distretto agroalimentare di qualita` del vino dell

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distretto agroalimentare di qualita` del vino dell
DISTRETTO
AGROALIMENTARE DI
QUALITA’ DEL VINO
DELL’OLTREPO’
PAVESE
0
Bonarda & Pinot
dell’Oltrepò
1
INDICE
0. INTRODUZIONE
1. FINALITA’ E OBIETTIVI DELLA COSTITUZIONE DEL DISTRETTO
1.1. Finalità generali e obiettivi specifici
1.2. Risultati attesi, ricadute e vantaggi conseguenti a livello di territorio e del comparto
interessato
2. CONSULTAZIONE E ANIMAZIONE
2.1 Modalità di consultazione dei soggetti interessati all’accreditamento del distretto
3.
CONTESTO GEOGRAFICO
3.1 Delimitazione geografica dei Comuni interessati
3.2 Descrizione delle caratteristiche fisiche e morfologiche del territorio
3.3 Elementi storici di rilievo
3.3.1
Cenni di storia dell’Oltrepò Pavese
3.3.2
Storia della vitivinicoltura dell’Oltrepò Pavese
3.4 Caratteristiche e dinamiche ambientali in atto, presenza di vincoli
4. CONTESTO ECONOMICO E SOCIALE
4.1 Dinamiche demografiche, sociali e occupazionali
4.2 Analisi e dati di natura economica sul comparto del vino e descrizione della realtà produttiva
4.2.1
I vini D.O.C.G. e D.O.C.
4.2.2
Le tipologie di vini a D.O. Oltrepò Pavese
4.2.3
L’area di produzione dei vini a D.O. Oltrepò Pavese
4.2.4
La specializzazione produttiva
5. TIPOLOGIA DI DISTRETTO E REQUISITI
5.1 Caratteristiche che determinano la tipologia del Distretto agroalimentare di qualità
5.2 Elementi comprovanti la rappresentatività del distretto a livello settoriale: illustrazione dei
requisiti del distretto proposto
6. ANALISI SWOT DEL CONTESTO DI RIFERIMENTO
6.1 Analisi dei punti di forza e debolezza del comparto vino e del tessuto economico e sociale del
territorio
6.2 Individuazione ed analisi dei fattori di miglioramento della realtà produttiva, strumenti e
prospettive
6.3 Prospettive di sviluppo competitivo e ambiti di innovazione nel quadro degli obiettivi
distrettuali: descrizione degli ambiti di intervento individuati, ipotesi di attività e relativa
tempistica
6.3.1 Promozione
6.3.1.1 Identità e distintività
6.3.1.2 Territorio ed eccellenza
6.3.1.3 Internazionalizzazione
6.3.1.4 Strumenti di comunicazione
6.3.2 Sviluppo Tecnico, Tecnologico e Commerciale
6.3.2.1 Qualità dei prodotti
6.3.2.2 Vino e ambiente
6.3.2.3 Manutenzione delle competenze
6.3.2.4 Commercializzazione
6.3.2.5 Misure di sostegno
6.3.3 Attrattività e ricettività del territorio
6.3.3.1 Sistema di Sviluppo Turistico Integrato del territorio
6.3.3.2 Accessibilità del territorio
2
6.3.3.3 Paesaggio
6.3.4 Semplificazione
7. IL SISTEMA DELLE RELAZIONI
7.1 Relazioni tra imprese e integrazione di filiera o tra soggetti economici dei diversi comparti
7.2 Il ruolo delle istituzioni locali e dell’associazionismo nell’ambito distrettuale
7.3 Partenariati con soggetti pubblici/privati in essere e da sviluppare in relazione agli obiettivi del
distretto
7.4 Relazioni tra la realtà produttiva e le Università o centri di ricerca
7.5 Ruolo dei centri di ricerca/ Università e innovazione in relazione agli obiettivi di distretto
8. PROGRAMMAZIONE E RISORSE
8.1 Illustrazione degli strumenti di programmazione a disposizione del distretto e degli elementi di
sinergia, complementarietà, coerenza con la programmazione territoriale e con le politiche di
sviluppo rurale
8.2 Individuazione delle risorse (fonti pubbliche/private, sistema bancario ecc.)
9. PARTECIPAZIONE E GESTIONE
9.1 Modello organizzativo e gestionale
9.2 Strumenti di partecipazione e gestione previsti per il funzionamento del distretto
10. PROSPETTI
10.1 Composizione della rete di imprese e descrizione attività
Partner 1
Denominazione
Cod. Fiscale/P.IVA
Indirizzo
Telefono/fax/email
Referente per il progetto
“distretto”
Telefono/fax/email
Attività esercitata e ruolo
nell’ambito del distretto
10.2 Altri soggetti eventualmente interessati coinvolti mediante accordi di partenariato
Denominazione
Funzione
Referente di progetto
3
0. INTRODUZIONE
Va in premessa richiamato il dato che l’Italia, con circa 45 milioni di hl copre il 17%
della produzione mondiale di vino. Un risultato frutto anche di una crescita qualitativa,
con circa il 60% di vini D.O.C., D.O.C.G. e I.G.T., da cui discende un giro di affari
stimabile attorno ai 13,5 miliardi di euro all’anno, con l’aggiunta di oltre 2 miliardi di
euro di indotto.
Sul versante della vendita, emerge che la grande distribuzione incide ormai per oltre il
45% delle vendite nazionali, seguita dal canale di hotel, ristoranti, enoteche, winebar,
con circa il 32%, e dalle vendite dirette al consumatore finale, con oltre l’8%.
Da sottolineare il “canale-cantina”, legato all’enoturismo, in crescita grazie anche al
contatto più diretto produttore-distributore, in un contesto di maggiore naturalità.
Merita, al riguardo, particolate rilievo l’aumento delle vendite dei vini che
appartengono a micro-aree, ottenuti da vitigni autoctoni.
In un contesto generale comunque stimolante, va registrato, con la dovuta attenzione, il
costante consistente calo del consumo di vino in Italia, passato dai 45 litri pro-capite
all’anno nel 2007, ai 43 nel 2009 e con la prospettiva di scendere sotto i 40, quando
ancora negli anni ‘70 si sfioravano i 120 litri pro-capite.
Complesse e molteplici sono le cause di questo calo, tra cui sembrano emergere intanto
la contrazione dei consumi, come conseguenza immediata della crisi economica
globale, e poi una pressione mediatica caratterizzata anche da allarmismi, non sempre
giustificati e spesso al limite della criminalizzazione, sull’uso dell’alcool, che hanno
accelerato il cambio di stile di vita degli italiani.
E’ all’interno di questo quadro generale che si colloca la vitivinicoltura dell’Oltrepò
Pavese che combina, ormai da secoli, l’aspetto economico-produttivo con la valenza,
non meno importante, di componente ambientale e del paesaggio nella fascia di media
collina appenninica.
Basta attraversare il territorio dell’Oltrepò con occhio curioso e attento per accorgersi
che, in alcune zone in particolare della parte orientale, i vigneti ricoprono la quasi
totalità delle aree coltivate e che, in altre zone, si innestano e ridisegnano in modo
straordinario il paesaggio, facendone un unicum sul piano dell’attrattività.
E’ dunque l’Oltrepò vitato non è solo vino, ma anche ambiente e ospitalità, elemento di
richiamo per l’enoturismo, la gastronomia, la ristorazione, lo svago, il tempo libero, il
ritorno alla natura e, più in generale, fattore di crescita sociale ed economica per le
imprese e le persone che vi operano e ne garantiscono, con il loro lavoro, la
conservazione.
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1. FINALITÀ E OBIETTIVI DELLA COSTITUZIONE DEL DISTRETTO
1.1 Finalità generali e obiettivi specifici
Ai sensi del D.L. n. 228/2001, per distretti agroalimentari di qualità, si intendono i
“sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da
significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva
delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e
tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da
produzioni tradizionali o tipiche.”
In generale, la formula del Distretto rappresenta il modello preferenziale con cui la
Pubblica Amministrazione centrale e periferica sostiene lo sviluppo dei sistemi
economici locali, attraverso l’aggregazione crescente delle imprese italiane in tutti i
comparti economici.
Di conseguenza, sempre di più nei prossimi anni, le imprese che aderiranno a proposte
di Distretto e manifesteranno la loro disponibilità a operare in rete potranno usufruire
di benefici di sviluppo su diversi piani, come ad esempio quello finanziario,
agevolativo e fiscale.
Il valore economico delle aziende viticole oltrepadane e la loro consistenza strutturale,
i loro stretti legami con gli attori della filiera, per lo più ubicati nell’ambito dell’area di
produzione, la storicità della filiera, il legame tra il sistema locale di produzione
vitivinicolo e l’identità territoriale e la più alta concentrazione di vini D.O.C.G. e
D.O.C. della Regione Lombardia prodotti su una superficie, che – va ribadito – è la
terza per estensione a livello nazionale, sono alla base della identificazione del
Distretto Agroalimentare di Qualità del vino dell’Oltrepò Pavese. Di fatto l’Oltrepò si
configura come un distretto agroalimentare di qualità per il vino “naturale”.
Il Distretto, correttamente inteso come strumento di gestione del territorio, integrato
con gli strumenti di pianificazione e sviluppo territoriale, già operativi, si pone
l’obiettivo di qualificare, consolidare e contraddistinguere lo sviluppo socio-economico
dell’area di produzione vitivinicola, attraverso un approccio partecipato dai soggetti
pubblici e privati del territorio, in linea con gli indirizzi dell’Unione Europea.
La scelta di operare per il conseguimento dell’obiettivo di fondo va necessariamente
declinata in finalità intermedie, tutte funzionali a far convergere gli operatori del
sistema territorio su un obiettivo comune e in qualche modo a selezionarli, che possono
essere come di seguito sintetizzate:
- migliorare la conoscenza e la trasparenza della produzione e del mercato;
- contribuire ad un migliore coordinamento dell'immissione sul mercato dei
prodotti, in particolare attraverso ricerche o studi di mercato;
- accrescere la valorizzazione dei prodotti;
- valorizzare l'imbottigliamento del vino all'origine, quale strumento di acquisizione
del valore aggiunto derivante dalle fasi successive alla coltivazione della vite e alla
produzione delle uve e dei vini e quale strumento di tutela dei territori a particolare
vocazione viticola, specialmente collinari in forte pendenza o semi aridi, di
specifico interesse socio-economico e culturale;
- divulgare le informazioni tecniche, economiche, organizzative o normative, sia tra
i soci sia negli ambienti esterni, che possono interagire con l'attività di
imbottigliamento dei vini d'origine;
- svolgere le ricerche necessarie per orientare la produzione verso prodotti più adatti
al fabbisogno del mercato, soprattutto per quanto riguarda la qualità dei prodotti e
la protezione dell'ambiente;
5
-
elaborare e definire “contratti tipo” compatibili con la normativa comunitaria ed
eventualmente raccogliere i contratti, in qualità di soggetto terzo e se richiesto
dalle parti;
ricercare e/o promuovere metodi atti a ottimizzare l'impiego di fattori di
produzione, nonché a garantire la qualità dei prodotti e la salvaguardia
dell'ecosistema;
mettere a punto metodi e strumenti, anche contrattuali, per migliorare la qualità dei
prodotti;
valorizzare e tutelare l'agricoltura biologica e quella integrata, le eventuali
denominazioni d'origine e/o indicazioni geografiche, gli eventuali marchi di
qualità, anche collettivi;
definire, per quanto riguarda le regole di produzione e di commercializzazione,
disposizioni anche più restrittive delle normative comunitarie e nazionali;
analizzare e promuovere le iniziative che possono contribuire, anche
indirettamente e mediante azioni di sistema, ad una riduzione dei costi di
produzione;
promuovere forme di coordinamento e rafforzamento dell’attività di ricerca e
sperimentazione, finalizzata ad un più efficace impiego nel contesto produttivo;
promuovere iniziative atte a valorizzare le capacità e le competenze professionali
degli operatori dell’intera filiera e a promuovere la “buona occupazione” nel
settore;
affermare la priorità delle aziende che attuano l'imbottigliamento del vino
all'origine nell'attribuzione di eventuali incentivi comunitari, nazionali o regionali
per l'ammodernamento o la razionalizzazione delle strutture delle aziende
vitivinicole riguardanti la conversione o riconversione o nuovi impianti di vigneti,
le cantine di vinificazione, gli impianti di imbottigliamento, le infrastrutture.
1.2 Risultati attesi, ricadute e vantaggi conseguenti a livello di territorio e del comparto
interessato
E’ opinione comune e condivisa che ben difficilmente il Distretto potrà disporre di
forze e risorse necessarie per ricondurre alle finalità intermedie e, per sommatoria,
all’obiettivo di fondo, tutti, indistintamente, le circa cinquanta tipologie di vini D.O.C.
e D.O.C.G dell’Oltrepò Pavese. E allora viene a imporsi la necessità di individuare i
vitigni e i vini su cui concentrare l’operatività del Distretto, nella convinzione certa
che l’affermazione dei prodotti selezionati e dunque del marchio Oltrepò produrrà un
decisivo effetto di traino sui mercati anche degli altri vini della produzione
oltrepadana.
Da qui la scelta di puntare, a determinate e precise condizioni, sul Bonarda, vino
identificativo dell’Oltrepò Pavese, e sul Pinot Nero, di cui l’Oltrepò è la prima zona di
produzione in Italia e la seconda a livello europeo e da cui si ottengono importanti
D.O.C. e D.O.C.G., quali Metodo Classico, Cruasè, Metodo Classico Rosè, Metodo
Classico Bianco, Pinot Nero vinificato in bianco e vinificato in nero.
Si tratta, in tutta evidenza, di una scelta non tanto strategica, quanto piuttosto tattica,
basata sull’assunto che altri prodotti di assoluto rilievo, per quantità e qualità, quali
barbera e riesling, sono più propriamente identificativi di altre aree vitivinicole del
territorio nazionale. Nella consapevolezza che volere tutto, potrebbe comportare il
rischio di ottenere molto meno di quanto sarebbe necessario per rilanciare, nel
comparto vinicolo, il marchio Oltrepò.
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In analogia con le considerazioni svolte per i prodotti, appare piuttosto problematica la
partecipazione attiva al progetto di Distretto della totalità degli operatori che hanno
sottoscritto la manifestazione di interesse.
Anche su questo versante diventa dunque scelta pressoché obbligata che, a comporre il
nucleo fondante del Distretto e a proporne il Piano, sia un gruppo di imprese
vitivinicole d’avanguardia “produttrici di vino a D.O. in bottiglia e in etichetta”,
rientranti nelle due tipologie di Bonarda e Pinot Nero e in possesso di caratteristiche e
disponibilità per farsi carico di un ruolo di protagonismo attivo nella fase di avvio del
Distretto, alle quali potranno poi aggiungersi altre realtà imprenditoriali di filiera e/o
affini.
La sfida è alta e stimolante: puntare sul successo Distretto, come strumento di
identificazione e di promozione di una produzione di qualità, per conseguire il
successo complessivo del distretto, inteso nella sua dimensione territoriale, tanto in
termini di prodotti che di produttori.
Sarà dunque compito del nucleo fondante, in coerenza con gli indirizzi delineati dalla
parte del Tavolo duale attorno al quale siedono i soggetti istituzionali (Camera di
Commercio, Provincia di Pavia e Organizzazioni Professionali Agricole), individuare
la tipologia più appropriata di compagine sociale e tracciare le linee guida di un piano
di rilancio e valorizzazione del marchio Oltrepò, da porre a base del vero e proprio
Piano di Distretto, avendo sin da ora consapevolezza che si dovrà agire su leve diverse
tra loro integrate e sul coinvolgimento di tutti gli attori della filiera, proprio al fine di
conseguire la massima integrazione possibile.
Sullo sfondo, sta l’impellente necessità di espandere i mercati di riferimento dei vini
D.O.C. pavesi (quelli identificativi del Distretto, ma a seguire anche tutti gli altri) per
aumentare conseguentemente la domanda su nuovi mercati anche esteri, non volendo
né potendo diminuire la superficie vitata, anche per l’assenza di alternative colturali
nelle zone collinari. Ma si dovrà necessariamente operare anche lungo altre direttrici,
quali potrebbero essere azioni di difesa delle quotazioni, che agiscano in maniera
contingente e temporanea sulla riduzione dell’offerta, sia attraverso la riduzione delle
rese (da valutare se resa uva, resa vino o entrambe), sia attraverso l’eventuale
distruzione delle attuali eccedenze (da approfondire con quali modalità operative e con
quale accesso ad eventuali contributi).
E comunque diventa decisivo dare il segnale chiaro e percepibile all’esterno che, sul
settore vino, si sta cambiando marcia e approccio, attraverso un ripensamento di ruolo
del Consorzio Tutela Vini dell’Oltrepò e l’utilizzo di altro soggetto (al momento
Valoritalia), quale ulteriore strumento di controllo.
