Mostra sul Premio Nobel per la Pace

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Mostra sul Premio Nobel per la Pace
Il comitato di Oslo ha scelto attivisti di due
Paesi in conflitto come Pakistan e India con
questa motivazione:
"Per lo sviluppo pacifico del mondo i più
giovani devono essere rispettati.
Gli abusi su di loro portano al perpetuarsi della
violenza generazione dopo generazione".
Il lavoro, composto da 12 cartelloni, è il risultato di un approfondimento sul Premio Nobel per la Pace 2014,
svolto dalla Classe 4B del Liceo Scientifico Russell di Garbagnate M. (MI).
Divisi in gruppi, allieve ed allievi hanno ricavato da libri, quotidiani e dalla rete informazioni sulle biografie di Malala e
Satyarthi, le loro Associazioni, le interviste, gli interventi e i temi ai quali hanno dedicato il loro impegno sociale e civile.
MALALA
ALTRUISMO E CORAGGIO
KAILASH SATYARTHI
UNA VITA PER I BAMBINI A DIFESA DEI DIRITTI UMANI
IN DIFESA DEI MINORI E DELLE DONNE
Malala: la più giovane vincitrice del Nobel per la Pace
8 0 0 0 0 SALVATE E SALVATI
DALLA SCHIAVITÙ
INDIA E PAKISTAN
70 anni di ostilità ma...
da Oslo una speranza di pace per il futuro?
PREMIATO PER LA VITA DEDICATA AI BAMBINI
Il Nobel a Kailash Satyarthi
l'eroe della lotta contro lo sfruttamento minorile
L'ISTRUZIONE FEMMINILE
UN DIRITTO NEGATO
LAVORO MINORILE - L'INFANZIA NEGATA
“Gli unici strumenti che i bambini dovrebbero usare sono la
penna e il libro: sono questi gli strumenti della libertà.”
IL POTERE DELL'ISTRUZIONE
LA PENNA CONTRO LA SPADA
BAMBINI PER LA PACE
Il Docente Paolo Ermano
MALALA
ALTRUISMO E CORAGGIO
STORIA DI UNA STUDENTESSA PAKISTANA
DALL'ATTENTATO DEI TALEBANI
AL NOBEL PER LA PACE
Malala Yousafzai nasce il 12 luglio 1997 a Mingora, nella valle dello Swat,
in Pakistan. Lo Swat è un luogo turistico e attrae migliaia di turisti per la
sua bellezza naturale e paesaggistica. Le viene dato il nome Malala, addolorata, da Malalai di Maiwand , una famosa poetessa e donna guerriera del
sud dell'Afghanistan. Vive a Mingora con i suoi due fratelli più giovani, i
suoi genitori, Ziauddin e Tor Pekai, e due polli da compagnia. Conosce la
lingua pashto e impara anche l’inglese. Il padre, proprietario di una scuola
di poesia, contribuisce alla formazione della ragazza; è un attivista
educativo. Malala inizia a parlare di diritti di istruzione già dal settembre
2008, sempre il padre la porta a Peshawar, presso il locale Circolo della
Stampa . "Come osano i talebani togliere il mio diritto fondamentale
all'istruzione?", queste sono le sue prime dichiarazioni. Nel 2009, a soli dodici anni, Malala fonda un blog per la BBC per raccontare la sua vita sotto
l'occupazione dei talebani, i loro tentativi di prendere il controllo della valle
e le sue opinioni sulla promozione dell'istruzione per le ragazze nella valle
di Swat. L'estate seguente, il giornalista Adam B. Ellick scrive un articolo
per il New York Times nel quale racconta la vita di Malala. Grazie a questo
articolo ha la possibilità di rilasciare interviste alla stampa e alla televisione.
In seguito viene nominata per l'International Children's Peace Prize, premio
assegnato per la lotta ai diritti dei giovani ragazzi. Il 9 ottobre 2012 si verifica un evento che lascia un segno indelebile nella vita di Malala: la ragazza è
sul suo scuolabus nel distretto pakistano a nord ovest di Swat. Un uomo armato sale a bordo, le punta una pistola alla testa e spara tre colpi. Ricoverata nell'ospedale militare di Peshawar, è in condizioni critiche ma riesce miracolosamente a sopravvivere all'attentato dei talebani dopo la rimozione
chirurgica dei proiettili. Nei giorni immediatamente successivi all'attacco,
rimane incosciente, ma poi la sua condizione migliora e ha la possibilità di
incontrare la regina Elisabetta in Inghilterra; a Birmingham completa la riabilitazione. La sua
popolarità cresce
a tal punto che
viene eletta dal
Times come la
“personalità giovane dell’anno”.
Questa è la risposta di tutto il
mondo nei confronti dei suoi vili
attentatori. Il 29
aprile 2013 viene
inserita nella lista
Malala indossa lo scialle di Benazir Bhuttto al Palazzo di Vetro
delle 100 persone
più influenti al mondo. Il 12 luglio 2013, in occasione del suo sedicesimo
compleanno, parla al Palazzo di Vetro a New York, indossando lo scialle appartenuto a Benazir Bhutto, una famosa politica pakistana, e lanciando un
appello all'istruzione dei bambini di tutto il mondo. Il 10 ottobre 2013 vince
il Premio Sakharov per la libertà di pensiero; è un riconoscimento dedicato
allo scienziato e dissidente sovietico Andrej Dmitrievič Sacharov. L'annuncio viene dato dal presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, il
quale lo motiva dicendo che è una ragazza eroica. Il premio le viene consegnato in occasione della Sessione Plenaria di Novembre, a Strasburgo, il 20
novembre 2013. Malala, nel corso del 2013, pubblica anche la sua autobiografia, I am Malala, nella quale racconta la sua incredibile esperienza; tutto
il mondo ha la possibilità di conoscere la storia di questa incredibile ragazza. Il 10 ottobre 2014 vince il premio Nobel per la pace assieme all'attivista
indiano Kailash Satyarthi, diventando con i suoi diciassette anni la più giovane vincitrice di un premio Nobel. La ragazza è nota per il suo impegno
per l'affermazione dei diritti civili e per il diritto all'istruzione - bandito da
un editto dei talebani - delle donne della città di Mingora. La motivazione
del Comitato per il Nobel norvegese è stata: “per la loro lotta contro la sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini
all'istruzione”.
SPARI A MALALA, L'EROINA DI 17 ANNI
Ha lottato tra la vita e la morte Malala Yousafzai, la ragazza che ha osato sfidare i talebani.
La ragazza pachistana, che all’età di 14 anni
aveva coraggiosamente denunciato i soprusi
della cultura talebana nella Valle dello Swat e
per questo aveva ricevuto ad Islamabad il Premio nazionale della pace, era stata presa di
mira nel gennaio 2009 a colpi d'arma da fuoco
a Mingora, da un commando armato che l'aveva ferita gravemente. La ragazzina era stata
«colpita perchè insisteva a sviluppare una propaganda anti-talebana ed un pensiero secolare
fra i giovani della zone pashtun». Da tempo il
Malala all'ospedale di Birmingham
gruppo fondamentalista l'aveva iscritta in una
lista di nemici da colpire e perciò aveva ribadito: «Malala deve morire». Ma in serata
l'equipe medica che l'aveva visitata nel Combined Military Hospital aveva consigliato,
«per salvarla», un trasferimento in un ospedale all'estero. La polizia aveva precisato
che la giovane, già ripetutamente minacciata di morte in passato, era stata localizzata
in un veicolo mentre tornava a casa. I killer avevano voluto accertarsi della sua identità
prima di spararle a sangue freddo e da distanza ravvicinata. Insieme a lei erano state
ferite in modo meno grave altre due ragazze. Fonti sanitarie hanno indicato che un proiettile è entrato nella testa di Malala ed ha raggiunto il collo, dove ha intaccato il mi dollo spinale, mentre un secondo l'ha ferita ad un braccio. Da parte sua un medico aveva aggiunto che «i prossimi tre o quattro giorni chiariranno cose importanti per la sua vita. Al momento
si trova in terapia intensiva in stato di semi-incoscienza, anche se non è intubata». Poco dopo averla
colpita, i talebani avevano rivendicato l'aggressione,
definendo il lavoro di Malala "osceno". Lei ha proclamato che Obama è il suo ideale e per questo sarà
nuovamente colpita anche se questa volta è rimasta
solo ferita". Infine Ehsan aveva ammonito che quello
che avevano fatto quel giorno doveva essere visto
come "un forte messaggio nel senso che i talebani
non dimenticano mai né perdonano chi parla contro
di loro". L'esercito pakistano ha riconquistato il controllo della valle di Swat nel luglio 2009, dopo due
anni di violenze dei talebani, che avevano vietato
alle bambine di frequentare la scuola. Successivamente, ricordando il periodo in cui i talebani si erano
imposti nella regione, Malala raccontò alla BBC il terrore delle ragazzine "di essere
colpite con acido al volto o di essere rapite". "Per questo in quel periodo alcune di noi
andavano a scuola con abiti normali, non con l'uniforme scolastica, e nascondevamo i
libri sotto i nostri veli", ha spiegato Malala.
NOBEL PER LA PACE 2014 A MALALA YOUSAFZAY E
KAILASH SATYARTHI
La studentessa ha dedicato il premio ai bambini e ha
chiesto ai primi ministri dei due paesi di essere presenti alla premiazione del 10 dicembre,
I giudici del Nobel hanno deciso di dedicare questa
edizione del Premio alla lotta contro lo sfruttamento
dei minori per fini economici: i bambini devono "andare a scuola e non essere sfruttati finanziariamente"
hanno scritto nelle motivazioni. Durante una conferenza stampa a Birmingham, dove vive e studia, la pakistana ha dichiarato che è stata una grande sorpresa,
esprimendo il suo onore per aver ricevuto il Nobel,
aggiungendo che la Notizia la ha resa più forte e coraggiosa. "Non credo che il premio è stato dato solo a
La famiglia Yousafzai a Birmingham
me, ma a tutti i bambini che non hanno voce, ecco
perché parlo a nome loro. Tutti i bambini hanno diritto a ricevere un'istruzione di qualità, a non soffrire, per il loro lavoro minorile. Hanno il diritto di essere felici". Nonostante la sua giovane età, Malala Yousafzay già da anni combatte per i diritti delle bambine
all'educazione e attraverso la sua battaglia eroica è diventata una voce guida per i diritti
dei bambini all'educazione, dimostrando che anche i giovani possono contribuire a migliorare la situazione.
