siria due anni dopo - Medici Senza Frontiere
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SIRIA DUE ANNI DOPO IL FALLIMENTO DEGLI AIUTI INTERNAZIONALI Siria due anni dopo – Il fallimento degli aiuti internazionali Il violento conflitto che da due anni affligge la Siria e che secondo le stime Onu ha provocato oltre 70.000 vittime, pone oggi la popolazione davanti a una vera e propria catastrofe umanitaria. Nonostante le ripetute richieste al governo siriano, MSF non ha ottenuto il permesso di operare in Siria ma è riuscita ad aprire tre ospedali nelle aree controllate dall’opposizione nel nord del paese, dove l’assistenza rimane ben al di sotto del livello di bisogno. 1. Assistenza sanitaria in pericolo Dalla repressione alla distruzione completa Dalle prime proteste del marzo 2011, nel paese si è assistito a una spirale di violenza che è esplosa in una vera e propria guerra. Proseguono i combattimenti tra l’esercito nazionale e i gruppi dell’opposizione che hanno guadagnato terreno: ma i civili pagano un prezzo altissimo. Mentre il conflitto si fa sempre più intenso, gli operatori sanitari sono costantemente minacciati e le strutture mediche vengono prese di mira e distrutte. Questo rapporto vuole essere una riflessione sui due anni di conflitto in Siria e sullo svuotamento di valore del concetto di assistenza medica in questo paese. Feriti arrestati, medici perseguitati Come altri paesi del mondo arabo, la Siria è stata percorsa da un movimento rivoluzionario nei primi mesi del 2011. Le prime grandi proteste hanno avuto luogo a Damasco il 15 marzo 2011. Con il passare 1 delle settimane si è moltiplicato il numero dei manifestanti che ben presto sono stati presi di mira dalle forze di sicurezza che tentavano di reprimere la rivolta. Gli attivisti credevano di poter ricevere le necessarie cure sanitarie negli ospedali pubblici e privati, perché questi possedevano i mezzi tecnici, le competenze e le risorse per trattare le emergenze traumatologiche. Un tempo il sistema sanitario siriano aveva uno standard elevato. Ma poi le strutture sanitarie sono diventate un obiettivo della repressione. Medici e pazienti hanno riferito di ospedali controllati dalle forze di sicurezza e di persone arrestate e torturate. I medici rischiavano di essere considerati “nemici del regime” perché curavano i feriti e di essere arrestati, incarcerati, torturati e persino uccisi. Le persone ferite nel corso delle proteste hanno smesso di andare negli ospedali pubblici nel timore di essere torturate, arrestate o che venisse negato loro l’accesso alle cure, e sono quindi state costrette ad affidare la loro salute a reti clandestine di operatori sanitari. A Dera, Homs, Hama e Damasco l’assistenza sanitaria veniva fornita ancora, ma di nascosto. Nelle case poco lontane dai luoghi delle proteste, venivano avviati ospedali di fortuna. I centri di salute che curavano i feriti fornivano false diagnosi a livello ufficiale per nascondere la loro attività. La maggiore preoccupazione dei medici che lavoravano in queste reti clandestine era la propria salvezza. L’assistenza sanitaria diventa clandestina Con l’intensificarsi dei combattimenti è stato colpito un numero crescente di strutture mediche. Nel luglio del 2011, l’esercito siriano ha schierato i carri armati nella città di Homs; nel febbraio 2012, la città è stata costantemente oggetto di attacchi da parte di cecchini e di bombardamenti da parte dell’aeronautica militare. Gli aiuti umanitari sono continuati clandestinamente; i medici lavoravano sotto una pioggia di bombe. Le autorità hanno negato non solo l’accesso agli aiuti umanitari internazionali, ma anche il cessate il fuoco per evacuare i feriti. 2 In prossimità delle zone di conflitto, pochi ospedali di fortuna provvedevano alle cure sanitarie, allestiti in grotte, case, fattorie e persino in bunker sotterranei. Qui i pazienti ricevevano le prime cure e una volta stabilizzati, venivano trasferiti in ospedali situati in località più sicure. L’attività di MSF è iniziata donando farmaci e forniture sanitarie ai medici che curavano clandestinamente i feriti. Nel giugno 2012, MSF ha allestito il suo primo ospedale nel nord della Siria, situato lungo una via di evacuazione dei feriti. In sei giorni, MSF è riuscito ad allestire una clinica chirurgica nascosta all’interno di una casa abbandonata. Nel settembre del 2012, MSF ha aperto altri due ospedali nelle province di Aleppo e Idlib, nel nord della Siria, controllate dai gruppi di opposizione. MSF non è riuscito a operare nelle aree controllate dal governo perché le autorità siriane hanno negato l’autorizzazione, nonostante le ripetute richieste di accesso. Di conseguenza, MSF può fornire assistenza diretta e schierare le équipe unicamente nei territori controllati dall’opposizione e può quindi parlare principalmente di quello che le sue équipe testimoniano in quelle località. Il governo siriano è l’unico ad avere una forza aerea e nel corso dei suoi raid prende di mira i centri di salute. MSF verifica quotidianamente le condizioni di sicurezza delle sue équipe e garantisce che gli ospedali restino spazi neutrali demilitarizzati. Strutture sanitarie prese di mira e distrutte La repressione delle proteste pacifiche ha spinto l’opposizione a prendere le armi dal 2012 in avanti. Quando l’opposizione armata ha guadagnato terreno, c’è stata una recrudescenza del conflitto siriano. Le strutture sanitarie sono state prese di mira e distrutte e gli operatori sanitari minacciati o uccisi. Fornire assistenza medica è diventato un atto di resistenza e le strutture sanitarie sono diventate obiettivi militari. Nel luglio 2012, si è aperto un nuovo fronte ad Aleppo. La capitale economica del paese è stata devastata da bombardamenti aerei e combattimenti di terra. Sono stati distrutti gli edifici, tra i quali anche le strutture sanitarie; la banca del sangue che riforniva gli ospedali della regione è stata la prima ad andare in fumo. 3 Dar El Shifa, il più grande ospedale privato di Aleppo, era situato in un’area controllata dall’opposizione, nella parte orientale della città. L’ospedale ha erogato cure sanitarie alle vittime delle violenze fino ad agosto, quando è stato bombardato nel corso di un raid aereo. La sala operatoria è andata distrutta ma il reparto di pronto soccorso ha continuato a funzionare e sono state visitate circa 200 persone al giorno, finché alla fine di novembre un nuovo bombardamento ha completamente demolito ciò che restava dell’ospedale, rendendolo definitivamente inagibile. Nella stessa area è stato predisposto un reparto di pronto soccorso per accogliere il costante flusso di feriti. Per minimizzare i rischi, le attività mediche sono state decentrate in varie località. Due cliniche private si sono fatte carico dei pazienti di Dar El Shifa. I feriti venivano portati in barella a piedi, fino a quando anche una delle cliniche è stata bombardata. Oggi gli ospedali in Siria vengono usati come uno strumento della strategia militare delle parti in conflitto. Nelle aree “liberate” alcuni ospedali sono allestiti o trasformati in “ospedali dell’esercito di liberazione siriano - Free Syrian Army (FSA)” o in ospedali che “sostengono la rivoluzione”. Di conseguenza corrono il rischio di diventare obiettivi militari dove i civili sono ammessi raramente. Delle basi militari di opposizione sono state installate nei pressi di alcuni ospedali di fortuna ― in alcuni casi, anche nello stesso edificio. Questi ospedali corrono il grave rischio di restare coinvolti nei combattimenti o di essere direttamente colpiti nel corso di un attacco. Secondo le autorità siriane, il 57% degli ospedali pubblici del paese è stato danneggiato e il 36% non è più funzionante. Per avere un quadro completo della disastrosa situazione occorre aggiungere anche gli ospedali di fortuna allestiti dall’opposizione e successivamente distrutti dall’esercito. 4 Ospedali in pericolo Il dottor K è un chirurgo che opera i feriti in un ospedale privato da 30 posti letto nella parte nordoccidentale della Siria. “È caduto un missile a circa 50 metri dall’ospedale: le finestre sono andate in frantumi. L’obiettivo era l’ospedale. Questo è l’unico ospedale operativo nella città e serve 15 tra paesi e villaggi: una popolazione di 200.000 persone fa affidamento su questa struttura. Siamo in grado di lavorare e ci sono medici a sufficienza, ma mancano farmaci e attrezzature mediche. Le scorte sono finite. Ora abbiamo bisogno di materiali per le radiografie, di fissatori esterni… non possiamo più fare analisi di laboratorio e le persone sono costrette ad andare da qualche altra parte. L’esercito si è disposto a circa 20 km da qui ― ha conquistato la città due volte lo scorso anno. Quando è arrivato, sono stato costretto ad andarmene perché arrestano i medici che curano i feriti. Per loro i medici sono dei terroristi. Sono arrivati all’ospedale e hanno preso un paziente del reparto. Perché rimango? Perché se me ne vado nessuno curerà i malati. Sono stato minacciato molte volte ma finora sono riuscito a cavarmela perché alcuni amici mi hanno avvertito”. La difficoltà di curare i feriti A causa dei continui bombardamenti c’è una grande necessità di cure chirurgiche traumatologiche. E trattare i feriti di guerra è diventata una priorità. Tuttavia, fornire questo tipo di cure è molto difficile. I centri di produzione e distribuzione farmaceutica di Aleppo hanno chiuso: le scorte sono praticamente finite. Impossibile ricevere rifornimenti da Damasco; tutto sommato, l’unico modo per portare le scorte in Siria è attraverso le linee di rifornimento clandestine dai paesi confinanti. 5 Inoltre le centrali elettriche che servono la regione di Aleppo sono state distrutte. Gli ospedali sono in grado di funzionare grazie all’elettricità prodotta da generatori, ma ottenere il carburante è estremamente difficile. Queste strutture funzionano meglio che possono, data la carenza di forniture mediche. “Ho visto un pronto soccorso in cui mancavano gli strumenti per la sterilizzazione. Dovevano fare le suture con materiali usati” spiega la dottoressa di MSF Natalie Roberts, tornata di recente da Aleppo. C’è anche carenza di ambulanze per il trasporto dei feriti. I pazienti vengono trasportati sulle moto o con veicoli privati, mezzi che generalmente non sono equipaggiati per stabilizzare i feriti. In tutta la provincia di Aleppo c’è soltanto una dozzina di ambulanze che, ovviamente, sono diventati degli obiettivi militari. Con l’emergenza umanitaria in Siria le persone sono state costrette a intraprendere lavori per i quali non hanno avuto alcuna formazione. Molti operatori sanitari siriani hanno lasciato il paese e quelli che rimangono fanno ciò che possono. Tra questi vi sono specialisti, tirocinanti e chirurghi senza la minima esperienza di ferite di guerra. I dentisti effettuano interventi chirurgici minori, i farmacisti trattano i pazienti e i giovani volontari svolgono mansioni da infermieri. “Questa è la guerra e tutti devono fare tutto” racconta uno di loro. 6 Manca una banca del sangue Per trattare pazienti con ferite da arma da fuoco occorrono grandi quantità di sangue. L’unica banca del sangue presente nell’area di Aleppo è stata distrutta nel corso di un raid aereo all’inizio del conflitto. Da mesi gli ospedali devono affrontare questa difficile situazione. Il problema non è trovare i donatori: molte persone sono pronte a donare il sangue. Il problema è mantenere refrigerate le sacche di plasma. Quasi tutti gli ospedali sono privi di frigoriferi. Se una struttura ha la fortuna di averne uno è necessario anche un generatore di corrente perché nella regione manca l’elettricità. Inoltre, gli ospedali dell’area sono privi dei materiali necessari per analizzare e determinare il gruppo sanguigno. Le persone, quindi, che hanno bisogno di trasfusioni di sangue urgenti vengono trasfuse senza effettuare le analisi necessarie e le conseguenze possono essere fatali. “Ho saputo di una donna incinta che era andata a partorire all’ospedale” racconta la dottoressa Natalie Roberts. “Ha avuto bisogno di una trasfusione di sangue ma il sangue usato non apparteneva al suo gruppo. È morta, ma non è chiaro se sia stata l’emorragia o la trasfusione a ucciderla”. MSF ha fornito un frigorifero, soldi per il combustibile, scorte di materiali per le analisi e competenze per avviare una nuova banca del sangue. Oggi, questa nuova struttura rifornisce gli ospedali della regione di Aleppo, ma corre il rischio di diventare un obiettivo militare. 7 2. I civili intrappolati nella violenza Nelle regioni del nord della Siria in cui opera MSF, la popolazione è allo stremo, in particolare nelle aree urbane e semi-urbane che hanno subito bombardamenti indiscriminati e nelle quali vi sono grandi assembramenti di persone, nei mercati e nelle file per il pane, che sono stati presi di mira dagli aerei. Oltre alla devastazione materiale, è crollata anche la struttura socioeconomica del paese e i civili sono i primi a farne le spese. Nonostante una forte solidarietà locale, il perdurare del conflitto ha messo in ginocchio il sistema sanitario e le condizioni di vita si sono gravemente deteriorate. Inoltre, le risorse stanno per finire e la capacità delle persone di darsi reciprocamente aiuto è messa a dura prova. Civili nel terrore Dall’inizio delle sue attività nel nord della Siria, MSF ha potuto testimoniare come la popolazione civile sia coinvolta costantemente nelle violenze. I pazienti feriti dallo shrapnel o dalle bombe, mentre sono al mercato o in fila per il pane, riescono a raggiungere l’ospedale solo grazie alla solidarietà di altri cittadini, malgrado la distanza dai centri di salute e la minaccia costante delle bombe. “Alcuni villaggi vengono quotidianamente colpiti dai razzi o dagli esplosivi lanciati dagli elicotteri” dice Katrin Kisswani, coordinatore di MSF in Siria. “Questo ha avuto un effetto devastante sulle persone. Qualche giorno fa un elicottero ha sganciato un paio di barili di tritolo e schegge di metallo proprio al centro di un villaggio. Abbiamo curato le vittime nel nostro ospedale c’erano anche donne e bambini”. Nel corso di missioni esplorative, le équipe di MSF sono anche entrate in contatto con persone che erano rimaste completamente prive di assistenza. I civili sono traumatizzati dal conflitto e vivono nella paura costante di colpi d’arma da fuoco, di razzi e missili. Sono persino sospettosi l’uno dell’altro: è 8 capitato che non abbiano fornito il loro vero nome per paura che la loro storia potesse diventare pubblica e la loro famiglia subire delle minacce. Il 13 gennaio di quest’anno, 20 persone sono rimaste uccise e 99 ferite nel bombardamento di un mercato ad Azaz. MSF ha trattato 20 feriti, tutti civili, tra i quali vi erano cinque bambini. Neanche due giorni dopo altri 44 pazienti hanno ricevuto cure di emergenza in un’altra struttura di MSF dopo che diversi barili di esplosivo erano stati sganciati su un villaggio e un razzo era caduto sulla provincia di Idlib. Paura degli aerei Faotum H., 55 anni, sta seduta fuori dall’ospedale di MSF dove è stato visitato suo nipote. Ricorda l’estate del 2012, il rombo degli aerei militari siriani sopra Azaz, una città nel nord della Siria che si trova poco lontano dal confine con la Turchia. Un bombardamento aereo le ha colpito la casa ma nessuno dei suoi familiari è rimasto ferito perché non erano lì in quel momento. Il secondo piano è stato però completamente distrutto. La voragine e le macerie sono rimaste lì a ricordare il terribile impatto. Qualche mese dopo il nipote di Faotum, Mohammed, 6 anni, stava giocando a casa con i suoi fratelli quando gli aerei hanno sorvolato Azaz. “I bambini erano terrorizzati e sono corsi al pianoterra. Mohammed non ha visto la voragine ed è caduto rompendosi la gamba e ferendosi alla testa” racconta la nonna. Non era un bombardamento: il semplice rumore degli aerei era bastato a spaventare i bambini e a farli scappare. Mohammed è stato curato in un ospedale di MSF presente nella regione. Sua nonna è sollevata ma ricorda quanto sia stato difficile trovare assistenza medica. “Ad Azaz ci hanno detto che dovevamo andare in Turchia. Alla fine siamo venuti qui e mio nipote è stato ricoverato”. 9 Uomo ferito mentre era in fila per il pane a Halfaya (provincia di Hama) “Un pomeriggio alla fine di dicembre ero in fila dal panettiere per comprare il pane. C’era una fila di circa 300 persone ― è l’unico panettiere rimasto in città. Ero in attesa da tre ore quando improvvisamente è arrivato un aereo e siamo stati colpiti da due missili. Intorno a me gridavano tutti, c’erano molti feriti. Mi sono sentito disorientato, avevo la sensazione che le labbra e la lingua mi bruciassero. I feriti sono stati caricati sui veicoli. Io sono stato portato in un centro di salute, prima con una carriola, poi con un mototaxi. Sono rimasto priva di coscienza per tre giorni. Il secondo giorno mio fratello mi ha portato in un altro centro di salute e poi, con un furgoncino, qui all’ospedale di MSF, dove mi hanno operato. Ho ancora dei problemi alle orecchie, c’è sempre un ronzio e non riesco a sentire bene. La cosa incredibile è che le mie due figlie ne sono uscite indenni. Un muro mezzo crollato le ha protette dall’esplosione e così hanno riportato solo qualche graffio”. All’ospedale di MSF un chirurgo ha pulito le ferite di quest’uomo, rimosso la parte necrotica e suturato i tagli sul viso. La dimensione della ferita sulla spalla sinistra e la gravità della ferita sulla mano destra hanno reso necessario il trasferimento in un ospedale turco per la chirurgia ricostruttiva poiché la struttura di MSF non è attrezzata per effettuare procedure così complesse. Un sistema sanitario al collasso Prima del conflitto, la Siria aveva un sistema sanitario efficiente. Nel paese c’erano operatori sanitari, medici specialisti e un’industria farmaceutica. 10 Ma oggi le risorse sono esaurite. Le reti sanitarie sono al collasso per i problemi di approvvigionamento e la carenza di farmaci dovuti al crollo dell’industria farmaceutica e, indirettamente, nelle sanzioni internazionali imposte alla Siria. Il clima di violenza rende molto difficoltoso accedere alle cure sanitarie. A Homs, Aleppo e nella zona di Damasco i cecchini rappresentano un pericolo costante. È spesso impossibile spostarsi da un’area all’altra e intere comunità sono di conseguenza private dell’assistenza medica. In una emergenza sanitaria i pazienti si trovano ad affrontare un terribile dilemma: rinunciare all’assistenza o rischiare di trovarsi al centro del fuoco incrociato. Di frequente i pazienti vengono mandati in strutture sanitarie con pochissime risorse, ed è già una fortuna che riescano ad avere accesso alle cure. In molti ospedali l’assistenza viene prioritariamente erogata ai combattenti, ma ci sono moltissimi pazienti che necessitano di cure mediche, sia per malattie croniche (diabete, malattie cardiovascolari e insufficienza renale) sia per cure ostetriche e post-operatorie, i quali hanno difficoltà ad accedere all’assistenza sanitaria. “Molte strutture sanitarie hanno chiuso perché sono prive delle attrezzature essenziali e altre sono focalizzate unicamente sulle cure traumatologiche. Questo rende l’accesso alle cure sanitarie molto più difficoltoso” spiega Miriam Alia, coordinatore medico di MSF in Siria. “Nelle regioni in cui operiamo, negli ultimi 18 mesi i bambini non sono stati vaccinati. Non sono protetti contro malattie contagiose come il morbillo e la tubercolosi. Le condizioni sanitarie stanno peggiorando perché l’acqua scarseggia e aumenta il rischio di malattie”. Di recente, sono stati riportati focolai di migliaia di casi di leishmaniosi cutanea nella provincia settentrionale di Aleppo. I medici locali di Deir ezZor hanno riferito a MSF che alla fine di febbraio erano stati registrati 1.200 casi di febbre tifoide, che può essere mortale, e 450 casi di leishmaniosi cutanea. I farmaci per la tubercolosi non sono stati disponibili nella regione per mesi. I pazienti diabetici hanno bisogno di cure e follow up costanti ma al momento sono stati lasciati a se stessi. “Senza insulina i pazienti arrivano 11 con livelli di glucosio nel sangue fino a 5 grammi/litro e abbiamo avuto alcuni casi di piede in cancrena, che deve essere trattato con l’amputazione” racconta Anne-Marie Pegg, specialista in medicina d’urgenza di MSF. Partorire in un paese devastato dalla guerra Prima del conflitto il 95% delle donne siriane partoriva con una ostetrica specializzata. A seguito del graduale collasso del sistema sanitario, ciò non è quasi mai possibile. Quando è fortunata, una donna può partorire con l’aiuto di una levatrice o di una ostetrica tradizionale. Le donne che hanno parti più complessi che richiedono assistenza chirurgica hanno grandi difficoltà a trovare strutture adeguate. Il primo febbraio di quest’anno una donna ha partorito con taglio cesareo due gemelli in una clinica di MSF nel nord della Siria. Il padre dei gemelli ha detto di aver impiegato due settimane per trovare un ospedale in grado di effettuare l’intervento. Nell’ospedale di MSF presente nella provincia di Aleppo i parti sono passati dai 56 del novembre 2012 ai 183 registrati nel gennaio 2013. Le équipe mediche di MSF hanno assistito a un abnorme aumento del numero di aborti e di nascite premature, oltre 30 nei soli mesi di dicembre e gennaio. Ciò è imputabile allo stress generato dal conflitto. Peggioramento delle condizioni di vita “Quasi tutte le famiglie sono fuggite dal villaggio. Non c’è gas, elettricità né pane e le linee telefoniche sono morte. Non c’è niente di cui vivere” dice una casalinga della provincia di Idlib. Il costo della vita è considerevolmente aumentato e i bombardamenti hanno interrotto il rifornimento idrico ed elettrico nel nord del paese. Dall’inizio del mese di dicembre 2012 manca l’elettricità nella parte orientale di Aleppo, ad Al Bab e nell’intera regione fino a Kilis. Il prezzo del carburante è aumentato significativamente e ora che è inverno il clima è costantemente freddo e umido. Per scaldarsi, la gente usa la legna o le stufe a combustibile che sono spesso causa di gravi incidenti. 12 Elisabeth Jaussaud di MSF, tornata dalla parte orientale di Aleppo, racconta: “Ad Aleppo hanno bombardato tutti quegli edifici che hanno un aspetto vagamente amministrativo. Manca l’elettricità per i generatori. La città è piena di cumuli di macerie che bloccano le strade e così le auto o i veicoli blindati non possono passare. Ci sono anche cumuli di spazzatura dappertutto”. Un altro problema è quello della provvista di cibo. I prezzi alimentari sono molto aumentati nelle province settentrionali della Siria, dove è presente MSF (Latakia, Idlib e Aleppo), e per questa ragione si sono verificate gravi carenze di farina e di latte in polvere. MSF ha perciò donato latte in polvere e varie tonnellate di farina nelle province di Idlib e Deir ez Zor. “Solo pochi mercati sono aperti. Le fabbriche sono chiuse. Quando cibo e verdure ci sono, sono troppo cari” sostiene un mukhtar, il capo del villaggio, che non vuole essere identificato. Popolazioni sfollate e isolate Secondo l’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati (UNHCR), dall’inizio delle proteste due anni fa, nel paese sono stati sfollati due milioni e mezzo di siriani. Gran parte di questi non vive nei campi, molti si sistemano in edifici e luoghi pubblici oppure si spostano continuamente. Le condizioni di vita degli sfollati nei campi sono pessime e anche le comunità ospitanti sono allo stremo. 13 È ancora molto difficoltoso l’accesso a vaste aree del paese. Partendo dal confine turco e dirigendosi a sud il livello dell’assistenza cala. È anche difficile portare assistenza nelle aree densamente popolate e nelle regioni desertiche orientali. La crisi alimentare è così acuta che le reti di solidarietà e approvvigionamento non riescono a far fronte alle necessità. Nelle aree controllate dal governo, come le aree occidentali della città di Aleppo, la popolazione vive in enclave circondate dall’opposizione armata. È impossibile portare aiuti umanitari da Damasco in queste aree. Di fronte a una situazione che va peggiorando inesorabilmente, un numero crescente di siriani sta lasciando il paese. Secondo l’UNHCR, un milione di siriani è stato registrato come rifugiato o è in attesa di esserlo, principalmente nei paesi confinanti: Iraq, Giordania, Libano e Turchia. Nel solo mese di febbraio sono arrivati oltre 150.000 rifugiati. Sinora gli aiuti umanitari ai rifugiati siriani non sono stati sufficienti per rispondere ai loro bisogni primari. Nel frattempo le loro condizioni di vita sono costantemente peggiorate con il rigido clima invernale e le temperature sotto lo zero. 3. Ostacoli all’incremento degli aiuti in Siria Una serie di gravi ostacoli impedisce l’incremento degli aiuti nelle aree in mano all’opposizione come in quelle governative. Il governo sta limitando gli aiuti umanitari: a seguito del controllo esercitato da Damasco è molto difficile ampliare l’assistenza e le organizzazioni umanitarie hanno grandi difficoltà ad attraversare le prime linee. Nel frattempo, nel nord del paese l’insicurezza causata da combattimenti e bombardamenti è aggravata da vincoli politici e diplomatici che limitano gravemente la quantità di aiuti. Il controllo dell’assistenza nelle aree governative Dal 2012, gli aiuti internazionali per i siriani rimasti nel paese sono stati generalmente distribuiti da Damasco, dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC), da agenzie ONU (tra le quali PAM, UNHCR, UNRWA, 14 ecc.) e da un’altra decina di ONG internazionali. Gli aiuti vengono erogati attraverso la Mezzaluna Rossa siriana e altre organizzazioni locali autorizzate dal governo a distribuirli sul terreno. Le operazioni sono svolte anche sotto la supervisione del Vice ministro degli Esteri e degli Espatriati siriano. Benché attualmente gli aiuti umanitari non siano sufficienti per i massicci bisogni della popolazione, sarà difficile portare nel paese una quantità maggiore ― e più efficace ― di aiuti. Tanto per cominciare il governo non sta consentendo l’accesso ai territori posti sotto il proprio controllo alle ONG internazionali: l’accesso a queste aree è stato negato a MSF nonostante le numerose richieste. Inoltre, le organizzazioni umanitarie sono tenute a distribuire gli aiuti attraverso le organizzazioni locali che stanno già operando a pieno regime e il cui raggio d’azione è geograficamente limitato. Questi vincoli limitano inoltre in modo significativo la capacità delle agenzie umanitarie tollerate da Damasco di raggiungere la popolazione nel territorio controllato dall’opposizione, nel nord della Siria. Secondo Valerie Amos, sottosegretario generale per gli affari umanitari dell’ONU, delle alternative per la distribuzione degli aiuti, come ad esempio condurre le operazioni umanitarie dai paesi confinanti, non sono attualmente fattibili senza un’autorizzazione governativa o una risoluzione speciale del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Aiuti alle aree controllate dall’opposizione: limitati e a singhiozzo Circa una dozzina di ONG internazionali sono presenti ai confini siriani e cercano di far penetrare gli aiuti all’interno del paese. Inizialmente gli aiuti erano limitati a forniture mediche per i gruppi di medici siriani che curavano clandestinamente i feriti in ospedali di fortuna. Alcuni aiuti sono stati forniti ai campi sfollati lungo il confine con la Turchia. MSF ha inizialmente supportato i medici siriani in questo modo. Con il consolidarsi dei territori controllati dall’opposizione, MSF è stato in grado di entrare nel nord del paese e di aprire tre ospedali. Questa operazione è stata effettuata 15 ufficiosamente perché Damasco impedisce tuttora a MSF di operare sul territorio siriano. Inoltre, gran parte degli aiuti ai civili proviene da tre fonti: la diaspora siriana, i paesi “simpatizzanti” per l’opposizione (Arabia saudita, Francia, Turchia, Qatar…) e le reti di solidarietà politica e religiosa; sono pertanto aiuti soggetti alle agende politiche di questi attori. Nel frattempo il bombardamento indiscriminato o mirato limita notevolmente la quantità di aiuti nel nord della Siria. Gli aiuti sono distribuiti attraverso le organizzazioni locali (composte da medici, uomini d’affari, ecc.), i gruppi armati e le autorità civili che stanno cercando di costituirsi (come i comitati di coordinamento rivoluzionari locali). Alcune aree lungo i confini, de facto, non subiscono bombardamenti. Ma l’approvvigionamento di aiuti è ancora minore nell’entroterra, come nella regione di Deir ez-Zor, che è particolarmente dimenticata. Un altro ostacolo alla distribuzione degli aiuti è di natura politica. Nel nord della Siria gli organismi internazionali stanno lottando per trovare un modo per collaborare efficacemente con le autorità locali e con le reti siriane di aiuti. Un problema è costituito dalla presenza di molti rappresentanti e leader. Gli attori umanitari cercano di valutare la reale importanza e consistenza dei vari rappresentanti con cui vengono a contatto. Inoltre gli attori umanitari diffidano di queste persone perché possono essere affiliate a varie reti in competizione tra loro (per esempio, politiche, militari o religiose). L’ultimo ostacolo è amministrativo. Benché i paesi confinanti tollerino le ONG impegnate in operazioni umanitarie oltreconfine, non sono disposti a concedere loro il sostegno logistico e amministrativo di un permesso ufficiale. Oltre a rallentare l’invio degli aiuti, questa condizione di semiclandestinità è in conflitto con le norme finanziarie di alcuni donatori che sono restii a finanziare ONG che svolgono operazioni oltreconfine. Ciò che rende questa situazione paradossale è il fatto che la UE, la Turchia e altri 130 paesi riconoscono la coalizione nazionale siriana quale unica rappresentante del popolo siriano, cui forniscono aiuti finanziari e militari 16 (ufficialmente “non letali”). Stando così le cose, è difficile capire cosa stia trattenendo i paesi confinanti con la Siria e i donatori dal riconoscere ufficialmente e dal fornire supporto finanziario alle operazioni umanitarie oltreconfine. Il pericolo delle operazioni umanitarie oltre le prime linee Benché l’assetto attuale sia volto a coprire tutti i bisogni umanitari della Siria, gli aiuti nazionali e internazionali forniti nelle aree non controllate da Damasco restano limitati. Ciò è dovuto alle grandi difficoltà nell’imporre un cessate il fuoco temporaneo, necessario per trasportare oltre le prime linee e in modo sicurole forniture e le équipe che collaborano con la Mezzaluna Rossa siriana. Un portavoce della ICRC, che è stato recentemente nel paese, ha sintetizzato la situazione con questa dichiarazione pubblica: “Organizzare operazioni trasversali è una grossa sfida, non ultimo perché, come in ogni conflitto, nessuna delle due parti è entusiasta di vederci andare nell’area controllata dal nemico”. I gruppi dell’opposizione armata dimostrano una grande sfiducia nei confronti della Mezzaluna Rossa siriana che viene percepita come filogovernativa, nonostante la dedizione dei suoi membri (dall’inizio del conflitto sono stati uccisi in missione sette volontari della Mezzaluna Rossa e otto dipendenti ONU). Per coprire i bisogni della popolazione civile occorre prioritariamente ampliare la capacità degli attori umanitari di fornire aiuti imparziali su tutto il territorio siriano e facilitare urgentemente le operazioni oltrefrontiera. Aiuti insufficienti Alla fine di gennaio 2013, oltre 60 paesi hanno assunto l’impegno di devolvere oltre 1,5 miliardi di dollari in aiuti umanitari per la popolazione siriana. Questa cifra, volta a coprire gli urgenti bisogni umanitari per la prima metà del corrente anno, può essere confrontata con la piccola somma che l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (UNOCHA) è stato 17 realmente in grado di ottenere per finanziare il proprio piano d’azione nel 2012. Il piano per il 2013 prevede una risposta regionale per i rifugiati, stimata in un miliardo di dollari per 1.1 milioni di persone, e in 520 milioni di dollari per 4 milioni di persone “direttamente o indirettamente colpite dagli eventi in corso” in Siria. Tuttavia, al 19 febbraio il piano di azione ONU aveva ricevuto solo il 20% dei finanziamenti necessari. A parte ciò, la differenza tra l’importo dei finanziamenti per gli aiuti ai rifugiati e l’importo stanziato per i siriani rimasti nel paese dimostra che l’attuale sistema è incapace di rispondere all’emergenza attualmente in corso nel Paese. 4. Aiuti inadeguati per i rifugiati siriani Secondo le stime ufficiali, 1 milione di rifugiati siriani sono registrati o in attesa di esserlo nei paesi confinanti della Siria: Libano, Giordania, Turchia e Iraq. Tuttavia la cifra reale potrebbe essere molto più alta perché molte persone non stanno seguendo l’iter per il riconoscimento dello status di rifugiato. Nei mesi scorsi, 7.000 persone hanno lasciato la Siria ogni giorno, in maggioranza donne e bambini. La situazione dei rifugiati in fuga dalla Siria mette in luce il fallimento del sistema degli aiuti internazionali nel rispondere alla crisi siriana. Benché accesso e sicurezza nei paesi confinanti non rappresentino un grave problema, il sistema degli aiuti internazionali non è riuscito a prevenire e a rispondere ai crescenti bisogni dei rifugiati. Il costante flusso di rifugiati che si riversano nei paesi confinanti con la Siria sta indebolendo le già precarie strutture di accoglienza e sta peggiorando la terribile situazione dei rifugiati sparsi in Libano. In Giordania e in Iraq le condizioni di vita nei campi rifugiati sono spaventose. I campi sono saturi e l’igiene scarseggia a causa della mancanza di latrine e docce. La gente vive in tende affollate e prive di riscaldamento che offrono ben poca protezione dal freddo invernale. All’ inizio dell’anno, 18 piogge torrenziali e neve hanno devastato alcuni campi rendendoli inagibili. In Libano, dove non ci sono campi ufficiali per i rifugiati siriani, un numero sempre crescente di persone vive in ripari collettivi inadeguati, fattorie, garage, edifici in costruzione e vecchie scuole. Secondo un’indagine condotta da MSF a dicembre, il 50% dei rifugiati siriani in Libano non riceve le cure mediche necessarie perché non può permettersele. Anche il cibo è un problema spinoso. Le équipe di MSF hanno visto donne nutrire i loro bambini con il tè perché non potevano permettersi di comprare il latte. Lo stress psicologico è diffuso tra i rifugiati, siano essi uomini, donne, bambini. La maggioranza dei rifugiati intervistati da MSF in Libano e Iraq ha riferito di aver lasciato la Siria per la mancanza di sicurezza ma anche per il deterioramento delle condizioni di vita (mancanza di cibo, acqua, carburante e cure sanitarie). Migliaia di rifugiati siriani si trovano in una situazione inaccettabile. Dopo essere fuggiti da una zona di guerra e aver lasciato ogni cosa, le persone devono aspettare settimane e persino mesi per ottenere il riconoscimento ufficiale di rifugiato e ricevere l’assistenza necessaria. Molte famiglie vivono in condizioni disperate con pochissima assistenza mentre altre ne sono del tutto prive: circa un rifugiato su quattro in Libano ha riferito di non aver ricevuto alcuna assistenza mentre il 65% ha raccontato di aver ricevuto solo un’assistenza parziale che non ha coperto i bisogni della famiglia. Per Iraq, Giordania, Libano e Turchia, che ospitano quasi tutti i rifugiati siriani, il costo è sempre più alto e le popolazioni che negli ultimi due anni sono state molto ospitali non sono più in grado di portare questo peso. Malgrado la solidarietà e i tremendi sforzi fatti da questi paesi per fronteggiare la crisi, le varie strutture e progetti di aiuto messi in campo non sono oggi funzionali ed è assai probabile che rimangano tali se continuerà il flusso di rifugiati. Un tardivo riconoscimento della portata e della durata della crisi e il numero sempre crescente di rifugiati sono le principali ragioni che spiegano i ritardi nel fornire una risposta commisurata ai bisogni. Ma oggi è 19 necessario ampliare il livello di aiuti ai rifugiati siriani per scongiurare una grave crisi umanitaria. È necessaria una risposta umanitaria più vasta, concertata ed efficace che dia sollievo a queste persone già provate dal conflitto che dilania la Siria e garantisca il soddisfacimento dei loro bisogni umanitari e sanitari. A partire dal 2011, MSF ha ampliato il suo lavoro con i rifugiati siriani in Libano, Giordania, Iraq e Turchia. In Libano Dei 300.000 rifugiati siriani registrati ufficialmente oggi in Libano, secondo l’UNHCR, da ottobre in 220.000 hanno attraversato il confine. Molte famiglie vivono in edifici in costruzione, garage, magazzini e accampamenti del tutto inadeguati ai rigori dell’inverno. I principali bisogni individuati da MSF in un’indagine condotta nel dicembre del 2012 sono gli alloggi, il cibo, i generi di conforto per l’inverno, assistenza sanitaria primaria e secondaria e supporto psicologico. La comunità libanese ha fatto un grosso sforzo per assistere i rifugiati. Anche se la situazione in Libano rimane relativamente stabile, gli effetti economici, sociali e politici della guerra in Siria stanno avendo un forte impatto sul paese, esacerbando le tensioni settarie nei quartieri poveri di Tripoli. Il governo libanese ha affermato di non avere più i mezzi per fronteggiare l’afflusso dei rifugiati1 e ha chiesto il sostegno della comunità internazionale. In Giordania In Giordania, oltre 240.000 siriani hanno lo status di rifugiati o sono in attesa di averlo. Lungo il confine vi sono oggi 25 centri di accoglienza ufficiali per i rifugiati e molti altri punti di attraversamento non ufficiali. Nel solo mese di gennaio, circa 40.000 rifugiati siriani hanno attraversato il confine. Il campo di Za’atari, poco lontano dalla frontiera siriana, ospita 1 Lebanon suspends aid to Syrian refugees: PM office / AFP / 11.07.12 20 oggi oltre 60.000 rifugiati. Le condizioni di vita sono del tutto inadeguate. Le condizioni igieniche sono scarse perché mancano latrine e docce. Questo inverno è stato particolarmente rigido e in gennaio il campo di Za’atari è rimasto parzialmente allagato. Le autorità hanno cominciato a trasferire i residenti in case prefabbricate ma la maggioranza vive ancora in tende prive di riscaldamento che offrono ben poca protezione dal freddo invernale. In Iraq Il Governo Regionale del Kurdistan (KRG) ospita le popolazioni curde in fuga dalla Siria mentre il governo centrale di Baghdad ha aperto due campi nella parte sud-occidentale dell’Iraq (campi di Al-Qa’im e Al Waleed). Secondo l’UNHCR, a metà del mese di febbraio 2013 in Iraq erano presenti 96.270 rifugiati di cui 75.500 nella regione curda. - Il campo di Domeez è stato istituito nella provincia di Duhok nell’aprile del 2012 ed è gestito dall’UNHCR e dalle autorità del KRG. Inizialmente progettato per ospitare 1000 famiglie, il campo ospita oggi più di 50.000 persone. Acqua e fognature scarseggiano. Le condizioni di vita dei rifugiati sono rese ancora più difficili dal clima invernale e dalle temperature sottozero. - La frontiera ad Al Qaim, l’unico valico di confine ufficiale nel raggio di 400 km, resta chiusa. Benché venga consentito ad alcuni feriti di attraversare il confine per ricevere cure mediche, MSF teme per le persone in fuga dai combattimenti di Deir Al Zoyr in Siria, che non sono in grado di raggiungere la salvezza in Iraq. In Turchia In Turchia, i campi rifugiati sono gestiti dalle autorità turche con il sostegno di attori locali quali la Mezzaluna Rossa turca. Secondo le autorità turche, 183.540 siriani hanno trovato rifugio in sette province e vengono ospitati in 14 campi, quasi tutti pieni. Si stima che le persone non registrate oscillino tra le 70.000 e le 100.000. A Kilis le stime parlano di 40.000 siriani tra registrati e non all’interno e all’esterno del campo. Vengono aperti dei nuovi campi che non riescono a far fronte al grande flusso di rifugiati. Molte 21 persone restano bloccate al confine siriano nelle cosiddette zone di transito, in attesa di essere trasferite nei campi. Molte di queste cercano di attraversare il confine da sole, stabilendosi a Kilis e nelle zone circostanti, prima tappa del loro esodo. Stretti nella morsa della guerra, fuga e sopravvivenza testimonianze dei rifugiati siriani Libano “Dopo un po’ hanno iniziato a bombardare città e villaggi… L’esercito ha inviato i carri armati per demolire la mia casa. Hanno distrutto le pareti e sono entrati con i carri armati attraverso le colonne. Della nostra casa non è rimasto nulla. Siamo scappati in un altro villaggio, ma lì eravamo sotto i bombardamenti e allora ho preso i miei figli che erano terrorizzati dalle bombe e li ho portati ad Aarsal in Libano” ha raccontato il padre di otto figli alle nostre équipe. “Cadevano 400 bombe all’ora. Non potevamo sopportare quella situazione, abbiamo dei bambini. Abbiamo dovuto dormire sotto gli alberi, in una grotta, in una vallata per salvarci dalle bombe. Poi non c’è rimasta altra scelta che fuggire in Libano per proteggere i nostri figli e le nostre vite”. Iraq “Sono arrivata dalla Siria quattro giorni fa. La nostra situazione economica laggiù era veramente critica. Veniamo da Qamishli, dove manca il gas, l’elettricità, l’acqua: manca tutto. La città è completamente assediata. Non avevamo combustibile per le stufe e così dovevamo usare i fazzoletti di carta e qualsiasi materiale che riuscissimo a trovare. I bambini si sono ammalati a causa del fumo, avevano un’irritazione alle vie respiratorie, e per questo siamo venuti qui. Il viaggio è stato molto difficoltoso e lungo” ha raccontato una donna arrivata con il marito e cinque bambini piccoli. La famiglia è ancora in attesa di un riparo. 22 5. MSF in Siria e dintorni Prima dell’insurrezione in Siria, MSF operava a Damasco dove forniva assistenza sanitaria ai migranti. Il progetto è stato però chiuso nell’aprile del 2011. In seguito MSF ha più volte richiesto ufficialmente al governo siriano di Damasco l’accesso per fornire assistenza in base ai bisogni sanitari, ovunque essi fossero. Ma finora è stata negata a MSF la possibilità di operare a Damasco e nelle aree controllate dal governo. MSF ha iniziato dando supporto a gruppi di medici siriani che curavano i feriti rifornendoli di medicinali e forniture sanitarie. A metà del 2012 MSF è rientrata ufficiosamente nelle aree controllate dall’opposizione, ma non è riuscita a entrare nelle aree controllate dal governo. Oggi MSF ha tre ospedali nel nord della Siria, dei quali le autorità siriane sono state informate. Mentre inizialmente l’attività di MSF era focalizzata su assistenza chirurgica e medicina d’urgenza, in una fase successiva è stata allargata alle visite per le cure primarie, alle cure materne e all’organizzazione di campagne di vaccinazione contro polio e morbillo. MSF fornisce inoltre trattamenti per la leishmaniosi cutanea, per malattie trasmissibili come la febbre tifoide e per malattie croniche come asma, diabete e malattie cardiovascolari. Dal giugno del 2012 alla fine di febbraio 2013, le équipe di MSF hanno effettuato in Siria oltre 1500 interventi chirurgici e più di 20.800 visite ambulatoriali e di pronto soccorso. Molti pazienti si fanno curare per ferite legate alle violenze, come ferite da arma da fuoco, da shrapnel, fratture aperte e lesioni riportate in seguito a esplosioni. L’accesso dei feriti è discontinuo data l’instabilità delle prime linee e perché a volte non c’è la possibilità di trasferire i pazienti. Nella regione settentrionale del paese sono presenti numerose strutture sanitarie avviate da medici siriani e da altre organizzazioni sanitarie per trattare i feriti. L’accesso globale ai servizi sanitari resta tuttavia limitato, soprattutto per i pazienti affetti da malattie croniche. Un numero 23 significativo di pazienti di MSF necessita di cure per malattie croniche, traumi accidentali e assistenza al parto. MSF svolge anche attività di formazione per la gestione del flusso di feriti, triage e cure di emergenza al personale sanitario siriano che necessita di supporto nella gestione dei feriti di guerra. Nelle strutture sanitarie viene inoltre svolta assistenza specifica, un esempio è la banca del sangue istituita in una struttura sanitaria nell’area di Aleppo. Le nostre équipe svolgono regolarmente una distribuzione ad hoc di generi di primo soccorso come latte in polvere e farina per le famiglie colpite, e donazioni di forniture sanitarie e medicinali ad altri centri di salute. Nel corso del 2012, abbiamo inviato diverse tonnellate di medicinali e generi di primo soccorso a ospedali e cliniche in Siria, anche nelle aree controllate dal governo. Assistenza ai rifugiati anche nei paesi confinanti Nell’agosto del 2011, MSF ha iniziato a dare supporto alle iniziative locali sorte in Turchia per aiutare i rifugiati e da allora ha ampliato le attività fornendo assistenza medica ai rifugiati in Libano, Iraq e Giordania. Dall’inizio del 2012 fino a gennaio del 2013, MSF ha effettuato circa 69.000 visite mediche e psicologiche ai rifugiati di questi quattro paesi, soprattutto in Libano e Iraq. In Libano, MSF assiste la popolazione siriana attraverso servizi di cure di base, trattamento delle malattie croniche, cure prenatali e di salute mentale, e si occupa inoltre di distribuire generi di primo soccorso. MSF opera attualmente a Tripoli, nel nord del Libano, dove è maggiore la presenza di rifugiati siriani, e nella valle della Bekaa, dove molti siriani in fuga dal loro paese attraversano il confine. In Iraq MSF è il principale fornitore di assistenza medica nel campo rifugiati di Domeez, dove si sono stabilite oltre 50.000 persone. MSF 24 effettua visite di medicina generale, di salute mentale, vaccinazioni e distribuzioni mirate di kit igienici, oltre a occuparsi dell’approvvigionamento idrico e delle fognature. MSF opera inoltre ad Al Qaim dove supporta la clinica gestita dal Ministero della Salute iracheno e ha recentemente iniziato a fornire servizi di salute mentale in due campi rifugiati dell’area. In Giordania, MSF fornisce servizi di chirurgia ricostruttiva per i rifugiati che hanno riportato ferite di guerra. Attualmente, i casi chirurgici siriani (principalmente ortopedici) rappresentano il 40% delle ammissioni nell’ospedale gestito da MSF ad Amman, dove vengono offerti fisioterapia, supposto psicosociale e assistenza post-operatoria. MSF gestisce anche le visite ambulatoriali per i siriani. In Turchia, in partnership con la Helsinki Citizens Assembly, MSF dà supporto psicologico ai rifugiati siriani che vivono all’interno e all’esterno dei campi e ha distribuito generi di soccorso alle famiglie rifugiate che vivono al di fuori dei campi e che non sono aiutate dal sistema di aiuti esistente. Importi complessivi – al 28 febbraio 2013 Budget: Totale per operazioni di MSF dentro e fuori la Siria nel 2013: 19 milioni di euro. 25 Tutti i fondi per i programmi dentro e fuori la Siria provengono da donazioni private. Risorse umane (équipe locali e internazionali) Siria: 229 Turchia: 58 (include supporto e coordinamento per la Siria) Libano: 118 Iraq: 75 (per i campi rifugiati, non include le équipe che operano in altri progetti in Iraq) Giordania: 64 (per il campo rifugiati, non include il progetto dell’Amman Hospital) Totale: 544 membri delle équipe che operano dentro e fuori la Siria Attività sanitarie in Siria (Governatorati di Aleppo e Idlib) –a febbraio 2013 Sono stati effettuati 1560 interventi chirurgici da MSF in tre ospedali, soprattutto per lesioni a seguito di violenze. Sono state effettuate oltre 20.800 visite mediche, che includono cure primarie e pronto soccorso. Da novembre 2012 a gennaio 2013, sono nati 368 bambini, per lo più nel reparto maternità di Aleppo. 26 Distribuzioni in Siria Sono state consegnate 166 tonnellate di materiali tra i quali kit per trattare i feriti, le ustioni, kit chirurgici e donazioni di attrezzature sanitarie come generatori di ossigeno, kit per trasfusioni, ecc. Inoltre nel febbraio 2013, sono stati forniti 4.000 trattamenti per la febbre tifoide e 500 trattamenti per la leishmaniosi cutanea nel governatorato di Deir Ezzor. Sono stati distribuiti generi di prima soccorso tra cui la farina nei governatorati di Deir Ezzor e Idlib e a 7500 persone che vivono nei campi di transito vicino al confine con la Turchia, nel governatorato di Aleppo. Le attività sanitarie nei paesi confinanti con la Siria Visite a rifugiati (ambulatoriali, salute mentale, postoperatorie, follow up) Libano: ambulatoriali e salute mentale 25250 Iraq: visite mediche 40000 Turchia: consultazioni individuali di salute mentale 623 Giordania: visite ambulatoriali 2653 Giordania: follow up post-operatorio 201 Totale pazienti amulatoriali/salute mentale 68727 In aggiunta, in Giordania 190 pazienti sono stati sottoposti a interventi chirurgici nel programma di chirurgia ricostruttiva di Amman e 125 pazienti hanno effettuato la riabilitazione con della fisioterapia. 27 La distribuzione nei paesi confinanti con la Siria Circa 55.000 generi di primo soccorso sono stati distribuiti in Libano ai rifugiati siriani. Dalla metà di gennaio, le nostre équipe hanno distribuito 3000 buoni carburante a 500 famiglie della valle della Bekaa. In Iraq, sono state effettuate distribuzioni mirate di generi di prima necessità (coperte, kit igienici). In Turchia, sono stati distribuiti generi non alimentari (coperte, kit igienici, stufe, carbone) a circa 6900 rifugiati siriani al di fuori dei campi che non avevano ancora ricevuto alcun aiuto. 28