini; un recente intervento di riqualificazione l’ha
completamente pedonalizzata. I suoi nitidi, classicheggianti
volumi si stagliano davanti a noi; il monumentale «Bigio»
di Arturo Dazi fu rimosso subito dopo la guerra, durante
la quale andò distrutto l’altorilievo in cotto, raffigurante
episodi dell’«Annunciazione» di Arturo Martini. Nota di
colore nella piazza è l’omaggio all’artista e collezionista
bresciano Gugliemo Achille Cavellini (o Gac), con
una rivisitazione luminosa di una delle sue opere più
emblematiche, sulla Torre dell’Orologio.
Il portico sottostante conduce verso il cuore della città: piazza
della Loggia, che testimonia i quasi quattro secoli in cui
Brescia fu territorio della Serenissima (1427-1797). D’impianto
rinascimentale e declinazione palladiana, la piazza è
dominata dal palazzo della Loggia, già sede del consiglio
dell’aristocrazia cittadina in età veneta e oggi palazzo del
Comune. Piazza della Loggia è il luogo della memoria della
pagina più tragica della città, la strage del 28 maggio 1974.
Una lapide ricorda i nomi dei 7 morti.
Il vicino, antico Palazzo del Broletto, sede delle magistrature
civiche in età comunale, occupa un intero isolato. Il lato
meridionale conduce verso via Cardinal Querini, dalla quale
subito si scorge la torre dei Poncarali, capitozzata nel 1258 e
ridotta a circa 19 metri. Integra resta invece la torre del Pègol
o del popolo, alta 53,7 metri, presso la quale si addossava la
prima costruzione del palazzo
comunale (1187) in gran
parte in legno. Accanto alla
torre, affacciata alla piazza
Paolo VI, si vede il balcone
detto loggia delle Grida
(distrutta dai Giacobini nel
1797 e ricostruita all’inizio del
Novecento) e, a sinistra del
portale, sul vicolo omonimo,
la facciata in cotto della
chiesa di Sant’Agostino,
risalente ai primi decenni del
XV secolo e poi incorporata
Raffaello, «Angelo», Pinacoteca
nel Broletto nel XVI secolo.
Tosio Martinengo
Nell’androne del Broletto
è ancora visibile l’affresco trecentesco della «Madonna con
bambino in trono».
Via Musei, che porta all’imponente complesso
museale di Santa Giulia, ricalca l’antico
decumano massimo, la strada che collegava
Milano e Verona. Lungo il suo percorso si
sviluppa l’area archeologica del Foro, segnata
dalla monumentale presenza dei resti del tempio
capitolino e del teatro. Nel marzo 2013 il Tempio
Capitolino, o Capitolium, eretto nel I secolo d.C. è
stato riaperto con un nuovo allestimento, e ospita i
resti romani riportati alla luce negli scavi del 1823.
Accanto al Capitolium, si lavora alacremente per
aprire, nel marzo 2015, il Tempio Repubblicano,
o la cosiddetta IV cella. Accanto ai due templi
sorge il Teatro Romano, di epoca augustea, in
fase di recupero. L’insieme di questi interventi,
finalizzati ad accogliere i visitatori di Expo 2015, è il
Progetto Decumano 2.0.
Il monastero di San Salvatore, detto in seguito di
Santa Giulia (915), venne fondato per volontà del re
longobardo Desiderio e di sua moglie Ansa nel 753 d.C.,
su un’area ricca di resti romani. I molti ampliamenti
e le ricostruzioni succedutisi nei secoli, hanno dato
Il bronzo della Vittoria alata (250 a.C.)
forma al complesso, che ora si articola attorno a tre chiostri.
Le operazioni di recupero architettonico iniziarono nel 1966
con l’acquisizione dell’intera area da parte del Comune e
hanno portato alla rinascita del complesso e all’allestimento
del Museo della Città. La visita al museo inizia dai
sotterranei del monastero benedettino femminile: con il
celebre bronzo della
Vittoria alata (250
a.C.). Dell’epoca
medievale sono le
testimonianze legate
al periodo comunale.
La visita prosegue
nella chiesa di
San Salvatore e
nell’antico refettorio
quattrocentesco.
Fulcro della sezione
successiva è l’edificio
di Santa Maria in
Solario, sacello del
XII secolo, utilizzato
come oratorio del
monastero. Il piano
superiore, con
Dall’alto, il Capitolium e una veduta di piazza copertura a cupola, è
ricoperto di affreschi
Duomo a Brescia
per la maggior parte
di Floriano Ferramola (XVI secolo); qui è esposto il tesoro
di Santa Giulia, comprendente la Lipsanoteca, lo scrigno
d’avorio per le reliquie e la grande Croce di re Desiderio,
opera di oreficeria del IX secolo. Il complesso di San SalvatoreSanta Giulia è dal 2011 nella Lista del Patrimonio Mondiale
dell’Unesco.
Il primo piano di Santa Giulia è dedicato alle mostre (fino
al 13 luglio c’è «Ugo Mulas. La fotografia»); alcune sale
ospitano una selezione delle opere della Pinacoteca Tosio
Martinengo, chiusa per lavori di ristrutturazione: un
memorabile Raffaello, e dipinti di Foppa, Lotto, Savoldo,
Romanino, Moretto, Moroni, Ceruti. In Palazzo Martinengo,
fino al primo giugno è aperta la mostra «Moretto Savoldo
Romanino Cerutti. 100 capolavori dalle collezioni
private bresciane», promossa dalla Provincia di Brescia.
Dal decumano di via dei Musei si sale attraverso il cardo al
Castello, fortezza di epoca medievale ove si svolgono mostre
d’arte e, nel Parco, altre iniziative; l’edificio ospita, inoltre, il
Museo del Risorgimento e altre collezioni. Dopo il ritorno
e la discesa lungo via dei Musei s’incontra la Chiesa
di Santa Maria della Carità, e poi si arriva in
piazza Paolo VI (per i bresciani, piazza
Duomo). Dedicato all’Assunta, il
Duomo Nuovo è in posizione
centrale tra il Duomo Vecchio e il
Broletto. Sorta sul luogo di un duomo paleocristiano
(San Pietro de Dom), la sua costruzione iniziò
nel 1604, ma solo nel 1825 ne fu completata la
cupola (ricostruita dopo il bombardamento del
1943) di 80 metri, terza, per altezza, dopo San Pietro
a Roma e Santa Maria del Fiore a Firenze. Nel Duomo
Nuovo si possono ammirare tele di Moretto, Palma
il Giovane, Pietro Rosa e Jacopo Zoboli, oltre a
importanti opere scultoree. Il Duomo Vecchio venne
costruito alla fine dell’XI secolo sui resti della basilica
invernale di Santa Maria Maggiore. Tra le opere più
importanti della chiesa: il sarcofago del vescovo
Berardo Maggi (1308), in marmo rosso di Verona
e dipinti di Moretto, di Gerolamo Romanino, di
Francesco Maffei. Brescia è la città con due cuori
collegati: quello tradizionale del centro e quello
dell’età romana. n Sandro Parmiggiani
ARTURO MARTINI
Brescia,
dal 22 maggio al 20 luglio 2014
Tel. 030 304690 - www.incisione.com
VEDERE A BRESCIA
12
L’incontenibile passione per i libri di Ugo da Como
Più di 52mila volumi, preziosi manoscritti medievali, edizioni autografe dei secoli scorsi,
dipinti e sculture donati da un personaggio eccezionale ai suoi concittadini
N
ell’antico centro di Lonato del Garda, in quella che fu
Muore nel 1941. La Fondazione viene costituita nel 1942 per Regio
la Casa del Podestà della Serenissima, c’è la sede della
Decreto. Fin dal 1926 Ugo da Como, sposato e senza figli, aveva steso il
Fondazione Ugo da Como (www.fondazioneugodacomo.
suo testamento, nel quale disponeva che si costituisse una fondazione
it), un fervido centro culturale. Ne ricostruisce la storia il
autonoma per mantenere le sue proprietà e renderle disponibili
direttore generale, l’ambasciatore Antonio Benedetto Spada
per i cittadini. Del resto, dopo la nomina a senatore, avvertendo il
con i suoi collaboratori: Stefano Lusardi, conservatore dei beni
mutato clima politico, con l’affermarsi del regime fascista, Ugo da
artistici, e Roberta Valbusa che sovrintende ai fondi archivistici
Como si ritira gradualmente dalla vita politica attiva e la sua casa di
e ai beni librari. La casa dei tesori di Ugo da Como è visitabile,
Lonato diventa, sempre più spesso, una meta in cui soggiornare. Nel
con i suoi arredi, passando dalle cucine alle sale da pranzo con
1912 vengono svenduti gli arredi di un patrizio, Jacopo Cerutti, e lui
i tavoli apparecchiati, dai saloni alle biblioteche.
compra la biblioteca, la stanza intera, per salvare e non disperdere
Che cos’è la Fondazione Ugo da Como?
un patrimonio di 3mila volumi, dai manoscritti medievali alle prime
Ugo da Como (Brescia, 1869-Lonato, 1941) fu allievo di Giuseppe
edizioni bodoniane, oltre a gruppi di autografi e alla prima edizione dei
Zanardelli e propugnatore degli ideali liberali. Avvocato, deputato, dal
Sepolcri di Ugo Foscolo, con dedica autografa. Quando Ugo da Como
1920 senatore a vita, svolse un ruolo importante a Roma fin dalla prima
comincia a immergersi in quella biblioteca, si rende conto della bellezza
guerra mondiale: sottosegretario al Tesoro, mise a punto il sistema di
dei volumi che ha comprato, s’innamora del libro, diventa bibliofilo
previdenza per gli orfani e le vedove, ponendo le basi di ciò che è oggi
e comincia ad acquistare libri a un ritmo impressionante. Acquisisce
l’Inps. Di famiglia borghese, il nonno aveva diverse tenute a Lonato, una
intere biblioteche private in blocco (dunque, anche con i dipinti, le
cittadina importante al tempo della Serenissima anche per la Rocca
sculture e i mobili contenutivi). Arriva così a mettere assieme 52mila
dell’XI secolo, una delle fortezze maggiori nell’Italia settentrionale, Ugo
volumi. Due sono i filoni in cui specializza la propria collezione: libri
da Como aveva prefigurato il suo progetto fin dal 1906, quando acquista
di argomento bresciano e libri stampati a Brescia (la città, fin dal
a un’asta pubblica l’antica Casa del Podestà, per risanarla,
Cinquecento, vantava una grande tradizione editoriale). Ciò che rende
ristrutturarla e trasformarla in una casa veneta del Quattrocento (ispi- straordinaria la biblioteca di Ugo da Como sono 404 incunaboli,
rata alla casa di Giuseppe e Fausto
acquistati singolarmente, in Italia e
Bagatti Valsecchi a Milano). S’affida
all’estero; qui si conserva la prima
a un importante architetto bresciano,
edizione illustrata della Divina
Antonio Tagliaferri,e i cui lavori si
Commedia, stampata a Brescia
concludono nel 1909. Arreda la casa con
nel 1487 e 48 lettere autografe
opere d’arte, reperti archeologici e lamdi Foscolo alla contessa Marzia
padari in ferro battuto, continuando a
Martinengo Cesaresco, manoscritti,
vivere tra Brescia e Roma. La casa di
testi a stampa, autografi e archivi di
Lonato, suo collegio elettorale, diventa
famiglie bresciane. Dunque, Ugo da
l’eremo in cui ritirarsi. Nel 1920 Ugo da
Como capisce in quegli anni che la sua
Como acquisita la Rocca e una serie di
collezione non può, alla sua morte,
aree boschive, case, terreni e orti, patriessere smembrata; parla di una
monio della Fondazione.
Un interno della fondazione Ugo da Como nell’ex Casa del Podestà «cittadella della cultura» che abbia
sede nella Rocca e nella Casa del Podestà.
Non lontano da qui, negli stessi anni, c’era
Gabriele D’Annunzio a Gardone Riviera, ma i due personaggi erano agli antipodi
e si limitarono a «guardarsi da lontano». A
Moniga del Garda viveva un altro personaggio,
Pompeo Molmenti, deputato e senatore,
L’ambasciatore Antonio
primo sottosegretario alle Belle Arti in Italia.
Benedetto Spada
Quali sono le vostre iniziative?
La cosa più bella che facciamo è continuare a tenere vivo il sogno di
Ugo da Como. Come da lui previsto, tutte le rendite derivanti dal
suo patrimonio entrano nella fondazione, per sostenerne l’attività
e qualora si fosse reso necessario vendere terreni o case, i proventi
avrebbero dovuto essere investiti in Bot. È così che, dal 1948 al 1970, il
patrimonio s’impoverisce. Le difficoltà continuano fino al 2000, quando
ho cominciato a occuparmi della fondazione. Ora siamo più tranquilli
e stiamo riaggiustando il bilancio per fare in modo che gli avanzi di
gestione possano essere investiti nei vari comparti della nostra attività.
Ricordo che qui c’è anche l’Archivio di Ugo da Como. La fondazione
ha circa 18mila visitatori all’anno paganti; si è appena concluso un
evento, «Fiori nella Rocca», che ha portato nel parco 22mila visitatori.
Tuttavia, i biglietti non coprono assolutamente le spese, che sono assai
rilevanti: come quelle impressionanti di manutenzione della Rocca e
del parco. Dal 2015 vorremmo fare nella Rocca mostre di libri. Alla
fondazione sono affluiti in questi anni due fondi: quello di Luigi
Nocivelli, consigliere della fondazione, che ci ha affidato in deposito
400 volumi illustrati di architettura (da quelli di Leon Battista Alberti
ai moderni, oltre a raccolte di stampe di Piranesi, a dipinti antichi e
a due sculture in bronzo di Francesco Messina) e quello dell’architetto
Tagliaferri, con 5mila disegni, la sua biblioteca e l’archivio, che stiamo
ordinando. Sono segni che siamo vivi, come le tante classi di studenti
che vengono qui quotidianamente. Il nostro vanto è un nucleo di
volontari, l’Associazione Amici della Fondazione Ugo da Como, che
tengono aperti i nostri spazi e conducono le visite guidate.
■ Sandro Parmiggiani
www.fondazioneugodacomo.it
Museo Casa
del Podestà
Casa museo di Ugo Da Como
Biblioteca e Archivi
Rocca-Castello
Museo Civico Ornitologico
Orari di apertura
Museo Casa del Podestà
Casa museo di Ugo Da Como
Biblioteca e Archivi
Visite guidate, tutti i giorni
dalle ore 10.00 alle 12.00
e dalle ore 14.30 alle 18.30
[chiusura 1 gennaio,
Pasqua, Natale]
•ConsultazioneBibliotecaeArchivi
suprenotazione
Rocca-Castello
Museo Civico Ornitologico
SabatoeDomenica
dalle ore 10.00 alle 12.00
e dalle ore 14.30 alle 18.30;
altrigiornieorarisuprenotazione
Dal1giugnoal30settembre,
tutti i giorni, dalle ore 10.00
alle ore 18.30 [chiusura 1 gennaio,
Pasqua, Natale]
13
VEDERE A BRESCIA
contemporanea nel parco.
In appena 5 anni abbiamo aperto un nuovo museo, il
D’Annunzio Segreto, riallestito parzialmente il Museo
D’Annunzio Eroe e quello di bordo sulla Nave Puglia e
inaugurato lo spazio espositivo dell’Omaggio a D’Annunzio,
dove artisti contemporanei espongono opere ispirate al Vate;
abbiamo riaperto il Laghetto delle Danze e le Vallette,
il laghetto «Garda» vicino al MAS, risistemato angoli cari
al poeta come il cimitero dei cani, capitozzato gli alberi per
tornare a vedere lo stesso panorama gardesano
che riempiva gli occhi di D’Annunzio;
abbiamo rinverdito il mito dannunziano della
bellezza collocando nel parco opere di Arnaldo
Pomodoro, Mimmo Paladino, Ettore Greco.
Per quale ragione venire oggi al
Vittoriale?
D’Annunzio definiva il Vittoriale «libro di pietre
vive». È il suo testamento spirituale, concepito
come dimora della poesia, casa dei sogni dove
natura, letteratura, architettura e storia si
fondono in modo mirabile. Affacciato su uno
degli scorci più belli del lago di Garda, il
Vittoriale è un luogo d’incanto, che toglie
il fiato per le sue stanze, i suoi giardini e
i suoi parchi. Nel 2012 è stato insignito
del Premio per il Parco più bello
d’Italia. Il Vittoriale va inteso come
un’opera d’arte totale che si svela
soltanto un frammento alla volta e
di cui occorre decifrare la complessa
simbologia. Ecco perché occorre tornare
più volte a visitarlo. n
Prioria, Officina Vanoglio
Obelisco di Arnaldo Pomodoro
I contemporanei tra cimeli e memorie
«Ho trovato qui sul Garda una vecchia villa
appartenuta al defunto dottor Thode. È piena
di bei libri. Il giardino è dolce, con le sue
pergole e le sue terrazze in declivio. E la luce
calda mi fa sospirare verso quella di Roma.
Rimarrò qui qualche mese, per licenziare
finalmente il Notturno», scrive D’Annunzio
alla moglie Maria in una lettera del febbraio
del 1921, pochi giorni dopo il suo arrivo
a Gardone. Il breve soggiorno diventerà il
Vittoriale degli Italiani, il «libro di pietre
vive» che impegnerà D’Annunzio per quasi
un ventennio. Dopo i tragici fatti di Fiume,
D’Annunzio, a quasi sessant’anni, si eclissa
definitivamente dalla scena politica. La
modesta villa colonica, già appartenuta
al Thode, va rapidamente trasformandosi
in quella dimora fantastica che oggi è la
Prioria, dove, se si riesce ad andare al di là
dello stordimento provocato da un decoro
sovraccarico e soffocante, s’intuiscono i
molteplici rimandi a una vita unica, ai credo,
alle persone care perdute che riaffiorano
nel cuore dell’ormai anziano poeta. Nel
parco di circa nove ettari affacciato sul lago,
D’Annunzio, con l’aiuto dell’architetto Gian
Carlo Maroni, va costruendo un complesso
di edifici e di luoghi dal valore simbolico
e rievocativo: l’Arengo dei giuramenti
alla Patria, la prua della Nave Puglia,
simbolicamente rivolta verso l’Adriatico,
le arche dei legionari suoi compagni
nell’epopea fiumana sul colle Mastio, i
massi del Grappa e delle altre cime teatro
di sanguinosi scontri e grandi eroismi. Il
Vittoriale diventa scrigno di cimeli e oggetti
simbolici, luogo della memoria, la più
evidente testimonianza del vivere del poeta
abruzzese e della sua stessa opera. Nel
1924, alla stipula dell’atto notarile con
cui dona il Vittoriale all’Italia, D’Annunzio
vuole esplicitamente lasciare in dono il
frutto più grande del suo spirito.
Il Vittoriale, ora Fondazione di diritto privato,
che ha appena concluso le celebrazioni
per i 150 anni della nascita di D’Annunzio,
è sempre più luogo vivo e vitale, nel quale
approdano ogni anno 180mila visitatori
paganti, ma anche studiosi e ricercatori
che s’immergono nei suoi archivi. Grandi
artisti internazionali hanno calcato il suo
palco (è in corso la mostra «D’Annunzio,
poesie armi e donne» di Ernesto Tatafiore
da luglio a settembre) o donato opere
che oggi adornano i viali, le piazze,
gli affacci sul lago: il «Cavallo blu» di
Mimmo Paladino, l’«Obelisco» di Arnaldo
Pomodoro, la scultura «Star» di Jacques
Villeglé, gli «Angeli» di Ugo Riva, la scultura
di «San Sebastiano» di Ettore Greco e
l’installazione di Velasco Vitali. Il Vittoriale
negli ultimi anni si è arricchito di nuove
sezioni: il Museo D’Annunzio Segreto,
inaugurato nel 2010 con quanto era chiuso
negli armadi e nei cassetti della casa del
poeta; il nuovo allestimento dedicato a
Eleonora Duse, in cui, in collaborazione
con la Fondazione Giorgio Cini di Venezia,
si sono raccolti abiti e costumi di scena di
Mariano Fortuny e Paul Poiret, fotografie, il
copione autografo del primo atto de La figlia
di Jorio e il ritratto della «Donna del fuoco»
di Michele Gordigiani del 1885; il Museo
D’Annunzio Eroe, con il patrimonio storico
legato all’esperienza militare di Gabriele
d’Annunzio. Nella primavera 2013, infine, è
stato riaperto il Laghetto delle Danze, un
piccolo specchio d’acqua artificiale creato
da d’Annunzio e da Maroni a forma
di violino. n
L
COURTESY ENRICO SAVI
G
iordano Bruno Guerri, scrittore, storico,
esperto del ventennio fascista e giornalista,
si occupa da lungo tempo di D’Annunzio, è
direttore del D’Annunzio Festival di Pescara, ha scritto
vari testi su D’Annunzio e dal 2008 è presidente de Il
Vittoriale degli Italiani (www.vittoriale.it).
Qual è lo «spirito del moderno» di D’Annunzio,
come poeta-scrittore e come uomo?
D’Annunzio è uomo moderno del secolo ventesimo, quello del
futurismo, della velocità, del volo, della pubblicità, dell’immagine
e della comunicazione di massa. Nel 1909 a Montichiari viene
inaugurato il Primo Circuito Aereo ed ecco D’Annunzio salire su aerei di
Glenn Curtis e Calderara: «Vorrei poter salire a centinaia di metri
nello spazio!». E ancora, se oggi anteponiamo l’articolo femminile
al termine automobile, lo dobbiamo al poeta abruzzese, a una lettera
scritta al senatore Agnelli in cui stabilisce che l’automobile è femminile
poiché: «ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice e non
da ultimo una virtù sconosciuta alle donne, la perfetta obbedienza».
Capisce da subito le potenzialità del cinema, partecipa al colossal
Cabiria e allestisce negli anni ’30 al Vittoriale un cinematografo privato.
Primo fra tutti, a Fiume «inventa» il discorso dal balcone ed è stato un
abilissimo pubblicitario. È moderno nella sua capacità di essere uomo da
copertina, l’eleganza dei suoi abiti di sartoria è custodita al Vittoriale,
nelle vetrine del D’Annunzio Segreto, il museo da me fortemente
voluto. È modernissimo nella sua veste di cronista che ha denunciato
gli scempi edilizi della Roma umbertina e si è adoperato a favore del
recupero e restauro di
luoghi d’interesse storico o
culturale.
Ora il suo Vittoriale
propone nuove
sezioni e anche l’arte
Orgoglioso per la mostra
sui suoi 40 anni di attività,
Massimo Minini rivela
come ha raddoppiato
il fatturato durante la crisi
a Galleria Minini si apre in fondo a un piccolo cortile;
al piano terra ci sono le sale espositive; sopra, gli uffici,
la biblioteca e l’archivio, un magazzino per le opere di
minori dimensioni e per i cataloghi della galleria. Al piano
terra, dove mi accoglie Massimo Minini, l’artista Haris
Epaminonda sta lavorando al montaggio della sua mostra
(fino al 18 maggio).
Quest’anno la sua galleria compie quarant’anni e la
Triennale di Milano le ha dedicato da novembre a
febbraio una mostra molto recensita.
La mia vita è stata tutta una svolta. Il disordine, come avrebbe detto
Boetti, fonda un nuovo ordine, e comunque, per carattere, mi stanco
presto di ogni uniformità. Ecco perché la mia galleria non è stata e
non vuole essere di tendenza. Ho iniziato la mia attività nel 1973, dopo
che, avvocato mancato, avevo lavorato per due anni a Flash Art (ed
emblematicamente ho aperto il mio libro di memorie Quarant’anni
1973-2013, pubblicato in occasione della mostra alla Triennale, con
la «lettera di licenziamento» che allora m’inviò Giancarlo Politi),
quando un amico bresciano, Enrico Pedrotti, mi propose di mettere
assieme le nostre risorse: lui aveva una stanza e io conoscevo artisti
e gallerie. Così, il 23 ottobre del 1973, abbiamo aperto «Banco».
All’epoca, andavano l’Arte Povera, la Minimal Art e quella Concettuale;
presentammo Gilbert & George, Sol Le Witt, Giuseppe Chiari, Marco
Gastini, Victor Burgin, Giorgio Griffa e Valentino Zini. La strage di
piazza della Loggia, il 28 maggio 1974, sconvolse la città e tutti noi e
segnò la fine del rapporto con il mio socio, che volle chiudere la galleria.
continua a pag. 14
COURTESY ELISABETTA CATALANO
Perché D’Annunzio è sempre più moderno Un gallerista
Nella villa monumentale Giordano Bruno Guerri apre nuove sezioni
a tempo pieno
museali e alcune aree per l’arte contemporanea
VEDERE A BRESCIA
14
Minini a tempo pieno
La crisi economica ha segnato tutto il
mondo dell’arte. Lei ne ha sofferto?
segue da pag. 13
Ho capito subito che era una crisi strutturale, d’identità: abbiamo troppe
Ma io ero pronto a riaprirne un’altra e tenni la prima mostra di
cose, potremmo vivere fino alla fine dei nostri giorni senza più acquistare
Francesco Clemente. Vennero poi Daniel Buren (che riproporrò, dopo
nulla. L’economia è inchiodata anche per questa ragione profonda. Come
quarant’anni, dal 24 maggio a fine luglio), Salvo, Michele Zaza. Nel
galleria, abbiamo aguzzato l’ingegno e abbiamo deciso di puntare in
1976 feci la prima mostra di Giulio Paolini, con cui ho
Italia sulle Fiere di Milano e di Torino, non più su quella di
stabilito un rapporto d’amicizia vera.
Bologna; all’estero, partecipiamo alle fiere di Basilea (da
Con quali criteri sceglie le mostre da fare?
37 anni), Parigi, Londra e Frieze New York. L’evoluzione
Non è vero che si sceglie solo ciò che piace, ma ciò che è
delle fiere sarà senza pietà e non tutte sopravviveranno.
l’esito della somma delle informazioni che andiamo accuPossiamo dividerle in due categorie: quelle che funzionano,
mulando. Se dovessi indicare delle percentuali, direi che
in cui il commissario responsabile fa scelte drastiche,
il 49% è determinato dal lavoro dell’artista e il 51% dal
e quelle che non funzionano, in cui il commissario fa il
resto, anche se ammetto che queste percentuali possono
questuante in cerca di adesioni più o meno qualificate. In
mutare nel tempo. In verità, mi fido molto del mio giudiquesti anni la nostra galleria ha raddoppiato il fatturato,
zio, ma anche di quello degli altri. Certo, nella scelta entra
abbiamo aperto uno spazio anche a Milano e ora abbiamo
anche la valutazione se quell’artista abbia un suo merca9 dipendenti, anche se Brescia resta il fulcro. Si deve stare
to, non potrei proporre solo artisti che a me piacciono ma Daniel Buren, «Photo Suvenir all’erta, però, e qualche timore c’è: ecco perché entro qui
che non si vendono.
alla mattina alle 8.30 e ne esco alle 20. n
Gotico», 1974
Fu Jean Clair a farmi diventare scultore
Un’emozionante visita nello Studio di Giuseppe Bergomi in Franciacorta
Giuseppe Bergomi, «Cronografia di un corpo»
mi resi conto che fare pittura attraverso la fotografia era una strada
sbagliata: sentivo quasi di “copiare” le foto che io stesso facevo e che
l’emozione originaria di quando le scattavo era ormai svanita. Smisi di
dipingere. Nel 1980, visitai al Centre Pompidou di Parigi la mostra “Les
Realismes, 1919-1939” di Jean Clair. Vidi le sculture di Arturo Martini
(“La Nena” e “Il sogno”) che mi colpirono enormemente, assieme a due
opere del 1927 che per me furono una rivelazione, entrambe di due
scultori cechi: il “Ritratto della moglie con cappello” di Otto Gutfreund e
“La bevitrice d’assenzio” di Stefan Bedrich. Capii che la scultura poteva
esprimere una grande forza poetica, e che si potevano fare sculture
policrome, dipingendo la terracotta. Non avevo mai toccato la terra.
Nell’aprile-maggio 1981 cominciai a lavorare alle mie prime sculture,
rendendomi conto di quanto precaria fosse la mia preparazione e come
dovessi costruirmi un alfabeto, anche attraverso la scultura dal vero.