Questa edizione del Nobel per la pace vuole trasmettere anche un messaggio di pace tra
due paesi ormai in guerra dal 1947: l'India e il Pakistan. I due premiati sono un indù e
una musulmana, a simboleggiare la possibilità di dialogo tra due paesi che combattono
ancora oggi per il controllo della regione di confine del Kashmir.
Federico Mantica – Luca Montrasio – Luca Redaelli
IN DIFESA DEI MINORI E DELLE DONNE
Malala: la più giovane vincitrice
del Nobel per la Pace
Se alle nuove generazioni non verranno date le penne, i terroristi daranno loro le pistole
Un Nobel per i più giovani e
deboli...
… per il coraggio e la
determinazione
… per un futuro
migliore
Malala Yousafzay, giovane attivista e studentessa
pakistana è entrata nella storia per aver ricevuto il
premio Nobel per la pace 2014. Il comitato norvegese
premia il coraggio e la dedizione che hanno
accompagnato la giovane nella sua lotta durata diversi
anni per il diritto delle bambine all’istruzione:
“Nonostante la sua giovinezza, Malala Yousafzay ha
già combattuto per diversi anni per il diritto delle
bambine all'istruzione, ed ha dimostrato per esempio
che anche i bambini e i giovani possono contribuire a
migliorare la propria situazione. Questo l’ha fatto nelle
circostanze più pericolose. Attraverso la sua eroica lotta
è diventata una portavoce di primo piano per i diritti
delle bambine all'istruzione. (...) La lotta contro la
repressione e per i diritti dei bambini e degli adolescenti
contribuisce alla realizzazione della "fraternità tra le
nazioni" che Alfred Nobel cita nel suo testamento come
uno dei criteri per il premio.” In questo modo il
Comitato norvegese per i Nobel ha riconosciuto alla
giovane la sua lotta contro la repressione dei bambini e
dei giovani e per i diritti di tutti i bambini all’istruzione.
Malala ha continuato a sostenere la sua lotta anche nelle
circostanze più pericolose. Infatti rimase portavoce della
propria protesta dimostrando di non temere nemmeno il
peggiore dei mali che i suoi nemici avrebbero potuto
recarle: “Non mi importa di dovermi sedere sul
pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è istruzione.
E non ho paura di nessuno.” Da queste parole emerge la
sua grandissima determinazione nel portare a
compimento la sua causa per l’istruzione dei bambini
anche in seguito al grave attentato subito nel 2012.
Neppure quelle tre pallottole l’hanno fatta tacere e
nemmeno la paura l’ha sopraffatta, anzi, da quel giorno
la paura è scomparsa lasciando posto al coraggio e alla
volontà di agire e schierarsi per cambiare una volta per
tutte le cose in meglio, per prendere le difese di quei
bambini e di quelle bambine che non chiedono altro che
avere la possibilità, come molti loro coetanei nel
mondo, di poter godere di un’adeguata istruzione, per
poter un giorno, imparare a svolgere un mestiere che
possa garantire a loro, e alla propria famiglia, la
possibilità di avere un posto dove vivere.
Il grande obbiettivo raggiunto da questa ragazza ci da
la possibilità di riflettere su quanto lavoro, forza di
volontà, valore ed eroismo ci sono voluti per dare vita
all'organizzazione “Malala found” da lei fondata per i
diritti dei bambini all’istruzione, battendosi contro un
nemico molto più grande di lei e, non sottovalutiamo,
quando tutto è iniziato era a mala pena una ragazzina
che voleva frequentare la scuola. Pochi anni dopo, a
soli 17 anni, è premio Nobel per la pace e la sua opera
è appena incominciata, e neppure gli ostacoli più
grandi possono deviarne il percorso, in quanto adesso
non è più sola nella sua lotta, avendo concentrato verso
di essa l’attenzione di tutto il mondo che non ne potrà
restare semplice spettatore, ma ne dovrà diventare
finalmente partecipe.
Le sue parole di infiammano l’ONU
Aveva festeggiato il suo sedicesimo compleanno, il
12 luglio, pronunciando un discorso all’assemblea
dell’ONU a New York. Già diventata simbolo
dell’istruzione per i bambini e l’emancipazione femminile, durante la conferenza, affrontò diverse tematiche. Prima fra tutte, la richiesta a tutte le nazioni
sviluppate di aiuto ai paesi in via di sviluppo perché
tutti i bambini possano essere istruiti. Pur rimanendo
calma e pacata nelle parole affrontò i talebani, principale minaccia dei diritti dei bambini e delle donne,
raccontando la sua esperienza; il 9 ottobre 2012,
venne colpita da un proiettile sparato da un talebano
che le ha cambiato la vita. Le sue ambizioni e i suoi
obiettivi sono rimasti gli stessi, aprendosi al coraggio e lasciando la debolezza. Sostenne che i talebani
temono le donne e l’istruzione perché hanno paura
del loro potere. Seguendo la pratica della non-violenza affermò: “Io non sono contro nessuno. Nemmeno contro i terroristi (…). Non odio neppure il ta-
lebano che mi ha sparato. Anche se avessi una pistola in mano ed egli mi stesse davanti e stesse per spararmi, io non sparerei”. Con le sue parole, la giovane
Malala, vuole rappresentare tutti coloro che non vengono ascoltati e che sono costretti a subire ingiustizie. La sua bontà e unione fraterna vengono sottolineate dal fatto che chiama tutti gli uomini fratelli e
sorelle, dimostrando che, nonostante la giovane età,
questa ragazza ha le idee chiare sul futuro e pensa ad
un mondo unito senza guerre in cui tutti vivono uniti. Durante quella sessione speciale delle Nazioni
Unite, il giorno del suo compleanno fù denominato
“Malala day”, ma lei stessa all’inizio del discorso
precisò che doveva essere “la giornata di ogni donna, di ogni bambino, di ogni bambina che ha alzato
la voce per reclamare i suoi diritti”. L’evento fu trasmesso in diretta e lei e la sua famiglia ricevettero le
congratulazioni da tutto il mondo.
Malala all'ONU
www.malala.org
IL BLOG
Malala al lavoro per i Siriani rifugiati in Giordania
Malala Yusafzai inizia a scrivere il suo
blog all’età di undici anni, quando nel
2007, i talebani, hanno occupato la
valle dello Swat imponendo la
chiusura di tutte le scuole femminili.
Firmandosi con lo pseudonimo di Gul
Makai, nome di una leggendaria
eroina locale, racconta le difficoltà e
le peripezie che lei e le altre bambine
sono costrette ad affrontare per
studiare. Ad esempio il dottore della
sua scuola, una delle poche a essere
rimasta
funzionante,
aveva
raccomandato alle allieve di non
mettere l’uniforme per non farsi
notare più del dovuto e poter
proseguire, con discrezione, a
insegnare. Ritiene infatti
molto
importante l’istruzione, soprattutto
quella dei più piccoli: la loro
formazione è a rischio. È possibile che
al posto di una penna per scrivere, alle
nuove generazioni, venga data
un’arma per uccidere. Questo è il
timore più grande. Tutto il clamore
suscitato sul web, porta i talebani ad
attentare alla vita della coraggiosa
Malala che però è forte, non ha paura,
e lo dimostra ribadendo sul web, con
la sua fondazione, le sue iniziative e le
sue valorose idee. Idee che le hanno
permesso di unirsi alla lista dei grandi
nomi dei Nobel per la pace all’età di
soli diciassette anni!
Andrea Briani – Andrea Colombo – Andrea Sarati
INDIA E PAKISTAN
70 anni di ostilità ma...
da Oslo una speranza di pace per il futuro?
L’occasione preziosa del Nobel
L’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2014 a un indiano, Kailash Sathyarti,
e a una ragazza pakistana, Malala Yousafzay, ha molteplici cause. La principale è
naturalmente quella di conferire ai due premiati un riconoscimento per i loro sforzi
e le loro lotte, rispettivamente contro la schiavitù dei bambini e a favore
dell’istruzione femminile. Tuttavia, non è un caso che il Comitato del Nobel abbia
scelto proprio un uomo e una donna di queste due nazioni. Fin dal 1947 (anno
dell’indipendenza delle colonie indiane dall’Impero Britannico e della conseguente
secessione tra India e Pakistan), infatti, i rapporti tra Nuova Dehli e Islamabad sono
stati molto ostili, per vari motivi (religiosi, territoriali …). Nel corso dei decenni
successivi, le zone di confine sono state teatro di numerose guerre, scontri e
massacri, e tutt’oggi tra i due Stati ci sono questioni e contese ancora aperte. Il
conferimento del Nobel a un rappresentante di ciascuna delle due parti vuole essere
un ulteriore simbolo di pace e un’occasione di riconciliazione.
Le origini del conflitto: la decolonizzazione
Nella seconda metà dell’Ottocento il territorio che attualmente comprende India e
Pakistan era sotto il dominio dell’Impero Britannico, governato da un vicerè.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale ebbe inizio un processo mondiale di
decolonizzazione. Anche l’India aumentò le pressioni sulla Gran Bretagna per
ottenere l’indipendenza. Due anni dopo la fine della guerra, il Regno Unito cedette,
e il 24 maggio 1947 Lord Louis Mountbatten fu nominato ultimo Vicerè dell’India
dal Primo Ministro Clement Attlee, con l’incarico di assicurare una
decolonizzazione pacifica. Tuttavia il popolo indiano era profondamente diviso tra
due comunità religiose: quella indù e quella islamica. La Gran Bretagna era quindi
in una posizione molto scomoda: entrambe le comunità chiedevano l’indipendenza,
ma gli inglesi temevano che, appena se ne fossero andati, induisti e musulmani si
sarebbero massacrati a vicenda. Nel tentativo di evitare una strage, Mountbatten
propose di creare due Stati distinti: uno totalmente indù (l’India) e uno totalmente
islamico (il Pakistan). Gandhi si oppose, dato che era sua intenzione creare uno
Stato unito dove i fedeli di entrambe le religioni potessero convivere pacificamente,
ma alla fine dovette accettare.
Il 15 agosto 1947, la Gran
Bretagna concesse l’indipendenza. La secessione tra i
due Stati ebbe luogo immediatamente. Il nuovo Stato
del Pakistan, totalmente islamico, comprendeva due regioni distanti e separate: una
a ovest dell’India (Pakistan
Occidentale) e una a est (Pakistan Orientale).Tuttavia, la
strage ci fu. Infatti, la divisione del territorio dell’ex
colonia comportò un gigantesco e drammatico esodo di
Gandhi durante un discorso
indù che vivevano nel neoPakistan verso l’India, e una migrazione di musulmani nel verso opposto. I trasferimenti forzati di 17 milioni di persone comportarono molti scontri e un totale di
mezzo milione di vittime.