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2. CONSULTAZIONE E ANIMAZIONE
2.1 Modalità di consultazione dei soggetti interessati all’accreditamento del distretto
La fase preparatoria della domanda di accreditamento del Distretto agroalimentare di
qualità del vino in Oltrepò Pavese si è articolata nelle seguenti fasi:
assunzione del ruolo di capofila da parte della Camera di Commercio di Pavia, che,
già nel corso del 2008, aveva promosso la sottoscrizione di un Comitato Promotore
per la costituzione di un distretto vitivinicolo in Oltrepò Pavese, composto oltre che
dalla stessa Camera di Commercio, dalla Provincia di Pavia, dalle tre Associazioni
Professionali Agricole della provincia maggiormente rappresentative (Coldiretti,
Confagricoltura, CIA) e dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, da cui erano
venute le prime iniziative mirate a dare rispondenza ai provvedimenti regionali di
riconoscimento dei distretti agricoli, poi confluite in specifici incontri in sede di
Tavolo Verde per la presentazione della domanda di accreditamento;
collaborazione con l’Università di Pavia per la stesura di parti qualificanti della
relazione tecnica di accompagnamento alla domanda di accreditamento;
avvio della fase di raccolta delle manifestazioni di interesse da parte delle aziende
vinicole oltrepadane per un corretto e completo coinvolgimento di tutti i soggetti
potenzialmente interessati;
ricerca della massima rappresentatività dei differenti segmenti della filiera e delle
attività d’impresa correlate;
definizione del ruolo dei soggetti privati e pubblici interessati alla costituzione del
Distretto, in base a competenze e specificità e secondo quanto previsto dalla
normativa regionale;
stesura delle diverse e successive versioni del documento da presentare per la
richiesta di accreditamento;
attivazione e partecipazione attiva dei soggetti componenti il Tavolo Verde e del
Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese al processo di sensibilizzazione e di raccolta
delle adesioni delle aziende viticole del territorio distrettuale, con la Camera di
Commercio in funzione di soggetto preposto alla predisposizione e organizzazione
della documentazione necessaria;
elaborazione dell’accordo di partnership tra i soggetti aderenti e la definizione dei
ruoli;
progettazione di ipotesi gestionale per il nascente Distretto e della forma societaria
e sue partecipazioni;
riconsiderazione della procedura in essere e adozione degli interventi correttivi
resisi necessari in conseguenza delle osservazioni prodotte dalla competente
struttura di Regione Lombardia, attraverso un serrato confronto sia con i soggetti
componenti il Comitato Promotore sia con una numerosa e qualificata
rappresentanza delle aziende vinicole;
produzione e condivisione da parte delle imprese, costituenti il nucleo fondante del
Distretto, e del Comitato Promotore della versione definitiva del documento per
l’accreditamento.
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3. CONTESTO GEOGRAFICO
3.1 Delimitazione geografica dei Comuni interessati
Il distretto territoriale del vino interessa i 43 Comuni dell’Oltrepò Pavese che
costituiscono l’area di produzione a Denominazione di Origine (D.O.), sulla base dei
rispettivi disciplinari, e più precisamente: Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo,
Bosnasco, Broni, Calvignano, Canevino, Canneto Pavese, Castana, Casteggio, Cecima,
Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Godiasco, Golferenzo, Lirio,
Montalto Pavese, Montebello della Battaglia, Montecalvo Versiggia, Montescano,
Montesegale, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de Giorgi, Ponte
Nizza, Redavalle, Retorbido, Rivanazzano, Rocca de Giorgi, Rocca Susella,
Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle, Santa Giuletta, Santa Maria della Versa,
Stradella, Torrazza Coste, Torricella Verzate, Volpara, Zenevredo.
Figura 1 – I comuni dell’Oltrepò Pavese e l’area di produzione a D.O.
•
Area di produzione vini D.O.C.G. e D.O.C. O.P.
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3.2 Descrizione delle caratteristiche fisiche e morfologiche del territorio
Il territorio di interesse del Distretto risponde alle caratteristiche pedo-climatiche e
paesaggistiche di seguito riportate:
Tabella 1 – Valle Versa
Zona Alta
(superiore a 350 m.)
Ruino (574 m.)
Canevino (410 m.)
Volpara (357 m.)
Golferenzo (464 m.)
Montecalvo Versiggia (360 m.)
Clima: la piovosità è di circa 1000 mm/anno di
pioggia, in assoluto la più piovosa dell’Oltrepò
Pavese; non raggiungendo temperature troppo elevate
d’estate o minime invernali eccessivamente basse, le
escursioni termiche dell’Alta Valle Versa sono
inferiori alle medio-basse dell’Oltrepò e l’andamento
delle stagioni è più regolare.
Terreno: è tendenzialmente argilloso, con una fascia
limosa tra Montecalvo Versiggia e Canevino e una
vena calcarea tra Golferenzo e Volpara. Spiccata
tendenza alla fessurazione dei suoli.
Paesaggio: l’asse principale è in direzione sud-nord,
con gran parte dei vigneti rivolti a nord; l’ampiezza
della valle va riducendosi in modo significativo con
l’altitudine, creando microclimi più freschi e meno
soleggiati.
Clima: piovosità media leggermente inferiore all’Alta
Valle Versa, con temperature estive più alte e minime
Santa Maria della Versa (217 m.) invernali più accentuate, e conseguenti escursioni
Rovescala (247 m.)
termiche maggiori.
San Damiano al Colle (236 m.) Terreno: è tendenzialmente argilloso, capace di
Castana (302 m.)
immagazzinare buone riserve idriche, mediamente
Montu’ Beccaria (281 m.)
calcareo.
Montescano (208 m.)
Paesaggio: l’asse principale è in direzione sud-nord,
Canneto Pavese (233 m.)
con notevole variabilità nelle esposizioni a causa
dell’esistenza di un elevato numero di valli laterali;
l’ampiezza della vallata principale è molto maggiore
rispetto alla Valle Versa, determinando un miglior
soleggiamento.
Zona Media
(tra 200 e 350 m.)
Zona Bassa
(inferiore a 200 m.)
Zenevredo (195 m.)
Bosnasco (124 m.)
Stradella (101 m.)
Clima: piovosità inferiore alle altre due zone della
Valle Versa, con frequenti periodi di siccità estiva e
escursioni termiche elevate.
Terreno: tendenzialmente argilloso, mediamente
calcareo, con spiccata tendenza al crepacciamento.
Paesaggio: l’asse principale è in direzione sud-nord,
con notevole variabilità nelle esposizioni e con
pendenze e rilievi più dolci.
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Tabella 2 – Valle Scuropasso
Zona Alta
(superiore ai 350 m.)
Ruino (574 m.)
Canevino (410 m.)
Rocca de Giorgi (391 m.)
Montalto Pavese (386 m.)
Zona Media
(tra 200 e 350 m.)
Lirio (263 m.)
Pietra de Giorgi (318 m.)
Cigognola (309 m.)
Castana (302 m.)
Canneto Pavese (233 m.)
Zona Bassa
(sotto i 200 m.)
Broni (88 m.)
Clima: la piovosità è di circa 900 mm/anno di pioggia,
che la rende la zona più piovosa della Valle; non
registrando temperature troppo elevate d’estate o
minime invernali eccessivamente basse, le escursioni
termiche sono inferiori alle altre zone più basse e
l’andamento delle stagioni è più regolare.
Terreno: è tendenzialmente argilloso, con una vena
calcarea nei terreni del comprensorio di Montalto
Pavese.
Paesaggio: l’asse principale è in direzione sud-nord
con gran parte dei vigneti rivolti a nord; l’ampiezza
della valle va riducendosi in modo significativo con
l’altitudine, creando microclimi più freschi e meno
soleggiati.
Clima: piovosità media leggermente inferiore all’Alta
Valle, con temperature massime estive e minime
invernali invece molto simili a quelle dell’Alta Valle,
determinando la conseguenza che la zona presenta
caratteristiche di maggior freschezza e umidità delle
altre zone medie dell’Oltrepò Pavese.
Terreno: è tendenzialmente argilloso, capace di
immagazzinare buone riserve idriche, poco calcareo.
Paesaggio: l’asse principale è in direzione sud-nord
con scarsa variabilità nelle esposizioni, in quanto
l’ampiezza della vallata è molto stretta, generando
forti pendenze e ombreggiamenti.
Clima: piovosità inferiore alle altre due zone della
Valle Scuropasso e di tutta la Valle Versa, con
frequenti periodi di siccità estiva e con escursioni
termiche elevate.
Terreno: tendenzialmente argilloso, mediamente
calcareo, con spiccata tendenza al crepacciamento.
Paesaggio: non tutto il territorio del Comune è da
considerarsi a vocazione viticola: la fascia nord della
via Emilia è esclusa dalla D.O. ed assume
caratteristiche di una viticoltura di pianura.
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Tabella 3 – Oltrepò Centrale
Clima: la piovosità di circa 800 mm/anno di pioggia
ne fa la zona più piovosa dell’Oltrepò Centrale, ma
Fortunago (450 m.)
meno piovosa delle altre zone orientali, con la
Borgoratto Mormorolo (326 m.) caratteristica di una temperatura diversa tra l’Alta Val
Montalto Pavese (386 m.)
Coppa, con estati calde per via di una maggior
ampiezza della valle e quindi della sua esposizione, e
la Valle del Torrente Ghiaia dei Risi, più chiusa e
dunque con estati fresche più simili alle altre zone alte
dell’Oltrepò; rispetto all’Alta Val Versa e all’Alta
Valle Scuropasso la zona è segnata da maggiori
escursioni termiche.
Terreno: è tendenzialmente argilloso, con una vena
calcarea nei terreni del comprensorio di Montalto
Pavese.
Paesaggio: l’asse principale è in direzione sud-estnord-ovest, con variabilità nelle esposizioni a seconda
dell’apertura della valle che risulta più ampia verso la
Valle Coppa.
Zona Alta
(superiore ai 350 m.)
Zona Media
(tra 200 e 350 m.)
Calvignano (275 m.)
Oliva Gessi (277 m.)
Mornico Losana (245 m.)
Zona Bassa
(sotto i 200 m.)
Borgo Priolo (143 m.)
Redavalle (85 m.)
Santa Giuletta (78 m.)
Torricella Verzate (110 m.)
Corvino San Quirico (180 m.)
Casteggio (100 m.)
Clima: piovosità media leggermente inferiore alle
zone medie orientali, con clima più caldo e con
maggiori escursioni termiche rispetto alla media Valle
Versa e alla media Valle Scuropasso, a causa di una
migliore esposizione dei versanti collinari.
Terreno:
è
tendenzialmente
argilloso,
con
affioramenti gessosi di notevole entità nei comuni di
Calvignano, Oliva Gessi e Corvino San Quirico.
Paesaggio: non esiste un asse principale, ma una serie
di vallette, che si alternano, con orientamenti variabili.
Clima: piovosità inferiore alle altre due zone
dell’Oltrepò Centrale, con frequenti periodi di siccità
estiva e con escursioni termiche elevate.
Terreno: tendenzialmente argilloso, poco calcareo,
con spiccata tendenza alle fessurazioni dei suoli.
Paesaggio: non esiste un asse principale, ma notevole
variabilità nelle esposizioni, con pendenze inferiori e
rilievi più dolci.
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Tabella 4 – Oltrepò Occidentale
Zona Alta
(superiore ai 350 m.)
Rocca Susella (548 m.)
Montesegale (426 m.)
Zona Media
(tra 200 e 350 m.)
Ponte Nizza (265 m.)
Cecima (231 m.)
Godiasco (201 m.)
Zona Bassa
(sotto i 200 m.)
Rivanazzano (154 m.)
Retorbido (169 m.)
Torrazza Coste (158 m.)
Montebello della Battaglia
(126 m.)
Clima: la piovosità è di circa 800 mm/anno, con
temperature fresche d’estate e contenute escursioni
termiche.
Terreno: è tendenzialmente argilloso con venature
calcaree.
Paesaggio: zona impervia, ricca di boschi, chiusa,
scarsamente idonea alla viticoltura.
Clima: piovosità contenuta, con prolungati periodi di
siccità estiva e con maggiori escursioni termiche e
nebbie autunnali nei fondovalle.
Terreno: è a medio impasto con una fascia sabbiosa,
poco calcareo.
Paesaggio: rispetto alla zona alta presenta una
maggior apertura che si raccorda alle prime colline
della zona bassa.
Clima: piovosità inferiore alle altre due zone
dell’Oltrepò Pavese, con frequenti periodi di siccità
estiva.
Terreno: a medio impasto, poco calcareo con una
fascia ciottolosa-sabbiosa nei pressi di Rivanazzano.
Paesaggio: zona omogenea, di origine alluvionale,
segnata da dolci rilievi che raccordano la pianura con
l’area collinare.
L’analisi geografica del territorio oltrepadano non può trascurare l’aspetto
geomorfologico, che peraltro è uno degli aspetti fondamentali nello studio della
zonazione viticola.
Da questo punto di vista, si identificano le seguenti formazioni geologiche:
- argille e limi di pianura: formatesi nell’Oleocene da depositi alluvionali a
componente argillosa prevalente, di colore grigiastro, tipici di terreni plastici e
impermeabili caratteristici della pianura oltrepadana, nelle aree gravitanti su
Voghera, Casteggio e Stradella;
- argille e limi dei pianalti terrazzati: sono depositi alluvionali limo-argillosi del
Pleistocene, talora sabbiosi, con prodotti di alterazione giallo-rossastri ricchi di
pisolidi (noduletti nerastri ferro-manganesiferi) e si trovano nella fascia
pedecollinare che dal confine alessandrino arriva alle aree gravitanti sui centri di
Casteggio e Stradella;
- marne argillose: sono delle formazioni che originano substrati dal caratteristico
comportamento pseudocoerente; il grado di coesione dipende dal contenuto
d’acqua;
- marne sabbiose: sono molto simili alle marne argillose e presentano una certa
componente granulare (sabbiosa) che le rende tendenzialmente più stabili;
- vena del gesso: è una formazione generatasi a causa di una imperfetta
comunicazione tra Mediterraneo e Oceano Atlantico, nel Miocene superiore, che
portò ad una concentrazione salina e alla deposizione (per evaporazione) di sali
lungo le rive e i bassi fondali; è presente lungo tutto l’arco Appenninico e per
13
questo motivo viene definita “vena del gesso”, in particolare dove sono affioranti
lenti di gesso cristallino;
- arenarie e conglomerati: sono formazioni geologiche rappresentate da arenarie e
conglomerati che danno origine a suoli incoerenti e sciolti.
L’inquadramento geomorfologico consente di passare all’analisi dei legami tra la
natura dei terreni e i vitigni oltrepadani, forzatamente limitata all’area collinare
viticola, dal momento che i fondovalle non sono di interesse per la viticoltura di qualità
e comunque rappresentano una superficie minima per il territorio D.O.C.
Dall’approfondimento del legame vitigno-terreno-ambiente emergono le seguenti
considerazioni:
- le aree caratterizzate da argille e limi dei pianalti terrazzati, nonché quelle
contraddistinte da marne argillose e marne sabbiose, anche con la presenza minima
di inclusi lapidei calcarei, sono vocate per la coltivazione dei vitigni tradizionali a
bacca nera, quali Barbera, Croatina e Uva Rara;
- la presenza, nella rimanente parte del territorio D.O.C., di aree ad “arenarie e
conglomerate”, “vena del gesso”, “marne sabbiose”, “marne sabbiose con alta
presenza di inclusi lapidei calcarei” rende questi territori ottimali per la
coltivazione del Pinot Nero e della maggior parte dei vitigni a bacca bianca.
Accanto alla natura del terreno, a favorire l’habitat ottimale per questi vitigni,
concorrono anche l’altitudine e un microclima caratterizzato da una forte escursione
termica. Nel settore vitivinicolo esistono delle annate memorabili per la grande qualità
e, di contro, quelle parimenti indimenticabili perché pessime. Gli elementi ambientali
possono favorire vendemmie simili tra di loro, ma mai uguali, dal momento che esiste
sempre qualche elemento che rende unica ogni singola raccolta in ogni vigneto.
Il vignaiolo, a priori, può valutare la natura del terreno, l’altitudine, la pendenza e
l’esposizione. Può inoltre effettuare interventi mirati, sia in vigna, sia in cantina, spesso
determinanti per l’ottenimento di vini migliori o, comunque, caratterizzati e differenti
tra di loro, partendo magari da un’unica base. Resta fermo che lo studio
dell’interazione tra la viticoltura e l’ambiente è alla base della zonazione. Per produrre
uve di qualità è fondamentale individuare l’ecosistema viticolo naturale adatto, che
risulta essere l’interazione tra clima, terreno e vitigno. E’ questa la condizione
essenziale perché il viticoltore possa influire, con l’uso corretto delle pratiche colturali,
sui fattori di produzione, al fine di ottenere buoni risultati, nel rispetto anche di
un’oculata gestione dell’economia agricola.
