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Comunicare la mission* CHIARA ROSSATO** Abstract Il riconoscimento del ruolo fondamentale svolto dal concetto di mission nel processo di formulazione, implementazione e valutazione della strategia aziendale è un punto saldo negli studi di management. Nonostante si rilevi una molteplicità di vedute sia in relazione alla definizione della stessa, sia con riferimento al contenuto che essa dovrebbe presentare, vi è un comune intendimento circa le sue finalità e la sua ripercussione positiva in termini di performance aziendali. Sulla base del quadro di riferimento schematicamente richiamato, in questo scritto si cerca in primo luogo di individuare i benefici derivanti dalla comunicazione della mission sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione. In secondo luogo, si presentano i risultati di un’indagine condotta su un gruppo di imprese con l’obiettivo di valutare l’efficacia della comunicazione della mission attraverso il sito web aziendale. Parole chiave: missione, comunicazione, web It’s generally accepted in business studies that mission is a key concept in strategy formulation, implementation and control, but there isn’t any general agreement about the meaning of this word, the content of the mission statement. Instead, there’s a common consent about mission purpose and its positive effect on business performance. This article firstly tries to identify the benefits of the communication of the mission inside and outside the organization. Thirdly, the results of a business sample analysis, which wants to evaluate the mission web communication effectiveness are presented. Key words: mission, communication, web 1. L’utilità della comunicazione della mission Individuare ed esplicitare la missione, così come accade per i valori aziendali, comunicarla e spiegarla, richiede un impegno notevole di energia e di tempo, * ** Desidero rivolgere un sentito ringraziamento ai professori Federico Brunetti ed Elena Giaretta per gli stimoli e i suggerimenti che mi hanno trasmesso. Naturalmente la responsabilità di quanto scritto rimane esclusivamente mia. Ricercatore in Economia e Gestione delle Imprese - Università degli Studi di Verona. e-mail: [email protected]. sinergie n. 77/08 142 COMUNICARE LA MISSION necessita di profonde e ripetute interazioni tra i membri del vertice aziendale ed i propri collaboratori. Non si tratta meramente di dire qual è la ragione d’essere dell’impresa, ammesso che questa possa essere una operazione semplice1. Occorre esprimerla con termini adeguati, in grado di veicolare non solo i concetti, ma anche un “senso di missione”2, capaci di sollecitare sia l’intelletto che l’emotività3. Il processo di sviluppo della missione, infatti, non è fine a se stesso. La missione ha bisogno di essere diffusa all’interno e all’esterno dell’organizzazione al fine di manifestare tutta la sua efficacia. Il sostenimento di questi sforzi, che coinvolgono in primis il vertice aziendale, trova un giusto riconoscimento nei benefici considerevoli di cui tutto l’organismo impresa può giovare, al di là della varietà di opinioni che si possono rilevare in proposito4. La pluralità dei vantaggi di cui può godere l’impresa che definisce la propria missione e ne dà adeguata diffusione può essere accorpata in due fondamentali gruppi a seconda che si analizzi l’organizzazione aziendale nelle sue relazioni interne o esterne. In un’ottica interna si può ritenere che la comunicazione della mission sia funzionale a: 1 2 3 4 fornire un senso di direzione; migliorare il clima aziendale. “Leaders often avoid the task of defining mission. It is hard work, and it invites conflict. By evading conversation about mission, managers take the mission as given and understood”, cfr. J.A. Weiss, S.K. Piderit, “The Value of Mission Statements in Public Agencies”, Journal of Public Administration Research and Theory, vol. 9, n. 2, 1999, p. 221. Cfr. A. Campbell, S. Yeung, “Creating a sense of mission”, Long Range Planning, vol. 24, n. 4, pp. 10-20. Sul punto si veda C.K. Bart, “Sex, Lies and Mission Statement”, Business Horizons, vol. 40, n. 6, November-December 1997, p. 11, il quale scrive: “A company’s mission statement appeal more to the heart than the head of its workers, greater employee commitment to the mission follows”. La stessa divergenza di opinioni esistente con riferimento alla definizione della mission e al suo contenuto si ripercuote anche sulla rilevazione degli scopi e dei benefici connessi alla formalizzazione della stessa. Tra gli studi precedenti, infatti, si può rinvenire un elevato numero di contribuiti che evidenziano una molteplicità di effetti positivi da un lato e negativi dall’altro, connessi alla mission e alla sua comunicazione. Tra i primi si vedano S. Kemp e L. Dwyer, “Mission statements of international airlines: a content analysis”, Tourism Management, vol. 24, 2003, pp. 636-637; J.A. Weiss, S.K. Pinderit, “The Value of Mission Statements in Public Agencies”, op. cit., p. 200; J.H. Davis, J.A. Ruhe, M. Lee e U. Rajadhyaksha, “Mission Possibile: Do School Mission Statement Work?”, Journal of Business Ethics, vol. 70, 2007, pp. 99-110. Tra i secondi si vedano M. Klemm, S. Sanderson, G. Luffman, “Mission Statements: Selling Corporate Value To Employee”, Long Range Planning, vol. 24, n. 3, 1991, p. 79; R. Duane Ireland, M. A. Hitt, “Mission Statement: Importance, Challenge and Recommendations for Development”, Business Horizons, May-June, 1992, p. 37. CHIARA ROSSATO 143 In un’ottica esterna, invece, si può identificare nella maggiore legittimazione ad operare il principale beneficio derivante dalla diffusione della mission al di fuori dell’impresa. • Nell’approfondire l’analisi degli aspetti accennati a partire dai vantaggi che si manifestano nella sfera interna di azione dell’impresa, si rileva come i ricercatori che si sono occupati di mission aziendale sostengano in modo pressoché unanime che questa assolva ad una importante funzione, ossia contribuisca a dare all’organizzazione un senso di direzione. Questa funzione di indirizzamento propria della missione si esplica nella determinazione della rotta verso la quale gli sforzi dell’impresa devono essere protesi e trova espressione in una pluralità di benefici che gli Studiosi ricollegano all’utilizzo di tale strumento. Comunicare un senso di direzione significa chiarire e condividere dove si vuole andare e cosa si vuole essere. Ciò consente all’impresa di promuovere, a tutti i livelli aziendali, una unanimità di intenti nel modo di concepire l’attività aziendale e di darle attuazione. Tutto questo, a sua volta, implica il trascendere dai bisogni dei singoli individui o di gruppi di soggetti e dalle necessità transitorie che interessano un arco temporale limitato5. In altri termini, la mission, da questo punto di vista, promuove il bilanciamento di interessi a volte confliggenti, espressione delle differenti categorie di stakeholder coinvolti nell’operatività aziendale. In tale prospettiva si delinea anche la possibilità di allineamento degli eventuali punti di vista divergenti dei manager che si occupano della gestione aziendale, i quali trovano nella mission la risposta ai quesiti sugli orientamenti di fondo da seguire. Questo aspetto induce a riflettere su un altro importante beneficio espressione della diffusione di un senso di direzione. Quest’ultimo infatti consente al top management una maggiore focalizzazione sullo scopo aziendale e una più marcata coerenza con esso nel processo di formulazione strategica e di pianificazione di lungo periodo. In letteratura, inoltre, sono molti gli Studiosi che, in accordo con le teorie strategiche, sottolineano il carattere essenziale della formulazione della mission al fine di garantire un coerente ed efficace processo di definizione della strategia e di pianificazione di lungo periodo6. 