Nel 1982 tenni la mia prima mostra di sculture policrome, sempre
alla Galleria dell’Incisione». Tra le tappe più significative della
sua carriera, Bergomi cita il Premio Château Beychevelle
nel 1993 (dove vinse il Grand Prix con una grande scultura
in terracotta raffigurante l’allegoria della Giustizia), invitato
da Jean Clair, la mostra al Chiostro del Bramante a Roma
nel 2005 e nel 2012 quella a Pietrasanta. Nel 2000 realizza per
l’Acquario di Nagoya (Giappone) una monumentale scultura in
bronzo, «Uomini, delfini e parallelepipedi». Da alcuni anni ha
iniziato a disegnare, un esercizio che, dice, gli serve per capire
un certo tipo di spazialità e di luce. n Sandro Parmiggiani
Roberto Agnellini ha aperto
la galleria nel 2008 per lanciare
artisti innovatori ancora poco noti
L
a galleria Agnellini Arte Moderna
occupa una porzione dell’ex
Cotonificio Ferrari, non lontano
dal centro storico di Brescia, in un’area
prima industriale e poi artigianale. In
continuità con lo spirito del luogo, la
galleria è stata progettata come un grande
contenitore d’arte, su 450 mq. Roberto
Agnellini l’ha fondata poco meno di sei
anni fa, e durante i lavori di allestimento
della mostra «Giuseppe Rivadossi. Il genio abita qui», aperta
fino al 27 settembre, ci rilascia questa intervista.
Ha aperto la sua galleria dopo una lunga esperienza di
collezionista: si tratta di una sfida?
L’apertura della mia galleria, l’8 novembre 2008, non deve essere
assolutamente interpretata come una sfida. In verità, negli anni
precedenti, e cioè fin dal 2004, ero intervenuto a ristrutturare l’attività
della galleria del defunto Dante Vecchiato a Padova, appassionandomi
sempre di più a quel tipo di lavoro. Quando mi sono sentito pronto, ho
aperto il mio spazio.
Quali sono le caratteristiche peculiari della galleria?
Poiché provengo dal collezionismo, il mio gusto personale influenza
il lavoro della galleria. La mia passione s’indirizza soprattutto verso
quegli artisti che, pur essendo stati dei grandi innovatori, non hanno
ancora avuto dalla critica e dal mercato il riconoscimento meritato,
quali Jacques Villeglé, Mark Tobey, Georges Mathieu e il Nouveau
Réalisme. L’attività della galleria verte su due mostre l’anno, della
durata di circa sei mesi ciascuna, delle quali curo con attenzione anche
il catalogo, che do in omaggio a tutti i visitatori. Come diceva Beyeler:
«Ciò che resta di una mostra è il catalogo».
Quali sono i progetti espositivi futuri?
Un’esposizione di André Masson, grande caposcuola del Surrealismo,
con il cui Archivio di Parigi ho già avuto dei contatti per la loro
collaborazione. L’altra mostra che sto preparando è quella di Raymond
Hains: è un lavoro che m’intriga molto perché è stato un grandissimo
artista, oggi pressoché dimenticato.
Anche il mercato dell’arte ha subito la crisi
economica. Che cosa è giusto fare?
La crisi del settore dell’arte è più forte in Italia che in tutto
il resto del mondo. Ciò è dovuto all’assoluta mancanza
di un sistema dell’arte in Italia: non esistono, se non
sporadicamente, collaborazioni fattive tra pubblico e
privato e soprattutto gli enti pubblici rincorrono mostre
con nomi altisonanti, ma con opere di scarso livello, al solo
scopo di potere propagandare il numero, spesso nemmeno
reale, dei visitatori. Inoltre, il vessatorio regime del diritto
di seguito e dell’Iva sul margine fa sì che il mercato sia
ancora più bloccato; se non interverranno dei cambiamenti
strutturali, sarà molto difficile, a breve termine, vedere dei
miglioramenti e un’inversione di tendenza. n
Andy Warhol, «Bomb», 1967
Chiara Fasser: 6 mostre l’anno per 42 anni
Alla Galleria dell’Incisione (www.incisione.com) di Chiara
Fasser (nella foto in alto a destra) è naturale associare tre
elementi: il peculiare percorso espositivo, avviato nel 1972
con una mostra di grafica surrealista e simbolista, il villino
in cui ha sede e la competenza della titolare. Sarebbe
impossibile dare conto delle mostre, circa sei all’anno per
42 anni: Dix, Grosz, Schlichter, Alberto Martini, Savinio,
Melotti, Carol Rama, i maestri dell’incisione antica
e giapponese e ancora Aillaud, Velly, Folon, Fanelli; la
fotografia di Scianna, Erwitt, Sammallahti. Non corre dietro
alle mode, Chiara Fasser, ma va alla riscoperta di autori
dimenticati, come Duilio Cambellotti, nel 2007, e Felice
Tosalli nel 2013. Il suo gusto si è formato attraverso la
frequentazione di Emilio Bertonati e della sua Galleria
del Levante. L’attività della Fasser, perennemente
alla ricerca in Italia e all’estero di opere rare, si è
sempre caratterizzata per scelte in controtendenza:
con il desiderio di traghettare la memoria di certe
espressioni artistiche di un secolo fa nella
contemporaneità, con l’attenzione speciale
da lei riservata alla grafica di qualità e alla
fotografia, con la fiducia accordata a giovani
artisti (i conterranei Bergomi, Saiani, Scarpella)
e la costante attenzione per figure ingiustamente oscurate.
Chiara Fasser è sempre alla ricerca, in Italia e all’estero, di
opere rare. Dopo la mostra in corso di Alberto Savinio, la
Galleria dell’Incisione propone, dal 22 maggio al 20 luglio,
venti sculture di piccolo e medio formato di Arturo
Martini, il grande scultore che la recente mostra di
Bologna e di Faenza ha riportatoalla ribalta. Datate tra il
1925 e il 1935, realizzate nei vari materiali adottati da
Martini, le opere in mostra rivelano la felicità creativa
di quegli anni: citiamo in particolare l’«Incontro di San
Marco e San Giusto», verso i due corpi in cammino
l’uno con l’altro, mentre si guardano negli occhi e già
si stringono le mani (nella foto qui a fianco). n
COURTESY I.V. COTTINELLI
COURTESY MARCO RAPUZZI
S
alire a Ome, sulle colline vicino
a Brescia, in Franciacorta, dove
vive e lavora Giuseppe Bergomi,
è un viaggio dentro il paesaggio che
muta. Quando s’arriva alla casa di
Bergomi, pare quasi di entrare in un
bosco. Entriamo così dall’alto nel suo
grande studio, che Giuseppe si è
costruito accanto alla sua casa, con
la vista stordente delle sculture in
basso, nel suo piccolo studio, invece, alcune opere sono in
lavorazione, compresa una scultura in creta di un’adolescente,
che sta preparando per una mostra di Rob Smeets sul denaro
a Perugia, il 24 maggio, nelle Gallerie dei Gerosolimitani.
L’opera è rivestita di pezzuole umide, per tenere viva la
creta e per continuare a lavorarla (sempre davanti alla
modella). Le sculture ci circondano: corpi e volti
ieratici in cui il contrasto tra apparente fissità e intensità
magnetica dell’espressione rivela la verità di un corpo e di
una vita interiore mai disgiunte. Bergomi rievoca la propria
formazione: «Sono nato a Brescia nel 1953; a cinque anni ero a
Grenoble e poi a Lione. Dopo l’Accademia di Belle Arti di Brera, tenni
la mia prima mostra personale nel 1978, alla Galleria dell’Incisione di
Brescia: dipinti nati da piccole foto di famiglia, con i colori vividi, una
sorta d’iperrealismo o di fotorealismo, folgorato, com’ero stato, in anni
in cui era vietato dipingere, dalla mostra alla Rotonda della Besana
nell’ottobre del 1974, con dipinti di Gnoli e di López García. Lentamente,
Gallerista perché
collezionista
15
VEDERE A COMO
Che cosa fa un
promotore culturale
diventato assessore
Vi sono iniziative di cui si sente orgoglioso e quali
progetti ha in mente?
Indubbiamente della mostra «La Città Nuova. Oltre Sant’Elia. Cento
anni di visioni urbane» dello scorso anno, prima tappa di un ciclo che
affronta il tema della città, nella storia e nel suo divenire. Per il futuro
c’è la prosecuzione di questo progetto e la presentazione durante
tutta l’estate di «Como Live», grande contenitore di manifestazioni
e proposte di musica e spettacolo. Ritengo inoltre fondamentale
l’attività espositiva diffusa che propone mostre senza soluzione di
continuità negli spazi espositivi del Broletto, di San Pietro in Atrio,
dello Spazio Ratti, della Spazio Natta e della Biblioteca comunale.
Per Luigi Cavadini la qualità
è l’ingrediente indispensabile:
no alla cultura dei soli numeri
123 giardini niente affatto segreti
T
Judith Wade ha fondato Grandi Giardini Italiani per lanciare
l’horticultural tourism (una ricetta che crea posti di lavoro)
J
udith Wade è nella sede dei Grandi Giardini Italiani a Villa
Erba di Cernobbio (Como) (www.grandigiardini.it,
www.gardensinitaly.net), un luogo d’incanto in cui
soggiornò a lungo Luchino Visconti. Judith, instancabile
viaggiatrice nei 123 giardini (italiani, svizzeri e maltesi) che
è riuscita a collegare in una rete turistico-culturale, ci spiega
com’è nata questa impresa.
Quando è nato il suo progetto di «federare i giardini»
in una rete, di fare sinergia di luoghi meravigliosi ma
spesso poco noti e con scarsa capacità d’iniziativa?
Tutto è cominciato nel 1997. Prima mi occupavo di turismo culturale,
vedevo e toccavo con mano che, salvo alcuni rari esempi, molti beni
culturali italiani, in particolare i giardini, non erano conosciuti; era
fondamentale promuoverne la conoscenza in Italia e all’estero.
Ai 123 giardini che promuovete che cosa offrite e che
cosa chiedete in cambio?
In Italia è particolarmente difficile costruire una rete. Fare rete significa
fare sistema. Ma gli italiani sono individualisti, e per loro è spesso difficile
lavorare insieme. Grandi Giardini Italiani organizza sei conferenze
stampa all’anno in Italia e all’estero, una vera e propria politica di
©DANIELE CAVADINI_ARCHIVIOGRANDIGIARDINIITALIANI
rent’anni fa Luigi Cavadini ha
fondato a Como un’agenzia
di comunicazione, Uessearte, che si occupa d’informazione
nei settori dell’arte, architettura
e design. È stato particolarmente presente in Svizzera,
dove ha curato mostre e da
tanti anni collabora con la
Fondation Pierre Gianadda
di Martigny. È stato direttore artistico del Museo di
Lissone; di recente ha realizzato i cataloghi generali di Aldo Galli e Carla
Badiali e tiene i loro
archivi. Ora ci racconta
la sua esperienza di assessore alla Cultura del
Comune di Como.
Perché ha accettato di fare l’assessore alla Cultura?
Alla proposta del sindaco Mario Lucini di entrare nella Giunta,
mi è sembrato doveroso mettere a disposizione della mia città le
esperienze acquisite negli anni. Sapevo che non sarebbe stato facile
affrontare anche temi e problemi molto più ampi di quelli che avevo
fin lì incontrato.
Che cosa significa amministrare la cultura, in
una fase di risorse calanti e di sottovalutazione
dell’investimento in cultura?
Al di là della difficoltà nel reperire e usare risorse, che riguarda tutti
i settori dell’amministrazione pubblica, ciò che preoccupa o dovrebbe
preoccupare chi fa cultura è la rinuncia a proporre al pubblico eventi
dal solido profilo scientifico in favore di manifestazioni e mostre che
abbiano il solo scopo di fare «numeri». Più difficile è tentare di fornire
nuovi spunti di riflessione e visione, innescando una nuova curiosità
sulla creatività a tutto campo. Al di là dell’arte, la vivacità culturale
diffusa e spesso sommersa della città nei vari ambiti culturali, dalla
musica al teatro, dalla poesia al cinema, ha stimolato il mio lavoro e
mi ha indicato alcuni percorsi da seguire.
Quali sono le ragioni principali di una visita a Como?
Per limitarmi ad arte e architettura possiamo partire dalle
testimonianze della romanità (la Porta Romana del primo secolo
d.C. e le terme), del romanico (le chiese di S. Abbondio, S. Fedele
e S. Carpoforo) e del razionalismo (in primis la Casa del Fascio di
Giuseppe Terragni), ma sono da segnalare anche le numerose ville
sulle sponde del lago, i musei, in particolare l’ampio e ricco museo
archeologico, il Tempio Voltiano, con cimeli dell’opera scientifica di
Alessandro Volta, la Pinacoteca Civica, con testimonianze dell’arte
del territorio dal Mille a oggi e con la mostra «Aldo Galli. Luci e
astrazioni di città», fino al 28 settembre. n
Giardini di Villa Melzi d’Eril
Grandi Giardini in questi mesi e per l’Expo
Tra le iniziative dei Grandi Giardini Italiani lombardi a maggio e giugno vi è il Convegno
«Follies. Il Mondo in un Giardino», il 28 giugno al Parco Sherrer di Morcote (Canton
Ticino), dedicato alle parti dei giardini più curiose e «folli», create spesso per stupire,
senza una vera funzione abitativa o strutturale; intervengono Margherita Azzi Visentini,
Renato Martinoni, Luigi Zangheri, Letizia Tedeschi, Paolo Buergi e Gianni Venturi.
Altri eventi sono: dal primo al 4 maggio «Dipingere con la luce e le arti del fuoco»,
una mostra di Sante Pizzol e Franco Boaretto a Villa Monastero (Lecco); dal primo
al 5 maggio «Green Camp», campo estivo per bambini nel frutteto della Fondazione
Minoprio (Como); il 4 maggio, poi, ci sono «Il Parco delle Meraviglie» nella Reggia di
Villa Arconati (Milano) e Yoga con visita nei Giardini di Villa Carlotta (Como). Dal 9 al
29 maggio «Fratelli dell’oscurità. Figli della luce», una mostra di fotografie di Michela
Montrasio a Villa Monastero (Lecco), mentre dal 17 al 25 maggio c’è «Satsuki Bonsai
Festival. Azalee in fiore», al Crespi Bonsai Museum (Milano) e il 18 maggio, nella
Giornata Internazionale dei Musei ICOM, l’ingresso gratuito al Giardino e alla Casa
Museo di Villa Monastero (Lecco). Grandi Giardini Italiani ha delineato un percorso
turistico di 100 giardini, orti, vigneti e frutteti della Lombardia, del Canton Ticino e di
altre 12 regioni italiane, per i visitatori di Expo 2015. Una nuova rete turistica nata
per valorizzare i «Giardini all’Italiana», una delle icone più importanti del made in Italy.
Partner ufficiali del progetto sono: lo Studio di Architettura e del Paesaggio LandAlab;
Ingegnoli e Fondazione Minoprio; sponsor ufficiale è Granulati Zandobbio. Fanno
parte della rete «100 Giardini per Expo 2015» giardini privati (il 20% dei quali mai
aperti al pubblico) e giardini e parchi pubblici di Comuni e Province italiane. L’itinerario
partirà da Milano (dalle porte dell’Expo) con i giardini all’italiana di Villa Arconati
(Bollate), per proseguire poi con Villa Carlotta sul lago di Como, Isola del Garda e
il Giardino della Villa Sommi Picenardi (Lecco), portando i visitatori in ogni angolo
della Lombardia e oltre, in Canton Ticino, in Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Lazio,
Toscana, Campania e Sicilia. Per l’occasione saranno organizzati eventi e pacchetti
turistici sul territorio lombardo e nel resto dell’Italia. Per il programma completo
consultare www.grandigiardini.it/eventi n
marketing, due siti web, una casa
editrice e una casa cinematografica. La
fee annuale è di 3mila euro, i servizi che
forniamo costerebbero, se prodotti dai
singoli soggetti, molto di più. Qui a Villa
Erba abbiamo una struttura fissa che si
occupa della rete, un team di professionisti
giovani, stipendiati adeguatamente con
la cultura del project management. Più
del 50% dei giardini che noi federiamo
Judith Wade
hanno un introito di 700mila euro
l’anno. Abbiamo messo a disposizione un modello di gestione. Non ho mai
ricevuto contributi da Stato, Regioni, Province, Comuni.
Immagino che abbiate dato vita a itinerari tematici
anche in vista dell’Expo 2015 e ad altri progetti di
sviluppo.
Cito due itinerari tematici: «Il nome della rosa», che tocca 28 roseti
tra i più importanti in Italia e «100 giardini per Expo 2015». Inoltre
stiamo lavorando a una nuova rete «Gardens in Switzerland» e
definendo altri progetti per l’estero. Sono convinta che si possa
esportare il nostro know-how.
Che cosa offre di diverso la visita di un giardino, che
arricchimento si ricava?
È innanzitutto una straordinaria esperienza sensoriale, di benessere:
si è all’aria aperta, immersi nei profumi, circondati da piante e fiori.
È un’esperienza culturale, i giardini sono espressione di tante arti
messe insieme (scultura, pittura, mosaico) e di una precisa storia
dell’arte dei giardini. Pensi ai giardini barocchi o a quelli creati
da Russell Page, grande architetto paesaggista e garden designer
britannico, negli anni sessanta in Italia. Infine è un’acculturazione
botanica: nei giardini dell’Emilia Romagna troverai certe piante;
altre in Campania; altre ancora in Sicilia. n Sandro Parmiggiani
IlIlcatalogo
catalogoinintre
trevolumi,
volumi,
edito
editodadaElecta,
Electa,illustra
illustraoltre
oltre
2000
2000opere
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delNovecento
Novecento
dalle
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L’arte
L’arte moderna
LL
a pubblicazione
catalogo
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raccolta
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Novecento
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si si
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continuità
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studio
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linea di continuità con i programmi di studio del pa-patrimonio
artistico
Gruppo,
passato
hanno
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Gruppo,
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passato
hanno
promosso
la
nascita
di
importanti
progetti
editoriali
relativi
a singoli
so la nascita di importanti progetti editoriali relativi a singoli
capolavori
o
specifiche
raccolte.
capolavori o specifiche raccolte.
Intesa
Sanpaolo,
dispone
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la
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temla conoscenza e la fruizione da parte del pubblico. DaDa
tempo
è
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avviato
un
progetto
di
valorizzazione
delle
po è stato quindi avviato un progetto di valorizzazione delle
collezioni d’arte, che ne prevede la schedatura, il restauro e la
collezioni d’arte, che ne prevede la schedatura, il restauro e la
catalogazione storico-critica. Più di recente, è nata l’idea di
catalogazione storico-critica. Più di recente, è nata l’idea di
dar vita, in alcune delle principali città italiane in cui la Banca
dar vita, in alcune delle principali città italiane in cui la Banca
opera, a poli museali e culturali denominati “Gallerie d’Italia”,
opera, a poli museali e culturali denominati “Gallerie d’Italia”,
che custodiscono ed espongono in modo permanente alcune
che custodiscono ed espongono in modo permanente alcune
delle raccolte di proprietà. Una tra le più importanti e ricche
delle raccolte di proprietà. Una tra le più importanti e ricche
collezioni del Gruppo, quella di opere del XX secolo, ha recollezioni del Gruppo, quella di opere del XX secolo, ha recentemente trovato collocazione nelle Gallerie d’Italia-Piazza
centemente trovato collocazione nelle Gallerie d’Italia-Piazza
Scala a Milano, nell’ambito di un articolato progetto espositiScala a Milano, nell’ambito di un articolato progetto espositivo denominato Cantiere del ’900. L’apertura delle sedi museali
vo denominato Cantiere del ’900. L’apertura delle sedi museali
di Intesa Sanpaolo è il risultato di un lungo, costante processo
di Intesa Sanpaolo è il risultato di un lungo, costante processo
di tutela e conoscenza delle opere, che oggi vengono esposte
di tutela e conoscenza delle opere, che oggi vengono esposte
al pubblico e che nel tempo sono state oggetto di impegnative
al pubblico e che nel tempo sono state oggetto di impegnative
campagne di conservazione e di studio storico-critico. È stacampagne di conservazione e di studio storico-critico. È stato così possibile enucleare, da un insieme ampio e variegato,
to così possibile enucleare, da un insieme ampio e variegato,
singoli capolavori, quali il Martirio di sant’Orsola di Carasingoli capolavori, quali il Martirio di sant’Orsola di Caravaggio o il Capriccio con chiesa gotica e laguna di Canaletto,
vaggio o il Capriccio con chiesa gotica e laguna di Canaletto,
ma anche importanti gruppi collezionistici come la raccolta
ma anche importanti gruppi collezionistici come la raccolta
di opere del Novecento. Proveniente per la maggior parte
di opere del Novecento. Proveniente per la maggior parte
dalla Banca Commerciale Italiana – che è andata acquisendalla
– che
è andata
acquisendoBanca
fra gli Commerciale
anni Sessanta eItaliana
Novanta
un ampio
spettro
di opedo re
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capillare
tendenze
e presenze
attento
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sevori di Boccioni prefuturista e dalle opere di Balla, Carrà, de
conda
metà del secolo
– matendenze
anche da ealtri
istitutidella
di credito,
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del
secolo
–
ma
anche
da
altri
istituti
di
credito,
Chirico,
Sironi,prefuturista
Funi, Zanini,e Mafai,
Spadini,
RosaiCarrà,
e Tosi, de
più
quali il Banco Ambrosiano Veneto, le Casse di Risparmio, il vori
Chirico,
Sironi,
Funi,
Zanini,
Mafai,
Spadini,
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e
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più
quali
il
Banco
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di
Risparmio,
il
Banco di Napoli, il Credito Industriale Sardo, il Banco La- estesamente documentata è la produzione della seconda
è ladell’arte
produzione
della
seconda metà
Banco
di l’Istituto
Napoli, ilMobiliare
Credito Industriale
il Banco
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del secolo. documentata
Questa stagione
italiana
è ripercorsa
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Italiano e ilSardo,
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di Torino,
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secolo.
Questa
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dell’arte
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è
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Mobiliare
Italiano
e
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Sanpaolo
di
Torino,
l’insieme della collezione vanta oltre tremila opere – dipin- verso i suoi protagonisti, i movimenti, le sperimentazioni,
i suoi estetici:
protagonisti,
i movimenti,
le sperimentazioni,
i
l’insieme
della collezione
tremila
opere –esplorate
dipin- verso
linguaggi
lo Spazialismo,
l’Informale,
il Movimento
ti, sculture,
fotografie evanta
altreoltre
tecniche
espressive
estetici: illoGruppo
Spazialismo,
l’Informale,
il Movimentoe
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e altre
espressive
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Arte Concreta,
degli Otto,
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nel secolofotografie
scorso, oltre
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considerevole
nucleo
di circa linguaggi
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secolo scorso, oltredisegni
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nucleo esclusi
di circadal Arte
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la Poesia
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l’ArteOtto,
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e grafiche d’autore,
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dal
presente catalogo ma comunque oggetto di un approfondito Pop Art italiana e altre tendenze, fino ad approdare alla nuova
Pop
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italiana
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altre
tendenze,
fino
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alla
nuova
presente
catalogo
ma
comunque
oggetto
di
un
approfondito
programma di studio –, che restituiscono il complesso qua- ricerca artistica degli anni Ottanta e Novanta. Importante è la
artistica
Ottantaquali
e Novanta.
Importante
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che restituiscono
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di maestri
Fontana,
Dorazio, èTurdro dell’arte
di quel–,periodo
in Italia. il complesso qua- ricerca
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periodo
in
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il primo Novecento è rappresentato dai luminosi capola- cato, Melotti, Guttuso, Afro, Vedova, Corpora, Birolli, MoreSe il primo Novecento è rappresentato dai luminosi capola- cato, Melotti, Guttuso, Afro, Vedova, Corpora, Birolli, More-
ni, Morlotti, Santomaso, Scanavino, Burri, Scialoja, Schifano,
ni,
Morlotti,Baj,
Santomaso,
Scanavino,
Burri,
Scialoja,Consagra,
Schifano,
Tancredi,
Munari, Arnaldo
e Giò
Pomodoro,
Tancredi,
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Munari,
Arnaldo
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Giò
Pomodoro,
Consagra,
Festa, Rotella, Ceroli, Capogrossi, Perilli, Novelli, Pascali, CaFesta,
Rotella,
Ceroli,Fabro,
Capogrossi,
Novelli, Pascali,
Castellani,
Manzoni,
Paolini,Perilli,
Alik Cavaliere,
Pistoletto,
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Manzoni,
Fabro,
Paolini,
Alik
Cavaliere,
Pistoletto,
Boetti, Penone, Paladino, Pardi, Isgrò. Nelle collezioni non
Boetti,
Penone,
Paladino,
Pardi,
Isgrò.
Nelle collezioni
non
mancano
poi alcuni
grandi
nomi
dell’arte
internazionale,
mancano
poi alcuni
grandi
nomi
dell’arte
internazionale,
come Picasso,
Kandinsky,
Ernst,
Matta,
Riopelle,
Warhol.
come
Picasso,
Kandinsky,
Matta,
Riopelle, Warhol.
Il catalogo,
che
nasce dallaErnst,
volontà
di presentare
in modo siIlstematico
catalogo, un
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nasce dalla
volontà
di
presentare
in modo
silavoro di schedatura scientifica,
comstematico
un
accurato
lavoro
di
schedatura
scientifica,
comprende circa 2000 schede riferite alle oltre 3000 opere preprende
circacollezione.
2000 schede
riferitecome
alle oltre
3000 opere
presenti nella
Si propone
un progetto
editoriale
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nella
collezione.
Si
propone
come
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progetto
editoriale
attento a fornire un’immagine complessiva della raccolta, con
attento a fornire un’immagine complessiva della raccolta, con
Sanpaolo
in
in Intesa
Intesa Sanpaolo
Sanpaolo
I tre volumi
Protagonisti del primo novecento
e presenze regionali
Il primo volume comprende le opere dei maestri della prima parte del secolo, la limitata selezione di testimonianze
di grandi protagonisti dell’arte internazionale e un’ampia
panoramica di quelle presenze regionali che caratterizzano le relazioni territoriali intrattenute dagli istituti bancari. L’opportunità di documentare l’arte del territorio nel
momento in cui si costituiscono le collezioni delle diverse
banche, distribuite in centri maggiori e minori dell’Italia
unita, ha spinto la scansione cronologica oltre i primi decenni del secolo, per evidenziare la persistenza di tradizioni fondate su particolarità stilistiche e relazioni fra gli
autori di generazioni diverse, nonché aspetti iconografici
via via peculiari, quasi una geografia dell’arte, senza centralità e periferie.
Il secondo dopoguerra
Il secondo volume annovera le opere e le situazioni del
secondo dopoguerra, che hanno caratterizzato l’arte italiana degli anni quaranta-primi sessanta, particolarmente nell’ambito delle diverse forme di astrazione. Il libro si
apre con il gruppo di lavori di Lucio Fontana, allargandosi alla presentazione dello Spazialismo e del Movimento
Nucleare, per passare alle altre figure che qualificano la
ricerca attorno all’Informale. Il clima degli anni cinquanta è così rappresentato da un alto numero di opere di
grande livello, oltre che da originali testimonianze di un
panorama estremamente diversificato, anche con declinazioni regionali, come la critica del tempo riconobbe. Il
superamento dell’Informale, per via di una più radicale
concentrazione sui caratteri specifici della prassi gestuale
e segnica, oltre che dalle forme di ricerca cinetico-programmata, costituisce la parte conclusiva del volume, insieme ai nuclei di sculture del secondo dopoguerra, tra i
quali la raccolta di marmi di autori internazionali realizzati
per i laboratori della Società Henraux di Pietrasanta negli
anni sessanta.
L’ultimo novecento
Nella pagina a sinistra, dall’alto, Lucio Fontana, «Concetto spaziale: la Luna a Venezia», 1961, acrilico e vetri su tela, 150 x 150 cm; Giacomo Balla, «Verso la notte», 1918, olio su tela, 70 x 100 cm; Alik Cavaliere, «W la libertà», 1976, ferro, bronzo e oggetti, 227 x 105 x 103
cm; Michelangelo Pistoletto, «Ragazza che cammina», 1966, serigrafia su acciaio inox lucidato a specchio, 230 x 120 cm. In questa pagina,
dall’alto Afro, «Senza nome», 1959, tecnica mista su tela, 104 x 130 cm; Piero Dorazio, «Serpente», 1968, olio su tela, 175 x 350 cm
attenzione per le eccellenze, ma anche alla documentazione
delle peculiarità di un complesso unico nel suo genere, per
le specifiche attenzioni che rivela, oltre che per la qualità dei
suoi capolavori e di molte opere che hanno acquisito notorietà per diverse vie.
Elaborata nel corso di alcuni anni di studio sistematico svolto
da specialisti di diversi ambiti cronologici e territoriali – studio coordinato da Francesco Tedeschi, curatore del progetto
editoriale con Carlo Pirovano –, l’impostazione del catalogo
ragionato non si fonda su un criterio rigidamente alfabetico
o cronologico, ma è organizzata per aree tematiche, geografiche o per tendenze, all’interno delle quali si sono volute rimarcare le presenze di maggior rilievo, senza trascurare però
la necessità di una visione allargata e complessiva. L’insieme
dei tre volumi offre una scansione storico-critica, all’interno
della quale le opere sono raccolte in sezioni che richiamano
anche le diverse origini e le ragioni sulle quali si sono creati i
nuclei più evidenti.
