144 - Moto.it
Transcript
144 - Moto.it
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero 144 18 Marzo 2014 83 Pagine Prova Yamaha Super Ténéré XT 1200ZE La perfezionista Periodico elettronico di informazione motociclistica Nico Cereghini Fratelli di Spagna e le storie di altre celebri parentele Scarica l’APP del Magazine Novità Horex VR6 Cafe Racer 33 ltd. Trentatre come il numero di esemplari prodotti | prova cruiser | Triumph Thunderbird LT da Pag. 2 a Pag. 13 All’Interno NEWS: EICMA 1997 Aprilia ed MV lanciano la sfida! | M. Clarke I ciclomotori italiani a quattro tempi MOTOGP: Marquez“Quest’anno io 1°, Pedrosa 2° e Lorenzo 3°” | MX: Paulin vince il 31° Starcross di Mantova Triumph Thunderbird LT PREGI Stile, finiture e confort DIFETTI Tappo serbatoio Prezzo 18.530 € Prova cruiser God save the Twin! Dopo la possente Commander, è ora il momento della lussuosa LT. La Thunderbird diventa così una perfetta macchina per viaggiare nel massimo comfort. Ha di serie le borse e il parabrezza. Pesa tanto ma si guida bene e frena forte. Solo su richiesta a 18.530 euro di Andrea Perfetti 2 3 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito I l nostro viaggio in America si conclude con la prova su strada della nuova Triumph Thunderbird LT 1700. Insieme alla Commander che vi abbiamo già presentato è lei la novità del 2014 del costruttore inglese nel mondo delle cruiser. Mentre la prima strizza l’occhio al mondo delle muscle bike, la LT culla i desideri di chi sceglie una moto di questo tipo per viaggiare, possibilmente in compagnia del passeggero. La Triumph Thunderbird LT rappresenta il vertice della famiglia Thunderbird. È accessoriata di tutto punto, è rifinita un gran bene (il filetto di vernice sul serbatoio è realizzato a mano) e ha un motore unico nel mondo cruiser. La cilindrata 4 Periodico elettronico di informazione motociclistica è maxi (1.699 cc), ma non è tanto questo a stupire quanto l’architettura. Il bicilindrico è infatti parallelo ed è il più grande sul mercato con questo schema che presenta alcuni interessanti vantaggi. Triumph Thunderbird LT non nasce certo per affrontare le code quotidiane del traffico cittadino. Ma nessuno la comprerà per andarci in ufficio. Nasce con altre, più nobili ambizioni. La LT è fatta per appagare la sete di cose belle e durevoli del suo proprietario. Zero plastica e tanto metallo – meglio se cromato – per durare nel tempo e non inseguire le mode del momento. Ci sono poi i viaggi. Per questo gli inglesi l’hanno creata ed equipaggiata. Con le borse in pelle, il suo grande parabrezza e lo schienale la LT è una Scarica l’APP del Magazine infaticabile divoratrice di chilometri. La sesta marcia overdrive e la coppia bestiale del motore la fanno viaggiare senza sforzo, come un veliero col vento in poppa. Il segmento cruiser è cresciuto in America e in Europa (l’Italia non fa testo, almeno finché non sarà terminata questa oscena crisi economica). Dopo aver guidato la Thunderbird e le rivali di altri marchi, comprendiamo sempre meglio le ragioni di questo fenomeno. Le grandi cruiser sono moto comode per viaggiare anche in coppia, sono piacevoli da guidare e ti fanno finalmente apprezzare anche quello che ti scorre davanti. Riassapori vecchie sensazioni, osservi i colori, ti godi il panorama. In altre parole, la cruiser ammazza quella carogna che si chiama Prove velocità, ma che tante volte fa rima con azzardo e ti fa rientrare a casa con qualche jolly di troppo lasciato sull’asfalto. La Triumph Thunderbird LT è stata il mezzo ideale per uscire da San Diego e esplorare l’area desertica che circonda Borrego Springs. Comoda oltre ogni immaginazione grazie a quella sella che abbiamo amato anche sulla Commander, più protettiva per il grande plexiglass, agile nonostante il peso (380 kg con 22 litri di benzina). E per nulla noiosa quando il rettilineo si attorciglia tra le curve della California. I dettagli fanno la differenza La Triumph Thunderbird LT non è una semplice Commander accessoriata. Ha un doppio scarico 5 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica La trasmissione finale è invece affidata alla silenziosa e pulita cinghia. Il motore funge da elemento semi-portante all’interno del telaio tubolare a doppio trave in acciaio. E proprio quest’ultimo è nuovo sulle Thunderbird del 2014. Infatti la casa inglese ha rivisto tutta la parte posteriore per ospitare una sella più larga e bassa. E’ realizzata con tre differenti imbottiture, ha il supporto lombare e offre una comodità stupefacente. Sospensioni confortevoli e frenata potente Le sospensioni sono fornite da Showa e si fanno apprezzare in particolare per l’abbondante escursione (120 mm davanti, 109 dietro), decisamente superiore a quanto offerto dalla concorrenza americana e giapponese. Sullo sconnesso il posteriore rimane confortevole, ammortizza le buche e non violenta la schiena con le martellate tipiche delle moto custom. È giapponese anche differente, una posizione di guida meno allungata e più confortevole (ma anche la sorellastra è tutto fuorché scomoda). Motore, freni e sospensioni sono identici. Cambiano radicalmente le ruote (da 16” invece che 17), ora a raggi e dotate di pneumatici più stretti e con maggiore spalla (bianca, un’esclusiva mondiale della Avon dato che la pigmentazione è presente nella mescola). Davanti abbiamo un 150/80 e dietro un 180/70. Le borse in pelle spessa 2,5 mm sono dotate della sacca interna impermeabile che può essere rimossa. E pure il parabrezza può essere smontato con una semplice mossa e senza l’ausilio di attrezzi. Per sottolineare la differenza tra le due Thunderbird anche il logo sul serbatoio cambia. La LT ha un ottimo impianto frenante dotato di ABS, potente e modulabile. Due i colori, rosso o nero, al prezzo di 18.530 euro. La LT sarà disponibile in Italia su ordinazione. 6 Prove l’impianto frenante (Nissin), che dispone di tre dischi da 310 mm e ABS. Consente alla LT di fermarsi in spazi molto ridotti: complice la generosa gommatura, la moto passa da 130 km/h a 0 in soli 64 metri. Il peso è decisamente alto, ma l’equilibrio dinamico della moto fa in modo che questo non sia mai un problema. La nostra prova La nuova Triumph Thunderbird LT sul cavalletto ti chiede di prenderle le misure. È grossa e pesa parecchio. Così accessoriata pensi che non sarà facile e intuitiva come la Commander. E qui ti sbagli. Le gomme Avon, più strette (almeno dietro) e con più spalla, danno alla moto un altro carattere. La rendono più svelta e agile della agguerrita Commander. Nascondono parte del peso e rendono la moto scorrevole e semplicissima da manovrare anche nei tornanti più stretti (sì, in America ci sono anche quelli se sali Il motore Vale quanto detto a suo tempo per la nuova Commander. Il due cilindri è elemento centrale dello stile e del carattere delle nuove Thunderbird. In primo luogo perché è bello: compatto, massiccio e con i collettori cromati che ne impreziosiscono la figura. In secondo luogo i due cilindri affiancati e raffreddati a liquido hanno un indubbio vantaggio rispetto ai più diffusi bicilindrici a V, non riscaldano il sotto sella del pilota. Ne guadagna enormemente il confort d’estate. Il bicilindrico parallelo di 1.700 cc, raffreddato a liquido, ha oltre 94 cavalli e una coppia esagerata, ben 151 Nm a soli 3.500 giri. E’ il più grande al mondo in questa configurazione tipicamente Triumph. È un bialbero a corsa lunga con fasatura a 270° per dare personalità all’erogazione soprattutto ai bassi regimi. Il cambio è a sei rapporti e ha la frizione a comando idraulico. Media 7 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito di quota). Ovvio che il peso ci sia e dia fastidio in manovra, ma la seduta a soli 700 mm da terra permette di spostare con facilità la LT. Per la sella vale quanto detto per la Commander: è fenomenale in quanto a comodità, dimenticatevi il più piccolo indolenzimento anche dopo ore in sella. Si tratta di un aspetto fondamentale quando si parla di cruiser nate per viaggiare e affrontare trasferimenti molto lunghi a velocità costante. In più sulla LT c’è tanta protezione dall’aria, mentre il grande motore conferma una dote molto apprezzabile: non scalda né i piedi né le gambe del pilota. Le pedane sono avanzate il giusto e non ci sono significative vibrazioni a disturbare il pilota. La strumentazione è leggibile e chiara; c’è l’indicatore della benzina e il tachimetro con le principali spie. Mancano il contagiri e l’indicatore della marcia. Altra pecca l’assenza della serratura sul tappo della benzina. Anche il giudizio del motore è comune a quello della Commander e ve lo 8 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Prove riportiamo di seguito. L’enorme bicilindrico parallelo di 1.699 cc ha una risposta dolce al richiamo del gas, ma sa essere anche rapido quando si cerca la massima potenza e chiama in causa di rado il cambio a sei marce. La spinta ai bassi è forte, ma mai brusca. Consente di riprendere velocità anche in sesta dalle basse andature. Se poi c’è da fare un sorpasso, la Triumph 1.700 stupisce con bell’allungo. Il consumo di benzina è basso se consideriamo la cilindrata e il peso in gioco, alla LT bastano 4,2 litri/100 km a 90 km/h e di 6,3 litri/100 km in città. Il cambio, dotato di bilanciere, non è un burro, ma si rivela preciso. Il comportamento delle sospensioni è valido; non sono cedevoli, ma garantiscono un ottimo smorzamento delle asperità sullo sconnesso. Sul piano della funzionalità, e quindi della sicurezza, si mette in luce anche la risposta potente e ben modulabile dei freni con ABS. Sono sovradimensionati e arrestano la Triumph Thunderbird LT 9 10 11 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica ABBIGLIAMENTO SCHEDA TECNICA Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Triumph Thunderbird LT € 18.530 Tempi: 4 Cilindri: 2 Cilindrata: 1699 cc Disposizione cilindri: paralleli Raffreddamento: a liquido Avviamento: E Potenza: 98 cv (72 kW) / 5200 giri Coppia: 15.9 kgm (156 Nm) / 2950 giri Marce: 6 Freni: DD-D Misure freni: 310-310 mm Misure cerchi (ant./post.): 19’’ / 17’’ Normativa antinquinamento: Euro 3 Peso: 380 kg Lunghezza: 2546 mm Larghezza: 956 mm Altezza sella: 700 mm Capacità serbatoio: 22 l Segmento: Custom Casco Shark Giacca Spidi Guanti Dainese Scarpe TCX in poco spazio senza che l’antibloccaggio intervenga a sproposito. Il rumore del motore è una colonna sonora dai toni bassi e dal ritmo deciso. Il bicilindrico pulsa vivo e ci accompagna su queste fantastiche statali americane. Siamo però convinti che la Triumph Thunderbird LT sarebbe un’ottima compagna di strada anche sulle nostre mitiche Dolomiti. 