L’Oltrepò Pavese, per la parte collinare inserita nel comprensorio del disciplinare, è da
considerarsi una zona viticola ad alta vocazione per le sue caratteristiche pedologiche,
territoriali e climatiche, che ben si adattano alla coltivazione della vite. E d’altro canto
è proprio attraverso la conoscenza dell’ambiente che si possono conseguire le migliori
scelte per il vitigno, anche in relazione alle tecniche colturali da effettuare.
3.3 Elementi storici di rilievo
3.3.1 Cenni di storia dell’Oltrepò Pavese
Si può considerare come data ufficiale di nascita dell’Oltrepò Pavese l’anno 1164,
quando l’Imperatore Federico I concesse alla città di Pavia il diritto di nominare i
Consoli nelle località che costituiscono, grosso modo, l’attuale provincia di Pavia. Il
carattere “lombardo” del territorio oltrepadano continuò in età viscontea e sforzesca,
fino alla costituzione del Principato di Pavia, che comprendeva appunto l’attuale
Oltrepò. Nel 1359 l’intera area cadde, insieme a Pavia, sotto la dominazione dei
Visconti di Milano, cui seguirono gli Sforza, famiglie che dominarono anche il
confinante Piacentino. Nel 1499 il territorio pavese, comprendente l’Oltrepò, ebbe la
14
qualifica di Principato di Pavia. Sotto gli Sforza, l’Oltrepò era governato da un
Capitano con sede a Casteggio. Il territorio comprendeva un certo numero di
podesterie, borghi e villaggi principali. Il numero dei Comuni era grandissimo, poiché
erano Comuni talvolta anche minuscole cascine. Alla metà del XV secolo, l’intero
territorio dell’Oltrepò era diviso in feudi e questa situazione non mutò fino al XVIII
secolo. Bisogna comunque distinguere i piccoli feudi (detti camerali) dell’Oltrepò
propriamente detto (l’originario dominio pavese), dotati di scarsa autonomia fiscale e
giurisdizionale, dai grandi feudi dell’alta collina e della montagna, assoggettati dai
duchi di Milano e aggregati all’Oltrepò, ma ancora dotati di larga autonomia. Questi
ultimi erano detti “terre diverse”, o giurisdizioni separate; avevano ognuno una sorta di
statuto speciale e vari privilegi. I principali erano i marchesati di Fortunago, Godiasco,
Varzi e Pregola, nati (salvo il primo) dalla disgregazione del marchesato dei
Malaspina, cui in gran parte ancora appartenevano. Molto importante anche il feudo di
Bobbio, appartenente ai Dal Verme. Insieme allo Stato di Milano, l’Oltrepò passò nel
1535 alla Spagna e nel 1713 all’Austria; nel 1743, col trattato di Worms tra l’Austria e
i Savoia, fu separato dal Principato di Pavia e unito al Piemonte. Sotto i Savoia,
l’Oltrepò conobbe una grande fioritura e venne suddiviso in due province: una con
capoluogo Voghera, il centro che era divenuto ormai il principale della zona e che, in
precedenza, aveva a lungo e inutilmente cercato di affrancarsi dal dominio pavese; a
sud il territorio fece parte della provincia di Bobbio fino all’unità d’Italia. Nel 1770
Voghera fu affrancata dal feudalesimo ed elevata a Città regia; il peso dei feudatari fu
comunque ridotto ovunque a una funzione quasi solo simbolica. In epoca napoleonica
l’Oltrepò, diviso nei due circondari di Voghera e Bobbio, fu unito prima al
dipartimento di Marengo e poi a quello di Genova, appartenente all’Impero Francese.
Ritornato ai Savoia nel 1814, rimase diviso in due province: Voghera e Bobbio. Nel
1859, dopo l'annessione della Lombardia al Regno di Sardegna, le due piccole
province ritornarono a Pavia, la cui Provincia ricalcava in gran parte l’antico
Principato. Tuttavia nel 1923 il territorio di Bobbio, tra cui i comuni di Trebecco e
Caminata, fu staccato da Pavia e unito a Piacenza e in piccola parte a Genova. Inoltre,
con l’arrivo nel 1859 della rete ferroviaria, la città di Voghera, capoluogo storico del
territorio, assunse un ruolo importante quale punto nevralgico per l’intersecazione delle
linee Milano-Genova e Torino-Bologna. Gli imprenditori che si occupavano di attività
commerciali percepirono l’importanza logistica della zona. Gli investimenti degli
imprenditori, inoltre, si concentrarono nella parte pianeggiante del territorio,
escludendo collina e montagna, che in quel periodo subirono anzi un notevole flusso
migratorio della popolazione, registrando pertanto un forte decremento demografico.
La mancanza di investimenti industriali nell’area collinare ha preservato quindi il
carattere agricolo del territorio nella sua vocazione vitivinicola, che tra l’altro si è
andata rafforzando e specializzando nei decenni successivi.
L’area collinare dell’Oltrepò Pavese è la realtà più importante a livello regionale per il
settore vitivinicolo.
3.3.2 Storia della vitivinicoltura nell’Oltrepò Pavese
La viticoltura dell’Oltrepò Pavese è nota e apprezzata sin da tempi molto remoti e si è
specializzata fino a caratterizzarne il paesaggio collinare. In ogni caso le fonti
storiografiche antiche concordano nell’attribuire l’inizio della coltivazione della vite, e
conseguentemente della vinificazione, ai Greci e agli Etruschi. E’ opinione fondata che
furono proprio gli Etruschi, nel corso della loro fase espansionistica nel VI a.C., a
portare la coltura della vite nella Pianura Padana, con l’introduzione della vitis sativa,
cioè dell’allevamento della vite e della viticoltura. I metodi di coltivazione furono
15
essenzialmente due: quello di tradizione greca, a ceppo basso e con sostegno morto, e
quello dell’influenza etrusca, con potatura lunga e su sostegno vivo. Attraverso questo
sistema di vite a potatura lunga, maritata a sostegni vivi, denominato arbustum, gli
Etruschi valorizzarono e ingentilirono le specie selvatiche locali, operando una
selezione dei vitigni. Una prima testimonianza del vino dell’Oltrepò ci viene da
Strabone, storico di origine greca passato in Oltrepò, attorno al 40 a.C., al seguito delle
truppe romane, che così scrisse della zona: “vino buono, popolo ospitale e botti di
legno molto grandi”. Le prime citazioni certe sono però da attribuirsi a Plinio il
Vecchio, il “cronista dell’epoca”, che dedicò molto spazio al “nettare degli dei” e ci
tramanda di una viticoltura florida nelle località di Clastidium (Casteggio) e Litubium
(Retorbido). Più avanti, nel 1192, in un documento redatto dal notaio Artono a Pavia,
si faceva riferimento al vino “Bonarda”, prodotto a Rovescala. Alla fine
dell’Ottocento, la viticoltura oltrepadana entrò in crisi per due gravissimi motivi: la
fillossera (piccolo insetto della famiglia degli afidi) e il crollo dei prezzi dei prodotti
vitivinicoli. Alla calamità naturale della fillossera fece seguito il problema economico
creato dai mediatori, dalle diverse esigenze dei consumatori e dalla sovrapproduzione.
L’uva era venduta a poche lire al quintale, valore che non bastava neppure a coprire le
spese di coltivazione e raccolta, e inoltre la situazione fu aggravata dalla speculazione
dei mediatori che, date le circostanze, ebbero gioco facile. Nei primi anni del
Novecento, in Oltrepò, la viticoltura si era affermata in modo prepotente e il vigneto
era diventato l’elemento principale della realtà economica. La produzione di vino
aveva raggiunto i 600.000 ettolitri, con una superficie stimata di 20.000 ettari; nel 1905
era scesa a 400.000 ettolitri, per assestarsi poi nel 1910 con una produzione media di
800.000 ettolitri, su una superficie di circa 25.600 ettari. Ma i produttori oltrepadani
non erano in grado di gestire il prodotto, in quanto privati del supportato di
un’adeguata richiesta di mercato. Su tutti l’esempio di Broni, dove il mercato delle uve
nei due trienni 1897-1899 e 1900-1902 registrò un crollo dei prezzi del 30%, con la
massima depressione tra il 1907 e il 1908. Mancando la capacità di vinificare le proprie
uve e di metterle sul mercato, i viticoltori furono in balia di mediatori e grossisti che
acquistavano il raccolto facendo loro i prezzi, anche perché i produttori erano legati a
tempi di raccolta molto stretti. L’unica possibilità per uscire da questo impasse fu
quello di organizzarsi, associandosi. Questo avrebbe permesso ai viticoltori di essere
liberi dalla vendita dell’uva e non più dipendenti dai prezzi di mercato. Inoltre si
sarebbe reso possibile conseguire altri due grandi vantaggi: produrre maggior quantità
di uva, con attrezzature che i piccoli produttori non possedevano, e migliorare la
qualità della produzione. La prima cantina sociale fondata in Oltrepò fu quella di
Montù Beccaria nel 1902, cui, nel 1905, seguì quella di Santa Maria della Versa. Nel
1906 furono costituite quelle di Canneto Pavese e di San Damiano al Colle. In seguito
nacquero le Cantine di Casteggio, Retorbido e Torrazza Coste. Nel 1909 quella di
Stradella e nel 1931 quella di Codevilla. Le cantine sociali sono tutt’ora una realtà
significativa presente in gran parte dell’Oltrepò Pavese. Sono cambiati i tempi, alcune
cantine sono state chiuse, altre si sono fuse, ma non è cambiato lo spirito che sottende
alla realtà territoriale costituita dalle cantine sociali. Se la congiuntura storica che
favorì la nascita delle cantine sociali va ricercata nel triste periodo che caratterizzò il
passaggio dal XIX al XX secolo, il successo della cooperazione è stato tale che alcune
di queste strutture sono tutt’ora attive ed importanti per il settore vitivinicolo
territoriale. Le cantine sociali hanno sostenuto i vignaioli locali a superare i periodi
storici più duri degli ultimi cento anni. Anche dopo gli anni della seconda guerra
mondiale il numero di oltrepadani che si dedicavano all’agricoltura restò molto
elevato, anche perché l’agricoltura garantiva a tutti una dignitosa sopravvivenza. In
16
pochi anni si assistette però a un cambiamento epocale, collegato alla grande
meccanizzazione e alle nuove tecnologie in vigna ed in cantina. Queste modificazioni
portarono a rivedere le dimensioni aziendali, dal momento che le piccole aziende non
erano in grado di far fronte ai costi per acquisire i macchinari adeguati o per fare
strategie di marketing. Venne in tal modo a determinarsi la conseguenza che le cantine
sociali aumentarono ulteriormente il numero dei soci, diventando le maggiori realtà
vitivinicole del territorio, potendo contare su un maggior numero di conferimenti.
Tutto ciò si scontrò però con nuove esigenze, ovvero le richieste pressanti dei
consumatori e la forte competitività commerciale. Le cantine sociali effettuarono
quindi numerosi investimenti e si orientarono verso il contenimento dei costi di
produzione. Operarono inoltre per modificare la commercializzazione e la vendita del
vino, che dalla forma tradizionale della cisterna e della damigiana, si avvicinò sempre
più alla bottiglia. Volendo portare a sintesi estrema, è dunque del tutto fondato
sostenere che l’Oltrepò Pavese si caratterizza per un’antica e profonda vocazione
vitivinicola che dura da più di duemila anni e che, attraverso una lunga evoluzione, è
giunta all’attuale conformazione: una superficie di 1.098 chilometri quadrati, dei quali
un terzo di pianura e due terzi di collina e montagna; di questi il 30% circa appartiene
alla zona di produzione D.O.C., con 13.600 ettari a vigneto pari al 13% circa
dell’intera area dell’Oltrepò, di cui quasi l’80% produce uva D.O.C. Molti e variegati
sono i vini D.O.C. prodotti nell’area oltrepadana: 8 tipologie di vini rossi, 2 di rosati,
11 di bianchi, 2 spumanti classici e 8 spumanti Charmat, per un totale di quasi 45
milioni di bottiglie prodotte annualmente (di cui più di 11 milioni di Spumante), anche
se quasi l’80% appartiene alle prime quattro tipologie, nell’ordine Bonarda, Barbera,
Riesling Italico e Pinot Nero.
3.4 Caratteristiche e dinamiche ambientali in atto, presenza di vincoli
Il territorio dell’Oltrepò è caratterizzato da numerosi corsi d’acqua, a carattere
torrentizio, che ne determinano la divisione in valli: la Valle Ardivestra, la Valle
Coppa, la Valle Scuropasso, la Valle Staffora, la Valle Tidone e la Valle Versa.
Per caratteristiche geomorfologiche gran parte dell’Oltrepò montano rientra nelle aree
ad elevato rischio sismico. E’ pur vero però che, per la zona vitata, il principale
elemento di debolezza e preoccupazione, con pesanti riflessi economici, resta il
dissesto idrogeologico e la sua manifestazione nei movimenti franosi che ancora
interessano i versanti a vigneto.
Risale al lontano 1978 la Legge Speciale di Regione Lombardia n. 59, con la
costituzione dell’Ufficio Speciale dell’Oltrepò e al 1982 il corposo Piano Aquater per
il riassetto idrogeologico (ma anche socio-economico) del territorio, eppure le frane
non hanno cessato di tormentare le colline oltrepadane, fino a interessare quasi il 40%
del settore orientale (Valle Versa e Valle Scuropasso). A marzo 2010, nell’area
compresa tra Broni e Casteggio sono state censite, tramite rilievi sul terreno e
fotointerpretazioni, circa 1300 frane superficiali. Basta questo dato a dare il senso della
gravità perdurante del fenomeno. Va peraltro rilevato come la maggior parte delle
frane si siano innescate in corrispondenza di incolti, di vigneti abbandonati e di zone a
bosco, in realtà derivanti da vecchi vigneti non più coltivati da lungo tempo ed invasi
da vegetazione arbustiva ed arborea. Ciò, senza dimenticare né sottovalutare il dato che
la disposizione dei filari lungo pendio e con lunghezze sovente superiori a 100 metri ha
un ruolo importante nell’innesco dei dissesti idrogeologici sul stesso pendio. Quanto
alle aree protette, va segnalato che sull’Oltrepò Pavese insiste solo il SIC Riserva
Naturale di Monte Alpe, esteso per poco più di 3 kmq e situato interamente all’interno
del territorio comunale di Menconico.
17
4. CONTESTO ECONOMICO E SOCIALE
4.1 Dinamiche demografiche, sociali e occupazionali
Sulla base degli indicatori presentati nella Tabella 5, è possibile suddividere il territorio
dell’Oltrepò Pavese in quattro raggruppamenti omogenei in termini di elementi del
capitale territoriale: il primo raccoglie i Comuni montani rurali, il secondo i Comuni
collinari fortemente rurali, il terzo i Comuni dell’asta meridionale del Po a vocazione
industriale e del terziario, il quarto i Comuni urbani.
Tabella 5 – Elementi del capitale territoriale usati per classificare il territorio oltrepadano
ELEMENTO
DEL
TERRITORIALE
CAPITALE
VARIABILI SELEZIONATE
CAPITALE FISICO
Insieme delle risorse materiali e strumentali legate
alla produzione di beni materiali e immateriali e
che determinano la produttività dei sistemi
economici; ne fanno parte anche le dotazioni
naturali e architettoniche di un territorio
- Attività e imprese
Dimensione media aziende agricole, industrie e
altre attività (2001); specializzazione agricola*
(addetti), specializzazione industria* (addetti),
specializzazione altre attività* (addetti) (2001);
alberghi e ristoranti (2005); attività agrituristiche
(2005).
- Infrastrutture
Rete stradale (2007).
- Rete di erogazione di servizi
Totale consumi energia (1999).
- Patrimonio storico e architettonico
Nucleo storico (2004); architetture civili (2004);
architetture di culto (2004); architetture produttive
(2004); viabilità storica (2004).
- Risorse naturali
Superficie territoriale (2001); paesaggio agricolo
(2001); aspetti morfologici naturalistici (2004);
aree protette (2004); paesaggi e visuali (2004);
ambiti (2004).
Totale popolazione residente (2001); tasso di
femminilizzazione (2001); densità abitativa
CAPITALE UMANO
(2001); indice di dipendenza anziani e giovanile
Qualità demografiche e socio-economiche, le
(2005); indice di non conseguimento della scuola
conoscenze, le competenze e le abilità della
dell'obbligo (2001); tasso di occupazione (2001);
popolazione di un territorio
tasso di disoccupazione totale e giovanile (2001).
CAPITALE FINANZIARIO
Numero sportelli bancari (2007); numero sportelli
Insieme delle risorse finanziarie di cui dispongono
postali (2007); attività di intermediazione
gli attori economici di un territorio
finanziaria e monetaria (2005).