La possibilità di compiere attorno a ciascun pezzo indagini
come quelle svolte in occasione di questa catalogazione, ha
permesso di fornire della collezione Intesa Sanpaolo una visione che rispecchia la complessità di un mondo come quello dell’arte e della cultura italiana del XX secolo, sorretta da
energie individuali e da spinte locali, ma inserita sotto diversi
profili nel dialogo con le correnti internazionali. Il catalogo
presenta quindi un corpus di alto livello nella documentazione dell’arte italiana del Novecento, che si inserisce di diritto
fra le raccolte di maggior rilievo nell’ambito delle collezioni
istituzionali italiane.
Con la collana L’arte moderna di Intesa Sanpaolo, che potrà
arricchirsi in futuro di nuove pubblicazioni, Intesa Sanpaolo
ribadisce l’impegno a non tesaurizzare le proprie opere d’arte,
bensì a valorizzarle approfondendone lo studio e mettendole
a disposizione della collettività. I primi tre volumi permettono di conoscere una raccolta dalla fisionomia sfaccettata,
offrendo diversi e stimolanti approcci. Per la comunità scientifica può essere uno strumento utile di consultazione e di
ricerca; per un più ampio pubblico, un valido tramite per accostarsi all’arte del secolo scorso.
Il volume sarà in distribuzione dal 1° aprile.
Il terzo volume, che si apre con le tendenze di carattere pop
e della Nuova Figurazione degli anni sessanta, comprende
molte opere che documentano l’arte dell’ultima parte del
Novecento, con affondi sull’area delle ricerche verbo-visuali,
sull’Arte Povera e le avanguardie di matrice concettuale, sulle forme di pittura “analitica” e di scultura “costruttiva” che
caratterizzano esperienze nate negli anni settanta, per giungere a rappresentare l’arte degli anni ottanta e novanta in
modo complessivamente aperto alle diverse esperienze che
si sono andate affermando in un’epoca di grande interesse,
per quanto ancora vicina nel giudizio storico. Coprendo un
arco cronologico abbastanza ampio, di circa quattro decenni, il libro riflette l’attenzione per personalità e tendenze che
hanno caratterizzato l’arte di questo periodo, tenendo conto
anche delle intenzioni documentarie della raccolta, realizzata attraverso le acquisizioni compiute in modo complessivamente coordinato. Pur nelle molteplici e differenti situazioni che vi sono rappresentate, si vuole riconoscere a questo
complesso di materiali un carattere che in una prospettiva
storica, anche se ancora ravvicinata, offre alcuni aspetti specifici, sviluppo di condizioni e premesse riconoscibili all’interno della fase storica di cui sono espressione.
VEDERE A COMO
18
Vi lascio una
Casaperlarte
Troppo poco
contemporaneo
Paolo Minoli ha lasciato a Cantù
la propria collezione di arte
contemporanea e una Fondazione
Velasco Vitali racconta il rapporto Chiara Capelletti, assessore alla
con la sua città e lamenta una scarsa Cultura della Provincia di Cremona,
sensibilità per l’arte attuale
illustra il network promosso
dalla Fondazione Cariplo
©CASAPERLARTE
L’
© CARLO BORLENGHI
P
aolo Minoli, pittore e scultore internazionale, è scomparso
il 20 dicembre 2004 e ha dedicato le sue ultime forze a
gettare le basi di una Fondazione che salvaguardasse
la sua opera e le sue collezioni. Nato a Cantù (Como) nel 1942,
è rimasto sempre legato alla sua città natale, sviluppandone
musei, sculture e arredi urbani. È stato docente di Cromatologia
all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e ha legato il
proprio nome alla realizzazione di opere grafiche di Mario
Radice, Bruno Munari, Luigi Veronesi, Max Huber, Piero Dorazio
e Mario Nigro. La sua casa-studio, con il giardino costellato di
sue sculture, è ora la sede di
Casaperlarte. Dell’attività
della Fondazione parla il
consigliere Riccardo Zelatore:
«Abbiamo iniziato la raccolta dei
materiali per la pubblicazione
del Catalogo sistematico della
pittura e della scultura di Paolo
Minoli; l’impegno del Consiglio
direttivo e del Comitato scientifico
Esterno della sede di Casaperlarte della Fondazione è teso alla
divulgazione e alla messa a sistema
dello straordinario patrimonio culturale ed etico che Paolo Minoli ci
ha generosamente affidato». Nelle sale di Villa Sottili, oltre alle
2.700 opere di Minoli (dipinti, sculture, disegni, studi, collage
e opere grafiche), sono custoditi 150 lavori di Bruno Munari.
La collezione, già documentata in uno dei quaderni editi dalla
Fondazione, è stata più volte presentata in sedi pubbliche e
private e lo stesso approccio sarà seguito per i nuclei di opere
di Luigi Veronesi e Carla Badiali. Altri progetti divulgativi
interesseranno le collezioni di artisti nazionali e internazionali
come Radice, Morellet, Gianni Colombo, Dadamaino, Arman,
Bill, Andrea e Pietro Cascella, Consagra, Fontana, Melotti,
Arnaldo e Giò Pomodoro, Man Ray, Spoerri, Staccioli e
molti altri. Nell’ambito della raccolta di opere grafiche,
oltre ai fogli di Josef Albers e alla storica cartella di
Abstraction Création, va ricordato il progetto affidato
a Getulio Alviani, nel 2004, che ha coinvolto una schiera
di artisti attivi in Europa e in America tra cui, oltre Alviani
stesso, Anuszkiewicz, Castellani, Christen, Cruz-Diez,
Lowe, Lùcena, Mari, Varisco e Winiarski. Completano le
collezioni ceramiche contemporanee e migliaia di fischietti
etnopopolari da tutto il mondo. n Sandro Parmiggiani
artista Velasco Vitali, impegnato nel suo studio
principale di Milano, non rinuncia a conservare uno
studio a Bellano (Como), dove è nato e dove vive.
Esiste una relazione tra Como e le sue opere?
Più che la città di Como il mio riferimento è il territorio della provincia
comasca, anche se la città ha una sua centralità innegabile e resta un
luogo di connessione con il resto. Per ragioni di nascita ho frequentato
molto il lago; c’è moltissimo di questi ambienti nel mio lavoro.
Può fare qualche esempio?
I primi lavori che ho fatto in pittura negli anni ’80 hanno tutti un
preciso riferimento geografico al territorio comasco. Poi c’è il mio
recente progetto «Foresta rossa», realizzato sull’Isola Madre del Lago
Maggiore che per morfologia territoriale si avvicina molto alla mia
zona. Gli alberi posizionati in forma di scultura sull’isola non sono altro
che gli alberi intorno a casa mia e l’elemento delle giostre fa parte del
mio immaginario infantile.
C’è vitalità a Como e dintorni
quanto ad arte contemporanea?
La mia impressione è che nel territorio
comasco l’attività contemporanea sia
quasi a zero. Per quanto riguarda
Como, invece, mi sembra che da vari
fronti qualcosa si faccia: penso alla
Fondazione Ratti, all’Assessorato alla
Cultura, anche se nell’ottica delle iniziative dell’amministrazione
pubblica quasi tutto è riferito all’architettura, al Razionalismo,
all’Astrattismo comasco. In termini di ricerca attuale è soprattutto
l’Accademia di Belle Arti di Como a darsi da fare.
Ha accennato a questa «povertà» come a una possibilità.
Certo, se un territorio è povero è come una tabula rasa per inventare
qualcosa, ma non si può inventare nulla con zero sensibilità e zero
fondi, bisogna assumersi la responsabilità e avere voglia di fare.
E questa voglia manca a Como?
Non manca la voglia, ma il concetto non riesce a essere recepito.
In quest’ultimo periodo mi sono giunti diversi stimoli da gruppi di
committenti che vorrebbero qualcosa a livello di opere pubbliche, ma la
difficoltà sta proprio nel costruire qualcosa scavalcando la visione e lo
schema dell’opera pubblica dei canali tradizionali.
Che cosa state tentando di fare?
Non è un percorso facile, è un lavoro che passa inevitabilmente per un
dialogo con la politica che consenta di superare gli schemi tradizionali,
è un lavoro che precede e porta alla riuscita e alla realizzazione di
un’opera però, e in questo senso, anche a Como, stiamo lavorando. q
San Secondo di Pinerolo
Il castello che piace ai lombardi
Dalla Lombardia il boom di visitatori del Castello di Miradolo
Paola Eynard dirige il Castello di Miradolo a San Secondo di Pinerolo (Torino),
un sito monumentale piemontese con il
record di visitatori dalla Lombardia. Gestito dalla Fondazione Cosso, è oggetto di
un notevole restauro.
Come presenterebbe oggi questo
luogo?
Il Castello di Miradolo, con un magnifico parco
storico di oltre 6 ettari che conta più di 1.700
alberi di 70 specie diverse, è sottoposto a un imponente restauro dal 2008. Il capillare lavoro
di studio e ricerca ha permesso di datare con
maggior precisione la struttura e le fasi del
suo sviluppo sul territorio a partire dal XVI
secolo. Per avvicinare il pubblico al parco e ai
suoi segreti è allestito un percorso multimediale
dedicato alla natura, ai fiori e ai grandi alberi.
Abbiamo ricostruito l’originale connotazione
del parco, riattivandone in parte alcuni vecchi
percorsi. C’è una natura di rara bellezza, che
stagionalmente si colora di fioriture cromaticamente diverse, diventando palcoscenico di con-
certi e itinerari naturalistici. Il cantiere aperto
nelle sale storiche, in parte visitabile, permette
di apprezzare il Castello e gli affreschi in fase
di recupero.
Perché si registra una forte presenza
di lombardi?
La presenza di visitatori lombardi sfiora l’80%
del totale dei visitatori da fuori regione. Fondamentale è l’inserimento del Castello di Miradolo all’interno di percorsi di visita del territorio
circostante. In quest’ottica nasce il progetto «Il
Viaggiator Curioso»: percorsi organizzati dalla
Fondazione Cosso con altre realtà culturali del
territorio, come l’Abbazia di Staffarda, la Palazzina di Caccia di Stupinigi o il Castello della
Manta. La visibilità del Castello di Miradolo
per i turisti da fuori regione è inoltre garantita
dalla presenza nei circuiti dei Castelli Aperti e
dell’Associazione Dimore Storiche Italiane.
Quali sono le attività di maggio e
giugno?
Visite guidate naturalistiche e architettoniche,
corsi e laboratori tematici per adulti e bambini,
Questo Distretto
è musicale
L
a Provincia di Cremona è il capofila del Distretto culturale provinciale, uno dei risultati del progetto
della Fondazione Cariplo per la valorizzazione del patrimonio culturale
tangibile e intangibile della Lombardia.
Com’è organizzato il Distretto?
Coinvolge un partenariato di 24 soggetti, vi
aderiscono anche le reti che operano sul territorio nel campo della cultura, della formazione e del turismo. Ci sono la Rete Bibliotecaria,
sistema bibliotecario provinciale nato per migliorare la qualità dei servizi
attraverso procedure omogenee; il Sistema museale, un organismo di
coordinamento fra i Musei e le Raccolte museali della provincia ideato per
fare sintesi fra i musei migliorandone funzioni, servizi e promuovendo la
valorizzazione delle raccolte; il Sistema Teatrale, finalizzato al sostegno
per il finanziamento delle stagioni, con otto siti come il Ponchielli di
Cremona, il Comunale di Casalmaggiore, il Sociale di Soresina, il Galilei
di Romanengo, il Bellini di Casalbuttano, il San Domenico di Crema, il
Gallerani di San Giovanni in Croce e il Gonzaga di Ostiano. Poi la Rete
musicale cremonese e il Distretto della Musica.
Due sistemi culturali, questi ultimi, che costituiscono il
cuore del Distretto culturale.
La musica è l’elemento che caratterizza profondamente la cultura
e l’economia del territorio. Le azioni del Distretto mirano alla
promozione e allo sviluppo del settore musicale in tutti i suoi aspetti:
capitale umano, ricerca e innovazione, sostegno del comparto
dell’artigianato d’eccellenza, liutario e organario. Stiamo lavorando per
la partecipazione di tutti nella costruzione di un progetto condiviso e in
continua espansione che, oltre a preservare un profondo radicamento
con la realtà locale, ambisce ad aprirsi anche oltre i propri confini, in
una prospettiva nazionale e internazionale.
Qual è l’obiettivo del Distretto?
L’obiettivo è centrato sulle azioni strumentali a esercitare una
governance reale, in termini programmatici, di coordinamento
progettuale, di presidio amministrativo e contabile, di presidio sulla
comunicazione e sull’identità visiva; di una diffusione delle informazioni
capillare e mirata alla costruzione di una comunità più ampia.
Punta inoltre su alcune azioni di sviluppo dei progetti, che partono
dai temi condivisi della liuteria, della musica, del riconoscimento
Unesco, dell’investimento sulla ricerca e sull’innovazione e innesta su
questi proposte di lettura legate all’arte contemporanea, a progetti di
alfabetizzazione e contaminazione fra arte e scienza, a sperimentazione
di laboratori didattici innovativi. Il nostro obiettivo culturale si
declina così in azioni di elaborazione creativa, animazione delle reti e
costruzione di comunità.
q Giorgio D’Orazio
Nel nome
di Ala Ponzone
Il castello di Miradolo
i due concerti della stagione musicale estiva nel
Parco storico: il 21 e 22 giugno, alle 21.15 «Sogno
di una notte di mezza estate» da Mendelssohn
e Shakespeare e il 2 luglio alla stessa ora «Petite Messe Solennelle» di Rossini.
Progetti per il futuro?
Per il prossimo autunno la Fondazione Cosso
sta lavorando con Vittorio Sgarbi a una nuova
mostra dedicata alla figura di un Santo con
una ricca selezione di opere del ’400 e ’600, l’apertura è prevista il 4 ottobre. q
Il sistema museale di Cremona
garantisce non solo le raccolte
del marchese, ma anche
un nuovo Archeologico
e la tradizione contadina
N
el cinquecentesco palazzo Affaitati ha sede la
Pinacoteca del Museo Civico Ala Ponzone, legata
a uso pubblico nel 1842 con il testamento del
marchese Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone. La raccolta
di dipinti e sculture conta più di 2.000 pezzi, solo in
parte esposti. La sezione dedicata al Medio Evo e al
Quattrocento ospita sculture, affreschi strappati,
tavolette da soffitto e un’ampia selezione della produzione
legata alle opere dei Bembo; la Galleria della pittura
cremonese del Cinquecento offre una completa
antologia dei pittori che documentano il passaggio dalla
19
VEDERE A CREMONA
Nel nome di Ala Ponzone
tradizione quattrocentesca alla maniera moderna, alla
nuova sensibilità rinascimentale, come Boccaccino, Pedro
Fernandez, Aleni e Galeazzo Campi, anticipatori di una
sensibilità naturalistica che approderà a Caravaggio, qui
illustrato dal celebre «San Francesco in meditazione». La
Sala di San Domenico, invece, ospita opere dalla demolita
chiesa dei frati predicatori e mostra gli apporti milanesi
alla cultura locale del Seicento. Le sale successive sono
dedicate alla natura morta cremonese, é qui il noto
dipinto di Giuseppe Arcimboldi «L’ortolano», ai ritratti di
casa Ponzone e alle testimonianze della pittura dei secoli
XVII, XVIII e XIX. Le ultime due sale del Museo accolgono
Museo Archeologico
una selezione di arti applicate e una sezione dedicata
all’iconografia di Cremona, con opere legate alla storia
della città e alla sua rappresentazione pittorica, una
panoramica della pittura lombarda del secondo ’800
e del ’900 e il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe,
che conta 6000 pezzi e, ancora, la collezione di strumenti
storici di Carlo Alberto Carutti (oltre 60 esemplari per
quattro secoli di liuteria) raccolta ne «Le stanze per la
musica».
Anche nel Museo di Storia Naturale il nucleo originario
della sezione scientifica è costituito dal lascito Ala
Ponzone, cui si sono aggiunte raccolte donate
prevalentemente da naturalisti locali.
Dal 2009, inoltre, è stato aperto al pubblico il nuovo
Museo Archeologico nella chiesa sconsacrata di San
Lorenzo e nell’annessa cappella Meli. Gli scavi effettuati
dal 1962 hanno consentito di portare alla luce i resti di una
chiesa precedente, identificabile con quella menzionata
da una pergamena del 990, di un edificio cimiteriale
paleocristiano e di una necropoli romana del I secolo
a.C.; la destinazione a sede museale del complesso
monumentale, ne ha favorito il completo recupero. Al suo
interno è ospitato il cuore delle raccolte archeologiche
di Cremona, dai reperti rinvenuti a partire dall’800 al
recentissimo scavo di piazza Marconi, circa 500 oggetti
esposti secondo un percorso tematico in tre sezioni che
racconta l’immagine della città fondata dai Romani nel 218
a.C., la prima a nord del Po.
Altro museo cremonese è quello della Civiltà Contadina
della cascina il «Cambonino Vecchio», dove sono stati
ricreati ambienti domestici e rurali del passato.
q Giorgio D’Orazio
Una terra di teatri
Luoghi storici con arredi e decorazioni
originali sono il vanto della provincia
L
a provincia di Cremona è ricca di teatri con
un’interessante storia architettonica e sociale. Spicca tra
questi il Teatro della Società (oggi Teatro Comunale)
di Casalmaggiore, realizzato nel 1783 su disegno di Andrea
Mones con l’approvazione di Giuseppe Piermarini, architetto
del Teatro alla Scala di Milano, che definì la forma della cavea.
Dopo il restauro degli anni ’80, dal 1989, vive di Stagioni
intense e variegate.
A Casalbuttano, invece, tra il 1869 e il 1870, fu portata a
termine l’opera del Teatro, di modeste proporzioni ma
perfetta armonia architettonica, graziosamente decorato con
motivi classici (putti danzanti, festoni, strumenti musicali,
motivi floreali, maschere). Dedicato a Vincenzo Bellini
venne utilizzato per lirica, operetta, prosa e altri spettacoli,
ma, nel 1951, una ristrutturazione integrale e non conservativa
lo ha modificato irreversibilmente in cinema e solo nel 1991 è
stato «ricostruito» il nuovo teatro comunale.
A Pizzighettone, all’interno della cinta muraria, trova posto
dal 2013 il Teatro alle Mura, un ambiente allestito con una
zona palco e sedute per il pubblico e una capienza di circa 170
posti, tuttora in evoluzione. Nell’antico Castello del borgo di
Ostiano è ospitato, poi, il Teatro Gonzaga, frutto di un’opera
All’Interno 18 i giovani pittori si sfidano
Luogo dedicato all’arte contemporanea, la Galleria
Interno 18 (www.galleriainterno18.it) ha recentemente
ospitato la collettiva «Nuova pittura italiana», ultima
tappa di un importante progetto espositivo ideato da
Enzo Cannaviello già esposto a Torino, Roma, Benevento
e Milano. Si è trattato di una selezione di 13 artisti
emergenti (Giuseppe Abate, Elena Ascari, Irene Balia,
Anna Caruso, Cosimo Casoni, Enej Gala, Riccardo
Giacomini, Matteo Giagnacovo, Bruno Marrapodi, Silvia
Mei, Isabella Nazzarri, Chiara Sorgato, Elena Vavaro) che
pur provenendo da differenti percorsi formativi, trovano
espressione comune nel mezzo pittorico. Dall’8 maggio
al 15 giugno, due di loro, Irene Balia e Bruno Marrapodi,
tornano in galleria con una doppia personale che ne mette
a confronto il diverso linguaggio e l’interpretazione del
figurativo. Nata a Iglesias nel 1985, Irene Balia vive a
Milano. «Davanti alle sue tele avviene uno scambio: noi, il
pubblico, convinti di osservare l’opera ne veniamo, invece,
osservati. È una sensazione che non è data tanto dai
soggetti ritratti in posa, né dal loro sguardo rivolto all’esterno
del quadro, è l’attesa, la percezione che debba accadere
qualcosa a momenti [...] un’attesa permanente e palpabile
in cui sono sospesi gli uomini e le donne tratteggiati
a matita, gli animali immobili, i paesaggi con gli alti alberi
e persino le gocce di pioggia. E noi, che rimaniamo in
silenzio di fronte al dipinto siamo già così dentro con la
Bruno Marrapodi, «Villa Tucano», 2014
mente, ipnotizzati dalla miriade di foglioline di un prato
o dalla minuziosa decorazione di un abito» sono queste
alcune tra le tante parole spese su di lei da critici e
curatori. Di Bruno Marrapodi, attivo a Milano, dov’è
nato nel 1982, scrive invece Andrea Lacarpia: «Come
un flâneur del mondo contemporaneo, l’artista vaga per
le strade delle vicende umane [...] Le sue stravaganti
narrazioni pittoriche, essenzialmente consistono in
personaggi rappresentati in luoghi inondati da forme buffe
e visionarie, dai colori psichedelici stesi con campiture
piatte. La rappresentazione è teatrale, artefatta come la
realtà che l’uomo crea nella propria mente». q
Teatro Amilcare Ponchielli, Cremona
edilizia collocabile tra fine ’700 e metà ’800. Una struttura a
campana con due ordini di palchetti realizzata in materiali
poveri (legno dipinto e tela) e una decorazione del 1827 opera
della famiglia Motta. Un convento domenicano risalente al
1332 è invece la sede del teatro della città di Crema. Il Teatro
San Domenico, tra prosa, danza, musica e letteratura, è una
sala atipica, ricavata dalla chiesa del convento che, nella sua
storia secolare, è stata ospedale militare, scuderia napoleonica,
mercato alimentare, cinema e palestra ginnica. Solo dal 1999 è,
a tutti gli effetti, un’affascinante sala teatrale, con 400 poltrone
e un palcoscenico i cui muri riportano affreschi d’epoca.
Tornando al capoluogo, è da visitare, infine, l’edificio del
Teatro «Amilcare Ponchielli». Due sono le forme sostanziali
avute nella sua lunga storia: la prima risale al ’700, la forma
attuale è invece quella del 1808, distrutta poi da un incendio.
L’immediata ricostruzione fu affidata al noto architetto Luigi
Canonica, che s’ispirò al suo maestro Piermarini, creando uno
dei migliori teatri dell’epoca, con sala a ferro di cavallo, quattro
ordini di palchi e galleria, che prese il nome di Teatro della
Concordia. Nel 1824 un nuovo incendio ha parzialmente
distrutto la struttura, subito ripristinata e in vita fino al 1986
quando, passata alla proprietà comunale, è stata sottoposta a
radicale restauro. q
VEDERE A CREMONA
20
Dove se non qui il Museo del Violino In viaggio in tutto il mondo per l’arte
Da settembre 2013 alla storia centenaria della liuteria
cremonese si è aggiunta l’apertura del Museo del Violino
(www.museodelviolino.org), un’importante struttura
capace di essere allo stesso tempo auditorium, museo,
laboratorio di ricerca, centro di studi e luogo dove sono
riunite tutte le collezioni liutarie cremonesi. Il percorso di
visita è articolato in dieci sale, ognuna delle quali dedicata
a un momento particolare della storia o del patrimonio
liutario. Le origini del violino sono indagate attraverso
documenti storici e iconografici, si entra davvero nella
bottega del liutaio, con la presentazione dei materiali,
delle essenze e delle tecniche costruttive. Uno spazio
multimediale illustra le vicende delle più celebri dinastie
liutarie cittadine, preparando il visitatore allo «scrigno dei
tesori», dove sono custoditi i più importanti strumenti di
Stradivari, degli Armati e dei Guarneri. Solo a Cremona,
poi, si possono ammirare gli oltre 700 reperti, disegni,
forme e attrezzi utilizzati da Stradivari nella sua bottega.
La cultura dell’eccellenza, che fin dai suoi primi passi
guida il percorso di realizzazione del Museo del Violino,
trova nell’Auditorium Giovanni Arvedi la sintesi perfetta.
Cardine della sua costruzione è la volontà di offrire a
ognuno dei 464 ascoltatori un’esperienza totalizzante.
«Cremona è la città di Stradivari», è l’espressione che
traduce una verità inconfutabile: Stradivari abita ancora
qui, unendo in un filo diretto e robusto il Museo e le
botteghe, il dna di un’arte e di un «saper fare» che non ha
eguali al mondo. ❑
Ingresso del Museo del Violino
Ma per Gabriella Benedini la città natale è rimasta il luogo dove tornare
S
e n’è andata a 18 anni da Cremona, Gabriella
Benedini, ma la sua città natale le è rimasta nel
cuore: «quando mi ero già stabilita a Milano, andavo
regolarmente a Cremona per vedere mia madre, e ogni volta che
ci sono tornata è stato in fondo fare ritorno da mia madre, alla
mia infanzia e alla mia adolescenza. Quando, nel 2006, Cremona
mi ha dedicato una grande mostra nel Museo Civico Ala Ponzone,
l’ho vissuta anche come un riconoscimento a mia madre, e sono
stata particolarmente felice, in quell’occasione, di donare alcune
mie opere alla città». Gabriella nasce a Cremona nel 1932;
a Milano frequenta l’Accademia di Belle Arti di
Brera e a Parigi tiene le sue prime mostre. All’inizio
degli anni ’60 si stabilisce definitivamente a Milano,
pur essendo un’instancabile viaggiatrice: nel suo lavoro
assumono grande importanza i lunghi viaggi in Africa,
Asia e America. Continua a operare nell’ambito della
pittura, ma è attratta anche da linguaggi diversi (nel 1972
realizza due film in Super 8); nel 1977 è tra le fondatrici
del Gruppo Metamorfosi, con il quale espone in Italia e
all’estero. Dall’inizio degli anni ’80 sperimenta e integra
nel suo linguaggio nuovi materiali, dal collage di carte
e tessuti a frammenti lignei e metallici, spesso raccolti
nei luoghi in cui giacciono abbandonati, proposti così
come sono o elaborati attraverso un intervento pittorico
o di velatura. Le sue opere, che progressivamente hanno
assunto la dimensione del bassorilievo per poi farsi vera
e propria scultura, svelano un immaginario attratto dagli
strumenti di misurazione del tempo e dello spazio, dagli
strumenti musicali e dalla riflessione sul senso e sui
misteri del viaggio, del tempo e della storia. Dal 1989,
inoltre, Gabriella realizza «libri» del ciclo «Bibliotheca»,
contenitori di legno in forma di libro; nel 2012, cento
esemplari unici, creati per i Cento Amici del Libro,
racchiudono un volume di poesie di Maria Luisa Spaziani.
Tra le sue mostre personali
ricordiamo quelle nel Palazzo
NUOVA PITTURA ITALIANA
IRENE BALIA / BRUNO MARRAPODI
8 maggio - 15 giugno 2014
Direzione Artistica Enzo Cannaviello
via Beltrami 18, 26100 Cremona
martedl - sabato 10.30 - 13 e 16 - 20, domenica 16 - 20, lunedl chiuso
www.galleriainterno18.it, [email protected], +39.0372.751672
dei Diamanti di Ferrara nel 1972, nella Pinacoteca Civica di
Como nel 1993, nel Palazzo Magnani di Reggio Emilia nel
2006, nello Spazio Oberdan di Milano nel 2012. Ora, una
sua antologica s’annuncia nel Museo Diocesano di Milano
dal 23 giugno al 28 settembre. ■ Sandro Parmiggiani
C’è un liutaio venuto dall’Est
Cremona è la
città della liuteria.
Da Stradivari ad
Armati, a Guarneri del Gesù,
questa comunità
vanta tradizione
e storia nel settore. Ancora oggi
i liutai cremonesi
continuano a costruire strumenti
che costituisco- Vladimiro Cubanzi nella sua Casa del Violino
no l’eccellenza
della liuteria internazionale. Una delle più giovani e dinamiche
botteghe liutaie cremonesi è quella di Vladimir Kubantsev,
nato a Mosca (Russia) nel 1978 e oggi conosciuto come
Vladimiro Cubanzi, che ci racconta la sua esperienza.
Come si è sviluppata la sua formazione di liutaio?
Parallelamente alla scuola dell’obbligo, terminata nel
1995, frequentavo la scuola di musica nella sezione
di violino e pianoforte, ho cominciato ad avvicinarmi
alla liuteria. Dopo la maturità e la laurea in ingegneria
delle telecomunicazioni e informatica, nel 2000, ho
deciso di trasferirmi a Cremona per frequentare l’Istituto
Professionale Internazionale per l’Artigianato Liutario e del
Legno «Stradivari», dove mi sono diplomato nel 2005 come
maestro liutaio.
Dopo è iniziato il lavoro di bottega?
Ho perfezionato la mia tecnica costruttiva nella bottega del
maestro Andrea Schudtz, mio cugino, e nel 2009 ho scelto di
aprire una bottega di mia proprietà: la Casa del Violino.
Com’è improntata oggi la sua attività?
Costruisco violini, viole e violoncelli, apprezzati dai più grandi
musicisti internazionali, seguendo i canoni della tradizione
liutaia cremonese, nel 2008 sono entrato nell’Associazione
Liutaria Italiana (A.L.I.) e l’anno dopo nel Consorzio Liutai
«Antonio Stradivari» di Cremona.
