Suggestioni Rovereto - Il mondo che non c`era
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Suggestioni Rovereto - Il mondo che non c`era
Il mondo che non c’era L’arte precolombiana nella Collezione Ligabue Fondazione Museo Civico Rovereto Rovereto, Palazzo Alberti Poja Corso Angelo Bettini, 41 1 ottobre 2016 • 6 gennaio 2017 Suggestioni in mostra Tra la grande quantità di suggestioni che una mostra del genere permette si possono prospettare alcuni percorsi interni. Sono tracce tematiche che caratterizzano quasi tutte le culture esposte e che permettono ulteriori viaggi nella straordinaria mappa che porta dalla Mesoamerica all’estremità del Sud America. CIBO, PIANTE, ANIMALI L’evoluzione culturale delle civiltà precolombiane si è basata sull’agricoltura e il controllo delle coltivazioni, spesso utilizzando scarse superfici. Logico che le divinità più importanti siano nate dalle necessità di garantirsi piovosità e fertilità della terra e che – pertanto – oggetti, simbologie, rituali abbiano rappresentato e utilizzato molti elementi vegetali e animali, o ambientali. Prima dell’universo vegetale appare, nella sua forza, quello animale. E come dice Claude François Baudez, nel catalogo della mostra “Il mondo che non c’era”, sezione Mesoamerica, parlando della civiltà olmeca: “Nessun animale occupa un posto più importante del giaguaro, che si ritrova nella maggioranza delle rappresentazioni quando si vuole esprimere la potenza, la forza, i poteri soprannaturali o magici. I capi e i dignitari sono immortalati nella posa convenzionale del giaguaro, con le zampe anteriori posizionate tra le posteriori”. Un altro forte riferimento lo fa nelle descrizioni dei vasi maya Jean Michel Hoppan: “Oltre ai gioghi di tipo rospo, troviamo anche il giaguaro, simbolo della pioggia e della fertilità, a volte rappresentato sui gioghi in associazione con il rospo. Le parti scolpite del giaguaro come la zampa o le fauci con le giunzioni cadenti, tipiche dello stile olmeco (dal 1800 a.C. al 150 d.C.), sono associate ad altri elementi appartenenti al rospo”. I gioghi, ricordiamo, sono opere scultoree portate ritualmente dal giocatore di palla. Anche Jean-François Bouchard nella sezione del catalogo riferita al Centro America spiega che “Una parte molto grande delle opere d’arte tairona è direttamente legata ai culti sciamanici e rappresenta con insistenza la trasformazione dello sciamano in animale, pipistrello, giaguaro o rapace”. Un riferimento parallelo vale per l’America del Sud sintetizzato dall’intervento di Mario Polia che descrive Chavin de Huantar, il luogo dove nasce e si sviluppa la cultura chavin, una delle più antiche tra quelle peruviane: “Disposti in croce - segno della Madre Terra - i meandri convergono nella cella oracolare in cui era occultato il lanzón: l’immagine della divinità adorata a Chavín, scolpita su un monolito a forma di coltello sacrificale, alla cui natura antropomorfa si assommano attributi felini (zanne, artigli) e ofidici (ciglia, capelli e cintura serpentiformi). La parte superiore del lanzón fuoriusciva da un’apertura nel pavimento in modo da ricevere offerte e permettere l’ascolto dei responsi dell’oracolo. In altre rappresentazioni, alla figura della divinità si aggiungono ali e piumaggio”(...). “Nel monolito conosciuto come obelisco Tello, dal duplice corpo d’un caimano ibridato col giaguaro e l’aquila arpia, nascono frutti aerei e ipogei. E, a significare la necessità del sacrificio garante della continuità Con il sostegno Promotore reperto 137 reperto 130 reperto 86 Main Sponsor Il mondo che non c’era L’arte precolombiana nella Collezione Ligabue dell’esistenza, dalle teste mozzate che la divinità stringe fra gli artigli germogliano piante di manioca e peperoncino”. Gli esempi della presenza del giaguaro si possono trovare nei vasi maya (il giaguaro re di Tikal è più suggerito che raccontato) ; nella testa di mazza cultura guanacastenicoya, Costa Rica (reperto 86*); nella figura animalesca cultura coclé, Panama (reperto 90); nel mortaio valdivia (reperto 111), nelle bottiglie chavin (reperto 130131); o nella bottiglia vicus che riporta un ringhio assomigliante ad sorriso “sardonico” (reperto 137); nei vasi moche (reperto 157); nel vaso lambayeque (reperto 159). Fino ad arrivare al grande vaso “urpu” inca (reperto 171). Dopo il giaguaro ecco i cani della tradizione colima o maya o l’armadillo recuay (reperto 165); ma sono da scoprire tra le tante raffigurazioni quelle di ragni, volatili, caimani, alligatori, lama o pesci. O frutta come la gustosa cirimoya chavin (reperto 128) . Un capitolo a parte meriterebbe il mais: dalla raffigurazione del dio zapoteco di Monte Alban (reperto 40) alla strepitosa corona aurea vicus, a forma di pannocchia (reperto 138) o al vaso moche (reperto 157) usato per bere la “chicha” bevanda ottenuta dalla fermentazione del mais. 2/4 reperto 138 * tutti i numeri si riferiscono alle immagini dei reperti pubblicate nel catalogo “Il mondo che non c’era” DIVINITÀ FEMMINILI, VENERI, MATERNITÀ Sylvie Peperstraete scrivendo sul catalogo degli Aztechi e delle culture del Postclassico spiega che “I temi sono per la maggior parte religiosi. Varie rappresentazioni di divinità sono esposte in questa mostra. È il caso di un’opera che rappresenta Chicomecoatl, dea del mais, che porta il copricapo “amacalli” o “casa di carta”, evocazione evidente del granaio nel quale il prezioso cereale, personificato dalla dea, veniva immagazzinato”. E il grande archeologo peruviano Federico Kaufmann Doig aggiunge: “Il periodo che va dal 200 al 600 dopo Cristo è caratterizzato dallo splendore artistico- artigianale, ottenuto in modo particolare dalle creazioni delle opere moche, paracas/nazca e tiahuanaco classico (Titicaca). È in questa fase che raggiunge la sua massima espansione il simbolo del dio dell’acqua composto da un’onda con una cresta che - con un’interpretazione geometrica - prende la forma di una voluta. Anche la dea della terra viene celebrata in un simbolo che la raffigura in composizioni con scalinate, imitazione e copia dei terrazzamenti agricoli che vengono curati in suo onore. A volte, entrambi gli emblemi erano rappresentati in modo combinato, a forma di trono o “ushno”; così appare la figura centrale della Porta del Sole a Tiahuanaco: sopra un trono (che rappresenta la Pachamama, la divinità della terra) sosta il dio dell’acqua.” Nella sua descrizione della rara ascia cerimoniale tehuelche Rodolfo M. Casamiquela racconta che quelle popolazioni della Patagonia “avevano nella figura del ‘gualicho’ (una divinità infera femminile o giudice supremo, o traghettatrice infernale) la figura principale. reperto 40 reperto 13 Il mondo che non c’era 3/4 L’arte precolombiana nella Collezione Ligabue A questa figura divina è collegata la danza maschile ‘lonkomeo’ che riprodurrebbe, in senso figurato, l’ascensione dello spirito del defunto al cielo attraverso un labirinto”. Un confronto di tutto ciò si ha anche nelle veneri della cultura tlatilco (reperti 9-10-11)*: queste rappresentazioni femminili che simboleggiavano la fecondità e assicuravano probabilmente la fertilità e abbondanti raccolti. Ancora nel XVI secolo, si collocavano piccole figurine nei campi per propiaziazione. Ugualmente interessanti le opere (reperto 12) xocipala di Guerrero (Messico) e jalisco (reperto 27); la venere nayarit partoriente (reperto 31) e le due divinità (reperti 80 e 81) dell’ acqua e del mais. Le veneri ecuadoriane di Valdivia – prime ceramiche apparse nelle Americhe - (dal reperto 139 al 144) appartengono ad una cultura da antichissimi rituali per cui le statuine venivano depositate nei campi per favorire il raccolto. Opere sempre con lo sguardo al femminile e legate alle divinità sono la figura (reperto 119) cultura guangala, Ecuador, dove una donna tiene in mano una bambola, una rarità. Mentre la cultura chorrera (reperto 123) racconta di figure femminili ornate e decorate trasformate in terracotta ad uso fischietto. Senza pari il racconto della leggenda con divinità femminile legato alla maschera di cultura lambayeque (reperto 158). * tutti i numeri si riferiscono alle immagini dei reperti pubblicate nel catalogo “Il mondo che non c’era” reperto 9 GIOIELLI E ORNAMENTI Statue e vasi delle culture della Mesoamerica, America centrale e Sudamerica sono spesso particolarmente decorati e ornati. In molti casi anelli nasali d’oro e, orecchini di conchiglie o pietre, o altri materiali, sono collocati nelle figure di ceramica. Il