5 6 Cfr. G.J. Hooley, A.J. Cox, A. Adams, “Our five year mission-to boldly go where no man has been before”, Journal of Marketing Management, vol. 8, 1992. Tra gli altri si vedano P. Atrill, M. Omran, J. Pointon, “Company Mission Statement and Financial Performance”, Corporate Ownership & Control, vol. 2, n. 3, Spring 2005, pp. 28-35; W.R. King, D.I. Cleland, Strategic Planning and Policy, Van Nostrand Reinhold, New York, 1979; R. Germain, B.M. Cooper, “How a customer mission statement affects company performance”, Industrial Marketing Management, vol. 19, 1990, pp. 47-50; C. Rarick, J. Vitton, “Mission Statements make cents”, Journal of Business Strategy, vol. 16, 1995, pp. 11-12; T.L. Wheelen, D.J. Hunger, Strategic Management and Business Policy, Addison Wesley Publication, New York, Sixth Edition, 1998. 144 COMUNICARE LA MISSION Una chiara definizione della mission aziendale viene considerata come elemento vitale per lo sviluppo di obiettivi strategici realistici, punto di partenza per ogni nuova iniziativa imprenditoriale7. È lo scenario più efficace affinché l’alta direzione sia in grado di vagliare le differenti alternative strategiche che l’impresa può intraprendere e possa scegliere quella che risulta più coerente. La consapevolezza della direzione da perseguire consente al management una più adeguata trasposizione degli scopi in obiettivi e una appropriata traduzione di questi ultimi in strutture operative8. La classe dirigente viene così supportata nel processo di allocazione delle risorse organizzative, di monitoraggio dell’intero andamento gestionale nonché di assunzione delle decisioni giornaliere al fine di favorire l’integrazione delle attività all’interno dell’organizzazione, sia a livello di aree strategiche d’affari, che di singole persone. Fornendo un senso di direzione strategica, la missione aziendale focalizza l’attenzione su alcuni scopi fondamentali, allontanandola da altri. Tutto ciò consente a chi si occupa di governare l’impresa di dirigerla entro linee di confine ben definite escludendo l’eventualità di navigare fuori rotta. Tuttavia, alcuni Studiosi sottolineano che qualora tale focus risultasse troppo restrittivo si potrebbe incorrere nel rischio di indurre una sorta di miopia strategica9, tale da minacciare la capacità dell’impresa di adattarsi ai cambiamenti a fronte di un ambiente in continuo mutamento e di cogliere i vantaggi provenienti da nuove opportunità che si potrebbero delineare10. D’altro canto, però, si sottolinea anche come una mission definita in termini troppo vaghi possa lasciare ampi margini di discrezionalità nella sua interpretazione e non fungere più da bussola per orientare l’azione manageriale sia a livello top che middle11. 7 8 9 10 11 Cfr. C.K. Bart, “Sex, Lies and Mission Statement”, op. cit., p. 9, il quale rileva che “It is not surprising that mission statements today are regarded as the pivotal starting point for effectively wielding almost every new management program and initiative: TQM, corporate reengineering, self-directed work teams, management by objectives, SBU/divisional planning, and so on. Mission statement form the only solid foundation upon which any corporation program can rest if it is to endure for the long term”. Cfr. W.R. King, D.I. Cleland, Strategic Planning and Policy, op. cit. Cfr. A. Miller, G.G. Dess, Strategic Management, McGraw Hill, New York, Second Edition, 1996, p. 10. Cfr. B. Bartkus, M. Glassman, R.B. McAfee, “Mission Statements: Are They Smoke and Mirror?”, Business Horizons, vol. 43, n. 6, 2000, p. 24-25, i quali scrivono: “Most firms require flexibility and freedom of action because business environments change. Upperlevel managers may be hampered in their long-range planning if they restrict their strategic plan to the limit created by the mission statement. Strict adherence to narrow mission may prevent a company from taking advantage of new opportunities”. Cfr. B. Bartkus, M. Glassman, R.B. McAfee, “Mission Statements: Are They Smoke and Mirror?”, op. cit., p. 24-25, i quali sostengono che: “the presence of a mission statement may actually be counterproductive precisely because it might encourage employees to act independently”. CHIARA ROSSATO 145 • Proseguendo l’analisi dei benefici derivanti dalla comunicazione della mission in un’ottica interna si rileva che un altro ambito di influenza della stessa è inerente al clima aziendale12. Le variabili che influenzano quest’ultimo possono essere ricondotte essenzialmente a due gruppi, quelle organizzative e quelle individuali. Le prime comprendono il grado di decentramento dei processi decisionali, il grado di autonomia e responsabilità sperimentato dai dipendenti, la chiarezza della struttura organizzativa e dei ruoli lavorativi disegnati, il sistema di ricompense e le relazioni fra prestazioni e ricompense e, infine, i livelli di qualità attesi per il lavoro affidato alle persone. Le seconde includono, invece, il grado di apertura delle relazioni, il livello di considerazione e la cooperazione fra i colleghi e con il capo, lo stile di leadership utilizzato dal management, l’intensità del sostegno reciproco e della fiducia fra i soggetti e fra gli stessi e i loro capi e, infine, la propensione ad accettare i rischi13. Una chiara definizione ed esternalizzazione della missione aziendale, ponendosi come strumento di manifestazione del rispetto per le persone e della volontà di coinvolgimento di tutti gli individui che vivono l’impresa al fine di condividerne lo scopo d’esistenza14, influenza alcune di queste variabili. In particolare, consente un maggiore grado di apertura delle relazioni e una più elevata considerazione degli individui anche attraverso uno stile di leadership improntato al coinvolgimento e al sostegno delle persone. Mediante la diffusione della mission, il top management contribuisce a dare un significato al lavoro nel senso che quest’ultimo cessa di essere percepito in quanto fine a se stesso e risulta invece finalizzato ad uno scopo ben preciso e condiviso15. Tutto questo produce i suoi effetti in termini di