L`OSSERVATORE ROMANO

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L`OSSERVATORE ROMANO
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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVI n. 212 (47.347)
Città del Vaticano
venerdì 16 settembre 2016
.
All’Associazione biblica italiana il Papa ricorda che Dio ha creato uomo e donna a sua immagine
E l’Unhcr avverte che così si preparano altri conflitti
D ignità
da contagiare
Metà dei minori migranti
resta senza istruzione
«Quando qualcuno disprezza, segrega, discrimina, non contagia dignità,
ma il contrario». Lo ha ricordato Papa Francesco ai partecipanti alla settimana biblica nazionale organizzata
dall’Associazione biblica italiana,
durante l’udienza svoltasi nella mattina di giovedì 15 settembre, nella
Sala Clementina. «Dio — ha spiegato in proposito riferendosi al raccon-
to biblico della creazione — ci ha dato la dignità di essere suoi figli». E
si tratta di una dignità, ha precisato,
«che tutti noi abbiamo, uomini e
donne, dignità che ha la sua radice
nello stesso Creatore», come rivela
la Genesi evidenziando che l’essere
umano è stato voluto «a immagine
di Dio» e creato «maschio e femmina».
Motuproprio di Francesco
Codici
in armonia
La volontà di armonizzare il Codice di diritto canonico con il Codice dei canoni delle Chiese
orientali — in particolare su questioni riguardanti l’amministrazione del battesimo e la celebrazione
del matrimonio — ha spinto il Papa a promulgare il motuproprio
De concordia inter codices. L’obiettivo è quello di raggiungere «una
disciplina concorde» che offra
«certezza nel modo di agire pastorale» nei casi concreti presi in
esame dalle norme.
PAGINE 4
E
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Partendo dal tema della relazione
uomo-donna nelle Scritture, al centro dei lavori della settimana biblica,
Francesco ha fatto notare che nel
racconto della creazione «appare come Dio ci abbia fatto in modo “artigianale”, plasmando del fango dalla
terra, cioè le mani di Dio si sono
compromesse con la nostra vita».
Questo vuol dire che «ci ha creato
non solo con la sua parola, ma anche con le sue mani e il suo soffio
vitale, quasi a dire che tutto l’essere
di Dio si è coinvolto nel dare vita
all’essere umano».
Esiste tuttavia per l’uomo «la possibilità che questa dignità, conferitaci da Dio, possa degradarsi». Per
descrivere questo atteggiamento il
Papa è ricorso a un termine “calcistico”, affermando che «l’uomo ha la
capacità di fare “autogol”». Ciò avviene — ha spiegato — «quando negoziamo la dignità, quando abbracciamo l’idolatria, quando facciamo
posto nel nostro cuore all’esperienza
degli idoli». Da qui deriva una serie
di domande che Francesco ha rivolto
in conclusione ai presenti e idealmente a tutti i credenti: «Come posso condividere questa dignità, così
che si sviluppi in una reciprocità positiva? Come posso fare in modo che
l’altro si senta degno? Come posso
“contagiare” dignità? Come assumo
la mia dignità? Come la faccio crescere?».
Sawai Chinnawong, «Genesi - Paradiso»
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Sventato un attacco jihadista a Palmira mentre nel resto della Siria la tregua regge
Non si ferma la lotta contro l’Is
DAMASCO, 15. La tregua in Siria tiene in quasi tutti i principali teatri
del conflitto: è questo il risultato
della verifica effettuata ieri allo scadere delle prime 48 ore della cessazione delle ostilità. Ma non si ferma
la guerra contro i jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is). La Russia
sostiene di aver sventato ieri un attacco contro Palmira e di aver ucciso
«in diversi raid aerei 250 terroristi».
Dal canto suo, la Turchia afferma di
aver eliminato nelle ultime 24 ore
cinque miliziani dell’Is nel nord della Siria. La coalizione a guida statunitense ha ammesso che «in attacchi
aerei degli ultimi giorni in zone in
mano ai jihadisti dell’Is possono esserci state vittime civili».
Come detto, l’accordo per la tregua regge. Nelle zone della Siria
fuori dal controllo dell’Is i bilanci
giornalieri delle vittime si sono ridotti sensibilmente: secondo l’O sser-
vatorio dei diritti umani in Siria (voce dell’opposizione con sede a Londra) ieri si sono registrati 15 morti,
mentre prima della tregua ogni giorno se ne contavano almeno cento.
Nonostante questo dato positivo, i
convogli
umanitari
organizzati
dall’Onu e da diverse ong non hanno ancora potuto raggiungere le aree
disastrate o sotto assedio, in primis
Aleppo est. A poco sembrano esser
valse le parole dell’inviato speciale
dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, che aveva chiesto alle parti di
far sì che gli aiuti entrino il prima
possibile per alleviare le difficoltà di
una popolazione allo stremo.
Secondo gli analisti, dopo aver ottenuto da Washington, grazie all’accordo del 7 settembre, il via libera a
rimandare il dibattito sulla complessa questione del destino politico del
presidente siriano Assad, Mosca si è
anche assicurata il monopolio della
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Le credenziali dell’ambasciatore
dello Stato plurinazionale di Bolivia
Nella mattina di giovedì 15 settembre Papa Francesco ha ricevuto in udienza sua Eccellenza
il signor Julio César Caballero Moreno, nuovo ambasciatore dello Stato plurinazionale
di Bolivia, per la presentazione delle lettere con cui è stato accreditato presso la Santa Sede
gestione
degli
aiuti
umanitari
nell’area di Aleppo. I russi pattugliano da ieri l’unica via d’accesso alla
parte orientale della città. Sempre
Mosca ha stabilito ieri il percorso
militare e politico da intraprendere
durante la tregua in corso: lo stato
maggiore russo ha fatto presente la
necessità di un’estensione della cessazione delle ostilità per altre 48 ore
dopo la scadenza ufficiale, prevista
per domani. Parlando col segretario
di stato americano, John Kerry, il
ministro degli Esteri russo Serghiei
Lavrov, ha inoltre sottolineato l’urgenza di «separare l’opposizione
moderata siriana dalle frange estremiste».
Sul terreno, le parti in conflitto —
i governativi di Assad e i ribelli —
continuano ad accusarsi a vicenda di
aver violato la tregua. Lo stato maggiore russo afferma che numerose
violazioni sono state commesse da
Ahrar al-Sham, una milizia jihadista
molto legata alle frange qaediste,
che condivide anche molti punti
dell’ideologia dell’Is, ma che è esclusa dalla lista nera dei gruppi «terroristi» concordata tra Russia e Stati
Uniti. Dal canto suo, l’O sservatorio
dei diritti umani ha denunciato il ferimento ieri di una bambina nel corso di bombardamenti aerei governativi su una località controllata da insorti a nord di Hama, nella Siria
centrale. Mentre l’agenzia governativa Sana afferma che miliziani delle
opposizioni avrebbero violato la tregua sparando colpi di mortaio a
nord di Homs, ma senza causare vittime.
Tensione anche sulle alture del
Golan, al confine con Israele. Un
proiettile di mortaio proveniente dal
territorio siriano è esploso nel nord
del territorio senza provocare vittime
né danni materiali. Negli ultimi
giorni l’aviazione israeliana è entrata
in azione due volte, centrando postazioni dell’esercito siriano da dove
presumibilmente erano partiti i colpi. In ogni caso — come riferito dai
media israeliani — le autorità militari
consentono l’ingresso in Israele non
solo di siriani feriti nei combattimenti, ma anche di persone che ne-
cessitano di normali cure mediche.
Ogni giorno dalla linea di demarcazione un autobus raccoglie i siriani
bisognosi di cure e li conduce in un
ospedale della Galilea.
Nel frattempo, oggi il capo di stato maggiore russo, il generale Valery
Gerasimov, sarà in visita ad Ankara
per discutere con l’omologo turco, il
generale Hulusi Akar, «della situazione e delle prospettive di soluzione della crisi in Siria». Lo ha annunciato il portavoce del ministero della
Difesa russo, Igor Konashenkov, come riporta la Tass. Gerasimov era atteso ad Ankara già il 26 agosto, ma
la visita era saltata all’ultimo momento. Secondo l’agenzia Anadolu,
il rinvio dell’incontro era stato annunciato
subito
dopo
l’avvio
dell’operazione militare turca nel
nord della Siria, condotta con il supporto della coalizione a guida statunitense e criticata dal Cremlino.
Bambini nel campo profughi di Kokkinotrimithia a Cipro (Afp)
BRUXELLES, 15. Esclusi da qualunque percorso di istruzione: accade a oltre la metà dei minori migranti, secondo l’allarme lanciato
dall’Unhcr. Intanto, nella notte c’è
stato l’ennesimo sbarco di centinaia
di persone sulle coste italiane, tratte fortunatamente in salvo nelle acque del Mediterraneo, ma tra loro
c’erano anche cinque cadaveri.
Si fa sempre più allarmante il
quadro sui minori coinvolti nei
flussi migratori nel mondo. Sono
almeno 3,7 milioni i bambini che
non ricevono alcuna istruzione primaria o secondaria: tra questi,
900.000 vivono in Siria. L’Alto
commissariato delle Nazioni Unite
per i Rifugiati (Unhcr) ha pubblicato questi dati sottolineando che
la cifra rappresenta oltre la metà
dei sei milioni di migranti in età
scolare.
«Troppo spesso — ha sottolineato l’Alto commissario Filippo
Grandi — l’educazione per i bambini rifugiati viene considerata un
lusso, un optional extra non essenziale dopo il cibo, l’acqua, un posto dove stare e le cure mediche».
Grandi ha ricordato che «la
mancanza di un’istruzione di base
può essere enormemente dannosa,
non solo per gli individui, ma anche per la società, perpetuando cicli di scontri e ulteriori movimenti
di massa di persone».
In vista del vertice al Palazzo di
Vetro sui migranti, che si terrà il 19
settembre, Grandi, dunque, ha invitato i Paesi donatori a farsi carico
di questo problema.
Guardando all’Italia, un’intera
notte ci è voluta per completare lo
sbarco di 656 migranti arrivati ieri
nel tardo pomeriggio nel porto di
Il lato umano della matematica
I sette samurai
del pensiero astratto
CARLO MARIA POLVANI
A PAGINA
Udienza al principe ereditario
di Abu Dhabi
6
Pozzallo, in Sicilia. Prima sono stati sbarcati i feriti e tra questi un
migrante colpito da arma da fuoco.
L’uomo ha dichiarato di essere stato ferito prima di partire dalla Libia a bordo di un gommone. Ma i
migranti ricoverati in ospedale sono stati in totale 17: ci sono anche
13 donne in gravidanza e quattro
persone con traumi o malesseri organici. L’hot spot di Pozzallo è
strapieno e la polizia sta organizzando il trasferimento dei rifugiati
in centri d’accoglienza del Nord.
In Germania, in tema di migranti bisogna riferire di scontri fra
estremisti di destra e profughi, avvenuti ieri notte nella cittadina di
Bauzen, in Sassonia. Ottanta militanti di estrema destra e 20 giovani
profughi si sono affrontati prima
dell’arrivo della polizia.
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza
Sua Eminenza il Metropolita
Hilarion di Volokolamsk,
Presidente del Dipartimento
per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di
Mosca.
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza
Sua Eccellenza Monsignor
Emil Paul Tscherrig, Arcivescovo titolare di Voli, Nunzio
Apostolico in Argentina.
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza
Sua Altezza lo Sceicco
Mohammed Bin Zayed bin
Sultan Al-Nahyan, Principe
Ereditario di Abu Dhabi, e
Seguito.
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza il
Dottor Filippo Grandi, Alto
Commissario per i Rifugiati
delle Nazioni Unite.
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza
Sua Eccellenza il Signor Julio César Caballero Moreno,
Ambasciatore dello Stato
Plurinazionale di Bolivia, per
la presentazione delle Lettere
Credenziali.
Nella mattina di giovedì 15 settembre il Pontefice
ha ricevuto in udienza sua Altezza lo sceicco Mohammed Bin Zayed bin Sultan Al-Nahyan
principe ereditario di Abu Dhabi, e seguito
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza
l’Eminentissimo
Cardinale
Cláudio Hummes, Prefetto
emerito della Congregazione
per il Clero, con Sua Eccellenza Monsignor Jaime Vieira Rocha, Arcivescovo di Natal (Brasile).
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venerdì 16 settembre 2016
Operai al lavoro sulla barriera al confine
tra Stati Uniti e Messico (Reuters)
Caracas rifiuta di cedere la presidenza di turno a quattro Paesi fondatori
S’inasprisce
la crisi del Mercosur
CARACAS, 15. S’inasprisce la crisi del
Mercosur,
il
mercato
comune
dell’America meridionale. Il ministro
degli Affari esteri del Venezuela,
Delcy Rodríguez, ha criticato la decisione adottata da quattro Paesi
fondatori (Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay) di assumere congiuntamente la presidenza dell’organismo, invece di accordarla, come
previsto, a Caracas. Rodríguez ha
sottolineato che il suo Paese, «nel
pieno esercizio della presidenza pro
tempore del Mercosur», respinge la
decisione. Quest’ultima infatti «pretende di distruggere il Mercosur con
astuzie antigiuridiche e mette in evidenza l’intolleranza politica e la disperazione dei burocrati». Caracas —
ha aggiunto il ministro — «con la
sua diplomazia della pace bolivariana coltiva rapporti di unione e fratellanza con i popoli del mondo».
La crisi interna al Mercosur si è
aperta alcuni giorni fa quando il ministro degli Affari esteri brasiliano,
José Serra, ha annunciato appunto
che la presidenza semestrale sarebbe
stata gestita non dal Venezuela — come di fatto prevede il meccanismo
di turnazione, che segue l’ordine alfabetico — bensì da una commissione congiunta di rappresentanti dei
quattro Paesi fondatori del blocco
economico. La motivazione addotta
è la mancata adeguazione da parte
del Venezuela dei propri ordinamenti alle esigenze normative del Mercosur, su diverse materie. A sostegno
di questa tesi è stato portato anche
un recente rapporto paraguaiano che
certifica i ritardi del Governo venezuelano, mettendo in risalto come le
procedure di adeguazione su «temi
essenziali» non siano state portate a
termine.
Sullo sfondo della disputa, si trova la grave crisi politica ed economica che il Venezuela attraversa. Da
una parte, c’è il durissimo scontro
tra il governo del presidente Nicolás
Maduro e l’opposizione, capeggiata
dal Tavolo dell’unità democratica
(Mud), che controlla il Parlamento.
D all’altra, c’è una popolazione sempre più allo stremo: nel Paese manca
tutto, dai generi alimentari alle medicine, e ogni giorno migliaia di persone sono costrette ad attraversare il
confine con la Colombia per godere
dei servizi di base. Il mese scorso il
Fondo latinoamericano di riserva
(Flar) ha approvato l’erogazione di
482 milioni di dollari alla Banca
centrale venezuelana, per «contribuire alla stabilità economica della regione».
In questo quadro, la Santa Sede si
è detta disposta a mediare fra il governo e l’opposizione. Tuttavia, questa mediazione potrà diventare effettiva solo se saranno le parti in causa
a chiedere direttamente l’intervento
della Santa Sede. A luglio era stato
il segretario dell’Unasur, Ernesto
Samper, a chiedere l’intervento di
Papa Francesco per facilitare il dialogo. L’ex presidente del governo
spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, che agisce come mediatore a
nome dell’Unasur, ha incontrato pochi giorni fa Maduro, in un colloquio ch’egli ha definito «positivo».