A quali manifestazioni di settore ha partecipato?
Numerose fiere tra cui a Mosca Musicmesse e a Cremona
Mondomusica e XIII Concorso Internazionale Triennale. ❑
Agraria e mostre a palazzo
Nel centro di Cremona tra le tante architetture storiche di pregio, fa bella mostra
di sé il Palazzo Stanga Trecco (www.cremonacitta.it), riaperto dopo i restauri con
ambienti d’epoca che ospitano anche mostre temporanee. La famiglia Stanga, tra
le più antiche della nobiltà cremonese,
acquista il palazzo nel 1467. Una prima
rappresentazione dell’edificio, è contenuta
Particolare della facciata del Palazzo Stanga Trecco
nella «Pianta della città di Cremona» di
Antonio Campi del 1582, in cui risultano
un impianto a «elle» e un’ampia zona a giardino. Nei primi dell’Ottocento, invece, l’edificio
assume forma quadrangolare, l’impianto quattrocentesco del palazzo è infatti modificato
dall’architetto Faustino Rodi a fine Settecento: l’unica traccia quattrocentesca che
rimane è la facciata rivestita in cotto del lato occidentale del cortile. All’architetto Rodi
è attribuibile anche la realizzazione del maestoso scalone neoclassico. I successivi
interventi risalgono al 1855 a opera dell’architetto Vincenzo Marchetti, autore anche
delle decorazioni degli ambienti interni verso via Palestro e delle stanze al piano terreno
verso il giardino; da allora non si ha più notizia di opere radicali. Attualmente a Palazzo
Stanga Trecco, di proprietà della Provincia di Cremona, trova sede la sezione staccata
dell’ITAS «Stanga» di Cremona, secondo il modo testamentario voluto dall’ultimo
discendente, che ha donato il Palazzo alla Scuola di Agraria. Gli ambienti nobili del
primo piano verso il giardino sono utilizzati invece come spazio espositivo per mostre
temporanee e comprendono anche la pregevole «Stanza Nuziale», recentemente
restaurata e aperta al pubblico. ❑
21
VEDERE A LECCO
Manzoni bloccato dal famigerato patto di stabilità
L’Assessore Michele Tavola lamenta che, pur avendo i soldi, non può iniziare il restauro della Villa
M
ichele Tavola, fuori dalla sua stanza di Assessore alla
Cultura del Comune di Lecco, è uno storico dell’arte.
Fine intellettuale, appassionato di arte antica e
contemporanea e di teatro, ci racconta i sogni e i progetti del
suo mandato.
Il suo scopo pricipale è attirare il turismo culturale:
come pensa di farlo?
Le ragioni possono essere tante, dal paesaggio, non dobbiamo
dimenticare che Lecco sorge tra il lago e la montagna in una posizione
assolutamente invidiabile, ai siti culturali e storici, per tutti posso citare
la Villa Manzoni o un nuovo spazio espositivo donato nel 2012 come
il Palazzo delle Paure, che ospita la mostra «Nel segno di Picasso, 100
incisioni dal periodo blu al dopoguerra» fino al 13 luglio.
Com’è strutturato il settore culturale nel suo Comune?
Oltre all’ottocentesco Teatro della Società, una deliziosa Scala in
miniatura e alla Biblioteca civica, il settore cultura, diretto da Giovanna
Esposito, comprende il Si.m.u.l. Sistema Museale Urbano Lecchese, che
abbraccia la Galleria Comunale d’Arte, il Museo Manzoniano, i musei
Archeologico, Naturalistico e Storico di Palazzo Belgioioso e le sedi
espositive Torre Viscontea e Palazzo delle Paure, dove c’è la sezione
d’arte contemporanea della Galleria Comunale, con opere di Dorazio,
Baj, Castellani, Morlotti e Stefanoni solo per fare qualche esempio.
Sono in calendario appuntamenti importanti in maggio
e giugno?
Sicuramente la mostra su Picasso rappresenta la più importante
occasione del momento, ha già registrato migliaia di visitatori in poco
tempo, è la prima volta che abbiamo Picasso in uno spazio pubblico
lecchese ed è una mostra che conta su 100 opere grafiche di particolare
valore; il giovedì sera, inoltre, la mostra è aperta con visite guidate
e conferenze, mentre le domeniche le dedichiamo alle attività per
i bambini. A maggio, poi, al termine della stagione di sei rassegne
del Teatro della Società, gli appuntamenti teatrali proseguono con il
cartellone di «Altri percorsi», teatro sperimentale dedicato specialmente
a un pubblico giovane. Avremo Pippo Delbono, uno spettacolo dedicato
a Pantani, nel decennale della scomparsa e un intervento del Teatro
Tascabile di Bergamo, solo per ricordarne alcuni.
Si è prefisso
un obiettivo da
raggiungere?
In teatro è stato moltiplicato il
pubblico, con 4 anni di lavoro
siamo arrivati a registrare il
tutto esaurito in molte stagioni.
Abbiamo cambiato l’orario della Biblioteca Civica, garantendone
l’apertura continuata durante il giorno e, nonostante la crisi, abbiamo
aperto il Palazzo delle Paure. La cosa che manca, però, è far partire i
restauri di Villa Manzoni. Lecco significa Manzoni e la sua casa-museo
ha assoluta necessità di questo restauro. Il Comune ha i fondi e un
progetto esecutivo, ma tutto è bloccato dal famigerato patto di stabilità.
Stiamo tentando di dialogare con Regione e Governo, senza chiedere
fondi ma soltanto di darci la possibilità di una deroga al patto per
salvare un monumento di simile entità, anche nell’ottica del turismo
internazionale dell’Expo 2015.
q Giorgio D’Orazio
LODI Il giramondo
Simonetta Pozzoli ha un sogno nel cassetto stanziale
A
ssessore alla Cultura del Comune di Lodi e vicesindaco
della stessa amministrazione, Simonetta Pozzoli ci
racconta sogni, progetti e ambizioni del suo mandato.
Quali eccellenze culturali vanta il suo Comune?
Il Tempio Civico dell’Incoronata sorto nel 1488 su disegno di
Giovanni Battaggio, capolavoro del Rinascimento lombardo a
pianta ottagonale, affrescato dalla famiglia Piazza e da Ambrogio
da Fossano, detto il Bergognone; la chiesa di San Francesco, in
stile romanico gotico che risale al decennio 1280-90; l’ex chiesa di
San Cristoforo ultimata nel 1586 su progetto di Pellegrino Tibaldi.
Inoltre Lodi vanta un’antica tradizione nell’arte della decorazione
e lavorazione della ceramica, che ha dato vita nel XVI secolo a
una grande attività artistica grazie alle manifatture di Rossetti,
Ferretti, Coppellotti e Dossena. La produzione conosciuta come
Ceramica Vecchia Lodi, è custodita in una collezione. Vi è poi il
Museo Paolo Gorini, con la collezione anatomica dello scienziato,
ubicata in una sala del Vecchio Ospedale affrescata nel 1593 da
G. C. Ferrari; un importante archivio degli scritti della poetessa
Ada Negri; il Museo della Stampa e della Stampa d’arte, con una
delle più ampie raccolte di macchine e attrezzature per la stampa
in Italia. Infine il complesso architettonico del Banco Popolare di
Renzo Piano, con un auditorium per eventi musicali. Com’è è organizzata la rete culturale lodigiana?
Abbiamo avviato un progetto finanziato dalla Fondazione Cariplo,
intitolato Ruota della Cultura, che mette a sistema gli eventi più
rilevanti in ambito musicale, teatrale, letterario
e artistico e le associazioni che li promuovono in
collaborazione con l’Amministrazione comunale.
Quali sono gli eventi culturali di
spicco tra maggio e giugno?
Il Festival dei Comportamenti, che raccoglie
incontri e laboratori su tematiche di
carattere antropologico, psicologico,
sociale, politico e religioso. Il TuttoilMondo
Festival, che presenta eventi culturali
promossi da associazioni di cittadini stranieri presenti in città.
L’evento intitolato Musica e Tesori, che valorizza attraverso
manifestazioni musicali i beni storici e architettonici di Lodi.
Vorrei anche ricordare un grande evento autunnale, il festival
della Fotografia Etica, unico nel panorama nazionale, con la
quinta edizione in ottobre.
Qualche sogno nel cassetto della sua scrivania di
Assessore?
Compiere un decisivo passo avanti come Amministrazione, in
collaborazione con le associazioni culturali, nella realizzazione del
progetto del polo Museale, a oggi solo abbozzato. Ma il «sogno
culturale» più bello sarebbe quello di attuare una sinergia tra la
cultura e la scuola, che veda quest’ultima soggetto attivo della
produzione della cultura in città e più impegnata come luogo di
eventi culturali, soprattutto nelle periferie. q
Aldo Spoldi ha deciso di scivolare
A
ldo Spoldi è nato nel 1950 a Crema, città ricca di storia
e monumenti non lontana da Lodi, dove tuttora vive
e lavora. Studia al Liceo Artistico e all’Accademia di
Brera a Milano, dove sarà poi docente. All’inizio degli anni
Settanta si accosta all’Arte Concettuale, alle esperienze
teatrali e alle performance, che segneranno buona parte
del suo lavoro futuro. Tiene la mostra personale d’esordio
a Milano, nel 1978, alla Galleria Diagramma Inga Pin.
Presto il suo lavoro pittorico supera il rigore dell’arte
concettuale e si sviluppa secondo una figurazione
pop affidata a un’insolita struttura: dipinti, realizzati prima
a pastello e poi a colori caldi e squillanti, scomposti in
molteplici frammenti, poi assemblati l’uno accanto all’altro
sulla parete, dando visivamente l’idea di una ricomposizione
dopo il caos. L’artista è affascinato dall’iconografia popolare
(manifesti, calendari, album delle figurine) e dalle scritte che
rimandano alle insegne pubblicitarie d’epoca e al lettering
dei fumetti. Dall’opera di Spoldi si sprigiona un senso
d’infinita libertà e di debordante fantasia: la pittura è per
lui uno strumento capace di ribaltare la logica e il concetto
prevalenti in un sottile gioco d’ironia. Tra i cicli dei primi
anni Ottanta, ricordiamo quelli legati a opere letterarie,
come «Il Circolo Pickwick» e «I dolori del giovane Werther».
Spoldi espone in Italia e all’estero: a Milano, Parigi e New
York. Tra le mostre pubbliche ricordiamo
quelle in cui presenta due opere liriche
da lui composte: «Enrico il Verde» nella
Rotonda della Besana di Milano, nel 1987, e
«Capitan Fracassa» nel Museo Pecci di Prato
nel 1989. Nel 1982 è alla Biennale di Venezia. Renato Barilli
lo inserisce nei «Nuovi-nuovi» e Flavio Caroli lo invita alle
mostre del «Magico Primario». Artista eccentrico e geniale,
mai incasellabile in alcuna definizione, abitato dallo
spirito Fluxus, dal desiderio istintivo di fare entrare l’atto
creativo nella vita quotidiana e da una sorta d’incancellabile
innamoramento per il gioco, nel 1988 Spoldi costituisce
la Società artistica «Oklahoma», il cui scopo è di
realizzare operazioni estetiche e denunciare le analogie tra i
criteri di attribuzione del valore nel sistema dell’arte e della
finanza; con alcuni studenti dell’Accademia di Brera, dà vita
poi al progetto didattico «Cristina Show». L’ultima, recente
creazione è l’«Accademia dello Scivolo», nata per operazioni
ludico-estetiche che denuncino l’insensatezza di tante
regole della società contemporanea. La prima operazione è
stata uno scambio tra un pezzo di terra del Comune e una
scultura; una «banda» di amici di tutte le età, che ha assunto
quel nome, vuole riscoprire il piacere del gioco, all’insegna
de «I ragazzi della via Pál». n
Tino Stefanoni parla
dell’artista Stefanoni
T
ino Stefanoni nasce nel 1937 a Lecco, dove tuttora vive
e lavora. «Sono stanziale per natura, confessa Stefanoni,
anche se le mostre mi hanno portato in tanti paesi lontani,
dal Sudamerica al Giappone, a Parigi, alla fine, tuttavia, ho fatto
sempre ritorno qui». Studia alla Facoltà di Architettura del
Politecnico di Milano. Comincia a esporre nel 1963, ma la
consacrazione arriva nel 1967, con la vittoria del Premio San
Fedele di Milano e nel 1968, con la personale nella Galleria
Apollinaire di Guido Le Noci a Milano, con testo in catalogo
di Pierre Restany. Da allora, molte sono state le personali in
spazi pubblici e privati, in Italia e all’estero. Ricordiamo, tra le
tante, le partecipazioni alla Biennale di Venezia nel 1970
e nel 2011 e le esposizioni nel Palazzo dei Diamanti di Ferrara
nel 1977, nel Museo ICC di Anversa nel 1981, nella Stadtgalerie
di Sundern nel 1992, nei Chiostri di San Domenico di Reggio
Emilia nel 1999, nel Palazzo Forti di Verona nel 2002, nel
Palazzo Pubblico Magazzini del Sale di Siena nel 2006 e a
gennaio 2014 nel Palazzo delle Stelline di Milano. Attualmente
Stefanoni sta lavorando ai dipinti colorati, che realizza
dal 1984, e alle più recenti «sinopie», dal segno forte che
sfuma nell’aria, da presentare nei prossimi mesi nelle sue
personali in importanti gallerie di Neuchâtel, Stoccolma
e Seul. Stefanoni fornisce un’interpretazione autentica
del proprio lavoro, rivelandone gli aspetti fondanti. Scrive
impersonalmente di sé: «Il lavoro di Tino Stefanoni, pur non
appartenendo in senso stretto a quello dell’Arte Concettuale, di fatto si
è sviluppato nella stessa area di ricerca. L’artista ha sempre guardato
al mondo delle cose e degli oggetti del quotidiano, proponendoli nella
loro più disarmante ovvietà, come tavole di un abbecedario visivo o
pagine di un libretto d’istruzioni dove le immagini sostituiscono le
parole. A differenza del mondo animale e del mondo vegetale, che
non sono di pertinenza dell’uomo, il mondo delle cose è invece l’unico
segno tangibile della sua esistenza, traccia del suo pensiero e della sua
storia dove si possono creare arte e bellezza che non sono l’arte e la
bellezza della natura. È evidente, nella ricerca di Stefanoni, l’interesse
a voler presentare le cose più che a volerle rappresentare e, al tempo
stesso, a rivestirle di sottile ironia e magia tratte da un’operazione
asettica come in un sogno lucido che può far convivere elementarità e
mistero, due elementi che per loro natura
non sono affatto prossimi, ma vicini per
contrappunto. Anche nei dipinti recenti,
dove i canoni della pittura classica (nel
senso stretto del termine) sono volutamente
esasperati a favore di una didattica del
pittorico (luce, chiaroscuro, disegno, colore),
si rivela sempre il mondo delle cose, che si
carica naturalmente di significati metafisici,
gli stessi significati dei dipinti dal tratto
nero e sfumato, definibili come sinopie dei
precedenti». n
VEDERE A MANTOVA
22
Sono un politico intellettuale, vediamo se me la cavo
A un anno dalla nomina ad assesssore alla Cultura del Comune Marco Tonelli spiega la sua strategia fatta di
commistione tra antico e contemporaneo, restauri e rilancio del turismo
M
arco Tonelli (Roma, 1971), storico dell’arte, è da meno
di un anno Assessore alla Cultura e al Turismo del
Comune di Mantova. Il suo arrivo è stato segnato
da un ciclo di esposizioni, «La Casa degli Dei», dove Fabrizio Plessi, Bill Viola e poi Candida Höfer (fino al primo
giugno) hanno dialogato con gli spazi di Palazzo Te. In
autunno è la volta di Mimmo Paladino e nel 2015 conclude il ciclo Ai Weiwei. Il 6 giugno, sempre a Palazzo
Te, inaugura «Dove Come Quando», con 20 sculture di
Bertozzi & Casoni, fino al 20 agosto. Mantova, tuttavia,
non guarda solo al contemporaneo. Fervono i lavori per
recuperare edifici storici chiusi dopo il terremoto o i cui
lavori di ristrutturazione non erano stati avviati o completati. È stata riaperta la Biblioteca Teresiana, chiusa da
diciotto anni; si stanno completando i restauri della Torre
dell’Orologio e del Palazzo della Ragione e della Camera
degli Sposi a Palazzo Ducale; a Palazzo Te è stato riaperto
il Giardino Segreto; Italo Rota sta lavorando a un progetto
di ristrutturazione del Palazzo del Podestà. Ogni anno
A un anno dalla nomina ha fatto le prime
verifiche e si scontrato con le risorse calanti:
pensa di cavarsela?
Il ruolo di un assessore alla cultura e al turismo non
credo debba essere quello di trattare la cosa pubblica
come un museo o una fondazione d’arte, ma certo
da queste istituzioni si possono prendere a modello
alcuni comportamenti. Quelli soprattutto che sanno
innovare, proporre programmi, sensibilizzare a un
discorso non mirato a portare voti, ma a cambiare
mentalità. Il sottofondo deve però essere quello di
un confronto costante con i cittadini, per i quali la
cultura è spesso parola troppo generica e legata a grandi
eventi e a un turismo portatore di indotti e di pubblico
pagante, aspetti comunque da non sottovalutare. Le
risorse calanti le ritengo un fattore spesso positivo. Non
puoi più permetterti sprechi come nel passato, devi limare
e ottimizzare tutto.
Come è riuscito a fare convivere la precedente
attività di critico e curatore con questo nuovo impegno?
Dovendo riassumere una strategia: il mio operato a Mantova è
improntato a cercare di rompere alcune logiche forse ormai desuete
(quelle messe in atto quando i capitali pubblici e privati erano tanti),
in una città poco avvezza a parlare linguaggi della contemporaneità,
ma desiderosa di farlo. Le contaminazioni a Palazzo Te tra arte antica
e contemporanea hanno proposto un modo diverso di vivere l’antico
e trovato adesioni soprattutto da parte di chi aveva sete di linguaggi
dell’oggi. n Sandro Parmiggiani
Profilo di Mantova dal lago
Nel monastero c’è un museo
A San Benedetto Po nel Museo Civico Polironiano 10mila oggetti
raccontano 2mila anni di storia del mantovano e dell’ordine benedettino
È
In alto due particolari di Palazzo Te: la sala di Amore e Psiche e il
Cortile; in basso un’installazione di Fabrizio Plessi nella Sala dei Giganti
all’inizio di settembre (quest’anno dal 3 al 7) Festivaletteratura calamita in città migliaia di persone.Di tutto questo ci
parla Marco Tonelli.
Perché ha deciso di fare l’Assessore alla Cultura?
È un’esperienza nuova e stimolante. Avrei potuto applicare
metodologie critiche della mia professione in un campo che
solitamente è in mano a politici, spesso poco competenti in
materia. È una sfida per verificare se le conoscenze acquisite nel
campo potessero offrire un approccio più umanistico e tecnico alla
pianificazione di una politica culturale. Il cuore di questa sfida
sta tutto nella capacità di dialogare con una realtà concreta come
quella sociale piuttosto chiusa in recinti per addetti ai lavori. In
tanti in Italia si sono cimentati in sfide del genere con alterne
vicende (penso in passato a Daverio, Sgarbi, Cacciari, Boeri e ora
Vettese a Venezia, Givone a Firenze, Cavadini a Como, Tavola a
Lecco, Pulini a Rimini, Miracco a Trieste, Del Corno a Milano), segno
di una tendenza importante.
un contenitore di memorie e saperi dedicato al Po e
alle sue genti, il Museo Civico Polironiano (www.
museocivicopolironiano.it) di San Benedetto Po
(Mantova), dove la storicità del monumento sede del museo
dialoga con la contemporaneità di parte dei pezzi esposti
al suo interno. Con circa 10mila oggetti, dai materiali
della civiltà e del lavoro rurale a una straordinaria
collezione di burattini e marionette antichi, fino a un
importante fondo fotografico d’epoca e a una biblioteca
specializzata, è uno dei maggiori musei etnografici della
Lombardia. Restaurato e riqualificato tra il 2009 e il 2011,
il museo è collocato negli ambienti che furono i dormitori,
lo scriptorium e la biblioteca del monastero benedettino
di Polirone, la «Montecassino del nord», fondato nel 1007
da Tedaldo di Canossa e soppresso nel 1797 da Napoleone
Bonaparte. L’istituzione museale propone un itinerario in
cinque parti: la prima presenta le più tipiche produzioni
agroalimentari dell’area padana; la seconda illustra i
principali mutamenti dell’assetto sociale e della vita
comunitaria del territorio nell’ultimo secolo; la terza narra
le profonde trasformazioni del paesaggio e dell’ambiente
naturale operate dall’uomo e i lasciti dovuti alla presenza
monastica; la quarta documenta usanze tradizionali e
devozioni popolari degli abitanti del bacino del Po; la quinta
Da sinistra, lo scalone del museo e alcuni reperti
MUSEO CIVICO POLIRONIANO
San Benedetto Po (MN)
A pochi chilometri da Mantova, nei suggestivi ambienti di un ex monastero
benedettino, si trova uno dei maggiori musei etnografici di Lombardia.
Tel. 0376/623036
[email protected]
www.museocivicopolironiano.it
parte, infine, è dedicata ai linguaggi e ai generi artistici, di
matrice popolare e d’autore, che hanno saputo valorizzare
il patrimonio ambientale e culturale legato a questa terra, al
suo fiume e ai suoi miti.
Un paesaggio, quello di San Benedetto Po, in cui l’operosità
dell’uomo si fonde con la tranquillità della natura e dove i
suoni della vita produttiva si perdono nei silenzi dell’aperta
campagna, costellata da oratori, ville abbaziali, pievi
matildiche, caseifici e corti agricole, mentre la preziosa opera
di bonifica dei monaci è ancora visibile nelle storiche idrovore
monumentali. Duemila e più anni di storia sedimentati nelle
strutture del complesso monumentale dell’Abbazia di San
Benedetto in Polirone, fulcro di questi luoghi che consente un
percorso attraverso mosaici, affreschi, reperti archeologici,
elementi architettonici e decorativi, statue e testimonianze
della cultura materiale, dall’anno di fondazione a oggi. Un
percorso capace di testimoniare come il monastero abbia
conservato nel tempo la memoria, l’arte (ci sono opere di
Giulio Romano, Antonio Begarelli, Paolo Veronese,
Correggio e Girolamo Bonsignori) e la cultura dei secoli,
permettendo di rileggere il monachesimo benedettino, le
gesta della contessa Matilde di Canossa e del periodo della
Riforma, in una prospettiva europea e internazionale.
q Giorgio D’Orazio
23
VEDERE A MANTOVA
Quelle sculture ingannano
A Palazzo Te le ceramiche policrome di Bertozzi & Casoni,
tra le invezioni più stupefacenti e innovative degli ultimi decenni
L
e sale di Palazzo Te (www.palazzote.it), dal 7
giugno al 20 agosto, sono abitate dalle sculture
in ceramica policroma di Bertozzi & Casoni, la
sigla con cui operano, dal 1980, Giampaolo Bertozzi (Borgo
Tossignano, Bologna, 1957) e Stefano Dal Monte Casoni
(Lugo di Romagna, Ravenna, 1961). L’esposizione, «Dove
Come Quando», curata da Marco Tonelli, presenta 19 opere
emblematiche del linguaggio di Bertozzi & Casoni: lavori
in cui si mescolano e ibridano realtà e finzione,
meraviglia e sguardo ordinario, inganni visivi e
trasalimenti della mente che rasentano la follia, in
assoluta sintonia con l’atmosfera di festa, svago e piacere
L’artista che aveva
stregato il conte
Nello studio di Sonia Costantini
S
onia Costantini è nata a Mantova nel 1956, e vi continua
ad abitare. Forse anche per il tipo di pittura che ha
tenacemente voluto fare, ha sempre scelto di avere
studi fuori dalla città, ai margini della campagna. Il suo
studio attuale è in una piccola frazione, a Stradella di
Bigarello. Sonia si è installata da alcuni anni in un atelier, ex
falegnameria. Sulle pareti o sui cavalletti sono allineati i suoi
dipinti monocromi, di varie dimensioni, spesso coperti da una
tela bianca per evitare che il pulviscolo si vada a posare sui
minuscoli rilievi a olio che ne increspano la superficie e ne
trasformano la visione, a seconda della posizione da cui li si
guarda. Qui, e nelle altre stanze, è tutto un fiorire di colori.
I quadri di Sonia
Costantini richiedono
un tempo lungo e
un’adesione totale per
venire alla luce: non è un
caso che la sua produzione
annuale di dipinti non
vada oltre 35-40 unità.
Dopo una stesura di fondo,
velatura su velatura,
realizzata con un colore
acrilico opaco, Sonia ricrea
lo stesso colore a olio e
comincia a stenderlo con
una piccola spatola che
lei stessa si è costruita,
inseguendo vibrazioni
e incidenze della luce
generate dal colore lucido e riflettente. Potremmo definire
queste sue opere «tableau-piège», non tanto nel senso loro dato
da Daniel Spoerri, che fissa su una superficie degli oggetti, ma
di dipinti che «catturano la luce». La scelta di un colore rispetto
a un altro è legata ai sentimenti del momento, a stati d’animo,
a percezioni sensoriali. Nei pastelli su carta, splendidi, la
Costantini riesce a piegare il mezzo, così diverso, per catturare
bagliori, linee di luce e incupimenti che vagano e si rincorrono
sulla superficie. In Italia, espone da anni con la Galleria Il
Milione di Milano e altre gallerie, all’estero con le Gallerie
Gottfried Stracke di Colonia e Florian Trampler di Monaco
che hanno fatto entrare le sue opere in importanti collezioni.
A Monaco si è da poco conclusa una sua mostra di dipinti e
pastelli all’Istituto Italiano di Cultura. All’Arena 1 Gallery di
Santa Monica si è appena aperta la collettiva «Overpainting»,
cui partecipa. Infine occorre ricordare che Giuseppe
Panza di Biumo era stato affascinato dai dipinti di Sonia
Costantini, acquistandone parecchi, una rara eccezione
autoctona per una collezione quasi soltanto americana.
Scrive Panza nel 2008 sulle opere di Sonia: «Il colore, da una
riflessione luminosa senza corpo e indistinta, diventa qualcosa di
sostanziale ma intensamente dinamico, da una condizione statica a
qualcosa che diviene. Il colore diventa forte, potente, quasi aggressivo
e contemporaneamente inconsistente, una massa senza massa. […] Per
questa stranissima realtà quotidiana sento un inesauribile desiderio di
vedere i quadri di Sonia». n
dei sensi che la residenza, progettata da Giulio Romano su
commissione di Federico II Gonzaga e costruita tra il 1524 e
il 1534, ha saputo suscitare nei secoli.
A corollario della mostra, una sezione didattica rivela i
segreti del lavoro di Bertozzi&Casoni, confermando la loro
magistrale conoscenza tecnica e inventiva nel campo della
scultura in ceramica policroma. Accompagna la rassegna
un catalogo bilingue (italiano/inglese), edito da Umberto
Allemandi & C., con testi di Marco Tonelli, Ugo Bazzotti,
storico dell’arte e vicepresidente dell’Accademia virgiliana, e
un’intervista agli artisti di Jolanda Silvestrini, curatrice degli
archivi Bertozzi & Casoni. n
«Scegli il
paradiso»
del 2007
l’opera in
ceramica del
duo di artisti
Bertozzi &
Casoni
Comune di Mantova
Settore Cultura, Turismo e Promozione della Città
Via Frattini, 60 - 46100 Mantova
T. +39 0376 338627 – 680 – 645 - F. +39 0376 2738072
www.comune.mantova.gov.it
[email protected]
info e approfondimenti
www.cittàdimantova.it • www.mantovasabbioneta-unesco.it • www.palazzote.it • www.museodellacitta.mn.it
VEDERE A MONZA BRIANZA
24
A tutta velocità nei circuiti culturali della villa di Monza
I programmi di Francesca Dell’Aquila tra itinerari storico-artistici
e la prossima apertura dei Musei civici cittadini
F
rancesca Dell’Aquila, Assessore alla Cultura del Comune
di Monza ha l’obiettivo, di concerto con l’Assessorato
al Turismo, di coniugare gli elementi più prettamente
culturali con quelli di attrattiva del territorio attraverso la
capacità di fare rete e di collegare la città in «corridoi» culturali
e turistici ampi.
Quali sono i motori del turismo culturale a Monza?
L’offerta culturale è molto importante, sia in termini di valorizzazione
degli splendidi beni artistici monumentali della città, sia in termini di
eventi culturali organizzati. Ma tale valorizzazione va intesa in senso
ampio, quale inserimento in un contesto complessivo che porta il turista
culturale a venire a Monza per vivere l’offerta culturale ma anche la
città nel suo complesso: accoglienza, enogastronomia, artigianato. La
nostra città offre molto e l’anno in corso è particolarmente significativo
per la fine dei restauri e l’apertura al pubblico della Villa Reale, la
reggia ideata dal Piermarini e voluta da Maria Teresa d’Austria che
sarà sede di rappresentanza di Expo 2015, per l’apertura dei Musei
Civici e per la fine dei lavori di restauro della Cappella di Teodelinda
nel Duomo.