motivazione delle persone che operano nell’impresa e per l’impresa16. La mission, infatti, se comunicata con efficacia può influenzare il comportamento degli stakeholder chiave17 e stimolare un elevato livello di impegno e di senso di appartenenza nell’organizzazione18. Essa, 12 13 14 15 16 17 18 Sul punto si vedano tra gli altri M.C. Baez, C.K. Bart, “Developing Mission Statements Which Work”, Long Range Planning, vol. 29, n. 4, 1996. Cfr. G. Quaglino, M. Mander, I climi organizzativi, Il Mulino, Bologna, 1997; G. Goldhaber, Organizational Communication, Brown & Benchmark, Madison, 1993. Sul punto si veda M. Klemm, S. Sanderson e G. Luffman, “Mission statements: selling corporate values to employees”, op. cit., p. 77. Cfr. S. Kemp, L. Dwyer, “Mission Statement of international airlines: a content analysis”, op. cit., p. 636. Sul punto si vedano J.C. Shuman, J.A. Seeger, “The Theory and Practice of Strategic Management in Smaller Rapid Growth Firms”, American Journal of Small Business, vol. 11, n. 1, 1986, pp. 7-18; F. Analoui, “What Motivates Senior Managers? The Case of Romania”, Journal of Management Psychology, vol. 15, n. 4, 2000, pp. 324-326; F. Analoui, A. Karami, Strategy Management In Small and Medium Enterprises, Thomson, London, 2003, pp. 116-117. Cfr. C.K. Bart, “Sex, Lies and Mission Statement”, op. cit.,, p. 10 A tale proposito Campbell scrive: “That is why a sense of mission is important. Companies that create it inspire a high level of commitment within their organization. Consider Hewlett-Packard. Their purpose, at least as far as it is written down, is to be 146 COMUNICARE LA MISSION inoltre, può incoraggiare la nascita o il rafforzamento di uno spirito di squadra attorno ad una finalità unica e condivisa a tutti i livelli aziendali19. La coesione intorno ad un senso di missione, poi, migliora anche la fiducia e il convincimento nelle attività dell’organizzazione20. La motivazione del personale interno all’impresa stimola a sua volta una forma di autocontrollo da parte dello stesso sui propri comportamenti e questo determina una riduzione della necessità di meccanismi esterni e formali di controllo21. Circa il potenziale che la mission è in grado di esprimere in termini di motivazione del personale, alcuni Studiosi22 sollevano numerose perplessità connesse a due riflessioni fondamentali. Da un lato si eccepisce che il ragionamento inerente i vantaggi conseguibili in ambito motivazionale può trovare applicazione unicamente a livello teorico, in un ambiente utopico nel quale si destinino elevati livelli di risorse a supporto del processo di divulgazione della mission e nel quale i rapporti di lavoro siano improntati ad una logica di lungo periodo. Le attuali condizioni di operatività delle imprese non consentono alla mission di influire in maniera significativa a livello di motivazione delle persone in quanto le aziende adottano già una serie di strumenti specifici per accrescere tale livello23. Inoltre, la tendenza del momento presente di favorire la mobilità del lavoro e le politiche di ridimensionamento del personale fa sì che un numero sempre maggiore di dipendenti delle organizzazioni aziendali percepisca la precarietà della propria situazione lavorativa e non sia interessato a conoscere i disegni di ampio respiro delle imprese tra i quali si colloca anche la missione. D’altro canto si precisa che la mission potrebbe accrescere l’insoddisfazione dei dipendenti nel momento in cui questi ultimi riscontrino una sostanziale differenza tra quanto specificato nello statement e la realtà operativa. La portata di tale considerazione si può comprendere maggiormente se si pensa alla situazione in cui 19 20 21 22 23 respected”, cfr. A. Campbell, “The Power of Mission: Aligning Strategy and Culture”, Planning Review Special Issue, vol. 20, n. 5, 1992, p. 11. Cfr. A. Campbell, S. Yeung, “Creating a sense of mission”, Long Range Planning, vol. 24, n. 4, 1991, pp. 10-20; R.D. Ireland, M.A. Hitt, “Mission Statements: Importance, Challenge, and Recommendations for Development”, Business Horizon, May-June, vol. 35, 1992, pp. 34-42. Cfr. S. Kemp, L. Dwyer, “Mission Statement of international airlines: a content analysis”, op. cit., p. 636. C.K. Bart, nel suo articolo dal titolo “Sex, Lies and Mission Statement”, (op. cit., p. 11) propone alcuni esempi di imprese che fanno ricorso alla dichiarazione di missione per controllare, in via emotiva, l’attività giornaliera dei propri dipendenti. Si tratta nel particolare della Worthington Industries, della Johnson & Johnson, della Levi Strass e della British Airways. Cfr. B.R. Barktus, M. Glassman, R.B. McAfee, “Mission Statement: Are They Smoke and Mirror?”, op. cit., pp. 26-27. Gli strumenti cui gli Studiosi fanno riferimento sono: il Total Quality Management, l’MBO, i sistemi di incentivazione, gli award banquets, le tecniche di empowerment e le iniziative a sostegno della qualità della vita. CHIARA ROSSATO 147 nella mission aziendale sia riportato un impegno a valorizzare i dipendenti che nella pratica viene disatteso24. Un ultimo aspetto da prendere in considerazione per ciò che attiene i benefici interni derivanti dall’impiego e dalla diffusione della missione aziendale riguarda i risvolti in termini di performance finanziarie. A tale proposito si sono compiuti alcuni studi per testare l’ipotesi per cui l’effetto motivante della mission produrrebbe anche considerevoli vantaggi da un punto di vista finanziario. Le ricerche condotte hanno adottato differenti approcci di analisi e si sono basate su diversi criteri di misurazione dei risultati finanziari. Tutto ciò ha comportato la difficoltà di giungere ad una conclusione univoca. Alcuni studi si sono concentrati sulla comparazione delle performance di imprese che sono dotate di mission statement con i risultati finanziari di aziende prive di tale strumento. I dati emergenti non sono uniformi per cui taluni Studiosi rilevano una significativa differenza tra i return on equity delle due categorie di aziende a favore della prima25, mentre altri ricercatori non riscontrano rilevanti scostamenti tra i risultati conseguiti dai due gruppi di imprese26. Altre ricerche si sono focalizzate sull’analisi della relazione esistente tra il grado di dettaglio del mission statement e le performance aziendali prendendo a riferimento alcuni contesti territoriali ben definiti27. Anche in tal caso, tuttavia, i risultati sono contrastanti e non è possibile esprimere un giudizio circa il grado di dettaglio che favorisca le migliori performance aziendali. In definitiva, quindi, la correlazione tra mission e performance finanziarie rimane ancora un’ipotesi di studio che necessita di ulteriori indagini sotto molteplici punti di vista. 