GIOTTO DA BONDONE (1266 – 1337)

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GIOTTO DA BONDONE (1266 – 1337)
GIOTTO DA BONDONE (1266 – 1337)
Giotto è il primo autore che crea un linguaggio artistico veramente italiano; lo possiamo
notare nella Basilica di Assisi (1228 – 1253). All’epoca la basilica era il cantiere artistico più
importante di tutta Europa e attirava moltissimi artisti. La basilica di Assisi nasce con
l’intento di preservare la memoria e il corpo di S. Francesco; si decise per la sua
costruzione in seguito ad un’aspra disputa tra conventuali e spirituali. Essa, in seguito
all’elezione di un pontefice francescano, Nicolò IV, diviene basilica palatina, cioè facente
parte dei palazzi vaticani.
Struttura della basilica di Assisi
La basilica è strutturata su tre livelli.
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Basilica superiore: dopo la celebrazione della messa al livello inferiore, si entra nella
parte superiore, dove avviene la predicazione, che aveva la funzione fondamentale
di diffondere il messaggio e l’esempio di S. Francesco. Il linguaggio utilizzato dai
predicatori era quello tipico degli attori girovaghi e si serviva sia di termini latini
che di termini volgari, appoggiandosi molto sulla mimica e le immagini
rappresentate sulle pareti. Per questo viene chiesto a Giotto di realizzare immagini
molto grandi, in modo da far comprendere meglio il messaggio (per fare ciò l’artista
utilizzerà di volta in volta sistemi compositivi diversi). Abbiamo quindi un
passaggio importantissimo: quello dall’icona alla storia; infatti non viene più
rappresentato il personaggio ma l’episodio che ha come protagonista il personaggio
stesso. La struttura della parte superiore è “ad ovale”: significa che non ci sono
pilastri in mezzo. Così i pellegrini possono vedere e sentire il predicatore in modo
ottimale: è la soluzione migliore per far arrivare efficacemente il messaggio, insieme
agli affreschi di Giotto, che hanno come soggetto Francesco non dal punto di vista
biografico, ma da quello spirituale e religioso. Un altro elemento importante per la
chiarezza del messaggio è la massima condizione di luce.
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Basilica inferiore: ha una decorazione in stile geometrico; la volta è stellata; vi sono
cappelle laterali e contrafforti.
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Cripta: contiene il corpo del santo. Simbolicamente il sacerdote celebra le funzioni
sulla tomba del santo, stando sul livello immediatamente superiore.
Caratteristiche figurative della basilica superiore
L’idea che sta alla base è la continuità tra antico e nuovo testamento e l’ordine francescano,
secondo le teorie di Matteo d’Acquasparta (generale francescano dal 1287 al 1289).
La storia di S. Francesco è rappresentata da Giotto in 28 riquadri, che ripercorrono le tappe
fondamentali della vita del santo, dalla giovinezza alla morte; essi sono disposti sotto le
scene tratte dall’antico e dal nuovo testamento. La principale innovazione introdotta da
Giotto è la significatività della realtà, che pone fine alla dimensione ieratica. Inoltre il
porticato ottico fa sì che noi vediamo la scena come al di qua di un porticato, anche grazie
alle modanature prospettiche.
Il linguaggio giottesco
Giotto lavorava secondo uno schema specifico: egli è un artista che progetta e inventa le
immagini, ma talvolta non le realizza, affidandole ad alcuni allievi; è il metodo-modello
della civiltà occidentale.
Qui di seguito sono elencate le principali caratteristiche del suo linguaggio artistico.
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Il codice figurativo è più aderente all’esperienza della realtà. Le soluzioni figurative
sono dedotte da due fonti: osservazione della realtà e studio della scultura
(specialmente Arnolfo di Cambio).
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Gli schemi compositivi sono strutturati di volta in volta per facilitare la lettura.
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Il paesaggio è aperto e reso concreto dai personaggi, semplificato attraverso la
selezione degli elementi utili alla comprensione del messaggio, ridotto di
dimensioni per valorizzare l’esperienza umana; esso infatti è in scala, per dare
risalto al santo che è la figura centrale; è quindi visto in modo essenziale, per
aiutare semplicemente la comprensione del messaggio.