Come gestite il settore cultura?
Mi avvalgo di una struttura composta da personale molto competente
e professionale, il lavoro di squadra è molto importante, sia nei singoli
progetti, sia in relazione alla volontà di cogliere quelle opportunità di
collegamento tra tematiche e settori, come eventi espositivi coniugati
ad attività culturali o il coinvolgimento delle biblioteche eccetera, che
portano poi a progetti diffusi in città.
Tra maggio e giugno quali sono i
principali eventi culturali?
È in corso fino all’8 giugno, nel palazzo
dell’Arengario, «Table», una mostra dedicata
cibo e alimentazione nella storia dell’uomo che
ha ottenuto il patrocinio di Expo e la collaborazione della Commissione
Europea; sono esposte opere di artisti internazionali e offerti laboratori
e visite guidate Da giugno, per un mese, si terrà il tradizionale
appuntamento con gli eventi della Sagra di San Giovanni, che animeranno
la città. In estate, poi, ci sarà in prima assoluta «TheGatheringStorm,
dai Pink Floyd ai Muse», mostra delle fotografie realizzate da Storm
Thogerson per le copertine di alcuni dei più importanti album della storia
della musica recente.
C’è un prossimo obiettivo?
L’apertura a breve, entro il 2014, dei Musei Civici nella cinquecentesca
Ex-Casa degli Umiliati. È un obiettivo estremamente importante e
significativo per la città di Monza, con 140 opere selezionate tra le migliaia
delle raccolte civiche monzesi che troveranno una stabile sede espositiva
che si arricchirà, man mano, di ulteriori esposizioni temporanee. Un
evento che la città di Monza attende da molti anni e al quale l’attuale
Amministrazione sta lavorando fin dal suo insediamento. q
L’ARTE E IL DESIGN A 360°
A soli 20 minuti dal centro di Milano e comodamente
raggiungibile con il treno, una struttura architettonica
innovativa che conserva una collezione permanente
con i più importanti nomi dell’arte del secolo scorso
(Vedova, Birolli, Appel, Tàpies, Dorazio, Schifano,
Morlotti solo per citarne alcuni).
Il MAC di Lissone propone una ricca programmazione
espositiva rivolta alla contemporaneità, due prestigiosi
premi con cadenza biennale (il Premio Lissone d’Arte e
il Premio Lissone Design) dedicati ai talenti più brillanti
del panorama artistico e del design internazionale, attività
di educazione al patrimonio e di didattica museale rivolte
alle scuole, alle famiglie e agli adulti, appuntamenti
musicali e cicli di conferenze di approfondimento
sugli artisti e i designer del presente.
Lissone,
che collezione
Nel Museo di Arte Contemporanea una
esemplare raccolta degli ultimi 40 anni
©DAVIDE DI TRIA
C
Informazioni
MAC - Museo d’Arte Contemporanea di Lissone
Viale Padania 6 (fronte stazione FS), 20851 Lissone (MB)
e-mail [email protected]; tel. +39 039 2145174
sito web www.museolissone.it
on Alberto Zanchetta
conosciamo il Museo di Arte
Contemporanea di Lissone,
da lui diretto, un contenitore per
opere d’arte e attività espositive e
didattiche, un asset della provincia di
Monza e Brianza.
Come si è costituito il Museo
e qual è stata l’importanza del
Premio Lissone di Pittura?
Le collezioni risalgono al 1946, quando
prese avvio il Premio, manifestazione con
riscontri internazionali protrattasi fino al
1967. Nelle varie edizioni furono acquisite le
opere oggi nucleo fondante della collezione
permanente, la raccolta storica del museo,
che documenta la stagione dell’Informale in Europa e i prolegomeni
della Pop Art, con importanti testimonianze della figurazione e
dell’astrazione del secondo Novecento. Dal 2000, con l’inaugurazione
della nuova sede, le raccolte si sono ampliate per testimoniare il
divenire dell’arte in Italia degli ultimi quarant’anni. Oggi il MAC è
l’unica realtà museale di arte moderna e contemporanea riconosciuta
dalla Regione Lombardia nella provincia di Monza e Brianza.
Quali sono gli autori e le opere di spicco della
collezione?
Di particolare pregio abbiamo un dipinto polimaterico di Antoni
Tàpies del 1956, «L’immagine del tempo» di Emilio Vedova del 195859, un’estroflessione di Bonalumi del 1976, un monocromo di Mario
Schifano del 1960 e un piccolo ma significativo lavoro di Giorgio de
Chirico. Al clima della Pop Art appartengono le opere di Patrick
Hughes, Peter Klasen e Valerio Adami, tra gli informali dipinti di
Marfaing, Mathieu, Feito, Thieler e Schneider.
Con la nuova sede inaugurata nel 2000, quali sono state
le attività più rilevanti?
Tra le mostre monografiche quelle su Le Corbusier nel 2003, Tàpies
nel 2005, Adami (2006), i fratelli Giorgio de Chirico e Alberto Savinio
nel 2007-08, Pistoletto e la Cittadellarte nel 2012, Franco Grignani e
Studio Alchimia nel 2013. Tra le collettive «Le vie dell’Avanguardia nelle
collezioni della Città di Locarno» nel 2004, «I.DOT Design on tour» nel
2006 e «Il Grande Gioco» nel 2010. Inoltre il museo svolge un’importante
funzione educativa e sociale, con laboratori didattici e serate a tema.
Quali sono oggi le mostre visibili?
Le personali di Nicola Samorì, con sole sculture e di Nicola Verlato,
con un articolato progetto su Pier Paolo Pasolini (dal 10 maggio al 15
giugno); Lucio Pozzi dipingerà il 10 maggio una tela di 10 metri per 8
ore consecutive alla presenza del pubblico. Il 28 giugno inauguriamo
una retrospettiva sulle opere degli anni Sessanta di Winfred Gaul
25
VEDERE A MONZA BRIANZA
Il Museo di Vimercate nei primi
tre anni è stato subito premiato
A
perto nel novembre 2010 il Museo del Territorio
Vimercatese, noto come Must (www.museomust.
it), ospita nella settecentesca Villa Sottocasa oggetti
che vanno dai reperti romani alla scultura antica, al design
e molto altro ancora. Si pone come un narratore di storia,
arte, economia e società della parte orientale della Brianza,
con 14 sale, disposte su circa mille mq. Il museo raccoglie
opere e reperti archeologici rinvenuti sul territorio, statue
trecentesche provenienti dalla chiesa plebana, dipinti
cinquecenteschi dei feudatari e ritratti della famiglia
Sottocasa, proprietaria della villa, tra questi un dipinto di
Mosè Bianchi che raffigura Elisabetta Sottocasa. Il percorso
espositivo contempla alcuni ambienti originali della villa
nobiliare, come l’Oratorio, dove è presente come pala d’altare
un’Immacolata del Legnanino. Dell’età contemporanea
sono invece presenti oggetti della produzione industriale
di aziende locali, tra cui IBM, STAR e Bassetti.
Il museo integra il patrimonio di reperti e opere d’arte con
plastici, filmati, apparati multimediali e interattivi,
per raccontare al meglio il territorio vimercatese: una
narrazione evocativa e scientifica della storia e delle culture
locali. Al progetto di allestimento del Must hanno collaborato
ricercatori e docenti delle università milanesi.
Nei primi tre anni di apertura i visitatori sono stati oltre
36mile e le attività organizzate oltre 300, tra cui 16 mostre
temporanee. Un’intensa attività per cui nel 2012 il Museo
del Territorio di
Vimercate è stato tra i
finalisti dell’European
Museum of the
Year Award e si è
aggiudicato il premio
al miglior nuovo
allestimento italiano
dell’International
Council of Museum. ❑
A Zoccorino Besana per 40 anni era vissuto Bruno Chersicla, affascinato
dalle avanguardie mitteleuropee e autore di sculture lignee policrome
U
n anno fa, il 3 maggio 2013, è morto Bruno Chersicla.
Negli ultimi giorni della sua vita era tornato nella casa di
famiglia a Trieste, dove era nato nel 1937. Aveva vissuto
prima a Milano e poi per quarant’anni a Zoccorino, una piccola
frazione del Comune di Besana (MB), dove si era stabilito in
un’antica filanda, popolandola di figure a grandezza naturale,
ritratti e oggetti: sculture in legno dipinto che lui realizzava
tagliando e assemblando mediante perni di acciaio; blocchi
che rivisitano le forme della geometria solida e piana. Scultore,
pittore, disegnatore, Chersicla era un grande appassionato
di musica jazz. Mitteleuropeo per cultura, aveva innestato
nelle proprie passioni per la musica e la letteratura l’amore
per l’arte, che in lui, affascinato dalle esperienze del Futurismo
e del Surrealismo, del Bauhaus e dell’Informale, si era
caratterizzato per rigore di rapporti tra linee e forme e per
purezza del disegno. Protagonista, negli anni ’60, dei gruppi
d’avanguardia triestini, Chersicla si era trasferito a Milano
nel 1966, insegnando per anni Graphic Design e realizzando
scenografie. Dagli anni ’70 si dedica alla scultura lignea:
forme ambigue e ambivalenti, scomponibili, espressioni
figurative di ritratti, persone, oggetti, miti della modernità
che restano tuttavia insondabili
enigmi, visti attraverso le lenti
della provocazione e dell’ironia,
sentimenti che ritroviamo nei
dipinti e nei disegni del ciclo «Le
città della mente», realizzati negli
ultimi anni ed esposti a Parigi nel
2010. Chersicla tenne la mostra
personale d’esordio alla Galleria del Girasole di Udine nel 1962.
La sua attività espositiva è continuata con mostre personali
e di gruppo in Italia e all’estero, in musei e gallerie
private. Ricordiamo le esposizioni personali nei Chiostri di San
Domenico di Reggio Emilia, nel 1994, nel Museo Revoltella di
Trieste, nel 1997, e nel Palazzo Te di Mantova, nel 2010. Tra le
mostre di gruppo occorre almeno citare la partecipazione ad
«Amici scrittori» nella Rotonda della Besana di Milano, invitato
da Fernanda Pivano nel 1984, e a «Trouver Trieste» al Beaubourg
e alla Conciergerie di Parigi nel 1985. Nel 2001 Chersicla entra
nel Guinness dei primati per il dipinto più grande del mondo:
«L’Europa e Trieste», sul selciato della Piazza dell’Unità d’Italia
nella città natale. ■ Sandro Parmiggiani
PAVIA
A misura d’uomo Il Leone d’Oro
vicino a Milano di Torricella
COURTESY ARIANNA VICAMINI
Un Must
finalista europeo
Il dipinto più grande del mondo
CURTESY MAURIZIO FRULLANI
(aperta fino al 27 luglio); e stiamo valutando di annettere una suo
lavoro in collezione. In ottobre sono previste diverse altre acquisizioni,
legate al nuovo corso del Premio Lissone Pittura.
Avete realizzato nuove acquisizioni?
Dall’anno scorso a oggi le nostre collezioni
permanenti si sono arricchite di 23 opere di
Franco Grignani, Arcangelo, Marco
Cingolani, Andrea Di Marco,
Matteo Fato e molti altri.
❑ Giorgio D’Orazio
M
atteo Mognaschi, Assessore alla Cultura e
Vicesindaco del Comune di Pavia, fa il punto sul
panorama Cultura della città.
Su quali motivi convincenti intendete stimolare il
turismo culturale a Pavia?
La nostra è una città ricca di cultura, storia e anche splendidi
paesaggi naturali. Sole per fare qualche esempio abbiamo
le reliquie di Sant’Agostino, le splendide chiese del romanico
lombardo e la basilica di San Michele, dove venivano incoronati
gli imperatori del Sacro Romano Impero. Abbiamo il vantaggio di
essere vicini a Milano, ma di restare una città a misura d’uomo.
Com’è organizzato il settore Cultura del Comune?
È snello ma con grandi potenzialità e professionalità. Oltre al
lavoro amministrativo ordinario gestiamo l’Ufficio informazioni
turistiche, i Musei Civici della città presso il Castello Visconteo e
anche l’Associazione Pavia Città Internazionale dei Saperi, che
raduna tutte le eccellenze culturali cittadine.
Quali sono gli eventi culturali in programma a
maggio e giugno?
Cito sicuramente il più noto e importante, il Palio del Ticino,
che il 7 e l’8 giugno anima la città rievocando antiche tradizioni
pavesi, un evento seguitissimo che inaugura la Festa del Ticino,
Alcuni reperti esposti in una sala del museo
manifestazione che prosegue
fino a settembre.
Ha un traguardo
fissato nel breve
periodo?
Stiamo andando verso il
rinnovo dell’amministrazione
comunale e sono orgoglioso
nell’ultimo anno di aver
coinvolto tante energie pavesi
nella vita culturale della
città. Sono particolarmente
contento poi di aver
UN VIAGGIO AFFASCINANTE
restituito alla comunità la
campana della Torre Civica
crollata nel 1989. Questa
Il primo museo dedicato alla Brianza Est; 14 sale con reperti
archeologici, opere d’arte e installazioni interattive e multimediali
campana è rimasta per 25
anni nei depositi del Castello,
è un simbolo della nostra
città e finalmente quest’anno
Miglior allestimento Premio ICOM – Museo dell’anno 2012
è stata restaurata e
Nominato miglior museo dell’anno Premio EMYA European Museum Award 2012
posizionata nel cortile del
MUST MUSEO DEL TERRITORIO | via Vittorio Emanuele II 53 | Vimercate (MB)
Broletto. ❑
www.museomust.it | t. 0396659488
A Vimercate un museo fra
i più belli d’Europa!
Vieni a scoprirlo
IN 2000 ANNI DI STORIA
M
edhat Shafik (Egitto, 1956), è un artista che
dal 1976 vive in Italia e da quasi vent’anni
a Torricella Verzate, un piccolo Comune
nell’Oltrepò pavese. Diplomato in pittura e scenografia
all’Accademia di Belle Arti di Brera, ha abitato a
Milano ma presto ha sentito l’esigenza di cercarsi un
luogo lontano dalla grande città. Nel 1994 scopre a
Torricella la casa in cui abita e lavora; il retro, dove si
apre il suo grande studio, si affaccia su un pendio. Gli
piacque subito questa casa, che ha ristrutturata e dove
ha cominciato anche a lavorare il pezzo di terra che
la circonda: «Lavoro nei campi, quando posso, con grande
piacere, perché il rapporto con la natura è essenziale. Si tratta
di una sorta di ritorno a quella campagna in cui vivevo nella
mia infanzia; mio padre era commerciante di cotone, ma la
nazionalizzazione del Canale di Suez nel 1956, e poi dei mezzi di
produzione e dei capitali, sconvolse tutto». Dagli anni Ottanta
Medhat Shafik partecipa a molte rassegne nazionali e
internazionali. La sua consacrazione avvenne nel 1995,
quando alla Biennale di Venezia il Padiglione Egitto,
da lui rappresentato insieme ad altri due artisti, fu
premiato con il Leone d’Oro delle Nazioni. Nel 2003
partecipa alla Biennale Internazionale de Il Cairo, dove
vince il «The Nile Grand Prize».
Dipinti e collage di Shafik chiamano a raccolta sulla
tela o sugli alti spessori della carta le infinite possibilità
del fare artistico. Bande di colore stese con il pennello,
eleganti silhouette di persone o di animali, stampigliature
ricavate da una matrice di legno, foglie stese o raccolte
come grumi impalpabili entro bisacce trasparenti, collage
di carte veline, di scheletri di foglie che esibiscono le loro
trame come radiografie, frammenti di cartoni ondulati, di
garze che velano l’immagine cui sono sovrapposte e che
ci paiono antichi giustacuori. Alcune opere incorporano
oggetti che ne fanno dei dipinti tridimensionali: piccoli
cilindri di garze arrotolate; teli ripiegati su se stessi che
diventano icona, bisaccia del mistero di ciò che vi è
racchiuso; astucci di bastoncini d’incenso; frammenti di
abiti che a loro volta recano decorazioni di collane; pezzi
di legno, talvolta inciso. Una sorta di diario per segni e
per immagini, un fiume in cui sono depositati lacerti
e materiali dell’umano operare. Va in scena la grande
lezione della pittura e della storia dell’arte: culture
primitive e orientali ed esiti delle ricerche occidentali,
fusi in una sorta d’ibridazione e meticciato. ■
VEDERE A VARESE
26
SONDRIO Devono sfatare i giudizi sulle nostre attività
Siamo la città slow Simone Longhini vuole valorizzare le associazioni e le attività cittadine
M
arina Cotelli, Assessore alla Cultura del Comune
di Sondrio, ci svela le bellezze paesaggistiche,
monumentali, artistiche e architettoniche del
territorio da lei amministrato.
Quali motivi attirano un «turista culturale» nel
vostro territorio?
Il clima unico di una città d’acqua e pietra come Sondrio, che
si arrampica nei vigneti, circondata da Alpi e Prealpi, con un
Monte, il Rolla, che s’innesta nel tessuto urbano. Una città slow che
predispone all’osservazione tra le tracce di antichi ritrovamenti e
luoghi come il santuario della Madonna della Sassella, la chiesa di
San Bartolomeo o il Convento di San Lorenzo.
Quali sono gli altri gioielli del patrimonio culturale
di Sondrio?
Il Castello Masegra, che dal Medioevo domina dalla rocca la città.
Il Castello è stato da poco acquisito al patrimonio del Comune
di Sondrio ed è in corso un progetto di restauro degli spazi come
«Casa della Montagna». Palazzo Sertoli, con il salone dei balli
risalente al ’700, Palazzo Sassi, ora sede del Museo Valtellinese di
Storia e Arte, ricco di reperti d’epoca romana e Palazzo Pretorio,
già sede del governo grigionese, con la tipica «stua».
In estate ci sono eventi particolari?
Chiusa la stagione teatrale e dei concerti si apre quella degli
spettacoli e degli incontri culturali en plein air. Dal 31 maggio
«Dietro l’angolo» dello spagnolo Jordi Pratt I Coll aprirà porte e
cortili di Castel Masegra a cicli di spettacoli teatrali, cineforum di
architettura e cinema all’aperto. L’estate sarà all’insegna del jazz
in tutta la provincia con Ambriajazz, che toccherà i luoghi storici
più affascinanti della Valle, per concludersi il 26 luglio
a Sondrio, nel cortile di Palazzo Martinengo, con
Gavino Murgia e Megalitico. Dal 21 maggio, inoltre,
c’è la mostra nella Galleria del Credito Valtellinese
di Alberto Bianchi, un talento pluripremiato
della fotografia in bianco e nero.
Qual è il miglior traguardo da lei
raggiunto nel settore Cultura?
Vedo il traguardo vicino: è la ristrutturazione e
la riapertura, dopo 14 anni, del Teatro Sociale,
che il prossimo anno verrà restituito alla città. q
Alla ricerca
dell’Adda perduta
C
remona, Milano, Sondrio sono le tre
province lombarde in cui s’inscrive
la vita e l’attività di Enrico Della
Torre. Nato a Pizzighettone (Cremona)
nel 1931, vive dalla seconda metà
degli anni Quaranta a Milano, dove
frequenta l’Accademia di Brera. Dal
1973 trascorre le vacanze a Teglio
(Sondrio), nella media Valtellina, dove nel 1978 apre
uno studio, il luogo in cui lavora con maggiore fervore
e intensità. Ricorda: «Feci una gita, quand’ero ragazzo, ed
ebbi l’incantevole visione di montagne grigie, nere, rocciose, le
Orobie. Quando nei primi anni Settanta pensai di cercare un
posto per l’estate, dove recarmi con la mia famiglia, mi rivolsi
all’amico scultore Mario Negri, originario di Tirano, in Valtellina.
Negri mi consigliò di andare a Teglio. Sotto il paese vidi
scorrere, tortuoso e piccolo, l’Adda, che conoscevo dall’infanzia a
Pizzighettone, un fiume grande e maestoso vicino alla mia casa,
e sulle cui rive salivo, a piedi o in bicicletta, di giorno e di notte,
per immergermi nella natura, per respirarla. Su quelle rive, en
plein air, ho dipinto tanti quadri e inciso molte delle mie prime
lastre. Fu così che decisi di trovare casa a Teglio, per rifugiarmici
d’estate, lontano da una Milano troppo logorante. Osservando
la carta geografica della Lombardia, ho tracciato con una
matita una linea retta che da Teglio va a Milano, poi da Milano
a Pizzighettone, e infine, chiudendo un triangolo perfettamente
isoscele, da Pizzighettone fa ritorno a Teglio». Ecco, forse,
il significato della comparsa, alcuni decenni fa, nella
pittura e nelle incisioni di Enrico Della Torre, delle
forme dei triangoli. Nei tre mesi (da luglio a settembre)
che trascorre ogni anno a Teglio, lavora con libertà e
passione giovanili, mentre l’Adda continua a scorrere,
come nella lontana infanzia perduta. n
L’
Assessore alla Cultura di Varese
Simone Longhini testimonia l’impegno della sua amministrazione
per il settore culturale raccontando programmi e operato.
Quali sono le vostre punte d’orgoglio?
Il Sacro Monte e l’Isolino Virginia, patrimonio
Unesco, giocano un ruolo speciale. Oltre al patrimonio materiale ritengo che una vera punta
d’orgoglio siano le numerose associazioni culturali sul territorio, un centinaio, con le quali
collaboriamo gomito a gomito per molteplici iniziative.
Quali iniziative sono in cantiere tra maggio e giugno?
Un’importante mostra sulle opere d’arte della nostra collezione
comunale, nel Castello di Masnago fino a metà giugno. È
un’esposizione che segue la pubblicazione del catalogo di questo
patrimonio artistico del Comune, finanziato attraverso una raccolta
di fondi cui ha partecipato la cittadinanza per un totale di 17mila
euro, che ci hanno consentito di realizzare un catalogo che raccoglie
e presenta circa 300 opere tra quadri e sculture dal XVI al
XX secolo.
Com’è organizzata la gestione culturale?
L’Assessorato alla Cultura del Comune di Varese si occupa di
diversi ambiti, seguiamo gli eventi culturali con un apposito Ufficio
Cultura e Spettacoli. Poi ci sono i musei civici e gli spazi espositivi
per mostre temporanee: il Castello di Masnago, Villa Mirabello,
dove hanno sede il Museo Archeologico e il Museo del Risorgimento
varesino, Villa Baragiola e la Sala Veratti. Le biblioteche: la Civica,
quella dei ragazzi e una biblioteca rionale. Per le politiche culturali
abbiamo puntato molto sulla comunicazione, anche con un portale
nuovo, www.varesecultura.it, collegato a diversi social network,
che presenta un calendario aggiornato quotidianamente con tutte
le iniziative culturali del varesino, sia di promozione comunale
che organizzate da altri operatori pubblici e privati. Questo ci
ha permesso di sfatare le voci su Varese città priva di eventi
Crescere a Varese
Paolo Borghi rievoca gli anni ’50 e ’60
L’
artista Paolo Borghi, che oggi vive e lavora a Pietrasanta,
ma ha conservato un forte legame con Varese dove è
cresciuto (è nato a Como) e soprattutto con Malnate, dove
c’è la sua famiglia, ci parla del suo rapporto con il varesotto.
Qual è il suo legame con Varese?
Con la città non ho un rapporto diretto, la mia attività si è svolta quasi
sempre tra Milano e Roma. A Varese non c’erano fermenti importanti,
certo c’è sempre stato un buon giro di artisti, penso agli anni ’80, in cui
molti nomi erano in linea con l’allora avanguardia concettuale, ma la
maggior parte si è fermata all’ambito cittadino.
Così ha deciso di muoversi oltre i confini del suo
territorio di origine, vero?
Ho avuto la fortuna di collaborare con architetti legati a grossi nomi
dell’architettura internazionale, come
Philip Johnson a Dallas. Uscire «fuori
provincia» credo sia fondamentale per la
crescita di un artista.
Ha però accennato a un
fermento culturale nel recente
passato.
Certo, pensare che Varese negli anni
’50 e ’60 era davvero molto vivace
culturalmente non fa pendant con la
situazione attuale. Mi viene in mente
anche una famosa collettiva dove c’era Henry Moore. Penso per esempio
a una grande villa varesina, quella del collezionista Panza, che ha
offerto alla città le sue collezioni ma è mancato un apporto politico ed
economico lungimirante capace di conservarle a Varese e oggi sono
infatti sbarcate oltre l’Italia. Solo un’operazione meritevole del Fondo
Ambiente Italiano ha permesso di mantenere la villa e una parte della
collezione.
Il tessuto cittadino conserva ancora potenzialità per
l’arte contemporanea?
Le potenzialità naturalmente ci sono ma è come se mancasse alla
società locale la capacità di credere concretamente in queste possibilità,
anche se ci sono degli artisti giovani che sviluppano una ricerca
interessante. E poi in ogni caso la vivacità del panorama artistico e la
fortuna degli artisti stessi dipendono molto da un mercato che possa
sostenerli e questo in provincia non mai semplice. q
culturali. In realtà ce ne sono molti, ma in precedenza non erano
adeguatamente comunicati.
Qual è il primo traguardo da raggiungere in ambito
culturale nel prossimo futuro?
Dando per scontato l’impegno per l’Expo 2015 che va inteso come
vetrina fondamentale per promuovere il nostro patrimonio e le
nostre iniziative, un grosso traguardo da raggiungere a Varese
è il Teatro Stabile. Certo è una procedura complessa, perché la
sede individuata per realizzarlo è l’ex Caserma Garibaldi che,
ormai fatiscente, è vincolata e impone quindi un confronto con
la competente Soprintendenza sul da farsi. Il dialogo è aperto e
spero porti al risultato che auspichiamo, perché un teatro stabile,
che manca da 60 anni alla città, darebbe un impulso culturale
notevole, oltre a un volto del tutto nuovo all’importante Piazza della
Repubblica. q
I sortilegi
del MA*GA
Gallarate scommette sul suo museo
I
l Museo d’Arte di Gallarate, MA*GA, è nato nel 2010,
erede, senza soluzione di continuità nella mission, della
Civica Galleria d’Arte Moderna, gestita dal Comune e
fondata nel 1966 in seguito alle acquisizioni del Premio
Nazionale Arti Visive Città di Gallarate, istituito nel 1950.
Sono oltre 6.000 le opere conservate, tra dipinti, sculture,
installazioni, libri d’artista, oggetti di design e opere di grafica:
dalla metà del Novecento a oggi, con aperture sulle
ricerche internazionali. Una collezione permanente che
include Carlo Carrà, Mario Sironi, Renato Guttuso, Emilio
Vedova, Giuseppe Santomaso, Afro Basaldella, Atanasio
Soldati, Bruno Munari, Piero Manzoni, Fausto Melotti, Lucio
Fontana, Dadamaino, Gianni Colombo, Adrian Paci, Vanessa
Beecroft e molti altri. Contestualmente alla nascita del MA*GA
è stata istituita la Fondazione Galleria d’Arte Moderna e
Contemporanea «Silvio Zanella», nuovo soggetto gestore del
museo che patrocina e supporta l’avanzamento culturale della
collettività con mostre, conferenze, corsi di aggiornamento,
laboratori e progetti speciali. q Giorgio D’Orazio
Una veduta del museo MA*GA
MA*GA mostre
Prosegue fino al 3 agosto la mostra «Belvedere.
Paesaggi e visioni nella collezione del MA*GA», che
ripensa la collezione del museo alla luce del ritorno
delle opere restaurate, ospitate in Triennale a Milano e
nella Villa Reale di Monza. Un itinerario caratterizzato da
tre nuclei (Spazi, Racconti, Visioni), declinazioni dell’idea
di ambiente e di natura illustrate da una selezione di
opere d’arte contemporanea italiana. Inaugura invece
il 3 maggio, ed è visitabile fino all’8 giugno, la mostra
di Francesco Bertocco e Lidia Sanvito nella MA*GA
Project Room, lo spazio di sperimentazione in cui
due artisti contemporanei ogni mese sono invitati a
presentare progetti secondo modalità di volta in volta
differenti. Dal 9 al 14 giugno il museo ospiterà, infine,
il Learning Week di Ettore Favini «Ridisegnare la città:
una nuova natura dell’arte», una settimana intensiva
di lavoro (dedicato al tema della relazione tra arte e
natura all’interno del museo e della sua collezione) che
si svolge a diretto contatto con l’artista e sfocia nel
progetto di un’installazione collettiva, di una mostra e di
un libro. q
27
MILANO
SEDI PUBBLICHE
Acqua virtuosa
Mostra dedicata all’acqua, l’esposizione fotografica costruisce un percorso artistico e documentario. L’intento è sottolineare e ricordare il
tema dell’importanza dell’acqua come elemento
fondamentale alla vita contro gli sprechi diffusi.
Il progetto è a cura di Mauro Mariani.