Polizia e dimostranti durante una manifestazione di protesta a Caracas (Ansa)
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Più rifugiati
negli Stati Uniti
WASHINGTON, 15. L’Amministrazione di Barack Obama si è posta come obiettivo di accogliere almeno
110.000 rifugiati nell’anno fiscale
2017, contro gli 85.000 del 2016. È
quanto ha affermato il segretario di
Stato, John Kerry, in vista del summit sui rifugiati voluto da Obama
nell’ambito dell’assemblea generale
dell’Onu, il 19 settembre.
Si tratta di un aumento del 57
per cento dal 2015.
La questione dei rifugiati è uno
degli argomenti caldi di dibattito
elettorale. Il candidato repubblicano Donald Trump, dopo aver proposto un bando di tutti i migranti
musulmani negli Stati Uniti, lo ha
poi ristretto a quelli provenienti da
Paesi con la piaga del terrorismo,
Siria compresa. La sua rivale democratica, Hillary Clinton, si è
detta invece favorevole ad accogliere un maggior numero di rifugiati
dalla Siria.
Il nuovo
ambasciatore
dello Stato
plurinazionale
di Bolivia
L’Ifad chiede di sostenere l’agricoltura
Sviluppo delle zone rurali per la lotta alla fame
ROMA, 15. Tre quarti degli 800 milioni di persone che vivono in estrema povertà si trovano in aree rurali
e, dunque, il mondo ha bisogno di
produrre più cibo. Sono dati pubblicati nel Rural Development Report presentato ieri a Roma dal
Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (Ifad).
Nel mondo 2,5 miliardi di persone dipendono da piccole aziende
agricole che producono l’80 per
cento del cibo consumato in Asia e
Africa subsahariana. «Il rapporto —
ha sottolineato Kanayo Nwanze,
presidente dell’Ifad — dimostra la
necessità di un approccio molto più
integrale e olistico nei confronti
dell’economia».
L’Ifad in sostanza chiede una
trasformazione dell’agricoltura nei
Paesi in via di sviluppo. Il rapporto
si basa sullo studio di 60 Paesi in
via di sviluppo, 39 dei quali hanno
già in atto una trasformazione
dell’economia che include anche
l’agricoltura.
Ashwani Muthoo, direttore per il
Global Engagement di Ifad ha
spiegato che «alla fine si dimostra
che entro il 2050 il mondo ha bisogno del 60 per cento in più di cibo
L’Fmi denuncia
crescita mondiale
troppo bassa
da troppo tempo
WASHINGTON, 15. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) torna a mettere in luce una crescita mondiale
«troppo bassa per troppo tempo».
Christine Lagarde, direttore generale
dell’istituto di Washington, in un intervento pronunciato a Toronto, in
Canada, ha affermato che probabilmente taglierà nuovamente le sue
stime di crescita mondiale quando
pubblicherà il suo World Economic
Outlook il prossimo mese nell’ambito degli Annual Meetings che si
svolgeranno nel suo quartiere generale. Il 2016 rischia di essere «il
quinto anno consecutivo con una
crescita del pil (prodotto interno lordo, ndr) globale sotto il 3,7 per cento, la media dei quasi due decenni
precedenti la crisi finanziaria del
2008». Lagarde ha fatto notare che
fino a ora «sono state le banche centrali a farsi carico del peso maggiore
negli ultimi anni». Ora, invece «le
politiche fiscali devono giocare un
ruolo maggiore nelle nazioni che
hanno spazio addizionale di spesa».
Altra raccomandazione: «tenere a
bada le spinte protezionistiche che
non servono a nessuno». I Paesi
dell’Area euro, per esempio, «possono aumentare la produttività accelerando le riforme strutturali, abbassando le barriere all’ingresso nel settore dei servizi e aumentando la ricerca e lo sviluppo».
Kerry annuncia quasi un raddoppio per l’anno prossimo
per poter sfamare la popolazione:
una sfida molto importante».
In Africa, in particolare, fino al
50 per cento la forza lavoro è legata
in qualche modo all’agricoltura. E,
fra gli esempi positivi citati dal rapporto, c’è il caso di centinaia di
piccoli produttori di latte che grazie all’aiuto dell’Ifad si sono messi
insieme, aumentando di tre volte la
produttività e riducendo i costi.
In definitiva, bisogna investire in
agricoltura, soprattutto in quella
piccola, e in settori come i servizi
finanziari, le infrastrutture o l’accesso ai mercati indispensabili alle aree
rurali. Il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, durante la presentazione del rapporto alla Farnesina, ha affermato che «la sfida è
decisiva per tutti, perché riguarda
anche la capacità di incidere su
problemi globali come i cambiamenti climatici, o il controllo dei
flussi migratori».
Bayer
acquisisce
Monsanto
Oltre un miliardo di persone
restano fuori dai processi di crescita
LONDRA, 15. Senza aiuto pubblico
allo sviluppo 314 milioni di persone
sono condannate a rimanere povere. È quanto ha denunciato
l’Oxfam, la confederazione internazionale specializzata in aiuto umanitario e progetti di sviluppo, a un
anno dalla firma dell’Agenda per lo
sviluppo sostenibile. Almeno una
persona su cinque nel mondo — ha
ricordato
l’ultimo
rapporto
dell’Oxfam — vive con meno di un
dollaro e mezzo al giorno, beneficiando solo dell’un per cento proveniente dalla crescita economica su
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
scala globale. Oltre un miliardo di
persone, di fatto, vengono lasciate
fuori dai processi di sviluppo.
E la maggior parte delle persone
più povere al mondo vive in Paesi
che nei prossimi 15 anni non saranno in grado di assicurare risorse interne per lo sviluppo. Ecco perché
Oxfam ha evidenziato che in 47 di
questi Paesi l’aiuto pubblico rimarrà la principale fonte di finanziamento assieme agli investimenti
privati.
«In un mondo sempre più complesso — ha spiegato la direttrice
Servizio vaticano: [email protected]
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Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
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delle campagne di Oxfam Italia,
Elisa Bacciotti — è vitale che gli
aiuti allo sviluppo siano efficaci, solo così si potranno seriamente affrontare disuguaglianza, povertà
estrema, cambiamenti climatici e
migrazione forzata, raggiungendo
gli Obiettivi di sviluppo sostenibile». Aumentare e rendere più efficaci gli aiuti allo sviluppo, dunque,
risulta essere l’unico modo per portare i più poveri nella condizione di
essere cittadini attivi e di influire
sulle decisioni che riguardano la loro vita.
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
fax 06 698 83675
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
BERLINO, 15. Accordo fatto tra
Bayer e Monsanto, una fusione
da 66 miliardi di dollari che segna la nascita di un colosso
mondiale dell’agricoltura. Dopo
trattative durate quattro mesi, alla fine il gigante chimico-farmaceutico tedesco è riuscito a spuntarla e a mettere le mani sulla
multinazionale statunitense di
biotecnologia agraria. Obiettivo,
creare
un
leader
globale
dell’agricoltura, primo produttore al mondo di sementi e pesticidi con un fatturato valutato 26
miliardi di dollari. Un mercato
in forte espansione, con gli agricoltori spinti ad aumentare la
produzione per far fronte alla
crescita della popolazione mondiale che si stima raggiungerà i
10 miliardi nel 2050. L’operazione dovrebbe essere finalizzata
entro la fine del 2017 e rappresenta l’acquisizione maggiore
messa a segno quest’anno.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
Sua Eccellenza il signor Julio César Caballero Moreno, nuovo ambasciatore dello Stato plurinazionale di Bolivia, è nato il 31 maggio
1965. È sposato e ha tre figli.
Laureato in letteratura e scienze
giuridiche e sociali (Universidad
Privata Tecnológica di Santa Cruz
- Universidad del Pais Vasco, España, 2008), ha poi conseguito un
dottorato in filosofia del diritto
(Universidad Privada de Santa
Cruz - Universidad del Pais Vasco,
España, 2013). Ha ottenuto anche
un master in diritto costituzionale
(Universidad Privada de Santa
Cruz - Universidad del Pais Vasco,
España, 2010) e uno in comunicazione aziendale (Escuela Europea
de Negocios).
Ha ricoperto i seguenti incarichi:
direttore nazionale della Noticias
UNITE (1994-2000); capo dipartimento dell’immagine aziendale di
Cotes Ltda (2000-2011); direttore
esecutivo dell’Escuela Internacional
de Alta Gestión, 2011-2012; docente
del post grado presso l’Universidad
Jaume I de Catellón - España (dal
2011); direttore generale del Consorcio Publicitario (2012-2013); direttore del post grado presso l’Universidad Privata Tecnológica de
Santa Cruz (dal 2013); direttore
esecutivo dell’Istituto Latinoamericano del Conocimiento (20132016).
A sua Eccellenza il signor Julio
César Caballero Moreno, nuovo
ambasciatore dello Stato plurinazionale di Bolivia, nel momento in
cui si accinge a ricoprire il suo alto
incarico, giungano le felicitazioni
del nostro giornale.
Concessionaria di pubblicità
Aziende promotrici della diffusione
Il Sole 24 Ore S.p.A.
System Comunicazione Pubblicitaria
Ivan Ranza, direttore generale
Sede legale
Via Monte Rosa 91, 20149 Milano
telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214
[email protected]
Intesa San Paolo
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Società Cattolica di Assicurazione
Credito Valtellinese
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Il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi
insieme al presidente Obama (Reuters)
Annunciato un rafforzamento della cooperazione con Israele
Obama rilancia
la soluzione dei due stati
WASHINGTON, 15. «Gli Stati Uniti
continueranno a lavorare in vista
della soluzione dei due stati per due
popoli». Con queste parole, ieri, il
presidente
statunitense,
Barack
Obama, ha rilanciato l’urgenza di
una ripresa del dialogo tra israeliani
Baghdad
nel mirino
del terrore
BAGHDAD, 15. È di almeno sette
morti il bilancio dell’ennesima
giornata di violenza a Baghdad,
la capitale irachena. Lo riferisce
l’agenzia di stampa Anadolu, citando fonti di sicurezza. Ieri, nel
quartiere orientale di Al Rashad,
alcuni uomini armati non identificati hanno fatto irruzione in
una casa uccidendo un uomo, la
moglie e due figli. Sempre a Baghdad, altre due persone sono
morte e otto sono state ferite
nell’esplosione di una bomba nei
pressi di un mercato nel quartiere
settentrionale di Al Tarmiya. Un
commando, infine, ha aperto il
fuoco contro un mezzo pubblico
nel quartiere occidentale di Al
Adl, uccidendo l’autista.
La situazione nel Paese resta
sempre molto tesa nonostante i
gruppi jihadisti siano ormai allo
sbando. Il vicesegretario di Stato
americano, Antony Blinken, che
due giorni fa era a Baghdad in
visita, ha affermato che le forze
irachene hanno strappato finora
ai jihadisti del cosiddetto Stato
islamico (Is) la metà dei territori
che aveva conquistato nel 2014,
l’anno della sua massima espansione nel Paese. Blinken ha anche annunciato lo stanziamento
di 181 milioni di dollari da parte
di Washington per aiuti umanitari, che dovranno servire soprattutto per far fronte a una nuova
ondata di profughi interni prevista per quando le truppe lealiste
lanceranno l’offensiva per riconquistare Mosul, la seconda città
più grande del Paese, considerata
una roccaforte dell’Is. Blinken,
accompagnato dall’inviato speciale della Casa Bianca per la
Coalizione internazionale, Brett
McGurk, ha incontrato il primo
ministro iracheno Haidar Al
Abadi.
e palestinesi, auspicando la fine delle violenze e il raggiungimento di
un accordo globale su tutti i punti
del contenzioso. «L’unica via che
Israele ha per crescere e prosperare
come stato ebraico e democratico —
ha sottolineato Obama — è la realizzazione di uno stato palestinese indipendente e vitale».
Parole importanti, quelle del presidente statunitense, che riportano
in primo piano la situazione in Vicino oriente, dopo le recenti tensioni
sulle alture del Golan e gli scontri
in Cisgiordania. I negoziati diretti
tra israeliani e palestinesi sono fermi
da almeno due anni, e questo soprattutto a causa della questione degli insediamenti. Risale infatti
all’inizio di questo mese l’ultimo annuncio israeliano per la costruzione
di 446 nuove case negli insediamenti in Cisgiordania. In precedenza,
all’inizio di luglio il governo presieduto da Benjamin Netanyahu aveva
pubblicato i bandi per la costruzione di 800 nuove abitazioni ebraiche
a Gerusalemme est, precisamente
nell’insediamento di Maleh Adu-
mim. E questo suscitando le critiche
di Onu e Stati Uniti.
Obama ha rilanciato la soluzione
dei due stati per due popoli nel corso della cerimonia per la firma di
un accordo per l’assistenza militare
a Israele, che prevede forniture pari
a 38 miliardi di dollari in dieci anni.
«Da quando esiste Israele, gli Stati
Uniti sono stati il suo principale
partner e amico: un fatto sottolineato ancora una volta oggi» ha detto
il capo della Casa Bianca. «Questo
impegno sulla sicurezza di Israele è
risoluto ed è basato su una sincera e
profonda preoccupazione per il benessere del popolo israeliano e per
il futuro dello stato di Israele». Netanyahu ha ringraziato Washington,
parlando di «uno storico accordo».
Intanto, sul terreno la tensione è
sempre alta. Ieri, in risposta a un
colpo di mortaio lanciato la notte
scorsa dalla Striscia di Gaza verso il
sud di Israele, l’esercito israeliano
ha compiuto raid per colpire diverse
postazioni di Hamas. Non sono state segnalate vittime.
Suu Kyi alla Casa Bianca
WASHINGTON, 15. Il presidente degli Stati Uniti, Barack
Obama, ha affermato che l’Amministrazione di Washington è pronta a togliere le sanzioni economiche nei
confronti del Myanmar. La svolta è stata annunciata ieri, in occasione della visita ufficiale alla Casa Bianca del
consigliere di Stato e ministro degli Esteri del Myanmar, il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi.
Il presidente ha spiegato che la decisione verrà presa
grazie ai progressi compiuti dal Paese asiatico negli ultimi mesi sul fronte delle riforme. «È la cosa giusta da
fare — ha aggiunto Obama — per assicurare che il po-
polo venga premiato dal nuovo modo di agire del nuovo governo». Dopo avere sottolineato la positiva trasformazione politica e sociale in atto in Myanmar,
Obama ha reso noto che verranno ripresi i rapporti
commerciali. «Resta però ancora molto da fare — ha
concluso il presidente — ma Aung San Suu Kyi è la prima a saperlo». Le affermazioni di Obama sono state
criticate da alcuni gruppi di attivisti per la difesa dei diritti umani, per i quali togliere l’embargo al Myanmar
«è prematuro». Rimane, infatti, sul tavolo la questione
dei profughi rohingya.
Stanziato da New Delhi per progetti di sviluppo sociali ed economici
Un miliardo di dollari all’Afghanistan
NEW DELHI, 15. L’India ha annunciato ieri, in occasione della visita a
New Delhi del presidente afghano,
Ashraf Ghani, lo stanziamento di un
miliardo di dollari che potrà essere
utilizzato da Kabul per progetti di
sviluppo sociali ed economici.