24 25 26 27 Sul punto B. Bartkus, M. Glassman, R.B. McAfee, “Mission Statements: Are They Smoke and Mirror?”, op. cit., p. 26, rilevano che “the mission statement is an attempt to replace the need for investment in resources, employee development, new technologies, and so on. In reality, no one is likely to be fooled; employees, customers, and probably investors recognize the ruse and become frustrated at the difference between the mission statement and the company’s action”. Cfr. A. Campbell, “Does Your Organization Need A Mission?”, Leadership and Organization Development, vol. 3, 1989; A. Campbell, S. Yeung, “Creating a sense of mission”, op. cit.; A. Campbell, “The Power of Mission: Aligning Strategy and Culture”, op. cit.; I. Wilson, “Realize the power of strategic vision”, Long Range Planning, vol. 25, n. 5, 1992, pp.18-28; C. Rarick, J. Vitton, “Mission Statements Make Cents’”, Journal of Business Strategy, vol. 16, 1995, pp. 11-12. Cfr. F.R. David, “How companies define their mission”, Long Range Planning, vol. 22, n. 1, February, 1989, pp. 90-97; M. Klemm,, S. Sanderson e G. Luffman, “Mission statements: selling corporate values to employees”, op. cit..; J. Coats, E. Davis, S. Longden, R. Stacey, E. Clive, “Objectives, missions and performance in multinationals”, European Management Journal, December, 1991. Cfr. J.A. Pearce II, F. David, “Corporate Mission Statement: The Bottom Line”, Academy of Management Executive, vol. 1, n. 2, 1987, pp. 109-116; C. O’ Gorman, R. Doran, “Mission statements in small and medium-sized businesses”, Journal of Small Business Management, vol. 37, n. 4, October, 1999, pp. 59-67. 148 COMUNICARE LA MISSION • Passando all’ottica esterna, si osserva come la mission possa assumere i connotati di un potente strumento di comunicazione verso i pubblici esterni, in grado di migliorare l’immagine e la reputazione aziendale. Chiarire la ragione d’esistenza dell’impresa, il suo scopo ultimo, è un fattore cruciale ai fini della comprensione e del supporto della strategia adottata dalla stessa; tutto ciò è rilevante non solo in ambito interno all’impresa, come si è già avuto modo di osservare, ma anche nell’ambiente esterno. La condivisione di queste informazioni con tale mondo, infatti, consente di instaurare o di migliorare il rapporto con gli stakeholder esterni al fine di favorire il formarsi di percezioni positive circa l’operare dell’azienda. A seconda che tali relazioni coinvolgano una sola categoria o la molteplicità dei gruppi di stakeholder si produrranno effetti in termini di miglioramento dell’immagine o della reputazione aziendale28. A tale proposito è necessario precisare che, essendo l’immagine una delle sfaccettature della reputazione29, un cambiamento favorevole della prima si ripercuote in senso positivo e nel medio termine sulla seconda. La percezione positiva degli stakeholder è l’elemento basilare su cui si fonda la legittimazione dell’impresa ad operare. Una buona reputazione, infatti, è l’espressione del consenso dei pubblici esterni circa la direzione imboccata dall’impresa. Un ulteriore aspetto importante per gli stakeholder, sinonimo di un maggior grado di trasparenza nel governo dell’impresa, è dato dalla possibilità di constatare personalmente come la stessa stia operando con coerenza rispetto ai propri intendimenti. In altri termini, la diffusione della mission all’esterno dell’organizzazione aziendale consente una sorta di controllo diretto da parte dei portatori d’interessi sull’agire imprenditoriale. Questo viene spesso additato come svantaggio, ma in realtà tale considerazione palesa una visione distorta dell’uso della mission. La diffusione della ragione d’essere dell’impresa non dovrebbe essere un fatto opportunistico o animato dal fattore moda, ma dovrebbe essere ispirato da una volontà più profonda di reale condivisione di un percorso imprenditoriale e strategico. • La tabella 1.1 riassume i principali benefici individuati sia in ottica interna che esterna, derivanti dall’introduzione e dalla diffusione della mission aziendale. 28 29 Cfr. R. Chun, G. Davies, “E-reputation: the role of mission and vision statements in positioning strategy”, Brand Management, vol. 8, n. 4 & 5, May 2001, p. 316. Sul punto si veda David Bernstein, Company image and reality. A critique of corporate communication, Holt Rinehart Winston, London, 1944. CHIARA ROSSATO 149 Tab. 1: L’utilità della comunicazione della mission aziendale Macro area di beneficio Categoria Componenti della categoria Superamento dei bisogni personali o temporanei Unanimità d’intenti Allineamento delle divergenze tra stakeholder Convergenza dei diversi punti di vista dei manager Migliore definizione delle strategie aziendali Maggiore capacità di trasposizione degli scopi in obiettivi Senso di direzione Focalizzazione del management Maggiore capacità di trasposizione degli obiettivi in strutture operative Maggiore capacità di monitoraggio del raggiungimento degli scopi Migliore allocazione delle risorse Maggiore impegno nell’organizzazione Maggiore fiducia e convincimento nelle attività dell’organizzazione Clima aziendale Motivazione Maggiore identificazione con le finalità aziendali Maggiore spirito di squadra Migliori livelli di performance Immagine e reputazione Legittimazione Supporto da parte degli stakeholder esterni Fonte: ns. elaborazioni Sulla base delle riflessioni fin qui condotte si può quindi asserire che, dagli studi teorici e dalle ricerche empiriche effettuate negli ultimi anni, la comunicazione della missione abbia un effetto considerevole sullo stato di salute dell’organizzazione. D’altro canto esiste una relazione molto forte tra comunicazione da un lato e benessere aziendale dall’altro30, per cui se la mission si può configurare come un potente strumento di comunicazione interna ed esterna, la sua formulazione e divulgazione esplica sicuramente i suoi effetti anche in termini di benessere e di reputazione dell’impresa. È su questa considerazione che si sviluppa l’analisi empirica proposta nel seguito. 30 Sul tema del benessere si veda Claudio Baccarani, Diario di Viaggio sul treno che non va in nessun posto. Riflessioni per chi vive l’impresa, Giappichelli, Torino, 2005, p. 61. COMUNICARE LA MISSION 150 2. La comunicazione della mission: un modello di valutazione 2.1 Note metodologiche Le riflessioni teoriche proposte mostrano come vi sia un orientamento maggioritario a favore della divulgazione della mission ai fini del conseguimento di benefici che coinvolgono tanto la gestione interna dell’impresa, quanto i rapporti con i pubblici esterni. Ciononostante, in molti casi l’impostazione teorica e la condotta dei practioner risultano essere contrastanti. In questo quadro si inseriscono le forti provocazioni lanciate da alcuni recenti studi in materia. Queste ultime sembrano una prosecuzione dei ragionamenti già condotti in ambito strategico quando, nell’affrontare la fase di crisi acuta sviluppatasi attorno al concetto di strategia, gli Studiosi si interrogavano sulla sua natura di “concetto complesso” o di “scatola vuota”, sottolineando una netta contrapposizione tra il linguaggio degli Accademici in larga parte legato agli schemi e ai miti dell’agire strategico, ed il