18
CAPITALE CULTURALE
Musei (2007); strutture
termali (2007);
L’eredità storica, la presenza di un patrimonio manifestazioni, in particolare legare ad agricoltura
artistico e di tradizioni storiche e popolari
e prodotti alimentari (2007).
CAPITALE SOCIALE
Appartenenza alla Comunità Montana (2007);
Sistema di relazioni, norme e valori condivisi di
appartenenza al GAL (2007); numero di
una popolazione, che facilitano la creazione di reti
associazioni e organizzazioni di volontariato
di fiducia e la cooperazione tra gli individui
(2007).
*La specializzazione è stata calcolata facendo riferimento alla seguente formula: Sx
X
=  ic
 X tc




 X io

X
 to

 dove


X è numero
aziende o il numero di addetti, i indica il settore considerato, c si riferisce al comune selezionato, t esprime il totale dei settori e o
l’area dell’Oltrepò Pavese nel suo insieme. Si assume valori maggiori di 1 quando il comune risulta specializzato nel settore
considerato; minori di 1 nel caso opposto.
(…) anno di riferimento della variabile
Figura 2 – I comuni dell’Oltrepò Pavese per omogeneità degli elementi del capitale territoriale
19
Tabella 6 – Comuni e caratteri del territorio
Raggruppamento
Caratteri
Comuni montani
rurali
Comuni: Bagnaria, Borgoratto Mormorolo, Brallo di Pregola,
Cecima, Fortunago, Menconico, Montesegale, Ponte Nizza,
Rocca Susella, Romagnese, Ruino, Santa Margherita di Staffora,
Val di Nizza, Valverde e Zavattarello.
Profilo: Si tratta di centri rurali dotati di una rilevante vocazione
agricola, quale emerge da due distinti punti di osservazione: da
un lato, le specificazioni del capitale fisico presente, non solo in
riferimento alla specializzazione agricola e alla presenza di
attività agrituristiche, i cui valori osservati sono in entrambi i
casi maggiori rispetto alla media del territorio, ma anche in
relazione alla rilevanza degli aspetti geomorfologici e
naturalistici, delle aree protette, dei paesaggi e visuali e degli
ambiti; dall’altro lato, l’osservazione del capitale culturale e
sociale che mostra, sul versante culturale una significativa
presenza di manifestazioni legate alla tradizione popolare, in
particolare legate all’agricoltura e ai prodotti alimentari, mentre
il capitale sociale appare caratterizzato dall’appartenenza dei
comuni alla Comunità Montana e al GAL, due enti con finalità
di promozione dello sviluppo rurale dell’area. La presenza del
“Salame di Varzi” D.O.P. costituisce uno degli elementi
principali attorno al quale ruotano le diverse iniziative che
congiuntamente promuovono anche i vini di qualità oltrepadani.
Si riscontra una relativamente bassa dotazione di capitale
finanziario (tutte le variabili considerate registrano valori al di
sotto della media del territorio). Per quanto riguarda il capitale
umano, infine, nonostante il grado di istruzione sia relativamente
buono (come attesta il valore dell’indice di non conseguimento
della scuola dell’obbligo, inferiore alla media delle altre
aggregazioni), emergono alcune debolezze, che si sostanziano,
in particolare, nella presenza elevata di una popolazione anziana
(l’indice di dipendenza anziani è il più alto del territorio) e nel
fatto che il tasso di occupazione e il tasso di disoccupazione
siano entrambi al di sotto della media del territorio, facendo
emergere una scarsa partecipazione al mercato del lavoro.
Comuni collinari
fortemente rurali
Comuni: Albaredo Arnaboldi, Borgo Priolo, Bosnasco,
Calvignano, Canevino, Castana, Canneto Pavese, Cigognola,
Codevilla, Corvino San Quirico, Golferenzo, Lirio, Montalto
Pavese, Montecalvo Verseggia, Montescano, Montù Beccaria,
Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de’ Giorgi, Redavalle,
Retorbido, Rocca de’ Giorgi, Rovescala, San Damiano al Colle,
Santa Giulietta, Santa Maria della Versa, Torrazza Coste,
Torricella Verzate, Volpara e Zenevredo.
Profilo: Analogamente al raggruppamento dei comuni montani
rurali, anche in questo caso, gli indicatori del capitale territoriale
sottolineano un orientamento fortemente agricolo della struttura
20
produttiva, articolata attorno alle diverse produzioni viticole. La
differenza principale tra i due gruppi consiste nell’intensità di
questo orientamento e nel fatto che esso venga identificato
attraverso indicatori diversi. La caratterizzazione agricola risulta
intanto dalle specificazioni del capitale fisico presente. In
particolare, per quanto riguarda le attività e imprese, tutte le
variabili connesse al settore agricolo costituito quasi
esclusivamente dalla viticoltura (ossia il numero di aziende
agricole, la loro dimensione media e l’indice di specializzazione
agricola) registrano valori superiori alla media territoriale.
Analogo andamento si verifica per i valori assunti dalle variabili
riferite alla presenza di paesaggio agricolo e di ambiti. Altri tratti
distintivi del capitale fisico che appaiono significativi sono la
specializzazione nel settore secondario fortemente legato ad
attività connesse alla vitivinicoltura (che però ha un’intensità
molto minore di quella del settore agricolo) e, in relazione al
patrimonio storico e architettonico, la presenza di nuclei storici e
di architetture produttive che molto spesso trovano
valorizzazione nell’ambito di manifestazioni volte a promuovere
le tipicità eno-gastronomiche locali, primi tra tutte i vini di
qualità, molto spesso proposti in associazione con il Salame di
Varzi D.O.P. La caratterizzazione rurale e agricola viene,
inoltre, sottolineata dalla specificazione del capitale sociale, e in
particolare dall’appartenenza dei comuni alla Comunità
Montana. Per quanto riguarda il capitale umano, la rilevazione di
un indice di non conseguimento della scuola dell’obbligo
superiore alla media del territorio ne evidenzia la debolezza.
Vanno, però, sottolineate alcune potenzialità positive, legate alla
presenza di una popolazione giovane e di un mercato del lavoro
attivo (favorito, in particolare, dalle attività vitivinicole ad esso
connesse), che emergono dall’osservazione dell’indice di
dipendenza giovanile e del tasso di occupazione al di sopra della
media delle altre aggregazioni (mentre il contrario si registra in
relazione all’indice di dipendenza anziani e ai tassi di
disoccupazione, sia totale che giovanile). Infine, questi comuni
si connotano per una relativamente ridotta dotazione di capitale
finanziario: tutte le variabili utilizzate per la loro descrizione,
infatti, assumono valori inferiori alla media del territorio
oltrepadano.
Comuni dell’asta
meridionale del Po
a vocazione
industriale e del
terziario
Comuni: Barbianello, Bastida de’ Dossi, Bastida Pancarana,
Bressana Bottarone, Campospinoso, Casanova Lonati, Casei
Gerola, Castelletto di Branduzzo, Cervesina, Corana, Cornale,
Lungavilla, Mezzanino, Montebello della Battaglia, Pancarana,
Pinarolo Po, Pizzale, Rea, Robecco Pavese, San Cipriano Po,
Silvano Pietra, Verretto e Verrua Po.
Profilo: In questo raggruppamento si riduce in maniera
significativa la vocazione agricola che caratterizza i due gruppi
precedenti. Nel complesso, inoltre, il capitale territoriale dei
Comuni appare inferiore a quello degli altri. Il capitale fisico
21
risulta caratterizzato dalla preponderanza di attività economiche
legate ai settori secondario e terziario, come testimoniano il dato
sulla dimensione media di industrie e aziende operanti nel
settore di servizi e altre attività e il dato sulla specializzazione
nel settore secondario e terziario che sono maggiori rispetto alla
media del territorio. La dotazione in termini di patrimonio
storico e architettonico e di risorse naturali appare limitata, dal
momento che le uniche variabili rilevanti sono, per il primo
aspetto, i nuclei storici e, per il secondo, le aree protette e il
paesaggio agricolo. In riferimento al capitale umano, se ne
osserva la sua debolezza, connessa ad un indice di non
conseguimento della scuola dell’obbligo che registra il più alto
valore dell’intero territorio. Emergono comunque alcune
potenzialità positive legate a un relativamente elevato tasso di
dipendenza giovanile e all’esistenza di un mercato del lavoro
caratterizzato da una elevata partecipazione, come testimonia il
tasso di occupazione superiore alla media dell’area, ma anche da
elementi di criticità, come indicato dal tasso di disoccupazione
anch’esso superiore alla media del territorio oltrepadano. Il dato
sul tasso di disoccupazione giovanile, inoltre, essendo il più
elevato del territorio dell’Oltrepò Pavese potrebbe indicare un
difficile inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. Si
evidenzia, infine, una ridotta dotazione dei Comuni del gruppo
in relazione al capitale finanziario, al capitale culturale e al
capitale sociale: tutte le variabili utilizzate per la loro
descrizione assumono nel caso di questi comuni valori inferiori
alla media del territorio nel suo insieme.
Comuni urbani
Comuni: Broni, Casteggio, Godiasco, Rivanazzano, Stradella,
Varzi e Voghera.
Profilo: In questo raggruppamento, il capitale territoriale risulta
maggiormente diversificato nei suoi elementi costitutivi. Per
quanto riguarda il capitale fisico nella sua specificazione di
attività e imprese, si osserva una significativa diversificazione
delle attività economiche nei tre settori di attività: in particolare,
il numero delle aziende operanti nei tre settori risulta superiore
alla media del territorio oltrepadano, così come la dimensione
media delle aziende operanti nei settori secondario e terziario
spesso legato alla vitivinicoltura. In quest’area sono ubicate le 4
cantine sociali (Terre d’Oltrepò, Cantina La Versa, Cantina di
Canneto Pavese, Cantina Torrevilla) e il Consorzio Tutela Vini
Oltrepò Pavese di Broni. La caratterizzazione essenzialmente
urbana di questi Comuni si può rilevare dalla specializzazione
nel settore terziario e dallo sviluppo delle reti di erogazione di
servizi (il dato sul consumo di energia elettrica risulta il più
elevato dell’intero territorio). Anche il valore relativo alla
presenza di alberghi e ristoranti e di attività agrituristiche, che
testimoniano l’esistenza di un settore turistico relativamente
sviluppato, risulta significativo. Lo confermano tanto i dati
relativi al patrimonio storico e architettonico, che indicano una
22
presenza di nuclei storici, architetture civili, di culto e
produttive, e di elementi di viabilità storica al di sopra della
media del territorio, quanto i dati relativi alle risorse naturali, in
quanto anche le variabili riferite agli aspetti geomorfologici e
naturalistici e ai paesaggi e visuali registrano valori superiori
alla media. D’altro canto, la rilevanza del settore turistico si
associa alle specificazioni del capitale culturale dei Comuni
dove risultano significative non solo le manifestazioni popolari,
tra cui anche quelle legate all’agricoltura e ai prodotti agricoli,
ma anche la presenza di musei e strutture termali. Il maggiore
sviluppo economico rispetto al resto dell’Oltrepò può essere
rilevato anche osservando il capitale finanziario, dal momento
che le variabili considerate, ossia il numero di sportelli bancari e
postali, e le attività di intermediazione monetaria e finanziaria,
assumono valori superiori alla media del territorio solo in questo
raggruppamento. Per quanto riguarda il capitale umano, i valori
registrati dalle variabili utilizzate per la sua descrizione ne
attestano la buona qualità: oltre ad essere i Comuni
maggiormente popolati, come dimostrano i dati sul totale della
popolazione residente e sulla densità di popolazione, che
risultano relativamente elevati, sono anche quelli in cui si
registra una significativa presenza di una popolazione giovane e
mediamente istruita. Il valore dell’indice di dipendenza
giovanile risulta superiore alla media del territorio, mentre il
contrario avviene per gli indici di dipendenza anziani e di non
conseguimento della scuola dell’obbligo. Si osserva, inoltre,
l’esistenza di un mercato del lavoro dinamico, caratterizzato da
un’elevata partecipazione come indica il tasso di occupazione,
ma anche da elementi di criticità, come si rileva dal valore
assunto dal tasso di disoccupazione, entrambi al di sopra della
media degli altri raggruppamenti. Il capitale sociale, infine, è
caratterizzato da un elevato grado di associazionismo: il numero
di associazioni e organizzazioni di volontariato rilevato è il più
alto del territorio dell’Oltrepò Pavese.
Sovrapponendo alla classificazione sopra presentata i Comuni che costituiscono l’area
di produzione dei vini D.O.C.G. e D.O.C. Oltrepò Pavese, si osserva come 29 di essi
ricadano nell’aggregazione dei Comuni fortemente rurali, 8 in quello dei Comuni rurali
e 5 in quello dei Comuni urbani.
23
Figura 3 – La zona di produzione dell’Oltrepò Pavese della D.O.C.G e D.O.C. O.P. e il
capitale territoriale
•
Area di produzione vini D.O.C.G. e D.O.C. O.P.
La produzione di vini D.O.C.G. e D.O.C. si inserisce per lo più in un territorio
omogeneo in quanto elementi del capitale territoriale accomunato da una forte identità
rurale.
La Figura 4 associa all’area di produzione dei vini D.O.C.G. e D.O.C. quella del
Salame di Varzi D.O.P., ponendone in evidenza la sovrapposizione e la contiguità
territoriale a cui si associa spesso la complementarietà produttiva oltre che la
promozione congiunta. Al riguardo è frequente, se non abituale, assistere a banchi di
assaggio del vino dell’Oltrepò nelle diverse manifestazioni promozionali, che viene
sottoposto in abbinamento all’assaggio del salame di Varzi. Questo aspetto rappresenta
un elemento di originalità dell’area di produzione vitivinicola oltrepadana
24
Figura 4 – Il distretto agroalimentare di qualità del vino in Oltrepò Pavese e l’area di
produzione del Salame di Varzi D.O.P.
•
Area di produzione vini D.O.C.G. e D.O.C. O.P.
Area di produzione Salame di Varzi D.O.P.
L’analisi shift - share consente di comprendere il ruolo della composizione strutturale
del settore considerato e dei fattori locali di sviluppo sulle dinamiche di crescita del
comparto vitivinicolo al fine di verificare, in particolare, l’impatto dei fattori
territoriali. Attraverso questa metodologia è possibile distinguere i fattori di progresso
comunale autonomi, ovvero la presenza di una struttura produttiva orientata verso
settori più dinamici del vitivinicolo D.O.C., da quelli legati ai vantaggi localizzativi e
di competitività.
L’analisi è ristretta ai soli vini D.O.C. e all’intervallo temporale 1997-2008, perché la
produzione D.O.C.G. parte dal 2009. L’inclusione di tale tipologia di vino renderebbe
non confrontabili i dati del 2009 con quelli relativi agli anni precedenti.
La variazione relativa del totale delle denunce in Oltrepò tra il 1997 e il 2008 è
scomposta in tre grandezze:
- tendenziale, che indica la quota attribuibile all’andamento complessivo, nell’intera
area di produzione dei vini Oltrepò D.O.C., delle denunce, ovvero informa su quale
sarebbe stata la variazione della grandezza esplicativa, se essa fosse dipesa
esclusivamente dalla dinamica oltrepadana del vino D.O.C.;
- strutturale, che misura l’effetto della maggiore (valore positivo della componente)
o minore (valore negativo della componente) presenza nella provincia, all’inizio
del periodo, di settori produttivi che, nel complesso della regione, sono risultati a
più rapida crescita nell’intervallo temporale considerato;
- locale, che esprime l’attitudine dell’economia comunale ad espandersi più
velocemente (valore positivo della componente) o meno velocemente (valore
25
negativo della componente) di quanto sarebbe da attendersi in relazione alla sua
struttura produttiva iniziale, se ogni settore si sviluppasse allo stesso tasso di
crescita del corrispondente settore a livello oltrepadano.
Quest’ultimo termine è considerato come indicatore della capacità di attrazione
posseduta dal Comune considerato rispetto ai vini D.O.C. In altre parole, esso
evidenzia l’importanza dei fattori locali di sviluppo sulla dinamica della variabile
oggetto di analisi. Confrontando i valori comunali della componente strutturale e locale
stimati attraverso l’analisi shift - share si evince la rilevanza della seconda componente
sulla prima, che, al contrario, assume valori estremamente contenuti.
