Janeta fa la ginecologa in Inguscezia
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Janeta fa la ginecologa in Inguscezia
Janeta fa la ginecologa in Inguscezia. Ha iniziato a collaborare con MSF nel 2000 e lavora insieme ad un pediatra e a due infermieri in due diversi "kompaktniki" (insediamenti spontanei), che visita due volte a settimana. I kompaktniki hanno dimensioni variabili ma ospitano da venti a diverse migliaia di IDP. Attualmente MSF è presente in oltre venti kompaktniki in Inguscezia. Janeta ha concesso questa intervista all'interno di un insediamento di IDP, un ex cantiere in cui si riparavano macchinari agricoli, dove i rottami arrugginiti ingombrano ancora il terreno fangoso. I bambini giocano tra i piccioni e gli hangar che si stagliano minacciosi tutt'intorno e ospitano tantissime famiglie, che vivono ammassate una sull'altra. Con l'avanzare dell'implacabile inverno russo soffriranno ancora di più il freddo e l'umidità. L'insediamento è a pochi chilometri dal confine ceceno e poco distante da una ex tendopoli dove erano stati accolti migliaia di rifugiati in fuga dal conflitto. I campi sono stati chiusi nel 2004. La minuscola sala visite, costituita da un vagone ferroviario in disuso e con una lamiera ondulata per tetto, ha le pareti piene di cartelli su MSF e di poster con informazioni sanitarie: uno è la parodia di un famoso annuncio di reclutamento dell'esercito sovietico nel quale l'esortazione ad arruolarsi come volontario nel servizio militare è stato sostituita con un''esortazione a proteggersi dall'AIDS. Una stufa di ferro emette un calore esagerato al punto che Janeta e il suo infermiere indossano solo la divisa verde da sala operatoria a maniche corte, malgrado il gelo della temperatura esterna. Una sobria attrezzatura per le visite ginecologiche è disposta ordinatamente nella stanza, con un immacolato lettino ginecologico con staffe poggia-piedi ripiegato in un angolo. "Lavoro con MSF da circa cinque anni" dice Janeta. "Provengo da una famiglia di medici e mi sono specializzata in ginecologia di emergenza dieci anni fa. All'inizio, nel 1995-96 ho collaborato con MSF dando una mano alle équipe chirurgiche di MSF che operavano i feriti di guerra nel distretto di Shatoi, in Cecenia, il mio paese di origine: facevamo l'impossibile. Poi ho continuato come ginecologa per MSF. Ho lavorato in diversi insediamenti dell'Inguscezia. All'inizio lavoravamo senza elettricità o gas e le pazienti erano spesso molto aggressive e difficili. Diffidavano di noi e di chiunque offrisse loro assistenza ma ora credo che abbiano capito che le aiutiamo ed è rarissimo che oggi qualcuno sia aggressivo nei nostri confronti. All'inizio abbiamo visitato molte donne in gravi condizioni, molte presentavano gravi anemie e complicazioni della gravidanza. Molte erano terrorizzate dal parto e non erano state seguite in modo costante durante la gravidanza. Oggi, dopo anni di lavoro, siamo in grado di aiutare le donne nella programmazione del parto e anche nella pianificazione familiare e la salute delle nostre pazienti è andata gradualmente migliorando. Visito circa 20-25 pazienti al giorno, che fanno la fila in attesa del loro turno. Il pediatra è ancora più impegnato di me. I casi più ricorrenti sono le emorragie in gravidanza e le infiammazioni del pavimento pelvico inferiore . Abbiamo anche l'opzione di trasferire le donne che necessitano di cure specialistiche agli ospedali locali ma, sinceramente, cerco di ridurre al minimo questi casi e di curare le mie pazienti nel modo migliore possibile. I servizi ospedalieri sono cari e i farmaci sono di qualità scadente per cui molte donne si rifiutano di andare. Essendo l'unico medico nei paraggi, vengo spesso chiamata a risolvere le emergenze ed è molto soddisfacente poter usare le mie capacità professionali per contribuire a salvare vite umane. La mia più grande ricompensa è la gratitudine dei miei pazienti". Aiza* è una ginecologa di MSF che lavora in Cecenia. Ogni giorno parte insieme ad un pediatra, alcuni infermieri, un medico generico e un consulente di igiene mentale per la visita settimanale in cinque diverse località, in una zona rurale della Cecenia. Anni di conflitti hanno devastato l'infrastruttura sanitaria locale e non solo dal punto di vista materiale. Molti operatori sanitari locali hanno abbandonato la Repubblica in cerca di una vita migliore da qualche altra parte e di conseguenza il sistema delle postazioni sanitarie delle zone rurali, retaggio dell' Unione Sovietica e un tempo molto apprezzato, che faceva capo agli ospedali più grandi, è disperatamente a corto di personale. Nelle aree in cui opera MSF spesso la popolazione fa affidamento unicamente su un "feldsher" (Nurse Practitioner, figura professionale a metà tra l'infermiere e il medico, ndr) sovraccarico di lavoro, che fa il possibile con gli scarsi mezzi che ha a disposizione. MSF è operativa nelle aree rurali della Cecenia dal luglio del 2005 e presto amplierà il team mobile per coprire altri quattro insediamenti. "Prima di entrare a far parte di MSF, poco più di un anno fa, lavoravo in un policlinico pubblico di Grozny ma la qualità del lavoro che svolgevo lì e le condizioni in cui dovevo lavorare non mi soddisfacevano. Ora faccio parte di MSF e una delle cose più