La violenza di genere, tra attualità e storia

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La violenza di genere, tra attualità e storia
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d e c o m p re s s o re
s o n o n e c e s s a ri p e r v i s u a l i z z a re q u e s t' i m m a g i n e .
Le radici storiche della
violenza sulle donne
di
M. Antonella Cocchiara
Messina, 10 dicembre 2015, h. 15.00
 la violenza è un fenomeno di carattere
strutturale: NON episodico o emergenziale;
 la violenza è un fenomeno complesso e di conseguenza
complesse saranno le misure che, attraverso reti
interistituzionali, vanno adottate per contrastarlo;
 la violenza non va lasciato alla cronaca nera o alla
narrazione “tossica” dei tanti talk show che indugiano sulla
spettacolarizzazione del fenomeno, sollecitando un certo
voyerismo o la curiosità pruriginosa dei telespettatori;
 la violenza va trattata con metodo,
competenza e con approccio
autenticamente multidisciplinare;
 tra i mezzi di contrasto una posizione
centrale va assegnata alla cultura di
genere, all’educazione sentimentale e
alla formazione professionale…
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1. Le radici storiche della
violenza di genere
2. Lo stupro
3. Breve storia della legge sulla
violenza sessuale
Il ratto di Europa
metopa del tempio Y di
Selinunte, che risale al
580-560 a.C.
Tiziano Vecellio, Il
ratto di Europa
(1560-1562)
Isabelle Stewart Gardner
Museum, Boston
Luca Giordano,
Ratto di Europa (fine
XVII secolo ca.)
Milano, Collezione privata
François
Boucher, Il
ratto di Europa
(1732-1734)
Wallace Collection di
Londra
Gian Lorenzo Bernini, Il ratto di Proserpina (1621-1622)
Pietro da Cortona, Il ratto delle Sabine (1629)
stuprum = onta, disonore, vergogna
 non sinonimo di violenza carnale, ma
qualunque rapporto sessuale al di fuori del
matrimonio, consensuale, con donna nubile o
vedova, che fosse anche honesta et ingenua
 a determinare la riprovazione, e quindi la
punibilità del fatto era, in sostanza, la “qualità”
della donna, che doveva essere non solo honesta
(ossia vergine, se ancora nubile, e casta, se vedova),
ma pure ingenua, ovvero di liberi natali
Il nostro diritto di famiglia
è stato a lungo permeato di
violenza, alimentandosi di
disvalori considerati
“valori insopprimibili” e di
un “immaginario
patriarcale” che ha segnato
profondamente la storia e
il diritto dell’Europa
medievale, moderna e
contemporanea…
Artemisia Gentileschi,
Susanna e i vecchioni
(1610)
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Cocchiara, Violenza
sessuale: storia di un
crimine, storia di una
legge
Bottari, La legge
sulla violenza sessuale
tra ricordi e riflessioni
Artt. 390-392
Con l’entrata in vigore del
Codice Zanardelli, il
confine tra il reato di
maltrattamenti in famiglia
e quello di abuso dei
mezzi di correzione si fa
più sfumato: lo
spartiacque viene visto
nell’animus corrigendi.
Edgar Degas, Le viol - Lo stupro (1868-69)
Edgar Degas, Le viol - Lo stupro (1868-69)
L’essenza dei reati a sfondo sessuale –
affermava Carrara – risiede nel dissenso del
soggetto passivo e «il giure penale col
divieto di tali violenze, o vere o presunte,
niente altro protegge che il diritto
dell’individuo». L’illustre esponente della
Scuola classica concludeva, pertanto, che si
Francesco Carrara
trattava di «delitti contro la persona»,
facendoli rientrare nella classe dei “Delitti che
offendono la persona senza toglierle la vita” e
qualificandoli in particolare come Delitti coi
quali si offende la pudicizia individuale (Programma,
1868 - §.1478-1557).
Art. 331
Il codice Zanardelli avrebbe però
disciplinato la violenza carnale nel
Libro II al Titolo VIII, Dei delitti
contro il buon costume e l’ordine delle
famiglie, e in particolare al Capo I,
tra i cosiddetti reati d’incontinenza,
insieme ai reati di corruzione di
minorenni e oltraggio al pudore,
disponendo:
«Chiunque, con violenza o
minaccia, costringe una persona
dell’uno o dell’altro sesso a
congiunzione carnale è punito con
la reclusione da tre a dieci anni».
Jakub Schikaneder, Murder in the House, 1890, Praga - National Gallery
Secondo P. J. Moebius, tutto è chiaro;
non un’ombra di ambiguità, di dubbio
o di sospetto: la donna è fisiologicamente deficiente.
Non si tratta – come tiene a precisare
l’autore – di un giudizio di valore, ma
di una semplice constatazione scientifica: la cruda realtà dei fatti che
parlano da sé, risultato di analisi e
ricerche rigorose.
Quindi, perché lottare contro la
realtà? La donna resti nei limiti fissati
dalla natura, che, per proteggerne la
funzione essenziale – la maternità – la
vuole sottomessa, schiava, subordinata.
Solo così sarà ben accetta all’uomo,
gradita e amata.