comportamento operativo, che faceva scarso uso della componente strategica31. Come in origine il concetto di corporate mission ebbe vita a livello internazionale dagli studi di strategia, anche nel contesto odierno sono proprio questi ultimi che suggeriscono ulteriori riflessioni e approfondimenti. Ecco quindi che si palesano le prime provocazioni circa la vaghezza e l’omologazione dei contenuti delle mission aziendali. In questo senso si esprime un’indagine condotta su 301 aziende statunitensi che rivela come queste ultime diffondano dichiarazioni tra loro molto simili, le quali ricorrono all’uso frequente di vocaboli chiave del management quali eccellenza, qualità, essere il migliore, leader, comunità32. D’altro canto la formalizzazione della mission rappresenta sovente per le imprese un’esperienza “dolorosa e frustrante”, con risultati tristemente mediocri e 31 32 Cfr. E. Rullani, B. Di Bernardo, “Strategia: concetto complesso o scatola vuota?”, Finanza, Marketing e Produzione, n. 4, dicembre 1986. Un breve passaggio di questo contributo consente di mettere in evidenza una tendenza ben conosciuta in materia di mission aziendale. Scrivono gli Autori (p. 37): “Il sintomo più preciso di questa crisi sta infatti nella perdita di identità del concetto di strategia nel momento stesso in cui si moltiplica - a proposito e a sproposito - il suo uso. Non solo crescono le definizioni di strategia, in sintonia col fatto che ciò che non appare “strategico” sembra a torto trascurato, di modo che l’architettura della strategia arriva ormai a comprendere, per vari rami e contorcimenti, tutto ciò che nell’impresa vi è di “importante”; ma si allargano anche le aree e le decisioni operative che a buon titolo, in questa tendenza, possono ambire a definirsi “strategiche”, ovvero importanti e da non trascurare, portatrici di effetti non reversibili per altre aree e decisioni”. Cfr. J. Abrahams, The Mission Statement Book. 301 Corporate Mission Statements from America’s Top Companies, Ten Speed Press, Berkeley, 1999, pp. 25-26; 101 Mission Statements from Top Companies: Plus Guidelines for Writing Your Own Mission Statement, Ten Speed Press, Berkeley, 2007. CHIARA ROSSATO 151 sicuramente inferiori alle aspettative. Il limite principale rinvenuto nella maggior parte delle mission è dato dal fatto che spesso, per essere rispondenti alle attese di tutti gli interlocutori aziendali, esse risultano essere lunghe, noiose, scontate e prive di carattere differenziante33. Accogliendo queste sollecitazioni prende vita l’ipotesi di lavoro che guida l’indagine empirica. Si ritiene, infatti, che le imprese comunichino con i propri stakeholder mediante formule preconfezionate e per questo non sagomate sulla realtà della singola azienda e di conseguenza asettiche e sterili. Questo aspetto diviene ancora più pesante se si pensa ai nuovi strumenti di comunicazione digitale, al loro sviluppo preponderante e ai loro caratteri peculiari rispetto ai media tradizionali. Nel mondo web, infatti, risulta immediato il confronto tra siti aziendali non solo da un punto di vista grafico ma anche e soprattutto in un’ottica contenutistica. L’impresa, inoltre, non può sottrarsi a questa forma di concorrenza che contribuisce fortemente a mettere in discussione la fedeltà del cliente/consumatore. Nell’era di internet, quindi, si ritiene che le imprese non sfruttino a pieno il potenziale comunicativo della mission limitandosi a divulgare dichiarazioni prive di vita e di personalità e in quanto tali non coinvolgenti e incapaci di assolvere al loro fondamentale compito di esprimere la ragione d’esistenza della singola realtà aziendale. Per valutare questa ipotesi di lavoro, si è andati a “vedere da vicino” come si presentano le mission di alcune aziende ed in particolare di quelle riconosciute a livello nazionale per l’elevato grado di benessere organizzativo. In realtà queste imprese, proprio per i risultati acquisiti in termini di performance di benessere, dovrebbero cercare di utilizzare a pieno il potenziale comunicativo della mission aziendale e presentare interessanti dichiarazioni circa la loro ragione d’essere, in conformità alle caratteristiche essenziali di una mission ben costruita. E questo non solo all’interno dell’azienda, bensì anche all’esterno ricorrendo alla comunicazione via internet mediante il sito web dell’azienda che - seppur spesso ancora sottovalutato - rappresenta uno dei più potenti mezzi di comunicazione dell’oggi e del domani. Dal punto di vista metodologico, si è così proceduto all’individuazione del gruppo di imprese da analizzare per poi ricercare l’espressione della loro mission sul sito internet aziendale. Per testare l’ipotesi di base la ricerca è stata condotta su un particolare gruppo di imprese, ossia quelle che fanno parte della classifica stilata dal Great Place To Work Institute®, riferita alle 35 migliori aziende per le quali lavorare in Italia nel 200734. 33 34 Sul punto si veda G. Kawasaki, The Art of the Start. The Time-Tested, Battle-Hardened Guide for Anyone Starting Anything, Portfolio, New York, 2004, tradotto in Italiano da R. Merlini col titolo L’arte di chi parte (bene). Guida testata sul campo per chiunque intraprenda una nuova attività, pubblicato dalla casa editrice Etas nel 2006. La classifica è stata pubblicata nella rubrica “Manager e Impresa” de Il Sole 24 Ore di sabato 16 dicembre 2006 e sul sito internet www.greatplacetowork.it/best/list-it.htm. 152 COMUNICARE LA MISSION A livello teorico, infatti, le aziende inserite nella classifica del GPTW dovrebbero cercare di utilizzare a pieno i vantaggi della comunicazione della mission in ordine al favorire il miglioramento del proprio clima organizzativo. Di qui la scelta di questo gruppo di imprese. Uno dei problemi fondamentali da risolvere per questa analisi ha riguardato la chiara individuazione di ciò che si include nel concetto di mission. Molti siti web, infatti, presentano sezioni che pur avendo denominazioni molto diverse tra loro, sono chiaramente concepite al fine di comunicare lo scopo ultimo, la ragione d’esistenza dell’impresa. Per tale motivo, prescindendo dalle differenti etichettature che ciascuna azienda ha adottato, si è accolta come missione ogni dichiarazione che volesse rispondere ai quesiti “perché esiste l’impresa?” e “quali bisogni intende soddisfare?”35. Le mission raccolte, poi, sono state analizzate mediante una scheda di valutazione definita sulla base delle caratteristiche essenziali di una comunicazione efficace della mission. 