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SENTENZE IN SANITÀ – TAR SICILIA
TAR SICILIA - sentenza n. 2140/2004
Nuove disposizioni per il contenimento della spesa sanitaria possono essere emanate in qualunque momento; l’attività di bilanciamento delle esigenze dei soggetti privati con le risorse disponibili, non conosce eccezione di tardività.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA SICILIA Sezione Prima ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 2758/2003 proposto dal “Diagnostica Biomedica S.r.l.” in persona del suo legale
rappresentante pro tempore, rap.to e difeso per mandato a margine del ricorso dall’Avv. Daniele
Zummo, presso il cui studio in Palermo, viale Strasburgo n. 181, è elettivamente domiciliato;
CONTRO
- l'Assessorato Regionale per la Sanità, in persona dell'Assessore pro-tempore, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege;
- l'Azienda Sanitaria Locale n. 6 di Palermo, in persona del Direttore Generale pro-tempore,
rappresentato e difeso per mandato in calce alla memoria di costituzione dagli Avv.ti Fabio
Damiani e Francesca Lubrano, elettivamente domiciliato in Palermo, via Pindemonte n. 88 presso gli uffici legali dell'AUSL;
PER L’ANNULLAMENTO
a) del provvedimento prot. 687 del 06/03/2003 avente oggetto la “definizione del contratto di
fornitura budget per l’anno 2002, art. 8 D.A. 07/11/2002, e attribuzione budget 2003 e 2004, art.
9 D.A. 07/11/2002”;
b) del decreto del 7 novembre 2002, pubblicato nella G.U.R.S. del 15.11.2002, P.I^, n. 52 avente ad oggetto: "Nuove disposizioni per il contenimento della spesa sanitaria nella Regione Siciliana", nelle parti in cui per gli specialisti convenzionati esterni:
- determina il budget per il 2002 nel fatturato 2001 tenendo conto degli effetti prodotti dal decreto n. 36762 del 24.12.2001;
- per le prestazioni eccedenti il budget per l'anno 2002, le regressioni tariffarie vengono determinate nella misura del 100% della tariffa, fino all'intero budget, nella misura del 90% della tariffa, oltre il budget e fino al 20% e nella misura del 10% della tariffa oltre il 20%;
b) della nota dell'Azienda USL 6, del dicembre 2002, aventi ad oggetto: “Definizione del contratto di fornitura delle prestazioni sanitarie ex art. 8 D.A. 7 novembre 2002. Attribuzione budget per l'anno 2002”;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo per
l'Ass.to reg.le sanità, e degli Avv.ti Fabio Damiani e Francesca Lubrano per l'Azienda USL n. 6;
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TAR SICILIA - SENTENZA N. 2140/2004
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Designato relatore alla pubblica udienza del 4.05.2004 il Consigliere Avv.to Salvatore Veneziano;
Udito l’avv. dello Stato P. La Spina per l’amm.ne reg.le intimata;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 5.05.2003, e depositato il successivo 23.05., il centro ricorrente – premesso di erogare prestazioni sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale in regime di
preaccreditamento – impugna il decreto assessoriale di determinazione, nell’ambito di nuove
disposizioni per il contenimento della spesa sanitaria, dei criteri per la fissazione del budget per
le strutture private provvisoriamente accreditate per gli anni 2002/2004 e le note dell’Az. USL
n. 6 di determinazione del budget aziendale per l’anno 2002 e successivi e deduce le seguenti
censure:
1) Violazione dell’art. 2, co. 8, l. n. 549/1995, dell’art. 32, co. 8, l. n. 449/1997 e dell’art. 8quinquies d.lgs. n. 502/1992.
La tardiva determinazione da parte dell’amm.ne regionale dei criteri per la fissazione dei budget
aziendali per l’anno 2002 determina l’illegittimità della quantificazione operata dall’Az. USL n. 6.