Acquario civico
dal 17 maggio al 16 giugno ; Milano, viale
Gadio 2; tel. 02 88465750; www.acquariocivicomilano.eu
Cracking art group
Il Nido di Rondini, opera del Cracking Art Group
al Castello Sforzesco, è un’installazione interattiva. I visitatori possono partecipare alla simbolica
iniziativa «Deponi un uovo, fai rinascere un monumento»: dopo aver acquistato alcune uova di
rondine messe a disposizione, ne possono depositare alcune nell’apposito nido allestito dagli
artisti, contribuendo così alla rigenerazione di un
monumento equestre del Castello.
Castello Sforzesco
fino al 30 giugno
Luca Beltrami 1854-1933
La mostra si sviluppa all’interno di tre spazi del
Castello Sforzesco: la Sala Viscontea, la Sala dei
Pilastri e la Sala del Tesoro. L’itinerario espositivo percorre la carriera dell’architetto, cui si deve
la ricostruzione di importanti edifici storici, oltre
alla ridefinizione del volto di Milano. In mostra
disegni, fotografie e acqueforti, progetti architettonici e urbanistici, ma anche filmati d’epoca e
proiezioni multimediali. Per ricordare le attività
di storico d’arte e collezionista attivo nella tutela
dei beni culturali, la Sala del Tesoro ospita opere
di artisti quali Bramante, Bergognone, Luini.
Castello Sforzesco
fino al 29 giugno;Milano, piazza Castello;
tel. 02 88463700; www.milanocastello.it
Progetto Totale
Continua il progetto della Fondazione Achille
Castiglioni di mostrare le attività progettuali
dei fratelli Castiglioni. La mostra ripercorre il
restauro della Camera di Commercio di Milano,
realizzato dal 1952 al 1958. Per l’occasione furono realizzate opere d’arte ad hoc da artisti come
Fontana e Previati, che trovano ora posto nell’esposizione che si presenta come «Progetto Totale» e che abbraccia restauro, architettura ed arte.
Fondazione Achille Castiglioni
fino al 31 luglio; Milano, piazza Castello,
27; tel. 02 8053606; www.achillecastiglioni.it
Loris Cecchini
L’esposizione, curata da Marco Meneguzzo,
propone una serie di opere recenti realizzate
dall’artista e una scultura site specific.
L’artista utilizza materiali diversi, dalla resina
all’acciaio, creando delle opere che ricordano
microsistemi, organismi molecolari: l’installazione Waterbones, costituita da centinaia di
moduli di acciaio; la serie Wallvave Vibrations
che rielabora la manifestazione fisica delle vibrazioni. Loris Cecchini è vincitore del Premio
Arnaldo Pomodoro per la Scultura.
Fondazione Arnaldo Pomodoro
fino al 27 giugno; Milano, via Vigevano 9;
tel. 02 89075394; www.fondazionearnaldopomodoro.it
calendario
stampati in digitale) e un ciclo di nature morte
degli anni 2000, scattate in pellicola negativa e
ora proposte in stampa col processo analogico
Platinum print. Originario di Sapporo, Yoshie
Nishikawasi trasferisce a Milano nel 1996,
lavorando in campo pubblicitario, artistico e di
moda, tra Parigi, Londra e New York.
Fondazione Luciana Matalon
dal 7 maggio al 25 maggio; Milano,
foro Bonaparte 67; tel. 02 878781 | 02
45470885 ; www.fondazionematalon.org
Nanni Balestrini
La mostra propone due nuclei inediti dell’artista
e poeta del Gruppo 63. Nel primo sono esposti
i lavori provenienti dal ciclo «I maestri del colore», in cui Balestrini rielaborò con la tecnica
del collage grandi opere pittoriche del passato
con ritagli testuali moderni, mentre nel secondo
sono presentati i cosiddetti «Neri», esposti per
la prima volta, tramite i quali l’artista riformula il
concetto di «distruzione» nella moderna epoca
mediatica.
Fondazione Marconi Arte Moderna e
Contemporanea
fino al 31 maggio; Milano, via Tadino 15;
tel. 02 29419232; www.fondazionemarconi.org
Emilio Scanavino
La mostra «Nascenza» è interamente dedicata
all’opera di Emilio Scanavino. Il percorso, incentrato sul linguaggio sperimentale dell’artista che
si esprime attraverso disegni (alcuni inediti) e
sculture, mette in evidenza il sistema di relazioni
esistente fra le varie opere. L’unità dell’itinerario
proposto è evidenziata dai simboli che ritornano
nelle opere dell’artista, come il pane e i nodi, ed
è arricchita da alcuni video che lo ritraggono al
lavoro.
Fondazione Stelline
fino all’8 giugno;
Giuseppe Coco,
Walter Molino
La mostra «Matita&Metropoli» è un immaginario dialogo tra Giuseppe Coco e Walter Molino,
dei quali sono esposte un centinaio di opere tra
disegni e pastelli e altri documenti di archivio. Il
percorso, formato dalle tavole di Coco dedicate
alla metropolitana di Milano e da documenti
dell’archivio Walter Molino, ricostruisce l’immagine di due grandi protagonisti della cultura
italiana e l’atmosfera della Milano in pieno boom
economico.
Fondazione Stelline
fino all’8 giugno; Milano, corso Magenta
61; tel. 02 45462111; www.stelline.it
Le soglie dell’invisibile
La mostra si sviluppa presso le Gallerie d’Italia,
la Galleria San Fedele e la chiesa di San Fedele.
Oggetto dell’esposizione è il tema del trascendente, che viene trattato mostrando con quali
forme e ricerche è presente nell’arte contemporanea, le continuità e le differenza rispetto agli
artisti del passato. Ogni nucleo di lavori realizzati
da un artista contemporaneo è confrontato con
opere del passato: Lucio Fontana, Ettore Spalletti, Mimmo Paladino dialogano con icone russe,
ex voto, dipinti medioevali a fondo oro. La rassegna si conclude nella chiesa di San Fedele dove
è esposta «Corona di spine», opera realizzata
da Claudio Parmiggiani per l’altare della chiesa.
Gallerie d’Italia - Piazza Scala
fino al 30 giugno; Milano; tel. 800167619
è la produzione su carta,a partire dagli anni Sessanta, di trentacinque artisti internazionalmente
conosciuti come Franz Auerbach, Gerog Baselitz, Chuck Close, John Currin, Roy Lichtenstein,
Robert Longo, Ed Ruscha, Jim Shaw, Cy Twombly. La mostra apre per la prima volta al pubblico
la collezione UBS e si pone come l’inizio di una
collaborazione con la Galleria D’Arte Moderna, a
partire da alcuni interventi di restauro e valorizzazione nella collezione e nel percorso espositivo dell’istituzione milanese.
Gam - Galleria d’Arte Moderna
fino al 21 giugno; Milano, via Palestro 16;
tel. 02 88445947; www.gam-milano.com
Cildo Meireles
La mostra, a cura di Vicente Todolí, è la prima
personale italiana dedicata all’artista, pioniere
e sperimentatore nell’utilizzo delle installazioni
come opere d’arte multisensiorali in cui il pubblico è completamente immerso. Nell’esposizione sono presenti dodici installazioni, fra le
più note realizzate da Cildo Meireles a partire
dagli anni Settanta. Le opere selezionate, delle
dimensioni più disparate, sono realizzate con i
materiali più diversi scelti in base alle loro caratteristiche percettive e simboliche.
Hangar Bicocca
fino al 20 luglio
Papagaio
La mostra curata da Vicente Todoli è dedicata a
Pedro Paiva e João Maria Gusmão, un duo che
dal 2001 produce film, opere scultoree e installazioni, utilizzando in particolare il linguaggio
del cinema. L’esposizione presenta un nucleo di
lavori realizzati tra il 2003 e il 2014, tra cui decine di film in pellicola, un piccolo cinema e tre
Camera Obscura (ambienti creati dagli artisti per
richiamare le origini della fotografia e del cinema). In occasione della mostra Paiva e Gusmão
hanno prodotto numerose opere inedite, tra cui
un film girato nell’arcipelago di Sao Tomé e Principe, ex colonia portoghese nel Golfo di Guinea.
Hangar Bicocca
dall’11 giugno al 6 novembre; Milano,
via Chiese 2; tel. 02 66111573 ; www.
hangarbicocca.it
Suoni silenti
Attraverso immagini e strumenti musicali del
Civico Museo Archeologico di Milano, la mostra prende in esame il ruolo e il significato della
musica nelle culture greca, etrusca e romana.
Vengono ripercorsi gli aspetti religiosi, sociali e
politici di ciascuna civiltà, in riferimento alla musica che li caratterizzava La ricostruzione avviene
tramite le iconografie e i resti di strumenti musicali raccolti nel Civico Museo Archeologico. Tra
i materiali esposti: un vaso etrusco con un suonatore di barbitos (strumento a corda), un flauto
in osso e un sistro riferibile al culto di Iside.
Museo Archeologico
fino al 20 giugno;
Da Gerusalemme a Milano
L’esposizione, aperta nel 2013 in occasione
dei millesettecento anni dalla promulgazione dell’Editto di Milano, è collocata nella
cripta cinquecentesca della chiesa di San
Maurizio. Il percorso mette in luce la nascita del cristianesimo e il contesto in cui si
afferma, dal I al IV secolo d.C., analizzando
i rapporti fra il potere imperiale e la nascente religione. L’esposizione è articolata in
sezioni tematiche e corredata da pannelli
illustrati esplicativi. Tra i materiali esposti
vi sono papiri egiziani, il calco di una stele
con iscrizione di Ponzio Pilato, il tesoretto
aureo da Caesarea Maritima, monete del
Civico Medagliere milanese.
Museo Archeologico
fino al 20 giugno; Milano, corso Magenta, 15; tel. 02 86450011
OFFICINA CONTEMPORANEA
Rete per la cultura di Gallarate
Dal 2014 al 2016 festival,Opere
incontri,
convegni, mostre,
su carta dalla UBS
Yoshie Nishikawa
Art Collection
Nella mostra
personale delspettacoli
fotografo giapponeseed eventi
concerti,
culturali: un programma
A cura di Francesco Bonami, l’esposizione presono presentate due serie di opere: «Petali d’Osenta cinquanta opere della collezione di arte
riente», fotografie di nudi realizzate a metà degli
innovativo
condiviso aperto
a della
tutti.
contemporanea
UBS. Oggetto della mostra
anni Novanta
in pellicola e(successivamente
Munari Politecnico
L’esposizione è incentrata sulle opere di
Bruno Munari collezionate da Bruno Danese e Jacqueline Vodoz, amici e ammiratori
dell’artista. È posta in rilievo la dimensione
prettamente artistica del percorso di Bruno
Munari, come matrice di tutta la sua produzione nei diversi ambiti disciplinari. Il percorso segue la carriera dell’artista, attraverso
il Novecento e i suoi movimenti artistici. In
occasione della rassegna è allestito un focus
sulla produzione fotografica di Ada Ardessi e
Atto, che ebbero la possibilità di seguirlo e
ritrarlo a lavoro.
Museo del Novecento
fino al 7 settembre;
Guido Lodovico Luzzatto
L’esposizione è dedicata al critico milanese
(1903-1990), che grazie al costante aggiornamento e confronto con l’arte europea
coeva ha proposto un’analisi approfondita
di alcuni artisti e movimenti internazionali
in Italia: l’espressionismo tedesco, l’Ecole
de Paris, i pioneristici studi sull’arte di Van
Gogh. L’esposizione è curata da Valeria Iato
e Paolo Rusconi assieme alla Fondazione
Guido Ludovico Luzzato, che ha reso disponibili materiali dell’archivio privato come le
corrispondenze con gli artisti, edizioni rare,
opere donate al critico e documenti relativi
alla sua vicenda personale.
Museo del Novecento
fino al 7 settembre; Milano, palazzo
dell’Arengario, via Marconi 1; tel. 02
88444061; www.museodelnovecento.org
Milano e la generazione di
Piero Manzoni
La rassegna è presentata in occasione della
mostra dedicata a Piero Manzoni da Palazzo
Reale, e prende in esame la produzione degli
artisti nati a Milano negli anni Trenta.
A cura di Elena Pontiggia e Cristina Casero,
il percorso esamina l’individualità e l’opera
degli artisti di quella generazione a partire
dagli anni Sessanta. I movimenti attraversati
vanno dall’arte informale ad Azimuth, dall’Arte Cinetica e Programmata al Concettualismo
passando attraverso la Poesia Visiva. La mostra è accompagnata da un ciclo di incontri
sul paesaggio culturale milanese negli anni
Settanta e Ottanta e sull’influenza di quel periodo sul clima artistico di oggi.
Museo della Permanente
fino al 15 giugno; Milano, via Filippo Turati 34; tel. 02 6599803; www.
lapermanente-milano.it
Marco Gastini
La personale di Marco Gastini «Polifonie»,
allestita insieme all’autore stesso, è una
sintesi della ricerca dell’artista nell’arco di
tutta la sua carriera. La mostra è infatti un
percorso, inedito in quest’ordine, che si snoda fra quattro opere che coprono tutto l’arco
della sua produzione: «Otto pezzi», del 1977,
«(In)sinfonia» del 1987, «Partitura per otto
tempi» del 1998 e «Terra cantata» del 2011.
Museo Pecci Milano
fino al 14 giugno; Milano, ripa di Porta
Ticinese 113; www.centropecci.it
Il Giardino del Paradiso
Partendo dal restauro e dalla storia collezionistica del «Tappeto delle tigri» del Museo Poldi
Pezzoli, l’esposizione è focalizzata sul tappeto
e sull’arte della sua realizzazione. Le opere
presentate provengono da collezioni private e
pubbliche, come il Museo Nazionale del Bargello e dal Museo Bardini di Firenze. Presente
anche la collezione di tappeti del Museo Poldi
Pezzoli, fra cui il così detto «Tappeto delle tigri»,
probabilmente eseguito al centro della Persia nel
XVI secolo, noto per il suo disegno caratteristico, la particolarità della tessitura e le iscrizioni
poetiche inserite.
Museo Poldi Pezzoli
dal 23 maggio al primo settembre; Milano, via Manzoni 12; tel. 02 45473800;
www.museopoldipezzoli.it
Regina José Galindo
Personale dedicata a Regina Josè Galindo, artista del Guatemala, Leone d’Oro alla cinquantunesima Biennale di Venezia. Il tema affrontato
nelle sue opere è la violenza contro le donne e in
particolare le condizioni di rischio fisico e psicologico che ne conseguono.Per il Padiglione di
Arte Conteporanea di Milano realizza una performance e presenta lavori inediti: video, fotografie,
sculture,disegni recenti e una selezione di opere
realizzate nel corso della sua carriera.
PAC - Padiglione di Arte Contemporanea
fino all’8 giugno; Milano, via Palestro 14;
0276009085; www.comune.milano.it/pac
In viaggio con l’Italia
Il Touring Club racconta in questa esposizione,
realizzata da Studio Azzurro, 120 anni di storia
del turismo in Italia. Alla base della mostra
stanno i materiali fotografici e video raccolti e
selezionati nell’archivio del Touring Club. Le
testimonianze sono state elaborate da Studio Azzurro in un percorso multimediale e immersivo,
creando un’esposizione narrante e sensoriale.
La mostra è realizzata in collaborazione con il
Comune di Milano.
Palazzo della Ragione
fino al 25 maggio; Milano, piazza dei Mercanti 1; tel. 02 875672
Piero Manzoni 1933-1963
Nata grazie alla collaborazione con la Fondazione Piero Manzoni, la mostra ripercorre l’attività
dell’artista milanese a cinquant’anni dalla sua
morte, avvenuta nel 1963. Esposti 130 pezzi
tra documenti, immagini e opere in prestito da
collezioni private. A partire dal 1956, quando
comincia l’attività espositiva, la carriera dell’artista è breve quanto fondamentale. Dalle opere
informali degli esordi sono rappresentati tutti i
cicli più famosi della sua produzione: gli Achromes, le Linee, I Corpi d’aria, le Uova, le Sculture
viventi, le Basi magiche e la Merda d’artista.
Completano il percorso fotografie, documenti,
cataloghi e manifesti che testimoniano il fervore
culturale di Milano tra gli anni ’50 e ’60.
Palazzo Reale
fino al 2 giugno;
Klimt. Alle origini di un mito
Ad essere qui esposti sono venti dipinti dell’artista viennese. La mostra è incentrata sulla sua
produzione giovanile: dalla Scuola di Arti applicate alla costituzione della Compagnia degli
Artisti, che lo rende noto nel panorama viennese
e con cui si occupa della decorazione di teatri
ed edifici di rappresentanza. Una sezione è dedicata ai temi del paesaggio e del ritratto, mentre
l’esposizione si chiude con la pittura simbolista
di Klimt. Sono presenti alcune opere molto note
come Adamo ed Eva, Salomè, Girasole, Acqua
in movimento, inoltre una sala è dedicata alla
completa riproduzione del Fregio di Beethoven.
Palazzo Reale
fino al 13 luglio;
Bernardino Luini e i figli
Con 200 opere, provenienti dalle collezioni lombarde integrate da prestiti europei, l’esposizione
racconta il percorso dell’artista dai primi lavori
in Veneto e a Milano alla messa a punto del suo
stile, fino ad arrivare ai grandi incarichi pubblici.
Oltre ad un confronto di Luini con l’opera dei
suoi contemporanei la mostra prosegue con la
produzione dei suoi figli ed in particolare di Au-
OFFICINA CONTEMPORANEA è un progetto sostenuto da
Comune di Gallarate
Assessorato alla Cultura
Museo MA*GA
Associazione Culturale
Teatro delle Arti
Il Melo ONLUS
Museo della Basilica
Santa Maria Assunta
Premio Gallarate
Proloco
Proscænium
Rete cittadina degli
Istituti scolastici
Sistema Bibliotecario
Panizzi
Teatro Nuovo
stampato in proprio
www.officinacontemporanea.it
relio Luini, a cui è dedicata la Sala delle Cariatidi.
Completano il percorso degli schermi dedicati
alle opere murali dell’arista, inoltre sono aperti
al pubblico alcuni luoghi nel territorio lombardo
come la Casa degli Atellani di Milano.
Palazzo Reale
fino al 13 luglio;
Mimmo Rotella. Décollages
e retro d’affiches
La mostra si concentra sulla produzione dell’artista, inventore della tecnica del décollage, nel
periodo compreso tra il 1953 e il 1964: dalle
prime sperimentazioni alla XXIII Biennale di
Venezia. L’artista raccontava: «Verso il 1953-54
mi fermavo a guardare estasiato, entusiasta, quei
manifesti sui muri che io vedevo a Piazza del Popolo dove a quel tempo avevo uno studio[…]
con quei colori che hanno solo le affiche italiane.
Così, la notte, era più forte di me: scendevo in
strada e laceravo quei manifesti, li collezionavo.
Mi ricordo che li mettevo sotto il letto, nel mio
studio». A Cura di Germano Celant, la mostra
presenta opere e documenti dell’artista e ai suoi
contemporanei.
Palazzo Reale
dal 13 giugno al 31 agosto ; Milano,
piazza Duomo 12; tel. 02 875672; www.
comune.milano.it
Giovanni Bellini
In occasione del restauro della Pietà del Bellini,
la Pinacoteca allestisce un percorso che si snoda intorno alla rappresentazione del Cristo. Oltre
al capolavoro restaurato e alla sua versione di
Palazzo Ducale a Venezia, sono esposte la Pietà
marmorea di Padova, quella dell’Accademica
Carrara di Bergamo e del Museo Correr di Venezia. Figurano anche alcuni contributi dall’estero,
come i disegni preparatori dell’opera del Bellini
dal British Museum di Londra e dal Musée des
Beaux-Arts di Rennes.
Pinacoteca di Brera
fino al 13 luglio; Milano, via Brera 28;
tel. 02 72263264-229; www.brera.beniculturali.it
Milano PhotoFestival
Giunta all’ottava edizione, la kermesse si propone di portare la fotografia nei più diversi spazi
della città e del suo hinterland. Sono oltre 140 le
mostre di fotografia aperte al pubblico in palazzi
storici, gallerie, biblioteche e centri civici, con
grandi maestri e giovani autori.
Sedi varie
fino al 16 giugno; Milano; www.photofestival.it
Elena Mezzadra
In mostra opere realizzate dal 1989 al 2013: quadri a olio di grandi dimensioni, incisioni eseguite
su lastre di zinco o rame a punta secca o passaggio all’acido. Presente anche un video in
cui sono sfogliati i libri d’arte dell’artista, con
incisioni e testi di Umberto Eco, Roberto Sanesi,
Giuseppe Curonici. La ricerca dell’artista si colloca fra l’Informale e l’Astrattismo. A partire dai
gesti iniziali tracciati direttamente sulla tela, Elena Mezzadra si dirige verso un processo di purificazione formale, fra pittura e arte calcografica.
Spazio Oberdan
fino al 18 maggio; Milano, viale Vittorio
Veneto 2; tel. 02 77406300; www.provincia.milano.it/cultura
Tdm7. Il design italiano
L’esposizione prende in considerazione l’evoluzione del design durante tre decenni segnati
dalla crisi economica: gli anni Trenta, Settanta
e Zero. La rassegna mette in luce l’avviarsi di
sperimentazioni a basso costo e autoproduzioni.
Una selezione di oltre 650 opere che delinea, in
un percorso cronologico, una storia parallela del
calendario
design italiano e di creatività progettuale. Fra gli
autori si possono citare Fortunato Depero, Fausto Melotti, Gio Ponti, Antonia Campi, Salvatore
Ferragamo, Piero Fornasetti, Bruno Munari,
Alessandro Mendini, Ettore Sottsass, Enzo Mari,
Andrea Branzi, Ugo La Pietra, Lorenzo Damiani,
Paolo Ulian. Per il progetto di allestimento sono
stati scelti materiali che rievocano il lavoro artigianale e autoprodotto.
Triennale Design Museum
fino al 22 febbraio 2015; Milano, viale
Alemagna 6; tel. 02 724341; www.triennale.it/it/tdm
Ghoramara
Le icone del design italiano
Zio Ziegler
Negli spazi del CreativeSet sono esposte, con
un calendario mensile, diverse serie di oggetti
selezionate dai maestri invitati a partecipare a
questa rassegna. I lavori esposti provengono
in gran parte dalla Collezione Permanente del
Museo. Fra maggio e giugno sono presentate le
selezioni di Enzo Mari (fino al 4 maggio), Cini
Boeri (dal 6 maggioall’8 giugno) e Mario Bellini
(dal 10 giugno al 13 luglio).
Triennale Design Museum
fino al primo febbraio 2015; Milano, viale
Alemagna 6; tel. 02 724341; www.triennale.it/it/tdm
No Name design
La mostra è curata da Franco Clivio, designer e
docente presso la scuola di design di Zurigo. Il
curatore ha collezionato attraverso gli anni oggetti di uso comune, quotidiani, impareggiabili
nella loro funzionalità. Nell’esposizione sono
presentati novecento oggetti, classificati per funzioni o tipologie, materiali o famiglie formali. La
collezione e la mostra mettono in luce le caratteristiche di design negli oggetti che ogni giorno
utilizziamo e rendono omaggio agli artigiani e
tecnici, spesso anonimi, che li hanno ideati.
Triennale Design Museum
dal 17 giugno al 14 settembre ; Milano,
viale Alemagna 6; tel. 02 724341; www.
triennale.it/it/tdm
Mendes da Rocha
Esposizione dedicata all’architetto brasiliano
Paulo Mendes da Rocha, vincitore nel 2006 del
Pritzker Prize per l’architettura. La mostra, a cura
di Daniele Pisani, vuole mettere in luce alcune
tematiche ricorrenti nella sua progettazione,
tramite un percorso tematico che ne analizza i
progetti per diverse tipologie architettoniche. Accanto ai disegni, oltre 200, di cui alcuni tecnici,
altri inediti e schizzi progettuali, sono presentati
plastici e fotografie, circa 150, documenti, volumi dello studio e riviste d’epoca, video girati
appositamente per l’esposizione.
Triennale di Milano
dal 6 maggio al 31 agosto ;
Marco Petrus. Atlas
La mostra ripercorre tipologie, particolarità,
scorci, simbologie e caratteristiche dello spazio
urbano costruito da Petrus nel corso della sua
indagine geografica e simbolica delle diverse
città del mondo. Nasce così un atlante urbano
immateriale e idealmente diffuso, quasi una moderna Enciclopédie métropolitaine.
Triennale di Milano
fino al 2 giugno;
1924–2014.
La RAI racconta l’Italia
I documenti visivi esposti ripercorrono la storia dell’Italia e i grandi eventi raccontati negli
anni tramite i media, a partire dalla nascita
della RAI nel 1924. Oltre ai filmati di programmi, telegiornali, quiz, tribune politiche, sono
presenti documenti d’archivio, costumi, fotografie d’epoca, opere d’arte della collezione
Rai, copioni. I sessant’anni della televisione
sono articolati in otto sezioni tematiche, ciascuna curata da un testimonial. Una sezione
interattiva è dedicata alla radio e nello spazio
espositivo centrale è ricostruito un set televisivo degli anni Settanta realizzato con strumenti
e apparati originali.
Triennale di Milano
fino al 15 giugno; Milano, viale Alemagna
6; tel. 02 724341; www.triennale.it
MILANO
GALLERIE PRIVATE
Alan Charlton
Personale dedicata all’artista inglese, che ha realizzato appositamente per la galleria il percorso
espositivo. Alan Charlton realizza dei monocromi grigi, ne studia le potenzialità collocandoli in
diversi contesti e differenziando le modulazioni
di luce. Esposti monocromi triangolari, di piccole dimensioni al piano superiore, più imponenti
al piano inferiore, per un dialogo e un confronto
fra le due serie. La prima personale dedicata
all’artista dalla galleria è del 2011.
A Arte Invernizzi
dall’8 maggio al 15 luglio ; Milano, via Domenico Scarlatti 12; tel. 02 29402855;
www.aarteinvernizzi.it
La mostra propone una serie di fotografie, realizzate dall’artista coreano Daesung Lee sull’isola
Ghoramara. Situata sul delta del Gange, l’isola
sta scomparendo sotto il livello del mare a causa
dell’effetto serra ed è coperta dall’acqua per più
del 50% della superficie. Daesung Lee cattura i
paesaggi e le coste erose. Uomini, donne, bambini e animali, sono ripresi nelle terre emergenti
dall’acqua, in scenari che appaiono surreali.
Amy-d Arte Spazio
fino al 25 maggio; Milano, via Lovanio 6;
tel. 02 654872; www.amyd.it
Prima personale italiana dell’artista di San
Francisco, enfant prodige della Street Art californiana. È noto per i suoi giganteschi dipinti murali con enormi figure zoomorfe disegnate con
contorni marcati e riempite con fittissimi pattern
composti di linee e segni dettagliatissimi.
Antonio Colombo Arte Contemporanea
fino al 6 giugno; Milano, via Solferino 44;
02 29060171; www.colomboarte.com
Bernard Aubertin
La personale riassume il percorso dell’artista dai
suoi primi lavori degli anni Cinquanta ai giorni
nostri. La sua costante sperimentazione è il filo
conduttore dell’itinerario proposto, incentrato
sul rapporto tra fuoco e materia, dai «Monochromes rouges» dei primi anni ai più recenti
«Tableaux-clous».
Arte Centro - Lattuada Studio - Il Diaframma
dal 20 maggio al 15 luglio ; Milano, via
dell’Annunciata 31; tel. 02 29000071;
www.lattuadastudio.it
Dadamaino anni ’80 e ’90
La galleria Arte Cortina, a partire dal 2007, ha
dedicato diverse mostre alla produzione dell’artista, con l’intenzione di studiare e analizzare il suo
percorso. Il ciclo si conclude con l’esposizione
dedicata agli anni Ottanta e Novanta . Dadamaino è nota per la sua ricerca sul segno, arrivando
negli anni a creare una calligrafia visiva e pittorica. Le opere esposte sono parte delle serie
cui l’artistica dedica in quegli anni, come i cicli
Costellazionsi i, Intervalli-Interludi e il corpus
dei Movimenti delle cose.
Associazione culturale Renzo Cortina
dal 3 giugno al 18 luglio; Milano, via Mac
Mahon 14/7; tel. 02 33607236; www.
cortinaarte.it
Thomas Berra
Personale dell’artista Thomas Berra, realizzata
a seguito di un progetto di residenza artistica a
Tangeri, in Marocco. Sono esposti sessanta disegni, un trittico e l’opera CasaBarata, una casa
realizzata con materiali di recupero e legno, di
oltre due metri d’altezza, che deve l’ispirazione e
il titolo all’omonimo mercato popolare di Tangeri. Nella produzione Thomas Berra inserisce riferimenti e spunti tratti dall’esperienza di viaggio.
Banca Sistema
fino al 16 luglio; corso Monforte 20, Milano; www.bancasistema.it
Barbie around the world
L’esposizione è dedicata alla famosa bambola
e presenta dei lavori legati al suo personaggio.