Il Kashmir: una regione contesa
Nella storia di India e Pakistan si contano almeno quattro conflitti armati veri e
propri in circa mezzo secolo, tutti piuttosto brevi, ma alcuni molto violenti. Di
queste quattro guerre, ben tre avevano come obiettivo il controllo del Kashmir, una
regione di confine dalla posizione strategica.
Il primo conflitto scoppiò nel 1947, appena pochi mesi dopo l’indipendenza, in
seguito al tentativo di annessione della zona da parte del Pakistan.
Il mahrajà che governava il Kashmir, che pure avrebbe preferito rendersi
indipendente da entrambi gli Stati, fu costretto a chiedere protezione all’India. La
guerra che ne seguì durò fino all’aprile 1948, quando il trattato di pace dell’ONU
divise la regione tra i due contendenti (vedi cartina).
Nei decenni successivi nella regione si svolsero numerosi piccoli scontri ai confini,
senza dichiarazioni di guerra formali. Per due volte, tuttavia, l’ostilità rischiò di sfociare in una guerra su vasta scala. Infatti nel 1965 e nel 1999 il Pakistan violò il territorio indiano, attraverso
l’infiltrazione di truppe
che occupassero zone strategiche e fomentassero rivolte popolari nel Kashmir
controllato dall’India, provocando la reazione militare di questa. In entrambi i
casi l’intervento diplomatico dell’ONU o di nazioni
estere spinse il Pakistan a
ritirare l’attacco. Tuttavia
ci furono molte vittime,
soprattutto nella guerra del
1965, che vide fra l’altro
l’impiego di numerosissimi carri armati.
Un altro fatto degno di
nota è che entrambi i Paesi
sono in possesso di testate
nucleari (l’India dal 1974 e
il Pakistan dal 1998); sebbene fortunatamente esse non siano mai state uste in guerra, nessuno dei due Stati ha aderito al Trattato di Non Proliferazione dell’Energia
Nucleare, nato per limitare l’uso di queste armi nei Paesi contraenti. La rivalità atomica contribuisce in gran parte all’ostilità reciproca.
Un nuovo Stato
Al contrario degli altri, il conflitto del 1971 non aveva come obiettivo l’egemonia
sul Kashmir. La guerra scoppiò infatti a causa degli scontri nella regione del
Bengala, allora sotto il controllo del Pakistan Orientale. 10 milioni di bengalesi
infatti, oppressi dal governo pakistano, si rifugiarono in India e chiesero protezione.
Interessata a indebolire lo Stato nemico, l’India decise allora di intervenire
militarmente. La guerra fu di grande importanza poiché portò alla dissoluzione del
Pakistan Orientale e alla nascita dello Stato del Bangladesh.
Riccardo Cappella – Mattia Maiocchi
L'ISTRUZIONE FEMMINILE
UN DIRITTO NEGATO
Principale causa dell’esclusione scolastica delle bambine è la discriminazione di genere. Tutti i minori devono spesso superare ostacoli
nell’accesso all’istruzione, ma, di norma, e a parità di altri fattori, gli ostacoli che incontra una bambina sono più frequenti e
penalizzanti. Analizziamo i motivi che più ricorrono a determinare il divario fra i sessi nelle scuole di molti Paesi in via di sviluppo.
LA DISCRIMINAZIONE VERSO LE DONNE
LA VITA SOTTO I TALEBANI
Povertà familiare
Legge islamica
Per una famiglia a basso reddito, ogni figlio che va a scuola comporta la perdita
di una fonte di guadagno per la famiglia e un aiuto minore per i compiti domestici. Quando poi la scuola diventa un costo alto, per via delle tasse di iscrizione o
delle spese per i libri, l'uniforme o i pasti, è facile che una famiglia debba scegliere quali figli debbano continuare a studiare. Di fronte alla scelta di mandare a
scuola il fratello o la sorella, è probabile che i genitori dedichino le risorse disponibili all'istruzione del figlio maschio, convinti che questo sia l'unico investimento che renda a lungo termine.
Una volta al potere, i talebani istituirono la shari’a (legge islamica). In base a un decreto emanato nel dicembre del 1996 e che si richiamava esplicitamente al classico
precetto di «comandare il bene e punire il male», si tornò a far ricorso all’amputazione di una o di entrambe le mani per il reato di furto e alla lapidazione per gli adulteri
conclamati. I talebani bandirono inoltre tutte le forme di spettacolo televisivo, immagini, musica e danza, anche in occasione delle tradizionali cerimonie nuziali. Era illegale portare la barba troppo corta o radersi del tutto mentre era severamente punito
il tagliare i capelli alla moda "occidentale". Il gioco d'azzardo fu bollato come stregoneria e fu severamente punito il non pregare nei momenti di elezione della salat (preghiera islamica canonica).
Spose bambine
Matrimoni e gravidanze precoci costringono ogni anno migliaia di adolescenti ad abbandonare gli studi. Per
loro, la condanna all'analfabetismo si
somma alla sottomissione quotidiana al
marito e alla sua famiglia. Ad aggravare la situazione di queste ragazze vi
sono a volte leggi arretrate che vietano
alla giovane che ha partorito di tornare
a frequentare la scuola.
Timori di violenze e disonore
Fra le ragioni per cui la famiglia può
preferire che una bambina non vada a
scuola vi sono anche preoccupazioni
per la sua sicurezza o per l'onorabilità
familiare.
Se il tragitto dal villaggio all'aula è ritenuto troppo lungo o esposto a pericoli,
se a scuola si verificano fenomeni di bullismo o punizioni corporali degli allievi, ma anche se mancano insegnanti donne o servizi igienici separati, i genitori
tendono a ritirare le figlie da scuola.
I pericoli nelle emergenze
Ancora maggiori sono le barriere che possono ostacolare
l'istruzione femminile in situazioni di emergenza, come quelle che si verificano nelle zone
teatro di un conflitto o nei campi profughi. In questi casi, la
forzata promiscuità e, non di
rado, l'assenza di un efficace
controllo dell'ordine pubblico,
possono rendere le più giovani
facili prede di abusi e violenze.
In un simile clima, è probabile che le bambine siano tenute segregate e private
dell'ambiente educativo e ricreativo, da tutti gli esperti riconosciuto come il più
prezioso dei rimedi contro il trauma psicologico e lo stress emotivo.
Contro le donne
La politica dei talebani prevedeva la proibizione del lavoro femminile e l'esclusione delle ragazze da forme di istruzione mista. Da anni
Malala Yousafzai, lotta per questi ideali: è per questo motivo che nel
2012 è stata colpita con armi da fuoco dai talebani. È sopravvissuta e
ha continuato la sua lotta, tanto da ricevere il Nobel per la pace nel
2014 insieme all’indiano Kailash Satvarthi.
Il ministro talebano degli Affari Religiosi, al-Hajj Maulwi Qalamuddin, dichiarò al New York Times che: «Ad una nazione in fiamme il
mondo vuol dare un fiammifero. Perché c'è tutta questa preoccupazione per le donne? Il pane costa troppo. Non c'è lavoro. Anche i ragazzi non vanno a scuola. Eppure sento solo parlare delle donne.
Dov'era il mondo quando qui gli uomini violavano tutte le donne che
volevano?».
Questo è ciò che i talebani avevano da dire circa l'istruzione: «Contrariamente a
quanto riportato dalla stampa circa l'istruzione delle ragazze, le cifre ottenute dal settore dell'educazione in Afghanistan, rivelano che l'istruzione femminile nelle zone
rurali è in crescita. Secondo una ricerca condotta dal Comitato Svedese per l'Afghanistan (SCA), quasi l'80% delle scuole femminili situate nelle aree rurali sotto
l'amministrazione dello Stato Islamico sta operando a pieno regime.»
Un rapporto dell’UNESCO ha rivelato che: «L'editto dei talebani sull'educazione
femminile ha portato ad un calo del 65% nelle loro iscrizioni. Nelle scuole gestite dal
Direttorato dell'Educazione, solo l'1% degli studenti è composto da ragazze. Anche la
percentuale di insegnanti donne è scivolata dal 59,2 per cento del 1990 al 13,5 per
cento del 1999».
Un portavoce dei talebani sostenne che: «Le strutture sanitarie per le donne sono aumentate del 200% durante l'amministrazione dei talebani. Prima che il Movimento
Islamico dei talebani prendesse il controllo di Kabul, c'erano solo 350 letti negli
ospedali della città. Attualmente ci sono più di 950 letti per le donne in ospedali a
loro riservati». I sostenitori dei talebani suggeriscono che la depressione e gli altri
problemi che affliggevano le donne afgane erano il risultato dell'estrema povertà, degli anni di guerra, dell'economia disastrata, e del fatto che molte si trovavano ad essere vedove di guerra, e non potevano più provvedere alle loro famiglie senza qualche forma di aiuto internazionale.
Per uscire di casa dovevano utilizzare il burqua, un abito spesso e molto lungo che
copre tutto il corpo fino ai piedi, e lascia solo una piccola reticella davanti agli occhi.
Le bambine dovevano usare il chador, un velo che copre solo il capo. Le donne per
uscire di casa dovevano essere accompagnate da un uomo.
Marco Bassani – Luca Giussani
IL POTERE DELL'ISTRUZIONE
LA PENNA CONTRO LA SPADA
Malala Yousafzai è nata in Pakistan il 12 luglio del 1997.Grazie all'educazione che le ha impartito la sua famiglia, è
cresciuta sviluppando fiducia in se stessa, senso della giustizia e rispetto per gli altri. È proprio grazie all'esempio
dei suoi genitori, che è riuscita a diventare quella che è oggi. Aveva solo undici anni quando ha deciso di iniziare
ad alzare la voce, con il suo blog per la BBC, in cui denunciava l'oppressivo regime dei talebani pakistani. Da quel
momento non ha mai avuto paura di far sentire al mondo intero la sua opinione ... e il mondo l'ha ascoltata!
L'ISTRUZIONE PER TUTTI
DISCORSO ALL'ONU
IL MONDO SECONDO MALALA
Dopo l'attentato, è tornata più determinata di prima, ed è
stata invitata dall'Onu al Palazzo di Vetro per
testimoniare la sua esperienza. Ha commosso e
incantato tutti, hanno colpito infatti la sua maturità e la
sua consapevolezza.
"Oggi non è il mio giorno, è il giorno di tutti coloro che
combattono per i propri diritti. I talebani non mi
ridurranno mai al silenzio e non uccideranno i miei
sogni. Sono qui e oggi parlo per tutti coloro che non
possono far sentire la propria voce. Pensavano che quel
proiettile ci avrebbe fatto tacere per sempre, ma hanno
fallito. [...]