2) Eccesso di potere per carenza di motivazione, contraddittorietà, illogicità ed irragionevolezza.
Illegittimamente il budget per il 2002 viene determinato in misura pari al fatturato per l’anno
2001, senza tenere conto dell’aumento delle prestazioni erogabili e con regressioni tariffarie per
le prestazioni extrabudget eccessivamente penalizzanti.
3) Eccesso di potere per disparità di trattamento sotto altro profilo.
Illegittimamente non vengono contestualmente determinati i criteri di determinazione del budget
per le strutture pubbliche.
Si sono costituiti in giudizio sia l’Ass.to reg.le sanità che l’Az. USL n. 6, quest’ultima deducendo l’infondatezza del ricorso.
Con ordinanza n. 928 del 10.06.2003 è stata accolta l’istanza di sospensione dei provvedimenti
impugnati, limitatamente all’anno 2002 ed ai fini di un’eventuale rideterminazione del budget
per tale anno; con successiva ordinanza n. 765 del 5.09.2003 il C.G.A. ha invece riformato il
provvedimento di questo Tribunale respingendo la relativa istanza cautelare di parte ricorrente.
Con memorie depositate in vista dell’udienza pubblica, l’amm.ne regionale ha dedotto
l’inammissibilità e/o improcedibilità nonché l’infondatezza del gravame e la Az. USL n. 6 ha
svolto ulteriori difese.
Alla pubblica udienza del 4.05.2004 i procuratori delle parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni e chiesto porsi il ricorso in decisione.
DIRITTO
1. Deve preliminarmente essere sottoposta a verifica la persistenza della giurisdizione del Tribunale a conoscere la presente controversia, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale
n. 204/2004, sopravvenuta tra la data della camera di consiglio di decisione e quella di deposito
della sentenza ma eventualmente applicabile anche alla presente controversia in considerazione
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della astratta incidenza dello jus superveniens, quale discendente anche dalle sentenze della
Corte Costituzionale (Cassazione, sez. lav., n. 12465/1997), e della ritenuta incidenza della citata sentenza n. 204/2004 sulle controversie pendenti (TAR Palermo, sez. I, n. 1543/2004).
Il Collegio dà, quindi, atto che la questione è stata esaminata alla camera di consiglio straordinaria del 15.09.2004, pervenendosi alla conclusione della esclusione dell’incidenza della recente
pronunzia della Corte Costituzionale.
Deve, invero, osservarsi che la presente controversia rientra tra quelle residuate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo successivamente al citato intervento della Corte Costituzionale, in quanto riguarda una fase prettamente organizzativa del servizio pubblico-servizio
sanitario nazionale, nella quale la pubblica amministrazione esercita un potere autoritativo e/o
adotta, per previsione legislativa, strumenti negoziali sostitutivi del potere autoritativo (cfr. punto 3.4.2. della citata sentenza n. 204/2004).