12 13 Yamaha Super Ténéré XT 1200ZE PREGI Guidabilità e motore DIFETTI Peso e ABS non escludibile Prezzo 15.390 € Prova maxi enduro La perfezionista L’endurona giapponese si aggiorna con un lifting estetico e con l’adozione delle sospensioni elettroniche. Migliorato anche il motore, che ha perso la ruvidità ai bassi. Ottima su strada e contenuti i consumi. Alto il peso. Costa 15.390 euro di Andrea Perfetti 14 15 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Prove 15.390 euro (circa 1.000 più del modello base), è già disponibile nei concessionari in due colori (blu o bianco). Di serie ha le sospensioni elettroniche, il cruise control, il cavalletto centrale, le manopole riscaldabili, i paramani, le maniglie per il passeggero, il porta bauletto, le frecce a LED, il computer di bordo e il parabrezza regolabile (ora senza attrezzi). In aprile arriverà anche la versione Worldcrosser al prezzo di 16.690 euro. Sempre nel corso dell’anno Yamaha preparerà gli allestimenti Sport, Touring e Touring Plus con prezzi e accessori in via di definizione. Elettronica: nuova e affidabile A umentano i componenti della famiglia Super Ténéré, nel 2014 alla moto che conosciamo da quattro anni si unisce la versione XT 1200ZE, dotata delle sospensioni a regolazione elettronica sia del precarico che dell’idraulica. Non sono sospensioni attive o semi-attive, capaci cioè di variare la propria taratura in modo adattivo durante la guida; permettono di 16 modificare il setting della forcella e del mono ammortizzatore agendo in modo molto semplice sul blocchetto di sinistra. Sulla Yamaha Super Ténéré XT 1200ZE troviamo anche un motore rivisto in modo importante con l’intento di accontentare i clienti, che chiedevano più brio ai bassi e una risposta meno ruvida. I tecnici di Iwata hanno quindi lavorato sui pistoni, sugli alberi a camme, sull’aspirazione e sulle valvole di scarico per ottenere una risposta più pronta. Grazie anche alle nuove mappature della centralina sono stati ottenuti due cavalli in più. Ora la moto sviluppa 112 cavalli a soli 7.250 giri con una coppia massima di 117 Nm (11,9 kgm) a 6.000 giri. Fabrizio Corsi (product manager di Yamaha Italia) ci spiega che la Casa giapponese ha voluto dare un carattere nuovo, più sportivo e dinamico alla sua Super Ténéré, ma senza toccare due qualità indiscusse di questo modello: il confort e l’affidabilità. La Yamaha Super Ténéré XT 1200ZE costa La Yamaha Super Ténéré XT 1200ZE riceve un aggiustamento nella regolazione del D-Mode (le mappe del motore). Si hanno ancora due mappature, che risultano meglio rifinite rispetto al passato. La standard T dona un’erogazione graduale senza essere fiacca come prima, mentre la S diverte senza per questo essere brusca. C’è ancora il controllo di trazione TCS, che può essere facilmente escluso in fuoristrada. E c’è ancora l’ABS, che non si può eliminare se non con una procedura un po’ macchinosa ma efficace (la moto va posta sul cavalletto centrale e va fatto girare il motore con una marcia inserita finché la spia dell’ABS diventa fissa, indicandone l’esclusione). C’è poi il cruise control che deriva da quello progettato per equipaggiare la FJR 1300. La grande novità della Yamaha Super Ténéré XT 1200ZE sono le sospensioni elettroniche realizzate dalla Casa di Iwata insieme ai tecnici di Kayaba. La centralina elettronica agisce sul motore elettrico che varia il precarico della molla su quattro livelli (pilota, pilota più bagaglio, pilota con passeggero, pilota con passeggero più bagaglio). Ci sono poi i motori passo passo che intervengono sull’idraulica sia della forcella a steli rovesciati da 43 mm che del mono ammortizzatore. In totale il pilota ha a disposizione ben 84 regolazioni. Le sospensioni elettroniche non sono certo una novità in campo motociclistico, le abbiamo già conosciute su Aprilia, BMW, Ducati 17 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb Media bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb e KTM. La Yamaha arriva buona ultima, ma si sa come ragionano i giapponesi: hanno tempi lunghi quando c’è da prendere una decisione importante e, soprattutto, mettono l’affidabilità in cima alle loro priorità. Per loro, quindi, meglio essere ultimi, ma con un prodotto a prova di bomba. Motore e ciclistica Vi abbiamo raccontato in cosa cambia la nuova Yamaha Super Ténéré XT 1200ZE. Lo schema meccanico e quello ciclistico sono pertanto invariati. La XT1200ZE ha un motore bicilindrico parallelo con 4 valvole per cilindro e una cilindrata effettiva di 1.199 cc, impiega la trasmissione finale ad albero cardanico, ed è dotata di una sofisticata gestione elettronica del motore e della frenata. Di serie troviamo infatti ABS-UBS, 18 Prove controllo di trazione TCS, doppia mappatura (Sport e Touring) e sospensioni elettroniche con ben 190 mm di escursione sia davanti che dietro. La trasmissione primaria aziona un cambio a sei marce. La XT1200ZE è fornita di cerchi in alluminio idonei, grazie alla particolare disposizione dei raggi, a ospitare pneumatici tubeless (110/80-19 e 150/70-17 rispettivamente all’avantreno e al retrotreno). Il sistema di frenata combinata UBS (Unified Braking System) ripartisce la forza frenante tra le due ruote solo quando si agisce sulla leva del freno al manubrio (non quando si pigia il pedale del freno); se si aziona il freno posteriore prima di quello anteriore, la gestione elettronica si disattiva automaticamente. Il peso complessivo cresce di 3 chili e raggiunge ora i 265 col pieno di 23 litri e tutti i liquidi (acqua, olii). 19 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito La nostra prova su strada (e pure fuori) I clienti chiedevano essenzialmente un motore più brioso e una strumentazione più completa. Perché per il resto la Yamaha Super Ténéré XT 1200ZE è sempre piaciuta parecchio sia per l’estetica e le finiture, sia per le indiscusse qualità del telaio in acciaio e delle sospensioni. A noi ora tocca raccontarvi se il bersaglio è stato centrato. Partiamo quindi dall’ergonomia, dove troviamo confermate le qualità di questa moto. Il serbatoio è stretto, la sella comoda e il manubrio distante il giusto. L’ingombro tra le gambe è quindi più ridotto rispetto ad esempio alla BMW GS o alla Suzuki V-Strom. Il peso c’è, è ancora elevato, ma non disturba nella guida o in manovra. Lo si sente 20 Periodico elettronico di informazione motociclistica soprattutto quando ci si avventura in fuoristrada e si incontrano terreni viscidi. Apriamo una piccola parentesi: la Yamaha Super Ténéré XT 1200ZE non si fa troppi problemi ad abbandonare l’asfalto e diverte parecchio anche sugli sterrati. Non c’è bisogno di chiamarsi Cyril Despres, basta guidare in piedi e sfruttare la grande linearità del motore. Per fare dei paragoni: non siamo al livello della KTM Adventure 1190, favorita dal peso più contenuto, ma sicuramente la moto giapponese sa essere molto più facile e divertente della BMW R1200GS tra sassi e fango. Lo conferma anche la nostra lunga prova nel deserto di Tabernas in sella alla Worldcrosser (la trovate qui). Le finiture della Super Ténéré sono ottime. Le plastiche sono molto robuste e la qualità dei materiali è eccellente, come dimostra la Scarica l’APP del Magazine fattura del motore o delle sospensioni. La strumentazione è totalmente rivista e ora è provvista di un vero e proprio computer di bordo che fornisce ogni tipo di informazione, dai consumi alla marcia inserita. L’otto valvole non è stravolto nel suo carattere, ma è sicuramente migliorato. Adesso dal minimo a 3.500 giri è scomparsa la ruvidità del precedente modello. Fino a 4.500 giri manca ancora la castagna di alcune rivali, ma c’è un’ottima progressione e una grande linearità di funzionamento che fanno della Yamaha Super Ténéré XT 1200ZE una gran bella moto da turismo, anche in coppia. Yamaha dichiara due cavalli in più, ma francamente la percezione della potenza massima è analoga a quella del modello conosciuto. Ritroviamo quindi il carattere sportivo di questo Prove motore, che viene fuori passati i 5.000 giri e fino agli 8.000 indicati dallo strumento digitale. La mappa S dona alla XT quel po’ di brio in più che diverte nella marcia sportiva sui percorsi misti. Qui, tra le curve, si apprezza in modo netto il controllo di trazione, che consente di scaricare i tanti cavalli a terra quando si è ancora in piega. Il cambio ha un funzionamento impeccabile, al pari della frizione e dei freni, potenti e modulabili (peccato che l’ABS sia così complicato da escludere in fuoristrada.) Durante il nostro test ci sono sembrati calati anche i consumi, che si sono attestati sui 5 litri per 100 km, un dato molto interessante perché ottenuto prevalentemente su strade di montagna percorse a una buona andatura. Lasciamo infine per ultima la grande novità della Yamaha Super Ténéré XT 1200ZE, 21 22 23 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica ABBIGLIAMENTO SCHEDA TECNICA Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Yamaha XT1200ZE Super Ténéré € 15.390 Tempi: 4 Cilindri: 2 Cilindrata: 1199 cc Disposizione cilindri: Paralleli Raffreddamento: a liquido Avviamento: E Potenza: 112 cv (82.4 kW) / 7250 giri Coppia: 11.9 kgm (117 Nm) / 6000 giri Marce: 6 Freni: DD-D Misure freni: 310-282 mm Misure cerchi (ant./post.): 19’’ / 17’’ Normativa antinquinamento: Euro 3 Peso: 265 kg Lunghezza: 2255 mm Larghezza: 980 mm Altezza sella: 845 mm Capacità serbatoio: 23 l Segmento: Enduro Stradale Casco AGV AX-8 Dual Evo Giacca Dainese EVO System D-Dry Pantaloni Dainese Talos Guanti Dainese Air Tex Stivali Dainese Carroarmato le sospensioni elettroniche. Facciamo una premessa: avevamo già espresso un giudizio molto positivo sulle KYB di questa moto, addirittura avevamo a suo tempo ritenuto la forcella di questa moto la migliore unità montata su una maxi enduro. Oggi rinnoviamo questo commento. Il sistema elettronico consente di semplificare la gestione delle tarature, ma va anche detto che la standard sarà quella utilizzata dai più grazie all’ottimo compromesso di base, che riesce a coniugare in modo esemplare tenuta di strada e confort. 24 25 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica E’ Horex VR6 Cafe Racer 33 ltd Trentatre come il numero di esemplari prodotti Presentata la terza versione dell’esclusiva sei cilindri tedesca, un allestimento più sportivo per design, assetto e ciclistica. Prezzo da serie limitata, come da sigla... 26 stata presentata al Bike Show di Dortmund, Germania, una nuova realizzazione della tedesca Horex. Si tratta della VR6 Cafe Racer 33 ltd, dove 33 indica il numero di unità che saranno prodotte per quella che è un’edizione speciale e limitata. Altrettanto speciale, nella simbologia e non solo, è il prezzo di 33.333 euro: ben più caro della VR6 Classic (venduta a 24.500 euro) da cui la nuova versione Cafe Racer 33 ltd. deriva. Un delta di prezzo motivato dal rifacimento di alcune dettagli, a opera della LSL Motorradtechnik, azienda produttrice di parti speciali, e dalla dotazione ciclistica più raffinata. La struttura di base è la medesima della VR6 Classic. Identico il telaio bitrave in lega di alluminio e, soprattutto, identico l’esclusivo motore a sei cilindri da 1.218 cc. Questo propulsore ha una particolare configurazione a V di soli 15°, che lo fa sembrare in linea a un primo sguardo. La testata è infatti unica e sono soltanto tre gli alberi a camme secondo lo schema TOHC (triple overhead camshaft), con anche tre valvole radiali per cilindro. La potenza News è confermata in 126 cavalli a 8.500 giri, mentre la coppia è di 120 Nm a 7.000 giri. Il cambio è a sei marce e la trasmissione finale è a catena. Il peso è annunciato in 249 kg con il pieno di benzina. Gli interventi stilistici della LSL Motorradtechnik hanno riguardato un differente assetto per il pilota, con la sella più corta e scavata, il manubrio basso, il codino Anni Settanta e il parafango posteriore corto e alto. Cambiano il fanale e i relativi attacchi, le ruote a raggi Kineo da 17 pollici sono in nero e sono diverse le finiture dello scarico a doppio silenziatore e di altri dettagli del motore e non solo. Le novità tecniche sono essenzialmente a livello di sospensioni e freni. All’avantreno spiccano una forcella rovesciata Ohlins FGRT da 43 mm, nuove pinze Brembo radiali per i dischi Braking da 320 mm e l’ammortizzatore di sterzo regolabile. Al retrotreno lavora invece un mono Ohlins TTX, sempre di estrazione racing. Scontata la presenza dell’Abs Bosch 9MB. Le 33 VR6 Cafe Racer 33 ltd. verranno montate dall’officina Horex di Ausburg nel corso di quest’anno. 27 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine News aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb 28 29 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Correva l’anno EICMA 1997 Aprilia ed MV lanciano la sfida! di Maurizio Tanca | Milano 1997: esordisce la prima maxi supersportiva di Noale, la RSV 1000, e MV Agusta rinasce con la splendida F4 750 Serie Oro. Una manna per i 700.000 visitatori del Salone, all’esordio a settembre e con tantissime altre novità, Yamaha R1 in testa B en 700.000 appassionati visitarono la 55esima edizione di EICMA, che nel 1997 occupava ancora gli storici padiglioni della Fiera di Milano, adiacenti alle più recenti strutture espositive di Fiera Milano City, al Portello. 