Sassi - Gruppo Servizio Ambiente
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XXVI CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI LA COMPETITIVITÀ DELL’AGRICOLTURA NELLE REGIONI DELL’UNIONE EUROPEA Maria SASSI Dipartimento di Ricerche Aziendali Facoltà di Economia - Università di Pavia V. S. Felice, 7 - 27100 Pavia - IT Tel. +39-0382986465 cell. 3496420807 Fax +39-0382986228 e-mail: [email protected] SOMMARIO Gli effetti prodotti dai recenti cambiamenti nella politica economica, nell’economia e nella società stanno ponendo all’agricoltura dell’Unione Europea la sfida di una più accesa competizione interna e internazionale che è diventata una scelta pressoché obbligata per le aziende del settore. In questo contesto, l’analisi proposta si pone un duplice obiettivo. Essa mira, anzitutto, ad individuare dei primi indicatori idonei allo studio del fenomeno a livello di NUTS 2. Le variabili esplicative selezionate sono, poi, quantificate rispetto ad un panel di regioni europee ed utilizzate per definire una classificazione di unità territoriali omogenee in termini di competitività settoriale. L’importanza del lavoro risiede nel fatto che la disponibilità di un’appropriata metodologia di valutazione della competitività a livello regionale nell’attuale scenario è oggi essenziale per comprenderne le diverse sfaccettature, supportare la predisposizione di idonee azioni volte a migliorare la competitività stessa e per monitorare i progressi compiuti e gli impatti delle politiche settoriali. Parole chiave: Competitività agricola regionale, indicatori di efficienza per l’agricoltura. 1. INTRODUZIONE Gli effetti prodotti dai recenti cambiamenti nella politica economica, nell’economia e nella società stanno ponendo all’agricoltura dell’Unione Europea la sfida di una più accesa competizione interna e internazionale (Gaemelke, 2003). La riforma della Politica agricola comunitaria (Pac), l’ampliamento a 25 stati membri, la Strategia di Lisbona, il nuovo negoziato in seno all’Organizzazione mondiale per il commercio (OMC), gli elevati costi di produzioni, la saturazione della domanda in termini fisici, le nuove preferenze espresse dai consumatori rappresentano le principali forzanti che rendono la scelta competitiva in qualche modo obbligata per il settore. Il disaccoppiamento impone agli agricoltori una crescente attenzione al mercato e a quanto la società richiede soprattutto in termini di sicurezza e qualità degli alimenti, benessere degli animali, tutela e valorizzazione dell’ambiente. L’avvicinamento dei prezzi dei prodotti agricoli dell’Unione Europea a quelli mondiali accresce la competitività sia interna sia mondiale. L’allargamento ad Est amplia il mercato dei prodotti alimentari di circa 100 milioni di consumatori (European Commission, 2005) e di 4 milioni di agricoltori (Commissione Europea, 2005) e determina una diversa allocazione dei fondi comunitari modificando gli assetti competitivi nuovamente non solo interni, ma anche internazionali. La riduzione se non, in alcuni casi, lo smantellamento delle barriere commerciali favorisce l’emergere di mercati, che offrono sempre nuove opportunità e sfide agli agricoltori dell’Unione Europea (Commissione Europea, 1999). Queste ultime sono soggette anche alla pressione impressa da alcune aree del mondo che producono a minori costi in termini di salari, beni e servizi e dagli obiettivi di più elevata crescita economica, creazione di posti di lavoro e maggior competitività sui mercati mondiali posti dalla Strategia di Lisbona e recepiti dalla nuova Pac (European Union, 2005). Lo scenario delineato rende centrali le scelte degli agricoltori la cui efficacia dipenderà però crucialmente dalle decisioni di politica economica assunte, in particolare, dagli Stati membri dell’UE e, laddove rilevante, dalle Regioni. Ciò soprattutto in tema di sviluppo rurale rispetto al quale l’Unione Europea ha definito un insieme di norme e di meccanismi che se ben calibrati a livello territoriale possono contribuire in maniera determinante a promuovere un mercato aperto e competitivo (Folmer, Keyzer, Merbis, Stolwijk, Veenedaal, 1995; Commission Europea, 2004; European Union, 2005). Diventa, pertanto, rilevante disporre di appropriati indicatori che consentano di comprendere lo stato e l’evoluzione della competitività nell’Unione Europea al fine di poter verificare le eventuali disparità regionali e predisporre appropriati interventi di politica economica. In questo contesto, l’analisi proposta mira ad individuare dei primi indicatori idonei allo studio del fenomeno a livello di NUTS 2 sulla base dei dati Eurostat. Fonte di cui si intende inoltre verificare la possibilità di impiego rispetto a tale finalità. 