Ed invero, come verrà meglio esplicitato nel prosieguo, l’amm.ne regionale esercita poteri sicuramente autoritativi nella fase di determinazione delle risorse da destinare alla erogazione delle
prestazioni sanitarie da parte del S.S.N. e di criteri per la determinazione del budget aziendale,
mentre le Az.UU.SS.LL. utilizzano lo strumento contrattuale specificamente previsto dalle previsioni legislative per la fissazione di questi ultimi; nel primo caso, come nel secondo, si tratta
dell’esercizio di potestà attribuite all’amministrazione pubblica al fine di determinare
l’ammontare complessivo delle risorse da destinare al servizio sanitario (da parte dell’amm.ne
regionale) e quindi (da parte dell’Az. U.S.L.) i profili “quantitativi” del rapporto di accreditamento della struttura privata con il S.S.N., rapporto dalla giurisprudenza qualificato in termini di
concessione ex lege di servizio pubblico (Corte di Cassazione, n. 9284 del 25.06.2002: “In materia di s.s.n., nell’ambito dei rapporti di concessione l’ex lege, e con riguardo alle controversie
che hanno ad oggetto principale l’originaria determinazione del contenuto delle convenzioni
(pregiudiziale rispetto alle questioni riguardanti il pagamento dei corrispettivi), va - anche a prescindere dalla nuova disciplina del riparto della giurisdizione in materia di pubblici servizi introdotta dall’art. 7 l. 21 luglio 2000 n. 205 - affermata, ai sensi dell’art. 5, 1º comma, l. 6 dicembre 1971 n. 1034, la giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che, anche alla luce della
normativa applicabile ratione temporis (il d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, e successive norme di
attuazione ed integrazione), con il passaggio dei rapporti tra le istituzioni sanitarie private e il
SSN dal sistema della convenzione a quello c.d. dell’accreditamento, non è venuta meno la qualificabilità degli stessi rapporti come concessori salva la particolarità rappresentata dalla loro natura di concessioni l’ex lege, di attività di servizio pubblico (con la conseguenza che la disciplina delle stesse è dettata in via generale dalla legge, pur con rinvii integrativi a normative di secondo grado o regionali), dato che è in questione lo svolgimento da parte dello stato di uno dei
suoi compiti fondamentali (la realizzazione dell’interesse pubblico alla salute), che esso continua ad adempiere sia mediante strutture pubbliche, sia con altre a titolarità privata, con il necessario ricorso a controlli - anche preventivi - in relazione alla particolare rilevanza della materia e
alla rilevantissima incidenza economico-finanziaria del settore. Corte di Cassazione, sez. un., n.
256 del 10.01.2003: “Nel sistema dell’assistenza sanitaria di cui alla l. 23 dicembre 1978 n. 833,
le convenzioni tra le USL e le case di cura o le minori strutture private, stipulate ai sensi dell’art.
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44 detta legge, hanno natura di contratti di diritto pubblico che danno vita a rapporti qualificabili come concessioni amministrative; pertanto, le controversie che abbiano per oggetto principale
la determinazione del contenuto della convenzione rientrano nella giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, in quanto rappresentano cause pregiudiziali rispetto a quelle riguardanti
il pagamento dei corrispettivi, e quindi attraggono queste ultime nella propria giurisdizione
(principio affermato in relazione a fattispecie cui non era applicabile, ratione temporis, la nuova
disciplina della giurisdizione in materia di pubblici servizi ex art. 7 l. 21 luglio 2000 n. 205).”).
Né varrebbe rilevare che la presente controversia potrebbe rientrare nella eccezione alla giurisdizione esclusiva relativa a quelle concernenti “indennità, canoni ed altri corrispettivi” – eccezione reintrodotta dalla Corte Costituzionale in conformità alle previsioni dell’originario art. 5,
co. 2, l. n. 1034/1971 – in quanto, per pacifico orientamento giurisprudenziale formatosi su detta
norma, tale eccezione riguarda solo le controversie relative al mero pagamento di indennità, canoni od altri corrispettivi, non implicanti indagini circa l’esistenza del potere della p.a. concedente riguardo all’espletamento dell’attività di servizio pubblico concessa e non comportanti indagini sul contenuto del rapporto e sugli atti posti in essere dall’ente concedente nel corso del
suo svolgimento (Cons. Stato, sez. V, n. 5135 dell’1.10.2002 e Corte di Cassazione, sez. un., n.
7861 dell’11.06.2001).
2. Così confermata la giurisdizione di questo Tribunale a conoscere della presente controversie,
deve passarsi all’esame della eccezione, dedotta dalla difesa dell’amm.ne regionale, di inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso per assunta tardività del suo deposito presso la Segreteria
di questo Tribunale, con riferimento al dimezzamento dei termini processuali disposto dall’art. 4
l. n. 205/2000. Essa è infondata.
Osserva, infatti, il Collegio che la norma processuale in esame costituisce l’estensione a talune
ulteriori specifiche materie di altra norma (art. 19 D.L. n. 67/1997, convertito in legge con l. n.