corpo è linguaggio e le parole per descriverne lo status sono gli oggetti, i gioielli elaborati al punto da arrivare ad altissime raffinatezze artistiche. Un elenco sintetico permette di procedere su un binario che è comune denominatore dalla Mesoamerica alla latitudine più bassa del Sudamerica. Non esiste statuetta della cultura nayarit (dal reperto 29 a 31) che non possegga nariguera (ornamenti per il naso) o orecchini, quanto meno lobi preparati per ospitare grandi orecchini. Sono i codici con i quali parlano di solito le donne delle statuette chupicuaro (reperto 32); ma anche la severa e austera statuetta di pietra della cultura teothiuacan ha lobi pronti per essere decorati. È soprattutto quando si parla delle culture dell’America Centrale che esplodono gli usi dell’oro, dalla culture colombiane (tairona, sinù, quimbaya, coclè, tolima, nariño, eccetera) dove i maestri artigiani hanno lasciato le loro prove eccelse. Il Sudamerica non è da meno per quanto riguarda l’attenzione al corpo e agli ornamenti necessari per abellirlo: dalle decorazioni per capelli nazca al formidabile repertorio delle attività d’arte plumaria come le decorazioni e i copricapo in piume sempre della cultura nazca (reperto 180); fino alla raffinatissima arte chimu che si esprime con tessuti od orecchini in legno intarsiato di madreperla e pietre. reperto 98 >>> reperto177 Il mondo che non c’era L’arte precolombiana nella Collezione Ligabue 4/4 SCIAMANI E ALLUCINOGENI In ogni parte del continente Mesoamericano, Centro e Sudamericano la presenza sciamanica ha garantito (e in alcune aree residuali sopravvive come nei secoli passati) la persistenza delle culture tradizionali. Jean François Bouchard nel suo testo su Ecuador e Colombia scrive: “Oltre alla continua presenza delle immagini di individui in posizione frontale, molto ieratici, le arti plastiche diventano più descrittive e anche narrative. Così, si rappresentano pratiche sciamaniche che mostrano la trasformazione dello sciamano in animale durante il volo estatico. I poteri spirituali sono detenuti dagli sciamani, interfaccia del mondo terrestre e delle potenze soprannaturali. Il loro ruolo è mantenere l’equilibrio del mondo e la sopravvivenza del gruppo circondato dai pericoli. Questi distretti territoriali si perpetueranno nella maggior parte delle Ande del nord fino al XVI secolo”. Interprete e ponte tra il mondo di sopra e quello di sotto, tra l’umano e il soprannaturale il ruolo dello sciamano è testimoniato in moltissime opere d’arte esposte nella mostra. Esemplare del mondo dove vive la coscienza alterata è il piccolo mortaio, antico di quattromila anni, della cultura valdivia a forma di giaguaro; che esprime da solo un potere sciamanico in quanto utilizzato per preparare le sostanze allucinogene che permettono di vedere nell’inframondo. La figura dello sciamano appare nell’incensiere manteña (reperto 112); mentre la potentissima scultura della cultura jama coaque mostra l’azione sciamanica di un guaritore curandero che usa oggetti per riprodurre suoni (reperto 125). Non sarà da sottovalutare in questo caso il bellissimo disegno che appare nel libro di Ramusio (“Delle navigationi et viaggi…” edizione 1565 – immagine a pag 357 del catalogo) dove viene rappresentato un ospedale nel quale gli indios malati sono curati anche da un flautista. Di forte impatto la bottiglia chavin (reperto 133) che narra la trance sciamanica, evidentissima nei tratti del volto. Scrive Mario Polia nella parte del catalogo dedicata nell’introduzione all’America del Sud. “A Garagay e Las Aldas (1900-1400 d. C.)  nella valle del Casma, il cactus mescalinico “achuma” (Trichocereus sp.) era usato, probabilmente, in riti oracolari come ancora avviene tra i curandero del nord del Perù”. Basterà poi un’occhiata al “coquero”, cultura carchi, Ecuador (reperto 126) per rendersi conto della quotidianità alimentare della foglia di coca così come la bottiglia zoomorfa cultura moche ripropone la figura dello sciamano sormontato da felino (reperto 156). La presenza del mondo dell’altrove non ha mai abbadonato le culture precolombiane. reperto 125 * tutti i numeri si riferiscono alle immagini dei reperti pubblicate nel catalogo “Il mondo che non c’era” reperto 112