È questo uno dei risultati più importanti del colloquio fra lo stesso
Ghani e il primo ministro indiano,
Narendra Modi. Un comunicato
congiunto diffuso al termine dell’incontro ha specificato che i settori in
cui il denaro sarà utilizzato sono
l’istruzione, la salute, l’agricoltura, la
formazione professionale, l’emancipazione femminile, l’energia, le infrastrutture e il consolidamento delle
istituzioni democratiche.
La stretta di mano tra il presidente afghano Ghani e il premier indiano Modi a New Delhi (Reuters)
Esaminando la situazione regionale, Ghani e Modi hanno espresso
«grave preoccupazione per il continuo uso del terrorismo e della vio-
Presentati i risultati della missione Gaia
Censimento galattico
Segnali
di distensione
in Libia
TRIPOLI, 15. Dalla Libia arrivano
toni apparentemente concilianti
sulla crisi nella Mezzaluna
petrolifera. Il Governo di accordo nazionale libico riconosciuto
dall’Onu di Fayez Al Sarraj ha
invitato ieri le parti a un tavolo
negoziale per trovare una soluzione alla spinosa disputa.
E il generale Haftar, vicino al
Parlamento di Tobruk, riconosciuto internazionalmente, ha tenuto a precisare «che il blitz alle
strutture petrolifere è stato fatto
per liberare i pozzi da miliziani
che
ne
avevano
bloccato
l’export». Adesso, ha aggiunto, i
terminal passeranno alla National
Oil Corporation, l’ente statale
che gestisce il greggio. «Gli occidentali si rassicurino, la nostra
operazione non è contro i loro
interessi», ha precisato il generale. Nel motivare la richiesta di un
incontro urgente fra le parti, Al
Sarraj ha sottolineato di avere accettato di essere «capo di un governo di unità di tutti i libici per
proteggerli e unirli contro il terrorismo», ma che «non accetterà
mai di guidare una fazione libica
o una guerra contro un’altra fazione per motivi politici o ideologici».
Washington pronta a togliere l’embargo al Myanmar
La prima mappa della Via Lattea realizzata sulla base dei dati di Gaia (Afp)
BRUXELLES, 15. Milioni di stelle
identificate e archiviate in un immenso censimento che vuole tracciare i confini della nostra galassia,
la Via Lattea. Questo l’obiettivo
della missione Gaia, dell’Agenzia
spaziale europea, che da anni lavora nel campo dell’astrometria, quel
settore dell'astronomia dedicata alla
misura delle posizioni, distanze e
velocità delle stelle.
Ieri, nel corso di una conferenza
stampa al centro Esa Estac presso
Madrid, il team di Gaia ha reso
pubblici i primi risultati della missione, basati sulle osservazioni condotte nell’ultimo anno. Un ricco
bottino da circa un miliardo di
stelle, di cui sono state misurate la
posizione e la luminosità con precisione senza precedenti. Oltre a
questa mappatura galattica, gli
scienziati di Gaia hanno annunciato altri risultati, come la misura del
moto di circa due milioni di stelle
e il monitoraggio di tremila stelle
variabili. I dati sono stati illustrati
e spiegati in un cospicuo numero
di articoli scientifici, in cui il team
discute i principali risultati prodotti dall’analisi.
Ma la missione Gaia ha uno scopo ben più ambizioso. Nel corso
delle sue osservazioni, questa missione da 740 milioni di euro (450
solo per il satellite) consentirà di
misurare con altissima precisione la
posizione di più di un miliardo di
stelle fino alla quindicesima magnitudine, ovvero quattro milioni di
volte più deboli di Sirio, la stella
più brillante del cielo. Per ciascuna
stella, Gaia ne misurerà la posizione con una precisione di venti milionesimi di secondo d’arco, circa
le dimensioni angolari della capocchia di uno spillo sulla superficie
lunare.
lenza». Durante una conferenza
stampa, entrambi i leader hanno,
quindi, evidenziato «la determinazione a contrastare il terrorismo e a
rafforzare la cooperazione nell’ambito della sicurezza e della difesa, come prospettato nell’accordo di partnership strategica indo-afghano».
A una domanda specifica sulla
possibilità di fornitura di armi e di
addestramento militare da parte
dell’India all’Afghanistan, il viceministro degli Esteri indiano, S. Jaishankar, ha ricordato che «in passato abbiamo già fatto una esperienza
di formazione» e che «di recente il
capo di Stato maggiore dell’esercito
indiano, generale Qadam Shah
Shahim, si è recato in Afghanistan».
Gli accordi stipulati con Kabul si
inseriscono in un discorso diplomatico più ampio intrapreso dal Governo indiano. Per rafforzare i propri
legami con tutti i Paesi del mondo
l’India ha infatti messo a punto un
piano in base al quale ogni ministro
e sottosegretario di Stato dovrà recarsi entro fine 2016 in almeno due
Nazioni dove negli ultimi due anni
non si sono registrate visite ufficiali
indiane. Le direttive di questo ambizioso progetto, ha detto un portavoce governativo, sono basate sui principi di «contatto e dialogo» con tutti i Paesi del mondo. La prima serie
di visite è riservata all’Europa orientale (Ungheria, Bosnia ed Erzegovina, Lettonia ed Estonia) e all’America centrale (Nicaragua e Panamá).
L’esempio di questo impegno, mirante anche a costruire un consenso
rispetto al processo di riforma del
Consiglio di sicurezza dell’Onu, è
stato dato dallo stesso premier Modi, che nei due anni del suo mandato ha visitato ben 43 Paesi.
Pechino si oppone
alle misure
contro Pyongyang
PYONGYANG, 15. La Cina si oppone alle sanzioni unilaterali contro
il regime comunista della Corea
del Nord, spiegando che «non
aiutano a risolvere la questione»
nella penisola coreana. Durante
un colloquio, ieri, con il suo omologo giapponese, Fumio Kishida,
il ministro degli Esteri cinese,
Wang Yi, ha sottolineato che lavorerà all’interno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per
«una risposta adeguata» al test
nucleare di Pyongyang di venerdì
scorso. Dal canto suo, Kishida ha
definito «imperdonabile» il test
nucleare, il più potente mai condotto dalla Corea del Nord, che
rappresenta una «seria minaccia»
alla sicurezza del Giappone.
Pechino vuole la denuclearizzazione della penisola coreana e ha
manifestato forte opposizione contro l’esplosione dell’ordigno atomico già dalle prime ore dopo
l’esperimento.
Ma per gli Stati Uniti, indicano
gli analisti politici, la posizione cinese sulla Corea del Nord non è
«sufficientemente forte». In un
rapporto pubblicato sul sito della
John Hopkins University di Washington, un gruppo di esperti ha
fatto sapere che Pyongyang è
pronta a produrre 20 bombe nucleari entro la fine dell’anno, con
avanzate strutture per l’arricchimento dell’uranio e una riserva
già esistente di plutonio.
Firma di un memorandum d’intesa tra la Segreteria di Stato e
il Governo degli Emirati Arabi Uniti
Giovedì 15 settembre, nel Palazzo Apostolico Vaticano, alla presenza di Sua Eminenza il Signor Cardinale Pietro Parolin,
Segretario di Stato di Sua Santità, e di
Sua Altezza lo Sceicco Mohammed bin
Zayed bin Sultan Al Nahyan, Principe
Ereditario dell’Emirato di Abu Dhabi e
Vice-Comandante Supremo delle Forze
Armate degli Emirati Arabi Uniti, Sua
Eccellenza Monsignor Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli
Stati, e Sua Altezza lo Sceicco Abdulla
bin Zayed Al Nahyan, Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale degli Emirati Arabi Uniti, hanno
sottoscritto un Memorandum of Understanding tra la Segreteria di Stato e il Governo degli Emirati Arabi Uniti sull’esenzione mutua di visti d’ingresso per i titolari di passaporti diplomatici e di passaporti speciali (ufficiali e di servizio). Il
Memorandum è entrato in vigore con la
firma delle due Parti.
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L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 16 settembre 2016
venerdì 16 settembre 2016
Pubblichiamo di seguito il testo in latino e in
italiano della lettera apostolica in forma di
motuproprio «De concordia inter Codices» con
la quale Papa Francesco ha disposto alcune
modifiche alle norme del Codice di Diritto
Canonico per armonizzarle con quelle del Codice
dei Canoni delle Chiese Orientali.
Giacomo Balla
«Armonia dinamica»
All’insegna
delle esigenze pastorali
Motuproprio su alcune norme del diritto canonico latino e orientale
Codici in armonia
Litterae Apostolicae Motu Proprio datae
Quibus nonnullae normae
Codicis Iuris Canonici immutantur
De concordia inter Codices valde solliciti, quasdam discrepantias animadvertimus inter Codicis Iuris Canonici et Codicis Canonum Ecclesiarum Orientalium normas reperiri.
Duo enim Codices partim communes normas continent, partim vero peculiares ac proprias, id quod utrumque autonomum reddit.
Oportet tamen ut etiam peculiares normae
apte inter se componantur. Namque discrepantiae, si et quatenus adsint, in pastorali
praxi incommoda secum ferunt, praesertim
cum relationes inter membra tum ad Ecclesiam latinam tum ad aliquam Ecclesiam
orientalem pertinentia moderandae sunt.
Id accidit praesertim nostris temporibus,
cum nempe ex populorum migratione sequatur ut plures christifideles orientales in regionibus latinis degant. Quaestiones pastorales
et iuridicae haud paucae inde sunt exortae,
quae ut solvantur accommodatas normas postulant. Speciatim est memorandum christifideles orientales ad suum cuiusque ritum servandum teneri, ubicumque terrarum inveniantur (cfr. CCEO can. 40 § 3; Conc. Oecum. Vat. II, Decr. Orientalium Ecclesiarum,
6), ac proinde auctoritatis ecclesiasticae competentis est maximopere curare ut congrua
media apparentur quibus ipsi hanc suam
obligationem implere queant (cfr. CCEO can.
193, § 1; CIC can. 383 §§ 1-2; Adhort. ap. postsyn. Pastores gregis, 72). Normarum concordia haud dubie medium est quod valde iuvabit ut venerabilium rituum orientalium incremento faveatur (cfr. CCEO can. 39), ita ut Ecclesiae sui iuris curam pastoralem efficacius
exercere valeant.
Prae oculis tamen habenda est necessitas
agnoscendi peculiares notas disciplinares illius regionis in qua relationes interecclesiales
eveniunt. In Occidente enim, qui est maiore
ex parte latinus, oportet consentaneam aequilibritatem servari inter tutelam iuris proprii
minoris partis orientalis et obsequium
exhibendum erga historicam traditionem canonicam maioris partis latinae, ita ut indebiti
concursus et conflictus vitentur omniumque
catholicarum communitatum in illa regione
commorantium fructuosa cooperatio foveatur.
Accedit et alia ratio ut normae CIC expressis quibusdam compleantur dispositionibus,
iis quidem similibus quae in CCEO continentur, postulatio nempe ut accuratius determinentur relationes cum christifidelibus ad Ecclesias orientales non catholicas pertinentibus, quorum in praesentia auctus est numerus in territoriis latinis.
Prae oculis quoque habendum est canonistarum commentaria animadvertisse discrepantias quasdam inveniri inter utrumque Codicem ac fere unanimiter ostendisse quae sint
praecipuae quaestiones et quomodo eae concordes sint reddendae.
Finis igitur normarum quae his Litteris
Apostolicis Motu Proprio datis introducuntur
in eo consistit ut perveniatur ad concordem
disciplinam, quae certam signet viam sequendam singulis in casibus in exercitio curae pastoralis.
Pontificium Consilium de Legum Textibus
per Commissionem peritorum in Iure canonico orientali et latino quaestiones repperit
quae prae ceteris egere videntur accommodata renovatione legislativa sicque textum elaboravit transmissum ad triginta circiter totius
orbis Consultores et Iuris canonici cultores
necnon ad Auctoritates Ordinariatuum latinorum pro orientalibus. Expensis receptis
animadversionibus, novus textus approbatus
est a Sessione Plenaria Pontificii Consilii de
Legum Textibus.
His omnibus perpensis, quae sequuntur
decernimus:
Art. 1. Canon 111 CIC integre sequenti textu
substituitur, in quo adiungitur nova
paragraphus et nonnullae expressiones
mutantur:
§1 Ecclesiae latinae per receptum baptismum adscribitur filius parentum, qui ad
eam pertinent vel, si alteruter ad eam non
pertineat, ambo concordi voluntate optaverint ut proles in Ecclesia latina baptizaretur;
quodsi concors voluntas desit, Ecclesiae sui
iuris ad quam pater pertinet adscribitur.
§2 Si vero unus tantum ex parentibus sit catholicus, Ecclesiae ad quam hic parens catholicus
pertinet adscribitur.
§3 Quilibet baptizandus qui quartum decimum aetatis annum expleverit, libere potest
eligere ut in Ecclesia latina vel in alia Ecclesia
sui iuris baptizetur; quo in casu, ipse ad eam
Ecclesiam pertinet quam elegerit.
pagina 5
Art. 2. Canon 112 CIC integre sequenti textu
substituitur, in quo adiungitur nova
paragraphus et nonnullae expressiones
mutantur:
§1. Post receptum baptismum, alii Ecclesiae
sui iuris ascribuntur:
1° qui licentiam ab Apostolica Sede obtinuerit;
2° coniux qui, in matrimonio ineundo vel
eo durante, ad Ecclesiam sui iuris alterius coniugis se transire declaraverit; matrimonio
autem soluto, libere potest ad latinam Ecclesiam redire;
3° filii eorum, de quibus in nn. 1 et 2, ante
decimum quartum aetatis annum completum
itemque, in matrimonio mixto, filii partis catholicae quae ad aliam Ecclesiam sui iuris
legitime transierit; adepta vero hac aetate,
iidem possunt ad latinam Ecclesiam redire.
§2. Mos, quamvis diuturnus, sacramenta
secundum ritum alius Ecclesiae sui iuris recipiendi, non secumfert adscriptionem eidem
Ecclesiae.
§3. Omnis transitus ad aliam Ecclesiam sui
iuris vim habet a momento declarationis factae
coram eiusdem Ecclesiae Ordinario loci vel parocho proprio aut sacerdote ab alterutro delegato et
duobus testibus, nisi rescriptum Sedis Apostolicae
aliud ferat; et in libro baptizatorum adnotetur.
Art. 3. Paragraphus secunda can. 535
integre sequenti textu substituitur:
Art. 4. Numerus secundus primae paragraphi
can. 868 CIC integre sequenti textu
substituitur:
§1. 2° spes habeatur fundata eum in religione catholica educatum iri, firma §3; quae
si prorsus deficiat, baptismus secundum praescripta iuris particularis differatur, monitis de
ratione parentibus.
Art. 5. Canon 868 CIC posthac tertiam
paragraphum habebit ut sequitur:
§3. Infans christianorum non catholicorum licite baptizatur, si parentes aut unus saltem eorum aut is, qui legitime eorundem locum tenet,
id petunt et si eis corporaliter aut moraliter impossibile sit accedere ad ministrum proprium.
Art. 6. Canon 1108 CIC posthac tertiam
paragraphum habebit ut sequitur:
§3. Solus sacerdos valide assistit matrimonio
inter partes orientales vel inter partem latinam
et partem orientalem sive catholicam sive non
catholicam.
CIC
integre sequenti textu
Loci Ordinarius et parochus, nisi per sententiam vel per decretum fuerint excommunicati vel interdicti vel suspensi ab officio aut
tales declarati, vi officii, intra fines sui territorii, valide matrimoniis assistunt non tantum
subditorum, sed etiam, dummodo alterutra saltem pars sit adscripta Ecclesiae latinae, non
subditorum.