135/1997) originariamente introdotta a fini di accelerazione delle procedure di affidamento e
realizzazione delle opere pubbliche.
La giurisprudenza ha, per altro, rilevato come essa non riguardi tutte le controversie relative alla
materia dei servizi pubblici e rientranti nella giurisdizione esclusiva prevista dalla l. n.
205/2000, ma solo quelle specificamente relative alla impugnazione di provvedimenti adottati
nel corso della sequenza procedimentale “aggiudicazione/affidamento/esecuzione” (Cons. Stato,
sez. V. n. 910/2003), e comunque non attinenti a questioni patrimoniali inerenti ai servizi pubblici (Cons. Stato, sez. VI, n. 2333/2004).
Rileva, quindi, il Collegio che la presente controversia esula dall’ambito di applicazione
dell’art. 4 l. n. 205/2000 in quanto:
a) non riguarda l’impugnazione di provvedimenti adottati nel corso di alcuna sequenza provvedimentale “aggiudicazione/affidamento/esecuzione” di un pubblico servizio;
b) pur non riguardando il mero pagamento di indennità, canoni od altri corrispettivi in fase di
esecuzione di un rapporto concessorio predeterminato, ipotesi nella quale sarebbe rientrata nella
giurisdizione dell’A.G.O., ha un contenuto sostanzialmente patrimoniale in quanto attiene alla
determinazione, sia pure autoritativa, della “misura” delle prestazioni sanitarie erogabili dalle
strutture private per conto del S.S.N. e da questo rimborsabili;
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c) essa – in particolare per quanto attiene alla impugnazione del decreto assessoriale 7.11.2002 non appare incidere in modo diretto sulla esecuzione del rapporto di concessione di servizio
pubblico con la singola struttura privata, quanto sulla “misura” delle risorse da destinare allo
svolgimento del servizio pubblico-servizio sanitario nazionale ed alle sue modalità di organizzazione.
3. Il ricorso è, nel merito, infondato.
Con proprie precedenti sentenze nn. 3412, 3413 e 3414 dell’anno 2002 questa Sezione ha già
avuto modo di affrontare le problematiche relative alla fissazione dei tetti di spesa per la erogazione delle prestazioni del servizio sanitario nazionale e dei budget aziendali annuali, individuando nella legislazione vigente i seguenti principi:
a) necessità di contenere la spesa per prestazioni sanitarie all’interno delle disponibilità finanziarie disponibili, le quali condizioneranno la quantità ed il livello delle prestazioni erogabili (cfr.
Corte Costituzionale n. 416/1995 e 267/1998);
b) “regionalizzazione” della spesa sanitaria, la cui determinazione, e copertura, risulta affidata
in via univoca ed esclusiva alla regione dall’art. 83 della l. 23.12.2000 n. 388;
c) distinzione tra competenze attribuite all’amm.ne regionale - alla quale spetta determinare il
budget annuale complessivo della spesa del SSN e provvedere alla sua ripartizione tra le Az.
UU.SS.LL. operanti nella regione, nonché diramare le direttive di cui al co. 1 dell’art. 8quinquies del d.lgs. n. 502/1992 – ed alle Az. UU.SS.LL., alle quali spetta provvedere alla contrattazione con le singole strutture o i singoli sanitari, o con le loro organizzazioni di categoria,
in ordine al volume massimo di prestazioni erogabili, al corrispettivo preventivato a fronte delle
attività concordate ed a quello relativo ad eventuali prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato -;
d) esistenza per i direttori generali delle Az. USL di insuperabili vincoli di bilancio all’attività di
negoziazione con le strutture erogatrici delle prestazioni, ex art. 28 l.r. n. 2/2002;
f) obbligatorietà, anche postuma, della determinazione dei limiti di spesa e dei budget aziendali,
in assenza di un diritto soggettivo delle strutture erogatrici di ottenere il rimborso a piè di lista
delle prestazioni in concreto erogate agli assistiti.