700.000 persone che brulicavano freneticamente in lungo e in largo, per ammirare le meraviglie esposte in quei locali dove per la prima volta filtrava la luce del sole settembrino. Si, perché gli organizzatori di EICMA avevano vinto il braccio di ferro con la concomitante Fiera tedesca, che in quegli anni si teneva a Monaco di Baviera, accordandosi per tornare alla logica alternanza annuale (Monaco negli anni pari, Milano nei dispari) anziché continuare con un’assurda concomitanza che non faceva che gravare economicamente sui numerosi 30 Yamaha YZF-R1 con Scott Russell espositori. La 55a EICMA - peraltro contemporanea alla nascita di Moto.it - preludeva ad un’annata particolarmente felice per il nostro magico mondo con due ruote e un motore. Il 1998, infatti, segnò un notevolissimo incremento globale delle vendite, tornate al livello del lontano 1982: infatti furono immatricolati 235.003 veicoli (236.453, nell’82), sebbene suddivisi in 89.093 moto e ben 151.910 scooter, contro le 133.354 moto e i 103.099 scooter di 16 anni prima. Il grafico che potete trovare nella gallery evidenzia chiaramente l’andamento del mercato motociclistico dall’82 al 1998: un arco rovesciato che mostra come le moto avessero toccato il fondo nel 1996 (50.336 immatricolazioni), mentre per gli scooter il minimo venne registrato nel 1990: solo 10.890 pezzi! Il nostro grafico vuol essere una sorta di augurio per l’attuale situazione economica: nel 2013, infatti, sono stati immatricolati 153.863 veicoli (52.724 moto e 101.109 scooter: 33.500 in più rispetto al 1997!). Pur rendendoci logicamente conto dell’estrema gravità dell’attuale crisi mondiale, ci piace quindi sperare di trovarci come un po’ come nel 1994, anno che segnò l’inizio della ripresa. Sperando ovviamente che ciò avvenga un po’ più rapidamente di allora. Intanto, ci sembra già di buon auspicio lo speranzoso +10,2% di incremento medio globale (15,2% per le moto, 6,5% per gli scooter) nell’immatricolato di febbraio di quest’anno. C’era gran fermento, insomma, in quel settembre del 1997, perché le novità esposte erano tantissime. E due delle più eclatanti erano sofisticatissime supersportive italiane: l’ardita Aprilia RSV Mille (proprio in lettere, non in cifre), potente bicilindrica con motore V2 costruito da Rotax, e la stupenda MV Agusta F4 750 Serie Oro, magnifica creatura del geniale Massimo Tamburini, che Claudio Castiglioni oculatamente aveva scelto di far diventare la moto della rinascita di MV Agusta, anziché una nuova supersportiva Ducati, marchio ceduto proprio l’anno prima. Queste, e non solo secondo noi, erano le vere regine di quell’edizione di EICMA, alle quali però affianchiamo senza alcun dubbio anche una reginetta giapponese: la prima, formidabile Yamaha YZF-R1 1000. Ma, come già detto, di “ciccia” quell’anno ce n’era anche tanta altra. Vediamo quindi le principali novità, in ordine alfabetico. 31 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Correva l’anno Media Aprilia RSV Mille Aprilia Gran bel pezzo, la RSV Mille! La prima maximoto della Casa di Noale, allora ancora appartenente a Ivano Beggio, era corposa ma snella, molto curata, con un telaio e un forcellone davvero belli e ottimamente rifiniti, e con sotto un motore V2 stretto a 60° da 997,6 cc, con distribuzione bialbero a 8 valvole, doppio contralbero di bilanciamento, e frizione con antisaltellamento di tipo pneumatico PPC (Pneumatic Power Clutch). L’Alimentazione a iniezione contava su due corpi farfallati da 51 mm con singolo iniettore, e la potenza dichiarata era di 128 cv a 9.250 giri, con coppia massima di 10,5 kgm a soli 7.000 giri e una velocità massima dichiarata di oltre 270 km/h. Quest’ultimo dato risultò poi pessimistico, tant’è 32 Bimota DB3 Mantra che quando io stesso mi occupai dei rilevamenti strumentali della RSV spuntai ben 281 km/h.... Pur con il netto sospetto che la moto in prova non fosse propriamente standard, cosa peraltro abbastanza comune (più che altro per le moto italiane, ma non solo...) in quegli anni in cui le prestazioni massime erano la prima cosa che un lettore sfegatato andava a cercare.... La RSV 1000, il cui prezzo fu stabilito in circa 23 milioni di lire (11.900 euro, più o meno) venne presentata alla stampa la primavera successiva sul magnifico circuito spagnolo di Montmelò: una presentazione assolutamente professionale, con una moto ed un meccanico a disposizione di ciascun tester, per i necessari aggiustamenti durante una lunga giornata in pista. Con somma gioia di tutti, naturalmente! Bimota Undici anni dopo aver centrato il titolo F1 con Virginio Ferrari e la YB4 con motore Yamaha FZ750 a 20 valvole, la factory riminese scelse Suzuki come partner per realizzare la moto deputata a tentare l’assalto al titolo mondiale Superbike. A Milano venne dunque presentata la corposa SB8R, spinta dal motore V2 da 998 cc della Suzuki TL1000R opportunamente modificato nella parte termica e nel gruppo iniezione. Il tutto per ottenere 145 cv circa. Il suo massiccio telaio bitrave - derivato da quello della SB6R a 4 cilindri, ma in questo caso composito alluminio+carbonio - vantava un’interasse da media cilindrata - solo 1.395 mm – pur mantenendo un forcellone piuttosto lungo. Questa special realizzata in piccola serie era quotata oltre 39 milioni di lire, circa 20.000 euro. La SB8R in effetti partecipò sporadicamente al mondiale delle derivate di serie, e fu nel 2000 che a Phillip Island vinse addirittura la prima manche sul bagnato, per merito del gran manico del fortissimo quanto incostante australiano Anthony Gobert. In suo onore, ovviamente, Bimota realizzò poi la bella versione Gobert Replica. Al Salone milanese del ‘97 Bimota presentò anche una versione parzialmente ristilizzata dell’estrosissima naked DB3 Mantra motorizzata Ducati Monster 900, modificata più che altro nel musetto, a doppio faro incastonato in logo del prominente faro quadro del modello originario, disegnato nel ’95 dal francese Sacha Lakic. 33 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine dichiarato in 218 kg. Bella e molto divertente, la nuova Cagivona vantava un ottimo telaio composito in acciaio con motore sospeso e forcellone in alluminio con sospensione progressiva, ed entrò in listino col nome Gran Canyon, al prezzo di quasi 17 milioni di lire (circa 8.800 euro). La Gran Canyon, della quale nel ’98 furono vendute 185 unità, venne prodotta fino al 2000, dopodiché, cessando la fornitura dei motori da parte di Ducati – venduta l’anno prima dai Castiglioni al Texas pacific Group – l’interessante Cagiva bicilindrica cambiò il nome in “Navigator”, e acquisì l’ottimo bicilindrico Suzuki mutuato dalla TL1000S. Molto interessante per i ragazzini la nuova Planet 125 (più avanti rinominata Raptor, come le grosse naked omonime): messa in opera dopo una lunga gestazione iniziata un paio d’anni prima, la piccola naked ispirata alla Correva l’anno cuginona Monster (e quindi opera di Miguel Galluzzi) sfoggiava praticamente il telaio della Mito, con tanto di forcella a steli rovesciati, per un prezzo di poco inferiore agli 8 milioni (circa 4.000 euro). Ducati Oltre alle versioni rinnovate delle Monster da 620, 750 e 900 cc, da Borgo Panigale era arrivata a Milano una 900SS Final Edition, versione limitata di un modello in fase di pensionamento. Tutta argentea e rigorosamente monoposto, la SS F.E. sfoggiava ruote nere, svariate parti in fibra di carbonio, dischi freno anteriori flottanti e scarichi rialzati. Ma la sorpresa vera fu la nuova, controversa 900SS, disegnata dal quel Pierre Terblanche che peraltro aveva convinto con la bellissima Supermono 550. Gli arditi canoni Ducati Supermono BMW R1200C BMW Dopo aver mostrato al Salone automobilistico di Francoforte il prototipo del particolarissimo scooter cabinato C1, ecco che a Milano a tener banco nello stand bavarese fu l’ambiziosa e interessante R1200C, la prima custom della storia BMW, che però era già stata presentata a in Germania due mesi prima. Moto ovviamente tutt’altro che convenzionale, la nuova boxer tedesca rappresentava una ventata di novità pur in un mondo – quello delle custom, appunto – dove l’estro e l’inventiva la fanno da padroni, e dove secondo noi faceva davvero la sua gran figura, anche perché manteneva i canoni ciclistici lanciati nel ’93 con la R1100RS, cioè la sospensione anteriore Telelever e la posteriore monobraccio Paralever. Prezzo: appena oltre i 26 milioni di lire (13.500 euro). 34 Buell Erano piuttosto apprezzate dagli amanti delle moto particolari, le creature dell’estroso ingegner Erik Buell, che a Milano propose una magnifica versione tutta bianca della sua S1: la White Lightning, appunto, dotata di nuove testate ad alta tubolenza denominate “ Thunderstorm High Flow”, che portavano la potenza del V2 Harley small block a 91 cv, con una coppia di ben 12 kgm a circa 5.500 giri. Cagiva Da Schiranna invece arrivò l’inedita Canyon 900, gemella maggiorata dell’omonima monocilindrica da 500 cc (poi diventati 600), ma dotata dell’arcinoto motore Ducati Desmo bicilindrico ad L da 904 cc (quello della Monster 900, insomma), da 70 cv a 7.500 giri, per un peso a secco 35 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito stilistici con i quali lo spilungone designer sudafricano definì la nuova SS, fecero invece storcere il naso agli ultras ducatisti più legati alla tradizione, almeno quanto l’introduzione dell’iniezione sul suo bicilindrico Desmo raffreddato ad aria. Comunque sia, il Desmodue a iniezione, montato in un telaio a traliccio identico al precedente ma modificato nella geometria di sterzo, erogava 80 cv a 7.500 giri, con una coppia di 8,1 kgm a quota 7.000. La nuova 900 SS andò in listino a 19,5 milioni di lire (10.070 euro), affiancata dalla versione semicarenata, che costava 500.000 lire in meno (e più avanti anche dalle omologhe versioni da 750 cc). Gilera La novità del Gruppo Piaggio marcata Gilera per la stagione 1998 era uno scooter, ma di quelli birichni, realizzato in due versioni con motori a Gilera Runner 36 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica due tempi raffreddati a liquido, da 125 e 180 cc: si trattava del Runner, nato come “cinquantino” e decisamente appetibile per i ragazzini, ma ora anche per i giovanotti più infoiati. Se il Runner 125 sviluppava i canonici 15 cv, il 180 (175,8 cc effettivi) ne sfoderava invece 21 a 8.500 giri, superava i 120 km/h e costava circa 5,8 milioni di lire (3.000 euro). Uno scooter aggressivo, il nuovo Runner 180, per il quale venne istituito un pepatissimo Trofeo Monomarca, e che nel 1998 partecipò addirittura alla mitica Pikes Peak International Hill Climb, in Colorado, iscritto nella classe fino a 250 cc: l’ardita operazione nacque da un’idea del compianto