Art. 8. Prima paragraphus can. 1111
integre sequenti textu substituitur:
CIC
§ 1. Loci Ordinarius et parochus, quamdiu
valide officio funguntur, possunt facultatem
intra fines sui territorii matrimoniis assistendi, etiam generalem, sacerdotibus et diaconis
delegare, firmo tamen eo quod praescribit can.
1108 § 3.
Art. 9. Prima paragraphus can. 1112
integre sequenti textu substituitur:
Art. 11. Prima paragraphus can. 1127
integre sequenti textu substituitur:
CIC
§ 1. Ad formam quod attinet in matrimonio mixto adhibendam, serventur praescripta
can. 1108; si tamen pars catholica matrimonium contrahit cum parte non catholica ritus
orientalis, forma canonica celebrationis servanda est ad liceitatem tantum; ad validitatem autem requiritur interventus sacerdotis,
servatis aliis de iure servandis.
Quaecumque vero a Nobis hisce Litteris
Apostolicis Motu Proprio datis decreta sunt,
ea omnia firma ac rata esse iubemus, contrariis quibuslibet non obstantibus, peculiari
etiam mentione dignis, atque decernimus ut
per editionem in actis diurnis L’Osservatore
Romano promulgentur et deinde in Actis Apostolicae Sedis commmentario officiali edantur.
Datum Romae, apud Sanctum Petrum, die
XXXI mensis Maii anno MMXVI, Pontificatus
Nostri quarto.
CIC
§2. In libro baptizatorum adnotentur quoque adscriptio Ecclesiae sui iuris vel ad aliam
transitus, necnon confirmatio, item quae pertinent ad statum canonicum christifidelium,
ratione matrimonii, salvo quidem praescripto
can. 1133, ratione adoptionis, ratione suscepti
ordinis sacri, necnon professionis perpetuae in
instituto religioso emissae; eaeque adnotationes in documento accepti baptismi semper
referantur.
Art. 7. Canon 1109
substituitur:
matrimonii obstet. Idem sacerdos, semper necessaria cum prudentia, auctoritatem competentem
Ecclesiae non catholicae, cuius interest, de re certiorem faciat.
CIC
§ 1. Ubi desunt sacerdotes et diaconi, potest Episcopus dioecesanus, praevio voto favorabili Episcoporum conferentiae et obtenta
licentia Sanctae Sedis, delegare laicos, qui
matrimoniis assistant, firmo praescripto can.
1108 § 3.
Art. 10. Canon 1116 CIC posthac tertiam
paragraphum habebit, ut sequitur:
§3. In iisdem rerum adiunctis, de quibus in
§1, nn. 1 et 2, Ordinarius loci cuilibet sacerdoti
catholico facultatem conferre potest matrimonium
benedicendi christifidelium Ecclesiarum orientalium quae plenam cum Ecclesia catholica communionem non habeant si sponte id petant, et
dummodo nihil validae vel licitae celebrationi
Lettera apostolica in forma di Motu Proprio
del Sommo Pontefice Francesco
con la quale vengono mutate alcune norme
del Codice di Diritto Canonico
A motivo della costante sollecitudine per la
concordanza tra i Codici, mi sono reso conto
di alcuni punti non in perfetta armonia tra le
norme del Codice di Diritto Canonico e
quelle del Codice dei Canoni delle Chiese
O rientali.
I due Codici possiedono, da una parte,
norme comuni, e, dall’altra, peculiarità proprie, che li rendono vicendevolmente autonomi. È tuttavia necessario che anche nelle norme peculiari vi sia sufficiente concordanza.
Infatti le discrepanze inciderebbero negativamente sulla prassi pastorale, specialmente nei
casi in cui devono essere regolati rapporti tra
soggetti appartenenti rispettivamente alla
Chiesa latina e a una Chiesa orientale.
Ciò si verifica in modo particolare ai nostri
giorni, nei quali la mobilità della popolazione ha determinato la presenza di un notevole
numero di fedeli orientali in territori latini.
Questa nuova situazione genera molteplici
questioni pastorali e giuridiche, le quali richiedono di essere risolte con norme appropriate. Occorre ricordare che i fedeli orientali
hanno l’obbligo di osservare il proprio rito
ovunque essi si trovino (cfr. CCEO can. 40 §
3; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Orientalium Ecclesiarum, 6) e, di conseguenza, l’autorità ecclesiastica competente ha la grave responsabilità di offrire loro i mezzi adeguati perché
possano adempiere tale obbligo (cfr. CCEO
can. 193 § 1; CIC can. 383 §§ 1-2; Esort. ap.
postsin. Pastores gregis, 72). L’armonizzazione
normativa è certamente uno dei mezzi che
gioverà a promuovere lo sviluppo dei venerabili riti orientali (cfr. CCEO can. 39), permettendo alle Chiese sui iuris di agire pastoralmente nel modo più efficace.
Bisogna tuttavia tenere presente la necessità di riconoscere le particolarità disciplinari
del contesto territoriale in cui avvengono i
rapporti inter-ecclesiali. Nell’Occidente, prevalentemente latino, occorre trovare un giusto equilibrio tra la tutela del Diritto proprio
della minoranza orientale e il rispetto della
storica tradizione canonica della maggioranza
latina, in modo da evitare indebite interferenze e conflitti e promuovere la proficua collaborazione tra tutte le comunità cattoliche
presenti in un dato territorio.
Un ulteriore motivo per integrare la normativa del CIC con esplicite disposizioni parallele a quelle esistenti nel CCEO è l’esigenza
di meglio determinare i rapporti con i fedeli
appartenenti alle Chiese orientali non cattoliche, ora presenti in numero più rilevante nei
territori latini.
Si deve infine rilevare che anche la dottrina canonica ha fatto notare alcune discrepanze tra i due Codici, indicando, con sostanziale convergenza, quali fossero i punti problematici e come renderli concordi.
L’obiettivo delle norme introdotte con il
presente Motu Proprio è quello di raggiungere una disciplina concorde che offra certezza
nel modo di agire pastorale nei casi concreti.
Il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, per mezzo di una Commissione di esperti
in Diritto canonico orientale e latino, ha
identificato le questioni principalmente bisognose di adeguamento normativo, elaborando un testo inviato a una trentina di Consul-
tori ed esperti in tutto il mondo, nonché alle
Autorità degli Ordinariati latini per gli orientali. Dopo il vaglio delle osservazioni pervenute, la Sessione Plenaria del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi ha approvato un
nuovo testo.
Tutto ciò considerato, dispongo ora quanto segue:
Art. 1. Il can. 111 CIC è integralmente
sostituito dal testo seguente, che include un
nuovo paragrafo e modifica alcune
espressioni:
§1 Con la ricezione del battesimo è ascritto
alla Chiesa latina il figlio dei genitori, che ad
essa appartengono o, se uno dei due non appartiene ad essa, ambedue i genitori di comune accordo abbiano optato che la prole
fosse battezzata nella Chiesa latina; che, se
manca il comune accordo, è ascritto alla
Chiesa sui iuris, cui appartiene il padre.
§2 Se poi soltanto uno dei genitori è cattolico,
è ascritto alla Chiesa alla quale il genitore cattolico appartiene.
§3 Qualsiasi battezzando che abbia compiuto quattordici anni di età, può liberamente scegliere di essere battezzato nella Chiesa
latina o in un’altra Chiesa sui iuris; nel qual
caso, egli appartiene a quella Chiesa che avrà
scelto.
Art. 2. Il can. 112 CIC è integralmente
sostituito dal testo seguente, che include un
nuovo paragrafo e modifica alcune
espressioni:
§1. Dopo aver ricevuto il battesimo, sono
ascritti a un’altra Chiesa sui iuris:
1° chi ne abbia ottenuto la licenza da parte
della Sede Apostolica;
2° il coniuge che, nel celebrare il matrimonio o durante il medesimo, abbia dichiarato
di voler passare alla Chiesa sui iuris dell’altro
coniuge; sciolto però il matrimonio, può ritornare liberamente alla Chiesa latina;
3° i figli di quelli, di cui nei nn. 1 e 2, prima del compimento dei quattordici anni di
età e parimenti, nel matrimonio misto, i figli
della parte cattolica, che sia passata legittimamente a un’altra Chiesa sui iuris; raggiunta però questa età, i medesimi possono ritornare alla Chiesa latina.
§2. L’usanza, anche se a lungo protratta,
di ricevere i sacramenti secondo il rito di
un’altra Chiesa sui iuris, non comporta
l’ascrizione alla medesima Chiesa.
§3. Ogni passaggio ad altra Chiesa sui iuris
ha valore dal momento della dichiarazione fatta
alla presenza dell’Ordinario del luogo della medesima Chiesa o del parroco proprio oppure del
sacerdote delegato da uno di essi e di due testimoni, a meno che un rescritto della Sede Apostolica non disponga diversamente; e si annoti nel
libro dei battezzati.
Art. 3. Il paragrafo secondo del can. 535 CIC
è integralmente sostituito dal testo seguente:
§2. Nel libro dei battezzati si annoti anche
l’ascrizione a una Chiesa sui iuris o il passaggio
ad altra Chiesa, nonché la confermazione e
tutto ciò che riguarda lo stato canonico dei
fedeli, in rapporto al matrimonio, salvo il disposto del can. 1133, all’adozione, all’ordine
sacro e alla professione perpetua emessa in
Risposta autentica
Interpretatio authentica
ad can. 1041, nn. 4-5 CIC
Risposta autentica
al can. 1041, nn. 4-5 CIC
Patres Pontificii Consilii de Legum
Textibus proposito in plenario coetu diei
23 Iunii 2015 dubio, quod sequitur, respondendum esse censuerunt ut infra:
I Padri del Pontificio Consiglio per i
Testi Legislativi nella riunione plenaria del
23 giugno 2015, hanno ritenuto di rispondere come segue al dubbio proposto:
D. Utrum sub locutione “irregulares”,
de qua in can. 1041 CIC, veniant etiam non
catholici qui acta in nn. 4 et 5 posuerint.
D. Se sotto la locuzione “irregolari”, di
cui al can. 1041 CIC, siano inclusi anche i
non cattolici che hanno posto gli atti di
cui ai nn. 4 e 5.
R. Affirmative.
Summus Pontifex Franciscus in Audientia
die 31 Maii 2016 infrascripto impertita, de
supradictis decisionibus certior factus, eas publicari iussit.
Franciscus Card. Coccopalmerio
Praeses
Iohannes Ignatius Arrieta
a Secretis
R. Affermativamente.
Il
Sommo
Pontefice
Francesco
nell’Udienza concessa al sottoscritto il 31
maggio 2016, informato delle decisioni sopra riportate, l’ha confermata e ha ordinato che venga promulgata.
Francesco Card. Coccopalmerio
Presidente
Juan Ignacio Arrieta
Segretario
di JUAN IGNACIO ARRIETA
un istituto religioso; tali annotazioni vengano
sempre riportate nei certificati di battesimo.
Art. 4. Il secondo capoverso del primo
paragrafo del can. 868 CIC è integralmente
sostituito dal testo seguente:
§1. 2° che vi sia la fondata speranza che
sarà educato nella religione cattolica fermo restando il §3; se tale speranza manca del tutto,
il battesimo venga differito, secondo le disposizioni del diritto particolare, dandone ragione ai genitori.
Art. 5. Il can. 868 CIC avrà d’ora in poi un
terzo paragrafo col testo seguente:
§3. Il bambino di cristiani non cattolici è lecitamente battezzato, se i genitori o almeno uno di
essi o colui che tiene legittimamente il loro posto
lo chiedono e se agli stessi sia impossibile, fisicamente o moralmente, accedere al proprio ministro.
Art. 6. Il can. 1108 CIC avrà d’ora in poi un
terzo paragrafo col testo seguente:
§3. Solo il sacerdote assiste validamente al
matrimonio tra due parti orientali o tra una
parte latina e una parte orientale cattolica o
non cattolica.
Art. 7. Il can. 1109 CIC è integralmente
sostituito dal testo seguente:
L’Ordinario del luogo e il parroco, eccetto
che con sentenza o decreto siano stati scomunicati o interdetti o sospesi dall’ufficio oppure dichiarati tali, in forza dell’ufficio assistono validamente, entro i confini del proprio
territorio, ai matrimoni non solo dei sudditi,
ma anche dei non sudditi, purché almeno una
delle due parti sia ascritta alla Chiesa latina.
Art. 8. Il primo paragrafo del can. 1111 CIC è
integralmente sostituito dal testo seguente:
§1. L’Ordinario del luogo e il parroco, fintanto che esercitano validamente l’ufficio,
possono delegare a sacerdoti e diaconi la facoltà anche generale di assistere ai matrimoni
entro i confini del proprio territorio, fermo restando quanto disposto dal can. 1108 § 3.
Art. 9. Il primo paragrafo del can. 1112 CIC è
integralmente sostituito dal testo seguente:
§1. Dove mancano sacerdoti e diaconi, il
Vescovo diocesano, previo il voto favorevole
della Conferenza Episcopale e ottenuta la licenza dalla Santa Sede, può delegare dei laici perché assistano ai matrimoni, fermo restando quanto disposto dal can. 1108 § 3.
Art. 10. Il can. 1116 CIC avrà d’ora in poi un
terzo paragrafo col testo seguente:
§3. In aggiunta a quanto stabilito dal § 1,
nn. 1 e 2, l’Ordinario del luogo può conferire a
qualunque sacerdote cattolico la facoltà di benedire il matrimonio dei fedeli cristiani delle Chiese orientali che non hanno piena comunione con
la Chiesa cattolica se spontaneamente lo chiedano, e purché nulla osti alla valida e lecita celebrazione del matrimonio. Il medesimo sacerdote,
tuttavia con la necessaria prudenza, informi della cosa l’autorità competente della Chiesa non
cattolica interessata.
Art. 11. Il primo paragrafo del can. 1127 CIC è
integralmente sostituito dal testo seguente:
§1. Relativamente alla forma da usare nel
matrimonio misto, si osservino le disposizioni del can. 1108; se tuttavia la parte cattolica
contrae matrimonio con una parte non cattolica di rito orientale, l’osservanza della forma
canonica della celebrazione è necessaria solo
per la liceità; per la validità, invece, si richiede l’intervento di un sacerdote, salvo quant’altro è da osservarsi a norma del diritto.
Quanto deliberato con questa Lettera
Apostolica in forma di Motu Proprio, ordino
che abbia fermo e stabile vigore, nonostante
qualsiasi cosa contraria anche se degna di
speciale menzione, e che sia promulgato tramite pubblicazione su L’Osservatore Romano
e quindi pubblicato nel commentario ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 31
maggio dell’anno 2016, quarto del Nostro
Pontificato.
FRANCESCO
PP.
Com’è ben noto, nella prima parte del pontificato di san Giovanni Paolo II si portarono a termine i lavori di codificazione canonica, con la promulgazione nel 1983 del Codice di Diritto Canonico e poi, nel 1990, del
Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. I
due Corpi legali hanno rappresentato l’aggiornamento della disciplina canonica precedente, seguendo gli insegnamenti del concilio Vaticano II, grazie al contributo collegiale dell’episcopato universale, frequentemente
interpellato durante la redazione dei Codici.