Una serie di cartoline ritraeva
donne impegnate in mestieri da
uomini. Era una fantasia, quasi
una provocazione…
Art. 571
«Chiunque abusa dei mezzi di correzione o
di disciplina in danno di una persona
sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata
per ragione di educazione, istruzione, cura,
vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio
di una professione o di un’arte, è punito, se
dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel
corpo o nella mente, con la reclusione fino a
sei mesi. Se dal fatto deriva una lesione
personale, si applicano le pene stabilite negli
articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne
deriva la morte, si applica la reclusione da
tre a otto anni»
Art. 575
«Chiunque cagiona la morte di un uomo è
punito con la reclusione non inferiore ad
anni ventuno»
Art. 29 Cost. - 2° comma
Il matrimonio è ordinato
sull’uguaglianza morale
e giuridica dei coniugi,
con i limiti stabiliti dalla
legge a garanzia
dell’unità familiare.
La Corte di Cassazione, nel
1954, quindi dopo sei anni
dall’entrata in vigore della
Costituzione repubblicana e
dell’art. 29, continuava a
riconoscere il “diritto di
correzione” del marito,
esprimendo una posizione
contraria solo nel 1956
(sentenza del 22 febbraio 1956)
Una recente sentenza della Corte di
Cassazione (n. 32843 del 2009) ha ribadito:
«non si picchi la moglie per farne una brava
massaia» in quanto «picchiare la propria
moglie, o convivente, per educarla a
diventare una brava donna di casa, esperta
nella “gestione” domestica, è un delitto che
non consente alcuno sconto di pena, non
potendosi invocare le circostanze attenuanti
di aver agito così per finalità “educative”».
2. Lo stupro
3. Breve storia della legge sulla
violenza sessuale
“...lo stupro ... Non colpisce solo il corpo della
donna: la offende, la sottomette, la umilia, la ferisce,
la distrugge moralmente e psicologicamente”
Tina Lagostena Bassi, Una vita speciale, 2008, p. 185.
Franca Viola
Filippo Melodia
29 settembre 1975
Donatella Colasanti
il “massacro del Circeo” faceva
maturare in una parte del
policromo universo femminista la
convinzione che alla rivoluzione
culturale e sociale necessaria per
restituire dignità e parità alle
donne dovesse associarsi anche
un cambiamento di normativa:
bisognava modificare il codice
Rocco.
Angela Maria
Bottari
Messina, 16 marzo 1945
Il 2 dicembre 1977, la deputata
comunista messinese Angela
M. Bottari, al suo esordio
parlamentare, era prima
firmataria di un progetto di
legge intitolato Nuove norme a
tutela della libertà sessuale, che
lasciava immutata la
collocazione delle norme nel
Capo I del Titolo IX (Dei delitti
contro la moralità pubblica e il buon
costume), ma introduceva tante
novità, disciplinando la
violenza sessuale quasi si fosse
trattato di un delitto contro la
persona
“Le parlamentari, in particolare, erano
interlocutrici di altre donne che portavano
istanze concrete destinate a incidere
sulla vita di milioni di persone.
Era un paese vivo e organizzato quello
che premeva, proponeva e
e otteneva ascolto”
Tiziana Bartolini
1979
Avv. Tina Lagostena Bassi
Particolare eco mediatica ebbe il
caso giudiziario da cui è
scaturito il film- documentario
Processo per stupro, singolare
produzione televisiva messa in
onda alle 22.00 del 26 aprile
1979, su Rai 2, destando
scandalo e commozione tra gli
telespettatori.
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Nel 1979 in Italia lo stupro era ancora considerato
“reato contro la morale”: si condannavano gli imputati
per aver commesso un reato contro la moralità pubblica
e il buon costume e non per aver commesso un reato
contro la persona che aveva subito la violenza.
Legge n. 66 del 1996
Solo dopo tante lotte e un iter
legislativo durato quasi vent’anni,
finalmente nel 1996, con
l’approvazione della legge n. 66, il
reato di violenza sessuale è stato
riconosciuto come “delitto contro
la persona”.
Contro tale legge sono state mosse parecchie critiche, ma è
comunque divenuta simbolo della capacità di donne
appartenenti a schieramenti diversi di unirsi e “fare rete” tra
di loro per un obiettivo condiviso…
 abrogazione del Capo I (Dei delitti contro la libertà sessuale) del Titolo
IX (Delitti contro la moralità pubblica e il buon costume) e di altri articoli del
codice penale;
 nello spostamento dei reati dal IX al XII Titolo (Delitti contro la
persona) del Libro II del codice penale, nel cui testo venivano inseriti
dopo l’art. 609 e negli altri luoghi del codice penale e di procedura
penale specificati;
 nella configurazione unitaria della fattispecie di violenza sessuale;
 nel sensibile aumento delle pene (da cinque a dieci anni di
reclusione per impedire - si disse - il ricorso al patteggiamento);
 nel nuovo reato della violenza di gruppo, punito con la reclusione
da sei a dodici anni, salvo le attenuanti per chi avesse partecipato
marginalmente alla preparazione ed esecuzione del reato;
 in una potenziata attenzione verso la tutela ai minori (che
diventava però insistita preoccupazione non tanto di tutelare la
libertà sessuale dei giovanissimi quanto di tutelare i giovanissimi
dalla sessualità);
nel divieto, durante il processo, di rivolgere “domande sulla
vita privata o sulla sessualità della persona offesa”, cui però
l’inciso “se non sono necessarie alla ricostruzione del fatto”
finiva per togliere effettività, diventando premessa per raggirare il
divieto;
 nell’obbligo di sottoporre l’imputato agli accertamenti di
patologie sessualmente trasmissibili, come l’AIDS
9 marzo 1973
Franca Rame