2.2 La griglia di valutazione delle mission Per essere efficace la mission aziendale dovrebbe presentare alcuni caratteri essenziali che consentano all’impresa di raggiungere i benefici per cui la stessa è stata introdotta. Una mission efficace dovrebbe essere: - breve ed espressiva, ossia non soffermarsi in lungaggini prive di valore aggiunto dal punto di vista comunicativo; motivante e d’effetto, ossia in grado di suscitare un coinvolgimento emotivo del lettore; capace di evocare immagini nel lettore; chiara e semplice dal punto di vista linguistico; realistica e specifica in relazione al suo oggetto e alla sua esplicitazione; comprensibile da parte del target di riferimento; curata nella sua stesura. Inoltre, dalla combinazione di alcuni di questi elementi emerge come essa dovrebbe essere anche facile da memorizzare. Sulla base di queste considerazioni l’esame delle mission delle aziende analizzate nell’ambito del Great Place to Work dell’anno è stata svolta sotto due profili fondamentali (tabella 2). In primo luogo l’indagine ha riguardato il contenuto delle mission, al fine di evidenziarne la brevità intesa come sintesi espressiva, la capacità di evocare 35 Si è accolta in questo senso la provocazione di Guy Kawasaki che nel ripensare alla mission aziendale ipotizza una sua semplificazione contenutistica e la definisce come la risposta alla domanda “Che tipo di realizzazione significativa potrebbe perseguire la singola impresa?”, Cfr. G. Kawasaki, The Art of the Start., op. cit., p. 6 trad. italiana. CHIARA ROSSATO 153 emozioni ed immagini nella mente del lettore, la chiarezza intesa quale assenza di giri di parole e di concetti ridondanti, la concretezza ossia la precisione nell’uso dei termini e delle parole chiave e la comprensibilità del testo. In secondo luogo si è analizzata la cura del testo scritto in termini di uso della punteggiatura e dei caratteri di stampa al fine di dare maggiore enfasi al testo e di evidenziazione delle parole chiave. Ciascuna voce esaminata relativa al contenuto e alla cura del testo è stata valutata mediante attribuzione di un punteggio da 1 a 5, dove 1 indica l’assenza o l’insufficienza del carattere, mentre gli altri valori ne indicano la presenza crescente (2-3-4) o l’impiego ottimale (5). Si è poi ritenuto che, ai fini delle caratteristiche essenziali che la mission deve presentare, le voci relative all’uso della punteggiatura e dei caratteri di stampa esprimano una minore capacità di influire sull’efficacia della enunciazione della mission stessa. Per tanto ad esse è stato assegnato un peso ridotto, pari allo 0,8, rispetto agli altri fattori che contribuiscono alla definizione di una “mission che funzioni”36. Tab. 2: La scheda di analisi delle mission Pesi Impresa 1 Impresa 2 Impresa n Media Pesata Contenuto Brevità Capacità di evocare emozioni Capacità di evocare immagini Chiarezza Concretezza Comprensibilità 1 1 1 1 1 1 Media Contenuto Cura Nell’uso della punteggiatura Nell’uso dei caratteri di stampa Nell’evidenziazione delle parole chiave 0,8 0,8 1 Media Pesata Cura Media Pesata Totale Fonte: ns elaborazioni Dopo aver analizzato i singoli casi ed aver calcolato, infine, la media pesata di ciascun fattore, si è cercato di esprimere alcune valutazioni circa l’efficacia teorica delle mission analizzate in relazione alle caratteristiche fondamentali ricordate in apertura. I risultati delle analisi condotte sono raccolti nel paragrafo successivo. 36 L’espressione è ripresa dal titolo di un articolo di M.C. Baetz e C.K. Bart, “Developing Mission Statement Which Work”, op. cit. COMUNICARE LA MISSION 154 3. Il quadro emergente dalle scelte delle imprese 3.1 I principali risultati Come già evidenziato da studi precedenti37 il tasso di diffusione della mission nei siti web delle aziende è crescente negli ultimi anni e si attesta attorno al 70%. Nel campione considerato, costituito da 35 aziende, ben 25 hanno provveduto alla formulazione della mission e hanno scelto di dar evidenza alla stessa mediante il sito internet dell’azienda, seppure con modalità diversa. Ciò significa che il 71,43% delle aziende che si sono contraddistinte a livello nazionale per la qualità del loro clima organizzativo ha definito e pubblicizzato la sua ragione d’esistenza. È da evidenziare che, delle residue 10 aziende non dotate di mission pubblicata sul sito internet, 5 (pari al 14,29%) hanno scelto di dare evidenza ai valori aziendali e 2 (pari al 5,71%) alla filosofia dell’impresa. Nei siti di 2 aziende, poi, non si è rinvenuta traccia di sezioni dedicate all’orientamento culturale dell’impresa. Infine, si segnala che un’azienda, la Sevel S.p.A., non è dotata di un sito internet anche se di grandi dimensioni in quanto conta 5.143 dipendenti. Bisogna precisare che si tratta di un’impresa operante nel settore dell’industria manifatturiera e nello specifico della componentistica per automobili, rientrante nell’indotto delle aziende che ruotano attorno al Gruppo Fiat S.p.A. Venendo ora alle mission aziendali esaminate, si riscontra (tabella 3) in termini complessivi, una percentuale abbastanza rilevante, pari al 44%, di imprese che presentano una valutazione media complessiva della forza comunicativa della mission inferiore alla sufficienza, cioè inferiore a 3. Il 48% si attesta attorno alla sufficienza e solamente l’8% delle imprese si contraddistingue per avere un valido statement indicante la propria ragione di vita. Tab. 3: La distribuzione delle imprese in relazione alla valutazione ricevuta nelle diverse sezioni di analisi e nella media totale Intervalli di valutazione 1 – 1,999 2 – 2,999 3 – 3,999 4 – 4,999 Totale imprese Contenuto v. a. % 2 8% 3 12% 17 68% 3 12% 25 100% Sezioni di valutazione Cura Totale v. a. % v. a. % 9 36% 2 8% 11 44% 9 36% 4 16% 12 48% 1 4% 2 8% 25 100% 25 100% Fonte: ns elaborazioni 37 Si veda in proposito quanto riferiscono B.R. Bartkus, M. Glassman, R.B. McAfee, “A Comparison of the Quality of European, Japanese and U.S. Mission Statements: A Content Analysis”, European Management Journal, vol. 22, n. 4, 2004. CHIARA ROSSATO 155 Entrando, nel merito dei due profili esaminati - cioè il contenuto e la cura - si rileva, sempre a livello complessivo, una votazione media migliore per ciò che attiene al contenuto delle mission rispetto alla cura impiegata nella stesura delle stesse. Infatti, in termini di contenuto sono 5 (pari al 20%) le aziende che presentano mission troppo lunghe, non chiare e incomprensibili, mentre in termini di cura sono ben 20 (pari all’80%) le imprese che non raggiungono una votazione media corrispondente alla sufficienza. Inoltre il 12% delle aziende palesa una elevata capacità comunicativa in quanto al contenuto della mission a fronte di un inferiore 4% relativo alle imprese che mostrano statement di rilievo dal punto di vista della cura nella loro formulazione. In linea generale, ancora, si evidenzia (tabella 4) una valutazione media complessiva della capacità enunciativa delle mission aziendali analizzate pari a 3,018. Tale valore indica una efficacia comunicativa appena sufficiente, sintomatica della presenza di alcune considerevoli lacune in qualcuna delle aree indagate. La votazione media relativa alla sezione “contenuto” della scheda di valutazione, pari a 3,173, risulta superiore alla media pesata della sezione “cura”, pari invece al 2,366. Il contenuto risulta sufficientemente efficace, mentre la cura rileva una scarsa capacità