In questo quadro di principi normativi si collocano gli atti oggetto della presente impugnativa,
con i quali:
1) l’amm.ne regionale ha disposto modifiche ad un precedente D.A. 12.08.2002, recante disposizioni per il contenimento della spesa sanitaria, negli articoli (da 6 a 14) relativi alla determinazione dei tetti di spesa per i soggetti privati provvisoriamente accreditati;
2) l’Az. USL n. 6 ha determinato il budget aziendale spettante a parte ricorrente in applicazione
dei criteri fissati dall’amm.ne regionale, invitandola a sottoscrivere il relativo accordo contrattuale.
4. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente lamenta la tardività dell’adozione del D.A.,
intervenuta alla fine dell’anno di riferimento (2002); detta censura appare, però, infondata alla
luce delle considerazioni svolte dalla difesa dell’amm.ne regionale, secondo la quale l’atto impugnato costituisce un sostanziale miglioramento della disciplina originariamente introdotta con
il D.A. 12.08.2002, scaturito all’esito di un’attività di concertazione con le organizzazioni di categoria dei soggetti erogatori di prestazioni sanitarie, attraverso la quale è stata operata una at-
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tenta comparazione tra le esigenze dei soggetti erogatori di prestazioni sanitarie e le non illimitate disponibilità finanziarie regionali al fine di pervenire ad una determinazione dei budget accettabile, ed in concreto da tutti accettata.
In buona sostanza, la stessa amministrazione - sollecitata dalla doglianze mosse dagli operatori
alla disciplina originariamente introdotta in materia con il D.A. 12.08.2002 – ha autonomamente
e spontaneamente posto in essere quell’attività postuma di considerazione e bilanciamento delle
esigenze dei soggetti privati con le risorse disponibili - indicata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato quale modalità da seguirsi per pervenire alla obbligatoria, sia pure postuma, fissazione dei budget di spesa annuali - conseguendo il risultato massimo in concreto compatibile
con i vincoli di ordine economico-finanziario discendenti dall’accordo Stato-Regioni
dell’agosto del 2001 (di cui alle premesse del D.A. 12.08.2002).
Ed invero osserva, a tal riguardo, il Collegio che:
a) le previsioni del D.A. 12.08.2002, sebbene mai effettivamente entrate in vigore, ben possono
essere considerate quale termine di paragone per valutare il carattere migliorativo del D.A.
7.11.2002, sostitutivo del primo;
b) costituisce fatto notorio – per essere anche stato oggetto di ripetuti articoli di stampa – la circostanza che al D.A. del 12.08.2002 hanno fatto seguito le vivaci rimostranze degli operatori
interessati e che lo stesso Presidente della Regione ha aperto una fase di consultazione e contrattazione con le loro organizzazioni sindacali, del cui esito si è tenuto conto nell’atto impugnato;
c) non appare condivisibile l’affermazione secondo la quale il ritardo nella determinazione del
budget per l’anno 2002 avrebbe determinato il diritto degli operatori a vedersi integralmente
rimborsate tutte le prestazioni erogate (quanto meno sino al momento dell’adozione del provvedimento determinativo), in considerazione del fatto che il quadro normativo e giurisprudenziale
in materia già da alcuni anni consolidatosi esclude siffatto diritto ed impone invece una sia pur
tardiva e postuma determinazione dei limiti di spesa alle strutture accreditate; e ciò per assicurare il rispetto dei prescritti vincoli di bilancio alla spesa sanitaria.
In conclusione il Collegio rileva che il carattere di rideterminazione dei limiti di spesa, in revisione di quelli originariamente fissati in via autonoma, concordata con le organizzazioni sindacali interessate, nell’ambito dei vincoli di bilancio esistenti, esclude la rilevanza del denunziato
vizio di tardività ai fini del conseguimento di una ulteriore e nuova, ma comunque necessaria,
determinazione dei citati limiti.