belle di questo lavoro sono gli ottimi rapporti e la collaborazione che si instaurano all'interno del team. Più lavoriamo insieme e più diventiamo come una famiglia e quindi il mio lavoro mi piace sempre di più. Ogni giorno dobbiamo fare un viaggio di un'ora da Grozny alla zona rurale. Viaggiare è difficile. I posti in cui andiamo si trovano spesso in bellissimi contesti, tra le montagne, circondati da foreste incontaminate, ma la maggior parte delle case o sono andate distrutte o presentano i segni evidenti del passaggio della guerra. Alcune sono state bombardate e anche se le famiglie spendono tutti i loro risparmi per cercare di ricostruirle ci sono ancora i segni dei proiettili sui cancelli. Alcune famiglie sono rimaste senza soldi e quindi ci sono molte case costruite a metà. In tutti i posti nei quali siamo presenti, MSF ha ripristinato un paio di stanze nella postazione sanitaria o nel dispensario locale. Le stanze sono piccole (4 metri per 3) e piuttosto essenziali e all'inizio abbiamo avuto dei problemi con il riscaldamento e l'acqua. Normalmente quando arriviamo c'è già una fila di persone che ci aspetta insieme al feldsher . Lavoriamo a stretto contatto con i feldsher che, pur non essendo altamente qualificati, sono comunque competenti perché hanno anni di esperienza alle spalle. Conoscono in dettaglio l'anamnesi di tutti i loro pazienti, a volte noi diciamo che non serve il libretto sanitario del paziente, basta chiedere al feldsher. Ci aiutano a stabilire le priorità tra i malati e ci chiedono consigli e ricette mediche. Nel complesso visitiamo circa 75-85 pazienti al giorno, dalle 9 alle 15. L'anemia è molto frequente, di fatto la considero una malattia sociale perché è estremamente diffusa dove ci sono condizioni di vita malsane, forte disoccupazione e alimentazione inadeguata. In Cecenia viviamo da tanto tempo in uno stato di perenne ansia e questo ci fa esaurire ed invecchiare prima del tempo e la nostra salute fisica ne soffre. Visito anche molte donne in gravidanza: lo sapevate che la Cecenia ha uno dei tassi più alti di natalità della Russia? Utilizziamo test rapidi per l'emoglobina e il glucosio e possiamo accedere ad analisi di laboratorio gratuite per i nostri pazienti in un ospedale di Grozny, ma spesso la qualità dei risultati non è soddisfacente per cui per fare una diagnosi faccio molto affidamento sui sintomi clinici dei miei pazienti. Molte delle cose che faccio non sono strettamente mediche: il tempo mi ha dimostrato che anche informare le mie pazienti è davvero importante. Dopo tutto non ha senso curare una persona se questa non si assume la responsabilità della propria salute. Io ricordo alle donne che vengono in visita l'importanza delle norme igieniche di base e dico loro che per evitare le infezioni dovrebbero acquistare indumenti intimi di cotone anche se quelli sintetici costano molto meno. Io lavoro molto per convincere le mie pazienti gravide che la salute del loro bambino dipende da come si prendono cura di se stesse durante la gravidanza: hanno bisogno di riposare e di mangiare nel miglior modo possibile. Siamo troppo lontani da una città per andare da qualche parte durante la pausa pranzo per cui mettiamo insieme delle cose da mangiare durante il viaggio. A volte anche i pazienti ci portano da mangiare per ringraziarci: in effetti ieri ci hanno dato dei manti (tipici gnocchi locali) e del tè zuccherato. Mettiamo in tavola quello che abbiamo e ci riuniamo come una vera famiglia, ridiamo e scherziamo. In realtà il nostro lavoro riesce solo a tamponare la situazione: sappiamo che molti pazienti che vengono da noi avrebbero bisogno di analisi più approfondite e di essere ricoverati. Ma dopo tutte le sofferenze che hanno passato, spesso si ritrovano senza soldi e so che se dico loro di andare all'ospedale non lo faranno. Non è solo una questione di soldi, ci sono molti altri fattori come la scadente qualità dei farmaci e le difficoltà logistiche per arrivare fin là, lasciando la famiglia. Quindi io cerco di fare del mio meglio e perlomeno sono sicura che se non riesco a guarire qualcuno posso però evitare che peggiori. I nostri pazienti ci esprimono una vera, sentita gratitudine per quello che facciamo. Non credo che capiscano esattamente cos'è MSF ma spesso dicono "grazie a voi e a chi vi ha mandato". Per la maggior parte delle persone il fatto che noi siamo andati là a prenderci cura appositamente di loro ha un grande significato perché qui, negli ultimi anni di assistenza sanitaria se n'è vista ben poca. Uno dei miei pazienti fissi, un uomo che ha avuto una vita durissima e che è stato in prigione, ha perfino scritto una poesia per ringraziarci del nostro lavoro. Personalmente provo un vero senso di soddisfazione per quello che faccio e vedo i risultati del mio lavoro. E anche se a fine giornata sono sempre sfinita, sono contenta di quello che ho fatto. A volte qualcuno mi chiede perché sia rimasta in Cecenia e non me ne sia andata. Ripenso a quando lavoravo durante la guerra, intrappolata per mesi da un blocco militare, senza elettricità né acqua e penso alla sofferenza che ancora adesso vedo intorno a me. E rispondo che queste difficoltà hanno semmai reso più forte il mio amore per la Cecenia. È la mia patria. * il nome del medico è stato cambiato.