Tabella 7 – Analisi shift - share
Borgo Priolo
Borgoratto Mormorolo
Bosnasco
Broni
Calvignano
Canevino
Canneto Pavese
Castana
Casteggio
Cigognola
Codevilla
Corvino San Quirico
Fortunago
Godiasco
Golferenzo
Lirio
Montalto Pavese
Montebello della Battaglia
Montecalvo Versiggia
Montescano
Montesegale
Montù Beccaria
Mornico Losana
Oliva Gessi
Pietra de' Giorgi
Redavalle
Retorbido
Rivanazzano
Rocca de' Giorgi
Rocca Susella
Rovescala
Ruino
San Damiano al Colle
Santa Giuletta
Santa Maria della Versa
COMPONENTE
TENDENZIALE
COMPONENTE
LOCALE
COMPONENTE
STRUTTURALE
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
0,209
0,107
-0,153
0,477
-0,451
-0,078
-0,142
-0,140
0,031
-0,086
-0,002
0,247
0,168
0,297
0,092
0,064
0,046
-0,264
-0,143
0,146
-0,088
0,007
-0,037
0,232
-0,009
-0,146
0,195
-0,047
-0,088
0,308
-0,069
0,068
-0,069
0,145
0,133
-0,01499
-0,04037
0,013647
-0,02394
-0,02738
-0,08838
0,014018
0,058243
-0,05521
0,086276
-0,1301
-0,10784
-0,04649
0,196407
-0,06088
0,013489
-0,05278
-0,0767
-0,0168
0,123068
-0,09546
0,074915
-0,01606
-0,02319
0,009974
-0,01379
-0,05379
-0,08464
-0,06434
-0,02867
0,230867
-0,0282
0,018758
0,050359
0,018112
26
Stradella
Torrazza Coste
Torricella Verzate
Volpara
Zenevredo
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,136
-0,132
-0,212
0,465
0,121
-0,625
0,072681
-0,06
-0,05878
-0,09742
0,118102
I dati emergenti sottolineano la rilevanza dei fattori legati ai vantaggi localizzativi e di
competitività del territorio: la componente locale risulta avere una importante capacità
di influenza sulla dinamica complessiva del settore, componente che in oltre la metà
dei Comuni considerati è positiva.
Dunque l’area di produzione dei vini D.O.C. Oltrepò Pavese sembra presentare una
significativa capacità di attrazione che va oltre le caratteristiche pedo-climatiche
particolarmente favorevoli. Se ne trae la conclusione che, nell’Oltrepò Pavese,
territorio e vitivinicoltura sono legati da una capacità di rafforzamento reciproco.
4.2 Analisi e dati di natura economica del comparto vitivinicolo e descrizione della
realtà produttiva
4.2.1 I vini D.O.C.G. e D.O.C.
Si è detto che la produzione vitivinicola costituisce un elemento caratterizzante la
storia del territorio dell’Oltrepò Pavese. Accanto alla rilevanza del settore in termini
storici, emerge chiaramente la sua rilevanza dal punto di vista sia della sua produzione
finale sia della sua estensione geografica: l’Oltrepò Pavese è, infatti, la terza area di
produzione di vini certificati in Italia, per ettolitri prodotti (Consorzio Tutela Vini
Oltrepò, 2007) e per SAU iscritta all’Albo Vigneti, nonché la sesta per produzione
effettiva di vino (ISMEA, 2007).
Dal punto di vista vitivinicolo il territorio oltrepadano si distingue in Italia per
l’importanza della produzione. Basti pensare che esprime la pressoché totale
concentrazione della produzione di uve Pinot Nero nazionale (circa il 75%) e
altrettanto è per la produzione di uva Croatina sul totale in Italia (circa il 70%).
Dal punto di vista della capacità di rinnovazione e innovazione, la sua vitalità può
essere esemplificata da diverse iniziative di sviluppo, di prodotto/mercato e, in primo
luogo, dall’importante progetto, ormai in fase di affermazione, costituito dal lancio
produttivo e commerciale della D.O.C.G. Oltrepò Pavese Metodo Classico Rosé,
conosciuto come “Cruasè”, che ad oggi è l’unico al mondo.
La piramide produttiva dell’Oltrepò Pavese si compone, come quella della Lombardia
nel suo complesso, di vini da tavola, vini I.G.T. e vini D.O.C. e D.O.C.G.
Qui più che altrove, però, il settore si caratterizza per la forte prevalenza dei vini di
qualità (D.O.C. e D.O.C.G.), che non solo hanno un peso significativo sul totale della
produzione, ma anche una incidenza superiore alla media delle altre province
lombarde, come evidenziato dalla Tabella 8 in termini di superfici, kg di uva e litri di
vino prodotti.
27
Tabella 8 - Produzione vitivinicola dell’Oltrepò Pavese e della Lombardia (2009)
BG
BS
LO
MI
MN
VA
PV OP DOC DOCG
PV IGT
Lombardia
SUPERFICIE
PRODUTTIVA*
KG PRODOTTI
LT PRODOTTI
2,57
25,51
0,00
0,56
5,46
0,03
42,59
23,27
100,00
2,11
23,32
0,00
0,50
7,21
0,02
37,08
29,76
100,00
2,14
21,57
0,00
0,52
7,43
0,02
35,54
32,77
100,00
*si intende la superficie effettivamente in produzione, dichiarata nelle denunce delle uve
Fonte: Elaborazione dati camerali IC-DEIS
I valori riportati nella Tabella 9 sottolineano l’importanza dell’Oltrepò Pavese nel
contesto viticolo lombardo con un peso in termini di aziende del 29.41%.
Tabella 9 – Aziende iscritte in provincia di Pavia e in Lombardia (2009)
AZIENDE
Provincia di Pavia
Oltrepò Pavese
(DOC e DOCG)
Lombardia
ISCRITTE
3.022
10.277
%AZIENDE ISCRITTE
sul totale lombardo
29.41%
100
Fonte: Siarl 2009
Un primo elemento significativo dell’evoluzione del settore è costituito
dall’approssimazione dei trend, che hanno caratterizzato il comparto tra gli anni 1998
e 2009, attraverso i dati raccolti prima dalla CCIAA negli Albi Vigneti e poi dalla
Regione nel SIARL, relativamente alle superfici iscritte e alle quantità di vini D.O.C.
prodotti.
Tabella 10 - Dinamica delle aziende, della superficie e delle quantità prodotte – 199800/2006-09 (valori medi e %)
1998-2000
Superfici (ettari)
11.890
Quantità
prodotte 551.368
(ettolitri)
2006-2009
VARIAZIONE %
1998-00/2006-09
11.089
452.147
-6,74
-18,00
Fonte: Elaborazione Albo Vigneti (2006) e SIARL (2009)
Dall’esame dei dati emerge come, nell’ambito dell’intervallo temporale considerato, la
superficie e le quantità prodotte si siano ridotte, tendenza che però risulta in linea con
quella nazionale ed europea.
28
4.2.2 Le tipologie di vini a D.O. Oltrepò Pavese
Fino al 2010, l’Oltrepò aveva un’unica Denominazione “Oltrepò Pavese”, con varie
tipologie. In seguito alla revisione dei Disciplinari, le tipologie di vini più
rappresentative del territorio, ovvero Bonarda, Pinot Nero (vinificato in rosso), Pinot
Grigio, Buttafuoco e Sangue di Giuda, sono uscite dalla Denominazione “Oltrepò
Pavese” e sono diventate Denominazioni, con i rispettivi Disciplinari.
Sempre nel 2010, c’è stato il riconoscimento della nuova Denominazione “Casteggio”,
nata per dare risalto a un vino ottenuto da uve barbera (minimo 65%), croatina, uva
rara e pinot nero (massimo 45%), che tradizionalmente viene prodotto nella zona
limitrofa al Comune di Casteggio.
Ne consegue che la Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) “Oltrepò Pavese”
è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal Disciplinare
di produzione per le seguenti tipologie: Rosso, Rosso riserva, Rosato, Rosato frizzante,
Bianco, Bonarda, Bonarda frizzante, Barbera, Barbera frizzante, Barbera riserva,
Riesling, Riesling frizzante, Riesling spumante, Riesling riserva, Riesling superiore,
Cortese, Cortese frizzante, Cortese spumante, Moscato, Moscato frizzante, Moscato
spumante, Moscato liquoroso, Moscato passito, Malvasia, Malvasia frizzante, Malvasia
spumante, Pinot nero (vinificato in bianco), Pinot nero vinificato in bianco, Pinot nero
vinificato in bianco frizzante, Pinot nero vinificato in bianco spumante, Pinot nero
vinificato in rosato, Pinot nero vinificato in rosato frizzante, Pinot nero vinificato in
rosato spumante, Chardonnay, Chardonnay frizzante, Chardonnay spumante,
Sauvignon, Sauvignon spumante, Cabernet Sauvignon.
Come si è detto, alla Denominazione “Oltrepò Pavese” si sono aggiunte, dal 2010, le
nuove Denominazioni: Bonarda dell’Oltrepò Pavese con le tipologie Bonarda e
Bonarda Frizzante; Oltrepò Pavese Pinot Grigio con le tipologie Pinot Grigio e Pinot
Grigio Frizzante; Pavese Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese con le tipologie Pinot Nero e
Pinot Nero Riserva; Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese con le tipologie Buttafuoco e
Buttafuoco Frizzante; Sangue di Giuda dell’Oltrepò Pavese con le tipologie Sangue di
Giuda e Sangue di Giuda frizzante.
L’Oltrepò vanta anche quattro tipologie di vini a Denominazione di Origine
Controllata e Garantita (D.O.C.G.): “Oltrepò Pavese” metodo classico, “Oltrepò
Pavese” metodo classico rosé, “Oltrepò Pavese” metodo classico Pinot nero e “Oltrepò
Pavese” metodo classico Pinot nero rosé.
La distribuzione della produzione, delle superfici iscritte e degli iscritti per tipologia di
vini D.O.C. Oltrepò Pavese pone in evidenza la rilevanza di Bonarda, Barbera, Pinot
Nero e Riesling. Il contributo complessivo al settore dei quattro vini è dell’85% circa
degli ettolitri prodotti, di quasi l’84% degli ettari di superficie iscritta e del 73% circa
dei dichiaranti.
In termini di valutazione critica si può considerare che la diversificazione di vini che
caratterizza l’Oltrepò costituisce insieme il punto di forza (molteplicità dell’offerta di
vini e di territori/paesaggi) e il punto di debolezza (mancanza di un elemento centrale e
identificativo): l’Oltrepò Pavese è largamente noto come un territorio ad alta vocazione
vinicola, ma è difficile identificarlo con un vino in particolare, ad eccezione del
Bonarda.
Il sistema produttivo oltrepadano è fatto da tante piccole aziende che arrivano alla sola
produzione o alla vinificazione e che non hanno canali distributivi strutturati con
conseguente difficoltà di vendita del proprio prodotto. A ciò va aggiunto che non si è
verificata, nel corso degli anni, l’espansione dei mercati di riferimento del vino pavese
che continua a essere un consumo prettamente regionale e comunque con grandi
difficoltà sull’export.
29
Il vino simbolo dell’Oltrepò, ovvero la Bonarda, soffre di una variazione troppo ampia
dei parametri sensoriali di base che lo priva di una precisa identità e ne mina ogni
sforzo di corretto posizionamento. L’alto volume di offerta “generica” sta favorendo
un impiego inappropriato del brand, come veicolo di entrata nei punti vendita piuttosto
che come prodotto di valore. La disaffezione “inconscia” dei produttori dal marchio
Bonarda è provata dalle etichette: negli anni ‘70 e ‘80 questo marchio era impiegato
come attrazione/definizione di pregio, oggi è nascosto dai brand aziendali e dalle
denominazioni di fantasia.
Il che significa di fatto che produttori non credono più al marchio.
E’ anche da questa constatazione che emerge e s’impone la necessità di definire un
piano complessivo di rilancio e valorizzazione che agisca su diverse leve tra loro
integrate e che preveda il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera proprio per una
maggiore integrazione.
Gli obiettivi da perseguire sono tanto facili e intuitivi nella loro identificazione quanto
complessi e minati da interessi divergenti all’atto di ricercarne il conseguimento con
azioni concrete.
E dunque appare piuttosto semplice ritrovare una diffusa convergenza sulla volontà di
operare per espandere i mercati di riferimento dei vini D.O.C. pavesi in modo da
aumentare la domanda su nuovi mercati anche esteri, non essendo realisticamente
praticabile la diminuzione della superficie vitata, anche per l’assenza di alternative
colturali nelle zone collinari. Meno immediata e condivisa si prospetta la necessaria
definizione delle leve su cui agire, già a breve termine, per reggere le quotazioni del
Bonarda, al momento il vino in maggiore difficoltà, evitando di far crollare il mercato
che sarebbe molto complesso poi far risalire. Quanto poi alla fase successiva, ovvero
porre le basi per una ristrutturazione del sistema produttivo vitivinicolo, partendo
sempre dal presupposto di non diminuire la superficie vitata, si può sin da ora
prevederne un andamento segnato da divergenze e contrapposizioni, il cui
superamento, almeno parziale, potrebbe appunto venire da uno strumento come il
Distretto, capace di tradurre le necessarie convergenze in concrete convenienze.
Tabella 11 – Distribuzione % della produzione di vini per tipologia di vino DOCG e DOC
O.P. (2009)
% PRODUZIONE
O.P. Barbera
21,98
0,01
39,40
1,21
0,74
1,67
0,90
0,48
0,97
1,39
3,10
1,67
12,96
10,52
0,01
0,71
O.P. Bianco
O.P. Bonarda
O.P. Buttafuoco
O.P. Cabernet Sauvignon
O.P. Chardonnay
O.P. Cortese
O.P. Malvasia
O.P. Metodo Classico
O.P. Metodo Classico Pinot Nero
O.P. Moscato
O.P. Pinot Grigio
O.P. Pinot Nero
O.P. Riesling
O.P. Riesling Italico
O.P. Rosso
30
O.P. Sangue di Giuda
O.P. Sauvignon
TOTALE
2,14
0,13
100,00
Fonte: Elaborazione dati camerali IC-DEIS
Tabella 12 - Distribuzione % delle superfici produttive per tipologia di vino DOCG e DOC
O.P. (2009)
% SUPERFICIE
O.P. Barbera
O.P. Bianco
O.P. Bonarda
O.P. Buttafuoco
O.P. Cabernet Sauvignon
O.P. Chardonnay
O.P. Cortese
O.P. Malvasia
O.P. Metodo Classico
O.P. Metodo Classico Pinot Nero
O.P. Moscato
O.P. Pinot Grigio
O.P. Pinot Nero
O.P. Riesling
O.P. Riesling Italico
O.P. Rosso
O.P. Sangue di Giuda
O.P. Sauvignon
TOTALE
19,70
0,01
40,40
1,37
0,80
2,19
0,94
0,48
1,06
1,80
2,79
1,72
12,91
10,78
0,01
0,88
1,97
0,19
100,00
Fonte: Elaborazione dati camerali IC-DEIS
Tabella 13 - Distribuzione % dei denuncianti per tipologia di vino DOCG e DOC O.P.
(2009)
% DENUNCIANTI%
O.P. Barbera
O.P. Bianco
O.P. Bonarda
O.P. Buttafuoco
O.P. Cabernet Sauvignon
O.P. Chardonnay
O.P. Cortese
O.P. Malvasia
O.P. Metodo Classico
O.P. Metodo Classico Pinot Nero
O.P. Moscato
O.P. Pinot Grigio
O.P. Pinot Nero
O.P. Riesling
O.P. Riesling Italico
O.P. Rosso
20,73
0,02
25,57
2,26
3,57
2,15
1,37
5,89
1,27
2,00
3,23
0,02
13,79
13,49
0,93
2,17
31
O.P. Sangue di Giuda
O.P. Sauvignon
TOTALE
0,32
1,22
100,00
Fonte: Elaborazione dati camerali IC-DEIS
La produzione delle tipologie di vini DOC Oltrepò Pavese avviene su superfici medie
ridotte. Circa la metà delle produzioni considerate presenta valori leggermente
superiori all’ettaro, mentre i rimanenti si collocano al di sotto di tale soglia. Le
dimensioni medie maggiori si riscontrano per il Barbera (1,74 ettari).
3.2.3 L’area di produzione dei vini a D.O. Oltrepò Pavese
In tutti i comuni dell’area di produzione si assiste alla coesistenza di più tipologie di
vini con un numero rilevante di comuni che si caratterizza per una produzione
congiunta di 10 o più di esse.