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I personaggi sono i veri protagonisti delle storie esemplari. Per agire in modo
convincente sullo spettatore le figure sono rese in modo analogo all’esperienza
concreta.
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I corpi umani sono rappresentati in modo organico, l’anatomia è solida e pesante. I
volti dei protagonisti sono individualizzati nei tratti, comunicano emozioni
attraverso la mimica facciale. La luce rende concreti i volumi, anche se non crea
ombre portate (cioè lasciate sul terreno).
La rappresentazione dello spazio
Il contesto per Giotto è fondamentale; egli usa sistemi spaziali diversi per rappresentare lo
spazio. Per la profondità utilizza diversi indicatori.
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Scatola prospettica: crea una scatola architettonica inserendo i personaggi in un
“contenitore”.
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Dislocazioni corpi e oggetti volumetrici: i dettagli vengono messi uno dietro l’altro,
in modo tale che l’occhio percepisca la differenza di livelli e abbia la sensazione
della profondità.
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Convergenza empirica delle linee di fuga: il nostro occhio vede una zona centrale
verso cui convergono tutte le linee, anche se quella zona di spazio in realtà non
esiste. Si parla perciò di prospettiva empirica (cioè basata sull’esperienza e
sull’osservazione); la prospettiva basata su calcoli matematici verrà elaborata solo
nel Rinascimento.
Evoluzione dell’iconografia del santo
Il santo, inizialmente, veniva rappresentato secondo i canoni bizantini, che prevedevano
una presentazione astratta e ieratica. Ad esempio in Bonaventura Berlinghieri (1235)
possiamo notare frontalità, simmetria (addirittura il cordone fa da asse), bidimensionalità,
sfondo dorato. Gli episodi sono contenuti negli scomparti, mentre per Giotto erano
importantissimi e quindi al centro della sua opera. In Cimabue (basilica inferiore, 1278 –
1280) abbiamo già alcune differenze: la stasi gravitante, il ritratto più somigliante, la
maggiore naturalezza. Con Giotto il santo inizia ad essere rappresentato come individuo
storico. Ha volume, è naturale nella struttura anatomica, la presentazione ieratica frontale
viene rotta con la visione di tre quarti. Giotto presta attenzione al rapporto tra messaggio e
organizzazione spaziale del paesaggio per storicizzare il personaggio, che non è più in una
dimensione astratta e sovrasensibile; ora è la storia che testimonia la sua reale esistenza.
Ad esempio, nell’Omaggio dell’uomo semplice, Giotto ha rappresentato una strada di Assisi:
ciò significa che il santo ha vissuto nella nostra storia e che quindi noi possiamo fare come
lui. Anche nel Dono del mantello, sebbene sia presente la stilizzazione, la città rappresentata
sullo sfondo è Assisi. Inoltre qui Giotto fa convergere le diagonali sulla testa del santo; il
sistema è quindi basato sul punto d’incrocio delle diagonali che individua il personaggio.
Ma la storicità è data anche dai particolari architettonici e dalla tipologia bizantina del
Cristo; infatti in S. Damiano Giotto rappresenta correttamente la figura del Cristo
bizantino, come se datasse l’episodio. Si possono poi notare altre caratteristiche del suo
codice figurativo: l’organizzazione dello spazio, la convergenza delle linee di fuga, i
volumi e le ombre, ad esempio nell’Approvazione della regola, dove vediamo elementi
architettonici spessi e concreti. L’espressività dei personaggi è poi molto evidente nella
Rinuncia dei beni, dove il padre del santo esprime con evidenza collera attraverso i
lineamenti del viso. La medesima espressività si può notare nel Bacio di Giuda, scena
rappresentata nella Cappella degli Scrovegni (1303 – 1305); in essa Gesù guarda direttamente
negli occhi Giuda, comunicando intensità e profondità umana. Nella stessa cappella
possiamo poi notare la raffigurazione del Giudizio universale, che tuttavia è ancora molto
medievale (i personaggi sono suddivisi per gruppi e c’è il dimensionamento simbolico), e
la volta blu con le stelle dorate.