I due testi rispecchiano, com’era doveroso,
tradizioni giuridiche differenti anche se, ovviamente, danno risposta uguale alle questioni essenziali riguardanti la fede della
Chiesa. Di fatto, centinaia di canoni sono
letteralmente uguali e, in termini anche più
generali, i lavori del Codice orientale ebbero
occasione di usufruire degli studi fatti per il
Codice latino che li precedevano nel tempo.
Sono rimaste, però, alcune questioni sulle
quali i due testi non offrono risposte concordi e situazioni rilevanti che un testo tratta e l’altro no.
Il Codice di Diritto Canonico, per esempio, non ebbe occasione di beneficiare, almeno in modo compiuto, delle riflessioni
che portavano avanti i canoni orientali,
principalmente in questioni in cui l’esperienza giuridica orientale risulta significativamente più sensibile e aveva sviluppato criteri condivisibili. Tale è il caso delle problematiche concernenti i rapporti inter-rituali.
Mancano infatti nel Codice latino previsioni
specifiche riguardanti i rapporti con gli altri
fedeli cattolici di rito diverso dal latino. In
quegli inizi degli anni Ottanta non s’intravedeva ancora la forte accelerazione che il
processo migratorio avrebbe subito nei decenni successivi, interessando molti Paesi di
tradizione canonica latina. Proprio tale processo di mobilità umana ha fatto emergere
un po’ dappertutto, nella quotidiana attività
pastorale, i problemi di disparità disciplinare dei due Codici, e la necessità di metterli
in concordanza per dare sicurezza e semplificare l’attività dei Pastori.
Delle disarmonie tra un Codice e l’altro si
è occupata a lungo la dottrina scientifica.
Già al tempo della promulgazione del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali si era
consapevoli della sussistenza di questioni, di
varia entità dottrinale, che ancora rimanevano aperte e non sufficientemente risolte. Tra
queste, l’esperienza giuridica degli anni seguenti ha messo di rilievo quelle disarmonie
che intralciavano di più la quotidiana attività pastorale e richiedevano una risposta
omogenea da parte della Chiesa.
D ell’argomento si è occupato il Pontificio
Consiglio per i testi legislativi sin dal pontificato di Benedetto XVI, che autorizzò l’avvio dei necessari studi in vista di eventuali
armonizzazioni nelle norme Codiciali. I risultati di questi lavori sono stati divulgati
tra gli studiosi, soprattutto in occasione dei
convegni di studio promossi dal dicastero,
come quello celebrato nell’ottobre 2010 in
occasione del XX anniversario della promul-
gazione del CCEO (cfr. Communicationes,
XLIII, 2010, pp. 239-279).
In seno al dicastero venne costituito un
gruppo di esperti, docenti in Diritto canonico orientale, che iniziò selezionando le questioni di maggior rilievo, tra quelle individuate dagli autori. Vennero lasciate da parte
le problematiche di ordine strutturale e organizzativo, per concentrarsi su quelle più
concrete e di maggiore urgenza pastorale. Il
risultato dei lavori del gruppo venne poi
condiviso con un numero più elevato di
esperti canonisti e, successivamente ancora,
con vari dicasteri e altre autorità ecclesiastiche, tra cui tutti gli ordinari a capo delle
strutture che nei vari Paesi curano la pastorale dei fedeli orientali senza gerarchia
propria.
Nell’evolvere dei lavori, alcune delle questioni inizialmente selezionate sono state lasciate da parte, mentre per altre si è ritenuto
opportuno risolvere in modo diverso la tematica. Tale è il caso, per esempio, della
Nota explicativa quoad can. 1 CCEO pubblicata sulla rivista «Communicationes» (XLIII,
2011, pp. 315-316), ricordando che «si deve
ritenere che la Chiesa latina è implicitamente inclusa per analogia ogni volta che il
CCEO adopera espressamente il termine
“Chiesa sui iuris” nel contesto dei rapporti
inter-ecclesiali». Analogamente, una questione puntuale che riguardava una prassi locale
consolidata negli Stati Uniti d’America
sull’attenzione delle comunità orientali, venne risolta mediante una lettera alla Conferenza Episcopale, resa pubblica attraverso
«Communicationes» (XLIV, 2012, pp. 36-37).
Di fatto si giunse anche alla convinzione
che, volendo armonizzare i due Codici nelle
materie pastorali più bisognose di chiarimento, bastava limitare le modifiche ad alcuni testi del Codice latino, senza necessità
di toccare quello orientale. È proprio questo
ciò che stabilisce il recente motu proprio di
Papa Francesco, accogliendo la proposta di
modifica dei canoni approvata dalla Riunione Plenaria del Pontificio Consiglio per i
Testi Legislativi del 31 maggio 2012.
Una prima linea sulla quale si muovono
le modifiche adesso incorporate al Codice
latino è quella di dare certezza sulla Chiesa
sui iuris di appartenenza delle persone, a cominciare dai bambini neobattezzati. In tale
senso, si riafferma il criterio dell’appartenenza del bambino alla Chiesa sui iuris del genitore cattolico (nuovo can. 111 § 2 CIC), e si
introduce l’obbligo di indicare la Chiesa di
appartenenza nel registro parrocchiale dei
battesimi (nuovo can. 535 § 2 CIC).
Per quanto riguarda, poi, l’eventuale passaggio ad altra Chiesa sui iuris, il nuovo
can. 112 § 3 CIC, che prima non esisteva,
ispirandosi sostanzialmente ai cann. 36 e 37
CCEO, esige che, salvo dispensa specifica,
venga fatto in questi casi un atto formale di
passaggio davanti all’autorità competente, e
che il suddetto cambiamento venga annotato anche nel libro dei registri di battesimo,
modificando di conseguenza il can. 535 § 2
CIC che segnala le questioni da annotare in
detto registro.
Una seconda linea seguita con queste modifiche punta a dare chiarezza in modo defi-
Sulle irregolarità nel ricevere l’ordine sacro
Lo scorso 31 maggio, nell’udienza concessa ai superiori del Pontificio Consiglio per
i testi legislativi, il Santo Padre ordinò la
pubblicazione di una Risposta autentica al
can. 1041 del Codice di Diritto Canonico,
che era stata approvata nella seduta plenaria del Pontificio Consiglio del 23 giugno
2015. Più che per la dovizia di casi in cui
si presenta il problema affrontato — ora,
comunque, in sensibile aumento —, il
provvedimento intende segnalare la prevalente prospettiva sostanziale che, in termini
generali, deve sempre guidare l’interpretazione e l’applicazione delle leggi della
Chiesa, evitando interpretazioni solo formalistiche dei testi.
La Risposta autentica riguarda la portata di alcune irregolarità per ricevere l’ordine sacro previste dal can. 1041 nei nn. 4 e
5 del CIC. Le irregolarità sono divieti, per
chi avesse tenuto in passato determinati
comportamenti riprovevoli, di ricevere
l’ordinazione — diaconale, sacerdotale o
episcopale — senza la necessaria dispensa
da parte dell’autorità; non si tratta, dunque, di un reato o di una punizione aggiuntiva, bensì d’una sorta di prevenzione
per proteggere la dignità del sacramento e
gli stessi fedeli davanti a soggetti che in
passato avessero seguito determinate con-
dotte illecite (sicuramente già perdonate,
nella generalità dei casi). In concreto, questi numeri del can. 1041 si riferiscono a chi
avesse commesso omicidio, o aborto, o
avesse mutilato gravemente se stesso o un
altro, o tentato il suicidio. Pur essendo sostanzialmente simile, il Codice dei Canoni
delle Chiese Orientali presenta un sistema
diverso da quello delle irregolarità di tradizione latina e, quindi, non suscita dubbi
interpretativi di questo genere.
Nella disciplina latina, sorgeva invece il
problema di dover valutare se queste concrete irregolarità riguardassero il compimento dei fatti vietati o, piuttosto, l’essere
incorsi specificamente nei rispettivi reati
tipizzati dalla disciplina penale della
Chiesa, con la conseguenza che, in quest’ultimo caso, risulterebbero esonerati, e
non sarebbero incorsi in irregolarità,
quanti avessero realizzato colpevolmente
le condotte censurate senza, però, cadere
in reati canonici.
La questione va considerata nel contesto generale della disciplina penale della
Chiesa e dei soggetti che possano incorrere nei delitti canonici. Secondo il can. 11
del Codice di Diritto Canonico, infatti, alle leggi puramente ecclesiastiche, e tali sono i delitti e le pene stabilite dal legislato-
re canonico, sono tenuti solo i cattolici.
Chi non fosse stato cattolico al momento
di porre in essere tali condotte, dunque,
non sarebbe incorso nell’irregolarità, se si
dovesse fare una lettura solo formale del
canone.
Con la presente Risposta autentica, il
Pontificio Consiglio per i testi legislativi
ha stabilito che anche i non cattolici sono
da ritenere soggetti passibili delle irregolarità di cui al can. 1041, nn. 4 e 5 CIC, ribadendo con ciò il distanziamento delle irregolarità dall’ambito della disciplina penale
canonica.
Diversi sono gli argomenti che paiono
suffragare la posizione adottata: primo fra
tutti, come già detto, la necessità di seguire con coerenza un ragionamento sostanziale — e non formalistico — tra la revisione legislativa che l’irregolarità rappresenta
e l’interesse che oggettivamente si intende
proteggere: la dignità del Sacramento e la
comunità di fedeli che dev’essere affidata
alla responsabilità di un ministro. Due parametri da confrontare con la realtà sostanziale, anziché con soli aspetti formali.
Una lettura differente avrebbe portato a
proporre un trattamento discriminatorio,
applicando una diversa disciplina in
funzione della condizione o meno di cat-
tolico al momento dei fatti, particolarmente paradossale e ingiusta, in quanto sia i
cattolici che i non cattolici sono ugualmente tenuti al rispetto della vita propria
ed altrui, poiché appartenente all’ordine
naturale.
Da un punto di vista strettamente tecnico, comunque, la soluzione trova sostegno
nel Codice stesso, seguendo le regole interpretative del can. 17 CIC. Infatti, dopo
aver trattato nel can. 1041 delle irregolarità
per ricevere gli ordini sacri, il successivo
can. 1044 considera le cosiddette irregolarità per esercitare gli ordini ricevuti.
Queste sono divieti analoghi, riguardanti
però fatti compiuti dopo l’ordinazione che
lasciano anche una «macchia» — diversa
dal peccato e dall’eventuale reato canonico —, per la quale è proibito l’esercizio del ministero, a meno che non si ottenga la dispensa dall’Autorità. Ebbene, il
confronto di questi due canoni pone in rilievo quale sia il giusto modo di leggere il
can. 1041.
C’è, infatti, una rilevante differenza nei
testi dei due canoni. Il can. 1041, n. 4°, a
proposito dell’irregolarità per «ricevere gli
ordini sacri» così si esprime: «Qui voluntarium homicidium perpetraverit aut abortum
procuraverit»; ed analogamente il n. 5°, per
la mutilazione e tentativo di suicidio:
«Qui seipsum vel alium graviter et dolose
mutilaverit vel sibi vitam adimere tentaverit». Il can. 1044 § 1, 3°, invece, a proposito dell’irregolarità per esercitare gli ordini ricevuti dice esplicitamente: «Qui delictum commisit, de quibus in can. 1041 nn.
3, 4, 5, 6».
In sintesi, trattandosi delle irregolarità
in cui si cade dopo l’ordinazione, il Codice parla tecnicamente di «delictum»,
espressione giustamente evitata a proposito delle irregolarità per la ricezione
dell’ordine, poiché non era sufficiente il
riferimento al reato canonico per proteggere l’interesse giuridico che si cercava di
tutelare.
Questa lettura della disciplina della
Chiesa tiene conto della natura teologica
degli istituti e degli interessi ecclesiali che
s’intende proteggere, e pare necessario seguirla più in generale nell’applicazione
delle norme canoniche, assicurando soluzioni giuste alle controversie, proponendo
nel medesimo tempo come esemplare la
specificità del proprio diritto, che fa affidamento sulla coerenza sostanziale nel gestire l’esperienza giuridica. (juan ignacio
arrieta)
Wassily Kandinsky, «Quieta armonia»
nitivo su due problematiche concernenti la
celebrazione del matrimonio dei fedeli
orientali. La prima riguarda l’esigenza del
can. 834 § 2 CCEO che richiede ad validitatem la benedizione di tali unioni da parte di
un sacerdote, mentre, nella disciplina latina,
dal motu proprio Sacrum diaconatum ordinem, del 18 giugno 1967 (AAS 59 [1967] 697
ss.), è consentito anche ai diaconi agire come testimoni qualificati dei matrimoni.
Soprattutto dopo la promulgazione dei
due Codici, si è cercato in varie occasioni di
risolvere questo divario, senza mai giungere
a risultati concreti. In questa opportunità si
è cercato di affrontare la questione stabilendo una norma disciplinare positiva che risolve la questione aggiungendo un nuovo §3 al
can. 1108 CIC: «Solo il sacerdote assiste validamente al matrimonio tra le parti orientali
o tra una parte latina e una parte orientale
cattolica o non cattolica».
Accanto a questo, il Codice latino poneva
una questione di legittimità giurisdizionale
per l’assistenza del parroco ai matrimoni dei
sudditi. La redazione del can. 1109 CIC poteva far pensare — e così è stato inteso in alcuni luoghi — che il parroco non potesse assistere al matrimonio di due fedeli orientali,
nemmeno essendo sudditi suoi, se nessuno
dei due apparteneva alla Chiesa latina. La
redazione era poco chiara e la conclusione
non molto coerente. Invece, il testo del can.
829 § 1 CCEO era assai più preciso, decidendosi in conseguenza di adottare uguale redazione e correggere il testo dalle frasi meno chiare del can. 1109 CIC.
Una terza linea della riforma concerne la
lecita partecipazione dei ministri latini alla
celebrazione dei sacramenti di fedeli ortodossi, sia nel caso dei battesimi che dei matrimoni. Mancavano anche qui previsioni
della disciplina latina riguardanti queste
contingenze che, invece, erano presenti in
quella orientale e che il flusso migratorio
degli ultimi decenni rendeva imprescindibile
adottare anche nella Chiesa latina.
Un punto di discrepanza riguardava la relativamente frequente richiesta ai parroci latini di amministrare il battesimo ai figli di
cristiani orientali non cattolici. Mentre una
lettura stretta del can. 868 §1 CIC suggerisce
la non liceità del battesimo in questi casi, il
can. 681 §5 CCEO considerava che il parroco
orientale cattolico poteva lecitamente farlo.
Quest’ultimo testo è quello che adesso riprende il nuovo § 3 aggiunto al canone latino, assieme alle puntuali modifiche inserite
in altri luoghi al testo.
Analoga questione poneva la celebrazione
del matrimonio. Il can. 833 CCEO prevede
che il gerarca del luogo possa conferire ad
un sacerdote cattolico la facoltà di benedire
il matrimonio di due ortodossi, previa informazione, se possibile, dell’autorità competente. Nella disciplina latina mancava, però,
una disposizione del genere, essendo una
questione che è diventata assai più frequente
in Paesi dove non è presente la gerarchia ortodossa del relativo rito. Anche in questo
caso è parso conveniente introdurre nel can.
1116 CIC un nuovo § 3 riprendendo con
uguali requisiti la disciplina orientale, in
modo che anche i sacerdoti latini con la
facoltà del proprio ordinario e le
restanti condizioni possano benedire i matrimoni dei fedeli ortodossi che spontaneamente lo richiedano.