Capiamo l'importanza della luce quando vediamo
l'oscurità, della voce quando veniamo messi a tacere.
Allo stesso modo nel Pakistan abbiamo capito
l'importanza di penne e libri quando abbiamo visto le
pistole. La penna è più forte della spada. È
vero che gli estremisti hanno e avevano paura
di libri e penne. Il potere dell'istruzione fa loro
paura. E hanno paura delle donne: il potere
della voce delle donne li spaventa.
La pace è necessaria a fini dell'istruzione, il
terrorismo e i conflitti impediscono di andare a
scuola. Noi siamo stanchi di queste guerre.
Chiediamo ai leader di tutto il mondo di
cambiare le politiche strategiche a favore di
pace e prosperità, che tutti gli accordi tutelino i
diritti di donne e bambini. Chiediamo a tutti i
governi di assicurare l'istruzione obbligatoria e
gratuita in tutto il mondo a ogni bambino, di
lottare contro il terrorismo e la violenza, ai
Paesi sviluppati di sostenere i diritti
all'istruzione per le bambine nei Paesi in via
sviluppo. Chiediamo a tutte le comunità di
respingere i pregiudizi basati su caste, sette,
religione, colore, genere... Chiediamo ai leader
L'intervento all'ONU il 12 luglio 2013
di tutto il mondo di assicurare sicurezza alle
donne, perché non possiamo avere successo se
metà di noi subisce torti. E chiediamo a tutte le
sorelle di essere coraggiose, comprendendo il loro
pieno potenziale e agendo."
Malala Yousafzai: una vita ancora tanto breve, ma
alquanto intensa. La ragazza appena insignita del
Premio Nobel per la pace non ha solo trattato di temi
riguardanti la sua patria, ma crede fermamente alla lotta
per i diritti di donne e bambini e per la pace in tutto il
mondo, in ogni contesto sociale e politico.
Ecco dunque alcune delle sue più significative
dichiarazioni.
29 marzo 2013. "Come mio padre, sono sempre stata
incline alle fantasticherie e anche in classe, a volte, la
mia immaginazione prendeva il volo: mi vedevo
percorrere quegli scalini quando all’improvviso un
terrorista saltava fuori e mi sparava. Mi domandavo
cosa avrei fatto, in tal caso. Forse mi sarei tolta una
scarpa e l’avrei usata per picchiarlo… Ma subito dopo
mi dicevo che se l’avessi fatto non ci sarebbe stata
differenza tra me e un terrorista. Avrei fatto
meglio a dirgli: Va bene, sparami pure, ma
prima ascoltami. Quello che stai facendo è
sbagliato. Io non ho niente contro di te.
Voglio semplicemente che tutte le ragazze
vadano a scuola.”
10 ottobre 2014. Le prime parole dopo aver
ricevuto il Premio Nobel: “Questo premio è
per me un incoraggiamento ad andare avanti.
Significa che siamo tutti uniti nell’assicurarci
che tutti i bambini ricevano un’educazione di
qualità. Provo orgoglio per essere la prima
pachistana ad avere avuto il Premio Nobel.
Questo riconoscimento non è un punto
d'arrivo ma l'inizio di una più forte battaglia
per i diritti dei bambini allo studio. Ce ne
sono 57 milioni che non possono studiare".
«SEDERMI A SCUOLA
A LEGGERE LIBRI
È UN MIO DIRITTO.
VEDERE OGNI ESSERE UMANO
SORRIDERE DI FELICITÀ
È IL MIO DESIDERIO.
IO SONO MALALA.
IL MIO MONDO È CAMBIATO.
MA IO NO.»
È presto divenuto un libro richiestissimo a livello mondiale quello scritto dalla giovane pakistana
riguardo alla sua storia. "Io sono Malala" - questo il titolo - contiene tutte le sue esperienze, i suoi
pensieri e le sue emozioni, espresse senza paura di far sentire la propria voce: "Avevo dieci anni
quando i talebani arrivarono nella nostra valle. Moniba e io avevamo cominciato a guardare
insieme i film della serie Twilight, e volevamo assolutamente diventare vampire. Anche i talebani ci
sembrarono arrivare di notte come vampiri. Apparvero a gruppi, armati di coltelli e kalashnikov."
Arrivarono così, i talebani, a distruggere la vita di Malala e di altre ragazzine come lei, ma anche di
uomini, donne, anziani e bambini, all'improvviso, silenziosi e insospettabili, almeno inizialmente.
Ma ben presto si sono fatti notare, hanno iniziato il loro progetto di controllo del territorio, incuranti
dei danni che arrecavano, specie alle donne. Fu allora che Radio Mullah cominciò a occuparsi delle
scuole. “La signorina Tal dei Tali ha smesso di andare a scuola e andrà in paradiso, diceva. [...] Io
e le mie amiche proprio non riuscivamo a capire perché la cosa dovesse essere tanto sbagliata." E
ancora: "Le donne sono tenute ad assolvere ai loro doveri nella casa. Solo in casi di emergenze
dovrebbero uscire, ma allora devono mettere il velo. [...] Io ero confusa. Nel Santo Corano non c'è
scritto che solo gli uomini possono andare fuori mentre le donne dovrebbero lavorare tutto il santo
giorno in casa." Ma non era finita qui, il progetto dei talebani continuava verso nuove follie. Malala
però era determinata, decisa a combattere e resistere: "Nel mio cuore ero sicura che Dio mi avrebbe
protetta. Se parlo in difesa dei miei diritti, dei diritti di tutte le ragazze come me, non sto facendo
niente di male. Anzi, è mio dovere farlo. [...] Se un uomo può distruggere e rovinare tutto, perché
una sola ragazzina non può cambiare le cose? E ogni sera pregavo Dio di darmi la forza." La
consapevolezza di ciò che sta accadendo iniziò a farsi strada in Malala, e lei cominciò a rilasciare
dichiarazioni, interviste, a esporsi in prima persona. "Io non riuscivo a capire che cosa stessero
cercando di fare i talebani. Stanno abusando della nostra religione, dissi nel corso di un'intervista.
come è possibile accettare l'Islam se c'è qualcuno che ti punta un fucile alla testa e ti dice che è
l'unica vera religione? Se vogliono che tutte le persone del mondo diventino musulmane, perché
non mostrano al mondo di essere loro stessi dei buoni musulmani?". La sua battaglia continuava,
era conosciuta ormai, e iniziò a collaborare per la BBC scrivendo su un blog le sue impressioni,
emozioni, la sua vita di tutti i giorni in quella drammatica situazione. "La mia prima pagina di
diario fu pubblicata il 3 gennaio 2009. Il titolo era: Ho paura”.
Poi l'attentato. Ma Malala è sopravvissuta, è tornata, ed ora è pronta a continuare a scrivere la storia.
Edoardo Ballabio - Riccardo Brivio - Andrea Monti
KAILASH SATYARTHI
UNA VITA PER I BAMBINI
Una vita a favore dei diritti umani
La sua formazione
Kailash Satyarthi è nato l'11 gennaio del 1954 a
Vidisha, nel distretto di Madhya Pradesh in India.
Ha studiato ingegneria elettrica presso l'istituto
tecnologico Samrat Ashok di Vidisha, ha proseguito
poi i suoi studi post-laurea in ingegneria dell' alta
tensione. Dopo aver insegnato per pochi anni in una
scuola di Bhopal, nel 1980 lascia la carriera di
insegnante per diventare Segretario generale del
Fronte di Liberazione della Schiavitù per Debiti
(Bonded Labor Liberation Front). Nello stesso anno
ha anche fondato il movimento Bachpan Bachao
Andolan (Missione Salvare l' Infanzia).
Satyarthi è un attivista dei diritti umani che lotta
contro il lavoro minorile dagli anni '90. La sua
azione ha permesso di liberare almeno 80.000
bambini dalla schiavitù, favorendo la reintegrazione
sociale.
Dal 1999 al 2011 è stato presidente della coalizione
internazionale Campagna Globale per l'Educazione,
poiché uno dei quattro fondatori insieme ad
ActionAid, Oxfam e la Internazionale
dell'Educazione.
Promotore poi del network Rugman (primo sistema
volontario di etichettatura, monitoraggio e
certificazione di tappeti fabbricati senza l'utilizzo di
lavoro minorile) ha promosso una campagna in
Europa e negli Stati Uniti tra la fine del 1980 e
l'inizio del 1990 con l'intento di aumentare la
consapevolezza dei consumatori delle questioni
relative alle responsabilità delle multinazionali in
materia di consumo e commercio socialmente
responsabile.
Egli si è espresso in merito al lavoro e allo
sfruttamento minorile sostenendo che questo genera
povertà, disoccupazione, analfabetismo, crescita
incontrollata della popolazione e altri problemi
sociali.
Negli oltre 25 anni di attività a difesa dei diritti dei
minori, Satyarthi ha partecipato a numerose
campagne internazionali come la Marcia Globale
contro il lavoro minorile attirando verso di sé
l'attenzione dei media di tutto il mondo. Nel maggio
del 2004 a Firenze intervenne come presidente della
Marcia, ad un convegno organizzato da CGIL,
CISL, UIL, Mani Tese in cui sostenne che
“basterebbero tre giorni di spesa militare mondiale,
pari a 11 milardi di dollari, per far sparire la piaga
del lavoro minorile attraverso l'istruzione data ai
246 milioni di bambini lavoratori”.
La sua organizzazione Bachpan Bachao Andolan ha
pubblicato nel dicembre del 2011 uno studio dove
denuncia che in India scompaiono 11 bambini ogni
ora perché vittime del vasto traffico di esseri umani
esistenti nel Paese.
Kailash ha dedicato il Nobel ai bambini che vivono
in schiavitù e ha dichiarato dall'India Cnn-Ibn, poco
dopo l'annuncio a Oslo.
“È un onore per tutti quei bambini che soffrono in
schiavitù, vittime del lavoro forzato e dei traffici”
PREMI ED ONORIFICENZE
-1993 Eletto Ashoka Fellow (USA)
Kailash Satyarthi nel giorno della sua nomina
così risponde sul perché abbia scelto di
intraprendere questa battaglia.
“Tutto è nato dalla compassione, quando avevo
cinque o sei anni. Per la prima volta, nella mia
città natale ho visto un bambino che aveva la mia
stessa età lavorare con il padre; proprio davanti
alla mia scuola. Provavo un sentimento
contraddittorio: da una parte io ero contento e
studiavo con gioia, dall’altra c’era lui che, invece,
lottava per la sua infanzia e per il suo
sostentamento. Chiesi ai miei genitori e al mio
maestro come fosse possibile e mi diedero la stessa
risposta: sono bambini poveri e quindi lavorano.