A dare il titolo alla mostra è il progetto fotografico, Barbie Around the World, nato da un’idea
di Maria Giovanna Callea e realizzato da Enrico
Pescantini. Un immaginario viaggio da Gerusalemme a Cuba, dove i protagonisti Barbie e
Ken vengono ripresi con foto digitali e polaroid.
Saranno inoltre esposte tre opere del duo Mario
Paglino e Gianni Grossi, in arte Magia2000 e
una scultura di Paolo Schmidlin, che in quanto
collezionista ha reso disponibile l’esposizione
di Barbie e accessori anni Sessanta e Settanta.
Barbara Frigerio Contemporary Art
dall’8 maggio al 20 giugno; Milano, via
dell’Orso 12 (entrata V. Ciovasso); tel. 02
36593924; www.barbarafrigeriogallery.it
Pentti Sammallahti
Una quarantina di immagini in bianco e nero
realizzate dal fotografo finlandese Pentti Sammallahti. Ad essere esposti sono i soggetti più
ricorrenti nella sua fotografia, comegli animali
ripresi nella natura e in situazioni ironiche e curiose. La Galleria Bel vedere espone per la prima
volta Pentti Sammallahti a Milano, dopo il debutto in Italia alla Galleria del Cembalo di Roma.
Bel Vedere
dal 9 maggio al 14 luglio; Milano, via Santa Maria Valle 5; tel. 02 45472468; www.
belvederefoto.it
Marie Claire Guyot
La nuova galleria Maroncelli 12 inaugura con
la personale dedicata all’artista Marie Claire
Guyot, nata a Parigi nel 1937. Sono presentate
una trentina di opere realizzate fra gli anni ’70 e
’80: autoritratti popolati da sofferenti personaggi
e animali, sculture create con piccoli relitti e tesori scovati nella casa di famiglia in Borgogna.
La galleria comincia, con questa esposizione,
un percorso in cui prendere in esame l’Arte brut
28
Brut (Outsider Art)
dall’8 maggio al 4 luglio ; Milano, via
Pietro Maroncelli 12; tel. 335.8403484
Carla Bedini
Intitolato «Le donne non dovrebbero essere illuminate», il percorso, con una ventina di opere,
ha come filo conduttore l’anima e i suoi «abiti».
I lavori esposti aspirano a mostrare ciò che è
nascosto, quel «corpo dell’anima» che giace
invisbile e che solo l’arte può mostrare.
Ca’ di Fra’
dall’8 maggio al 25 luglio ; Milano, via
Carlo Farini 2; tel. 02 29002108
Progetto Italiano n° 1
La mostra è il primo appuntamento della rassegna Progetto Italiano, che prevedrà una serie
di collettive in spazi e gallerie differenti. Sono
presenti undici artisti: Paola Angelini, Erica
Battello, Arianna Carossa, Lia Cecchin, Matteo
Fato, Francesco Fossati, Franco Nardi, Luca
Pozzi, Mario Scudeletti, Stefano Serusi. Nelle
loro opere, realizzate con tecniche differenti,
dalla scultura alla fotografia, gli artisti hanno
lavorato sull’idea di cosmo, secondo la concezione dantesca.
Dimora Artica
dal 21 maggio al 21 giugno; Milano,
via Matteo Maria Boiardo 11; tel. 380
5245917; www.dimoraartica.com
Chiara Caselli
In mostra sei stampe fotografiche di grande
formato realizzate nel 2013, che rappresentano
scorci di mare a Ginostra, dove l’orizzonte si
confonde nella foschia. Nota per la sua carriera
da attrice, Chiara Caselli espone le sue fotografie
dal 2008. Nel 2011 è stata invitata a partecipare al Padiglione Italia di Venezia per la 54°
Esposizione d’Arte e al Festival Internazionale
di Fotografia di Roma. Nel 2014 tiene presso l’Istituto Italiano di Cultura di Tokjo una personale
con oltre cinquanta sue opere.
Federico Rui Arte Contemporanea
dal 21 maggio al 4 luglio ; Milano, via
Turati 38; tel. 392 4928569; www.federicorui.com
Opinione latina 2
Secondo appuntamento di Opinione Latina,
rivolto all’arte contemporanea sudamericana.
L’idea che dà il titolo alla mostra è quella di una
frattura, latente ma viva, sotto la superficie di
architetture grandiose e utopiche. Tra le operela
pittura murale di Laercio Rodondo e le sculture
di Elena Damiani.
Francesca Minini
dall’8 maggio al 15 luglio; Milano, via
Massimiano 25; tel. 02 26924671; www.
francescaminini.it
Giuseppe Spagnulo
L’artista Giuseppe Spagnulo, noto per le opere
inserite in grandi spazi pubblici e cittadini, espone nella galleria Anna Maria Consadori una serie
di lavori intimi e di piccolo formato. In particolare sono presentati due cicli realizzati dall’artista.
Da una parte le sculture in ferro e acciaio che
riportano le qualità delle sue opere monumentali, e dall’altra le Carte, lavori realizzati con sabbie,
ossido di ferro e carbone sovrapposti.
Galleria Anna Maria Consadori
fino al 31 maggio; Milano, via Brera 2;
tel. 02 72021767; www.galleriaconsadori.com
Remo Bianco
La Galleria Blu dedica una personale a Remo
Bianco dal titolo «Ricercatore solitario», come
lui stesso si definì. La rassegna ripercorre i vari
momenti della sua creazione artistica sempre attenta alla sperimentazione: si ritrovano le opere
dei «Tableaux dorés» sino alle ultime produzioni dell’«Arte elementare» e del ciclo della «Gioia
di vivere».
Galleria Blu
fino al 28 giugno; Milano, via Senato 18;
tel. 02 76022404; www.galleriablu.com
Memphis mai realizzata a Milano, città dove il
movimento nacque. A sfilare sotto gli occhi del
visitatore sono gli oggetti realizzati a partire dal
1981 da quel gruppo di architetti che si riunirono intorno ad Ettore Sottsass e che divennero
poi un vero e proprio fenomeno culturale.
Galleria Gruppo Credito Valtellinese
fino al 17 maggio; Milano, corso Magenta
59; tel. 02 48008015; www.creval.it
Letizia Fornasieri
Personale della pittrice, nata a Milano nel 1955.
Nelle sue opere sceglie differenti soggetti, interni
ed esterni, città, piante, animali, figure umane. I
suoi dipinti sono sempre popolati e vitali, con
personaggi indaffarati e città ricche di vita. Anche
laddove l’uomo non è raffigurato basta un elemento, un guanto appeso, una tazza, una sedia
di fianco alla finestra, a suggerirne la presenza.
In particolare sono presenti nelle opere alcuni
soggetti prediletti, come il tram, simbolo della
città di Milano dove tutt’ora la Fornasieri vive.
Galleria Ponte Rosso
dal 7 maggio al primo giugno ; Milano,
via Brera 2; tel. 02 86461053; www.ponterosso.com
Lara Leonardi
«Ritratti di memoria» è il titolo della personale
di Lara Leonardi che raccoglie una serie di ritratti
tipici dell’artista. Le opere dai colori forti e accesi
rappresentano un’ideale galleria di maschere
antropomorfe, attraverso le quali la pittrice riesce ad evocare le esistenze della comunità cui
sono ispirate.
Galleria Previtali
dall’ 8 maggio al 21 giugno; Milano, via
Lombardini 14; tel. 02 58113090; www.
galleriaprevitali.it
Jessica Stockholder
Personale dedicata all’artista americana con cui
la galleria Raffaella Cortese collabora a partire
dal 2000. Le installazioni e le sculture presentate
sono realizzate appositamente per la sede di Via
Stradella 1 e per i suoi spazi. Le opere di Jessica
Stockholder sono definite accumuli, per il loro
giustapporre e assemblare mobili e oggetti di
uso domestico. Ne risulta una riflessione sull’effimero e sulla realtà domestica che ci appartiene.
L’artista cura con sensibilità pittorica gli assemblaggi, prestando attenzione ai colori e alle linee.
Galleria Raffaella Cortese
dal 28 maggio al 2 agosto;
Karla Black
Prima mostra personale in galleria dell’artista
scozzese Karla Black. Le sue installazioni uniscono diversi media e sono create al termine di
un processo quasi performativo in cui il gesto
utilizzato ha molto valore per l’artista. I materiali
che Karla Black sperimenta sono differenti, alcuni comunemente usati in scultura come il gesso
e la plastica, altri più insoliti come polvere, trucchi, zucchero. I lavori sono connessi visivamente in mostra con una linea di polvere gialla, che
suggerisce un percorso unico.
Galleria Raffaella Cortese (via Stradella 1)
dal 28 maggio al 2 agosto; Milano; tel.
02 2043555; www.galleriaraffaellacortese.com
Gal Weinstein. Solar
Personale dell’artista israeliano, che raccoglie
una ventina di opere: un’installazione, dipinti
di medie e grandi dimensioni, un video e alcuni
disegni. I materiali utilizzati da Gal Weinstein
sono eterogenei: lana d’acciaio, legno, ruggine,
marmo, moquette, candeggina.L’installazione
a pavimento, Marble sun, s’ispira a Nahalal, il
primo insediamento agricolo collettivo, fondato
in Israele nel 1921. Prendendo spunto dal riferimento ai raggi solari, essenziali nel progetto
originale, Weinstein ricrea la pianta del villaggio
componendo un pavimento di oltre 400 tessere
di marmo e altre pietre.
Galleria Riccardo Crespi
fino al 15 maggio; Milano, via Mellerio 1;
02 89072491; www.riccardocrespi.com
L. Christofer Veggetti- Kanku
Agostino Arrivabene presenta un ciclo di dipinti
ispirati alle Pietà dette Vesperbild, sculture
d’intensa drammaticità diffuse in Germania dal
XIV secolo. I temi della trasfigurazione e della
mutazione vengono rielaborati dall’artista in tele
ricche di soggetti mitologici e letterari. Arrivabene dipinge corpi alterati ma anche fusi con
la natura, che sembra crescere sulla loro pelle.
Chiude la mostra un progetto ispirato al mito dei
Dioscuri: una piccola scultura in materiali preziosi da cui verranno realizzati gemelli da polso,
in collaborazione col gioielliere Mirco Baroso.
Galleria Giovanni Bonelli
dal 23 maggio al 26 luglio; Milano, via
Porro Lambertenghi 6; tel. 0376 723161
Personale di Luigi Christofer Veggetti- Kanku,
pittore originario di Kinshasa, nello Zaire. L’artista sceglie, come soggetto delle sue opere, due
scenari: città e spiagge. I suoi paesaggi sono arricchiti dalla forte presenza umana, come gruppi
di persone e folle che popolano e ingombrano
le sue tele. Luigi Christofer Veggetti- Kanku
vive e lavora in Brianza. Si forma come grafico
pubblicitario presso I.T.C.S Gadda di Paderno
Dugnano (MI), dove nel 1999 si tiene la sua
prima mostra. Nei tre anni successivi raffina la
tecnica pittorica presso il laboratorio di Uboldo
(VA), diretto dal maestro Vanni Saltarelli
Galleria Rubin
dal 29 maggio a fine luglio; Milano, via
Bonvesin de la Riva 5; tel. 02 36561080;
www.galleriarubin.com
La Collezione Memphis
Poesia d’assalto
Agostino Arrivabene
L’ampia galleria del Refettorio delle Stelline
accoglie la più grande esposizione del design
Personale del poeta e artista Ivan, noto per gli interventi pubblici realizzati in diverse città. In que-
sta esposizione è presentato un corpo di lavori
inediti, che ripercorrono le sue precedenti performance. La mostra ospita una serie pittorica
e fotografie degli interventi pubblici, rielaborate
dall’artista. Una sezione della rassegna è dedicata alla performance Pagina bianca: in moltissime
piazze italiane Ivan ha srotolato chilometri di
carta e messo a disposizione pennelli e colori
ai passanti. In questa mostra ricrea e presenta
alcuni stralci scritti dai passanti.
Galleria Russo - Asso di quadri
fino al 16 maggio; Milano, via dell’Orso,
12; 0239663641 ; www.galleriarusso.it
Larry Fink
L’esposizione presenta sette fotografie in bianco
e nero dell’artista originario di Brooklyn. Le immagini fanno parte del ciclo «Social Graces», fra
i più apprezzati lavori di Larry Fink. Le fotografie
sono state scattate negli anni ‘70, in differenti
circoli sociali: quelli dell’alta classe cittadina di
Manhattan e quelli Pennsylvania, più operaia e
rurale. L’artista ne ritrae le abitudini, le interazioni
e le relazioni umane. La serie è stata oggetto di
un’esposizione al Museum of Modern Art di
New York nel 1979.
Galleria Six
fino al 17 maggio; Milano, via Filippino
Lippi 12
Amelie von Wulffen
Personale dell’artista tedesca Amelie von Wulffen, conosciuta soprattutto per i collage, opere
su carta di grandi dimensioni in cui utilizza pittura, disegno e fotografia. Giò Marconi presenta
una nuova serie di lavori, fra cui dipinti, un fumetto, proiettato in galleria, e alcune sedie dipinte a mano. Fra i soggetti delle opere pittoriche vi
sono nature morte e paesaggi, ma anche gli autoritratti di Max Beckmann, Gustave Caillebotte
e Francisco Goya, che l’artista studia e riprende
come omaggio alla loro arte e persona. Un’altra
serie, popolata da frutta e verdura antropomorfa,
s’ispira alle illustrazioni per bambini.
Giò Marconi
fino al 17 maggio; Milano, via Tadino 15;
tel. 02 29404373; www.giomarconi.com
Alessandro Imbriaco
Il progetto Static Drama nasce dalla collaborazione tra il fotografo Alessandro Imbriaco e la
scrittrice Veronica Raimo. Le immagini ritraggono cortili privati nell’ora più buia del crepuscolo.
Le fotografie diventano cartoline, e sul dorso
riportano alcune note frammentarie, scritte a
mano da Veronica Raimo. Static Drama è un
lavoro del 2010, a chiusura di una residenza artistica a New York svolta dall’artista con Harlem
Studio Fellowship di Montrasio Arte.
Harlem Room c/o Galleria Montrasio Arte
fino al 23 maggio; Milano, via di Porta
Tenaglia 1; tel. 02 878448; www.harlemroom.it
I colori del deserto 2
In mostra una selezione di circa venti dipinti
provenienti dall’Australia indigena, eseguite
dalla fine degli anni Ottanta da una quindicina di
artisti appartenenti a diverse comunità. Le opere
sono eseguite su corteccia o su tela, a base di
ocre o di acrilico, e sono rielaborazioni astratte di
miti ancestrali. La galleria Isarte ha già esposto
questo movimento artistico, di fama negli ultimi
anni, e propone molti dipinti inediti in Italia che
provengono in gran parte dalla collezione di
Anne de Wall, co-fondatrice del Museo di arte
contemporanea aborigena di Utrecht.
Isarte
dal 23 maggio al 5 giugno; Milano, corso
Garibaldi, 2; www.eosarte.eu
Pae White
Due installazioni site specific e un lavoro scultoreo esposti alla galleria Kaufmann repetto, per
la quinta personale dell’artista californiano. Due
delle opere sono ispirate alla collezione di arte
applicata del Museo MAK di Vienna. Pae White
crea quattro arazzi di filo metallico, che ricordano
campioni di stoffe giapponesi o mosaici; inoltre
presenta una scacchiera di piccole sculture, realizzate da artigiani di tutto il mondo sulla base
di foto degli archivi del MAK. Chiude la mostra
un’installazione composta da 540 neon in diverse sfumature di bianco, a simulare la luce
del giorno, ispirata ai motivi di un mitologico
tappeto volante.
kaufmann repetto
fino al 17 maggio;
Shannon Ebner
L’artista realizza lettere fatte a mano, collocandole
in contesti sospesi tra il reale, il simbolico e l’onirico e costruendo un alfabeto intimo e personale di denuncia, nello stile dei graffiti.
kaufmann repetto
dal 22 maggio al 22 giugno; Milano, via
di Porta Tenaglia 7; tel. 02 72094331;
www.kaufmannrepetto.com
Ceal Floyer
Personale dedicata all’artista berlinese nata nel
1968. La mostra presenta alcune sculture e
installazioni recenti di Ceal Floyer fra cui una rielaborazione dell’opera Taking a Line for a Walk
(2008) in cui una macchina che crea delle linee
bianche sui campi sportivi è guidata senza meta
fino a esaurimento della pittura. La linea è ricreata in tutta la galleria, interagendo col percorso
espositivo. La produzione dell’artista si svolge
in concomitanza di un’antologica al Museion
di Bolzano.
Lisson Gallery Milano
fino al 16 maggio; Milano, via Zenale 3;
02 89050608; www.lissongallery.com
Alberto Di Fabio,
Philip Taaffe
Curata da Marco Meneguzzo, l’esposizione
presenta sei opere realizzate da ciascuno dei due
artisti. Alberto Di Fabio e Philip Taaffe, rispettivamente italiano e americano, si sono formati
artisticamente negli anni Ottanta e attingono a
elementi artistici orientali e occidentali. Fra i lavori selezionati, la mostra si focalizza sulle carte,
tipiche della produzione di entrambi, rivelatrici di
mondi non visibili elaborati dagli artisti.
Luca Tommasi Arte Contemporanea
dal 20 maggio al 5 luglio; Milano, via Tadino 15; tel. 335 242433
Giulio Cerocchi
Personale dell’artista e fotografo Giulio Cerocchi, a cura di Gigliola Foschi. Cerocchi si dedica,
nella sua produzione recente, a ricerche tecnologiche ed elaborazioni grafiche e fotografiche.
In esposizione una selezione di opere inedite
realizzate negli ultimi anni. La serie «Alchimia
popolare» presenta immagini di oggetti legati
alla tradizione maremmana, incorniciati singolarmente in light box. «Territori innevati» è un ciclo di fotografie dove le sottili silhouette di alberi
emoergono da sfondi monocromi bianchi o neri.
M4A - Made4art
dal 28 maggio al 7 giugno; Milano, via
Voghera 14; www.made4art.it
Maurizio Savini
«Social distorsion» è il progetto con cui lo scultore Maurizio Savini mette in luce e denuncia
brutture e contraddizioni del nostro tempo. Le
opere dello scultore romano affrontano i contrasti della modernità e le dicotomie, che vengono
rappresentate nella loro crudità pur senza rinunciare ad una vena ironica.
Marcorossi artecontemporanea
dal 23 maggio al 28 giugno; Milano,
corso Venezia 29; tel. 02 795483; www.
marcorossiartecontemporanea.com
Josh Smith
Terza personale dedicata all’artista dalla galleria
Massimo De Carlo. Sono presentate una serie
di opere a olio e alcune sculture in ceramica.
La produzione di Josh Smith indaga i concetti
di autenticità e serialità con una ripetizione ossessiva di temi, forme e colori. L’elemento che
ricorre costantemente nei dipinti in mostra è la
palma: un segno, un pattern, quasi una firma che
popola gli esotici paesaggi. L’artista ha lavorato
nel suo percorso con i mezzi più diversi, dalla
pittura alla grafica, dal collage alla ceramica, dal
libro all’installazione.
Massimo De Carlo
fino al 17 maggio; Milano, via Ventura
5; tel. 02 70003987; www.massimodecarlo.it
Nicholas Feldmeyer
Personale dedicata al giovane artista londinese,
che lavora con diversi mezzi: collage su cartoline d’epoca, video, installazioni, opere pubbliche
monumentali, stampe digitali. Nella produzione
di Nicholas Feldmeyer, vincitore del Saatchi Prize, ricorrono paesaggi, geometrie e materiali di
uso quotidiano.
mc2gallery
dal 6 al 23 maggio;
Michael Ackerman
In mostra una selezione di fotografie realizzate negli ultimi anni. Le immagini di Michael
Ackerman sono in bianco e nero, caratterizzate
dagli effetti pittorici dello sfuocato, del mosso,
del sovra o sottoesposto. La fotografia dell’artista è personale e introspettiva, si concentra su
un soggetto per raggiungere esiti intensamente
emotivi. L’esposizione è organizzata in collaborazione con la Agence VU’ di Parigi, che rappresenta l’artista dal 1997.
mc2gallery
dal 27 maggio al 27 giugno; Milano,
via Malaga 4; tel. 02 87280910; www.
mc2gallery.com
Paolo Riolzi
La mostra presenta a serie di fotografie «Piscine» tratta dal progetto «Identità collettiva».
L’artista fotografa luoghi, architetture e paesaggi,
parte di un immaginario condiviso. La figura
umana è quasi assente nelle immagini di Paolo
Riolzi, che crea una mappatura di luoghi possibili, in un confronto tra lo spazio architettonico
e il paesaggio sociale che lo abita. Il progetto
29
«Identità collettiva» inizia nel 2000 e comprende
immagini scattate dall’Italia all’America. Architetto di formazione, Paolo Riolzi insegna fotografia
e si dedica a progetti fotografici e video.
Nowhere Gallery
fino al 20 giugno; Milano, via del Caravaggio 14; tel. 329 2153299; www.
nowhere-gallery.com/new/
Xing Danwen. Utopia
Sculture, video, fotografie e installazioni ripercorrono 25 anni di carriera dell’artista cinese,
esaminandone il linguaggio poetico con cui
narra elementi della vita quotidiana e della storia
culturale e politica del suo paese.
Officine dell’Immagine
fino al 28 giugno; Milano, via Atto
Vannucci 13; tel. 0331 898608 | 334
5490900; www.officinedellimmagine.it
Open to art
La mostra presenta i trentaquattro progetti dei
finalisti alla prima edizione del Premio Open to
Art, concorso internazionale biennale dedicato
al mondo della Ceramica d’Arte e di Design,
ideato dalle Officine Saffi. I vincitori della prima
edizione, annunciati il 2 aprile, sono Jozsef Simon Zsolt (Ungheria, 1973) e Margareta Daepp
(Svizzera, 1959). Al concorso hanno partecipato
oltre trecento artisti e designer internazionali, di
età comprese fra i 25 e i 71 anni.
Officine Saffi
fino al 14 luglio; Milano, via A. Saffi 7;
tel. 02 3665696; www.officinesaffi.com
Harry Adams
Mostra dedicata al sodalizio artistico di Steve
Lowe e Adam Wood, in arte Harry Adams. Nato
nel 2008, il duo si dedica dapprima a progetti
di cinema letteratura e fotografia, per approdare
poi alla pittura, che è a oggi la tecnica utilizzata
per il loro lavoro. Le opere di Harry Adams si
confrontano con i maestri del passato, con i
capolavori dell’arte visiva, cimentandosi in stili
e tecniche diverse. Fra i soggetti più frequenti vi
è il paesaggio, in particolare gli scenari rurali.
Paolo Curti / Annamaria Gambuzzi
fino a fine giugno; Milano, via Pontaccio
19; 02 86998170; www.paolocurti.com
Antoine Catala
Personale dedicata all’artista francese, che riflette nella sua produzione sui media digitali e
sull’influenza che hanno nella vita quotidiana. In
CALENDARIO
particolare Antoine Catala utilizza la dimensione
tattile di alcune tecnologie, come l’ologramma,
la stampa 3D, la tecnica morphing. In mostra
sono esposte installazioni recenti dell’artista. La
rassegna s’inserisce nel progetto di Peep-Hole
Six Ways to Sunday, una project room per le
istituzioni con una produzione di alto livello in
contesti non centrali, come molti kunstverein tedeschi e FRAC francesi.
Peep-Hole
dal 23 maggio al 12 luglio; Milano, via
Stilicone 10; tel. 02 87067410; www.
peep-hole.org
Andrea Jemolo
La mostra «Casa Malaparte» raccoglie 20 opere
realizzate dal fotografo nel 1988 a Casa Malaparte, a Capri. L’originale struttura della casa, ideata
in buona parte da Malaparte stesso, viene mostrata attraverso la pulizia delle sue linee architettoniche e il contrasto fra la luce e le superifici
che la riflettono.
Photology
fino al 30 maggio; Milano, via della Moscova 25; tel. 02 6595285; www.photology.com
come simbolo di prestigio e le fotografie entrano
a far parte dell’arredamento. La tecnica è ancora
empirica e in via di sperimentazione, come si
nota dalle lastre spazzolate dall’artista nel gesto
spontaneo di pulire il tavolo di lavoro.
RBcontemporary - RBfineart
dal 9 maggio all’11 luglio; Milano, foro
Bonaparte 46; tel. 02 875785; www.
rbfineart.it
Marco Gastini
Grazie a «Con gli occhi del gatto» il romano Felice Levini ritorna a Milano. La mostra raccoglie
un gruppo recente di lavori (tra cui i nuovissimi
«La pulce nell’orecchio» del 2013 e «Astratti
fuori», del 2014) dai quali emerge la pluralità
di linguaggi dell’artista, e la sua riflessione sia
estetica che etica.
Spazio Borgogno
fino al 14 giugno; Milano, ripa di Porta
Ticinese 113; tel. 335 5654727; www.
spazioborgogno.wordpress.com
Piero Leonardi
Giustizia e diritti dell’esistenza umana sono indagati dall’artista cinese attraverso installazioni
e fotografie che restituiscono la schizofrenia tra
globalizzazione, crescita economica e tradizione
culturale e filosofica dell’Oriente.
Primo Marella Gallery
fino al 18 maggio;
La personale analizza due percorsi di ricerca
dell’artista, denominati Purgatory e Graphics, in
cui i soggetti sono paesaggi naturali. Nel primo
ciclo sono ritratti i volumi delle nuvole, della
neve, in una ricerca dei limiti indefiniti degli
spazi e degli effetti chiaroscurali che si creano
in natura. Nella serie Graphics alcuni elementi
e tracce naturali con le loro ombre, creano una
calligrafia, un insieme di segni posati sulla terra.
Spaziofarini6
fino al 29 maggio;
Robert Zhao Renhui
Nicola Ughi
Li Wei
Incantevole viaggio tra la flora e la fauna attarverso gli occhi del giovane artista che analizza
analogie e differenze tra il mondo naturale e
l’umano intelletto.
Primo Marella Gallery
dal 21 maggio al 31 giugno; Milano, viale
Stelvio 66; tel. 02 87384885; www.primomarellagallery.com
Ivan Bianchi
Personale dedicata all’artista ticinese, pioniere
in Russia della tecnica fotografica, che ha dedicato la sua produzione a ritrarre la città di San
Pietroburgo in cui si reca negli anni Sessanta
dell’Ottocento. La mostra presenta una serie
di fotografie inedite, immagini degli interni dei
palazzi della Russia nobile e zarista. I lavori sono
commissionati a Ivan Bianchi dalle famiglie
Selezione di 17 fotografie di grande formato del
pisano, la mostra è tratta da un progetto editoriale realizzato dall’artista in collaborazione con gli
scrittori Marco Vivaldi e Cristina Bersantini che
racconta il mare della toscana tramite sessanta
paesaggi a colori e venti ritratti in bianco e nero.
Nicola Ughi riprende gli stessi soggetti di inverno e d’estate e li affianca, mettendo in evidenza
un contrasto visivo ed emotivo.
Spaziofarini6
fino al 29 maggio; Milano, via Farini 6;
02 62086626; www.spaziofarini6.com
Dadamaino, volumi ’58-61
Il volume è al centro della riflessione artistica di
Dadaimano, che in questa personale che raccoglie i Volumi realizzati nel triennio 1958-’61,
continua e amplia il lavoro concettuale di Fon-
tana. A essere indagata nelle sue forme ovoidali
è la tridimensionalità dello spazio fisico, la cui
purezza è esaltata dall’eliminazione di ogni elemento pittorico o cromatico.
Studio Guastalla
dal 29 maggio al 27 settembre; Milano,
via Senato 24; tel. 02 780918; www.
guastalla.com
Patrick Tuttofuoco
In mostra nuovi lavori dedicati alla città di Milano, dove l’artista è nato e cresciuto. In particolare
sono esposte cinque sculture liberamente ispirate alla Casa degli Omenoni. Il progetto prosegue fuori dalla galleria, in spazi pubblici e privati: McDonald’s, passaggio duomo 2, Ermanno
Previdi, via Benedetto Marcello 2. Accompagna
l’esposizione un progetto musicale in collaborazione con Novo Line di Berlino, città dove risiede
e lavora attualmente Patrick Tuttofuoco.
Studio Guenzani
fino al 17 maggio; Milano, via Eustachi
10; 02 29409251; www.studioguenzani.it
Mia - Milan Image Art Fair
Dopo il successo dell’anno scorso la fiera di
fotografia riparte da Milano, dove, saranno circa
200 gli espositori provenienti da tutto il mondo
ad animare la fiera. Saranno i fotografi stessi il
centro dell’esposizione, dove ognuno di loro
avrà uno stand e il proprio catalogo.
Superstudio Più
dal 23 al 25 maggio; Milano, via Tortona
27; tel. 02 422501; www.superstudiogroup.com | www.affordableartfair.it |
www.miafair.it
Urban Agriculture
Survival Kit
L’esposizione fa parte di un progetto volto a far
conoscere il lavoro di Massimo Cutini, «Risaie
Survival Signal Mirror», nel Parco delle Risaie.
L’opera centrale è la mappa risultato della ricognizione nel Parco delle Risaie: fotografie, cartoline, campioni di riso, elementi in legno concorrono a formare l’immagine del parco. Sono
inoltre esposte alcune installazioni ambientali
di Massimo Cutini, frutto dei workshop ospitati
nel 2013 dalla Cascina San Marco. Completano
la mostra le opere di Guido Bagini, Paolo Calvinato, Michael Johansson, oltre a una serie di
fotografie di Paola Di Bello.
The Flat - Massimo Carasi
fino al 10 maggio; Milano, via Frisi 3; tel.
02 58313809; www.carasi.it
Milano Asian Art
La rassegna, dedicata a promuovere l’arte orientale a Milano si tiene in otto gallerie: Dalton
Somarè, David Sorgato, Giuseppe Piva, Illulian,
La Galliavola, Mirco Cattai, Renzo Freschi e
Gracis. Si tratta della quinta edizione della manifestazione in partnership con il Museo Poldi
Pezzoli. Le esposizioni spaziano dall’era antica
a quella contemporanea, dal Vicino all’Estremo
Oriente, con una varietà di tecniche diverse fra
cui la fotografia. In dettaglio, Gracis ospiterà la
galleria londinese di Ben Janssens, fra i maggiori specialisti di arte asiatica e chairman del
Tefaf di Maastricht, con l’esposizione «Japanese
Design of the 20th century»; da Dalton Somarè
in mostra «Arte antica buddhista»; «Il tesoro dei
monti Zagros» da David Sorgato presenta kilim
persiani. Piva espone opere recenti del giapponese Tomizo Saratani («L’anima nella Lacca»);
da Illulian «I tappeti della misura Zaronim»; da
La Galliavola la mostra «Minguo», fotografie e
oggetti dalla Cina della Prima Repubblica; con
«Ma Dao Cengh Gong» Mirco Cattai propone
opere di diverse dinastie cinesi; le fotografie
scattate in quarant’anni in India da Roberto Meazza, sono in mostra da Renzo Freschi
Sedi varie
dal 15 al 24 maggio; Milano
BERGAMO
SEDI PUBBLICHE
Claudio Parmiggiani
L’artista presenta una grande e complessa installazione composta da 53 campane ispirate al
tema della memoria e della morte, da sempre al
centro della sua poetica.
Fondazione Bernareggi - Museo
dal 17 maggio al 30 settembre; Bergamo,
via Pignolo 76; www.fondazionebernareggi.it
Andrea Mastrovito
Negli spazi dedicati agli artisti emergenti, il
giovane bergamasco presenta il progetto sitespecific «At the end of the line». Si tratta di una
serie di opere inedite realizzate con la tecnica del
frottage e dedicate a temi quali storia, mito delle
origini, società e identità contemporanee, territori lontani e diversi che si mescolano in una sorta
di unico e grande paesaggio universale.
GAMeC - Galleria d’Arte Mod. e Cont.
fino al 25 maggio
Riscoprire la Carrara
«Riscoprire la Carrara. Mantegna, Bellini, Raffaello e Moroni. Restauri e capolavori in dialogo»
è la grande mostra che rende omaggio un omaggio al museo della Pinacoteca di Carrara e al suo
patrimonio a pochi mesi dalla riapertura, con
opere provenienti anche da altri musei italiani.
GAMeC - Galleria d’Arte Mod. e Cont.
dal 13 maggio al 20 luglio
Robert Overby
Prima retrospettiva italiana dell’artista americano, la mostra ne presenta una selezione
di 50 opere realizzate tra il 1969 e il 1987. Installazioni, dipinti, sculture, stampe e collage,
dedicati all’analisi della condizione umana e al
suo declino, ripercorrono l’evoluzione dell’artista
che ha fatto dello spazio l’appendice fisica della
caducità del corpo, anticipando l’arrivo del PostModernismo.
GAMeC - Galleria d’Arte Mod. e Cont.
dal 16 maggio al 27 luglio;
Artists’ Film International
Progetto nato da un’iniziativa della Whitechapel
Gallery di Londra, che quest’anno registra la collaborazione di quindici importanti istituzioni internazionali che presentano altrettanti artisti nelle
cui opere scelgono l’immagine in movimento
come mezzo privilegiato d’espressione.
GAMeC - Galleria d’Arte Mode. e Cont.
dal 16 maggio al 27 luglio;
Giuseppe Stampone
Cento disegni inediti, realizzati dall’artista emergente con la penna bic, costituiscono il progetto
site-specific «Bic blue data». Sono i ritratti dei
più importanti artisti contemporanei come Ai
Weiwei, William Kentridge, Shirin Neshat e Marna Abramovic, tutti raffigurati in compagnia di un
elemento che ne identifichi pensiero, produzione
e poetica, come il teschio di Damien Hirst e la
maschera alter-ego di Maurizio Cattelan.
GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e
Contemporanea
dal 5 giugno al 27 luglio; Bergamo, via
San Tomaso 53; tel. 035 270272; www.
gamec.it
Enrico Prometti
Artista-esploratore che ha fatto del viaggio il
tema centrale della sua poetica, l’eclettico autore
scomparso nel 2008 è protagonista di una grande rassegna in tre sedi che ne rivela il talento di
scultore, pittore, artigiano e incisore, attraverso
una selezione di lavori popolati d’immagini tote-
calendario
miche, bestiari fantastici, soli, tarocchi e mondi
immaginari. Museo Storico - GAMeC – Museo Civico Enrico Caffi
fino al 2 giugno; Bergamo; 320 8015469
Artdate
Organizzata dall’associazione Theblank, «Artdate» è la settimana dell’arte contemporanea,
dedicata al dialogo tra l’arte antica e i linguaggi
odierni. In programma mostre, proiezioni di film,
laboratori, visite e incontri in oltre 60 tra fondazioni, musei e gallerie.
Sedi varie
dal 15 al 18 maggio; Bergamo; tel. 348
5100463
Walk with the artiste
Dopo la prima tappa di Berlino arriva a Bergamo
il progetto «Walk with The Artist». Il visitatore è
accompagnato da un artista (il 16 /5 da Stefania
Migliorati, 17/5 da Silvia Giambrone e il 18/5
da Borders.de e Bernardo Giorgi) attraverso la
città, in una camminata interattiva dove gli spazi
visitati sono riscoperti e trasformati dal pubblico.
Sedi varie
dal 15 al 18 maggio ; Bergamo; tel. 348
5100463
BERGAMO
GALLERIE PRIVATE
Alfredo Casali
In galleria è esposta una ricca e raffinata selezione di dipinti di Alfredo Casali, con un catalogo a
cura di Chiara Gatti e un testo di Rocco Ronchi.
Galleria Ceribelli
dal 10 maggio al 19 luglio; Bergamo, via
San Tomaso 86; www.gallericeribelli.com
FuturoAnteriore
La torinese Elena Tortia e il bergamasco Marco
Manzoni hanno elaborato un progetto a quattro
mani in dialogo con il passato. Video e installazioni fotografiche di Tortia, dedicati alla memoria
e comprensione dell’altro s’intrecciano con i
disegni di Manzoni, ispirati ad antiche incisioni.
Galleria Marelia
dal 17 maggio al 30 giugno;
Percezioni
In mostra opere degli studenti dell’Accademia
di Belle Arti G. Carrara tra cui Simone Brolis,
Veronica Citterio, Laura Crevena, Chiara Fusar
Bassin, Giusy La Licata, Lorenzo Misia e Federica Mutti, che con gesti e linguaggi differenti
analizzano natura, spirito e realtà.
Galleria Marelia
fino al 10 maggio; Bergamo, via Guglielmo d’Alzano 2b; tel. 035 0603115 | 347
8206829; www.galleriamarelia.it
Rodolfo Invernizzi
Piccole tavole a tempera su cui si sovrappongono minute calligrafie che scandiscono lo scorrere del tempo. Così Rodolfo Invernizzi trasforma il
gesto pittorico in un’ossessione che si nutre di
citazioni, reliquie e memorie.
Studio Vanna Casati
fino al 10 maggio; Bergamo (BG), via
Borgo Palazzo 42; tel. 335 222333; www.
vannacasati.it
Ugo Mulas
A quarant’anni dalla morte una grande monografica rende omaggio al maestro della fotografia,
attraverso una preziosa selezione di scatti in
bianco e nero che catturano l’essenza di personaggi famosi e non.
Musei di Santa Giulia
fino al 13 luglio;
Suggestioni d’Oriente
Il percorso a cura di Maurizio Mondini presenta
una ricca selezione di preziosi manufatti cinesi e
giapponesi tra cui paraventi dipinti, kakemono,
porcellane, armature. Si passa così dalla pittura
policroma Nihon-ga del VII secolo, alle raffigurazioni con inchiostro ispirate al buddismo Zen
del XV secolo.
Musei di Santa Giulia
fino all’11 maggio; B
Oki Izumi
La scultura contemporanea di Oki Izumi s’ispira
a una pratica lenta e rigorosa, fatta di piccoli gesti, lunghe pause, movimenti ripetuti e piccole
stratificazioni del medesimo materiale: il vetro.
Così prendono forma architetture, paesaggi ed
elementi naturali in cui si riconosce lo scorrere
della vita e del tempo.
Musei di Santa Giulia
fino all’11 maggio; Brescia, via dei Musei
81b; tel. 030 2977834; www.bresciamusei.com
Hiroshige e Hokusai
La mostra a cura di Nicoletta Spadavecchia e Paolo Linetti presenta un nucleo di cento incisioni
eseguite dai maestri della xilografia giapponese,
ripercorrendo l’evoluzione stilistica e tematica di
questa antica tradizione.
Museo Diocesano di Brescia
fino al 29 luglio;
Pittori attorno al Moretto
In mostra un gruppo di opere, provenienti da
collezioni private, realizzate dagli allievi dell’artista attivi nella sua bottega, da Agostino Galeazzi
a Luca Mombello, a Francesco Ricchino. Non
mancano, poi, pittori della generazione successiva, come Pietro Marone e Tommaso.
Museo Diocesano di Brescia
fino al 31 luglio; B
Stefano Bombardieri
Celebre per gli ironici e mastodontici animali
collocati nei più svariati contesti urbani, l’artista
bresciano propone una selezione di sculture e
installazioni che ci introducono nel suo universo
fiabesco, cinico e felliniano.
Museo Diocesano di Brescia
fino al 31 maggio; Brescia, via Gasparo
da Salò 13; tel. 030 40233; www.museodiocesanobrescia.it
Collezione private bresciane
I dipinti più prestigiosi della scuola pittorica
bresciana, fiorita tra il XV e il XVIII secolo, sono
esposte in un percorso, curato da Davide Dotti,
che si articola tra autori del calibro di Foppa,
Moretto, Savoldo, Ceruti, Romanino, Bocchi,
Bellotti, Celesti e Cifrondi. Ne emerge una raffinata lettura dell’evoluzione tematica e stilistica
che ha condotto dal Rinascimento al Manierismo, dal Barocco al Rococò.
Palazzo Martinengo
fino al primo giugno; Brescia, piazza
Moretto 4; tel. 030 3774999; www.bresciamusei.com
Erik Saglia. Sniffinglue
Resine e nastro adesivo danno forma alle superfici monocrome e alle griglie moderniste del
giovane artista torinese. La sua è un’inedita rielaborazione del linguaggio pittorico che trae origine dallo spazialismo di Lucio Fontana e dalle
sperimentazioni matematiche di Alighiero Boetti.
Thomas Brambilla Gallery
fino al 10 maggio; Bergamo, via Casalino
nr 23/25; tel. 035 247418; www.thomasbrambilla.com
Mustafa Sabbagh
Fotografo di moda e cantore dell’umana bellezza,
Sabbagh esalta attraverso la lente dell’obiettivo e
i viraggi di colore eleganza e sinuosità del corpo
maschile e femminile, conferendo alla natura
transitoria della carne un alone di eternità.
Traffic Gallery
dal 15 maggio al 15 luglio; Bergamo, via
san Tomaso 92; tel. 035 0602882; www.
trafficgallery.org
BRESCIA
SEDI PUBBLICHE
Tatafiore
L’artista si confronta con la storia e le bellezze di
quello che fu il rifugio di Gabriele D’Annunzio,
reinterpretandone la visione estetica e filosofica.
Fondazione Il Vittoriale
da luglio a settembre; Brescia, via Vittoriale 12, Gardone Riviera; www.vittoriale.it
BRESCIA
GALLERIE PRIVATE
Marta Pierobon
Creta, legno, tessuto, alluminio specchiato sono
alcuni dei materiali che l’artista elabora nel progetto «Keposhartus», ispirato ai giardini all’italiana. Linguaggi tratti dalla tradizione classica e
dall’Impressionismo mettono in luce la profonda
energia sprigionata dall’incontro tra ordine e
caos, fantasia e rigore.
A Palazzo Gallery
fino al 20 maggio; Brescia, palazzo Cigola, piazza Tebaldo Brusato 35; tel. 030
3758554; www.apalazzo.net
Giuseppe Rivadossi
Omaggio all’artista e artigiano che con la sensibilità del poeta e l’abilità del designer lavora il
legno e altri materiali naturali come lana e vetro
creando nuovi habitat in grado di conciliare le
esigenze sempre più sofisticate dell’uomo moderno con una dimensione atavica e naturale.
Agnellini Arte Moderna
fino al 27 settembre; Brescia, via Soldini
6a; tel. 030 2944181; www.agnelliniartemoderna.it
Mille Miglia...d’autore
In mostra lavori di Giorgio Alisi, storico disegnatore di «Quattroruote», contraddistinto dal
tratto deciso e graffiante e Claudio Filippini, i
30
cui dipinti raffigurano strade e scorci di città e
periferie urbane.
Colossi Arte Contemporanea
dal 15 maggio al 26 giugno; Brescia, corsia del Gambero 13; tel. 030 3758583;
www.colossiarte.it
Arturo Martini
Gigante dell’arte del ‘900, Arturo Martini è celebre per le sue sculture sospese tra mito e realtà.
La mostra presenta una prestigiosa selezione di
lavori in terracotta e bronzo, accanto ad alcune
litografie.
Galleria dell’Incisione
dal 22 maggio al 20 luglio; Brescia, via
Bezzecca 4; tel. 030 304690; www.incisione.com
Haris Epaminonda
I lavori dell’artista cipriota, residente a Berlino,
nascono da fotografie di libri, oggetti ritrovati,
film e sculture assemblati in supporti da lui progettati, dando così luogo a strutture complesse
che si aprono a una molteplicità di significati e
classificazioni estetiche.
Galleria Massimo Minini
fino al 25 maggio;
Daniel Buren
La galleria che ha fatto con l’artista e scultore
francese una delle sue prime mostre, ne ospita
una serie di lavori più e meno recenti, legati alla
relazione con lo spazio, la luce e il paesaggio.
Galleria Massimo Minini
dal 25 maggio a fine luglio; Brescia, via
Apollonio 68; tel. 030 383034; www.galleriaminini.it
Phil Borges. Tibet
Dopo un percorso di oltre 4 anni, uno dei più
grandi fotografi contemporanei presenta uno
spettacolare reportage fotografico sul Tibet.
Trenta scatti raccontano un mondo sospeso
tra antiche tradizioni, cambiamenti e paesaggi
incontaminati.
Paci contemporary
fino al 13 maggio;
America Settanta
La collettiva esamina la fotografia americana
degli anni ’70 ai confini tra sogno e realtà. Esposti scatti di William Egglestone, Aaron Sisknid,
Judy Dater, Ralph GibsonDave Heath e molti altri
ancora, tutti artisti individuati nel 1978 dal direttore del dipartimento di fotografia del MoMA
John Szarkowski.
Paci contemporary
dal 17 maggio al 30 settembre; Brescia,
via Trieste 48; tel. 030 2906352; www.
pacicontemporary.com
COMO
SEDI PUBBLICHE
Yona Friedman Museum
Le Musée del Quotidien è un museo mobile e
portatile che resterà collocato nel parco di Villa
Sucota per tre anni, costituendo un punto d’interconnessione tra vita e arte.
Fondazione Antonio Ratti
fino al 30 ottobre 2016;
Villa Olmo
fino al 2 giugno; Como, via Cantoni 1; tel.
031 305621; www.miniartextil.it
COMO
GALLERIE PRIVATE
Federico Guida
È in corso nella galleria l’archiviazione dei dipinti
di Federico Guida, per la preparazione del catalogo generale.
Roberta Lietti Arte Contemporanea
fino al 2 giugno; Como, via Diaz 3; tel.
031 242238; www.robertalietti.com
CREMONA
SEDI PUBBLICHE
Progresso e passato
In mostra reperti archeologici provenienti dagli scavi eseguiti nel 2010-2011 tra Cremona
e Sergnano. Ne emerge uno spaccato delle
popolazioni del territorio cremonese dall’età
preistorica a oggi.
Museo Civico Ala Ponzone
fino al 31 maggio; Cremona, via Ugolani
Dati 4; tel. 0372 407269
CREMONA
GALLERIE PRIVATE
Armando Fettolini
Personale dedicata al pittore che raffigura sulla
tela elementi del paesaggio tipici della Brianza,
trasformando forme, luci e colori naturali in pennellate astratte e gestuali.
Palazzo del Broletto
dal 7 giugno al 29 giugno; Como, piazza
Duomo; tel. 031 252352; www.comune.
como.it
Aldo Galli
Omaggio della sua città al pittore comasco, che
con uno stile inedito, personalissimo e al di fuori
da ogni etichetta ha elaborato per primo gli esiti
dell’astrattismo in Italia, sperimentando materiali
inconsueti.
Pinacote Civica
fino al 28 settembre; Como, via Diaz 84
Miniartextil. Gea
Giunta alla 24° edizione, la rassegna di arte tessile contemporanea presenta i manufatti di artisti
provenienti da tutto il mondo, da Maddalena
Ambrosio a Benny Posca, da Mohamed Abouelnaga a Junko Imada, da Valle Eltjon a Pascale
Peyret Anamorphose e molti altri ancora.
Esponente della pittura Imagista, di cui ha scritto
il manifesto insieme a Dino Buzzati, Giuseppe
Viola è protagonista di una monografica curata
da Carlo Micheli che ne ripercorre l’intera produzione artistica attraverso più di 60 opere tra
dipinti, sculture e lavori in ceramica.
Palazzo Te
fino al 25 maggio; Mantova, viale Te 19;
tel. 0376 323266; www.palazzote.it
www.centropalazzote.it
MANTOVA
GALLERIE PRIVATE
Come una bestia
feroce
Ottanta opere pittoriche, di artisti quali Matteo
Bergamasco, Francesco Clemente, Matteo Fato,
Valerio Nicolai, Aleksander Veliscek e William
Marc Zanghi, riflettono sulla forza anticonvenzionale del medium pittorico.
Bonelli Arte Contemporanea
fino al 14 luglio; Mantova, via Corrado
34; 0376 244769; www.bonelliarte.com
Collettiva
Il percorso realizzato in collaborazione con il politecnico di Milano presenta una serie di progetti
architettonici legati alle future esigenze dell’abitare e a tecnologie scosostenibili.
Casa del Mantegna
dal 12 maggio al 29 giugno; Mantova,
via Acerbi 47; tel. 0376 360506 | 0376
432432; www.casadelmantegna.it
Irene Balia
e Bruno Marrapodi
La doppia personale mette a confronto il linguaggio figurativo dei due pittori rappresentanti
della nuova generazione.
Interno 18
dall’8 maggio al 15 giugno; Cremona, via
Beltrami 18; tel. 335 5274325
LECCO
SEDI PUBBLICHE
Nel segno di Picasso
La mostra celebra i 30 anni della Gallerie Bellinzona attraverso 100 incisioni di Pablo Picasso,
documentandone l’evoluzione stilistica dal
periodo blu al dopoguerra. Si parte dai saltimbanchi del 1904-06, alle incisioni di Guernica,
ai libri illustrati come «Gongora» e «Carmen»,
sino alle 66 lastre in acquaforte della «Celestina» incise a 90 anni.
Palazzo delle Paure - Museo d’arte
contemporanea
fino al 13 luglio; Lecco, piazza XX settembre, 22; tel. 0341 481262
Michela Montrasio
Dipinti e fotografie dell’artista nascono dall’incontro con i testi di Jung e indagano la dimensione onirica, simbolica e il lato oscuro di gesti,
sguardi, parole e atti mancati.
Villa Monastero
dal 9 al 29 maggio; Lecco, viale Giovanni
Polvani 4, Varenna; www.villamonastero.eu
Emilio Pucci e Como
La mostra ospita una selezione di tessuti, disegni, abiti e accessori originali del grande stilista
Emilio Pucci, un pezzo della storia della moda
e del costume iniziata nell’Italia degli anni 50’.
Fondazione Antonio Ratti
dal 7 maggio al 31 ottobre ; Como, via
per Cernobbio 19; tel. 031 233111; www.
fondazioneratti.org
Giuseppe Viola
MANTOVA
SEDI PUBBLICHE
Intorno a Cima
Giovanni Battista Cima, meglio noto come
Cima da Conegliano è al centro di un percorso
espositivo che ne rivela lo stile e l’influenza con
cui ha contribuito al Rinascimento veneziano.
Figurano «Madonna con bambino», in prestito dal MAR di Ravenna e alcuni lavori di suoi
contemporanei.
Museo Diocesano Francesco Gonzaga
fino al 15 giugno; Mantova, piazza Virgiliana 55; tel. 0376 320602; www.museodiocesanomantova.it
Bertozzi & Casoni
In mostra le ceramiche smaltate e policrome del
duo formato da Giampaolo Bertozzi e Stefano
Dal Monte Casoni. Una suggestiva galleria di
sculture ironiche, ricche di simbologie e richiami all’iconografia della storia dell’arte.
Palazzo Te
dal 7 giugno al 20 agosto;
Luce e ombra nell’arte sacra
In mostra 50 opere sacre nelle collezioni dei musei civici dal 2010. Un nucleo di dipinti del ’600
e ’700, accanto a una piccola sezione di lavori
dell’800 pavese, mettono in luce un percorso
iconografico e stilistico sviluppatosi all’insegna
di inediti contrasti chiaroscurali.
Castello Visconteo
fino al 2 giugno; Pavia, viale XI Febbraio
35; tel. 0382 33853; www.museicivici.
pavia.it
Augusto Garau
Poliedrico e irrequieto, Augusto Garau mescola
astratto e figurativo, quotidianità, immaginario
Pop e percezione dell’immagine. La mostra ne
ripercorre la carriera di pittore e ceramista.
Palazzo del Broletto
fino al 18 maggio; Pavia, piazza Cavagneria; tel. 339 4590927
Pissarro
Le più importanti opere di uno dei fondatori del
movimento impressionista, ne raccontano le
tappe fondamentali della carriera. I lavori, provenienti da tutto il mondo, sono accompagnati
da una serie di video proiezioni che ne approfondiscono il background culturale e geografico.
Scuderie del Castello Visconteo
fino al 2 giugno; Pavia, viale XI Febbraio
35; tel. 0382 538932; www.scuderiepavia.com
Paolo de Rosa
MONZA-BRIANZA
SEDI PUBBLICHE
Nicola Samorì
e Nicola Verlato
Una doppia personale racconta la passione
per il disegno, la pittura e la storia dell’arte
antica e moderna di due giovani autori che
si confrontano con i linguaggi classici in un
progettio ispirato a Pier Paolo Pasolini
Museo di Lissone
dal 10 maggio al 15 giugno;
Winfredo Gaul
Retrospettiva sulle opere degli anni Sessanta
di Winfred Gaul, in occasione della quale una
sua opera entrerà a fare parte della collezione
permanente.
Museo di Lissone
dal 28 giugno al 27 luglio; Monza-Brianza; via Gramsci 21, Lissone
Table
Il percorso espositivo presenta lavori di artisti contemporanei ispirati al tema del cibo,
dello stare a tavole e alle realtive culture e
tradizioni.
Palazzo dell’Arengario
fino all’8 giugno;
Storm Thogerson
Prima assoluta, «TheGatheringStorm, dai
Pink Floyd ai Muse» è la mostra delle fotografie realizzate da Storm Thogerson per le
copertine di alcuni dei più importanti album
della storia della musica recente.
Palazzo dell’Arengario
dall’11 giugno al 24 agosto ; MonzaBrianza; 039322086; eventiespositivi@
comune.monza.mi.it
M-Art Contemporanea
Mostre personali e collettive, sculture posizionate nelle piazze e nei luoghi strategici,
rassegne, presentazioni. Il primo evento, si
aprirà a Villa Cusani Tittoni Traversi, dal 17
al 25 maggio, con il patrocinio del Comune
di Desio e la partecipazione di numerosi artisti
contemporanei.
Sedi varie
fino al 31 dicembre; Monza
Candida Höfer
Sono esposte otto fotografie scattate dall’artista
tedesca tra il 2010 e il 2011 all’interno di edifici
storici della città, come Palazzo Ducale, la Biblioteca Teresina e la Sala dei Giganti di Palazzo
Te. La Hofer trasforma le architetture in sfuggenti
prospettive, geometrie ideali senza spazio
Palazzo Te
fino al primo giugno;
PAVIA
SEDI PUBBLICHE
MONZA-BRIANZA
GALLERIE PRIVATE
Giuseppe Nobile
Alcune opere dell’artista milanese, sospese tra
grafica e pittura e fotografia, sono selezionate
in virtù di una nobile causa: una raccolta fondi
a favore di VITAL Italy Onlus, l’associazione no
profit fondata da quattro donne monzesi per
aiutare i bambini bisognosi di Calcutta, città che
conta il maggior numero al mondo di bambini di
strada (250.000).
Cam
fino al 7 giugno; Monza, viale Elvezia; tel.
039 8946677
Percorso dedicato all’artista e designer Paolo
de Rosa che inadaga nel suo lavoro il mondo
animale e vegetale, ispirandosi a linee, forme e
profumi.
Pinacote Civica Casimiro Ottone
fino al 18 maggio; Vigevano (Pavia), piazza Ducale 20
PAVIA
GALLERIE PRIVATE
Alberto Bianchi
Ispirandosi al celebre fotografo americano
Anselm Adams, Alberto Bianchi ritrae rigorosamente in bianco e nero i paesaggi della Valtellina ,attraversati quotidianamente, trasformando
la topografia del territorio in archetipi universali.
Una parte della mostra è allestita nel MVSA, in
Palazzo Sassi de’ Lavizzari
Galleria Credito Valtellinese
dal 21 maggio al 5 settembre; Sondrio,
palazzo Sertoli, piazza Quadrivio 8; tel.
0342 522738; www.creval.it
VARESE
SEDI PUBBLICHE
La collezione comunale
Una vasta rassegna mette in mostra opere, dipinti, sculture e tesori della collezione comunale,
che copre diversi secoli di arte antica.
Castello di Masnago
fino a metà giugno; Varese, via Cola di
Rienzo 42;
Francesco Bertocco e Lidia
Sanvito
Nello spazio Project Room, dedicato alle sperimentazioni degli artisti più giovani, l’autore milanese, classe 1983, si confronta con le sculture
lievi e impalpabile della sua collega.
MAGA - Museo Arte Gallarate
fino all’8 giugno;
Belvedere. Paesaggi nella
collezione
Il percorso espositivo racconta, attraverso una
mirata selezione di opere d’arte contemporanea
italiana, i paesaggi, gli ambienti, le visioni e le
vedute che da sempre contraddistinguono la
ricerca degli artisti sui luoghi fisici e immaginari
che l’uomo attraversa.
MAGA - Museo Arte Gallarate
fino al 3 agosto; Gallarate (VA), via De
Magri 1; tel. 0331 706011; www.museomaga.it
Robert Irwin, James Turrell
Due protagonisti dell’arte ambientale americana,
Robert Irwin e James Turrell, si confrontano
attraverso 19 opere tra installazioni, video e progetti site-specific in cui la luce è spesso utilizzata
come materia scultorea.
Villa e Collezione Panza
fino al 2 novembre; Varese, piazza Litta 1;
tel. 0332 283960; www.fondoambiente.
it/beni/villa-e-collezione-panza.asp
LA PROVINCIA DI CREMONA
ILLUSTRATA
CREMONA - MUSEO DEL VIOLINO
19 APRILE - 18 MAGGIO 2014
AIUTO
MI SONO
PERSO
LA MOSTRA FARÀ TAPPA A CREMA (CR) A GIUGNO 2014
E A CASALMAGGIORE (CR) A SETTEMBRE 2014
IN OCCASIONE DELLA MOSTRA VERRÀ PUBBLICATA
LA GUIDA TURISTICA ILLUSTRATA DELLA PROVINCIA DI CREMONA
Associazione Tapirulan
www.tapirulan.it - [email protected]
Distretto Culturale della Provincia di Cremona
www.distrettoculturaleprovinciacremona.it