A tutte queste modifiche, limitate ai punti strettamente necessari, si sono poi aggiunti in altri
posti lievissimi ritocchi volti a
precisare alcuni concetti o remissioni per garantire l’osservanza
delle modifiche in altri contesti
normativi. In tutto, come si vede
dal provvedimento pontificio, le
variazioni interessano undici canoni del Codice di Diritto Canonico.
Dalla lettura del motu proprio,
balza subito agli occhi come la
motivazione di queste riforme risponda alla volontà di agevolare
la cura pastorale dei fedeli soprattutto nei cosiddetti «luoghi della
diaspora» dove vivono, in ambienti a maggioranza latina, migliaia di fedeli orientali che hanno lasciato la loro terra di origine.
Non resta ora che rammentare in
questo contesto quanto diceva san
Giovanni Paolo II nel maggio
1995 nella Lettera apostolica
Orientale lumen: «Agli Ordinari
latini di quei Paesi raccomando in
modo particolare lo studio attento, la piena comprensione e la fedele applicazione dei principi
enunciati da questa Sede... sulla
cura pastorale dei fedeli delle
Chiese orientali cattoliche, soprattutto quando costoro sono sprovvisti di una propria Gerarchia»
(n. 26).
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
venerdì 16 settembre 2016
Elaborazione grafica dalla locandina del film
«I sette samurai» di Akira Kurosawa
In un libro di Chiara Valerio il lato umano della matematica
I sette samurai
del pensiero astratto
di CARLO MARIA POLVANI
sce questo mese nelle sale cinematografiche il remake del
celebre I magnifici sette di
John Sturges, a sua volta ispirato dal capolavoro di Akira
Kurosawa, I sette samurai. I “sette samurai” sarebbe stato un titolo adatto per
l’ottimo saggio che Chiara Valerio ha
pubblicato con la Einaudi: Storia umana
della matematica. Sfoggiando indubbie
qualità di romanziera, la dottoressa Valerio propone sette avvincenti storielle su
altrettanti matematici: gli ungheresi Farkas (1775-1856) e János Bolyai (18021860), il tedesco Bernhard Riemann
(1826-1866), il francese Pierre-Simon Laplace (1749-1827), l’italiano Mauro Picone
(1885-1977), il russo Lev Landau (19081961? o 1968?) e lo statunitense Norbert
Wiener (1894-1964).
Quello che risulta ingegnoso e innovatore nell’esposizione della divulgatrice è
la sua capacità di esporre il contesto storico e familiare dei sette personaggi tramite un narrativo farcito di aneddoti allietanti e alternato da interiezioni nelle
quali la scrittrice narra, in prima persona,
le sue esperienze personali che la legano
agli scienziati che descrive. Lungi da risultare digressive, queste interruzioni, finemente soppesate e brillantemente cadenzate, danno alle biografie un ritmo
appassionante che conduce il lettore —
anche quando non dotato di una specifica preparazione matematica — a capire
come delle vicissitudini particolari siano
state strumentali per assicurare delle scoperte di enorme rilevanza.
Dalla vita dei due Bolyai, si scopre che
entrambi si confrontarono con il temibile
Quinto Postulato di Euclide, che impone
che si possa tracciare in un punto dato
una sola retta che sia parallela a qualsiasi
altra retta non contenente il medesimo
punto. Il padre, Farkas, emigrando a piedi dalla sua Transilvania natale, aveva
raggiunto a Göttingen Carl Friedrich
Gauss (1777-1855), ma fallì nel suo intento
di dimostrare tale assioma.
Da buon papà, volle risparmiare al figliuolo la sua esperienza traumatica e
cercò in tutti i modi di dissuaderlo nel
cimentarsi nello stesso sforzo; per tutta
risposta, János, sorpassando Euclide,
creò una nuova geometria che, non obbedendo al Quinto Postulato, fu denominata “geometria non-euclidea”. Lo fece
però nell’appendice di un libro dedicato
ai lavori del genitore, confessando, non si
sa se per giustificare la sua disobbedienza o per celebrare la sua soddisfazione di
aver riscattato il fallimento del babbo:
«Ho creato un mondo nuovo e diverso,
dal nulla».
Guarda caso, un successore sulla nobile cattedra di Gauss alla Universitas Regiae Georgiae Augustae superò questa
scoperta epocale. Figlio di un dedito e
umile pastore protestante e lui stesso devotissimo cristiano, il piccolo Bernhard
risultò inadatto nel seguire le orme del
padre, vista la sua quasi patologica timidezza che lo rendeva inadatto alla predicazione. Persino la sua lezione più famosa — ritenuta uno dei trattati di geometria più influenti di tutti i tempi — fu accolta con scettiscismo e pubblicata solamente 12 anni dopo, quando l’impacciatissimo Riemann era già morto.
Allora divenne chiaro che l’uomo che
aveva voluto come epitaffio sulla sua
tomba a Biganzolo (Verbania) «Tutto
concorre al bene di coloro che amano
Dio» (Lettera ai romani, 8, 28), aveva
gettato con la sua “geometria ellittica”, le
basi di un mondo logico-geometrico dove le parallele non esistevano, poiché tutte le rette convergevano come se fossero
tracciate su una sfera.
Anche il padre di Laplace, terriero della Bassa Normandia, sperava per il suo
giovanotto una vita al servizio della
Chiesa e lo mandò all’università di Caen.
Lì Pierre-Simon riuscì a farsi notare per
la sua genialità, fino a farsi introdurre
all’enciclopedista Jean-Batiste D’Alembert (1713-1783). A Parigi, proseguì una
carriera scientifica e politica da fare invidia a Charles-Maurice de Talleyrand
(1754-1838): ministro sotto il Consulat, senatore sotto l’Empire e Parie de France
durante la Réstauration. Opportunista
senza scrupoli al dire dei suoi detrattori,
l’uomo che vede oggi il suo nome inciso
ben in vista sulla base della Tour Eiffel,
rispose a Napoleone Bonaparte che gli
chiedeva perché i suoi scritti, al contrario
di quelli di Sir Isaac Newton (1642-1727),
non citassero mai il Supreme Being: Cito-
E
yen Premier Consul, je n’ai pas eu besoin
de cette hypothèse. E come avrebbe mai
potuto aver avuto bisogno di ipotizzare l’esistenza di Dio, l’uomo
che scoprì la Mécanique Céleste?
Forse, fu proprio la sua ambizione a guidarlo nell’affermarsi come un matematico atipico: per
lui la scienza dei numeri era una
scienza applicata che serviva solo
risolvere problemi concreti.
Simile a lui ma solo sotto questo
aspetto, fu un sottotenente siciliano
inviato al fronte nel 1916. Poiché
le tavole balistiche in uso presso
l’artiglieria italiana erano inefficaci
nel colpire le postazione austroungariche, gli venne affidato il compito di ricalcolarle.
Picone si superò, disegnando modelli
che tenessero conto di tutte le variabili
possibili e immaginabili: umidità, correnti ascensionali, rarefazione dell’ossigeno... il 9 ottobre, grazie ai tiri del 21°
Raggruppamento Artiglieri, il Regio
Esercito sfondava la linea del Pasubio. E
pensare che il fragile giovanotto innamorato di Piero della Francesca che era
quasi morto di tifo 13 anni prima alla
Normale di Pisa, era finito a studiare
matematica quasi per caso. Tragico esempio della disperazione che porta allo sviluppo della matematica applicata, simile
solo a quello che spinse Alan Turing
(1912-1954) a inventare il computer per
decifrare l’allora inviolabile codice
dell’Enigma. Inevitabilmente, infatti, Picone dedicò il resto della sua vita all’elaborazione elettronica del calcoli.
Storie di uomini alle prese
con un talento precoce, imperativo e
Che vivono un’avventura
nella quale regalano agli altri delle
che cambiano la loro vita
La matematica applicata ebbe i suoi
eroi anche durante la guerra la fredda.
L’Urss celebrò un uomo così famoso da
morire due volte: il premio Nobel Landau. In coma dopo un incidente automobilistico, Lev Davidovič sembra morire il 7 gennaio del 1962; ma un’incredibile determinazione da parte dei colleghi e del regime si traduce in uno sforzo
internazionale per mantenere attive le
poche funzioni vitali che gli restano:
tracheotomia, craniotomia, controllo
della pressione spinale con l’urea, polmone artificiale e, persino, l’intervento
neurochirurgo di Wilder Penfield (18911976) in persona.
Il 1° aprile di sei anni dopo, l’ebreo
nativo di Baku senza il quale l’Armata
rossa non avrebbe avuto a sua disposizione la bomba atomica, muore per la seconda (e stavolta, definitiva) volta. Aveva
cambiato il mondo della fisica, dalla
quantistica alla superconduttività, ma
non sarebbe mai diventato uno scienziato
se non fosse stato per un mancato suicidio a 13 anni e la volontà dei genitori di
ritardarne l’entrata all’università, nella
speranza di farne un’economista.
Si dice che Landau trovò
in Julien Sorel, l’eroe del
Rouge et le Noir, l’ispirazione
per superare le crisi psicologiche dell’adolescenza. Per
solitario
Wiener non ci fu neppure il
tempo di leggere Stendhal:
intuizioni iscrittosi ad Harvard a 14 anni, Norbert vi incontrò altri
bambini prodigio come lui,
fra cui: William James Sidis
(1898-1944) — che a otto anni, aveva imparato da solo otto lingue e
ne aveva inventata una, il Vendergood — e
Adolph Augustus Berle (1895-1971), il più
giovane laureato di legge della Crimson
di sempre, impareggiabile collaboratore
nelle Amministrazione pubbliche di
Franklin D. Rooselvelt e di Fiorello La
Guardia.
Cercò di farseli amici, ma non vi riuscì. Decise allora di capire il perché di
questa incomunicabilità e si interessò al
linguaggio umano, sviluppando poi la cibernetica a partire dal concetto di feedback. Senza quella solitudine fra giovanissimi geni, forse oggi, ci sarebbero gli
studi sul random walk (la passeggiata
aleatoria, ossia il più basilare dei fenomeni stocastici) ma non sarebbe possibile
costruire dei robot che assomigliano, nel
loro comportamento, agli essere umani.
Insomma,
le disavventure personali di
questi uomini eccezionali hanno condizionato direttamente le loro scoperte e, indirettamente, il nostro mondo.
Per un determinista come Marquis de
Laplace, che postulò che «lo stato attuale
dell’universo è solo l’effetto del suo passato e necessariamente la causa del suo
futuro», ciò potrebbe apparire normale.
Chiara Valerio sembra optare per un’altra
possibilità: i matematici sono uomini alle
prese con un talento precoce, imperativo
e solitario, che vivono un’avventura nella
quale regalano agli altri delle
intuizioni che cambiano la loro vita, anche se, la loro di vita, tra ostinazione e fortuna,
spesso viene dilaniata. Viene
proprio voglia di darle ragione quando si considerano le
«Ci si salva salvando gli altri
Chi pensa solo a se stesso
finisce per distruggere se stesso»
dice Kambei Shimada
nel film del grande regista giapponese
Norbert Wiener
parole di Kambei Shimada,
l’eroe tragico de I sette samurai che recluta sei rōnin per
difendere la causa dei contadini oppressi: «Tale è la natura della guerra. Ci si salva,
salvando gli altri. Chi pensa
solo a sé stesso, finisce per distruggere sé stesso».
In memoria di Silvio Panciera
Principe degli epigrafisti
di GIUSEPPE ZECCHINI
l 16 agosto è scomparso ottantatreenne Silvio Panciera, emerito
della Sapienza, accademico dei
Lincei e decano della Pontificia
accademia romana di archeologia.
Con Geza Alföldy (1935-2011) e Werner
Eck era uno dei più grandi epigrafisti del
nostro tempo. Allievo di Attilio Degrassi
I
a Padova e suo successore a Roma, Panciera trasformò il tradizionale insegnamento di Antichità greche e romane del
suo maestro in un’epigrafia romana intesa
non come ausiliaria della storia, ma come
scienza autonoma, capace di fornire un
originale approccio di ricerca alla società
antica.
L’epigrafia trae il suo materiale dagli
scavi e sorge quindi in connubio con l’ar-
Epigrafe che ispirò il falso epigrafico di Asquini dedicato a Hercules Invictus, «CIL, V, 58» (1830)
cheologia; pubblica testi in edizione critica e dunque si apparenta con la filologia.
Panciera fu infatti un rigoroso editore di
iscrizioni e, in collaborazione con Hans
Krummrey, mise a punto criteri editoriali,
che sono stati riconosciuti e adottati in
ambito internazionale dall’Aiegl, l’Associazione internazionale di epigrafia greca
e latina, di cui fu anche presidente dal
1992 al 1997. Inoltre, lo studio dei contenuti delle epigrafi è fondamentale per
ogni ricerca su aspetti del mondo antico
quali le arti e i mestieri, i culti, l’esercito,
le carriere senatoria ed equestre: in una
parola, per la storia economica e sociale,
di cui le fonti letterarie si occupano solo
sporadicamente. Il primo lavoro monografico di Panciera nel 1957 fu non a caso
dedicato alla vita economica di Aquileia.
Nell’attività dell’epigrafista può celarsi
il pericolo del localismo, nel senso che
talvolta la ricerca sul territorio porta a limitare il proprio raggio di conoscenze e a
perdere di vista il più ampio contesto della propria disciplina. Ma fu facile per
Panciera sfuggire a questo rischio, poiché
il “territorio” fu per lui il Lazio, la regione centrale dell’Italia romana, e in particolare Roma: a quest’ultima dedicò il formidabile lavoro dei Supplementi al sesto
volume del CIL, il Corpus inscriptionum
Latinarum edito a suo tempo da Mommsen, e nel 1992 i meriti eccezionali di
quest’impresa gli vennero riconosciuti attraverso il premio Max Planck.
Sempre nell’attività dell’epigrafista rientra lo studio della fortuna delle iscrizioni,
del loro reimpiego, della riscoperta
dell’epigrafia antica e del suo rinnovato
studio nell’età dell’umanesimo, infine della fabbricazione di falsi epigrafici, spesso
non separabile da un sincero entusiasmo
per l’antichità. E alla figura di un falsario
italiano Panciera dedicò nel 1970 l’importante monografia Un falsario del primo Ottocento, Girolamo Asquini, e l’epigrafia antica delle Venezie.
Riassumere la vastità d’interessi di Panciera, quale rivelano i tre volumi di scritti
minori pubblicati nel 2006 (Epigrafi, epigrafia, epigrafisti), sarebbe impossibile. Più
interessante è notare, in una produzione
che annovera alcune centinaia di articoli,
l’assenza di contributi specifici riguardanti l’epigrafia e la società cristiana, se si
esclude l’intervento sui “Rendiconti” della
Pontificia accademia romana di archeologia del 1971-1972, in cui egli però espresse
seri dubbi sul carattere cristiano del collegium quod est in domo Sergiae Paullinae.
Allo studioso si affiancò sempre l’organizzatore e il promotore di ricerche. Basta
ricordare i Supplementa Italica — cioè l’aggiornamento del corpus delle iscrizioni
della penisola, strutturato per settori geografici e comprendente ormai 28 volumi
nella abituale veste cartacea — e l’elettronico Epigraphic Database Roma, che è parte costitutiva della Federazione internazionale di banche dati epigrafiche denominata Electronic Archive of Greek and
Latin Epigraphy (Eagle: www.eagle-eagle.it), intesa a registrare tutte le iscrizioni
anteriori al VII secolo dell’era cristiana,
greche e latine. Tradizione e innovazione
formavano per Panciera due approcci paralleli per mettere a punto strumenti atti a
incrementare la conoscenza epigrafica.