Non mi convinsero. Un giorno chiesi al padre di
quel bambino, come mai non mandasse il figlio a
scuola; mi guardò come se gli stessi facendo una
domanda assurda e mi rispose: noi siamo nati per
lavorare. Rimasi stupito ed attonito. Perché
qualcuno era nato per lavorare mentre io, invece,
me ne andavo a scuola sereno? Queste domande
mi hanno sempre accompagnato e il non aver
trovato una risposta convincente mi ha portato a
iniziare a combattere”.
-1994 Premio internazionale per la pace Aachener
(Germania)
-1995 Premio Trumpeter (USA)
-1995 Premio per i diritti umani Rober F. Kennedy
(USA)
-1998 Premio Golden Flag (Paesi Bassi)
-1999 Premio della fondazione Friedrich Ebert
(Germania)
-2002 Medaglia Wallenberg dell'Università del Michigan
(USA)
-2006 Premio Freedom (USA)
-2007 Medaglia d'oro del Senato della Republicà (Italia)
-2007 Inserimento della lista degli “Eroi che combattono
per la fine della schiavitù dei tempi moderni” del
Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America
(USA)
-2008 Premio internazionale Alfonso Comin (Spagna)
-2009 Premio Difensori della Democrazia (USA)
-2014 Premio Nobel per la Pace
Kailash Satyarthi durante la Marcia Globale
contro il lavoro minorile
Imtiyaz comes from a very poor, illiterate family. His father worked at a bangle factory, but his salary was too low to provide for Imtiyaz and
his siblings. One day, a man from the village convinced Imtiaz’s mother to send the boy along with him, promising her, he would get education
in return for a few hours of work. Though, instead of going to school, Imtiyaz was forced to work for more than 16 hours a day and suffered
hardship through his boss. It was only after his rescue through BBA that he finally got access to education and found a caring environment in
BBA’s rehabilitation center Bal Ashram.
Margherita Anastasio – Angela Paldino
8 0 0 0 0 SALVATE E SALVATI
DALLA SCHIAVITÙ
LE ASSOCIAZIONI FONDATE DA KALIASH LOTTANO PER I DIRITTI DEI MINORI
Kailash Satyarthi, sessantenne attivista dei diritti umani, impegnato dagli anni 80 nella lotta contro il
lavoro minorile con la sua organizzazione Bachpan Bachao Andolan (BBA). La sua azione ha permesso
di liberare almeno 80.000 bambini dalla schiavitù favorendone la reintegrazione sociale. È anche merito
suo se molti trattati internazionali e varie legislazioni prendono oggi in considerazione il divieto di
lavoro minorile e il diritto all'educazione dei più giovani
Lavoro minorile
La BBA, fondata nel 1980, ha come scopo
quello di “creare una società adatta ai bambini, dove tutti i sono liberi dallo sfruttamento e possono ricevere istruzione gratuita e di qualità. Inoltre si pone l'obiettivo di
identificare, liberare, riabilitare, e educare i
bambini in schiavitù attraverso un intervento diretto, la partecipazione della comunità,
la costruzione della coalizione, l'azione dei
consumatori, la promozione di pratiche di
commercio etico
A questo proposito la BBA ha organizzato proteste e manifestazioni per chiedere una legislazione
globale sul lavoro minorile, tra cui il divieto totale di lavoro minorile fino all'età di 14 anni; ha portato
anche una manifestazione di massa davanti al Parlamento indiano e, infine, ha ampliato la sua attività di
sensibilizzazione in Nepal e Pakistan.
Mukti Ashram
Una catena di progetti
Nel 1990 la BBA ha raggiunto un traguardo importante con l’apertura di
Mukti Ashram, il primo centro in India
per la riabilitazione dei bambini lavoratori salvati. Questo centro, situato
nella periferia di Delhi, fornisce ai
bambini salvati un primo rifugio sicuro
da cui ripartire per riottenere la fiducia
nel loro ambiente e ricongiungersi con
i loro genitori. Nella casa a breve termine i bambini ricevono cibo, vestiario, alloggio, assistenza medica, assistenza psicologica e legale e una cura
giornaliera
Una lezione al centro di Mukti Ashram.
Bal Ashram
Nel 1997 è stato aperto in Rajasthan
(lo stato più grande dell’India) un
centro che fornisce una soluzione a
lungo termine per gli ex bambini
lavoratori. Il fine di Bal Ashram è
quello di fornire un’istruzione di
qualità, la formazione professionale e
lo sviluppo di abilità.
Education For All
Movimento inaugurato da 164 Paesi nel 2000 durante il Forum mondiale sull’educazione, si
propone di espandere e migliorare la cura e l'istruzione di tutti i bambini e le bambine, in particolare
di quelli più vulnerabili e svantaggiati, col fine di ottenere, entro il 2015, l'accesso all'istruzione
primaria universale obbligatoria, gratuita e di buona qualità per tutti i minori che vivono in
condizioni difficili e quelli che appartengono a minoranze etniche. Inoltre vuole garantire che i
bisogni educativi di giovani e non siano soddisfatti attraverso un accesso equo a programmi di
istruzione e formazione lungo tutto l'arco della vita, affinché si giunga ad un aumento del 50%
nell'alfabetizzazione degli adulti. Infine si propone di migliorare tutti gli aspetti della qualità
dell'istruzione ed assicurare a tutti l'eccellenza, così che risultati visibili e valutabili siano raggiunti
da tutti, specialmente nel leggere, scrivere, contare e in altre abilità essenziali per vivere.
La continua attività della BBA ha portato traguardi importanti
come la ratifica della legge sul lavoro minorile del 1986 e la
Convenzione Oil 182 1999 sull’eliminazione delle forme peggiori di lavoro. Quest’ultima è stata adottata in seguito alla
Global March: una vasta campagna nata nel 1998 per combattere lo sfruttamento dell’infanzia e per chiedere l’istruzione gratuita e di qualità per tutti i bambini del mondo.
Il movimento è presente in 140 paesi e raccoglie le associazioni
di tutto il mondo, portando ad una mobilitazione senza precedenti di tutti gli attori sociali.
Un bambino coraggioso
Iqbal Masih
Iqbal Masih era nato nel 1983 e
aveva quattro anni quando suo padre
decise di venderlo come schiavo a
un fabbricante di tappeti per 12
dollari. Picchiato, sgridato e
incatenato al suo telaio, Iqbal inizia
a lavorare per più di dodici ore al
giorno. In Pakistan è solo uno dei
tanti bambini abili e veloci che
tessono tappeti e, non potendo
protestare, ricevono salari ridicoli.
Un giorno del 1992 Iqbal con altri bambini esce di nascosto
dalla fabbrica di tappeti e decide di raccontare la sua storia. Il
suo racconto fa scalpore e nei giorni successivi viene
pubblicato dai giornali locali. Iqbal decide che non vuole
tornare a lavorare in fabbrica e prepara una lettera di
dimissioni da presentare al suo ex padrone: "Non ho più
paura di lui, è lui che ha paura di me, di noi, della nostra
ribellione. Da grande voglio diventare avvocato e lottare
perché i bambini non lavorino troppo".
Iqbal ricomincia a studiare senza interrompere il suo impegno
di sindacalista dei minori. Sarebbe diventato un avvocato, ma
la storia della sua libertà è breve. Il 16 aprile 1995, domenica
di Pasqua, gli sparano a bruciapelo mentre correva in
bicicletta nella sua città natale Muridke. Due raffiche di
proiettili gli tolgono la vita e Iqbal si accascia sulla bicicletta
con cui stava finalmente giocando.
"Un complotto della mafia dei tappeti" sarà la tesi sostenuta
dopo il suo assassinio. Qualcuno si era sentito minacciato
dall'attivismo di Iqbal, la polizia fu accusata di collusione con
i responsabili. Di fatto molti dettagli di quella tragica
domenica sono rimasti poco chiari.
Aveva solo 12 anni. E i suoi assassini sono liberi. Con i 15
mila dollari del Premio Reebok per la Gioventù in Azione
ricevuti nel dicembre '94 a Boston, Iqbal voleva costruire una
scuola perché i bambini schiavi potessero ricominciare a
studiare.
Valeria Cattani – Giulia Fantoni – Benedeta Pappadà
PREMIATO PER LA VITA
DEDICATA AI BAMBINI
Il Nobel a Kailash Satyarthi
l'eroe della lotta contro lo sfruttamento minorile
Ci sono ancora molti,
troppi bambini ...
Satyarthi e la sua
battaglia contro la
schiavitù dei bambini
Kailash Satyarthi, attivista indiano
che si batte per i diritti dei bambini, e
Malala Yousafzay, una diciassettenne
pachistana hanno ricevuto il Premio
Nobel per la Pace 2014 con la
seguente motivazione: “Per la loro
battaglia contro la repressione dei
bambini e dei giovani e per il diritto
di tutti i bambini all’educazione”.
I giudici del Nobel hanno deciso di
dedicare questa edizione del Premio
alla lotta contro lo sfruttamento dei
minori per fini economici: “I bambini
devono andare a scuola e non essere
sfruttati finanziariamente. Nei Paesi
più poveri del mondo, il 60 per cento
della popolazione ha meno di 25 anni
di età; ed è un prerequisito per lo
sviluppo pacifico del mondo che i
diritti dei bambini e dei giovani
vengano rispettati. Nelle aree
devastate dalla guerra, in particolare
gli abusi sui bambini portano al
perpetuarsi della violenza generazione
dopo generazione”.
L'assegnazione del Premio Nobel
a Kailash Satyarthi a Oslo
IL PALADINO DEI DIRITTI DEI PIÙ DEBOLI
Kailash Satyarthi ha
dedicato la sua vita ad
aiutare i milioni di bambini
che in India sono ridotti in
schiavitù e costretti al
lavoro, grazie anche alla
sua associazione “Bachpan
Bachao Andolan”, con la
quale è stato possibile
liberare almeno ottantamila
minori dallo sfruittamento,
promuovendo la loro
reintegrazione sociale.
Dopo l'assengnazione ha
dichiarato: “Il Nobel ha dato
un riconoscimento al
problema di tutti questi
bambini, visibilità a questo
tema e forza agli attivisti di
tutto il mondo, ma questo
non significa che l'annoso
problema del lavoro
minorile sia stato risolto.
Dobbiamo continuare la
nostra lotta. Ogni singolo
centesimo del premio in
denaro che ho ricevuto verrà
devoluto alla nostra causa:
la lotta contro il lavoro, la
prostituzione e la schiavitù
minorile. La sfida più grande è cambiare la mentalità.