espressiva. Tab. 4: Le valutazioni medie dei fattori indagati Pesi Media Pesata Totale Contenuto Brevità Capacità di evocare emozioni Capacità di evocare immagini Chiarezza Concretezza Comprensibilità 1 1 1 1 1 1 Media Contenuto 3,720 2,080 2,280 4,200 3,600 3,920 3,173 Cura Nell’uso della punteggiatura Nell’uso dei caratteri di stampa Nell’evidenziazione delle parole chiave Media Pesata Cura Media Pesata Totale 0,8 0,8 1 2,920 2,320 1,960 2,366 3,018 Fonte: ns. elaborazioni Passando ora all’analisi distinta dei fattori considerati nelle due sezioni per ciò che attiene al contenuto delle dichiarazioni si è notato che le mission sono nella maggior parte dei casi discretamente brevi ed espressive e constano mediamente di una frase di 4-5 righe (la valutazione media del campione è pari a 3,72). A questo riguardo si propone un esempio di mission che si è contraddistinta per la sua brevità. Si tratta di un’azienda molto conosciuta a livello internazionale, Mc Donald’s. COMUNICARE LA MISSION 156 Mc Donald’s To Be The World’s Best Quick Service Restaurant Experience. Ad un livello maggiormente apprezzabile è invece la chiarezza che presenta una valutazione media complessiva pari al 4,2 indice evidente di dichiarazioni prive di concetti ridondanti e di giri di parole. Tra gli statement più meritevoli in tal senso si propone quello di Cisco System, grande impresa che opera nel settore delle Telecomunicazioni e leader nella fornitura di apparati di networking, Cisco System Shape the future of the internet by creating unprecedented value and opportunity for our customers, employees, investors, and ecosystem partners. In merito a concretezza gli statement analizzati sono abbastanza precisi nell’uso dei termini e specifici nei riferimenti settoriali riportando una valutazione media di 3,6. Un esempio di mission a questo proposito riguarda l’impresa Infineum, realtà medio-grande operante nel settore chimico tra i principali produttori e distributori di additivi per carburanti e lubrificanti. Infineum To deliver innovative chemistry and business solutions to our fuels and lubrificant customers for our mutual benefit. Dalla lettura degli statement proposti con riferimento ai caratteri della brevità, della chiarezza e della concretezza si può facilmente capire anche come nel complesso si rilevi un grado di comprensibilità delle mission quasi buono (3,92). Questi dati suggeriscono come le aziende abbiano posto particolare attenzione al linguaggio utilizzato nella stesura della propria ragion d’essere al fine di renderla ben chiara, semplice, precisa e facile a capirsi. Nonostante questi aspetti positivi, le mission peccano complessivamente di incapacità di evocare emozioni (2,08) e stimolare immagini nella mente del lettore (2,28). Si tratta di un aspetto molto problematico, in quanto se le mission non sono in grado di suscitare un coinvolgimento emotivo non potranno essere neppure motivanti e ispiranti, mancando in questo senso ad uno dei caratteri fondamentali delle stesse. A titolo di esempio si riporta lo statement di FedEx Express, uno dei più grandi corrieri aerei espressi al mondo, che pur essendo abbastanza chiaro e comprensibili, nei fatti non riesce a emozionare il lettore o a incuriosirne la mente. CHIARA ROSSATO 157 FedEx Express FedEx will produce superior financial returns for shareowners by providing high value-added supply chain, transportation, business and related information services through focused operating companies. Customer requirements will be met in the highest quality manner appropriate to each market segment served. FedEx will strive to develop mutually rewarding relationships with its employees, partners and suppliers. Safety will be the first consideration in all operations. Corporate activities will be conducted to the highest ethical and professional standards. Nell’ambito del secondo profilo di indagine relativo alla cura nella stesura del testo, come già anticipato, i risultati sono molto meno soddisfacenti (pari in media al 2,366). L’uso della punteggiatura è limitato all’applicazione pedissequa delle regole grammaticali basilari, senza sfruttare il potere comunicativo dei segni d’interpunzione. La valutazione associata a questo fattore è leggermente inferiore alla sufficienza (pari a 2,92) in quanto vi sono alcuni casi che denotano uno scarso impiego della punteggiatura di base. Ancora minore è il ricorso al grassetto, al corsivo, al maiuscoletto e a tutti gli altri caratteri di stampa che concorrono a generare movimento nella frase. La loro valutazione media è pari al 2,32. A conferma della piattezza estetica delle mission esaminate, si riscontra infine una notevole indifferenza nei confronti della possibilità di rendere visivamente più incisiva la propria ragione d’essere evidenziandone le parole chiave (pari all’1,96). Accanto a questo aspetto si vuole precisare, inoltre, che solamente 14 aziende dedicano uno spazio ben definito nel sito aziendale alla mission, mettendola in evidenza e dandole un adeguato risalto. Nel 44% dei casi, invece, la risposta alla domanda why does the firm exist? risulta essere affossata nel testo fitto della pagina, spesso riguardante una descrizione dell’azienda. Infine, si è potuto constatare come vi sia un scarso uso di colori (28% delle aziende) e di immagini, simboli o grafici associati alla mission (32% delle imprese). Elemento questo che assieme alla scarsa incisività emotiva e grafica degli statement fa riflettere in senso critico sulla loro potenziale “memorabilità”. In sintesi, quindi, se si può considerare complessivamente discreta la capacità comunicativa delle mission in relazione al linguaggio chiaro e comprensibile impiegato, bisogna però evidenziarne la rilevante lacuna dal punto di vista dell’efficacia emozionale che le rende difficilmente memorizzabili e tanto meno utilizzabili per creare motivazione. 3.2 Alfa e Omega Sulla base dei risultati dell’indagine e in relazione alla valutazione media della capacità comunicativa complessiva delle mission è possibile sviluppare una classifica delle aziende analizzate. 