2 Le variabili esplicative selezionate sono quantificate con riferimento al periodo 1995-2000 che consente di costruire un panel di regioni europee sufficientemente numeroso. La banca dati così costituita è stata utilizzata per definire una prima classificazione di regioni omogenee in termini di competitività settoriale. La metodologia usata fa riferimento ai metodi computazionali per il data mining basati sull’analisi di raggruppamento. Quest’ultima consiste nel creare gruppi di unità statistiche caratterizzati da coesione interna e separazione esterna. In altri termini, essa consente di massimizzare l’omogeneità interna a ciascuna cluster e l’eterogeneità tra i diversi raggruppamenti. L’obiettivo è di comprendere, attraverso un criterio di selezione multidimensionale che tenga conto dei diversi aspetti della competitività e delle loro interazioni, se sia possibile individuare gruppi di regioni caratterizzate da livelli di efficienza diversi. L’analisi delle regioni che costituiscono le varie cluster consente, inoltre, di verificare se i differenti livelli di competitività siano associabili a specifiche aree geografiche dell’UE. Questo aspetto è rilevante in particolare in termini di implicazioni di politica economica regionale e di politica agricola alla luce della succitata importanza assunta in tal senso dagli Stati membri e delle Regioni dell’UE a seguito della riforma della PAC. Il lavoro introduce, inoltre, importanti elementi di novità rispetto ai tradizionali studi proposti in letteratura. Il fenomeno trova, infatti, tradizionale approfondimento a livello di paesi (NUTS1) o nell’ambito di uno specifico paese attraverso l’osservazione dello stato e della dinamica di singoli indicatori, oppure attraverso analisi di tipo cross-country e/o cross-section che mirano ad individuare le determinanti della produttività agricola (Bernini Carri, Sassi,1999; Pecci, Sassi, 2004; Sassi, 2004). L’approfondimento empirico è preceduto dall’analisi dei principali caratteri del sentiero competitivo delineato dall’UE per l’agricoltura. La Pac da garante di un mercato protetto, sta oggi attribuendo alla competitività agricola precisi caratteri delineati a partire dal documento strategico Agenda 2000. Si tratta di una competitività di prezzo che deve essere sostenibile, che sappia valorizzare la multifunzionalità delle aziende del settore e che ponga particolare enfasi sulle conoscenze contestuali del territorio in cui esse si inseriscono. Alla luce di queste osservazioni ha trovato definizione la struttura concettuale a cui si è fatto riferimento per la scelta degli indicatori usati. 2. LA COMPETITIVITA’ AGRICOLA NEL DISEGNO DELL’UE La competitività dell’agricoltura è stata oggetto di attenzione dell’Unione Europea sin dalla nascita della Pac in particolare attraverso la politica strutturale1. L’aspetto diventa, però, centrale solo alla fine degli anni ’90 a seguito dell’attuazione delle indicazioni strategiche formalizzate nel documento Agenda 2000 (European Commission, 1999). In quel periodo, 1 Ne sono un esempio il Piano Mansholt del 1968 in cui si incoraggia, tra l’altro, la formazione di unità agricole più grandi ed efficienti e le misure strutturali introdotte nel 1972 finalizzate ad ammodernare l’agricoltura europea. 3 alla incompatibilità finanziaria e internazionale della Pac si aggiunge quella con l’allargamento ad Est. Di fronte a tale sfida il modello di agricoltura delineato nel Trattato di Roma del 1947 risulta inadeguato e con Agenda 2000 se ne propone uno nuovo che si caratterizza per tre aspetti essenziali: la competitività, la multifunzionalità e la sostenibilità (Ufficio di Bruxelles della CCIAA di Napoli, 2003). La competitività interna ed internazionale è considerata al tempo stesso condizione essenziale per rimanere sul mercato e imposta dal processo di riduzione del sostegno e di liberalizzazione. Essa è intesa come il risultato della riduzione dei prezzi2 accompagnata da interventi sulle strutture produttive e del miglioramento del livello qualitativo dei prodotti (Commissione europea, 1997). La definizione di tale carattere deve avvenire riconoscendo e valorizzando le molteplici funzioni che l’agricoltura svolge in relazione alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo delle aree rurali e in modo sostenibile non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale (Henke, 2004). Quest’ultima declinazione del concetto di competitività è intesa nel senso di soddisfazione delle priorità poste dalla collettività e delle esigenze dei consumatori. Per l’UE, i prezzi costituiscono, dunque, un solo aspetto della competitività (Commissione Europea, 1997) che deve essere completato dall’attenzione per la tutela ambientale, lo sviluppo del territorio, la sicurezza e qualità degli alimenti e il benessere degli animali che diventano i paletti nell’ambito dei quali le scelte dei produttori agricoli devono indirizzarsi. L’attuazione di Agenda 2000 e soprattutto la revisione di medio termine della Pac portano alla definizione del sentiero individuato dalla Commissione Europea per lo sviluppo della competitività che va in una duplice direzione: il riorientamento al mercato dei prezzi interni e la valorizzazione della qualità e sicurezza degli alimenti. Se la competitività basata sulla qualità necessita ancora ampi sforzi di valorizzazione3, quella di prezzo è oramai operante (Marotta, 1995). La riforma della Pac attuata nel 2003/04 rappresenta un passo decisivo verso lo stimolo alla competitività attraverso il disaccoppiamento dell’aiuto diretto alla produzione e la centralità accordata al consumatore. Tra le priorità poste dalla Commissione alla base della formulazione del pacchetto di riforma vi è quella di garantire la competitività del settore sul mercato sia comunitario sia estero (Unione Europea, 2005a, Commissione Europea, 2002). La nuova Pac pone, infatti, al centro gli obiettivi di quest’ultimo e lascia libero l’agricoltore di produrre quanto il mercato esige ed in modo sostenibile (Figura 1). Con essa l’aiuto diretto, completamente slegato dalle quantità prodotte, è condizionato al soddisfacimento delle 2 In Agenda 2000 la riduzione dei prezzi, strada peraltro già intrapresa nel 1992 con la riforma Mac Sharry, è intesa come misura vantaggiosa per i consumatori e necessaria per differenziare i prezzi a favore di prodotti di qualità superiore (Commissione Europea, 1997). 3 La valorizzazione della qualità deve fondarsi su un approccio di sviluppo territoriale che è ancora lontano dall’essere completato e che richiede un chiaro impegno di programmazione e volontà politica a livello nazionale e regionale che non sempre trova appropriata espressione (Leonardi, Sassi, 2004). 4 preferenze del consumatore individuate nella salvaguardia ambientale4, sicurezza degli alimenti e protezione degli animali. Quest’ultimo aspetto sottolinea il ruolo cardine accordato allo sviluppo rurale che diventa strumento fondamentale per la ristrutturazione del settore agricolo e per il sostegno della diversificazione e dell’innovazione e quindi per migliorare la competitività nelle aree rurali. Essa ha, dunque, anche il compito di contribuire alla realizzazione degli obiettivi posti dalla Strategia di Lisbona5 la quale si concentra, tra le altre cose, sul miglioramento dell’istruzione e della formazione professionale, della ricerca e sviluppo e sulla promozione dell’innovazione e sostenibilità (European Union, 2005). Aspetti che devono trovare più ampia attuazione nel settore primario affinché possa accrescere, ma, soprattutto, mantenere una posizione competitiva sui mercati interni e internazionali. La nuova politica di sviluppo rurale comprende quattro elementi rilevanti: - nuovi incentivi alla qualità per gli agricoltori; - sostengo per l’adeguamento degli agricoltori alle nuove norme; - copertura delle spese sostenute per il benessere degli animali; - miglior sostengo agli investimenti per i giovani agricoltori (Agrisole, 2003). L’ultima misura acquista estrema importanza non solo ai fini del cambio generazionale, ma anche in merito alla capacità del settore di meglio rispondere alle sfide future in termini di investimenti, modernizzazione, diversificazione, creazione di nuove occasioni occupazionali e dar vita a fonti di reddito supplementari a favore del reddito agricolo (AIGIA, 2004, Provincia di Bolzano, 2005, Unione Europea, 2005b). La superficie agricola delle aziende condotte da giovani, oltre ad essere in media più elevata, è generalmente investita a colture a più alta intensità, coltivata con tecnologie a risparmio di lavoro e maggiormente compatibili con la tutela dell’ambiente e quindi in grado di valorizzare le pratiche agricole sostenibili (INEA, 2005). Si è passati quindi dal sostengo all’orientamento al mercato. L’efficienza tecnica non rappresenta più l’obiettivo centrale del settore agricolo il quale per affrontare la nuova realtà economica, politica e sociale deve essere in grado di basare le proprie scelte sui segnali di prezzo, di diversificare e di innovare valorizzando il ruolo economico, sociale e ambientale che gli deriva in funzione della sua multifunzionalità. Figura 1 La nuova Pac 4 Introducendo la salvaguardia ambientale tra le finalità che il settore agricolo deve perseguire, il legislatore comunitario integra nella normativa della nuova Pac tale dimensione adempiendo a quanto disposto nel trattato di Amsterdam entrato in vigore nel 1999. 5 Il Consiglio Europeo di Goteborg del 2001 ha delineato i principi guida del contributo della Pac alla Strategia di Lisbona che nel 2003 ha provveduto, nelle Conclusioni, a confermarli. Si tratta di realizzare una significativa performance economica garantendo un uso sostenibile delle risorse naturali (European Union, 2005). 5 Fonte: Sassi, 2004. 3. LO SCHEMA CONCETTUALE DI RIFERIMENTO Alla luce delle considerazioni svolte nel precedente paragrafo, gli indicatori di competitività sono stati scelti sulla base della seguente struttura concettuale. La produttività totale dei fattori è l’indicatore chiave e più completo della competitività. La tecnologia disponibile spiega il modo in cui, a partire da certi fattori di produzione, è possibile ottenere un determinato livello produttivo. In altri termini essa evidenzia il livello di efficienza con cui l’insieme degli input è stato usato nel processo di produzione. La diffusione della conoscenza tecnica non è uniforme poiché l’accesso ad essa è influenzato da molteplici fattori di ordine storico, geografico, sociale e politico che contribuiscono a determinare il diverso livello competitivo anche tra settori e attività similari (Zamagni, 1990). Poiché i vantaggi di produttività vanno mantenuti o rafforzati nel corso del tempo, diventa importante associare alla misura di tale aspetto anche quella dei fattori che lo influenzano. I due principali elementi con un impatto significativo sulla produttività totale dei fattori sono il grado di diversificazione e di innovazione. Il primo rappresenta la capacità delle aziende agricole di accedere a fonti alternative di reddito che consentono la ristrutturazione del settore e il conseguimento di economie di scala e quindi di aumento del livello medio della 6 produttività. La diversificazione ha, inoltre, l’importante obiettivo di contribuire alla conservazione delle risorse naturali. Il grado di innovazione è invece espressione della sostenibilità futura dei livelli di competitività raggiunti. Due sono le componenti di base dell’innovazione. Anzitutto, la ricerca e sviluppo i cui risultati consentono di aumentare la produttività delle risorse disponibili, di introdurre nuovi metodi di produzione e nuovi o migliori assetti istituzionali. Vi sono poi le risorse umane che sono alla base dell’utilizzo delle nuove tecnologie e ciò è strettamente legato al livello di istruzione della forza lavoro che diviene strumento fondamentale per migliorare produttività ed efficienza agricola (Norton, Alwang, 1993). La sostenibilità riguarda anche l’uso dei fattori di produzione, quali fertilizzanti e pesticidi, che deve essere rispettoso dell’ambiente, ovvero tale da ridurre ad un livello accettabile le esternalità negative di tipo ambientale ad esso connesso. Una delle conseguenze forse più rilevanti del livello di competitività raggiungo da un settore è la posizione competitiva che esso detiene sul mercato internazionale, ovvero la capacità dei suoi beni di coesistere con le importazioni laddove la produzione interna sia deficitaria e di essere esportati quando vi sia un surplus di offerta (Ali, 2004). Questo aspetto è misurabile attraverso appropriati indicatori costruiti con riferimento alle importazioni e alle esportazioni6. A livello di NUTS 2 esso non risulta, però, analizzabile per la mancanza di dati relativi al commercio internazionale dei beni agricoli opportunamente disaggregati. L’analisi empirica fa riferimento a quattro categorie di indicatori: - di produttività; - di diversificazione; - di innovazione; - di sostenibilità ambientale. Essi sono stati selezionati sulla base della loro capacità di misurare il concetto di riferimento, robustezza, confrontabilità e disponibilità su base regionale. 4. GLI INDICATORI La quantificazione della produttività totale dei fattori ha incontrato un elemento di criticità nella disponibilità dei dati relativi allo stock di capitale. L’Eurostat (2004b) fornisce, infatti, solo le informazioni relative alla sua formazione e consumo ed anche in questo caso le serie storiche a livello regionali non sono sufficientemente lunghe per poter stimare la grandezza secondo le metodologie proposte in letteratura7. Per questo le analisi di competitività fanno riferimento ad indicatori parziali di produttività. Quello più comunemente usato è la produttività del lavoro non solo perché i dati relativi a tale fattore di produzione sono disponibili, aggiornati e qualitativamente soddisfacenti, ma anche 6 7 A tale proposito si veda Sassi, 2004. Si veda ad esempio Balle, Bureau, Butault, Witzke (1993). 7 perché il lavoro rappresenta spesso il fattore di produzione più importante. L’indicatore è stato stimato al 2000 come rapporto tra il valore aggiunto agricolo lordo ai prezzi di base8 costanti9 e la forza lavoro totale in unità di lavoro annue10 (ULA) ed interpretato come espressione del livello di competitività raggiunto dalle diverse regioni. Per questo nel prosieguo sarà chiamato indice di competitività. Per cercare di cogliere gli eventuali guadagni di efficienza e produttività è stato, poi, introdotto un indicatore di produttività multifattoriale che consenta di tener conto del cambiamento tecnologico intervenuto. Esso fa riferimento alla approssimazione di Tornqvist dell’indice Divisa (Chambers, 1988) quantificato, alla luce dei vincoli posti dalla disponibilità dei dati, con riferimento al fattore lavoro e ai consumi intermedi secondo la seguente espressione: ∆TFP = (ln Yt − ln Yt −1 ) − ∑ i 1 (si ,t − si,t −1 )* (ln xi,t − ln xi ,t −1 ) 2 dove ∆TFP è la variazione della produttività totale dei fattori tra il tempo t-1 e t, si il peso del costo del fattore xi sul totale dei costi11. Per ottenere tale grandezza si è dovuto procedere ad alcune elaborazioni per ricavare le variabili di base. Anzitutto, il costo del lavoro è stato ottenuto a partire dai compensi corrisposti agli occupati nel settore, grandezza che è stata divisa per la forza lavoro totale al netto di quella familiare espresse in ULA. In questo modo si è ottenuta un’approssimazione del salario medio per ULA che è stato moltiplicato per la forza lavoro totale, sempre espressa in ULA, ricavando il costo del lavoro. Per i consumi intermedi si è proceduto, invece, alla stima di un indicatore delle quantità impiegate. La grandezza è stata trasformata a prezzi costanti e successivamente divisa per il prezzo all’anno base. L’indicatore è stato calcolato come variazione annua nel periodo 1995-2000 e i valori così ottenuti hanno consentito di determinare la variazione media annua12 usata come indicatore dei guadagni di efficienza. Si è, poi, proceduto all’introduzione di alcune grandezze in grado di cogliere i principali fattori che influenzano la produttività complessiva dell’agricoltura, ovvero il grado di diversificazione e di innovazione. 8 I prezzi di base sono quelli al produttore al netto delle tasse sui prodotti e comprensivi di sussidi sui prodotti. L’Eurostat fornisce i dati di valore aggiunto a prezzi correnti. Questi sono stati trasformati in termini reali (1995=100) attraverso gli indici di prezzo al produttore sempre di fonte Commissione delle Comunità Europee (anni vari). 10 Le unità di lavoro annue consentono di tener conto in maniera appropriata del contributo del lavoro part-time e stagionale che rappresentano una quota importante del lavoro agricolo. Esse, infatti, corrispondono al tempo di lavoro di una persona che è occupata nelle attività agricole a tempo pieno e per un anno (Eurostat, 2004). Le ULA, tuttavia, non considerano il lavoro relativo ad attività esternalizzate, quali il contoterzismo, che quindi sfuggono nella definizione del fattore di produzione. 11 Questo indicatore possiede importanti proprietà di base. Esso, infatti, è calcolato come media ponderata del tasso di crescita dei fattori dove ai pesi è consentito di variare nel tempo. 12 L’uso del tasso di variazione medio annuo consente sia in questo caso sia rispetto ai successivi indicatori di evitare di avere valori fortemente influenzati da fattori ciclici e climatici. 9 8 Il primo aspetto è stato evidenziato con riferimento al valore delle attività secondarie agricole non separabili da quelle primarie. Queste ultime, infatti, sono definite come attività strettamente legate alla produzione agricola per le quali le informazioni su ciascuna produzione, fattore di produzione e formazione del capitale fisso lordo non può essere separata dell’informazione sull’attività agricola principale durante il periodo di osservazione statistica (Eurostat, 2004a). Tra esse si annoverano due principali tipologie di attività: quelle che rappresentano una continuazione dell’attività agricola e che usano i prodotti agricoli (ad esempio, la trasformazione di prodotti agricoli), e quelle che coinvolgono l’azienda agricola e i suoi mezzi di produzione (ad esempio, l’agriturismo, gli spacci aziendali, servizi di architettura dei giardini). L’indicatore di diversificazione al 2000 è stato ottenuto dividendo il valore di tale variabile per il valore dell’output agricolo13 ed è stato integrato dall’indice di propensione alla diversificazione calcolato come tasso di variazione medio annuo del valore delle attività secondarie sull’output agricolo tra il 1995 e il 2000. La dimensione dell’innovazione è stata rappresentata attraverso due indicatori: il numero di domande di brevetti per occupato e il peso dell’imprenditoria giovanile sulla totale. La prima grandezza (nel prosieguo indice di innovazione) fornisce una misura del risultato dell’attività di ricerca e sviluppo (Eurostat, 2004b), mentre la seconda della propensione all’innovazione (d’ora in poi indice di propensione all’innovazione). Quest’ultimo aspetto sarebbe stato meglio rappresentato da un indicatore del livello di istruzione della forza lavoro agricola che però non è disponibile per le regioni dell’UE. L’imprenditoria giovanile sulla totale è stata ottenuta rapportando le ULA degli imprenditori con meno di 35 anni a quelle degli imprenditori totali14. La sostenibilità ambientale rappresenta forse l’elemento più complesso da cogliere nel complesso delle regioni europee. La fonte Eurostat censisce alcune variabili che ben si adattano a tale fine, ma purtroppo esse non sono disponibili per le regioni di interi paesi. Emblematico è il caso dell’Italia per il quale mancano i dati relativi alle singole voci dei consumi intermedi. Si è cercato di superare questo limite con riferimento alla spesa per fertilizzanti. Più precisamente si è proceduto ad una loro stima per le regioni italiane a partire dai dati INEA (Trisorio, 2005). Il valore medio dei consumi di fertilizzanti dell’UE è stato diviso per la rispettiva superficie agricola entrambe di fonte Eurostat. Il dato ottenuto è stato poi rapportato alla quota di fertilizzanti per ettaro consumate in Italia di fonte INEA in modo da ricavare una proxy del prezzo dei fertilizzanti per ettaro che è stata moltiplicata per le quantità per ettaro consumate in ciascuna regione. Rispetto alle altre unità territoriali si è ricavato il valore della spesa di fertilizzanti per ettaro dividendo il valore complessivo per la 13 Si ricorda che secondo i conti della produzione il valore dell’output agricolo è dato dal valore aggiunto lordo ai prezzi di base al netto delle attività inseparabili secondarie non agricole e al lordo dei consumi intermedi. 14 La letteratura spesso considera giovani coloro con un’età inferiore ai 40 anni. Nell’analisi non si è potuto far riferimento a tale limite poiché risulta incluso nella fascia d’età 35-45 convenzionalmente adottata dalla banca dati Eurostat. 9 superficie agricola totale. Per semplicità nel testo si farà riferimento alla grandezza come indice di sostenibilità ambientale. Le informazioni da esso fornite possono essere incrociate con quelle derivanti dall’indicatore di propensione all’innovazione. La struttura organizzativa del lavoro ha, infatti, implicazioni importanti sull’adozione delle nuove tecnologie e delle pratiche agricole sostenibili (OECD, 2002). Come precedentemente sottolineato, la fonte Eurostat non fornisce i dati relativi agli scambi commerciali di prodotti agricoli a livello di regioni NUTS 2. Nel commento dei risultati dell’analisi cluster alcune osservazioni in tal senso sono avanzate con riferimento agli Stati membri basandosi sulle risultanze di uno studio precedentemente svolto15. In questo modo è possibile comprendere se le regioni appartenenti ai diversi raggruppamenti ricadano in aree più o meno competitive a livello internazionale. 5. LA METODOLOGIA DI ANALISI E IL CAMPIONE La cluster analysis fa riferimento ai metodi computazionali per il data mining basati sull’analisi di raggruppamento di variabili rispetto a misure di similarità. La metodologia usata si propone di creare, attraverso una tecnica non gerarchica, gruppi di unità statistiche caratterizzati da coesione interna, vale a dire massima omogeneità tra le variabili dello stesso cluster, e separazione esterna, ovvero massima eterogeneità tra i diversi raggruppamenti. Nel fare questo, la letteratura raccomanda di effettuare alcune scelte relativamente alla selezione del campione e delle variabili esplicative, al metodo di formazione dei gruppi e all’indice di prossimità da usare. Il primo aspetto introduce un elemento di criticità nell’analisi legato al fatto che essa considera 171 delle 280 regioni dell’UE-15 rappresentative di 14 stati membri: Austria, Germania, Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Svezia e Regno Unito (Tabella 1). Restano, pertanto, escluse quelle del Belgio. In ogni caso, il campione utilizzato può essere considerato significativo per cogliere le diverse sfaccettature assunte dal fenomeno nel territorio europeo. Al fine di evitare che le unità di misura degli indicatori influenzino il risultato attraverso il maggior peso delle distanze più elevate, si è proceduto alla standardizzazione delle variabili sottraendo a ciascun valore la relativa media e dividendo per la deviazione standard moltiplicata per la dimensione ossia per il numero delle categorie uniche. L’algoritmo non supervisionato usato per raggruppare le regioni europee in base ai caratteri rilevanti è quello delle reti neurali riferito alle Batch self-organizing maps, in base al quale le osservazioni sono classificate come appartenenti ai gruppi selezionato a priori attraverso il metodo Ward, che minimizza la somma dei quadrati di ogni ipotetica cluster che può essere formata ad ogni stadio, e la statistica dell’R2. L’esistenza di un vicinato e la sensitività alla storia dell’algoritmo di apprendimento consentono di definire una classificazione omogenea 15 Si veda Sassi, 2004. 10 delle osservazioni difficilmente caratterizzate da gruppi relativamente troppo grandi che convivono con gruppi troppo piccoli. Il problema della “elephant cluster” ha assunto dimensioni significative usando il tradizionale metodo della k-means ed è proprio per questo che si è ricorso alle Kohonen self-organizing maps. 6. I RISULTATI Il metodo Ward e la statistica dell’R2 hanno suggerito di classificare le regioni del campione in quattro gruppi la cui numerosità è riportata nella Tabella 2. Tabella 2 Numerosità delle cluster Cluster 1 2 3 4 Totale n. regioni % sul totale 54 59 6 52 171 31,6 34,5 3,5 30,4 100,0 Le regioni si ripartiscono pressoché equamente tra tre cluster con l’eccezione della terza che ne contiene solo il 3% circa. Infine, tutte le variabili risultano importanti nella formazione dei raggruppamenti, sebbene con un’intensità diversa16 (Tabella 3). Tabella 3 Importanza degli indicatori nella spiegazione del profilo delle cluster Indice Importanza di competitività dei guadagni di efficienza di diversificazione di propensione a diversificare di innovazione di propensione ad innovare di sostenibilità ambientale 1,0000 0,8535 0,3980 0,6332 0,3009 0,4180 0,2494 I profili delle quattro cluster sono sintetizzati, confrontandoli con i valori medi del campione, nella Figura 1. Nella cluster 117 si annoverano le regioni con il livello di competitività più basso e con una limitata sostenibilità dei livelli raggiunti se dovessero confermarsi le tendenze riscontare tra il 1995 e il 2000 (Figura 2). L’indice di innovazione è infatti il più basso rispetto agli altri 16 L’importanza relativa delle variabili è determinata mediante la tecnica degli alberi decisionali. La cluster 1 si compone delle seguenti regioni: AT11, AT12, AT13, AT21, AT22, AT31, AT32, AT33, AT34, DE30, ES11, ES12, ES13, ES21, ES23, ES53, FI13, FR25, FR53, FR62, FR83, GR11, GR12, GR13, GR14, GR21, GR22, GR23, GR24, GR25,GR30, GR41, GR42, GR43, IE01, ITC3, ITE1, ITE3, PT11, PT15, SE02, SE06, SE07, SE08, SE09, SE0A, UKD1, UKD4, UKE4, UKK2, UKK3, UKK4, UKL1, UKL2. Si veda la Tabella 1 per il nome delle regioni. 17 11 raggruppamenti e la propensione all’innovazione e la capacità di ristrutturazione del settore sono nella media. Unico segnale positivo deriva dalla elevata sostenibilità ambientale che va legata al livello di relativa arretratezza del settore in tali unità territoriali. Figura 2 Profilo della cluster 1 BB = indice dei guadagni di efficienza; CC = indice di competitività; EE = Indice di innovazione; FF = Indice di propensione ad innovare; GG = indice di diversificazione; HH = Indice di propensione ad innovare; LL = indice di sostenibilità ambientale. Anche la cluster 218 si connota per un basso livello di competitività rispetto alla media del campione, ma le regioni che la caratterizzano si contraddistinguono rispetto a quelle del precedente raggruppamento per buone possibilità di miglioramento (Figura 3). Nel periodo considerato i guadagni di efficienza e la propensione ad innovare sono i più elevati tra quelli 18 La cluster 2 si compone delle seguenti regioni: DE11, DE12, DE13, DE14, DE21, DE22, DE23, DE24, DE25, DE26, DE27, DE72, DE73, DE80, DE93, DEA3, DEA5, DEB1, DEB2, DEC0, DEE1, DEE2, DEF0, DEG0, ES22, ES24, ES30, ES41, ES42, ES43, ES51, ES61, ES62, FI20, FR26, FR30, FR43, FR52, FR63, FR72, FR81, IE02, ITC1, ITC2, ITD4, ITD5, ITE2, ITE4, ITF1, ITF2, ITF3, ITF4, ITF5, ITF6, ITG1, ITG2, LU00, PT20,UKM1. Si veda la Tabella 1 per il nome delle regioni. 12 riscontrati. Anche la sostenibilità ambientale è buona, con i valori del relativo indicatore al di sotto della media. Al contrario l’indice di diversificazione e la propensione a diversificare sono i più bassi. Figura 3 Profilo della cluster 2 BB = indice dei guadagni di efficienza; CC = indice di competitività; EE = Indice di innovazione; FF = Indice di propensione ad innovare; GG = indice di diversificazione; HH = Indice di propensione ad innovare; LL = indice di sostenibilità ambientale. La cluster 3 si compone di sei regioni19 con una elevata competitività e possibilità di mantenere tali livelli anche nel futuro grazie a guadagni di efficienza che in media nel periodo 1995-2000 sono stati superiori alla media e alla relativamente elevata diversificazione, propensione a diversificare e livello di innovazione raggiunto (Figura 4). L’indice di sostenibilità ambientale è, inoltre, il più basso tra quelli riscontrati. Unico segnale negativo 19 Le sei regioni che compongono la cluster 3 sono: DE71, ES70, FR71, SE01, UKM2, UKM3. Si veda la Tabella 1 per il nome delle regioni. 13 deriva dall’indice di propensione all’innovazione che, però, va collegato al raggiungimento della piena capacità di impiego di giovani imprenditori. Figura 4 Profilo della cluster 3 BB = indice dei guadagni di efficienza; CC = indice di competitività; EE = Indice di innovazione; FF = Indice di propensione ad innovare; GG = indice di diversificazione; HH = Indice di propensione ad innovare; LL = indice di sostenibilità ambientale. Infine, la cluster 420 comprende un gruppo di regioni che sono fortemente competitive e con un livello di innovazione superiore alla media, ma che presentano un potenziale di ulteriore consolidamento della loro posizione che è inferiore a quello medio del campione (Figura 5). L’elevata spesa di fertilizzanti per ettaro è espressione del carattere moderno dell’agricoltura 20 La cluster 4 si compone delle seguenti regioni: DE91, DE92, DE94, DEA1, DEA2, DEA4, DEB3, DEE3, DK00, ES52, FR1, FR21, FR22, FR23, FR24, FR41, FR42, FR51, FR61, FR82, ITC4, ITD3, NL11, NL12, NL13, NL21, NL22, NL23, NL31, NL32, NL33, NL34, NL41, NL42, PT30, SE04, UKD2, UKE1, UKE2, UKF1, UKF2, UKF3, UKG1, UKG2, UKH1, UKH2, UKH3, UKJ1, UKJ2, UKJ3, UKJ4, UKK1. Si veda la Tabella 1 per il nome delle regioni. 14 praticata in tali unità territoriali e pone il problema di un’attenta valutazione delle implicazioni ambientali prodotte dal settore. Figura 5 Profilo della cluster 4 BB = indice dei guadagni di efficienza; CC = indice di competitività; EE = Indice di innovazione; FF = Indice di propensione ad innovare; GG = indice di diversificazione; HH = Indice di propensione ad innovare; LL = indice di sostenibilità ambientale. La rappresentazione spaziale delle regioni consente di avanzare alcune interessanti osservazioni (Figura 6). Figura 6 Rappresentazione spaziale delle regioni europee per cluster di appartenenza 15 Rispetto ai tre raggruppamenti principali, la cluster 2 interessa le regioni centro-meridionali e la 4 quelle centro-settentrionali con la cluster 1 che si intreccia tra esse per interessare ampi gruppi di regioni a nord-est e sud-est dell’UE-15. La collocazione delle regioni di Belgio, Lussemburgo, Germania, Italia, Portogallo e Regno Unito va inoltre interpretata tenendo conto di un’ulteriore elemento di complessità. Esso risiede nel fatto che tali unità territoriali si collocano in aree che nel loro complesso presentano uno svantaggio competitivo netto nel commercio internazionale e nelle quali il settore primario, globalmente considerato, non risulta strategico della loro specializzazione internazionale (Sassi, 2004). 7. CONCLUSIONI Lo studio sviluppato ha, anzitutto, definito una prima metodologia di analisi della competitività dell’agricoltura dell’UE a livello di NUTS 2. Gli indicatori selezionati consentono di misurare direttamente l’efficienza e la produttività del settore, i fattori che la determinano e che sono destinati ad influenzarla nel futuro. Tali grandezze presentano il vantaggio di far riferimento a dati periodicamente aggiornati su base regionale e di essere di facile quantificazione. Rispetto alla maggior parte di essi è, inoltre, possibile attuare confronti tra settori e, con gli appropriati aggiustamenti per tener conto degli effetti prodotti dai tassi di cambio, anche a livello internazionale. Nonostante ciò, i dati disponibili in taluni casi consentono di predisporre indicatori che rappresentano solo delle approssimazioni dei concetti di riferimento. 16 Ci si riferisce, in particolare, alla produttività totale dei fattori e all’impiego eco-compatibile degli input. La predisposizione di un indicatore idoneo a rappresentare il primo concetto risente crucialmente dell’assenza dei dati relativi al capitale mentre per cogliere l’impatto ambientale delle pratiche agricole bisognerebbe far riferimento ad un indicatore più articolato. Un ulteriore limite è costituito dall’assenza di dati necessari per stimare alcuni aspetti fondamentali della competitività, in particolare, di quella internazionale per la non disponibilità dei valori di importazione e di esportazione a livello regionale. Tali dati sono censiti da alcune fonti nazionali, ma, rispetto ad essi, si ravvisa la necessità di una sistematizzazione a livello europeo. Vi sono poi i sussidi corrisposti dalla Pac che hanno sostenuto in maniera importante alcune produzioni agricole indipendentemente da alcuna considerazione di competitività. La comprensione della possibile sostenibilità di tali livelli produttivi diventa aspetto centrale in un contesto di liberalizzazione del mercato dei prodotti agricoli europeo e internazionale. Anche in questo caso l’impatto dei sussidi sulla competitività a livello regionale non è misurabile per la non disponibilità dei dati. L’enfasi posta sulla necessità di disporre di un’adeguata banca dati è da legare al fatto che un’appropriata metodologia di valutazione della competitività a livello regionale è oggi essenziale per comprendere le diverse sfaccettature del fenomeno e supportare la predisposizione di idonee azioni volte a migliorare la competitività stessa e per monitorare i progressi compiuti e gli impatti delle politiche settoriali. L’analisi cluster ha, infatti posto in evidenza la complessità dello scenario competitivo che si delinea nelle unità territoriali europee sottolineando come il disaccommpiamento e il procedere della liberalizzazione dei mercati internazionali siano destinati a produrre effetti diversi a livello regionale. Allo stesso tempo l’articolazione competitiva emersa sottolinea l’importanza di interventi mirati a livello territoriale al fine di realizzare l’obiettivo posto dalla Commissione Europea di migliorare la competitività settoriale, confinando l’intervento al ruolo di pura e semplice rete di sicurezza, permettendo ai produttori europei di rispondere ai segnali di mercato e proteggendoli dalle fluttuazioni di mercato. (Commissione Europea, 2002). Quella posta dall’UE al settore agricolo è una sfida importante che richiede efficienza e organizzazione delle imprese le quali devono saper valorizzare le condizioni interne in maniera sinergica con quelle esterne al fine di esprimere quelle scelte strategiche adeguate a dare risposta allo scenario che si sta rapidamente modificando. Risposte che devono spingersi sino alla promozione di significative integrazioni di tipo sia orizzontale sia verticale non solo produttive, ma anche strategiche. In questo contesto, anche gli Stati membri e le Regioni devono assumere un ruolo forte e dinamico nel settore offrendo politiche organiche e complementari per lo sviluppo dell’agricoltura, dell’agroalimentare e del territorio rurale in cui il settore si inserisce. In particolare, la via della competitività di qualità deve trovare chiara 17 definizione e sostegno nelle appropriate sedi istituzionali soprattutto internazionali. La rappresentazione spaziale dei cluster ha consentito di porre in evidenza come le regioni caratterizzate da una competitività relativamente più bassa siano quelle in cui la qualità dei prodotti agricoli può giocare un ruolo davvero rilevante. Queste aree, però, sono anche quelle che fanno riferimento a paesi membri con una forza istituzionale almeno in sede comunitaria forse più limitata rispetto agli altri. Sembra, dunque, necessaria anche un’azione di rafforzamento della capacità competitiva dell’istituzione pubblica a livello nazionale e locale che, in quest’ottica, diventa pre-condizione ed elemento imprescindibile per lo sviluppo della competitività dell’agricoltura europea a livello regionale. 18 Bibliografia - Agia (2004), Il Ministro Alimento propone al Consiglio dei Ministri Agricoli l’indizione della Conferenza sul futuro dei Giovani Agricoltori, www.agia.it/04ceja/020422. - Agrisole (2003) La nouva Pac ridisegnata da Bruxelles, Documenti, 4-10 luglio. - Ali, M. 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In this context, the analysis has a double aim. First, it wants to point out some preliminary indicators suitable for the understanding of the phenomenon al NUTS 2 level. Than, the explanatory variables are quantified with respect to a panel of European regions and adopted to classify homogeneous territorial units in terms of sectoral level of competitiveness. The importance of the study lies in the fact that in the current scenario a suitable methodology for competitiveness analysis is key for the understanding of its features at regional basis, for supporting the design of actions aimed at its improvement and for monitoring progress and implications of agricultural policies. 23