La gente deve realizzare che
i bambini nascono con diritti
umani fondamentali. I loro
diritti legali e costituzionali
devono essere protetti, questa realizzazione deve
arrivare”.
‘’Questo premio è un onore per i
milioni di bambini che ancora sono
in schiavitù, che sono privati della
loro infanzia, dell’educazione, ma
soprattutto del loro diritto
fondamentale alla libertà. Ci sono
ancora molti, troppi bambini che
lavorano come schiavi nelle
fabbriche di mattoni, nelle case,
nelle miniere. Spesso rimangono
invisibili. Questo premio è per loro,
ma è anche per gli indiani: l’India è
forse la madre di centinaia di
problemi ma è anche la madre di
milioni di soluzioni. Penso che dare
il premio nobel a una pakistana e a
un indiano sia stata una grande
decisione, un messaggio che non
deve arrivare soltanto ai governi, ma
soprattutto ai cittadini. Ho lavorato
con organizzazioni pakistane per
molti anni, sono stato lì spesso e
conosco la gente. Ho sempre
pensato che una convivenza pacifica
sia e debba essere possibile.
Possiamo e dobbiamo vivere in pace
nel nome dei comuni valori
dell’umanità, soprattutto quando
parliamo di infanzia. I bambini
devono nascere e crescere nella
pace, devono divertirsi e viversi
l’istruzione come esseri umani
liberi.”
Le reazioni internazionali
Il presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, ha espresso la propria
soddisfazione per l'assegnazione del
riconoscimento a Satyarthi ricordando al
mondo che la necessità di proteggere l'infanzia
e i giovani dallo sfruttamento e dall'ignoranza,
sono divenuti simboli viventi di un messaggio
di civiltà, troppo spesso dimenticato.
“I veri vincitori oggi sono i bambini”, ha detto
il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon.
Il ministro degli Esteri (e futura lady Pesc della
Ue) Federica Mogherini nota che si tratta di
“una scelta che deve richiamare tutto il mondo,
dalla politica alla società civile, a uno sforzo
quotidiano di difesa dei diritti umani”.
La concessione del premio rappresenta “un
forte messaggio rivolto al mondo
sull'importanza dell'istruzione nella costruzione
di società pacifiche e sostenibili”, commenta la
direttrice dell'Unesco, l'Organizzazione delle
Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la
cultura, Irina Bokova. “Kailash Satyarthi è un
amico, una persona vicino all'Unesco, ed è alla
guida dagli anni Ottanta del movimento globale
per porre fine alla schiavitù e al lavoro che
sfrutta i bambini”.
Kailash Satyarthi insieme ad alcuni bambini
salvati dalla schiavitù minorile
Francesca Agnusdei - Alessia Milani
LAVORO MINORILE
L'INFANZIA NEGATA
“Gli unici strumenti che i bambini dovrebbero usare sono la penna e il libro:
sono questi gli strumenti della libertà.”
Il lavoro minorile è un fenomeno che coinvolge i bambini di età compresa fra i 5 e i 15 anni in tutto il pianeta. Tale problema si presenta anche in regioni ricche di risorse
e con un’economia florida, in cui, però, il reddito pro capite è molto basso Sono circa 150 milioni i bambini che lavorano e di questi 74 milioni svolgono compiti che
provocano danni alla loro salute psico-fisica. Non vanno a scuola, non giocano ma lavorano. Si stima che il tasso di analfabetismo nel mondo sia circa il 27%, mentre
sale drasticamente nei paesi meno sviluppati (circa il 71%).
SFRUTTAMENTO MINORILE
INDIA
L’India è il paese con il
maggior numero di bambini
lavoratori al mondo. È difficile
rintracciare
dati
veritieri:
spesso i censimenti mostrano
risultati totalmente opposti tra
loro e magari risalgono ad anni
piuttosto lontani. Quello che è
certo è che vi è un numero
Un bambino indiano impiegato nella tessitura. ingente di impiego minorile e i
bambini sono autorizzati a fare lavori leggeri, ma rimangono spesso
vittime o della schiavitù per debiti o del lavoro forzato; altri possono
rimanere vincolati a causa di abuso sia fisico che emotivo e sessuale,
vengono in tal modo a perdere ogni libertà. Solitamente i bambini al di
sotto dei 15 anni vengono utilizzati per compiere lavori non specializzati;
il 45% viene concentrato nel settore agricolo e il restante è impiegato in
processi manifatturieri o altri lavori.
Kailash Satyarthi ha fondato nel 1980 l'ONG Bachpan Bachao Andoland,
un movimento per la salvaguardia dell'infanzia. In questi trenta anni di
attività è riuscito a salvare dallo sfruttamento 83500 bambini, di cui 1380
solo lo scorso anno.
AFRICA
In Africa 8 bambini su 21 lavorano
e la metà di questi lo fa a tempo
pieno. La regione Sub sahariana è
quella con il più elevato tasso di lavoro minorile: più di un terzo dei
bambini di età compresa tra 5 e 14
anni è sfruttato nelle forme più pericolose di lavoro.
La povertà diffusa, i conflitti, le carestie, l’HIV-AIDS, così come la
violenza domestica, stanno costringendo sempre più i bambini ad abbandonare le proprie case per vivere e lavorare in strada. Molti altri finiscono in situazioni meno visibili
AMERICHE
Negli Usa i ragazzi sotto i 18 anni
non possono acquistare sigarette,
ma a dodici possono lavorare legalmente nelle piantagioni per un
numero illimitato di ore, a condizione di avere il permesso dei genitori e che sia al di fuori dell'orario scolastico. In tutti gli altri settori, invece, l'età minima per cominciare a lavorare è 14 anni.
Quel che è assurdo è che spesso
non percepiscono neanche il salario minimo di 7,25$. In America
Latina si stimano circa 5,7 milioni
di bambini lavoratori e nel solo
Perù sono circa 3 milioni, tra i 6 e
i 17 anni. Essi lavorano nell’agricoltura, nei mercati, appoggiano i
genitori nelle loro attività e vendono caramelle per le strade.
di sfruttamento, di lavoro domestico, nelle fattorie, nelle miniere o
anche in gruppi armati. Lo scarso
accesso dei bambini africani
all’istruzione è principalmente dovuto all’insufficiente numero di
scuole, all’impossibilità delle famiglie di sostenere i costi per l’istruzione, alla necessità per molti bambini di lavorare per guadagnarsi da
vivere, ai matrimoni precoci (che
impediscono alle bambine di continuare gli studi) e alla discriminazione che colpisce milioni di bambini
orfani a causa dell’AIDS.
EUROPA
Il numero di bambini e bambine che lavorano nel mondo, suddivisi per fasce d'età.
ASIA
Inservienti in Nepal, produttori di tappeti in India, impiegati nelle officine tessili in
Bangladesh o nelle industrie
ittiche in Indonesia, prelevati
dalla Cambogia, dalla Cina,
dal Laos, da Myanmar e dal
Vietnam e costretti a lavorare
nelle case di piacere in Thailandia oppure vendute nei
bordelli di Bombay, Calcutta
e Delhi. Questi alcuni esempi
delle vite che devono condurre tanti bambini in Asia. È
proprio qui, infatti, che vi è la
maggiore concentrazione del
lo sfruttamento minorile,
come rilevato dall’ Internatio-
nal Labour Office, ben il
61%. Oltre 40 di queste attività sono considerate pericolose e spesso le condizioni di
lavoro sono la causa di gravi
malattie. Il problema è di particolare entità nell’Asia meridionale e non vi sono segnali
di miglioramento per l'alto livello di povertà, della debolezza del sistema scolastico e
di abitudini e tradizioni difficili da superare.
Ci sono stati, però, dei cambiamenti strutturali nelle attività svolte e si sono riscontrati soprattutto in quei paesi investiti da rapide riforme eco-
nomiche. Ad esempio, la diminuzione dell’impiego dei
bambini nelle campagne è
stato seguito da un aumento
del loro sfruttamento nell’
industria manifatturiera, dove
sono sottoposti ad orari di lavoro estenuanti ed inflessibili
che privano il bambino della
possibilità di frequentare la
scuola. Inoltre, i casi di bambini che lavorano 24 ore alla
settimana è notevolmente diminuito a favore di una tendenza che vede l’aumento di
bambini impiegati 44 ore la
settimana.
BAMBINI E BAMBINE SOLDATO
Ci son bambini che giocano alla guerra e altri
che combattono davvero. Sostituiscono penne e
matite colorate con fucili che sparano realmente, l’addestramento militare prende il posto della scuola e il terrore della morte rimpiazza la
spensieratezza del gioco. Sono circa 300 mila i
bambini-soldato di cui il 40% bambine. Sono
minori che divengono di proprietà; personalità
modellate sulla base dell’impiego che ne serve.
Parliamo, infatti, di un reclutamento senza
scrupoli, che avviene attraverso ignobili metodi di persuasione o, più semplicemente, servendosi del rapimento diretto. Particolarmente a rischio sono i bambini senza tetto, corruttibili dalle promesse di poter ottenere indumenti e cibo, destinati, inoltre, a suscitare minor reazione pubblica.
Questi bambini e bambine soldato vengono drogati, maltrattati, abusati e dimostrano disturbi fisici e mentali, irrequietezza e disorientamento.
PROSTITUZIONE MINORILE
Minore in fabbrica in Albania.
In Europa lo sfruttamento minorile
non è affatto scomparso, al contrario è
in aumento a causa della crisi economica. La maggioranza degli Stati europei ha leggi contro il lavoro dei minori che però non vengono applicate.
In Italia sono 260.000, più di 1 su 20, i
ragazzi sotto i 16 anni coinvolti in
questa attività. In Albania la percentuale è del 19% e in Georgia sale al
29%, mentre il governo russo stima
che ci siano circa un milione di minori
che lavorano.
Il centro principale della prostituzione minorile a livello mondiale
viene ritenuta l'Asia sud-orientale. Secondo recenti valutazioni
dell'UNICEF, infatti, più di un milione di minorenni e bambini in
Thailandia, Filippine ed India vengono costretti a prostituirsi.
Secondo i dati dell'ECPAT, il dato ammonterebbe ad una ventina di
milioni, di cui il 20% solo in India. Tra le principali cause della
prostituzione minorile vi è la povertà e l'abbandono.
Tale sfruttamento rappresenta un grande business per organizzazioni malavitose che
alimentano il traffico di minori, impiegato anche nel mercato illegale della pornografia.
Gravissimi sono gli effetti negativi nei bambini, sia a livello mentale che fisico e
comportano la devastazione della personalità. Frequentemente da adulti diventano
sfruttatori dello stesso fenomeno poiché vittime di emarginazione sociale, se non di
malattie sessualmente trasmissibili, come l’HIV.