158 COMUNICARE LA MISSION Pare interessante a questo proposito presentare un esempio di mission statement relativo ad una impresa che si è posizionata ai vertici della graduatoria e una dichiarazione circa la ragione d’essere di un’organizzazione che ha totalizzato una votazione media molto bassa, collocandosi nella parte bassa della classifica. Per quanto riguarda il primo caso, si propone la mission di Abbott. Abbott è un’impresa globale operativa nel settore biotecnologico applicato alla ricerca farmaceutica e si occupa dello studio di nuovi medicinali, nuove tecnologie e nuove modalità per garantire la salute ed un miglioramento della qualità della vita degli individui. Si tratta di una realtà di grandi dimensioni che dà impiego a quasi 2000 persone38. La mission aziendale anche in questo caso è riassunta in poche parole molto efficaci. A promise for life turning science into caring. Per quanto riguarda invece il secondo caso, ossia un’azienda che si colloca al fondo della classifica per scarsa efficacia comunicativa della mission, si propone Barabino & Partners. Si tratta di una società di consulenza manageriale particolarmente specializzata in materia di comunicazione a tutti i livelli e per tutte le esigenze aziendali. Si occupa infatti di comunicazione corporate e finance, delle Investor Relations, della comunicazione legale e di quella legata alle situazioni di crisi aziendale. Cura inoltre per conto delle imprese le relazioni pubbliche e la comunicazione interna sia mediante la realizzazione di piani completi sia attraverso la predisposizione di interventi ad hoc39. La Barabino & Partners si colloca in penultima posizione nella lista dei Great Place to Work del 2007 e presenta una mission che, non molto lunga, è poco comprensibile. Tale dichiarazione, infatti, è costituita da un unico periodo nel quale vi è uno scarso impiego della punteggiatura e l’elevato ricorso ad una terminologia poco chiara e concreta. Supportare in modo continuativo il cliente nella definizione e nell’implementazione di piani di comunicazione, che traducano gli obiettivi in risultati, attraverso un approccio focalizzato sulle specifiche esigenze, in cui elementi determinanti del valore aggiunto creato per il cliente siano l’esperienza e la competenza, la seniority del team di lavoro e la sostanziale conoscenza e il forte presidio del mercato italiano. Dopo aver ripercorso i principali risultati della ricerca e aver segnalato ed analizzato alcune delle mission più meritevoli e degli statement meno comprensibili e difficilmente memorizzabili, si intendono proporre alcune riflessioni di carattere più generale. 38 39 Cfr. sito internet www.abbott.com. Si veda il sito internet www.barabino.it. CHIARA ROSSATO 159 3.3 Chiose finali L’analisi condotta offre alcuni stimoli per riflettere sulle ragioni per cui un’impresa dovrebbe darsi carico non solo di enunciare la propria mission nel rispetto delle sue fondamentali caratteristiche, ma anche di darle adeguata diffusione. Si tratta di alcune prime riflessioni, essendo l’argomento oggetto di uno studio più ampio che prende in considerazione altri gruppi di imprese e che sarà presentato in un contributo successivo. La mission, come si è visto, non è solamente uno strumento di indirizzo strategico; essa è anche e soprattutto un importante mezzo di comunicazione interna ed esterna. Solo di recente, però, si è cercato di porre l’accento sul potenziale comunicativo della stessa, scoprendo come sia importante per l’impresa dire a tutti le ragioni del suo esistere, sia per generare una corretta immagine di sé nella mente degli interlocutori, sia per i vantaggi anche economici che questo può comportare. Per tali ragioni sarebbe opportuno che essa avesse un contenuto rispondente alle esigenze di incisività e di facile memorizzazione. L’analisi, invece, ha evidenziato come non rientri prevalentemente nelle preoccupazioni manageriali quella di dare vita e personalità alla mission, di renderla veicolo di emozioni e non solo di parole spesso riprese da formulari standard. Anche in questa indagine, infatti, si può rinvenire una certa qual somiglianza con gli studi precedenti nell’individuazione delle parole maggiormente ricorrenti negli statement. Si tratta dei termini: - qualità (10 preferenze); innovazione (10 preferenze); migliore/massimo (8 preferenze); prodotto (7 preferenze); consumatore/cliente (7 preferenze); personale e azionisti (6 preferenze). Queste evidenze empiriche fanno sorgere il dubbio che sia in atto una tendenza alla banalizzazione nella comunicazione della mission che si costruisce con troppe parole, secondo forme imitative e ripetitive di concetti abusati e poco espressivi al di fuori di specifici contesti. Tutto ciò è sintomatico di una trascuratezza aziendale rispetto al processo di diffusione della propria ragion d’essere, soprattutto all’esterno dell’organizzazione. I motivi sottostanti questo indirizzo si possono ricondurre a diversi fattori. In primo luogo, si potrebbe sostenere che una scarsa percezione dei benefici derivanti dalla generazione di una mission efficace porti ad un erroneo utilizzo di questo strumento di comunicazione. Ci si riferisce, in questo, all’impiego della stessa come vetrina attraverso la quale l’impresa mette in mostra le proprie competenze distintive nella migliore delle COMUNICARE LA MISSION 160 ipotesi, o la propria capacità dialettica e la conoscenza forbita dei termini in voga in un dato momento. Il fatto, poi, di non darle adeguata visibilità mediante il web potrebbe essere sintomo di un uso opportunistico delle parole, soprattutto per le aziende ritenute eccellenti dal punto di vista del benessere organizzativo. In secondo luogo, si potrebbe collegare lo scarso interesse per la diffusione della mission attraverso il web alla sottovalutazione del potenziale di internet quale nuova frontiera della comunicazione. È necessario precisare che questa incapacità di cogliere la portata innovativa di internet rispetto al modo di comunicare tradizionale delle imprese va ben oltre la diffusione della mission ed è generalizzata. Le imprese, probabilmente, non riescono ancora a concepire una comunicazione che prescinda da quello che esse vogliono trasferire e che sia in grado di autoalimentarsi. Gli individui, in realtà, mediante internet sono nella condizione di informarsi da sé e di confrontare quanto proposto dalle aziende con le notizie raccolte mediante ricerche personali. Se le imprese fossero consapevoli delle opportunità, e d’altro canto delle minacce, connesse ad internet non potrebbero che prendersi cura di ciò che veicolano volontariamente o meno attraverso lo stesso e di quello che circola in maniera indipendente nel web40. Il sito internet aziendale è spesso oggetto di studio degli informatici e raramente in questo ambito c’è spazio per gli esperti di comunicazione. Di conseguenza, il percorso che porta alla diffusione della mission mediante internet è semplice e lineare: gli esperti informatici forniscono gli schemi - a volte anche già completi di ipotesi di sviluppo -, i responsabili della strategia apportano piccoli adattamenti e si va sul web come se nessuno lo dovesse vedere. I segnali raccolti nel nostro procedere non possono certo ritenersi conclusivi. Di certo, però, hanno stimolato in noi la curiosità per approfondire il divenire di questo fenomeno. Bibliografia ABRAHAMS J., The Mission Statement Book, Ten Speed Press, Berkeley, 1999. ANDERSON J.C., NARUS J.A., Business Market Management. Capire, creare, fornire valore, Etas, Milano, 2005. 40 Si pensi per esempio al fenomeno dei Social Network. A tale proposito si veda il pensiero di R. Levine, C. Locke, D. Searls, D. Weinberger espresso nel Cluetrain Manifesto (cfr. sito internet www.cluetrain.com). Per una analisi critica di questo scritto si rinvia a F. 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