Maurizio Virtuani, ex collega allora collaboratore del mensile Tuttomoto, che ne fu protagonista assieme a Cristian Mattei e al pilota/giornalista Jimmy Lewis, collaboratore del magazine americano Cycle World. Quella fu la prima volta che degli scooter calcavano la celebre pista mista (asfalto+sterrato, oggi però totalmente asfaltata) che sale al Pikes Peak per 20 km con 156 curve e tornanti, per un dislivello di 1.439 metri, e con una pendenza media del 7% e massima del 10,5%. E gli scooter Gilera arrivarono tranquillamente in cima senza sfigurare. Da notare che il Runner è tutt’oggi in listino, nelle cilindrate 50 a 2 tempi e 125 a 4 tempi; ma anche che è (tristemente) rimasto l’unico modello a due ruote rimasto nel listino Gilera, affiancato solo dal “tre ruote” Fuoco 500. Honda In attesa della nuova VFR 800, che sarebbe stata presentata al successivo Salone di Parigi, Honda portò a Milano l’edizione leggermente rivisitata della Fireblade 900, con motore da 919 cc, alleggerita a 180 kg a secco e lievemente potenziata per raggiungere i 130 cv a 10.500 giri, con coppia Correva l’anno massima a 9,4 kgm/8.750 giri. La vera novità milanese fu però l’inedita Deauville 650, versione GT da 220 kg a secco della naked NTV 650 Revere, quindi dotata di telaio a doppio trave in alluminio con sospensione posteriore monobraccio, e con l’ormai celebre motore V2 a 52° con testate a 3 valvole, accreditato di 56 cv a 8.000 giri e 5,7 kgm di coppia a 6.000. La Deauville era una moto molto interessante per chi ambisse ad una vera tourer senza doversi svenare: era molto confortevole, quel motore era notoriamente un mulo, la trasmissione ad albero una garanzia in fatto di affidabilità, e la moto, quasi completamente carenata, era dotata di borse incorporate non gigantesche. Ma volendo c’era anche un voluminoso top case dedicato, e una versione più capiente delle stesse moto valigie. La Deauville costava circa 14,6 milioni (7.540 euro), e nel 2005 venne ridisegnata e divenne “700”, Honda Deauville 650 37 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica ZX-6R era stata riservata al successivo salone parigino. Moto nuove in tutto e per tutto, col telaio diventato portante (la doppia culla inferiore smontabile era stata eliminata) e con geometrie anch’esse ridefinite a favore dell’agilità di guida. Il nuovo motore – ovviamente sempre un 4 cilindri in linea, bialbero a 16 valvole, ma più compatto e leggero, e con carburatori Keihin CVK da 40 mm – era accreditato di 143 cv a 10.500 giri, con 10,3 kgm di coppia a 9.000. Il tutto con un peso dichiarato nettamente inferiore rispetto alla ben più corpulenta versione risalente al ‘93: 183 kg a secco contro 218. Il prezzo fu fissato in circa 22 milioni di lire, equivalenti a oltre 11.300 euro. KTM/Husaberg Già ristilizzata la gamma delle “2 tempi”, dotata di sopensione posteriore PDS e arricchita dal nuovo modello da 200 cc, a Milano furono le “arancioni” a 4 tempi a presentarsi graficamente rivisitate. Inoltre era presente anche la affascinante Rally 660, accreditata come principale avversaria delle debuttanti BMW di pari Correva l’anno cilindrata nelle massacranti maratone nei deserti. La vera novità del gruppo di Mattighofen arrivava invece dall’acquisita Husaberg, che presentava la FE501S Enduro 2, prezzata a “ben” 17 milioni (8.700 euro). Italjet L’allora attivissima azienda bolognese, capitanata dal mitico quanto estroso Leopoldo Tartarini assieme ai figli, portò a Milano il Torpedo 125, scooter a ruote a raggi da 16” con motore a 2 tempi ad aspirazione lamellare, e curiosamente caratterizzato da una struttura tubolare esterna che avvolgeva la parte bassa della carrozzeria. Il Torpedo fu presentato anche nella simpatica versione Rossoblù, scooter ufficiale del Bologna calcio. Mentre il cinquantino Formula Air Cooled venne addirittura adottato dalla squadra del Chelsea F.C. londinese. Ma la novità più importante fu la presenza della versione definitiva del cattivissimo e anticonvenzionale Dragster 50, superscooter con telaio a traliccio in tubi d’acciaio e sospensione anteriore monobraccio. Husaberg FE501S Kawasaki-ZX-9R acquisendo il nuovo motore maggiorato a 680 cc poi montato sull’ultima versione della Transalp. Altre novità Honda furono la CB500S, versione semicarenata della nota naked bicilindrica, e lo scooter Pantheon 125 e 150: ovvero il Foresight con motore a 2 tempi, anziché a 4 tempi da 250 cc. Ma anche i sorprendenti X8R-S (stradale) ed X8R-X (entro-fuoristrada), aggressivi scooterini con motore a due tempi elettronicamente limitati a 45 km/h (il che fece storcere il naso a tutti i ragazzini di allora), la cui mirabile ed esclusiva peculiarità consisteva nell’esclusivo telaio costituito da un’ampia monoscocca in alluminio pressofuso, realizzato in Giappone. evidentemente ispirata alle Husky da gara ma nata da un progetto completamente nuovo, per poter gratificare l’utente non specializzatissimo con una moto più versatile e facile da usare - vista anche la presenza dell’avviamento elettrico - ma comunque tranquillamente utilizzabile per un fuoristrada anche impegnativo. Quindi sella più bassa di ben 45 mm, pedane anche per il passeggero, telaio ridimensionato per facilitare la guida, e motore (da 577cc) qui dotato di contralbero di bilanciamento e con un’erogazione più dolce. Il tutto per soli 132 kg dichiarati a secco. La Husky TE610E venne a costare circa 12,8 milioni di lire (6.600 euro). Husqvarna Kawasaki Oltre alle notevoli rivisitazioni all’intera gamma a 2 e 4 tempi, da 125 a 360 cc, il marchio ex-svedese di Casa Cagiva proponeva la nuova TE610E, 38 Era tempo di rinnovare profondamente le supersportive Ninja, ed ecco apparire all’EICMA la nuova ZX-9R, mentre la presentazione della 39 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Laverda 750S Formula Laverda Eh già: nel 1997 all’EICMA c’era ancora la Laverda, acquisita nel 1993 dalla società I.MO.LA S.p.A. fondata dall’imprenditore veneto Francesco Tognon e con sede a Zané, a pochi passi dalla storica fabbrica di Breganze, dove ancora si tenevano i ricambi. La nuova proprietà, che nel ’97 fatturò ben 32 miliardi di lire vendendo 1.500 moto principalmente all’estero, espose nuove versioni dei vari modelli già esistenti da qualche anno, ma equipaggiati con il nuovo motore da 747 cc raffreddato a liquido. Un motore che pochi mesi prima aveva già sostituito il precedente 668 raffreddato ad aria+olio sulla sportiva semicarenata 750S. Sempre un bicilindrico parallelo e alimentato ad iniezione, comunque, ma accreditato di 85 cv a 9.200 giri, con una coppia di circa 7 kgm a 7.000, contro i 70 cv del 668; e che a Milano era montato anche sulla 40 Correva l’anno Moto Guzzi V7 Sport 1972 Diamante, una versione alleggerita di una decina di chili della omonima 668S, grazie al telaio a traliccio in tubi d’acciaio anziché a doppio trave di alluminio, qui leggermente differente rispetto al precedente: peso a secco 190 kg, prezzo 20,7 milioni di lire (10.700 euro). Inedite le versioni con carenatura integrale, cioè la 750S standard (prezzo 20,6 milioni di lire/10.600 euro), e la più aggressiva e appariscente Formula, coi colori ufficiali Laverda e col motore potenziato a 92 cv a 9.500 giri: un’evidente riferimento alla celebre 500 Formula, anch’essa bicilindrica, protagonista dell’omonimo e seguitissimo trofeo monomarca che dal 1978 all’81 sfornò una bella serie di bravi piloti italiani (Ferretti, Tuzii, Broccoli, Fausto Ricci, Biliotti); ma che ben figurò anche nell’endurance, con Brettoni e Davies, e nella Formula TT: nel 1980, infatti, ben 7 Laverda si piazzarono nei primi 14 posti all’Isola di Man, nella categoria TT F2. La 750 Formula aveva il telaio lucidato, freni Brembo maggiorati, sospensioni Paioli regolabili e scarichi Termignoni in fibra di carbonio. Peso a secco 185 kg, prezzo 22.350.000 lire (circa 11.500 euro). Per quanto riguarda le versioni naked, invece, la Ghost (con telaio a traliccio) rimase 668, mentre la Strike con telaio in alluminio divenne anch’essa 750. MBK La casa francese di proprietà Yamaha, ancora molto in auge in quegli anni e diventata famosa soprattutto per aver lanciato l’ancor oggi leggendario Booster, ne presentò a Milano l’ennesima versione denominata Track, con telaio e sospensioni rinforzati, gomme maggiorate e ovviamente tassellate, oltre all’immancabile, nuova livrea grafica. Prezzo vicino ai 4 milioni di lire (poco più di 2.000 euro). Moto Guzzi A 25 anni dalla presentazione della mitica V7 Sport, Moto Guzzi ne lanciò a Milano l’erede, denominata V11 e destinata alle vendite nel secondo semestre del 1998, ma in realtà arrivata l’anno seguente, al prezzo di circa 20,5 milioni di lire (10.600 euro). La nuova arrivata era un’attraente naked sportiva con manubrio in due pezzi regolabile (come la celebre antenata), e montava ovviamente il motore della precedente 1100 Sport, ottimizzato a livello di erogazione e di riduzione delle vibrazioni. Un modello davvero appetibile, il cui V2 a 2 valvole per cilindro da 1.064 cc, raffreddato naturalmente ad aria e alimentato tramite iniezione elettronica Weber Marelli, era accreditato di 90 cv a 7.800 giri, con una coppia massima di 9,7 kgm a 6.000 giri. Su questo motore, oltretutto, debuttava il nuovo cambio a 6 marce già presente 41 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito sull’interessantissimo prototipo Ippogrifo con motore da 750 cc (di derivazione aeronautica, con testate Heron a 4 valvole), dotato di sospensione posteriore progressiva con ammortizzatore in cantilever. Un modello davvero interessante, l’Ippogrifo, che secondo noi meritava assolutamente di entrare in produzione, e che ancora oggi sarebbe attualissimo. Non vale la pena di farci un pensierino, laggiù a Pontedera? Presenti a Milano anche le versioni Sport e GT della corposa naked V10 Centauro disegnata da Marabese. La prima montava un piccolo cupolino con plexiglas fumé, una nuova sella (sempre monoposto, con possibilità di traformazione in biposto opzionale), manubrio regolabile e puntale inferiore in vetroresina. Prezzo 21,3 milioni di lire/11.000 euro. La GT invece era dotata di un classico parabrezza tutto plexiglas e di portapacchi/maniglione posteriore, con schienalino optional per il passeggero. Tra gli optional, era MV Agusta F4 750 42 Periodico elettronico di informazione motociclistica previsto anche un serbatoio da ben 30 litri anziché 18. Prezzo circa 21 milioni/10.800 euro. MV Agusta Idealmente si giocava con l’Aprilia RSV 1000 l’ideale trono dell’Eicma, la bellissima supersportiva che Massimo Tamburini aveva creato per il rilancio del leggendario marchio varesino dopo circa un ventennio di oscuramento. Ma dobbiamo dire che in effetti fu lei, la MV Agusta F4 750 Serie oro, la vera regina della manifestazione, così come 4 anni prima fu per la stessa Ducati 916. Non a caso la F4 rimane un esempio di stile italiano che ancora oggi attuale. Approfonditamente studiata e rifinita in ogni suo particolare, e ricca di soluzioni esclusive sia a livello di styling che tecnicamente parlando – tipo i 4 terminali di scarico a canne d’organo sottosella , addirittura “accordati” per produrre un suono simile a quello di altrettanti tromboncini separati! – Scarica l’APP del Magazine questa bellezza dal telaio composito e dal magnifico forcellone monobraccio in magnesion era spinta da un ringhioso motore a 4 cilindri in linea con testate a 16 valvole radiali, alimentazione a iniezione elettronica e cambio estraibile. La potenza dichiarata era di 126 cv a 12.200 giri, con una coppia (rabbiosetta) di 7,3 kgm a 9.000 giri, per un peso a secco di 180 kg. La velocità dichiarata era di ben 275 km/h, e alla presentazione internazionale tenutasi all’autodromo di Monza, quando la provammo (doverosamente con casco “Phil Read Replica” in testa, per quanto mi riguarda), eravamo tutti emozionati come bambini. Anche in questo caso, tuttavia, durante i successivi rilevamenti strumentali ricordo di aver toccato anche qui i 281 km/h effettivi! Benedetta aerodinamica!?! La F4 750 Serie Oro venne però prodotta dai primi mesi del 1999 in soli 300 esemplari numerati quotati 68 milioni di lire (35.000 euro), con forcellone e svariati Correva l’anno altri particolari in magnesio, carrozzeria in fibra di carbonio e forcella speciale con attacchi ruota a smontaggio rapido. Dopodiché iniziò la produzione della meno preziosa 750S, dove il magnesio era sostituito dalla lega di alluminio, ed il carbonio dalla plastica. Peugeot Il costruttore francese, precursore in Europa per quanto riguarda la diffusione degli scooter a trasmissione automatica (vedi Metropolis 50 e 80 cc, primi anni ’80), presentò a Milano il nuovo Elyseo, elegante “ruote basse” di piccola cilindrata dedicato principalmente agli automobilisti stufi di soffrire su quattro ruote. Confortevole e ben dotato quanto a capacità di carico, Elyseo era disponibile con motori da 50 e 100 cc a 2 tempi, raffreddati ad aria forzata, e 125 e 150 cc a 4 tempi raffreddati a liquido, con albero a camme in testa e due valvole. MV Agusta F4 750 Serie Oro 43 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Suzuki TL1000R Piaggio Eicma 1997 fu pedana di lancio per un modello che risultò predestinato a lunga vita: si trattava del Liberty 125, nato in scia al già esistente cinquantino a 2 tempi e al sempre più crescente successo dei “ruote alte” automatici. Ma il nuovo Liberty fu anche il primo scooter a ruote alte (16 pollici, in questo caso) in assoluto a montare un motore a 4 tempi, nella fattispecie mutuato dalla Vespetta ET4, con 12 cv, 95 km/h di velocità massima e consumi tra i 40 e i 45 km/l. Il tutto per un peso di soli 94 kg. Ma lo show milanese quell’anno fu anche l’occasione per presentare una versione aggiornata della Vespa PX, che compiva i suoi primi vent’anni con 300.000 esemplari venduti. 44 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Suzuki GSX750 F Suzuki Debutto importante a Milano, per quella che nelle intenzioni dei vertici di Hamamatsu avrebbe dovuto diventare l’anti-Ducati nel mondiale Superbike: era la TL1000R, massiccia versione racing oriented dell’interessante bicilindrica semicarenata TL1000S presentata l’anno prima sull’ovale di Homestead, Florida. Con la quale fortunatamente non condivideva la curiosa sospensione posteriore basata su un rivoluzionario ammortizzatore posteriore “rotativo” (costituito da un classico elemento a molla sistemato sulla destra, ma collegato, tramite una biella, ad uno “scatolotto” esterno che conteneva tutta la parte idraulica), sostituito da un normale elemento con link progressivo. La TL1000R in effetti debuttò nel Campionato americano AMA Superbike, tuttavia fu presto pensionata per ripiegare sulla sempre competitivs GSX-R750. Nata in galleria del vento, la TL1000R pesava 197 kg a secco dichiarati, cioè 10 kg netti più della TL/S, rispetto alla quale godeva di 135,6 cv a 9.500 giri contro 126/8.500, con una coppia massima di 10,8 kgm a 7.500 giri (10,5/8.000); e costava oltre un milione più della S, cioè 21,1 milioni di lire. Di questa moto piuttosto corposa, sia lo storico preparatore Yoshimura che l’importatore tedesco Bert Poensgen – che voleva affidarla all’esperto Stephane Mertens e alla propria figlia Katia - realizzarono versioni da Superbike, per partecipare appunto al campionato U.S.A. e a quello tedesco, tentando nel contempo di “assaggiare” qualche gara del mondiale: cosa, quest’ultima, che invece non accadde. Sia Correva l’anno la TL1000S che la R, comunque, non godettero di un grande apprezzamento commerciale, tanto da decretarne l’uscita di produzione rispettivamente nel 2001 e nel 2003. A Milano, quell’anno, arrivò anche l’iniezione elettronica sul model year 1998 della ormai mitica GSX-R 750, peraltro non particolarmente modificata nell’estetica. L’icona supersportiva di Suzuki abbandonava dunque la batteria di 4 Mikuni BDSR da 39 mm, a favore dei magici iniettori che ne hanno elevato la potenza da 128 cv/12.000 giri a ben 135,6/12.300, e solo leggermente ritoccato il valore di coppia massima da 8,2 kgm/10.000 giri in 8,4/10.300. Il tutto a parità di peso dichiarato (179 kg a secco), e con un prezzo addirittura inferiore di oltre un milione di lire rispetto al modello uscente: circa 21 milioni (10.900 euro), esattamente come la nuova TL. Furono 756 le GSX-R 750 vendute nel 1998. Ma riapparvero anche le gemelline GSX600 e 750F (rispettivamente 807 e 470 pezzi venduti nel ’98) con motori quadricilindrici raffreddati ad aria ed olio. Modernizzate nelle linee, pur mantenendo le classiche carenature quasi completamente “sigillate”, terminate all’indietro da nuovi codoni molto rastremati con fanalini a punta, le nuove GSX/F avevano anche doppi fari anteriori a mascherina, anziché singoli e rettangolari. Con il medesimo motore ad aria ed olio della mitica GSX-R750, a Milano apparve anche la GSX, piacevole naked (o, più semplicemente, “moto”) dedicata agli amanti della motocicletta semplice ma elegante, con sellone comodo per due, manubrio rialzato, e due sfiziosi ammortizzatori posteriori con serbatoi del gas separati. Nota oltreoceano come Inazuma, la GSX750 pesava 200 kg a secco. Con l’inattesa TR50S Street Magic, simpaticissima midi-moto con ruote da 12” e motore automatico da 50 cc a 2 tempi con camera d’espansione all’insù, Suzuki lanciò qualcosa di davvero nuovo e divertente, che presto prese piede, in svariate interpretazioni cromatiche, anche nei paddock dei vari campionati. Modello che ancor oggi potrebbe avere un perché - magari con motore a 4 tempi - lo Street 45 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Correva l’anno Vertemati I diabolici fratelli di Triuggio (Monza), dei quali l’anno scorso Moto.it ha presentato in anteprima mondiale la leggerissima quanto sofisticata bicilindrica Infect, portarono all’EICMA del 1997 una magnifica special da fuoristrada spinta da un avanzatissimo monocilindrico a 4 tempi raffreddato a liquido, anche allora autocostruito, con carterino in magnesio e cambio estraibile, e montato in un esile telaio a doppia culla chiusa. La moto di Alvaro e Guido era disponibile in due versioni: la Cross, con cambio a 3 marce e peso di soli 110 kg, e la Enduro, con 5 rapporti a 115 kg di peso. Un vero gioiello per palati finissimi, il cui prezzo venne fissato rispettivamente in 14,5 e 14,8 milioni di lire. Yamaha Yamaha YZF-R1 Magic costava 3,7 milioni di lire (1.900 euro!). Altra novità Suzuki per il 1998 fu il mitico scooter Burgman 250 (sulla cui base poi nacque il 400, primo vero maxiscooter in assoluto), per la cui presentazione tuttavia venne scelto il successivo expò parigino: dell’appetibilissimo Burgman 250 nel ’98 vennero venduti ben 6.166 esemplari, al prezzo di circa 10,3 milioni di lire/5.300 euro. Il 400, arrivato più tardi, costava circa 800.000 lire in più. 46 Triumph La Thunderbird Sport 900 fu la novità della Casa di Hinckley per la stagione 1998: un’affascinante sportiva stile retrò presentata in una sgargiante livrea giallo-nera o rosso-nera, motorizzata col delizioso tricilindrico a carburatori da 885 cc (il medesimo della prima Tiger) che faceva sfogare i suoi 83 cavalli a 8.500 giri - con 8,6 kgm di coppia a 6.500 - in un piacevole “trein-due”sovrapposto sul lato destro. Una moto piacevolissima da usare, dotata di belle ruote a raggi generosamente dimensionate ed equipaggiata con una generosa coppia di dischi freno anteriori da 300 mm. E piazzata in listino a 20 milioni di lirette, poco più di 10.300 euro. Stesso prezzo per la semicarenata Sprint Executive con motore da 98 cv (naturalmente sempre tricilindrico), oggetto di alcuni aggiornamenti riguardanti un nuovo ammortizzatore posteriore regolabile e moto valigie dedicate. Fiato alle trombe, in Casa Yamaha, per l’arrivo della formidabile superbike YZF-R1, altra splendida creatura sfoggiata, durante lo sfarzoso vernissage extra-salone, da un sorridente Scott Russell, iridato in Superbike nel ’93 con la Kawasaki e in seguito passato al marchio dei tre diapason. Questa moto, tanto bella quanto impegnativa per quei tempi, rimane ancora oggi nel cuore degli appassionati per le sue prestazioni e per il suo carattere davvero esaltante. Nel suo raffinato telaio Deltabox in lega leggera era sospeso un compattissimo 1000 a “4 cilindri” da 65 kg con testata a 20 valvole, alimentato da un set di carburatori da 40 mm e con valvola Ex-Up a valle dei collettori di scarico, e accreditato di 150 cv a 10.000 giri. La ciclistica aveva un interasse di soli 1.395 mm, e il peso dichiarato era di 177 kg a secco. In listino a poco più di 20 milioni di lire (circa 10.400 euro), la bomba di Iwata alla fine del 1998 risultò essere in assoluto la maxi più venduta in Italia, con 2005 esemplari immatricolati. 47 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Pagine di storia aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb MV Liberty il nuovo ciclomotore, aveva una ciclistica realizzata con schemi identici a quella delle MV di maggiore cilindrata Massimo Clarke “I ciclomotori italiani a quattro tempi” / Quarta parte Il nostro viaggio nel meraviglioso mondo dei cinquantini italiani con questo tipo di motorizzazione continua con alcune eccellenti realizzazioni degli anni Sessanta. Un periodo molto vivace 48 Q uando si parla di MV Agusta vengono subito alla mente gli attuali splendidi modelli di altissime prestazioni o le formidabili moto da Gran Premio protagoniste della scena agonistica dagli anni Cinquanta alla metà degli anni Settanta. Eppure questa casa lombarda ha iniziato la sua attività in campo motociclistico con modelli di serie decisamente umili, studiati all’insegna della massima semplicità costruttiva, per offrire una grande economicità di impiego e una eccellente versatilità. Inizialmente il punto di forza della gamma è stato un 125 a due tempi, realizzato in più versioni; successivamente la MV è passata con decisione ai motori a quattro tempi realizzando anche un paio di 175 rimaste famose per le loro prestazioni. All’inizio degli anni Sessanta, dato che il mercato motociclistico era molto depresso, e ancora non dava segni di ripresa, l’azienda ha deciso di realizzare anche un ciclomotore, che però non doveva essere come tanti altri ma riprendere in piccolo le caratteristiche dei modelli a quattro tempi targati della stessa casa. È nata così, nel 1962, una autentica piccola moto, in tutto simile alla 125. Denominato Liberty, il nuovo ciclomotore, oggi molto ricercato dagli appassionati, aveva una ciclistica realizzata con schemi identici a quella delle MV di maggiore cilindrata e veniva offerto in due versioni (Turismo e Sport). Il telaio, a culla aperta, aveva la parte posteriore non in tubi ma in elementi di acciaio stampati, soluzione cara alla casa. Pure le sospensioni erano allo stato dell’arte. Spiccavano le ruote da 16 pollici. 