Martina Cocchiara – Ilaria Cocurullo – Giulia Spina – Emanuela Vaghi
BAMBINI PER LA PACE
Kailash Satyarthi, attivista indiano che si batte per i diritti dei bambini, ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace 2014.
La vittoria del 61enne Kailash Satyarthi è stata accolta da molti indiani con sorpresa. Lontano dai fotografi e dalle
prime pagine, Satyarthi ha silenziosamente portato avanti il suo lavoro di volontariato con Bachpan Bachao Andolan
Save the Child Movement, l'organizzazione da lui fondata nel 1980.
Da allora, Bachpan Bachao Andolan ha salvato oltre 82mila bambini coinvolti nel traffico e lavoro minorile.
Ha subito diversi attacchi e ha perso due colleghi, assassinati dalle gang durante operazioni di salvataggio.
INTERVISTA DEL NOVEMBRE 2009
Lei si batte contro il lavoro minorile: quanti sono i bambini costretti a
lavorare, nel mondo?
Secondo L'international Labour Organisation (ILO) 218 milioni (tre volte è
mezzo la popolazione italiana). La maggioranza, il 60 %, si trova in Asia, il 30 %
in Africa, altri 10 % nelle Americhe.
In che condizioni vivono?
Vivono e lavorano in condizioni subumane: fanno molte ore di lavoro non pagato
o pagato poco, in ambienti pericolosi e opprimenti. Sono malnutriti, senza cure
sanitarie e spesso in pessime condizioni di sicurezza. Vengono privati della
libertà e della dignità.
In India, Bangladesh e
Pakistan, è ancora
diffusa la schiavitù,
anche se è illegale. I
bimbi lavoratori sono
schiavi?
Molti sì: almeno il 20 %.
Spesso sono figli di schiavi
per debiti.
In quali settori
lavorano ?
Quasi 7 su 10 lavorano nei
campi. Molti fanno i
"Negare a un bambino il diritto all'istruzione domestici, i camerieri o gli
significa condannarlo alla povertà"
operai nelle fabbriche di
tappeti, vestiti, o scarpe. Oppure devono cucire i palloni, produrre il vetro o i
giocattoli.
Perché anche nei lavori pesanti, si impiegano bambini invece che adulti?
Gli adulti costano cari. Ed è più facile sfruttare i bambini: sono remissivi e
sottomessi. In molti casi vengono anche sfruttati da un punto di vista sessuale.
Il lavoro minorile è proibito ovunque? E i divieti vengono applicati?
La convenzione dell'ILO per proibire le peggiori forme di lavoro minorile è stata
firmata da più di 175 paesi. Quella per vietare l'impiego dei minori di 14 anni, da
140. La maggioranza dei paesi hanno delle leggi. Ma spesso non sono applicate a
dovere.
Perché?
La ragione principale è che manca la volontà politica. Inoltre in alcune società il
lavoro dei minori non desta la necessaria preoccupazione.
Cosa possono fare gli italiani per combattere il lavoro minorile?
Parecchie cose. Sul piano nazionale possono comportarsi da consumatori
responsabili. Ogni volta che comprano qualcosa devono chiedere che sia garantita
l'assenza di manodopera infantile nella produzione.
E su quello internazionale?
Intanto possono reagire con mail o lettere alle aziende e alle istituzioni ogni volta
che vengono a sapere che dei bambini, in qualsiasi posto del mondo, sono
sfruttati. E poi Devono pretendere dai loro rappresentanti politici che diano più
risorse per la cooperazione allo sviluppo oltreoceano per eliminare il lavoro
minorile. Ma anche nelle zone del Sud Italia.
Le sue organizzazioni si occupano anche di liberare i lavoratori bambini?
Sì, in India abbiamo liberato più di 78.000 bambini lavoratori e più di 20.000
adulti in schiavitù, negli ultimi 30 anni. Sia attraverso raid segreti e operazioni in
incognito che con azioni giudiziarie e mobilitazioni collettive.
I bambini che salvate sono consapevoli dei loro diritti?
Non sanno neppure di averli. L'unico loro desiderio è poter tornare a casa dalla
madre o dalla famiglia. Molti, poi, vorrebbero poter andare a scuola.
Cosa accade dopo che li avete liberati?
Prima di tutto li portiamo dalle autorità per le formalità legali: così possono
accedere ai benefici per il reinserimento e si può dar via alle azioni legali contro i
loro datori di lavoro. Poi li portiamo nelle case di accoglienza per il soccorso
fisico e psicologico. Da lì accedono a programmi di recupero.
Di che cosa hanno bisogno più di tutto?
Della libertà di andare a casa loro e a scuola. Di essere amati, accuditi di un po' di
rispetto.
Com'è nato il suo impegno per i bimbi?
Il mio primo giorno di scuola mi ha cambiato la vita. Avevo 5-6 anni e vidi un
bambino della mia età seduto sulla soglia della scuola. Era un lustrascarpe. Chiesi
al mio insegnante perché rimaneva fuori lavorare, se tutti gli altri entravano. Mi
disse: 'Sono poveri, devono lavorare!'.
Non la convinse immagino.
No. Un giorno trovai il coraggio di chiedere la stessa cosa al padre del bimbo, che
era con lui. Mi rispose che era stato così per lui e per suo padre. “Signore, siamo
nati per lavorare” aggiunse. Mi arrabbiai ancora di più: non capivo perché alcuni
nascono per comandare e altri per lavorare. Nel 1980 ho lasciato il mio lavoro di
ingegnere e ho deciso di fare qualcosa.
Lei dice che il lavoro minorile danneggia la pace e la lotta alla povertà:
come?
Oggi è impossibile pensare alla pace, alla prosperità e alla giustizia sociale senza
conoscenza. E il lavoro minorile è l'ostacolo maggiore all'istruzione. Significa
perpetuare la disoccupazione degli adulti, l'analfabetismo, l'ignoranza, le malattie
e la povertà.
L'india per
esempio, ha circa
60 milioni di
lavoratori
bambini e 65
milioni di
disoccupati
adulti. L'ironia è
che la maggior
parte di quegli
adulti sono i
genitori dei
bambini che
"L'India è un paese con centinaia di problemi.
lavorano.
Ma con migliaia di soluzioni"
INTERVISTA DEL 2014
La vittoria del Nobel è un grande riconoscimento, quali obiettivi si pone per il futuro?
Il premio Nobel ha dato un riconoscimento al problema di tutti questi bambini, visibilità a questo tema e forza agli attivisti di tutto il mondo, ma questo non significa che
l'annoso problema del lavoro minorile sia stato risolto. Dobbiamo continuare la nostra lotta.Ho parlato con Malala. Le ho chiesto di unire i nostri sforzi affinché nessun
bambino nasca in condizioni di guerra, terrore e violenza. Dobbiamo lavorare insieme per la pace dei bambini. Dobbiamo coinvolgere i bambini di tutto il mondo per la
creazione di un nuovo movimento - Pace per i bambini - bambini per la pace.
Che cosa farà con il premio in denaro che ha ricevuto?
Ogni singolo centesimo verrà devoluto alla nostra causa: la lotta contro il lavoro, la prostituzione e la schiavitù minorile.
Lei e Malala collaborerete nella battaglia per assicurare un futuro migliore ai bambini nel sub-continente indiano?
Sarebbe per me un grande piacere. I problemi dell'India e del Pakistan sono collegati tra loro. Quando parliamo
dell'istruzione femminile, trattiamo un tema molto vicino a quello del lavoro dei bambini. Sono 33 anni che porto avanti
campagne per favorire un'istruzione di qualità. L'analfabetismo e il lavoro minorile sono due facce della stessa medaglia. L'istruzione non potrà essere conseguita a meno che ai bambini venga dato prima un ambiente sicuro e pacifico.
Come si sente ad aver vinto il premio insieme a Malala? Si sente oscurato dall'attivista pakistana?
Sono molto felice. Adoro questa ragazza, per me è come una giovane figlia. È una ragazza coraggiosa.
Qual è la sfida più grande per l'India quando si parla di lavoro minorile: le leggi e la loro applicazione?
La sfida più grande è cambiare la mentalità. La gente deve realizzare che i bambini nascono con diritti umani fondamentali. I loro diritti legali e costituzionali devono essere protetti, questa realizzazione deve arrivare.
Mi disse: "Sono Poveri, devono lavorare!" Ai bambini deve essere data una voce, importanza e visibilità.
Melissa Maniscalco – Ilaria Messina
C
hi è Malala? Una ragazza capace di andare contro il sistema ingiusto imposto nel proprio
paese, senza grandi gesti, ma con grande tenacia. Il suo desiderio è riportare nel suo piccolo mondo ciò che di più ha a cuore, per sé e gli altri: l’istruzione. Noi occidentali la riteniamo un
diritto “scontato” e quante volte eviteremmo gli impegni scolastici... Ma dall’altra parte del mondo una nostra coetanea è
disposta, a rischiare la propria vita per studiare e la violenza di
chi ignora il valore della libertà. Non pensiamo al premio, ma
al suo gesto e al messaggio che a tutto il mondo ha trasmesso:
l’istruzione rende liberi, anche da guerre e da oppressioni;
essa stessa è vita e deve essere sempre difesa ad ogni costo.
Non serve essere grandi o potenti per cambiare il mondo, basta essere giusti e buoni di cuore. (Andrea Briani)
S
volgendo questo lavoro ho capito quanto duramente abbia lottato Malala per una causa così importante. Ho così
anche riflettuto sulla grave situazione politica, economica e
sociale presente non solo in Pakistan o in India, ma nei tanti
paesi dove esistono ancora delle ingiustizie verso le persone
più deboli. Il coraggio, la determinazione e la voglia di opporsi ai soprusi l'hanno portata a combattere la discriminazione
verso le donne e a vincere la sua lotta a favore dell’istruzione
femminile. (Luca Giussani)
I
due premiati, Malala Yousafzai e Kailash Satyarthi, mi hanno dato modo di riflettere sulla
situazione sociale, culturale e politica di Pakistan e India. Mi ha molto colpito la storia di
Malala, che, giovanissima, ha avuto il coraggio di opporsi alla discriminazione che subiscono le
donne, le bambine e i bambini a cui è impedito l’accesso all’istruzione. Quello che mi sembra spingerla è non solo il coraggio della ribellione, ma più ancora la determinazione, la voglia di sopportare sacrifici e grandi fatiche, pur
di riscattarsi dall’ignoranza e dalla miseria. In un paese dove molti bambini
vengono tolti alle famiglie per essere arruolati e educati alla violenza per formare precoci combattenti, esistono comunque famiglie, come quella di Malala, e scuole che educano alla giustizia, al rispetto degli altri ed al rispetto di se
stessi. Anche in India, dove il diritto all’istruzione è largamente disatteso, la
condizione di degrado dei giovani passa attraverso la povertà, l’analfabetismo
e il lavoro semischiavile. La lotta di Satyarthi dimostra che è possibile cambiare la vita di molti minori liberandoli dalla schiavitù e che quindi un riscatto sociale è fattibile e concreto.
(Giulia Spina)
volte ci lamentiamo per una situazione che non ci sta bene, ma
Q uante
non facciamo nulla affinché essa cambi? Prendere l’iniziativa non è facile. C’è bisogno di determinazione, una buona dose di coraggio e forse anche
qualche coincidenza favorevole. Non si ha la certezza della riuscita e si può
avere paura che, a seguito di un fallimento, si possa addirittura peggiorare.
Eppure il Nobel a Malala ci dà speranza e mostra come una giovane abbia
avuto il coraggio e la fermezza di sostenere la sua opinione davanti al mondo
intero. L’ha fatto superando grandi difficoltà, vedendo perfino la morte in faccia, tuttavia non si è arresa, né ha rinunciato ai suoi ideali per i quali continua
tuttora a battersi. Certo, il suo obiettivo, l’istruzione delle bambine, non è ancora stato raggiunto, ma, grazie a lei, l'opinione pubblica mondiale ha compreso l'importanza di garantire questo fondamentale diritto. E allora perché
non prenderla come esempio? Mettiamo da parte le nostre insicurezze e facciamo sentire la nostra voce, se avvertiamo un'ingiustizia non subiamo e basta! (Ilaria Cocurullo)
M
alala è il simbolo delle donne che lottano per il diritto
all’istruzione. In Italia, il diritto allo studio è garantito a tutti, ma, mentre noi fantastichiamo sul nostro futuro, in
altre parti del mondo esistono molte ragazze che non hanno la
possibilità di ricevere un’istruzione e di realizzare i propri progetti. Grazie ad essa le persone inizierebbero a ragionare con
la propria testa, senza farsi manipolare dagli integralisti e sicuramente vincerebbe la tolleranza sulla violenza.
(Valeria Cattani)
C
on l'assegnazione del premio Nobel per la pace a una
mia coetanea, ho subito riflettuto e mi sono detto: "Questa ragazza sicuramente ha molta
più influenza di tanti altri adulti che, nel corso della loro vita, non sono stati in grado di fare ciò
che Malala ha compiuto coi suoi 17 anni”. Il prestigioso riconoscimento è stato assegnato anche
all'attivista indiano Satyarthi, però non credo che l'assegnazione del premio Nobel per la pace a
una ragazza pakistana e a un indiano possa eliminare la rivalità tra India e Pakistan perché gli interessi di ciascuna nazione sono purtroppo erroneamente ritenuti superiori a una vera pace.
(Luca Montrasio)
É
dal Pakistan che proviene Malala, vincitrice del Nobel per la pace, che a soli diciassette
anni si batte per i diritti all’istruzione. E proprio in quel paese dove la mentalità opprime i
diritti di ogni donna e si preferisce far tacere piuttosto che insegnare e far conoscere! Tra i banchi di scuola spesso ci si lamenta di quanto sia noioso lo studio, e ci si dimentica che ragazze
della nostra stessa età vengono sottomesse da un padre o un marito violento, costrette a guardare
e subire in silenzio, quando invece vorrebbero essere libere di dedicarsi a ciò che piace, come a
noi appare scontato. Credo che il premio sia meritato, in quanto il suo lavoro contribuirà a migliorare la situazione delle donne in Pakistan. (Angela Paldino)
L
a premiazione di Malala rappresenta un passaggio piccolo, ma singolare nella storia. È, infatti, la prima minorenne, ed anche donna, a ricevere un riconoscimento così importante.
Quest'avvenimento riguarda sia le donne, ma anche direttamente me. Ritengo che Malala abbia
voluto trasmettere una forza, fiducia e speranza a tutti noi giovani. È riuscita a farmi capire che
con buona volontà, determinazione, coraggio e perseguendo ciò che è giusto, tutto può essere
possibile. Insomma ha dimostrato che le barriere nel nostro mondo si possono abbattere, eccome! (Federico Mantica)
A
17 anni premio Nobel per la pace: davvero sorprendente! Malala è stata molto coraggiosa. Nonostante le due aggressioni subite, una da parte di alcuni talebani e un’altra a Birmingham, non si è tirata indietro e ha continuato a difendere i diritti dei bambini. Penso che sia
un esempio del fatto che bisogna esprimere sempre la propria opinione, senza timori perché è un
nostro diritto, e in quanto tale, non ci deve essere sottratto. Anche Satyarthi ha dedicato tutta la
sua vita ai diritti delle bambine e dei bambini e questo è da ammirare, perché ha migliorato il
presente e nello stesso tempo il loro futuro: adesso devono andare a scuola e imparare, perché
per lavorare c’è ancora tempo.
(Margherita Anastasio)
P
rovo stima e ammirazione nei confronti di Malala, ragazza pakistana che ha rischiato la
vita per difendere il diritto delle bambine all’istruzione. La considero un esempio di altruismo e di coraggio, quel coraggio che l’ha spinta a sfidare i talebani per il bene di tutte le
bambine del Pakistan e non solo.
(Redaelli Luca)
R
agazza forte Malala, determinata, che, pur con le ingiustizie e le minacce subite, è riuscita a essere ancora più motivata a difendere i suoi diritti e quelli degli altri. Pur avendo subito due aggressioni, non ha rinunciato a far valere le proprie parole; è davvero una ragazza da
ammirare. È la prova che anche le giovani possono contribuire a migliorare la loro situazione.
80000 tra bambine e bambine sono stati salvati grazie a Kailash. Penso che sia chiaro che la determinazione e il coraggio che l’hanno accompagnato per tutta la vita gli hanno permesso di raggiungere obiettivi molto importanti. Kaliash, aderendo a manifestazioni pacifiche e fondando la
BBA, ha dato un contributo essenziale nella lotta contro la schiavitù dei minori.
(Benedetta Pappadà)
V
orrei sottolineare il risvolto politico e sociale molto significativo del
Nobel per la pace del 2014. I due vincitori, una pakistana e un indiano,
provengono da paesi che, dal 1947 ( l’indipendenza del Pakistan), hanno visto i loro rapporti
continuamente peggiorare. Il premio dunque rappresenta un’opportunità per tentare un riavvicinamento verso la pace comune. Le motivazioni che hanno portato al Nobel Malala e Kailash
sono simili: hanno combattuto per i diritti quali la libertà e l'istruzione, rispettivamente delle
donne e dei bambini; che il loro operato possa ora essere conosciuto a livello mondiale fa sperare che gli interventi in questa direzione possano essere sempre più incisivi. Siti web e giornali
hanno rimarcato la giovane età della ragazza, i suoi 17 anni rappresentano un vero e proprio record! È però soprattutto la speranza che noi giovani possiamo imparare da Malala, ed essere
sempre più consapevoli della complessità del mondo attuale; affermare e difendere gli ideali in
cui crediamo, ricordandoci anche di non trascurare mai chi si trova in condizioni molto disagiate, e che oltre alla nostra attenzione si aspetta un nostro aiuto concreto. (Riccardo Brivio)
L
a storia di Malala fa riflettere. Ella ha cominciato la propria opera a difesa dei diritti
all’istruzione di minori e donne partendo praticamente da zero, e ciò è meritevole pensando ai molti che, pur avendo maggiori mezzi per far sentire la propria voce per la pace, non dimostrano la stessa sensibilità e convinzione. Bisogna poi notare che questo Nobel riguarda una giovane che proviene da un territorio noto soprattutto per conflitti e attentati, a testimonianza del
fatto che l'impegno per la pace può crescere ovunque e questa ragazza l'ha dimostrato al mondo
intero. (Andrea Sarati)
K
ailash Satyarthi ha dedicato tutta la sua vita a cercare di salvare i bambini indiani dalla
schiavitù e pochi avrebbero avuto il suo coraggio. Certamente la sua opera ha suscitato
l’avversione di molti, soprattutto tra i proprietari dei negozi o delle aziende in cui vengono sfruttati. Egli ha trovato un posto importante nel cuore di tutti i piccoli indiani che ha salvato e sta
portando la speranza della libertà a molti altri. Anche la giovane Malala, ha dimostrato molto coraggio, rischiando la morte per i propri ideali, ma la sua determinazione a far valere il diritto
all’istruzione ha prevalso. Entrambi i vincitori si stanno battendo per migliorare le vite di persone che subiscono la violazione dei propri diritti. (Alessia Milani)
M
alala e Kailash vincitori: un grande esempio da seguire! Entrambi di fronte ai gravi problemi dei loro paesi, in questo caso l’istruzione, si sono dati da fare! Certo tra molte difficoltà, ma hanno iniziato a impegnarsi per migliorare la situazione. Mi ha molto colpito il coraggio di Malala che nonostante sapesse i pericoli che correva, lottando per l’istruzione femminile in un paese che soggiogato dai talebani, ha perseverato nella sua causa rischiando anche di
morire. Mi ha fatto riflettere che una mia coetanea sia stata in grado di opporsi in maniera così
significativa alle violenze degli oppressori. L'insegnamento di entrambi è che si può cambiare
una situazione che non rispetta la dignità umana, perseguendo i propri ideali con molta fatica e
col coraggio di opporsi a ciò che si ritiene un sopruso. (Emanuela Vaghi)
I
l Nobel a Satyarthi, sessantenne indiano, e a Malala, diciassettenne pakistana, premia le loro
battaglie contro le discriminazioni verso bambine e bambini e per il diritto all’educazione di
tutti. Malala, benché giovanissima, combatte già da anni perché tutti i minori ricevano un’istruzione adeguata. È diventata un simbolo da quando, vittima di un attentato talebano, non ha rinunciato a esporsi continuando la sua battaglia. Il prestigioso riconoscimento, dunque,non deve
essere una sorpresa: nessuno può promuovere la pace meglio di una ragazza. Il Nobel, però, vuole comunque dirci anche altro. I due premiati, un indiano induista e una pakistana islamica, simboleggiano anche la necessità di dialogo tra due paesi ancora oggi in guerra. Malala, non a caso,
ha invitato i due presidenti alla cerimonia di consegna dei Nobel del 10 dicembre, nella speranza
che l'incontro possa contribuire a migliorare i rapporti tra i due storici rivali: sono in gioco la vita
e il futuro di tante ragazze e tanti ragazzi. (Giulia Fantoni)