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 16 settembre 2016
pagina 7
Messa del segretario di Stato per i rappresentanti pontifici
Accanto
alle croci del mondo
«Stare sotto la croce è il primo ministero» per essere accanto a coloro
che soffrono anche fino al martirio,
in quella grande «collina delle croci» che è oggi il mondo. Ecco l’indicazione pratica che il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha
dato, giovedì mattina, 15 settembre,
ai rappresentanti pontifici durante la
messa nella basilica vaticana. Ed è
anzitutto al Papa che deve andare —
ha detto — «il nostro pensiero devoto, la nostra gratitudine, l’assicurazione della nostra preghiera», insieme all’affidamento di queste giornate giubilari all’intercessione della
Vergine addolorata, di cui si è celebrata la memoria liturgica. Del resto,
ha spiegato il cardinale, c’è uno
«speciale legame che intercorre tra
Tre giornate giubilari
Si è aperta giovedì mattina, 15 settembre, con la messa presieduta dal
cardinale segretario di Stato, Pietro
Parolin, nella cappella del Coro
della basilica vaticana, la riunione
dei rappresentanti pontifici convocata dal Papa in occasione del giubileo straordinario della misericordia. All’incontro, che si concluderà
sabato 17, partecipano 106 dei 108
rappresentanti pontifici oggi in
funzione, solo due di loro sono assenti trovandosi nell’impossibilità
di recarsi a Roma. Va ricordato che
dei 108 rappresentanti pontifici in
carica, 103 sono nunzi apostolici insigniti della dignità episcopale e
cinque sono monsignori che svolgono la missione di osservatore
permanente presso vari organismi
internazionali.
Nella prima giornata, dopo la
messa celebrata dal segretario di
Stato, si sono svolte due conferenze di aggiornamento nella sala del
Sinodo dell’Aula Paolo VI: la prima
intitolata «Il mondo oggi - La
Chiesa oggi - Il Papa Francesco» è
stata tenuta dal preside dell’istituto
universitario Sofia, monsignor Piero Coda. La seconda, su «Genesi e
fattispecie della cultura del gender:
come affrontarla», è stata svolta dal
reverendo Robert A. Ghal, professore associato di etica fondamentale presso la Pontificia università
della Santa Croce. In serata è prevista una cena, alla presenza del
Papa, nella Casina Pio IV, nei Giardini vaticani.
La mattinata di venerdì 16 settembre sarà dedicata a un incontro
di lavoro con i superiori della Segreteria di Stato; mentre il pomeriggio, vedrà la partecipazione a
una terza conferenza di aggiornamento presentata dal cardinale
Jean-Louis Tauran, presidente del
Pontificio Consiglio per il dialogo
interreligioso, sul tema «Dialogo
interreligioso,
rapporti
con
l’islam». In serata, un incontro
conviviale con i capi dicastero della
Curia romana e con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede residenti a Roma, è previsto sulla terrazza della Pinacoteca dei
Musei vaticani.
Alla giornata di sabato 17, che
avrà un carattere spiccatamente spirituale, sono stati invitati anche i
40 nunzi apostolici emeriti, anche
se alcuni di loro non potranno
prendervi parte per motivi di salute
o per la distanza della loro residenza attuale. Alle 7.30, nella cappella
della Domus Sanctae Marthae, i
rappresentanti pontifici concelebreranno la messa presieduta dal Papa, per poi riunirsi, sempre nella
medesima cappella, per una riflessione spirituale tenuta da monsignor Pierangelo Sequeri, preside
del Pontificio Istituto Giovanni
Paolo II per studi su matrimonio e
famiglia. Alle 10, i rappresentanti
pontifici attraverseranno la porta
santa della basilica di San Pietro e
saranno ricevuti dal Pontefice alle
11.15, nella Sala Clementina del Palazzo apostolico. L’incontro dei
rappresentanti pontifici si concluderà alle 13, con un’agape fraterna
alla presenza di Papa Francesco
nella Domus Sanctae Marthae.
Sempre nell’ambito delle celebrazioni dell’anno straordinario
della misericordia, il Papa ha invitato in Vaticano, il prossimo 18 novembre, tutti i 163 collaboratori di
ruolo delle rappresentanze pontificie — consiglieri, segretari e addetti
– per la celebrazione di una giornata giubilare.
questa memoria mariana e il Papa,
perché la devozione ai dolori di Maria, largamente diffusa tra il popolo
cristiano, fu introdotta nella liturgia
da Pio VII, a ricordo delle sofferenze
inflitte da Napoleone alla Chiesa e
al suo capo».
Ma, ha spiegato il segretario di
Stato, «anche nelle apparizioni della
Vergine ai tre pastorelli a Fátima, di
cui si terranno nel 2017 le celebrazioni centenarie — alle quali si spera vivamente possa andarci il Santo Padre — ritorna questo legame stretto
tra Maria, il Papa e la sofferenza».
Rivolgendosi ai presenti il porporato
ha detto: «Ricorderete certamente
l’immagine del "vescovo vestito di
bianco" che sale la montagna pregando per tutti i sofferenti che incontra». Tale immagine, ha spiegato,
«condensa e riassume la disponibilità al martirio che deve caratterizzare
la Chiesa di sempre, di ieri, di oggi
e di domani, a partire in primo luogo dalla martiria del vescovo di Roma. A questo riguardo si fa specifico
riferimento a san Giovanni Paolo II
(attentato in piazza San Pietro del 13
maggio 1981), ma anche a Paolo VI
(attentato a Manila del 27 novembre
1970)».
Il porporato ha poi ricordato le
parole che il cardinale Montini pronunciò nell’omelia di una messa celebrata in suffragio del cardinale
Stepinac: «La passione di Cristo
continua. Cogliamo così una strana,
difficile legge: è necessario che la
Chiesa soffra. Per la sua fedeltà a
Cristo, per la sua autenticità, per la
sua capacità di parlare al mondo e
di salvarlo. Il martirio è un suo carisma». Da parte sua, ha affermato
ancora, tante volte «Papa Francesco
ci ha ricordato che la nostra Chiesa
è Chiesa di martiri»: e proprio mercoledì 14 ha celebrato la messa in
suffragio di padre Jacques Hamel, il
sacerdote sgozzato da un affiliato
all’Is.
«Come non accennare poi al fatto
che alcuni di voi vengono da regioni
e da Paesi dove tanti fratelli e sorelle
di fede vivono quotidianamente nella loro carne questa realtà?» ha proseguito il cardinale Parolin. «Oggi —
ha detto — noi siamo chiamati a
prendere rinnovata coscienza della
nostra vocazione a stare sotto la croce»; siamo chiamati «nuovamente a
ratificare questa scelta: stare sotto la
croce, dimorare, non muoverci, non
tentare di fuggire», consapevoli che
«stare sotto la croce è il primo di
A Sant’Anna in Vaticano il congedo di padre Lombardi
Gratitudine a Dio
Con la messa celebrata giovedì mattina, 15 settembre, nella pontificia parrocchia di Sant’Anna in Vaticano, padre Federico Lombardi, fino al 31 luglio scorso direttore della Sala stampa della Santa Sede, si è congedato
da dipendenti, giornalisti accreditati e collaboratori. Nell’omelia padre
Lombardi ha ringraziato i presenti per il cammino compiuto insieme negli ultimi dieci anni e ha sottolineato che il senso della messa celebrata in
questa occasione è il ringraziamento a Dio per il lavoro compiuto. A presiedere l’eucaristia è stato il vescovo Paul Tighe, segretario aggiunto del
Pontificio Consiglio della cultura. Concelebranti monsignor Lucio Adrian
Ruiz, segretario della Segreteria per la comunicazione, e padre Antonio
Spadaro, direttore della Civiltà cattolica. Presenti, tra gli altri, Greg Burke, succeduto a padre Lombardi nell’incarico di direttore della Sala stampa della Santa Sede, e il direttore dell’Osservatore Romano. Successivamente, nella Sala stampa, vi è stato un incontro durante il quale la vaticanista Cindy Wooden, del Catholic News Service, a nome di tutti i giornalisti, ha rivolto un breve saluto a padre Lombardi.
A Bossey l’incontro tra cattolici e World Council of Churches
Collaborazione ecumenica e cammino comune
BOSSEY, 15. Si concluderà sabato
17 settembre a Bossey, vicino a
Ginevra, in Svizzera, l’incontro
del gruppo di lavoro congiunto
(Glc) tra la Chiesa cattolica e il
World Council of Churches
(Wcc). L’evento, inaugurato mercoledì scorso, vuole fare il punto
sulle relazioni ecumeniche. A moderare il gruppo di lavoro, oltre
alla rappresentanza del Wcc, sono il metropolita Nifon di Targoviste, rappresentante della Chiesa
ortodossa romena e l’arcivescovo
di Dublino, monsignor Diarmuid
Martin.
Tra i punti all’ordine del giorno, vi sono la cooperazione nelle
relazioni interreligiose, la questione dei rifugiati e dei migranti, il
L’istituto ecumenico di Bossey
tema della giustizia e la pace. Focus specifici saranno dedicati anche alle esortazioni apostoliche di
Papa Francesco Evangelii gaudium
e Amoris laetitia, così come alla
sua enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune. Ulteriori riflessioni verteranno su missione
ed evangelizzazione, matrimonio
e famiglia, le minacce ambientali
al creato, lo sviluppo futuro del
cammino ecumenico.
Il gruppo di lavoro congiunto
ha celebrato, nel 2015, il suo cinquantesimo anniversario. Per l’occasione, in un messaggio inviato
a Olav Fykse Tveit, segretario generale del World Council of
Churches, Papa Francesco ha
esortato l’organismo a «diventare
sempre più un “gruppo di esperti”, aperto a tutte le opportunità
e le sfide che le Chiese devono
affrontare oggi nella loro missione di accompagnare l’umanità
sofferente nel cammino verso il
Regno, permeando la società e la
cultura delle verità e dei valori
del Vangelo».
E del «nostro cammino comune» ha scritto nei giorni scorsi lo
stesso segretario generale del Wcc
in occasione della nomina del
cardinale Peter Kodwo Appiah
Turkson, presidente del Pontificio
Consiglio della giustizia e della
Pace, a prefetto del nuovo Dicastero per il servizio dello sviluppo
umano integrale. Attraverso una
lettera inviata al porporato, Fykse
Tvei ha espresso speranza per
una fruttuosa futura cooperazione con il nuovo dicastero in
quanto «molto vicino alla dimensione interdisciplinare del lavoro
del Wcc e data la già fruttuosa
collaborazione con la Chiesa cattolica nel mondo».
Nella missiva, il segretario generale del Wcc ha anche evidenziato quanto l’organismo ecumenico conosca il lavoro del cardinale Turkson sin dagli esordi del
suo mandato; un lavoro da sempre dedicato — come presidente
del Pontificio Consiglio — a sostenere la giustizia e la pace.
«Sono molto soddisfatto per lo
sviluppo dei rapporti ecumenici e
delle relazioni avvenute in particolar modo in questi ultimi due
anni. Il mondo attende la cooperazione e la testimonianza comune fra le Chiese», ha concluso
Fykse Tveit, citando la conferenza
sul cambiamento climatico di Parigi e i seguenti incontri avuti a
Roma, Davos e l’incontro a Monaco di Baviera dello scorso luglio assieme al movimento dei
Focolari.
Il gruppo di lavoro congiunto,
uno sforzo di collaborazione ecumenica, ha avuto inizio nel 1965,
alla fine del concilio Vaticano II.
Esso è stato uno dei primi frutti
della primavera ecumenica generata dal concilio.
tutti i ministeri: vocazione e ministero»
Il segretario di Stato ha riproposto la bellezza e l’essenza dello Stabat Mater dolorosa. Si tratta, ha affermato, di «stare sotto la croce anche nei momenti in cui tutto sembra
oscuro, quando “da mezzogiorno fino alle tre si fece buio su tutta la
terra” come raccontano i Vangeli».
Una frase, ha commentato, «carica
di oscurità e di tenebra in tutti e su
tutto, eppure una delle frasi più luminose della Bibbia, proprio per
quella riduzione di orario che stringe
e limita, come due pareti invalicabili,
il tempo in cui è concesso al buio di
infierire sulla terra. Quel tempo va
da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, non oltre». Ed «è bella —
ha fatto notare — questa idea che
Gesù muore e si fa buio per quel
poco tempo e poi arriva il cambiamento. Il dolore è un passaggio inevitabile che dobbiamo attraversare,
ma temporaneo; la nostra speranza è
la certezza che la luce è più forte del
buio, il bene vale più del male, una
spiga di buon grano più di tutta la
zizzania del campo».
Bisogna «stare sotto la croce»,
dunque, «con l’offerta delle nostre
piccole o grandi croci personali, nelle difficoltà che incontriamo nel nostro servizio — lontananza dalla patria, condizioni di disagio, necessità
di adattarsi a situazioni sempre nuo-
ve, conflitti politici e sociali, incomprensioni, insuccessi, acciacchi di salute — nella fatica quotidiana, quella
di continuare a benedire, quella di
anteporre l’amore di Dio e del prossimo alla nostra stessa vita, quella di
perdonare e amare chi ha fabbricato
la croce che portiamo».
Questa croce — ha proseguito il
cardinale — è «composta delle infinite croci del mondo dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. Il
mondo è una collina di croci. È un
immenso pianto. Questo “stare accanto” è il primo modo attraverso il
quale farsi buoni samaritani, perché
il dolore dell’uomo non chiede tanto
spiegazioni, ma condivisione, la sofferenza non cerca per prima cosa le
motivazioni, ma la partecipazione».
Occorre stare allora presso la croce,
«accanto alle infinite croci di oggi,
mettendo tempo e cuore, e non girarsi dall’altra parte. Stare con amore, con misericordia, con compassione». E compassione, ha spiegato, «è
lasciarsi ferire dalle ferite dell’uomo
e chinarsi per curarle». Per non ridursi a «semplici e freddi funzionari
dell’istituzione, burocrati di norme
ma inesperti di umanità». Stare sotto la croce, ha concluso il segretario
di Stato, «sapendo e sperimentando
che lì è tutta la gloria e tutta la
gioia. È il paradosso della fede e
della vita cristiana».
Wcc e Consiglio delle Chiese degli Stati Uniti
Questione di giustizia
per la Terra santa
WASHINGTON, 15. «Nessun popolo
dovrebbe vedersi negare i propri diritti e, certo, a nessun popolo dovrebbero essere negati i diritti per
generazioni». È questo l’incipit di
una dichiarazione comune sottoscritta dal reverendo Olav Fykse
Tveit, segretario generale del World
Council of Churches, e da Jim
Winkler, responsabile del World
Council of Churches of Christ negli
Stati Uniti. Una nuova e accorata
richiesta di giustizia che riguarda i
popoli della Terra santa da quasi
mezzo secolo in conflitto e che arriva alla vigilia della tradizionale settimana mondiale di preghiera per la
pace in Palestina e in Israele che si
terrà dal 18 al 24 settembre prossimi
sul tema «Dio ha abbattuto i muri
che dividono».