49 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Pagine di storia aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Gilera 50 Cadet Demm Sport Special Di questo modello, rimasto in produzione per poco più di tre anni, è stata realizzata anche una versione targata di 80 cc è stato realizzato anche un modello di 53 cc che è stato proposto in versioni Turismo e Sport Il motore riprendeva esso pure lo schema costruttivo dei modelli di 125 cm3. Aveva la distribuzione ad aste e bilancieri con due valvole parallele e disponeva di una trasmissione primaria a ingranaggi e di cambio a tre marce del tipo a crociera scorrevole. La lubrificazione era a carter umido con pompa a pistoncino. Sul finire del 1965 sono stati presentati due nuovi modelli, denominati Super Sport e America, con un telaio a doppia culla continua, interamente in tubi. Dal 1966 su alcune versioni sono state adottate ruote da 18 pollici. Lo sviluppo finale di questo 50 ciclomotore ha visto la comparsa di un cambio a quattro marce con comando a pedale. Gli ultimi esemplari del Liberty, che è stato costruito in poco più di 5000 unità, sono stati venduti nel 1969. La Demm ha fatto il suo ingresso nel settore dei piccoli motori a due tempi alla metà degli anni Cinquanta con un monocilindrico sciolto, che veniva venduto ad altre aziende. Già da alcuni anni produceva moto complete, dapprima di 125, a due tempi, e quindi anche di 175 cc, con distribuzione monoalbero comandata da alberello e coppie coniche, quando questa casa con stabilimento a Porretta Terme ha deciso di iniziare anche la costruzione di ciclomotori completi. Nel 1956 sono così apparsi quelli a due tempi, seguiti da analoghi modelli muniti di motore a quattro tempi nel 1958. Questi ultimi erano di nitido disegno e di notevole interesse tecnico, con distribuzione ad aste e bilancieri e due valvole in testa inclinate, cosa che consentiva di avere una camera di combustione emisferica. Rapidamente è stato realizzato anche un modello di 53 cc, cioè una autentica motoleggera, di identico schema, che è stata proposta in versioni Turismo e Sport. Nei primi anni Sessanta l’attività della Demm nel settore dei ciclomotori si è intensificata. I modelli meno costosi erano tutti a due tempi, ma a una clientela più esigente veniva offerto il 4T. Tra le particolarità tecniche di maggiore rilievo di questo motore va segnalata la frizione collocata alla estremità dell’albero a gomito. L’albero a camme azionava le aste per mezzo di due bilancieri fulcrati a una estremità. La trasmissione primaria a ingranaggi inviava il moto a un cambio a tre marce del tipo con chiavetta scorrevole. Particolare successo ha avuto il modello Sport Special, 51 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Pagine di storia aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Demm 50 serie Dik Dik T Nel 1956 sono apparsi analoghi modelli muniti di motore a quattro tempi nel 1958 Telaio in lamiera stampata aperto superiormente dotato di un telaio a doppia culla continua in tubi. Lo stesso motore parco, robusto e in grado di fornire vivaci prestazioni è stato impiegato anche su un modello con telaio in lamiera stampata aperto superiormente (Dik Dik). La Demm non disponeva certo di una rete di vendita paragonabile a quella della Motom o della Moto Morini e questo contribuisce a spiegare la ridotta diffusione dei suoi ottimi ciclomotori a quattro tempi, gli ultimi dei quali sono stati costruiti nel 1967. Dallo stabilimento di Porretta Terme da allora in poi hanno continuato a uscire solo i cinquantini a due 52 tempi. A differenza di tanti altri costruttori, nel dopoguerra la Gilera si è concentrata su robuste e versatili monocilindriche a quattro tempi di 125 e di 150 cc, che hanno ottenuto un grande successo commerciale. Il settore dei ciclomotori però, almeno dalla metà degli anni Cinquanta, non poteva più essere trascurato. La casa di Arcore aveva sempre costruito moto a quattro tempi e quindi ha pensato di adottare questo stesso tipo di motorizzazione anche per i suoi eventuali cinquantini. Un primo, interessante prototipo è stato presentato nel 1956, ma non è poi entrato in produzione. Dalla fine del 1962 la Gilera ha costruito, in numeri non molto elevati, lo scooter G50, a quattro tempi con raffreddamento ad aria forzata e distribuzione ad aste e bilancieri con valvole parallele. Il cambio era a tre marce. Di questo modello, rimasto in produzione per poco più di tre anni, è stata realizzata anche una versione targata di 80 cc. Nel 1964, con l’intento di offrire all’utenza un mezzo particolarmente economico, la casa ha messo in produzione un ciclomotore di struttura semplicissima, dotato di motore a due tempi, denominato Gilly. Verso la fine dell’anno ha fatto la sua comparsa il Cadet, un singolare modello di 50 cc con parti meccaniche completamente racchiuse; il suo motore a quattro tempi era dotato di caratteristiche generali e di prestazioni analoghe a quelle del G50. Assemblato inizialmente nello stabilimento Carnielli, in Veneto, questo modello, proposto in due versioni, non ha avuto successo. Rimasto in listino fino all’inizio del 1968, oggi costituisce un “pezzo” decisamente raro. 53 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine ci si va col contagocce o la si vende, anche perché la moto spesso è un attività ludica per adulti e come tale ritenuta inutile e voluttuaria, ma sempre meglio di altre attività per adulti come il gioco d’azzardo, il gratta e vinci compulsivo e la cessione rateale delle proprie sostanze a professioniste dell’amore: ricordatelo sempre alle vostre donne. Se poi siete donne, ne avete scampata una. Il fatto è che la benzina in Italia continua ad essere venduta ai prezzi più alti dell’area Euro con un prezzo alla pompa medio pari a circa 1,75 euro (dati dicembre 2013). E non venitemi a raccontare che se non ci fosse l’euro -noi compriamo il petrolio in dollari e il cambio ci avvantaggia - sarebbe peggio: ad esempio il prezzo al litro della benzina in Polonia è di 1,29 euro e loro hanno ancora in vigore la loro valuta nazionale, lo Zloty. Tutti in Polonia? Paesi europei in grave crisi economica come l’Italia vantano prezzi Controcorrente alla pompa notevolmente più bassi dei nostri, come ad esempio la Spagna che fa registrare un prezzo medio di appena 1,42 euro. Olè! Parliamo dell’Austria? 1,40 euro! Germania? 1,61euro! Francia? 1,52 euro, parbleu! Vi siete incavolati pure voi, vero? La differenza che c’è tra tutti questi prezzi è dovuta principalmente alle imposte e alle accise che i vari stati applicano sul costo del carburanti, perché tutti i paesi che adottano l’Euro hanno bene o male gli stessi costi di approvvigionamento petrolifero e raffinazione. In Italia il prezzo della benzina è di molto superiore a quello di altri stati europei a causa della pressione fiscale che nel nostro paese ha raggiunto livelli incompatibili con il rispetto per i cittadini e con la voglia di farsi un bel viaggio in moto senza pensare che un biglietto aereo in business class costerebbe meno del carburante per arrivare nella stessa destinazione in motocicletta. Adesso, Manuale di resistenza motociclistica Un euro per un litro di A. Seeger | Gira oggi, gira domani, il conto del carburante è salato. Per chi la motocicletta la usa tutto l’anno la spesa annuale in carburante è quasi pari a uno stipendio. Pensateci bene, quasi un mese di lavoro solo per pagare il carburante G ira oggi, gira domani, il conto del carburante è salato. Per chi la motocicletta la usa tutto l’anno la spesa annuale in carburante è quasi pari a uno stipendio. Pensateci bene, quasi un mese di lavoro solo per pagare il carburante per andare al lavoro e accompagnare i figli a scuola, fare qualche commissione, giringirellare per l’Appennino per svagarsi un po’ il fine settimana 54 o per andare a prendere una birra con gli amici, senza contare eventuali viaggi a medio raggio. E ovviamente c’è pure da mettere in conto i consumi dell’automobile. Insomma, io mi sono stufato di dedicare all’acquisto del carburante un mese intero del mio anno lavorativo! Un mese per il carburante, uno per assicurazione, tagliando, gomme e bollo, rimangono solo dieci mesi per vivere? Io resisto. Finisce che così in motocicletta 55 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine A parte la domanda su cosa sia stata la crisi di Suez e il terribile pensiero che quando faccio il pieno sto ancora finanziando il colonialismo di Mussolini, aggiungo che le regioni possono imporre accise locali e, se non siete contenti, c’è pure l’imposta di fabbricazione carburanti che porta il valore delle accise a circa 0,75 €/ litro di benzina. Ovviamente, più IVA. Cioè alle accise bisogna pure applicare l’IVA al 22%. La cosa grottesca è che l’ultimo aumento sarebbe finalizzato al rilancio dell’economia, dimenticandosi però che già con i prezzi di oggi i consumi di carburanti sono calati, causando nel 2013 un perdita di gettito IVA pari ad un miliardo di euro, e quindi un ulteriore aumento è paradossale. Questo mancato incasso di un miliardo di euro significa ovviamente nuove imposte per tutti, o taglio di servizi pubblici. Sembra chiaro che la ascoltatemi: invertiamo il concetto. Meno tasse ci sono sui carburanti meglio potrebbe essere per tutti. E’ un’idea, una pazzia, magari è solo un’altra delle folli trovate che mi vengono in mente da quando nella penombra del garage ho iniziato la mia resistenza. La situazione è tragica, è in pericolo anche la sopravvivenza di un settore economico che se continua così non avrà scampo perché più costa la benzina meno moto si vendono, è chiaro. Il prezzo dei carburanti è uno dei tanti scogli psicologici e pratici che scoraggiano l’acquisto della moto e il suo eventuale successivo utilizzo. Io propongo formalmente radere a zero le assurde accise sui carburanti; tanto per metterci tutti di buon’umore le riporto qui con a fianco la motivazione dell’aumento, tenetevi forte: Controcorrente gente, semplicemente, non può comprare più carburante di quello che già acquista, non ha più soldi; più di così la vacca non si può mungere e anzi la si porta al macello. Dobbiamo resistere. Fratelli, prima di imbracciare un quattro in uno e andare a Roma a far sentire la vostra civilissima voce, immaginiamo che un governo della Repubblica decreti d’urgenza l’abolizione delle accise sulla benzina, reperendo i fondi (circa 18 miliardi di euro all’anno, a spanne) con una seria razionalizzazione della spesa pubblica, una lotta serrata agli sprechi della burocrazia, emettendo titoli del debito pubblico a lunga scadenza e scommettendo che il gettito complessivo terrà botta grazie alla ripresa dei consumi, basterebbe un incremento del PIL dell’ 1%. Senza introdurre nuove tasse a compensazione. Se la benzina costasse meno di 1 euro al litro il limite al suo 1,90 lire (0,000981 euro) - finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936 14 lire (0,00723 euro) - finanziamento della crisi di Suez del 1956 10 lire (0,00516 euro) - ricostruzione dopo il disastro del Vajont del 1963 10 lire (0,00516 euro) - ricostruzione dopo l’alluvione di Firenze del 1966 10 lire (0,00516 euro) - ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968 99 lire (0,0511 euro) - ricostruzione dopo il terremoto del Friuli del 1976 75 lire (0,0387 euro) - ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980 205 lire (0,106 euro) - finanziamento della guerra del Libano del 1983 22 lire (0,0114 euro) - finanziamento della missione in Bosnia del 1996 0,02 euro - rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004 0,005 euro - acquisto di autobus ecologici nel 2005 0,0051 euro - terremoto dell’Aquila del 2009 da 0,0071 a 0,0055 euro - finanziamento alla cultura nel 2011 0,04 euro - arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011 0,0089 euro - alluvione in