Tabella 14 – Comuni per numero di DOCG e DOC O.P. prodotti (2009)
Borgo Priolo
Borgoratto Mormorolo
Bosnasco
Broni
Calvignano
Canevino
Canneto Pavese
Castana
Casteggio
Cigognola
Codevilla
Corvino San Quirico
Fortunago
Godiasco
Golferenzo
Lirio
Montalto Pavese
Montebello della Battaglia
Montecalvo Versiggia
Montescano
Montesegale
Montù Beccaria
Mornico Losana
Oliva Gessi
Pietra de' Giorgi
Redavalle
Retorbido
Rivanazzano
Rocca de' Giorgi
Rocca Susella
Rovescala
Ruino
San Damiano al Colle
14
12
10
11
10
12
12
13
11
12
11
9
6
8
10
9
11
12
12
10
8
12
11
9
12
7
12
9
8
10
10
8
10
32
Santa Giuletta
Santa Maria della Versa
Stradella
Torrazza Coste
Torricella Verzate
Volpara
Zenevredo
13
13
13
13
8
10
10
Fonte Elaborazione dati camerali IC-DEIS
La maggior diffusione territoriale riguarda il Barbera e il Bonarda, produzioni che si
realizzano in 40 comuni oltrepadani. In ogni caso, la maggior parte delle tipologie di
vini interessa più della metà delle unità territoriali dell’area di produzione.
Tabella 15 – Numero comuni per tipologia di vino DOCG e DOC O.P. (2009)
O.P. Barbera
O.P. Bianco
O.P. Bonarda
O.P. Buttafuoco
O.P. Cabernet Sauvignon
O.P. Chardonnay
O.P. Cortese
O.P. Malvasia
O.P. Metodo Classico
O.P. Metodo Classico Pinot Nero
O.P. Moscato
O.P. Pinot Grigio
O.P. Pinot Nero
O.P. Riesling
O.P. Riesling Italico
O.P. Rosso
O.P. Sangue di Giuda
O.P. Sauvignon
40
1
40
8
25
29
19
19
20
31
31
38
39
39
1
25
11
8
Fonte: Elaborazione dati camerali IC-DEIS
33
4.2.4 La specializzazione produttiva
Attraverso l’indice di localizzazione i Comuni dell’area di produzione D.O.C.G. e
D.O.C. Oltrepò Pavese sono stati classificati a seconda della loro specializzazione nelle
diverse tipologie di vino.
Dalla Tabella 16, si evince come 15 Comuni risultano specializzati in più del 50% dei
vini prodotti, 20 sono specializzati in una quota di vini prodotti compresa tra il 25 e il
50% mentre i rimanenti 5 Comuni in meno di un terzo dei vini prodotti.
Tabella 16 – Numero di vini prodotti e specializzati e grado di specializzazione (2009)
Grado di
Numero
Numero
Specializzavini prodotti vini specializzati
zione
Borgo Priolo
Borgoratto Mormorolo
Bosnasco
Broni
Calvignano
Canevino
Canneto Pavese
Castana
Casteggio
Cigognola
Codevilla
Corvino San Quirico
Fortunago
Godiasco
Golferenzo
Lirio
Montalto Pavese
Montebello della Battaglia
Montecalvo Versiggia
Montescano
Montesegale
Montù Beccaria
Mornico Losana
Oliva Gessi
Pietra de' Giorgi
Redavalle
Retorbido
Rivanazzano
Rocca de' Giorgi
Rocca Susella
Rovescala
Ruino
San Damiano al Colle
Santa Giuletta
Santa Maria della Versa
Stradella
Torrazza Coste
Torricella Verzate
14
12
10
11
10
12
12
13
11
12
11
9
6
8
10
9
11
12
12
10
8
12
11
9
12
7
12
9
8
10
10
8
10
13
13
13
13
8
8
6
4
4
4
9
3
2
4
4
7
3
4
5
5
4
6
5
5
3
3
5
3
5
4
1
7
5
4
6
2
5
2
3
6
5
8
3
34
0,571
0,500
0,400
0,364
0,400
0,750
0,250
0,154
0,364
0,333
0,636
0,333
0,667
0,625
0,500
0,444
0,545
0,417
0,417
0,300
0,375
0,417
0,273
0,556
0,333
0,143
0,583
0,556
0,500
0,600
0,200
0,625
0,200
0,231
0,462
0,385
0,615
0,375
Volpara
Zenevredo
10
10
4
4
0,400
0,400
Si osserva che l’elevato grado di specializzazione non riguarda solo i Comuni in cui è
elevata la coesistenza delle diverse tipologie di vino. Da segnalare è, infatti, la
presenza di Comuni che si concentrano su pochi vini a elevata specializzazione.
Classificando le diverse tipologie di vino D.O.C. e D.O.C.G. in base ai dati medi di
diffusione e del numero di comuni specializzati si individuano le quattro tipologie
illustrate nella Tabella 17.
Tabella 17 - Tipologie di vini per grado di diffusione e intensità di specializzazione
DIFFUSIONE
BASSA
ALTA
o.p. barbera
o.p. bonarda
o.p.cabernet sauvignon
o.p. chardonnay
o.p. pinot nero metodo classico
o.p. moscato
o.p. pinot grigio
o.p. pinot nero
o.p. riesling
o.p. malvasia
BASSO
INDICE
SPECIALIZZ.
ALTO
o.p. bianco
o.p. buttafuoco
o.p. cortese
o.p. metodo classico
o.p. riesling italico
o.p. sangue di giuda
o.p. sauvignon
o.p. rosso
La maggior parte dei vini si contraddistingue per una elevata diffusione territoriale e un
numero di Comuni specializzati inferiore alla media, seguiti in termini di tipologie da
vini che si realizzano in un numero di Comuni inferiore a quello medio, ma con un
indice di specializzazione relativamente elevato. Si discostano da queste due tipologie
prevalenti l’O.P. Malvasia, a bassa diffusione e indice di specializzazione, l’O.P.
Rosso, ad elevata diffusione e indice di specializzazione.
35
5. TIPOLOGIA DI DISTRETTO E REQUISITI
5.1 Caratteristiche che determinano la tipologia del Distretto agroalimentare di
qualità
PARAMETRO
INDICATORE
VALORE
almeno1
Presenza di produzioni DOP, DOC, DOCG, IGP
o altri marchi di qualità
Rilevanza produzione Valore (in PPB) della produzione
realizzata dai richiedenti/totale
della produzione certificata
Relazioni
tra imprese
Forme associative/consorzi tra i proponenti
e condivisione della proposta distrettuale
con delibera assembleare
Progetti
di innovazione
Partnership con Università
o centri di ricerca e innovazione accreditati
>20%
presenza
presenza
5.2 Elementi comprovanti la rappresentatività del distretto a livello
settoriale/territoriale: illustrazione dei requisiti del distretto proposto
L’individuazione e la conseguente aggregazione su un progetto comune di imprese
vitivinicole d’avanguardia “in etichetta”, che si propongono come nucleo fondante del
Distretto, è condizione essenziale per poter cementare un gruppo trainante e di
riferimento della realtà imprenditoriale dell’Oltrepò, in grado di individuare e
realizzare la dinamica delle linee di sviluppo che si sono dimostrate vincenti nelle
differenti realtà oltrepadane.
Sono imprese che fondano le loro strategie su quella che si potrebbe considerare una
“visione filosofica” nel loro presentarsi al mercato, orientata alla proposta di
produzioni di elevato pregio che compendia, con efficacia, un’offerta assai
differenziata. Un’offerta che, accanto a prodotti segnati da forte unicità, ne presenta
altri, anche di consistente entità, che facendo leva sul rapporto qualità/prezzo, fattore di
successo del tradizionale approccio al mercato delle imprese vitivinicole oltrepadane in
etichetta, sono in grado di fidelizzare differenziati segmenti di consumatori.
Nelle imprese vitivinicole leader costituenti la Società di Distretto si possono
individuare quattro fattori di successo:
1. risorsa “impresa-famiglia”, caratterizzata da ricca diversità di componenti,
connubio vecchi-giovani, con elevata professionalità, con competenze qualificate
dovute anche alla profonda sedimentazione di conoscenze e alla formazione
specialistica, divisione dei ruoli, ma nel contempo armonica organizzazione del
lavoro, chiari obiettivi strategici, entusiasmo nella gestione d’impresa;
2. risorsa “impresa-investitori extra territoriali”, caratterizzata da elevata
professionalità, con competenze qualificate dovute anche a organizzazione
36
d’impresa maggiormente sviluppata, notevole forza lavoro dipendente, direzione
tecnica divisa da quella commerciale, profonda sedimentazione di conoscenze e di
competenze mirate alla formazione specialistica, divisione dei ruoli, ma nel
contempo armonica organizzazione del lavoro, chiari obiettivi strategici, maggiori
capitali immessi nella gestione dell’azienda;
3. risorsa “territorio”, intesa come produzione vitivinicola di evidente forte legame
con il territorio, la tradizione e l’innovazione, attraverso la propensione alla
sperimentazione in campo e in cantina, fortemente orientata allo stimolo verso
investimenti efficienti e di arricchimento dell’immagine aziendale, sempre però
all’interno di una precisa identificazione territoriale e arricchita da una concreta e
originale caratterizzazione all’ospitalità e alla ricettività di ogni singola azienda e
del territorio;
4. risorsa “innovazione”, che si traduce nella capacità di selezionare prodotti/mercati
e di muovere nella costante ricerca dell’eccellenza attraverso processi produttivi e
tecniche colturali innovativi, ma anche nella volontà di concorrere a potenziare
l’area delle relazioni e ad incrementare la forza commerciale, attraverso forme di
integrazione orizzontale e verticale e attenzione al servizio verso il cliente.
Il panorama delle aziende vitivinicole oltrepadane si connota per un tentativo di
adattamento strutturale che stanno compiendo molte imprese, comprese quelle di
natura cooperativa, di fronte all’evoluzione dei mercati vitivinicoli internazionali verso
una crescente e più aggressiva competizione, che può rendere questo sistema
vitivinicolo fragile a causa della persistente polverizzazione aziendale che lo
contraddistingue, sia nella fase viticola sia in quella della produzione vinicola, inasprita
dalla perdurante crisi del settore.
L’obiettivo della lenta trasformazione in atto muove nella direzione di accrescere le
dimensioni aziendali nella fase viticola e in quella della trasformazione enologica, e di
intraprendere alleanze e azioni di collaborazione verticale, in particolare nella fase
della promozione e della distribuzione commerciale.
37
6. ANALISI SWOT DEL CONTESTO DI RIFERIMENTO
6.1 Analisi dei punti di forza e debolezza del comparto vino e del tessuto economico
e sociale del territorio
L’analisi dei caratteri della vitivinicoltura di qualità oltrepadana e dei legami di filiera
e territoriali consente di identificare una serie di fattori endogeni alla filiera, che ne
costituiscono i punti di forza e di debolezza, ed esogeni, che ne rappresentano
opportunità e minacce. Questi elementi sono organizzati all’interno della cornice
dell’analisi SWOT presentata nella Tabella 18.
Nell’ambito di ciascuna categoria si distinguono non solo i fattori legati alla viticoltura
e alla filiera vitivinicola, ma anche al territorio, al fine di meglio cogliere i principali
elementi di pianificazione strategica del Distretto Agroalimentare di Qualità “Bonarda
& Pinot dell’Oltrepò”.
Tabella 18 – Analisi SWOT
PUNTI DI DEBOLEZZA
Elementi territoriali
- fenomeni di spopolamento;
- lento ricambio generazionale;
- difficoltà di mobilità e collegamento
con alcune aree dovuta al deficit di
reti
di
comunicazione
e
infrastrutturali;
- difficoltà di attivazione di alcuni
legami territoriali in particolare per la
valorizzazione turistica;
- forte frammentazione amministrativa
PUNTI DI FORZA
Elementi territoriali
- buona immagine del territorio e dei
suoi aspetti naturalistici nell’area
milanese;
- significativa presenza di elementi del
capitale territoriale di pregio, in
particolare legati al patrimonio
storico,
culturale,
artistico
e
ambientale;
- presenza di percorsi e vie di
comunicazione storiche di pregio (Via
Francigena, Via del Sale, Strada del
Vino e dei Sapori, piste ciclabili);
- presenza
di
altre
produzioni
agroalimentari di pregio (Salame di
Varzi D.O.P.);
- presenza di soggetti istituzionali che
operano per lo sviluppo locale;
- antico e vasto insediamento viticolo
tra i più estesi in Italia (3^ zona vitata
a Denominazione di Origine a livello
nazionale);
- forte interazione vino-territoriostoria-tradizione,
legata
alle
produzioni di eccellenza della zona;
Elementi legati alla filiera vitivinicola
Elementi legati alla filiera vitivinicola
- frammentazione della base produttiva - elevato numero di persone occupate
e delle proprietà agricole;
nel settore vitivinicolo nell’ambito
dell’intera filiera;
- presenza di Cooperative non di rado
caratterizzate
da
modesto - forte stimolo al miglioramento
determinato dalla presenza di molte
orientamento manageriale in relazione
aziende
operanti
nel
settore
alla differenziazione di prodotto e alla
38
-
-
-
-
-
-
commercializzazione dei vini;
modesta
incidenza
delle
rivendicazioni di produzioni di D.O.C.
e D.O.C.G. rispetto alle superfici
iscritte agli Albi dei Vigneti;
presenza di ampie quote di D.O.C. e
D.O.C.G. nelle fasce di mercato più
soggette a competizione che si è
tradotta in difficoltà di collocamento;
modesta propensione a potenziare le
reti inter-organizzative, sia all’interno
dei singoli sistemi vitivinicoli
territoriali, che tra di essi;
logistica di settore carente e sempre
più
inadeguata
alle
esigenze
distributive;
carenza di manodopera qualificata e
specializzata;
criticità del passaggio generazionale,
soprattutto per le piccole e medie
imprese a conduzione familiare;
difficoltà nell’orientamento a ben
definiti indirizzi strategici;
difficoltà
di
investimento
e
coordinamento nell’area del marketing
commerciale;
frequente incoerenza nel marketing
mix;
difficoltà di coordinamento tra gli
attori di sistema;
necessità di incrementare una strategia
mirata di promozione;
assenza di un vero e proprio marchio
locale in grado di promuovere la
realtà pavese come zona tipica di
produzione di vino di qualità
superiore;
mancanza di un Data Base aggiornato
in
grado
di
favorire
l’imprenditorialità distrettuale;
assenza di un osservatorio di settore
permanente in grado di elaborare
informazioni significative;
mancanza di una forte identità
distrettuale tra le imprese;
assenza di tutela mirata alla
conservazione del territorio per una
migliore immagine del vino prodotto
nel Distretto;
inadeguatezza e conseguente esigenza
-
-
-
-
39
vitivinicolo;
buone
capacità
e
dinamismo
imprenditoriali, con propensione
all’innovazione, anche grazie ai
processi di ricambio generazionale in
corso, in grado di adattarsi con
rapidità ai mutamenti dei consumatori
e dell’ambiente competitivo e spinta
propulsiva
al
miglioramento
qualitativo della produzioni già
mostrata attraverso il Piano di
riconversione e ristrutturazione dei
vigneti.
processo di concentrazione;
meccanizzazione delle operazioni di
raccolta, con prospettive di riduzione
dei costi di produzione del vigneto;
forte integrazione vigna-cantina;
forte integrazione della filiera
nell’ambito
del
territorio
di
produzione;
presenza di un processo evolutivo
delle
cantine
sociali,
con
miglioramento della qualità delle
produzioni
e
un
maggiore
orientamento al mercato;
significativo
orientamento
all’esportazione;
buone
capacità/possibilità
di
promozione
dell’immagine
della
filiera;
processo di concentrazione industriale
con il rafforzamento della realtà
vitivinicola;
lunga tradizione nella differenziazione
dei vini e nella ricerca di raffinatezza;
capacità di differenziazione della
produzione di vini di qualità,
conquistando nicchie di mercato che
incontrano il consenso di specifiche
fasce di acquisto;
investimento pubblico in iniziative
promozionali in particolare per la
valorizzazione
del
patrimonio
enogastronomico e storico-culturale
del territorio (Enoteca Regionale di
Broni).
-
-
di potenziamento e coordinamento
dei laboratori esistenti;
carenza di un adeguato portale di
distretto in grado di rendere più
accessibili le informazioni.
impossibilità per parte del Territorio
all’utilizzo della meccanizzazione a
causa delle forti pendenze e della
friabilità del terreno e conseguenti
costi alti per la manodopera e per i
trattamenti, da eseguirsi, in molti casi,
con l’elicottero;
elevato numero di Denominazioni.
MINACCE
Elementi territoriali
- perdita di attrattività del territorio
rispetto ad aree maggiormente
dinamiche, con danni ambientali in
particolare in termini di dissesto
idrogeologico;
- debole sinergia tra attori pubblici e
privati in particolare nel delineare
strategie di sviluppo di lungo termine;
- perdita di importanti elementi del
patrimonio territoriale;
- consolidamento
di
una
logica
pessimistica sul futuro ruolo delle aree
rurali
OPPORTUNITA’
Elementi territoriali
- opportunità occupazionali legate allo
sviluppo agroalimentare, agrituristico
e dei servizi alle imprese;
- opportunità di presidio del territorio
da parte della viticoltura, grazie ad un
suo
possibile
incremento
di
redditività;
- possibilità
di
valorizzazione
territoriale integrata, multisettoriale e
radicata nell’identità locale;
- forte
radicamento
nell’economia
complessiva del territorio;
- significativi legami con attività del
secondario e del terziario;
- presenza delle Università degli Studi
di Pavia e Milano;
- possibilità di rafforzamento di percorsi
di valorizzazione delle produzioni di
qualità nell’ambito di percorsi turistici
Elementi legati alla filiera vitivinicola
- forte offensiva della concorrenza
internazionale, con rischio di un
rapporto qualità-prezzo sempre meno
competitivo nei confronti dei nuovi
mercati emergenti e di perdita di
mercato a causa di un mancato
miglioramento qualitativo del prodotto
rispetto agli standard degli altri paesi
concorrenti;
- difficoltà derivanti dalla legislazione
vigente che ostacola lo sviluppo delle
Elementi legati alla viticoltura
- esistenza di un potenziale produttivo
per la D.O.C. e D.O.C.G. non
completamente sfruttato, anche in
conseguenza dell’elevato numero di
Denominazioni presenti;
- produttori con forte interesse nel
mantenimento
dei
prezzi
relativamente alti;
- miglioramento qualitativo della base
viticola rispetto al quale un grande
impulso dovrebbe derivare dai piani di
40
-
-
aziende di filiera, limitandone le
iniziative, a causa della complessa
attuazione e della relativa pesantezza
burocratica;
ritardo nell’utilizzo dell’e-commerce
e nell’utilizzo dei sistemi informatici
e di rete necessari, compresa la
carenza di un adeguato portale di
distretto in grado di rendere più
accessibili le informazioni;
stime di marketing innovativo adottato
dai concorrenti;
possibilità di aumento quantitativo
dell’offerta da parte dei territori e dei
paesi concorrenti;
congiuntura economica sfavorevole
che agisce dal lato della domanda e
dell’offerta;
calo costante del consumo del vino in
Italia;
eccesso di burocratizzazione del pur
necessario Inventario del Potenziale
Viticolo (catasto vigneti);
eccessivi controlli da parte di troppi
Enti e organismi diversi, scarsamente
coordinati tra di loro, fortemente
burocratizzati, poco incidenti e molto
costosi, in termini economici e di
tempo dedicato, e come tali portati a
determinare una
propensione
dell’azienda
a
indirizzare
la
produzione verso l’IGT, piuttosto che
la DOC e DOCG
-
-
-
-
ristrutturazione e riconversione dei
vigneti previsti dalla nuova OCM, ma
sui quali si dovrà intervenire anche
con risorse finanziarie aggiuntive, se
si vorrà assicurare un tasso di
ricambio coerente con l’innovazione
richiesta dalla dinamica di mercato;
recupero e rafforzamento dei profili
organolettici in grado di legare la
qualità tecnologica al territorio,
nonché di intervenire su tutte quelle
componenti immateriali che sempre
più possono contribuire ad accrescere
il valore aggiunto dei vini oltrepadani;
possibilità di ottenere riduzioni di
costo e il miglioramento di efficienza
attraverso il rafforzamento delle
aggregazioni orizzontali e verticali
della filiera;
potenziale di crescita della domanda
per lo sviluppo di nuovi mercati e per
la competitività qualità-prezzo;
consumo orientato ai vini di qualità,
con chiara origine geografica e
attenzione alla qualità-prezzo;
sostegno del settore pubblico anche
dal lato della ricerca, sperimentazione
e innovazione (Polo vitivinicolo
Riccagioia);
sensibilità per la tutela ambientale.
6.2 Individuazione ed analisi dei fattori di miglioramento della realtà produttiva,
strumenti e prospettive
Si è ampiamente argomentato nella parte del documento relativa ai risultati attesi
dall’azione del Distretto sugli elementi che, nella difficoltà di conseguire la piena
affermazione delle circa cinquanta tipologie di vini D.O.C. e D.O.C.G dell’Oltrepò
Pavese, hanno indotto alla scelta di qualificare il Distretto, concentrando la sua azione
sul Bonarda, vino identificativo dell’Oltrepò Pavese, e sul Pinot Nero, di cui l’Oltrepò
è il primo produttore in Italia e il secondo a livello europeo, nella ragionevole
prospettiva di produrre, con il successo dei due prodotti di punta, un effetto di traino
sui mercati anche degli altri vini della produzione oltrepadana. E si è pure dato conto
della scelta di restringere il nucleo fondante del Distretto a un gruppo di imprese
vitivinicole d’avanguardia “produttrici di vino a D.O. in bottiglia e in etichetta”,
rientranti nelle due tipologie di Bonarda e Pinot Nero e in possesso di caratteristiche e
disponibilità per farsi carico di un ruolo di protagonismo attivo nella fase di avvio del
Distretto, per poi estendere, una volta superata la fase di consolidamento, la
41
partecipazione a tutti i soggetti territoriali in grado di apportare valore aggiunto
all’azione del Distretto. Ne consegue che le imprese che andranno a costituire la
Società di Distretto dovranno proporsi di porre al centro del loro operato gli interessi
delle componenti socio-economico-territoriali del Distretto, che sembra possibile
aggregare in quattro Macroambiti di intervento: Promozione; Sviluppo Tecnico,
Tecnologico e Commerciale; Ricettività e Attrattività del territorio; Semplificazione.
E’ del tutto evidente come costituisca fattore decisivo di successo saper mettere in
campo modalità e strumenti, in un mix equilibrato di tradizione e innovazione, capaci
di veicolare e affermare, a livello locale, regionale, nazionale e internazionale,
l’immagine del marchio Oltrepò, con quello che ne deriva e consegue in termini di
valore e qualità del prodotto, ma anche come, per avere visibilità e credibilità
all’interno e all’esterno dei confini del territorio, sia necessario disporre, insieme agli
strumenti di comunicazione, di una batteria di prodotti davvero all’altezza delle attese e
dotati della dovuta competitività, anche sul piano economico. Ciò che chiama in causa
la necessità di individuare e attivare strumenti di sostegno alle aziende e ai produttori,
per migliorarne la competitività e l’approccio al mercato, nel rispetto della tradizione
dell’area di produzione, nonché di operare per la promozione delle capacità
imprenditoriali e delle risorse umane, dell’innovazione e della ricerca, della qualità del
prodotto e della sua capacità di raggiungere le fasce di mercato interessate.
Il che, in estrema sintesi significa, sviluppo tecnico tecnologico e commerciale.
E se, com’è convinzione diffusa e condivisa, il prodotto deve essere espressione e
immagine del territorio, a sua volta il territorio deve essere all’altezza del prodotto che
esprime, attraverso un forte ripensamento di sé in termini tanto di salvaguardia e
valorizzazione del proprio patrimonio ambientale quanto di capacità di ricezione e di
accoglienza.
Nella consapevolezza infine che la credibilità è un valore di portata inestimabile, il cui
conseguimento e mantenimento comporta lavoro, serietà, competenza, qualità e
soprattutto tempo, ma anche estremamente fragile e volubile e che basta l’azione
negativa di pochi e poco tempo per disperderlo, si dovrà agire, con tempestività ed
efficacia, sui due fronti complementari della semplificazione e dei controlli, dove la
semplificazione dovrà riguardare, da un lato, gli stessi controlli, in modo da evitarne
gli aspetti vessatori, senza peraltro ridurne l’efficacia, e dall’altro dovrà prevedere
l’introduzione di misure di alleggerimento dei passaggi burocratici e di facilitazione
all’attività d’impresa, anche sul versante dell’accesso alle provvidenze comunitarie.
6.3 Prospettive di sviluppo competitivo e ambiti di innovazione nel quadro degli
obiettivi distrettuali: descrizione degli ambiti di intervento individuati, ipotesi di
attività e relativa tempistica
6.3.1 Promozione
6.3.1.1 Identità e distintività
Quella della promozione è di gran lunga l’azione più articolata, complessa, costosa,
esposta alla competitività, intrecciata con altri ambiti di professionalità e competenza,
soggetta a variabili e incerta nei risultati e dunque merita tutta l’attenzione del caso.
La premessa indispensabile è che le vendite dei vini generici e da tavola sono in calo e
quelle dei vini a Denominazione, seppur stazionarie, sono accompagnate da un calo del
prezzo e da una conseguente minore redditività. L’export, invece, gode di buona salute,
registrando crescite costanti per spumanti, vini imbottigliati e vini sfusi.
E’ fondato sostenere che si sta affermando una nuova “matrice” mondiale dei consumi
di vino, con “una crescente migrazione” di volumi di prodotto verso mercati nuovi o in
42
espansione, in cui il vino sta entrando nelle abitudini alimentari della popolazione
locale.
In un quadro di globalizzazione dei modelli di consumo e dei mercati, la risposta dei
Paesi europei tradizionalmente vocati alle produzioni enologiche di qualità (Italia e
Francia in testa) è stata l’adozione di strategie di differenziazione e di promozione
delle singole peculiarità regionali/territoriali che, in effetti, mantengono inalterate, nel
tempo, nei confronti dei “nuovi consumatori”, appeal e immagine delle proprie
produzioni di eccellenza.
Il sistema di produzione e commercializzazione del prodotto vitivinicolo ha tuttavia
iniziato a manifestare segnali preoccupanti di squilibrio strutturale, motivo per il quale
si è avviata un’approfondita riflessione su quali possano essere i modelli organizzativi
per il futuro e, compatibilmente con le risorse disponibili, sulle strategie di promozione
istituzionale e commerciale del settore.
In sintesi, la strategia di promozione istituzionale dovrà essere caratterizzata, sul
mercato interno, da un forte orientamento alla comunicazione dell’origine dei prodotti
e del loro legame con il territorio, teso a generare distintività rispetto a prodotti
generici, internazionali e di massa e, sul fronte delle attività di internazionalizzazione,
da un intensificarsi degli stimoli alle aziende per azioni di penetrazione commerciale
sui mercati esteri.
L’elaborazione delle strategie atte a generare identità e distintività nella comunicazione
e nella promozione del vino deve attivare un fruttuoso dibattito tra Istituzioni ed
imprese per individuare, da parte di tutti gli attori del sistema, i vitigni e i vini
considerati maggiormente rappresentativi (“testimonial”) su cui puntare nelle azioni di
comunicazione istituzionale. D’altra parte, la promozione istituzionale trova la sua
sostenibilità in termini di marketing solo attraverso la valorizzazione dei vini
testimonial. Inoltre, il legame tra il prodotto e territorio è veicolato anche dagli assi
strategici legati al brand e supportato dall’immagine dei piccoli produttori e delle
cantine che operano capillarmente sul territorio.
Ciò che rende ancora più forte e convincente la scelta di puntare su Bonarda e Pinot.
6.3.1.2 Territorio ed eccellenza
All’interno della scelta di fondo di raccordare al massimo livello possibile le esigenze
di cambiamento con quelle di continuità, come sintesi delle richieste che emergono dal
mondo delle imprese e dall’impegno delle istituzioni nel sostenere l’economia del
territorio nel suo insieme, viene data priorità assoluta, nell’azione di promozione, al
rafforzamento del legame prodotto-territorio, almeno per quanto riguarda i vini
testimonial, introducendo ulteriore enfasi alle azioni di sostegno, in termini di eventi,
promozione e formazione per gli operatori aziendali, alla filiera “prodotti-turismo”. E
sempre in quest’ottica, si dovrà rafforzare la comunicazione alla Comunità Pavese
(produttori, operatori Ho.Re.Ca., cittadini, ecc.) delle strategie del piano di promozione
del settore vitivinicolo.
L’attività di promozione è tenuta a destinare una parte rilevante delle risorse per
presentare e descrivere l’Oltrepò nei suoi lati più affascinanti ed emozionali, per
comunicare l’immagine di un territorio con produzioni enologiche di punta, dando una
visione più ampia della qualità. Questo tipo di attività, oltre ad armonizzarsi
efficacemente con lo “spirito del tempo”, con i valori dell’ambiente e della
sostenibilità, oggi elementi di maggiore appeal capaci di generare valore, potrebbe
intervenire su alcuni elementi dell’identità imprenditoriale, affinché l’imprenditoria
non interpreti la propria attività solo nella sua naturale individualità, ma come
componente più ampia di un progetto di sviluppo del proprio territorio.
43
E dunque appare fondato prevedere, per la promozione dei vini oltrepadani, almeno
due distinti ambiti di intervento, sintetizzabili nelle denominazioni: Progetto Territorio
e Progetto Eccellenza.
Caratterizzati da obiettivi diversi però convergenti, i due progetti, ciascuno per la
propria parte, dovranno mantenere, ma anche sottoporre ad attenta selezione,
rafforzando qualità e innovazione, le proprie peculiarità “local-nazional-popolari”. E
dovranno pure fare un forte investimento, nella diversa articolazione del termine, in
strumenti ed eventi di glamour, nei confronti di un target selezionato di operatori (first
mover), in grado di influenzare il consumo del restante target (follower).
Attenzione particolare dovrà essere dedicata alla definizione di un percorso
immaginario ed evocativo, che deve essere magistralmente condotto da personaggi di
grande e comprovata esperienza, in grado di tenere forte l’attenzione sui messaggi
comunicati.
Per gli eventi dovrebbero essere utilizzati vini di assoluta eccellenza qualitativa,
riconosciuti come tali a livello nazionale e internazionale. Il target delle azioni di
valorizzazione della tipologia di prodotto sarà costituito principalmente da giornalisti,
opinion leader e operatori del settore Ho.Re.Ca. locale e nazionale, nonché da turisti e
consumatori.
Per tale obiettivo non si può prescindere da uno sforzo congiunto di Istituzioni e
Produttori, nelle proprie attività di comunicazione, nei materiali informativi, nei media,
in internet e in tutti i canali principali per rafforzare l’immagine.
L’azione di promozione, nelle sue diverse articolazioni, dovrà necessariamente
svilupparsi sui tre livelli territoriali dell’area provinciale, sul territorio nazionale e in
ambito internazionale.
A livello locale, la priorità principale riguarda il rafforzamento della filiera prodottiturismo, in modo da sostenere, all’interno del territorio pavese, la domanda di vino, sia
da parte del turista sia dei locali operatori Ho.Re.Ca, da ottenere operando lungo la
direttrice della predisposizione di progetti di marketing territoriale relativi ai prodotti
agroalimentari e all’enogastronomia, entro cui vengono a collocarsi, quali elementi di
contesto, per molti aspetti decisivi, l’Enoteca Regionale (nella sua valenza provinciale)
e la formazione di operatori aziendali e professionali.
La definizione puntuale dei progetti di marketing territoriale appartiene a una più
avanzata fase di operatività del Distretto, ma dovrà necessariamente tenere nella
dovuta considerazione, in una logica di interazione, le ulteriori azioni di promozione e
di comunicazione attivate a livello di ambito turistico dalle locali APT e/o da altri
attori istituzionali, dirette a creare, con la collaborazione delle Strade del Vino e dei
Sapori, sinergie e collaborazioni tra imprese del turismo, dell’artigianato e
dell’agroalimentare, ivi compresi i GAL, con il fine di dare ulteriore valore
all’esperienza turistica. L’obiettivo comune è la fidelizzazione del gestore e l’aumento
della presenza e della visibilità del prodotto vitienologico “bandiera” per il territorio
nelle liste vini dell’offerta pavese di winebar ed enoteche, in piena rispondenza alle
priorità di un rafforzamento delle azioni indirizzate al canale di vendita Ho.Re.Ca.
provinciale. Costituirebbe valore aggiunto il coinvolgimento dei migliori locali della
città di Pavia e delle località turistiche che si dimostreranno interessate al progetto.
La promozione interna trova il suo naturale completamento nella promozione
“allargata”, da impostare in location predefinite, basata su nuovi contatti tra le aziende
oltrepadane e gli operatori Ho.Re.Ca. e della distribuzione commerciale, giornalisti,
consumatori e, nel caso di eventi organizzati all’estero, gli importatori, attivando
momenti di degustazione e di promozione dei vini individuati come rappresentativi del
territorio. Le referenze saranno scelte e conferite dalle Aziende. Il contesto
44
organizzativo sarà in generale un wine-tasting libero, con banchi di degustazione
presidiati da sommelier o da altri operatori professionali, accompagnato da seminari
condotti da noti giornalisti ed incontri tra gli ospiti ed i produttori che vorranno
liberamente essere presenti. Per il mercato nazionale sembra fondato individuare, quali
aree di interesse preminente, Milano, Roma, Genova, con date situate a ridosso della
stagione estiva.
La valenza del territorio e la sua capacità di penetrazione, anche evocativa, sui mercati
va poi sostenuta con le punte di assoluta eccellenza in abbinamento tra le tematiche
poste ad oggetto delle occasioni di incontro e appunto i vini di eccellenza. E i vini
verranno utilizzati in relazione alle esigenze organizzative e narrative, puntando
naturalmente su prodotti di altissima qualità. Ogni singolo appuntamento vedrà la
partecipazione di un personaggio pavese (giornalista, sportivo, scrittore, attore, etc.),
che si affiancherà al produttore e ai prodotti presentati. Le città prescelte sono le
medesime degli appuntamenti nazionali, andando a individuare location anche diverse.