Proprio l’annosa crisi tra Palestina e Israele, esaminata nel più ampio contesto della travagliata situazione mediorientale, è stata al centro di una consultazione sulla Terra
santa che per tre giorni, da lunedì
12, ha riunito ad Arlington, in Virginia, oltre sessanta rappresentanti
di organismi ecclesiali che nel mondo si occupano di favorire il processo di pace. Tra essi anche numerosi palestinesi e israeliani che hanno condiviso il desiderio di arrivare
al più presto alla fine di ogni conflitto.
Nella dichiarazione comune diffusa al termine dell’incontro, Tveit e
Winkler si dicono ben consapevoli
che «nessuna persona o gruppo di
persone o governo è senza colpa» e
che i «crimini» commessi in tutti
questi anni sono certamente numerosi. Tuttavia, con convinzione sostengono che «il ciclo della violenza deve essere rotto». E citano un
celebre passo delle Beatitudini:
«Beati gli operatori di pace, perché
saranno chiamati figli di Dio»
(Matteo, 5, 9). Quelle di Gesù, sottolineano, non sono parole di «vuota retorica». Realmente, infatti,
«coloro che seguono la via della
pace saranno benedetti nel regno
dei cieli». Anche per questo i due
leader si impegnano a sostenere tutti coloro che «cercano di porre fine
a questo conflitto». Di qui la riproposizione di una serie di richieste
che riguardano in sostanza il pieno
rispetto dei diritti umani nella convinzione che l’irrisolto conflitto tra
Palestina e Israele è soprattutto una
questione di «giustizia» e che dunque «finché l’esigenza di giustizia
non sarà soddisfatta, la pace non
potrà essere ristabilita». Di qui anche l’appello rivolto in particolare
ai governanti statunitensi a sospendere ogni fornitura di armamenti
nella regione mediorientale: «L’ultima cosa che serve in questo momento è avere più armi». Tveit e
Winkler ricordano che gli Stati
Uniti detengono un «potere enorme» e possono «adottare misure
audaci per la pace». Allo stesso
modo, le Chiese americane hanno
un «potenziale enorme», che deve
essere «mobilitato», per chiedere al
Governo «di fare molto di più per
garantire una pace giusta e duratura per Israele e la Palestina».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
venerdì 16 settembre 2016
Messa a Santa Marta
Sotto
il mantello
In un mondo di orfani, Maria è la madre ci comprende fino in fondo e ci
difende, anche perché ha vissuto sulla
propria pelle le stesse umiliazioni che
oggi, ad esempio, subiscono le mamme dei detenuti. Celebrando la messa
nella cappella della Casa Santa Marta
giovedì mattina, 15 settembre, giorno
della memoria della beata Maria vergine addolorata, Papa Francesco ha suggerito di rifugiarsi sempre, nei momento difficili, «sotto il mantello» della madre di Dio, riproponendo così «il
consiglio spirituale dei mistici russi»
che l’occidente ha rilanciato con l’antifona Sub tuum preasidium.
Per la sua meditazione sul «mistero
della maternità di Maria», il Pontefice
ha preso le mosse dall’ultima cena:
«Gesù, a tavola, si congeda dai suoi
discepoli: c’è un’aria di tristezza, tutti
sapevano che c’era qualcosa che sarebbe finita male e facevano domande,
erano tristi». Ma «Gesù, in quel congedo, per dare loro un po’ di coraggio
e anche per prepararli nella speranza,
dice loro: “Non siate tristi, il vostro
cuore non sia triste, non vi lascerò soli! Io chiederò al Padre di inviare un
altro Paraclito, che vi accompagnerà.
grande, ma non se ne è andata, non
rinnegò il Figlio, era la sua carne».
Con una confidenza personale, il
Papa ha ricordato: «È accaduto tante
volte quando andavo, nella diocesi di
Buenos Aires, nelle carceri a visitare i
carcerati, di vedere la coda, la fila delle donne che aspettavano per entrare:
erano mamme ma non si vergognavano, la loro carne era lì dentro». E
quelle «donne soffrivano non solo la
vergogna di essere lì», sentendo dire:
«Ma guarda quella, cosa avrà fatto il
figlio?». Quelle mamme «soffrivano
anche le più brutte umiliazioni nelle
perquisizioni che venivano fatte loro
prima di entrare, ma erano madri e
andavano a trovare la propria carne».
E così è stato anche per Maria, che
«era lì, con il Figlio, con quella sofferenza tanto grande».
Proprio «in quel momento — ha fatto notare il Papa — Gesù, che aveva
parlato di non lasciarci orfani, che
aveva parlato del Padre, guarda sua
madre e ce la dà a noi come madre:
“Ecco, tua madre!”». Il Signore «non
ci lascia orfani: noi cristiani abbiamo
una madre, la stessa di Gesù; abbiamo
un Padre, lo stesso di Gesù. Non sia-
Il Papa ricorda che Dio ha creato uomo e donna a sua immagine
Dignità da contagiare
«Quando qualcuno disprezza, segrega,
discrimina, non contagia dignità, ma il
contrario». Lo ha ricordato il Papa ai
partecipanti alla settimana biblica
nazionale organizzata dall’Associazione
biblica italiana, durante l’udienza svoltasi
nella mattina di giovedì 15 settembre, nella
Sala Clementina.
Cari amici,
sono lieto di incontrarvi in occasione
della Settimana Biblica Nazionale, organizzata dall’Associazione Biblica Italiana. Ringrazio il Presidente per le sue
cortesi parole e rivolgo un cordiale saluto a tutti i presenti, in particolare al
Cardinale Bassetti, al Cardinale Betori e
al Cardinale Ravasi.
Il tema su cui avete lavorato è «Facciamo l’essere umano ... maschio e femmina: declinazioni della polarità uomo-donna
nelle Scritture»; perciò avete approfondito alcuni aspetti della relazione tra uomo e donna, a partire da alcuni testi biblici fondanti. Su questo argomento si
soffermò a lungo San Giovanni Paolo II
in un memorabile ciclo di Catechesi nella prima parte del suo Pontificato. Anch’io, durante una Catechesi dello scorso anno, commentando il primo racconto della creazione, ho avuto modo di
sottolineare come «Dio, dopo aver creato l’universo e tutti gli esseri viventi,
creò il capolavoro, ossia l’essere umano,
che fece a propria immagine: “A immagine di Dio lo creò: maschio e femmina
li creò” (Gen 1, 27)» (Udienza generale, 15
aprile 2015).
Riflettere su come siamo stati creati,
formati a immagine e somiglianza del
Creatore, la differenza con le altre creature e con tutto il creato è essenziale.
Questo ci aiuta a capire la dignità che
tutti noi abbiamo, uomini e donne, dignità che ha la sua radice nello stesso
Creatore. Mi ha sempre colpito che la
nostra dignità sia appunto quella di essere figli di Dio, e nel corso della Scrittura tale relazione si manifesta nel fatto
che Lui ci guida come un Padre fa con
Studiosi a confronto
Uno studio «faticoso, ma sempre appassionante»: così il presidente dell’Associazione biblica italiana, don Luca Mazzinghi, ha definito l’impegno che coinvolge
i partecipanti alla XLIV Settimana biblica nazionale. Cinque giorni, dal 12 al 16
settembre, nei quali — come ha spiegato salutando il Pontefice all’inizio
dell’udienza — i biblisti si sono dedicati «ad approfondire alcuni aspetti della relazione tra uomo e donna a partire dai testi fondanti delle Scritture». Un’indagine a tutto tondo, nella quale si è riflettuto «sulla funzione originaria, prima ancora che culturale, di tale rapporto», quindi sulle «dinamiche del potere e della
violenza» che in esso si possono trovare, e infine «sulla relazione tra uomo e
donna vista come immagine di Dio, senza trascurare il mondo delle emozioni e
degli affetti». Come ha sottolineato Mazzinghi, attorno allo stesso tavolo si sono
radunati studiosi delle varie Chiese cristiane e anche di altre fedi, «tutti impegnati in un dialogo che cerca di mettere a confronto diversi punti di vista».
«Madonna
della
misericordia»
(Monteleone
di Spoleto, chiesa
di San Francesco)
Nel dialogo tra cattolici e ortodossi
E lui vi insegnerà tutto e vi ricorderà
tutto ciò che io ho detto”». Il Signore,
dunque, «promette di inviare lo Spirito Santo per accompagnare i discepoli, la Chiesa sulla strada della storia».
Ma Gesù «parla anche del Padre».
Infatti, ha ricordato Francesco, «in
quel lungo, lungo discorso con i discepoli, parla del Padre», assicurando
«che il Padre vuole loro bene e che
qualsiasi cosa loro domandano al Padre, il Padre gliela darà. Che siano fiduciosi nel Padre». E così, ha spiegato
il Papa, fa «un passo in più: non solo
dice “non vi lascerò soli”, ma anche
“non vi lascerò orfani, vi do il Padre,
con voi è il Padre, il mio Padre è il vostro Padre». Poi, ha proseguito Francesco, «avviene tutto quello che noi
sappiamo, dopo la cena: l’umiliazione,
la prigione, il tradimento dei discepoli; Pietro rinnega Gesù, gli altri fuggono».
Tanto che, ha detto il Pontefice riferendosi al passo liturgico del Vangelo
di Giovanni (19, 25-27), sotto la croce
c’era «soltanto un discepolo, con la
madre di Gesù, con Maria di Màgdala
e l’altra Maria, parente». E lì, alla croce, «c’è Maria, la madre di Gesù: tutti
la guardavano», magari sussurrando:
«Quella è la madre di questo delinquente! Quella è la madre di questo
sovversivo!». E Maria, ha aggiunto il
Papa, «sentiva queste cose, soffriva
umiliazioni terribili e sentiva anche i
grandi, alcuni sacerdoti che lei rispettava perché erano sacerdoti», dire a
Gesù: «Ma tu che sei tanto bravo,
scendi, scendi!». Maria, ha affermato
Francesco, accanto a «suo Figlio, nudo, lì, aveva una sofferenza tanto
mo orfani». E Maria «ci partorisce in
quel momento con tanto dolore, è
davvero un martirio: col cuore trafitto,
accetta di partorire tutti noi in quel
momento di dolore. E da quel momento lei diventa la nostra madre, da
quel momento lei è nostra madre,
quella che si prende cura di noi e non
si vergogna di noi: ci difende».
«I mistici russi dei primi secoli della
Chiesa — ha ricordato a questo proposito Francesco — davano un consiglio
ai loro discepoli, i giovani monaci: nel
momento delle turbolenze spirituali rifugiatevi sotto il manto della santa
madre di Dio. Lì non può entrare il
diavolo perché lei è madre e come madre difende». Poi «l’occidente ha preso questo consiglio e ha fatto la prima
antifona mariana Sub tuum praesidium:
sotto il tuo mantello, sotto la tua custodia, o Madre, lì siamo sicuri».
«Oggi è la memoria del momento
che la Madonna ci ha partorito — ha
proseguito il Papa — e lei è stata fedele a questo parto fino al momento di
oggi e continuerà a essere fedele». E
«in un mondo che possiamo chiamare
“orfano”, in questo mondo che soffre
la crisi di una grande orfanezza, forse
il nostro aiuto è dire: “Guarda a tua
madre!”». Perché abbiamo una madre
«che ci difende, ci insegna, ci accompagna, che non si vergogna dei nostri
peccati» e «non si vergogna, perché
lei è madre».
In conclusione, il Pontefice ha pregato «che lo Spirito Santo, questo
amico, questo compagno di strada,
questo Paraclito avvocato che il Signore ci ha inviato, ci faccia capire questo
mistero tanto grande della maternità
di Maria».
Primato
e sinodalità
Il rapporto tra primato e sinodalità nella vita della Chiesa
sarà al centro della quattordicesima sessione plenaria della
Commissione mista internazionale per il dialogo teologico
tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. La riunione si
terrà dal 15 al 22 settembre a Chieti, ospitata dall’arcidiocesi
di Chieti-Vasto e dalla Conferenza episcopale italiana.
Ai lavori della Commissione, che saranno presieduti dal
cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per
la promozione dell’unità dei cristiani, e dall’arcivescovo di
Telmessos Iob (Getcha), del Patriarcato ecumenico, parteciperanno, come nel passato in circostanze analoghe, due rappresentanti di ognuna delle quattordici Chiese ortodosse autocefale e altrettanti rappresentanti cattolici.
La plenaria avrà come oggetto l’esame di una bozza di
documento, dal titolo Towards a common understanding of
Synodality and Primacy in service to the Unity of the Church, la
cui redazione è stata avviata nel corso della precedente sessione tenutasi ad Amman, in Giordania, nel 2014, ed è stata
completata dal comitato di coordinamento della Commissione nel corso della riunione che ha avuto luogo a Roma nel
2015. A Chieti, i membri della Commissione saranno chiamati a valutare se tale bozza rispecchi in maniera adeguata
il consenso attualmente esistente sulla delicata questione del
rapporto teologico ed ecclesiologico tra primato e sinodalità
nella vita della Chiesa o se sarà necessario continuare ad approfondire la tematica. La sessione plenaria offrirà ai partecipanti anche l’opportunità di condividere momenti di preghiera con le comunità cristiane locali. Sabato 17, i membri
della Commissione saranno presenti alla celebrazione della
messa nella cattedrale di San Giustino a Chieti; domenica
18, parteciperanno alla celebrazione della divina liturgia nel
santuario del Volto Santo a Manoppello (Chieti). Infine, è
prevista una visita alla città di Vasto e all’abbazia di San
Giovanni in Venere a Fossacesia.
un figlio. Nel secondo racconto della
creazione, appare come Dio ci abbia fatto in modo “artigianale”, plasmando del
fango dalla terra, cioè le mani di Dio si
sono compromesse con la nostra vita. Ci
ha creato non solo con la sua parola,
ma anche con le sue mani e il suo soffio
vitale, quasi a dire che tutto l’essere di
Dio si è coinvolto nel dare vita all’essere
umano.
Esiste però la possibilità che questa
dignità, conferitaci da Dio, possa degradarsi. Per dirla in termini calcistici, l’uomo ha la capacità di fare “autogol”. Ciò
avviene quando negoziamo la dignità,
quando abbracciamo l’idolatria, quando
facciamo posto nel nostro cuore all’esperienza degli idoli. Durante l’esodo
dall’Egitto, quando il popolo era stanco
perché Mosè tardava a scendere dal
monte, fu tentato dal demonio e si costruì un idolo (cfr. Es 32). E l’idolo era
d’oro. Tutti gli idoli hanno qualcosa
d’oro! Questo fa pensare alla forza attrattiva delle ricchezze, al fatto che l’uomo perde la propria dignità quando nel
suo cuore le ricchezze prendono il posto
di Dio.
Invece Dio ci ha dato la dignità di
essere suoi figli. Da qui deriva anche
una domanda: come posso condividere
questa dignità, così che si sviluppi in
una reciprocità positiva? Come posso
fare in modo che l’altro si senta degno?
Come posso “contagiare” dignità?
Quando qualcuno disprezza, segrega,
discrimina, non contagia dignità, ma il
contrario. Ci farà bene domandarci
spesso: come assumo la mia dignità?
Come la faccio crescere? E ci farà bene
anche esaminarci per scoprire se e quando non contagiamo dignità nel nostro
prossimo.
Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per
il lavoro prezioso che svolgete e vi assicuro la mia preghiera. E per favore, non
dimenticatevi di pregare per me. Grazie.
Udienza
al metropolita Ilarione
Nella mattina di giovedì 15 settembre il Papa ha ricevuto in udienza
sua Eminenza il metropolita Ilarione di Volokolamsk, presidente del Dipartimento
per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca