Pre Bozza per L.N. - Responsabile Civile

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Pre Bozza per L.N. - Responsabile Civile
Dott. FG
Medico Chirurgo
Specialista in Oftalmologia
Premessa accompagnatoria della bozza non definitiva scritta nella
email inviata alle parti:
Avvocati, Colleghi
Come Vi ho anticipato per telefono, sono tenuto a tentare una definizione transattiva tra le parti, così come richiesto nei quesiti postimi dal G.I. al momento del conferimento dell'incarico, e Vi ringrazio per aver accettato unanimemente questo metodo, irrituale ma - ritengo - più veloce e più comodo per tutti.
Il 9 marzo dovrebbe scadere il tempo utile per l'invio della bozza definitiva,
che integrerò nell'ultima parte con l'esito di questa nostra corrispondenza.
Sarà mia cura ricontattare tutti Voi per ottenere valutazioni e proposte, nel caso ce
ne siano, entro l'8 marzo,
in modo da permettere ai CCTTPP, nel caso non si arrivasse ad una concilia-
zione, di redigere le eventuali loro considerazioni.
In allegato troverete la bozza, ovviamente non conclusa, che
provo qui a riassumere sommariamente, solo per comodità
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Ritengo che il Sig. L. non sia stato correttamente seguito dall'equipe chirurgica TUTTA,
operante in data 28/02/2014 nella sala operatoria di oculistica
della Casa di Cura, responsabile "in solido".
Questa considerazione scaturisce da un dato di fatto incontrovertibile: un
paziente che si sottopone ad intervento chirurgico di cataratta deve essere
calmo e non deve sentire dolore; queste soggettività possono e devono essere necessariamente gestite, mentre il Sig. L. durante l'intervento era agitato ed ha sentito dolore.
Se, gli infermieri prima e l'anestesista poi, avessero gestito meglio il dolore
e l'agitazione del paziente, molto probabilmente non ci sarebbe stata la rottura della capsula posteriore.
In conclusione la scarsa gestione peri-operatoria ha provocato l'instaurarsi
di fattori complicanti l'intervento che sono all'origine della rottura della capsula anteriore.
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Dott. FG
Medico Chirurgo
Specialista in Oftalmologia
Non ritengo quindi censurabile l'operato della Collega Chirurga, ma ciò non
la esime dalle sue responsabilità generiche di responsabile - quel giorno della Sala Operatoria, quale primo chirurgo.
Nel riconoscere il danno scaturito dal danno subito, è fondamentale
considerare che lo scarso visus che affligge il Sig. L. trova origini multifattoriali, estranee all'intervento in questione; prova ne siano l'attuale patologia retinica degenerativa interessante anche l'occhio sinistro, ed il grosso
difetto refrattivo oggettivato in ambedue gli occhi circa un anno prima
dell'intervento (in tempi non sospetti).
In altre parole il Sig. L. non ha mai avuto una vista sufficiente e, anche se l'intervento
si fosse concluso senza complicanze, oggi sarebbe comunque un ipovedente.
Per quanto riguarda la quantificazione del visus finale ho ritenuto di conside-
rare il visus attuale (1/12) e non il visus postoperatorio oggettivato il
27/03/2014 (2-3/10) in quanto l'asportazione del punto di sutura è l'origine
delle successive complicanze oculari.
In altre parole, se non ci fosse stata la rottura della capsula posteriore molto probabilmente il visus sarebbe rimasto intorno ai 2-3/10 in quanto non sarebbe stato necessario applicare alcun punto di sutura, con l'eliminazione di ulteriori manovre potenzialmente infiammanti e/o infettanti, così come poi avvenuto.
Ritengo che il danno non possa superare il 5%, mentre ritengo che
si debba al Sig. L. il riconoscimento di un lungo periodo di inabilità,
in cui ha continuato a curare il suo OD.
Nello scritto ho lasciato volutamente un margine di valutazione
per cercare di agevolare la conciliazione ma, nel caso non si arrivasse ad un accordo, mi riservo (ovviamente) di procedere così
come da rito.
In attesa delle Vostre proposte
porgo distinti saluti
FG
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Dott. FG
Medico Chirurgo
Specialista in Oftalmologia
TRIBUNALE DI
GIUDICE UNICO
Dott. MP
RG. ___/15
Aderendo all'invito rivoltomi, io sottoscritto Dottor FG, medico-chirurgo, specialista in
Oftalmologia, sono convenuto nell'Ufficio della S.V.I. ove, prestato il giuramento di rito il
22/09/2015, la S.V.I. mi diede incarico di espletare Accertamento Tecnico Preventivo
nella vertenza di L. N. c/ C.d.C. “Clinica” e Dott.ssa DG, e mi pose i quesiti come da
verbale di Udienza.
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Su richiesta di rinvio dell'Avv. Tatafiore inviato via fax ed allegato agli atti, le operazioni
medico legali hanno avuto luogo presso lo studio del CTU sito in B., Viale 23, il
11/11/2015 e vi hanno partecipato:
Sig. L. N. nato a Q. il 19/11/19__ e residente a G. in vico le F. n 4 riconosciuto dai
presenti e tramite Patente B. n° rilasciata dalla MCTC rinnovata fino al 19/11/2016 senza
prescrizione;
Dott. RCCTP per la parte attrice;
Dott. CT CTP per la parte convenuta;
Dott. LM ed Avv. GS per l'Assicurazione
Si ufficializza l'assenza della Dott.ssa G, impossibilitata a presenziare.
Le operazioni, apertesi alle ore 17:20, si sono chiuse alle 18:30, con l'avvenuto
versamento da parte della parte attrice dell'acconto di 400€ così come previsto dal
Giudice al momento dell'affidamento del caso.
Esse sono consistite in:
Esame della documentazione sanitaria
 12/02/2013 Cartella del C.A.D. “E” - – da dove si evince
01/03/2013 OD 2/10 (cyl 2,5 a 40° c.ca 4D (n.d.r.: di astigmatismo) OS 67/10 (cyl +2,5 a 170°). OO iniziale facosclerosi. FO OO marcata angiosclerosi
corioretinica.
18/09/2013 OD cataratta in evoluzione, OS iniziale facosclerosi. FO OS esiti
di laserterapia nel TS.
20/02/2014 AVN OD 1/10; OD IOL in sede.
06/03/2014 Rimozione punti di sutura Sp. Tamesad cll.
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27/03/2014 AVC OD 2-3/10. Il paziente non ha effettuato la terapia
prescrittagli; Lieve iperemia congiuntivale. Torna a controllo tra 7 giorni.
22/01/2014 Cartella clinica n° 301 della C.d.C. “” () con dimissione il 03/02/2014
con diagnosi di “Cataratta OD”. Dalla c.c. si estrae la seguente documentazione:
Esame obiettivo con descrizione del FONDO non leggibile. (SANO?)
Visus OD 1/10 (non viene riportato se naturale o corretto) OS non leggibile senza
alcuna informazione sul tipo di visus, naturale o corretto. (6/10?).
Descrizione dell'intervento di FACO ECCE eseguito il 28/01/2014: OD disinfezione
antiendoftalmite secondo protocollo SOI. FACO. Durante fase di aspirazione rottura della
CP. Presenza di qualche residuo in corpo vitreo. Vitrectomia anteriore e impianto di IOL
sulla ressi. 2 punti sutura.
 18/06/14 Certificato della Dott.ssa GC del D.S. 32 che descrive: OD pseudofachia con
IOL in CP (esiti recente trattamento chirurgico di cataratta + vitrectomia anteriore con
disturbi corneali, pseudoipopion e midriasi media. Visus 1/20 n.m.c.l. Allo stato. OS
cataratta corticonucleare in evoluzione, VN 1-2/10 VC +2,75-3a180° = 6-7/10. Al
fondo in entrambi gli occhi allo stato retina sul piano Note essudative alla periferia
retinica OS > OD. Tortuosità vasale diffusa con microaneurismi in OO (ill.le).
 24/10/2014 CTP del Dott. Galipò che riconosce al Sig. L. un danno biologico pari al
28% con ITA di 30 gg e ITP al 50% di 20 gg.
Anamnesi
Familiare, Fisiologica e Lavorativa: Familiarità diretta per diabete. Agricoltore
commerciante, versa ancora i contributi come coltivaotre diretto.
Patologica Remota e Prossima: Non riferisce interventi pregressi. Oltre al diabete
diagnosticato circa 12 anni fa, non riferisce altra patologia. Sin dall'inizio è stato seguito
dal C.A.D. E. dove è tuttora sotto controllo.
Patologica inerente la fattispecie in esame: Non riferisce uso di lenti nel passato, né
frequenti visite oculistiche. E’ seguito, sin dalla prima diagnosi di diabete, dal C.A.D. E.;
l'Oculista referente (Dott.ssa G) lo ha seguito nell'esame fluorangiografico del 2008 e
successivamente gli ha diagnosticato cataratta e consigliato l'intervento.
Dopo diversi consulti il Sig. L. è entrato in contatto con la Dott.ssa DV che lo ha poi
operato presso la Clinica in data 28/01/2014.
Il Sig. L. riferisce di essere stato l'ultimo della lista operatoria di quel giorno, di aver
sofferto molto durante tutto l'intervento e, nonostante l'avesse manifestato, di non aver
avuto da parte della Dott.ssa DV alcuna apparente azione rivolta alla gestione del suo
soffrire.
Riferisce di aver ricevuto una prescrizione medica post.chirurgica. A.D.R. Non sono in
grado di produrre tale documentazione.
Riferisce di essere stato visitato per la prima volta otto giorni dopo l'intervento.
Successivamente riferisce di essere stato seguito settimanalmente per il primo mesi con
alcune variazioni della terapia domiciliare.
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Riferisce asportazione dei punti di sutura circa un mese e mezzo dopo. Anche in questo
frangente il paziente ha riferito dolore nel sottoporsi a tale trattamento. Inoltre riferisce
che dopo 7-8 giorni da questo episodio, in seguito a comparsa di rossore dell'OD
associato a fortissimo dolore, si rivolgeva presso lo studio del Dott. V. che, dopo aver
tolto un altro punto di sutura, lo ha continuato a seguire per circa un altro anno. Anche in
questo caso il Sig. L. riferisce dolore da parte sua e ripetuti tentativi da parte del Dott.
V. associati ad uso di diversi colliri.
Nel 2014 / 2015 Su consiglio del Dott. V. il Sig. L. riferisce di essersi ricoverato per
due volte presso il VP dove sembra sia stato operato il 23/3/2015.
Esame Obiettivo

Esame generale: Soggetto lucido, fasico, autonomo, collaborante, orientato nei
parametri temporo-spaziali. Condizioni generali soddisfacenti.

Esame psichico:Ad un libero colloquio l’identità risluta coesa, l’esame di realtà è
integro ed il funzionamento dell’Io è conservato. Non si evidenziano alterazioni
dei poteri intellettivi superiori che risultano conservati e congrui con l'età, la
scolarità e lo stato sociale/lavorativo del Periziando. Non sussistono deficit delle
memorie di fissazione o di rievocazione. Si apprezza lieve stato di disagio
sociale, con episodio di pianto, e lieve deflessione dell'umore che si evidenzia
maggiormente nel rievocare l'accaduto in oggetto.


Esame obiettivo oculistico: OS Avcorr 2/10 che migliora con +0,5 = +2a140°. OD AV
corr (-2=-2a90°) 1/12 che peggiora con forame stenopeico. Cornea chiara, pupilla
aneuciclica ovalare con asse maggiore verticale, esiti di taglio corneale di c.ca 8mm
ben saldata. CA presente e profonda ed otticamente vuota. IOL in situ, ressi circolare
continua della capsula anteriore visibile dietro la IOL. Camera vitrea trasparente.