Liguria e la Toscana nel novembre 2011 0,082 euro (0,113 sul diesel) - decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011 0,02 euro - terremoto dell’Emilia del 2012 0,024 euro - regalo del penultimo governo del “fare” 56 57 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb acquisto sarebbe dato solo dalla disponibilità di tempo libero necessario per consumarla. Ma anche se il consumo di benzina dovesse rimanere invariato i soldi risparmiati dalle famiglie grazie alla riduzione drastica del prezzo dei carburanti avrebbero probabilmente tre possibili impieghi: il primo è spenderli in carburante. Ovvero il motociclista non si negherebbe il giro in più, la divagazione in pista, la soddisfazione di raggiungere un luogo lontano e magari di pernottarci con tutti i riflessi positivi che tale aspetto può avere sui consumi e sulla circolazione del denaro; e anche sui sorrisi nostri e su quelli dei concessionari. La seconda è spenderlo in altro: infatti gli Euro mensili risparmiati in carburante potrebbero essere spesi in consumi di altri beni a iniziare da quelli alimentari – in calo anche questi negli ultimi anni! - per finire con l’abbigliamento (anche tecnico: caschi, guanti, giacche, sicurezza passiva) o l’elettronica. Anche in questo caso più soldi in giro, più economia che si muove, più aziende che fatturano, più benessere per tutti, Stato compreso. La terza cosa che il motociclista può fare con 58 i presunti 500-600 euro annui in più nelle tasche grazie all’eliminazione delle accise sui carburanti è risparmiarli o ridurre i propri debiti: contribuendo virtuosamente a limitare il debito del settore privato, ridurre l’evasione fiscale, dotare i privati di uno stock di denaro capace di investimenti o consumi su beni durevoli e rafforzare l’equilibrio del sistema bancario che potrebbe così ricominciare a prestare soldi alle piccole e medie imprese. Tutto questo significa benessere, posti di lavoro, sentire che lo Stato non ti chiede più di quello che puoi dare e anzi si spende attivamente per cercare una soluzione ai tuoi problemi. In questo modo i consumi ripartirebbero e le banche concederebbero finalmente prestiti alle imprese, specie le più piccole. Tutto questo solo eliminando le accise sui carburanti. Sarebbe una rivoluzione non facile, ma possibile. Non fate fare tutto a me, premete il pulsante start e fate girare le ruote, trovate uno che capisca come fare praticamente ed eleggiamolo! Ma ve l’immaginate? Con la benzina ad 1 euro lasceremmo pure stare le battaglie per i prezzi delle autostrade! Scarica l’APP del Magazine Controcorrente Austriaci e svizzeri farebbero i frontalieri per venire da noi a fare il pieno e i francesi farebbero loro compagnia! Frontiere e benzinai presi d’assalto, questa la vorrei proprio vedere! Garantiremmo un diritto completo alla mobilità a chi la moto, il motorino o anche l’automobile ce l’ha ma la usa pochissimo perché anche solo andare al supermercato o dalla mamma costa 5-10 euro di benzina e allora ci va meno spesso, o per nulla. Giustizia sociale, oltre che motociclistica! Niente più risse tra motard al momento di decidere la destinazione della passeggiata domenicale, dai meno abbienti talvolta considerata troppo lontana e costosa da raggiungere: la motocicletta potrebbe pure diventare da un mezzo per svago di pochi ad un mezzo di trasporto di molti. Cambierebbe tutto. Fratelli e amici, ho già sproloquiato abbastanza e me ne assumo le responsabilità e soprattutto i rischi; vado a nascondermi, i poteri forti non mi gradiranno: so che i folli, gli avanguardisti e gli scellerati giullari fanno sempre una brutta fine, talvolta misteriosamente. Hasta la manetta siempre! 59 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica USA Da Nashville a St. Louis. Con la paura di cadere Scarica l’APP del Magazine pericolosamente a salire nelle ore centrali della giornata. Prima di raggiungere il cuore del Midwest americano abbiamo però attraversato il Kentucky e sconfinato per un breve tratto in Illinois. I due stati sono separati dall’Ohio river e, se mi avete seguito nei miei articoli precedenti, l’attraversamento di quel fiume rimarrà per sempre nei miei ricordi (e Sandro dice anche nei miei pantaloni...). Per farla breve, dopo ore di coda il cui motivo non sapremo mai (?!?) abbiamo deciso di visitare il piccolo centro di Paducah, uno degli antichi porti fluviali per i battelli a ruota. Mea culpa, non ho visto l’uscita e siamo sconfinati in Illinois, passando il fiume sul ponte dell’autostrada. Una veloce consultazione della cartina mi ha suggerito la brillante idea di ripassare sull’altra sponda utilizzando una stradina laterale e un ponticello segnato a malapena. Risultato: uno dei minuti più lunghi della mia vita, passato ad annaspare sul fondo stradale costituito da una griglia in metallo piena di giunture. La Valorosa sembrava sul sapone e mi sbacchettava da tutte le parti, e personalmente ogni circa cinque secondi mi vedevo sfondare la sponda e precipitare di sotto. Ah, tra l’altro soffro di vertigini... Sull’altra sponda abbiamo visitato la vecchia stazione turistica, dove un vecchio battello fa ancora servizio per i On the road turisti, e dove c’e’ anche un vecchio e bellissimo treno/museo, super vintage. Dopo pranzo siamo ripartiti nella canicola che iniziava a diventare insopportabile (se solo avessimo immaginato cosa ci aspettava più avanti...) e il cielo che prendeva una sinistra colorazione biancastra. L’ultimo stop, ben prima di arrivare a St. Louis all’imbrunire è stata Nostalgiaville. Si, questo gruppetto di piccoli edifici che esiste solo in funzione di spillare quattrini ai turisti è effettivamente registrato come una municipalità del Missouri. Sandro non è voluto nemmeno entrare a dare un’occhiata e si è svaccato su una panchina sotto al portico, mentre io non ho resistito al richiamo del kitsch, e mi sono ficcato in un’orgia di paccottiglia inneggiante ai bei tempi andati dell’America Anni ‘50. Dopo altre due soste per fare benzina e soprattutto bere un gallone d’acqua a testa, siamo finalmente arrivati a St. Louis, purtroppo una delle città più pericolose degli States. Ho scelto un albergo lontano dal centro, in zona aeroporto e abbiamo scaricato le moto in fretta e furia in un caldo appiccicoso e sotto gli occhi curiosi dei tassisti... Sandro ha provato persino a proporre un giro in centro. Con il buio? A St. Louis? No, thanks! di Pietro Ambrosioni | Caricate la Beemer e la Valorosa ci siamo rimessi in viaggio, destinazione St. Louis, una delle città più pericolose degli States. Attraversando il Kentucky, sconfinando in Illinois e fermandoci a Nostalgiaville attirati dal richiamo del kitsch D opo la pazza notte a suono di Country e Rockabilly a Nashville ci siamo rimessi in viaggio, destinazione St. Louis. Nel parcheggio dell’albergo, prima ancora di salire in sella, ci siamo resi conto di quanta roba possono caricare due moto come la Beemer e la Valorosa, grazie alle borse della prima e al capiente “culone” della seconda. L’unica accortezza è di non farsi 60 prendere la mano, perché tante volte il gran volume a disposizione tira brutti scherzi e si finisce per stressare il sottotelaio caricando pesi eccessivi. Da parte nostra, pur aspettandoci un mese a zonzo, volevamo evitare di non avere nemmeno un po’ di spazio per le solite boiate che si finiscono per comprare “on the road”. Una volta “rimpinzate” le moto siamo dunque partiti alla volta del Missouri, con le temperature che iniziavano 61 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine News 100 secondi su Moto.it Qual è stato il periodo motociclistico migliore? Ci siamo chiesti in redazione quale sia stato il periodo motociclisticamente più creativo, quello che ha prodotto le moto migliori. L’hanno spuntata gli Anni Ottanta, con un’opzione di riserva, ma voi che cosa ne pensate? L’ avvenire ci tormenta, il passato ci trattiene, il presente ci sfugge. Così scriveva Gustave Flaubert. Ed è così che finiamo per apprezzare le cose passate, motociclette comprese, rispetto alle attuali: ma è una regola che funziona sempre? In redazione ci siamo chiesti quale sia stato il periodo migliore per la moto, quello più vivace e 62 creativo, dall’arrivo delle prime moto giapponesi, da quelle cioè che hanno scombinato gli equilibri e accelerato l’evoluzione della moto. Il nostro Maurizio Tanca premia il decennio Ottanta, grazie a tante moto sportive che in un quel decennio hanno visto la luce. E voi che cosa ne pensate al riguardo? E voi, lettori di Moto.it, che cosa ne pensate? 63 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Nico Cereghini Fratelli di Spagna Gli Espargaro e i Marquez sono le coppie dei fratelli emergenti. Non sono i soli in attività, è capitato anche nel passato e di solito il fratello maggiore aiuta il minore. Tranne il caso di Giacomo Agostini Media C iao a tutti! Mi sa proprio che questa del 2014 sarà la stagione dei fratelli di Spagna. Aleix e Pol Espargaro si sono infilati tra i protagonisti della MotoGP fin dai test invernali, e poi ci sono i due Marquez, Marc e Alex, separati dalla cilindrata perché il maggiore è campione della MotoGP e il piccolo se la giocherà nell’affollata Moto3. Due coppie talentose, sicuramente in crescita, molto mediatiche. Le scenette degli Espargaro, 64 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica quando erano impegnati in classi diverse, sono diventate un appuntamento fisso della regia Dorna: l’uno trepidante per l’altro, dita incrociate sulla linea di partenza, smorfie di tensione dentro il box, e poi hop! cambio di ruolo per la gara successiva. Forse un po’ teatrali, però efficaci, perché due fratelli molto uniti, in certi casi, possono diventare una vera forza della natura. Marc Marquez ha ribadito recentemente che ancora divide con Alex la stessa cameretta di bambini, e che anzi possono vincere tutti i GP che vogliono ma il sistema non cambia e rifare il letto spetta a loro. Famiglia semplice, all’antica, e io immagino che Alex verrà su bene: ha già vinto una gara, e con i consigli di Marc potrà vincerne tante altre. Chissà come si caricano a vicenda, quando chiacchierano prima di dormire, nei loro due lettini impeccabilmente rifatti. L’unione fa la forza. E mi viene da pensare che sono state molte le coppie di fratelli nel mondiale velocità. Ho conosciuto bene i francesi Sarron, i Brambilla, i Villa e i Bonera; ho sentito parlare dei fratelli Leoni e dei Milani, e la lista si allunga con i Checa, i De Angelis, gli Haslam, gli Hayden, i Bostrom e gli Aoki, gli Aoyama, i Nieto, i Roberts e chissà quanti ne trascuro. Adesso seguo i gemelli Lowes e i tre Laverty nelle derivate di serie. Di solito i fratelli-piloti si appoggiano, si aiutano, e anche se non sono ugualmente veloci si difendono bene. Avere un fratello maggiore che fa il pilota semplifica gli esordi e aiuta la carriera. Ma non sempre. Luca Marini, per esempio. Il fratellino di Valentino Rossi, come lui figlio di Stefania, è in una posizione che si direbbe avvantaggiata. Ma sarà proprio così? Gli auguro una luminosa carriera, però mi viene da pensare che reggere il confronto con il più forte pilota dei nostri tempi possa anche essere molto impegnativo, forse esageratamente pesante. E poi c’è il caso del fratello di Giacomo Agostini. Pochi se lo ricordano, ma il fratello minore di Mino, che si chiama Felice, dopo aver fatto molto bene nel motocross nazionale e internazionale con Aspes e Italjet 125, decise di provarci anche con la velocità. Nel ’74 vinse tra gli juniores in 125, andava forte dappertutto, aveva un bello stile ed era velocissimo sul bagnato; poi l’anno dopo passò tra i seniors, e anche lì avrebbe potuto figurare molto bene (con Morbidelli e Yamaha) se Giacomo, che peraltro era alla fine della carriera, non gli avesse messo i bastoni tra le ruote. I tempi Editoriale erano grami, le piste pericolose, e in questo caso l’intervento del fratello maggiore invece di agevolare la carriera del più piccolo la troncò di netto. Mino aveva paura che Felicino cadesse e si facesse male; non era tranquillo, sentiva che con un altro Agostini in pista non poteva correre con la testa sgombra. Egoista? Forse sì, e recentemente, in privato, lo ha anche ammesso. Felice sognava di fare il pilota e invece si è fatto da parte. Mino aveva paura che Felicino cadesse e si facesse male; non era tranquillo, sentiva che con un altro Agostini in pista non poteva correre con la testa sgombra 65 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica ma ci sono ancora molte cose da fare per essere davvero competitivi. La priorità in Qatar sarà andarci piano!». La Honda di quest’anno è molto diversa da quella Campione del Mondo? «No, la versione 2014 è molto simile a quella dello scrso anno. Abbiamo adattato la moto ai nuovi regolamenti, soprattutto in termini di consumo di carburante. Il telaio e il forcellone sono diversi, ma il comportamento della moto è pressoche identico. La cosa importante è che siamo migliorati. Grazie a questi cambi e alla base dello scorso anno siamo messi meglio, anche se si tratta di una valutazione da fare su tracciati diversi». Come vedi la sfida al titolo tra spagnoli, il ritorno di Rossi e la classe Open? «Il 2014 sarà un anno difficile, anche di più perché per ora me lo sono guardato dal divano. Ci sono tanti piloti veloci, e sarà interessante vedere come si sviluppa questa nuova categoria open. In teoria davanti saranno sempre Lorenzo e Pedrosa i nostri maggiori rivali, ma Rossi ha fatto grandi cose da inizio anno. Aspettiamo di vedere anche il ruolo di Ducati e di Aleix Espargaró con le open… Sarà sicuramente una MotoGP stagione divertente!». Non hai mai difeso un titolo prima d’ora… «Sarà interessante perché in passato quando ho vinto sono passato di categoria. Sarà una nuova sfida per me. Non correrò con il numero 1, perché il 93 mi ha portato fortuna e non voglio cambiarlo, ma so di essere il Campione del Mondo e proverò a difendere questo titolo». Qual è il tuo pronostico per la top3 di questa stagione, dove Honda celebrerà il 20º anniversario del team ufficiale Repsol? «Dico me, poi Dani e poi Jorge terzo». Marc Marquez “Quest’anno io primo, Pedrosa secondo e Lorenzo terzo” Il campione del mondo in carica prevede di riconfermarsi anche nel 2014 con il compagno di squadra al secondo posto e Lorenzo al terzo. Per la prima gara predica prudenza “la priorità in Qatar sarà andarci piano” I Innanzi tutto come stai? Hai recuperato dall’infortunio? «Sto migliorando, il perone si sta riprendendo e ogni volta che parlo con il dottor Mir si parla di miglioramenti. Mi esercito ogni giorno di più e 66 vedremo come staremo in Qatar, anche se non mi aspetto di essere al 100%». Come vedi l’inizio di stagione, dopo la tua sosta obbligata? «Ovviamente preferirei arrivare in Qatar con la preparazione adeguata, ma la situazione è quella che è. Dovrò essere paziente, soprattutto nelle prime libere visto che è da oltre un mese che non salgo su una moto. Nel primo test di Sepang eravamo andati molto bene, In teoria davanti saranno sempre Lorenzo e Pedrosa i nostri maggiori rivali, ma Rossi ha fatto grandi cose da inizio anno. Aspettiamo di vedere anche il ruolo di Ducati e di Aleix Espargaró con le open 67 le foto più spettacolari del GP della Thailandia Cairoli di nuovo protagonista delle due manche disputate in Thailandia, Ecco gli scatti più belli che raccontano il GP dentro e fuori dalla pista Foto di Massimo Zanzani 68 69 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 70 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross 71 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross Media 72 73 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 74 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross 75 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross gp thailandia: Davide Guarneri “Siamo l’Italia che lotta contro il Giappone” di Massimo Zanzani | Due ottavi posti per il pilota italiano “in un campionato sempre più competitivo rimanere nei primi dieci è il nostro obbiettivo” « E’ stata una buona giornata per me. Abbiamo portato a casa due ottavo posti e con il livello che ogni anno è più alto rimanere nella top 10 è il nostro obiettivo. Il ritmo c’è e la velocità è buona. Stiamo lavorando sulla moto, che ricordo è italiana, come 76 anche il team. Siamo molto orgogliosi di questo e vogliamo lottare con le case giapponesi che hanno certamente più esperienza. Nella prima manche non sono partito benissimo ma ho rimontato subito 4-5 posizioni. Ho fatto tutta la gara intorno al decimo posto poi negli ultimi giri avevo ancora un po’ da dare e ho superato un paio di avversari chiudendo 8°. Nella seconda manche invece le cose sono andate al contrario, sono partito meglio, verso la 7ª posizione e nonostante il caldo torrido – 35° - ho mantenuto la posizione. Nell’ultimo giro, a causa di un piccolo errore ho perso una posizione». 77 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine ma è figlio di un ungherese e di una Taiwanese, e Miro Sihvonen finlandese della KTM. In Gara 1 grande partenza iniziale con Strijbos, Desalle e Paulin in duello aereo alla prima variante, seguiti da un battagliero Zecchina. Desalle riusciva a trasitare primi al ferro di cavallo e rimaneva al comando per tutti e 13 i giri, solo nel finale Paulin accorciava , con Stijbos terzo, seguito da Tixier, Leok e Zecchina, primo degli italiani. In Gara 2 Paulin scattava davanti, seguito da Desalle, Strijbos , Beggi e Zecchina. Desalle passava in testa a metà pista , ma al sesto giro, Paulin in variante alta lo fulminava, rifilando nel corso della gare ben 12 secondi al pilota di La Louviere. Terzo il solito Strijbos, Sesto e primo degli italiani un combattivo Cristian Beggi sulla Honda , settimo Zecchina. A quel punto la terza e decisiva manche vedeva uno spareggio tra l’ufficiale francese della Kawasaki KRT e il numero due del mondo belga con la Rockstar Energy Suzuki. La gara era emozionante con Paulin in testa alla prima variante, seguito da Zecchina, Desalle e Strijbos. Paulin riusciva a Motocross resistere all’attacco dei belgi e prendeva un passo da lepre andando a vincere con 26” di vantaggio su Desalle, terzo e vincitore della MX2 il fortissimo Jordi Tixier con una RedBull KTM Racing gioiello. Nel mattino è stata disputata l’Airoh Cup 1 contro 1 vinta daDesalle dopo una bella bagarre con Jordi Tixier. L’Airoh Starcross si è confermata la manifestazione punto di riferimento in Europa per il motocross, ha dato indicazioni sul potenziale di Gautier Paulin come rivale di Cairoli in prospettiva mondiale e ha messo in pista nomi come Hsu, Facchetti, Sihvonen, più il ritrovato Simone Zecchina che saranno protagonisti di questo 2014. Il 7 volte Antonio Cairoli ha premiato le classi EUMX 85cc e 125cc e ha passato l’intera giornata al circuito rammaricato di non essere al via , costretto a non forzare a causa dell’infortunio patito nel pre stagione a Montevarchi. Anche Andrea Dovizioso, asso della Ducati MotoGP e amico del Nuvolari ha assistito alle gare con grande interesse e passione. Una bella giornata di sport per un evento che da 31 anni non tramonta mai. Paulin vince il 31° Starcross Tixier conquista la MX2 Il pilota francese di Draguignan ha vinto la 31esima edizione dell’Airoh Mantova Starcross, battendo gli ufficiali Desalle e Strijbos. Tixier domina la MX2 davanti al danese Olsen e all’italiano Bonini A l termine di una intensissima giornata di gare disputata in una giornata primaverile, lungo i 1.650 metri tirati come un biliardo del circuito sabbioso più bello d’Europa, il pilota francese di Draguignan Gautier Paulin ha vinto la 31esima edizione dell’Airoh Mantova Starcross dopo tre finali molto intense, battendo gli ufficiali Suzuki Desalle e Strijbos. Jordi Tixier ha 78 dominato alla grande la MX2 davanti al danese della Honda Thomas Olsen e al nostro Davide Bonini (KTM). Anticipo di futuro nella EUMX85cc con il trevigliese Gianluca Facchetti (Suzuki) che ha trionfato guidando con grande stile. Nella EUMX 125cc, gare bellissime con il suono del 2 tempi e il successo di Michele Baraiolo con la TM, mentre hanno impressionato Brian Hsu, il tedesco della Suzuki Geboers, che vive a Cremona 79 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica MX USA aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Supercross AMA, Detroit la terza di Stewart Vittoria numero 48 per Bubba Stewart al Ford Field; Villopoto e Dungey limitano i danni. Terza affermazione anche per Cianciarulo T erza vittoria stagionale per James Stewart al Ford Field di Detroit davanti ad oltre 50.000 tifosi. La quarantottesima affermazione di Stewart lo porta a pari punti con Ricky Carmichael fra i più vincenti della storia del Supercross. Dopo l’holeshot di Cole Seely, Stewart ha preso il comando davanti al pilota del team Honda Muscle Milk al termine del primo giro, incalzato da Villopoto in rimonta. Seely ha commesso un 80 piccolo errore in zona traguardo, lasciando il terzo gradido del podio virtuale a Ryan Dungey all’ottavo giro. Stewart è riuscito ad accumulare un vantaggio di 5”9 a metà gara, e con Villopoto impegnato a difendersi da Dungey, “Bubba” ha potuto permettersi di calare il ritmo e andare a vincere di conserva. La vittoria di Stewart lo rende il pilota più vittorioso al Ford Field; Villopoto, secondo. mantiene la testa della classifica con 30 punti di vantaggio su Dungey. 250 Costa Est, allungo di Cianciarulo Non è bastato l’holeshot a Davalos per prendere la testa della gara: incalzato da Adam Cianciarulo e Justin Bogle, Davalos è infatti caduto all’ultima curva del secondo giro, lasciando che il leader della classifica prendesse il largo con Bogle all’inseguimento. A metà gara Bogle inseguiva Cianciarulo di 1”1, mentre Davalos ha continuato ad accusare problemi scendendo fino alla nona posizione; Baggett si è portato in terza posizione dove poi ha concluso. Bogle ha chiuso secondo, ottenendo la miglior prestazione della sua carriera dietro a Cianciarulo, autore della terza vittoria stagionale e sempre più in fuga in classifica generale dove gode ormai di diciassette punti di vantaggio. Guarda tutte le classifiche 81 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica MX USA Scarica l’APP del Magazine Editore: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. Iva 11921100159 Responsabile editoriale Ippolito Fassati Capo Redattore Andrea Perfetti Redazione Maurizio Gissi Maurizio Tanca Cristina Bacchetti Marco Berti Francesco Paolillo Aimone dal Pozzo Edoardo Licciardello Grafica Thomas Bressani Collaboratori Nico Cereghini Massimo Clarke Giovanni Zamagni Carlo Baldi Massimo Zanzani Lorenzo Boldrini Enrico De Vita Ottorino Piccinato Antonio Privitera Antonio Gola Alfonso Rago COPYRIGHT Tutto il materiale contenuto in Moto. it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. Ne è vietata quindi ogni riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione scritta di CRM S.r.l. Moto.it Via Melzo 9- 20129 Milano Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003 Capitale Sociale Euro 10.000 i.v. Email: [email protected] 82 83