5. Con la seconda censura parte ricorrente lamenta alcuni specifici profili di illegittimità del decreto assessoriale impugnato perché non si sarebbe tenuto conto dell’aumento delle prestazioni
erogabili e sarebbero stati introdotti meccanismi di remunerazione delle prestazioni extrabudget
(regressioni tariffarie) troppo penalizzanti.
Anche tale censura appare infondata in considerazione della precipua, e dichiarata, finalità del
decreto assessoriale impugnato, tendente al contenimento della spesa sanitaria entro i limiti delle disponibilità finanziarie esistenti; in tale contesto, legittimamente le misure adottate hanno
scontato la prioritaria esigenza di contenere la spesa per la erogazione delle prestazioni a carico
del Servizio Sanitario Nazionale all’interno delle disponibilità finanziarie esistenti, senza che sia
stato possibile prendere in considerazione profili particolari.
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Con riferimento ai rilievi specificamente dedotti da parte ricorrente non può non rilevarsi come:
a) l’asserito aumento delle prestazioni astrattamente erogabili non poteva automaticamente tradursi in un aumento dei limiti di spesa, indipendentemente dall’ammontare delle risorse disponibili, ove si consideri che la situazione di accreditamento di una struttura non determina automaticamente il diritto al rimborso dell’intera “quantità massima” di prestazioni erogabili, rientrando nella logica del sistema la possibilità che il S.S.N. garantisca il rimborso solo per una
quantità ridotta di prestazioni sanitarie;
b) il regime delle regressioni tariffarie, di per sé legittimato dalla previsione di cui alla lett. d)
del co. 1 dell’art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502/1992, costituisce esso stesso meccanismo finalizzato a scoraggiare gli sfondamenti dei limiti di spesa prefissati e deve essere considerato quale
beneficio per la struttura che abbia sforato dal budget assegnato e che riceve, sia pure per una
quota limitata, la remunerazione per una prestazione che non avrebbe dovuto erogare (cfr. Cons.
Stato, sez. V, n. 2253/2003).
6. Con la terza censura parte ricorrente lamenta una assunta disparità di trattamento delle strutture private provvisoriamente accreditate rispetto a quelle pubbliche.
Anche tale censura appare infondata ove si consideri che - a prescindere dal profilo relativo alla
fissazione di limitazioni alle spese delle strutture pubbliche operata dagli artt. 1/3 del D.A.
12.08.2002 - la difesa dell’amm.ne ha chiarito come successivamente al provvedimento impugnato siano stati fissati per le strutture pubbliche criteri analoghi a quelli dettati per le strutture
private.
7. In conclusione il ricorso deve essere respinto, non senza sottolineare – come per altro fatto
dal C.G.A. nella propria ordinanza cautelare – come il quadro normativo e dei principi in materia di finanziamento delle prestazioni sanitarie erogate dal S.S.N. sia oggi improntato alla valutazione comparativa dell’interesse pubblico al contenimento della spesa sanitaria, entro limiti
comunque compatibili con le esigenze degli assistiti, in rapporto all’interesse economicoimprenditoriale degli operatori privati, quest’ultimo eventualmente destinato a risultare recessivo a fronte delle scelte di indirizzo politico-amministrativo e di bilancio compiute nelle sedi
proprie.
In relazione alla natura delle questioni, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione
tra le parti delle spese del giudizio.
P. Q. M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione prima, respinge il ricorso in epigrafe.
Dispone la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Palermo, nelle Camere di Consiglio del 4 maggio 2004 e 15 settembre 2004, con
l'intervento dei Sigg.ri Magistrati:
Giorgio Giallombardo
Presidente
Salvatore Veneziano
Consigliere
Nicola Maisano
Referendario
Angelo Pirrone, Segretario
Depositata in Segreteria il 30/09/2004
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