Retina sul piano, disco ottico decolorato RD semplice con microemorragie ed IRMA.
Scomparsa del riflesso rosso maculare come da DMLE secca di grado lieve in OO.
Indagini integrative richieste dal CTU: Richiesta l'acquisizione della documentazione
mancante, relativamente alle certificazioni del Dott. V. ed al ricovero presso il VP, su
invito del G.I., le parti non hanno acconsentito all'acquisizione della documentazione
stessa.
*
*
*
DICHIARAZIONI DELLE PARTI
Nell'atto di citazione la parte attrice, oltre ai fatti assodati da ambo le parti e/o documentati
agli atti, dichiara quanto segue:

Punto 5: Dai controlli oculistici effettuati successivamente all'intervento è emerso un
visus all'occhio destro pari a 1/20 nmcl in soggetto con visus corretto in OS di 6-7/10.

Punto 7: (…) nonostante la rottura della capsula sia una complicanza prevista in detta
tipologia di intervento, la stessa è tuttavia rara soprattutto nei casi di cataratta
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
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
semplice, come quello del sig. L., non sussistendo condizioni cliniche pre-esistenti tali
da determinare una maggior fragilità della camera posteriore.
Punto 8) L'avvenuta rottura, da ricondursi certamente ad un errore di manualità
chirurgica, rivela dunque una condotta gravemente imperita.
Punto 10 - 11: (…) l'imperizia del chirurgo non si sia risolta nell'aver determinato la
descritta condizione, ma si sia connotata anche da una evidente incapacità di porre in
essere le condizioni atte a limitarne le conseguenze dannose; Invero quando si verifica
la rottura della capsula, si ha la dispersione di frammenti di cristallino che cadono sul
fondo della camera stessa, ma per evitare detto fenomeno sarebbe stato opportuno
posizionare dietro alla capsula stessa una sostanza viscoelastica che ha lo scopo di
creare volume e sorreggere il cristallino in modo da poterlo aspirare ed evitarne la
dispersione.
Punto 13: (…) non solo il chirurgo è stato imperito determinando la rottura della
camera posteriore, ma ha anche aggravato la situazione continuando la procedura
senza porre rimedio al danno provocato determinando così un danno ulteriore.
Punto 14) (…) può ben dirsi sussistente, in capo ai resistenti, una chiara responsabilità
per inadempimento delle obbligazioni che derivano a loro carico, in virtù del “contatto
sociale” con il paziente, da quello che per consolidata giurisprudenza viene definito
“contratto di spedalità” (…).
Punto 15: L'innegabile condotta colposa si pone invero in diretto rapporto di causaeffetto con lo stato di disabilità che affligge il Sig. L. (…).
La Convenuta Dott.ssa V, nell'atto di comparsa, oltre ai fatti assodati da ambo le parti e/o
documentati agli atti, dichiara quanto segue:
 (…) la rottura del cristallino con passaggio di residui in camera vitrea è una
complicanza sempre possibile nell'operazione di facoemulsificazione ad ultrasuoni per
l'eliminazione della cataratta e non è affatto così rara, anche nei casi di cataratta
semplice: e senza dire poi che il caso del ricorrente non era affatto così semplice
atteso che egli soffriva già di diabete.
 Non è dato capire come (…) possa sostenere de plano che l'avvenuta rottura è da
ricondurre sicuramente ad un errore di manualità della ricorrente (…) neppure il
richiamato criterio del “più probabile che non” toglie che la perentorietà del predetto
giudizio discenda più da una petizione di principio che da un ragionamento logico.
 (…) il ricorrente non accusava alcun problema visivo né all'atto della sua dimissione
dalla casa di cura, né all'atto dei controlli successivi, eseguiti (per sua volontà) presso
il centro antidiabetico “E.” di P.
 (…) dopo i controlli del 20/02/14 e del 6/3/14 nei quali non rileva alcunché d'anomalo,
al controllo del 27/3/14 il sanitario del cennato centro antidiabetico annota: il paziente
non ha eseguito la terapia prescrittagli; né risulta che poi il ricorrente abbia effettuato
la terapia medesima, in quanto non si sottoponeva più ad alcun altro controllo.
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La convenuta Casa di Cura, nell'atto di comparsa, oltre ai fatti assodati da ambo le parti
e/o documentati agli atti, dichiara quanto segue:

(…) il ricorrente ricoverato presso la residente “s.r.l.”, fu operato di cataratta
all'occhio destro e fu dimesso nella stessa giornata, essendo l'intervento in day
surgery. A distanza di sei giorni, così come da protocollo, si sottopose a controllo con
esito positivo.

(…) il medico curante dott.ssa DV si è attenuta, nella cura del ricorrente, ai dettami
impartiti dai protocolli terapeutici pre e post operatori previsti dalle linee guida della
E.S.C.R.S. (European Society Cataract and Refractive Surgery).

(…) appare opportuno sottolineare che quanto effettuato dalla Dott..sa DV corrisponde
pedissequamente a quanto disposto dalle linee guida in proposito.

(…) L'eventuale insorgere di complicanze, qualora fossero accertate, devono ritenersi
tra quelle connesse all'intervento chirurgico, e peraltro dettagliatamente riportate nel
consenso informato, debitamente sottoscritto ed accertato dal ricorrente come
riportato in cartella clinica già agli atti di causa.

(…) non è possibile stabilire se a distanza di quasi un anno dall'ultima visita medica il
ricorrente si sia aggravato a causa della repentina interruzione di cure o non abbia
praticato correttamente le cure necessarie dopo l'intervento chirurgico.
*
*
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CONSIDERAZIONI MEDICO LEGALI
Da una prima disamina del caso si deve purtroppo constatare una grossa lacunosità
documentale soprattutto se posta in confronto con quanto riferito in anamnesi dall'Attore.
Nella sua esposizione dei fatti, il Sig. L. risulta essersi rivolto ad almeno tre centri
oculistici e visitato da almeno cinque specialisti: la Dott.ssa G. che sembra averlo tenuto
in cura presso il Centro E. ed aver diagnosticato per prima la cataratta, la Dott.ssa V. che
lo ha operato presso la Casa di Cura “ ”, il Dott. V. che lo ha poi tenuto in cura nel postoperatorio, e la Dott.ssa C. che ha stilato l'ultimo referto clinico risalente a giugno 2015,
senza dimenticare il riferito ricovero presso il VP per un intervento allo stesso occhio
destro. A fronte di questa ampia raccolta anamnestica, gli atti mostrano una
documentazione clinica scarna o appena accennata, come nel caso della CTP Attorea dove
si cita il Dott. V. senza produrne alcun documento.
Sic stantibus rebus si elencano i pochi dati oggettivi recuperabili dalla documentazione
agli atti, e non in discussione dalle parti, al fine di poter avanzare ipotesi congrue con lo
stato dell'arte e la conoscenza scientifica odierna:
 Il 18/09/2013 al Sig. L., diabetico, è stata diagnosticata una cataratta in OD.
 Il 28/01/2014 l'intervento di cataratta in OD non si è concluso in maniera standard a
causa della rottura della capsula posteriore del cristallino. Questo risulta essere
l'oggetto del contenzioso.
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Il 06/03/2014 dopo almeno un mese e mezzo dall'intervento sono stati asportati i punti
di sutura.
Il 27/03/2014 dopo tre settimane dall’asportazione del punto è oggettivata iperemia
congiuntivale e riportata terapia non seguita dal paziente.
Il 18/06/2014 dopo sei mesi dall'intervento, e dopo tre mesi dall'asportazione dei punti,
viene obiettivata una forte infiammazione dell'OD (disturbi corneali, pseudoipopion,
media midriasi).
Riguardo il primo punto, la diagnosi di cataratta può essere considerata veritiera perché,
anche a detta del paziente, oltre ad esser stata osservata in tempi diversi da due diverse
Specialiste (Dott.ssa G. e Dott.ssa DV), la documentazione ambulatoriale del centro “E.”
e la distanza tra la prima diagnosi e l'intervento, suggeriscono una giusta indicazione
all'intervento, avvenuto dopo un tempo sufficiente per considerare la scelta del paziente
libera e ponderata.
Relativamente al diabete, è scientificamente provato che questa condizione patologica
aumenta l'incidenza di complicanze sia intra- che post-chirurgiche; la causa risiede
nell'alterato metabolismo che amplifica e complica gli inevitabili meccanismi attivati dallo
stress operatorio sia sistemicamente (adrenalina prima, asse ipofisi-surrene poi) che
localmente (interazione con i fattori infiammatori rilasciati dai tessuti interessati).
La risposta allo stress operatorio provoca il rilascio delle catecolamine; queste alterano
il compenso glicometabolico e facilitano possibili picchi glicemici, con relativa comparsa
di irrequietezza o addirittura aggressività, fino a confusione e perdita di coscienza nei
casi più gravi; l'alterato rilascio dei mediatori infiammatori da parte dei tessuti interessati
invece, associato a secondaria iperglicemia, rende gli stessi più suscettibili ad
infiammazioni postoperatorie. Proprio per questo anche nell'intervento di cataratta il
compenso glicemico è un passaggio fondamentale nel protocollo pre- intra- e postoperatorio.
Riguardo il secondo punto, la rottura della capsula posteriore del cristallino necessita di
qualche chiarimento per poter poi comprendere e commentare le relative dichiarazioni
delle parti.
“La Rottura della Capsula Posteriore (RCP) è tra le complicanze intraoperatorie più temute per la
perdita del supporto capsulare all'impianto della lente intraoculare nel sacco e soprattutto per la
perdita della separazione tra la camera posteriore e la camera vitrea, con possibile dislocazione di
materiale lenticolare in camera vitrea, rotture retiniche, infiammazioni ecc.(…) L'incidenza di
dislocazioni di frammenti lenticolari in camera vitrea è bassa e varia dallo 0,06% a 0,20% per procedure
eseguite da chirurghi esperti, mentre l'incidenza raggiunge il 4% delle procedure per chirurghi
principianti.” (Complicanze in chirurgia della cataratta - Buratto, Romano ; FGE Editore cap. 7 pag.
77).
Come hanno giustamente dichiarato ambo le parti, la RCP è una complicanza. Questa
sottilissima membrana avvolge intimamente il cristallino tenendolo sospeso al muscolo
ciliare, dietro l'iride, attraverso sottilissime fibre zonulari, quindi non è identificabile
finché non si è asportata la quasi totalità del cristallino e non è studiabile preventivamente
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nella sua interezza; per questo nel 2009 la Società Oftalmologica Italiana, organo di
riferimento per ogni oculista italiano, nella revisione dell'informazione al consenso per
intervento di cataratta, identificando questa evenienza come complicanza, ha riconosciuto
che non è possibile prevenire o prevedere la rottura della capsula posteriore.
Il protocollo chirurgico previsto per questa complicanza prevede l’asportazione degli
eventuali residui catarattosi e la risistemazione dei vari tessuti nei loro compartimenti
naturali; le azioni da adottare variano a seconda della quantità di materiale spostatosi e
della capacità chirurgica dell'operatore, per cui si può procedere con una semplice
vitrectomia anteriore, che permette di asportare masse residue di piccole e medie
dimensioni, oppure convertire l'intervento in una più complessa vitrectomia posteriore se
le masse sono eccessive, casomai sospendendo tutto per poter programmare il da farsi
in un secondo intervento. Per riuscire a mantenere i tessuti compartimentalizzati nelle
loro sedi naturali anche dopo l'intervento, è auspicabile poter impiantare una lente
intraoculare (LIO) che, per dimensione, forma e luogo di impianto, permette di sopperire
alla mancanza della capsula in modo artificiale.
Nello specifico, pare che la Chirurga convenuta abbia proceduto con una vitrectromia
anteriore con asportazione di masse residue, per poi concludere l'intervento con
l'impianto della LIO; per quest'ultimo tipo di manovra è stato necessario allargare il taglio
di ingresso per poi suturarlo con due punti staccati. L'esame obiettivo in sede di CTU
mostra una lente centrata, poggiata sulla ressi chirurgica, con la giusta
compartimentalizzazione del vitreo dietro la LIO, indice di un esito senza ulteriori
complicanze tecniche.
Si deve comunque ricordare che la RCP è da considerarsi una complicanza solo nel caso
in cui siano stati seguiti i criteri di corretta esecuzione chirurgica, ovvero se non sono
state commesse imperizie, imprudenze o negligenze; va inoltre sottolineato che la sutura
con due punti staccati è da considerarsi strettamente correlata alla RCP; ovvero se non
ci fosse stata la RCP molto probabilmente non ci sarebbe stata la necessità di apporre
due punti di sutura corneali.
Riguardo gli ultimi tre punti, la presenza di un'infiammazione a tre settimane e
l’infiammazione profonda dell'occhio a distanza di tre mesi dall'asportazione della sutura
corneale, trova le sue basi clinico-scientifiche principalmente nella manovra stessa di
asportazione dei punti di sutura: è buona norma, prima di procedere all'asportazione di
una sutura corneale, instaurare una copertura antibiotica topica, terapia che viene poi
protratta ancora per alcuni giorni. Questa precauzione è necessaria in quanto la sutura è
formata da un tratto intra- ed uno extra-oculare e, nel momento in cui si tira un moncone,
il passaggio sul lato interno della restante sutura, fino ad allora giacente all'esterno
dell'occhio, può trasportare all'interno dell'occhio stesso sostanze e/o microorganismi
che, innocui sulla superficie oculare, possono risultare patogeni per i tessuti intraoculari.
Le anzidette basi fisiopatologiche, postoperatorie locali, correlate allo stato diabetico del
Sig. L. risultano quale verosimile substrato pro-infiammatorio su cui può essere avvenuta
una non corretta asportazione della sutura stessa.
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L'ipotesi che i problemi presenti siano successivi all'asportazione dei punti di sutura
risulta congrua con la normale esperienza oftalmochirugica e soddisfa il criterio
cronologico infatti, mentre non è ammissibile che un’infezionie si realizzi a distanza di tre
mesi, è più verosimile che ciò avvenga a distanza di tre settimane, soprattutto se non è
stata seguita corretta terapia pre- e post-operativa (si veda la cartella ambulatoriale del
Centro E. in data 20/02/2014, in data 06/03/2014 e in data 27/03/2014).
Anche se non si sa alcunché riguardo una antibiotico-terapia preventiva e/o delle
successive azioni terapeutiche, né è dato di sapere chi ha asportato i punti di sutura ed in
quante volte (data la dichiarazione dell'Attore ed in mancanza di firme sulla relativa
cartella e documentazione clinica posteriore al 27/03/2014) è invece importante ribadire
che i punti di sutura sono stati necessari per chiudere la ferita chirurgica, allargata per
inserire la LIO, successivamente alle manovre adottate per gestire la rottura della capsula
posteriore.
Ritornando all'oggetto della causa, è da comprendere se la RCP avvenuta nell'occhio del
Sig. L. sia da considerare una complicanza o frutto di malpractice.
Nell'intervento di cataratta, così come in qualsiasi altro intervento chirurgico effettuato a
paziente sveglio, è fondamentale che questo sia rilassato e non provi dolore, ovvero che
non attivi i naturali meccanismi di allerta/difesa/reazione sia consci (movimento del corpo
o del capo, tendenza a sfuggire) che inconsci (scarica adrenalinica, innalzamento
pressorio, contrazione muscolare), altrimenti pericolosi per una perfetta riuscita
operatoria. Ciò capita in quanto si attiva il cosiddetto meccanismo di Valsalva per cui,
dato un sistema di vasi comunicanti (il sistema circolatorio) un aumento della pressione
in un distretto (contrazione muscolare periferica, innalzamento pressorio arterioso)
provoca lo spostamento del liquido (il sangue) in esso contenuto verso i distretti a minor
pressione (la rete vascolare oculare) con relativo conseguente innalzamento pressorio;
nel caso dell'oftalmochirurgia questo meccanismo di Valsalva provoca una vasodilatazione
dei vasi extra ed intra-oculari e lo spostamento in avanti della capsula posteriore sotto
la spinta vitreale, facilitata dall'assenza di resistenza a causa dei tagli chirurgici che
permettono la fuoriuscita dei liquidi, fino alla manifestazione più drammatica
dell'emorragia espulsiva coroideale.
E' di normale esperienza per ogni oftalmochirurgo doversi confrontare con una riduzione
della camera chirurgica a causa di un sopraggiunto stato di tensione del paziente, con le
successive difficoltà di manovra degli strumenti chirurgici all'interno della camera stessa,
e quindi con la maggiore possibilità di toccare inavvertitamente i delicati tessuti
intraoculari.
Ad ulteriore conferma di quanto appena asserito, si fa presente che la letteratura
scientifica degli ultimi 15 anni è ricca di studi aventi come obiettivo la migliore gestione
dello stato di dolore o fastidio che il paziente sveglio può percepire durante l'operazione
di asportazione della cataratta; è ormai universalmente accettata la prassi di un'anestesia
locoregionale (prevalentemente topica) associata a sedativi più o meno blandi
somministrabili prima o durante l'intervento.
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Alla luce di questi incontrovertibili dati scientifici è possibile una ricostruzione molto
verosimile degli eventi relativamente a quanto successo al Sig. L.:
 il Sig. L. non solo si stava sottoponendo ad un intervento ma era l'ultimo in lista;
 le normali reazioni fisiopatologiche di ogni paziente chirurgico suggeriscono che molto
probabilmente il Sig. L. si trovasse in un forte stato di stress, soprattutto se si
considerano anche le Sue condizioni specifiche di diabetico;
 si può quindi affermare con ampio margine di verosimiglianza che il Sig. L. presentasse
il quel momento una situazione di elevata allerta/difesa/reazione con relativa
attivazione – conscia e/o inconscia - dei meccanismi alla base dell'effetto Valsalva, il
dolore provato al momento dell'intervento potrebbe aver ulteriormente scatenato la
Sua agitazione;
 la Chirurga Convenuta, trovandosi a dover completare l'intervento di un paziente
agitato e reattivo, si è trovata certamente in condizioni estremamente difficili che
hanno portato alla rottura della capsula;
 ergo la RCP è avvenuta per cause estranee alle azioni chirurgiche della Convenuta
che, al manifestarsi dell'evento avverso ha proceduto come da stato dell'arte; quanto
appena affermato trova supporto non solo scientifico ma anche documentale, infatti i
controlli postoperatori del 20/02/14 e del 6/03/14 descrivono un postoperatorio privo
di complicanze.
Dopo aver valutato come corretta la mera fase tecnica-chirurgica, è necessario capire
perché il paziente ha avvertito dolore e perché ha continuato ad avvertirlo durante
l'intervento. Sono quindi da considerare le altre fasi dell'intervento (fase dell'anestesia
prechirurgica e gestione del paziente durante l'intervento) e le relative responsabilità
professionali.
L'intervento di cataratta è identificato dalla S.O.I. come un intervento di equipe
multidisciplinare, in cui, oltre al Chirurgo che effettua materialmente l'intervento, deve
essere sempre presente uno o più Infermieri e l'Anestesista: i primi dedicati al paziente
sia in fase preoperatoria (recupero di un accesso venoso e l'instillazione - in questo caso
- di anestetici topici), che in fase intra-operaotria (come possibile ferrista) che
postoperatoria (con la medicazione finale); il secondo impegnato a seguire e gestire i
parametri vitali e le condizioni generali del paziente durante tutte le fasi fino alla sua
dimissione. Il registro operatorio, riporta correttamente i nomi dei professionisti presenti
all’intervento
all’intervento
ma
non
citati
in
causa.
(http://www.sedesoi.com/pdf/Linee_guida_2015_bozza_5.pdf)
(http://www.sedesoi.com/pdf/line-guida-chir-ambulatoriale.pdf)
Con questa premessa si possono avanzare alcune considerazioni utili al prosieguo
dell'excursus medico-legale del caso in esame:
 la Chirurga, pur se investita della generica responsabilità di ciò che accadeva nella sua
Sala Operatoria, non poteva essere al corrente del reale stato di analgesia del paziente,
praticata dall'infermiere, fino al momento dell'inizio dell'intervento;
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Accettato come verosimile lo stato di stress e dolore avvertito dal Sig. L., la decisione
di un'eventuale sedazione, prevista in letteratura ma non oggettivata nello specifico,
sarebbe stata di esclusiva pertinenza dell'Anestesista, responsabile dei parametri vitali
e dello stato generale del paziente.
 Nonostante non esistano informazioni sulle modalità dell'avvenuta anestesia topica preoperatoria; né la dichiarazione dell'Attore, relativamente alla mancata attenzione da
parte della Convenuta riguardo al suo dolore, può trovare congruenze in una
oggettivizzazione di un non avvenuto rinforzo analgesico intra-operatorio, la
congruenza delle varie argomentazioni finora addotte, fa fortemente supporre che il Sig.
L., in quanto agitato, non sia stato gestito secondo l'attuale leges artis, creando i
presupposti per l'avverarsi di una complicanza quale la RCP.

Riassumendo, alla luce delle ipotesi avanzate, dopo averne verificato la loro congruità
sulla base della documentazione, della corrente letteratura scientifica e dello stato
dell'arte, nonché della quotidiana esperienza oftalmochirugia odierna si può affermare
che:
1)
Sulla base degli accertamenti medico-legali finora esposti, è evidente la
compatibilità tra la dinamica dell'evento lesivo evincibile dall'atto di citazione, la lesività
riportata nel registro operatorio della Casa di Cura “ ”, i postumi obiettivati nel corso
delle visite effettuate e l'attuale accertamento d'ufficio.
2)
Ciò non è previsto che accada in un intervento di routine come la
facoemulsificazione della cataratta.
3)
La rottura della capsula posteriore del cristallino, in un intervento di asportazione
di cataratta con tecnica di facoemulsificazione, prevista dal relativo consenso informato
pre-operatorio, approvato dalla S.O.I. quale complicanza intraoperatoria, può essere
conseguente all'intervento stesso nelle sue varie fasi: nello specifico è molto verosimile
che lo stato di agitazione del paziente abbia posto la Chirurga convenuta in una condizione
di operatività molto complicata.
4)
La dinamica ipotizzata e le azioni effettuate al momento dell'evento avverso, mentre
da un lato escludono fatti “isolati e personali” ricollegabili solo ed esclusivamente alla
DV, dall'altro avvalorano ulteriormente la stretta correlazione tra l'intervento e l'evento
lesivo stesso.
5)
Si ritiene cioè che il fatto causale, che ha determinato l’evento, possa essere
ragionevolmente ravvisato nella insufficiente gestione del paziente sia nel pre- che
nell'intra-operatorio.
6)
Per meglio chiarire la portata del punto sub 5), nonché per onestà intellettuale
nell’assolvimento del compito di ufficio conferitomi, va evidenziato quanto segue: gli
eventi che hanno portato al fatto lesivo, così come esposti fin qui, evidenziano che questo
sia stato causato dal contatto del ferro chirurgico con la capsula posteriore del cristallino;
tale evenienza non consente di escludere con matematica certezza che possa esserci
stato errore chirurgico ma, la condizione in cui questo è avvenuto, in presenza cioè di un
paziente agitato che avverte dolore, certamente ne riduce altamente le probabilità, dato
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che le sopravvenute complicazioni intraoperatorie trovano origine e gestione in identità
professionali indipendenti dalla Chirurga stessa.
7)
Ciò posto, pur se la legge in vigore prevede che il chirurgo operatore sia obbligato
a supervisionare quanto avviene nella sala in cui opera (e quindi a monitorare
continuamente, tra l’altro, lo stato di analgesia del paziente) è pur vero che
l'organizzazione stessa del personale per la gestione del paziente, durante tutta la sua
fase operatoria, spetta a diverse figure professionali. La responsabilità del chirurgo in
sala operatoria, in definitiva, non potrebbe ragionevolmente spingersi fino a controllare
puntualmente l'operato di ogni persona presente nella sua sala.
In altre parole, non è possibile oggettivare quanto accaduto fuori dal tavolo operatorio
prima e durante l'intervento ma, data la congruità tra quanto finora ipotizzato con l'attuale
conoscenza scientifica, lo stato dell'arte e le odierne linee guida, si può affermare che è
molto verosimile che sia avvenuta una malpractice dell'equipe, che non ha saputo preparare
adeguatamente il paziente e/o gestire le relative condizioni generali nelle fasi pre ed intraoperatorie, causando i presupposti per l'insorgenza di una complicanza intraoperatoria.
Di tale malpractice sono indirettamente responsabili ambedue i convenuti: la Dott.ssa DV
in quanto Chirurgo responsabile della Seduta Operatoria tenutasi il 28/01/2014, e la Casa
di Cura “ ” per il “contratto di spedalità” che la lega all'operato dei suoi dipendenti.
*
*
*
RISPOSTE AI QUESITI
Previo esame della documentazione prodotta in atti e compiute tutte le indagini, anche
specialistiche ritenute opportune, riferisca il Consulente Tecnico d'Ufficio innanzitutto in
ordine alla tipologia di intervento al quale L. N. venne sottoposto presso la struttura
sanitaria convenuta, chiarendone, in particolare, il grado di difficoltà e specificando altresì
se gli stessi possano definirsi o meno come di particolare semplicità ed a carattere
routinario;
L'intervento di cataratta a cui si è sottoposto il Sig. L. è definito come standardizzato,
ovvero un intervento dove è possibile scegliere una linea di condotta, attraverso
predeterminate azioni, al fine di raggiungere l'obiettivo prefissato. Per la quantità di
interventi eseguiti ogni anno può essere considerato routinario, ma personalmente non è
considerabile come un intervento semplice, data la curva di apprendimento che può
richiedere anche anni.
Verifichi, quindi, il CTU, in base alla situazione preesistente desumibile dalla in atti, se
l'intervento effettuato dai sanitari intervenuti fosse o meno, in astratto, adeguato, in base
agli ordinari criteri della diligenza professionale tenuto conto del quadro clinico
preesistente e della documentazione agli atti;
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La diagnosi di cataratta può essere considerata veritiera perché, anche a detta del
paziente, è stata osservata in tempi diversi da due diverse Specialiste; inoltre la
documentazione ambulatoriale del centro “E.” e la distanza tra la prima diagnosi e
l'intervento suggeriscono una giusta indicazione all'intervento, nonché un tempo
sufficiente per considerare la scelta del paziente libera e ponderata.
Accerti, ancora, il CTU, se l'intervento sopra indicato sia stato poi in concreto attuato
correttamente, in base alle regole dell'ordinaria diligenza professionale propria di una
struttura sanitaria e, in caso contrario, specifichi dettagliatamente quali siano state le
attività non corrette e quali sarebbero state quelle alternative da eseguirsi. In particolare,
il CTU dovrà accertare, anche in base a quanto emergente dalla letteratura medicoscientifica attuale, se all'intervento subìto dal L. risulti astrattamente riconducibile, in
termini di rapporto causa-effetto, il peggioramento delle condizioni cliniche e le lesioni
subite dal paziente;
Si conferma l'esistenza di un nesso causale tra l'intervento effettuato e il danno occorso.
Come già esposto nelle considerazioni medico-legali, sia l'intervento che la gestione della
complicanza sopravvenuta risultano tecnicamente adeguati e rispettosi dello stato
dell'arte e delle linee guida consigliate dalla S.O.I..
Le condizioni in cui è avvenuto l'evento avverso, in presenza cioè di un paziente agitato
che avverte dolore, trovano verosimilmente origine e gestione in identità completanti
l'equipe chirurgica di quel giorno in quella Sala, professionalmente indipendenti dalla
Chirurga stessa.
Ovvero, alla luce di quanto finora esposto appare chiaro che, se l’infermiere avesse
effettuato correttamente l’anestesia il paziente non avrebbe sentito dolore, e se
l’anestesista avesse gestito correttamente lo stato di agitazione del soggetto non si
sarebbero avverate condizioni predisponenti la complicanza della RCP.
Accerti, il CTU, se i successivi interventi effettuati dai sanitari delle strutture convenute
siano o meno stati effettuati a regola d'arte secondo i medesimi parametri indicati al punto
precedente;
In riferimento a quanto avvenuto durante l'intervento nella Sala Operatoria della Struttura
Convenuta Casa di Cura “ ”, si ribadisce l'importanza delle verosimili azioni/omissioni
dell'equipe chirurgica.
In riferimento, invece, ai successivi interventi effettuati dai vari sanitari che hanno visitato
il Sig. L., nonostante la scarsità documentale che limita notevolmente la risposta, la
letteratura
medico-scientifica
attuale
e
l'esperienza
oculistica
quotidiana,
precedentemente esposte, rendono molto probabile l'ipotesi che i successivi problemi
patiti dal Sig. L. siano scaturiti soprattutto all'asportazione dei punti di sutura.
Anche se l'oggettività documentale è insufficiente per esprimere ipotesi su quanto
avvenuto (il Sig. L. seguiva ancora qualche terapia topica al 20/03/2014? Per quanto non
ha seguito più la terapia? chi ha tolto la seconda sutura?) si può affermare che esiste
nesso causale tra lo stato visivo attuale del Sig. L. e l'asportazione delle suture in quanto
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sicuramente la doppia sutura non sarebbe stata necessaria in caso di intervento scevro
da complicanze.
Accerti quindi lo stato di salute del ricorrente, valutando in termini medico/legali le
patologie descritte in atti;
Relativamente allo stato della salute visiva del Ricorrente è necessario evidenziare alcuni
punti:

Il Sig. L. non ha mai goduto di un visus pari a 10/10, e l'ipovisus riscontrato quasi
un anno prima dell'intervento (in data 01/03/13) presso il centro “E.” non può essere
attribuito completamente alla cataratta. Lo si può affermare con relativa sicurezza perché,
oltre ad un'anamnesi oculistica praticamente nulla, il 01/03/2013 viene riportato che il
paziente presenta all'oftalmometria 4 diottrie di astigmatismo (verosimilmente obliquo),
una riferita prescrizione di occhiali che il paziente non ha mai indossato, e si oggettiva un
visus di 2/10 con una correzione astigmatica ipocorretta (2,5D a 40°). Stesso dicasi
dell'Occhio Sinistro il cui visus è riportato pari a 6-7/10 con una simile correzione
astigmatica ipermetropica contro regola.
L'astigmatismo è un difetto refrattivo generalmente congenito e scarsamente modificabile
nel tempo, distorce le immagini impedendone la perfetta messa a fuoco e, se superiore
alle 2D viene definito elevato. Un astigmatismo molto elevato può impedire il normale
sviluppo neurosensoriale visivo, soprattutto se non corretto nel periodo dello sviluppo.
(http://www.iapb.it/news2.php?id=138).
In altre parole è molto probabile che, con tale difetto refrattivo mai corretto, il paziente
non abbia mai goduto effettivamente di un visus di 10/10, e che la cataratta diagnosticata
abbia solamente peggiorato uno stato visivo già scarso.

Non si può affermare che l'ipovisus in OD (1/12) riscontrato al paziente in sede di
CTU sia da attribuire esclusivamente a quanto occorsogli durante e successivamente
all'intervento di cataratta: allo stato il Sig. L. presenta, oltre ad un esito tecnicamente
corretto dell’intervento di cataratta, ed una residua correzione miopica ed astigmatica,
anche una scomparsa del riflesso rosso maculare come da Degenerazione Maculare di
tipo secco, presente anche nell'Occhio Sinistro, il cui visus si attesta attualmente a 2/10
con correzione astigmatica ipermetropica secondo regola composta. La Degenerazione
Maculare Secca è una patologia ad andamento cronico, legata all'invecchiamento, alla
predisposizione
genetica
ed
allo
stile
di
vita.
(https://www.policlinicogemelli.it/Policlinico_Gemelli.aspx?p=A0DA8413-75F8-41BDB820-43A25A5603BB&n=TC_Approfondimenti_DMLE),
(http://www.fondazionebietti.it/it/dmle).
In altre parole l'ipovisus attuale ha almeno due componenti indipendenti da quanto ora in
studio: un preesistente astigmatismo elevato ed un'attuale maculopatia degenerativa
interessante ambo gli occhi.
A complicare ulteriormente l'estrapolazione odierna dell'eventuale danno visivo
provocato, si tenga conto che il baréme di riferimento ( tabella del danno biologico di cui
al dm 26/05/04 in esecuzione dell'art. 23 della legge 273/02 recepita dall'art.138 del
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codice delle assicurazioni così come allegato in coda) considera l'apparato visivo nel suo
insieme, mette cioè in rapporto l'acuità visiva di ambo gli occhi, ed attualmente l'Occhio
Sinistro mostra un forte calo visivo indipendentemente da qualsivoglia atto medico in
questione.
Avendo identificato una responsabilità dell'equipe chirurgica, nell'obbligo di fornire una
risposta alle richieste del G.I. si ritiene di dover procedere al seguente criterio equitativo
di computazione:
Fin quanto finora esposto indica come condizione visiva presentata dal Sig. L., prima del
fatto lesivo e dei successivi interventi, pari a 6-7/10 nell'occhio migliore (OS) e 1/10
nell'occhio peggiore (OD); come da tabella di riferimento il danno biologico preesistente
è quindi quantificabile pari a 28-32%.
Il danno biologico attuale (OD = 1/12 risultante del fatto lesivo, ed OS = 6/10 valutato al
netto della patologia degenerativa maculare, estranea al caso in questione) è pari a 2933%.
L’unico dato utilizzabile con sufficiente margine di verosimiglianza per quantificare il
danno biologico atteso è la capacità visiva oggettivata il 01/03/2013, infatti è scientificamente accertato che i forti difetti refrattivi inficiano (lo sviluppo della capacità visiva ma
non è possibile rapportare matematicamente i “gradi” di refrazione a i “gradi” della vista.
Per cui Il danno biologico ottenuto dal fatto illecito può variare dal 1% al 5%.
Dovendo computare anche il periodo di inabilità totale permanente e temporanea, queste
possono essere valutate come di seguito:
ITP (100%) per 7 giorni dal 28/01/14 al 4/02/2014, quale convalescenza immediatamente
postoperatoria, dove è buona norma rispettare riposo assoluto oltre ad accorta medicazione e terapia prescritta.
ITP (50%) (fino al 18/06/2014) in quanto il certificato della Dott.ssa C. riporta ancora
segni clinici tipici di infiammazione oculare, verosimilmente bisognosi di ulteriore terapia
topica ma non limitanti le azioni del paziente, comunque risolti in quanto non più presenti
al momento della CTU.
Fornisca, il CTU, ogni altro elemento ritenuto utile ai fini della decisione;
Tenti, all'esito della c.t.u., la definizione transattiva della controversia;
16
Dott. FG
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Allegato 1
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