6.3.1.3 Internazionalizzazione
Gli obiettivi da perseguire sul versante della internazionalizzazione sono, se possibile,
ancora più complessi e costosi.
E’ assodato che le fiere costituiscono un momento essenziale per conquistare
l’attenzione di nuovi interlocutori e per costruire un posizionamento strategico sui
mercati esteri. Fiere, mostre ed eventi internazionali sono, per le imprese, gli
appuntamenti ideali per vagliare nuove opportunità, testare nuovi mercati e monitorare
la concorrenza. Viene confermata la grande importanza delle fiere quale veicolo di
internazionalizzazione e in taluni casi assistiamo ad una positiva evoluzione delle
presenze imprenditoriali, unite in spazi collettivi (Vinitaly ad esempio), sotto l’egida
degli enti preposti alla promozione. La modalità di partecipazione deve essere
interpretata come presenza di scouting su mercati non ancora strutturati.
La strategia tenderà a verificare direttamente con gli operatori gli appuntamenti più
significativi, prevedendo spazi espositivi messi a disposizione delle singole aziende
presenti, dietro pagamento di una quota di partecipazione. Tra gli appuntamenti più
importanti per il comparto vitivinicolo si confermanno ProWein (Dusseldorf Germania) e Vinitaly (Verona - Italia), che ha assunto un ruolo fondamentale nel
panorama internazionale degli eventi legati al mondo viti-enologico.
A fianco del nutrito gruppo di aziende pavesi, il programma prevede la realizzazione di
stand istituzionali realizzati dal Distretto che avranno l’obiettivo di consolidare le
relazioni con gli operatori professionali (ristoratori, enotecari e i molti buyer italiani e
stranieri) e con la stampa specializzata. Si lavorerà per favorire e garantire una
presenza più robusta delle aziende pavesi, una maggiore visibilità dei piccoli operatori
del settore, in particolare di coloro attualmente non presenti in fiera, e una più ampia
rappresentatività e omogeneità nella comunicazione del territorio.
Va inoltre detto che, per sua natura, l’internazionalizzazione richiede approcci di lungo
periodo. Risulta quindi parte integrante della mission implementare e monitorare le
attività iniziate e/o concluse negli anni precedenti, sia per quanto concerne progetti
specifici, sia per le aree-paese di interesse, al fine di valutare con precisione quanto già
fatto e per individuare nuovi obiettivi con una costante attività di benchmarking.
Di fondamentale importanza nel processo di internazionalizzazione sono le missioni
all’estero, che consentono di approfondire la conoscenza di un particolare mercato e di
avviare contatti economici con partner stranieri.
A ciò va aggiunto che l’incoming è una formula particolarmente gradita alle imprese.
Individuata un’area paese di interesse, presi gli opportuni contatti con la controparte
45
locale (Camera di Commercio italiana, agenzia di sviluppo, consulente, ecc.) sarà
compito del Distretto organizzare incontri mirati, da svolgersi in loco con aziende che
abbiamo manifestato la volontà di essere visitate. La presenza sul territorio dovrebbe
consentire di portare direttamente i buyers in Oltrepò e di far visitare le realtà
aziendali, fatto particolarmente rilevante per il comparto agroalimentare, con
particolare riferimento alle cantine vinicole, ove il legame con il territorio è spesso il
valore aggiunto al prodotto.
Oltre alle missioni commerciali e agli incoming, sono da prevedersi educational
(incontri informativi promo-commerciali), con la partecipazione di operatori del settore
e di giornalisti della stampa specializzata che possono anche assistere ai business
meeting.
6.3.1.4 Strumenti di comunicazione
In generale, le iniziative volte alla valorizzazione dell’immagine dei vini del Distretto
potranno puntare a evidenziare gli alti livelli di qualità dei prodotti, l’applicazione di
metodi di produzione ecocompatibili, l’operatività di una tutela della provenienza e
genuinità del prodotto (tracciabilità, prevenzione di frodi e sofisticazioni) attuata anche
tramite i Consorzi.
L’attenzione per gli aspetti qualitativi del prodotto, oltre ad incidere positivamente
sulla competitività e concorrenzialità dello stesso sui mercati interni ed esterni, potrà
concorrere, tramite il coinvolgimento della società civile, al consolidamento di una
cultura alimentare diffusa. In tale ambito, preziose potrebbero essere le collaborazioni
con gli Istituti scolastici al fine di promuovere progetti di informazione e
sensibilizzazione sulla materia del “mangiar meglio” dal punto di vista nutrizionale e
relazionale oltre che culturale, implementando l’azione che da tempo stanno
sviluppando in materia Regione e Provincia.
Le strategie di promozione dovranno privilegiare la diffusione, a livello inter-regionale
e nazionale nel quadro del sostegno alle iniziative più direttamente mirate alla
conoscenza ed alla valorizzazione delle caratteristiche del prodotto, di interventi
complementari di diffusione della cultura del vino e della conoscenza dei territori di
origine.
Trasversale ed essenziale per una efficace azione di promozione è la comunicazione. E
dunque la comunicazione e le relazioni con tutti gli operatori della comunicazione
vinicola di settore (guide, riviste, programmi enogastronomici, wineblog),
trasversalmente alle aree di intervento, dovranno essere ulteriormente rafforzate,
mediante la realizzazione di formule di accoglienza ed ospitalità sul territorio, allo
scopo di favorire un’esperienza diretta ed integrale dell’offerta pavese, sia turistica sia
enologica. Un’adeguata valorizzazione dei punti di forza dell’Oltrepò, accompagnata
da attività di coinvolgimento degli opinion-leader, come più volte sostenuto dai
Produttori, garantisce un più alto ritorno di immagine per l’intera offerta.
Per quanto riguarda giornalisti e operatori della comunicazione, particolare attenzione
dovrà essere rivolta all’organizzazione di viaggi-stampa sul territorio (individuali o di
gruppo). Le attività di comunicazione potranno assumere strategie e approcci
differenziati a seconda delle aree tipologiche definite come prioritarie dal piano
operativo.
Per quanto riguarda gli operatori della comunicazione e la stampa di settore, particolare
attenzione dovrà essere rivolta all’incoming di viaggi-stampa che coinvolgano
giornalisti selezionati. L’organizzazione di questi viaggi-stampa è destinata a
diventare, progressivamente, lo strumento più importante per creare sinergie con
editori, anche della stampa specializzata, cui comunicare il mondo del vino
46
dell’Oltrepò. La comunicazione sarà sostenuta anche da un piano-media mirato, dalla
realizzazione e dalla diffusione di comunicati e cartelle stampa. Verranno considerati i
seguenti mezzi: cartaceo, web (per l’importanza rivestita nella capacità di raggiungere
appassionati ed esperti di settore), radio, televisione e alcune Guide dei vini nazionali
più importanti. Lo strumento di pianificazione dovrà definire in modo congiunto tutte
le azioni pubblicitarie destinate alle riviste di settore, tramite pagine pubblicitarie e
publiredazionali, distinguendo tra i diversi target e i diversi mezzi. L’attività
pubblicitaria si occuperà anche degli eventi e delle manifestazioni organizzate
nell’ambito del piano operativo di marketing territoriale (Vinitaly, ProWein), oltre alle
tre tematiche principali.
Va da sé che un ruolo decisivo sarà giocato dalla reale capacità ed efficacia di utilizzo
del web. E’ accertato che la comunicazione e, nello specifico, la comunicazione del
vino, ha subito, negli ultimi tre o quattro anni, grazie alla combinazione di diversi
fattori, trasformazioni importanti. Dal modello più tradizionalmente utilizzato per
comunicare notizie ed eventi, sostanzialmente basato sul lancio di comunicati stampa e
di inviti cartacei, si sta gradualmente passando all’utilizzo di strumenti forniti dalla rete
Internet. La crisi congiunturale che il mondo del vino (e non solo) sta cercando di
affrontare è stata la causa maggiormente rilevante di questo cambiamento, ma, ancora
prima, lo è stato un certo atteggiamento da parte degli operatori del vino che ha
contribuito al verificarsi di uno scollamento tra l’offerta e la richiesta. Il consumatore
quindi ha finito per difendersi e cercare vie alternative per informarsi e a cui affidare la
sua scelta, accollandosi un ruolo da protagonista, dotato di maggiore consapevolezza
nel ricercare la soluzione ai suoi bisogni. In taluni casi, addirittura, si fa portavoce nel
consigliare le proprie esperienze ad altri consumatori, creando una propria rete di
contatti e divulgando le notizie tramite quello che, in termini tecnici, si chiama un
“wine blog”. Nello stesso tempo, anche la figura e il ruolo del giornalista stanno
cambiando, con l’assunzione di un nuovo posizionamento che non appare oggi del
tutto chiaro. Internet assume, in questo contesto, il ruolo di strumento chiave e
rappresenta una risposta efficace per l’abbattimento dei tempi di pubblicazione di
notizie, per il costo (oggi) pari a zero nel suo utilizzo, per la possibilità da parte di
chiunque di poter esprimere una sua più o meno “autorevole” opinione, per essere un
contenitore dove sostanzialmente si può trovare tutto e tutte le risposte possibili e dove
ciò che non corrisponde a verità è facilmente smascherabile o, se non di interesse,
facilmente eliminabile. In Internet è possibile partecipare a degustazioni condivise o
cercare la notizia del vino dell’ultima ora. Nella rete, nella sua variegata articolazione
di opportunità e strumenti (wine blog; social network, blackberry e tablet, siti, codice
QR, tutti dunque da destinare a un utilizzo mirato) si possono ritrovare tutti i vini del
mondo con tutte le informazioni che li riguardano, tutti gli eventi e tutto ciò che è
possibile cercare.
E dunque la comunicazione istituzionale del vino dell’Oltrepò dovrà adeguarsi a questi
nuovi strumenti, in alcuni casi affiancandoli ai tradizionali, in altri appropriandosene,
per poter veicolare nel modo più efficace i propri messaggi e poter raggiungere i target
prescelti.
6.3.2 Sviluppo Tecnico, Tecnologico e Commerciale
6.3.2.1 Qualità dei prodotti
Si è detto che, per favorire il radicamento nei mercati nazionali ed esteri della realtà
distrettuale, è da prevedersi l’attivazione di una serie di misure, tra cui l’allestimento di
mostre, dove dare visibilità a servizi, prodotti e addetti del Distretto. Ma la promozione
e la capacità di penetrazione dell’immagine che si intende promuovere devono poi
47
saper reggere l’urto della prova del mercato, che, in altri termini, significa la qualità del
prodotto e l’immediata individuazione dell’abbinamento tra prodotto e territorio,
ovvero tra territorio e prodotto.
Come già descritto, in Oltrepò sono previste dai relativi disciplinari di produzione
quasi 50 tipologie di vino, che però possono aumentare se si considerano anche quelli
senza denominazione.
La distribuzione della produzione, delle superfici iscritte e degli iscritti per tipologia di
vini D.O.C. Oltrepò Pavese pone in evidenza la rilevanza di Bonarda, Barbera, Pinot
Nero e Riesling. Il contributo complessivo al settore di questi vini è dell’85% circa
degli ettolitri prodotti, di quasi l’84% degli ettari di superficie iscritta e del 73% circa
dei dichiaranti.
A nessuno può sfuggire la dimensione, per molti aspetti eccessiva, dei numeri.
E dunque si rende necessario, rispetto alle produzioni elencate, definire l’indirizzo
predominante senza per questo escludere, in alcun modo, le altre produzioni, che anzi
ne potrebbero trarre un forte giovamento, di pari passo con la capacità di penetrazione
nei mercati delle produzioni di punta e di eccellenza, sulla scorta di una sorta di effetto
di trascinamento.
Se passa l’Oltrepò sulla spinta dei vini trainanti, dovrebbe passare il “prodotto Oltrepò”
nel suo complesso, compresi i vini “di nicchia” e quelli di largo consumo, anche in
funzione di gusti, propensioni e disponibilità economiche dei potenziali fruitori.
Per le aziende del Distretto diventa decisivo che il territorio venga identificato
attraverso le produzioni maggiormente rappresentative che si possono ricondurre a due
voci, di cui già si è detto: il Bonarda, che può, a giusta ragione, essere considerato il
vino caratterizzante l’area oltrepadana e il Pinot Nero, di cui l’Oltrepò si colloca ai
vertici della produzione italiana ed europea e da cui si ottiene il Metodo Classico, il
Cruasè e il Pinot vinificato in nero.
E dunque lo sforzo di promozione e lo stesso marchio del Distretto vanno costruiti
attorno a questi due prodotti, nella convinzione che il loro successo produrrà un effetto
di “sfondamento” anche sugli altri vini.
Nel paragrafo relativo ai progetto di innovazione viene richiamato il dato che il
concetto di qualità del vino è cambiato nel corso del tempo, in conseguenza allo
sviluppo delle conoscenze enologiche e alla comprensione dei composti chimici
responsabili degli aromi e delle proprietà salutistiche. E viene pure ribadita la
convinzione che un ulteriore miglioramento della qualità può essere raggiunto,
utilizzando la ricchezza del patrimonio di vitigni esistenti in Oltrepò. Vale dunque la
pena di riproporre in questa sede il concetto cardine che si dovrà operare per il
miglioramento del settore viticolo dell’Oltrepò, considerando la sua importanza ai fini
vitivinicoli, attraverso lo sviluppo di ricerche e creando i presupposti per la sua
realizzazione su:
- identità del paesaggio viticolo;
- valorizzazione del territorio, della sua storia, del suo paesaggio e delle sue
espressioni viticole;
- caratterizzazione di aree per lo sviluppo viticolo;
- monitoraggio del territorio, viticoltura di precisione e nuovi sistemi di tracciabilità
con utilizzo di GIS.
Come pure va ribadito che il concetto di terroir, legato alla storia, alla tradizione e alla
cultura del territorio, deve essere preservato e valorizzato, anche grazie
all’applicazione della genetica al miglioramento della viticoltura.
Non appare dunque inutile confermare che, in concreto, il miglioramento della qualità
delle uve dovrà essere perseguito attraverso:
48
-
la caratterizzazione molecolare del genoplasma viticolo oltrepadano;
l’applicazione della genomica funzionale allo studio dell’interazione vitigno –
ambiente;
- la selezione clonale e dei biotipi;
- l’individuazione e selezione di lieviti;
- la messa a punto di strumenti che si avvalgono dei risultati conseguiti nel campo
degli studi sul genoma, proteoma e metaboloma;
- la definizione di strumenti per una viticoltura a basso impatto ambientale.
Né si dovrà trascurare la necessità di agire sullo sviluppo di tecniche di vinificazione,
attraverso l’utilizzo di:
- tecnologie di vinificazione (per la vinificazione dei vini bianchi e vini rossi);
- tecnologie per la stabilizzazione e condizionamento dei vini (stato colloidale e
coadiuvanti di uso enologico, tecnologie di stabilizzazione dei vini con
coadiuvanti, tecniche fisiche e a membrana, tecnologie innovative di gestione del
condizionamento);
- tecnologie per l’affinamento dei vini (uso della barrique e alternative
nell’affinamento dei vini dell’Oltrepò, micro ossigenazione, tecniche di
affinamento su lievito e alternative, tecniche innovative del condizionamento del
potenziale di ossidoriduzione);
- caratterizzazione chimica, biochimica, e chimico-fisica della stabilizzazione;
- tecniche per il controllo e gestione delle alterazioni;
- modalità di incentivazione all’incremento della sicurezza alimentare/tracciabilità e
del riammodernamento degli impianti produttivi delle aziende sulla base delle più
recenti indicazioni europee;
- interventi di supporto tecnico per la razionalizzazione e il monitoraggio dei
processi produttivi;
- ricerca e sviluppo di materiali e tecnologie (comprese quelle “nano”) applicabili
nella diverse fasi della filiera di produzione vitivinicola.
Particolare attenzione andrà poi rivolta a ricerche legate all’impatto della riforma OCM
vino e alle Direttive europee e, in particolare:
- individuazione di pratiche enologiche sostitutive;
- individuazione di tecniche alternative alla distillazione;
- individuazione di nuove soluzioni produttive (es. modifica piramide della qualità);
- valorizzazione dei sottoprodotti.
Per quanto attiene lo sviluppo tecnico legato al vigneto, si dovrà operare per:
- il mantenimento dell’attuale Piano di Riconversione e Ristrutturazione Vigneti
(PRRV);
- la selezione dei vitigni di maggiore qualità e rappresentatività della realtà che si
vuole far conoscere;
- il miglioramento delle tecniche di coltivazione più moderne, quali la raccolta
meccanica, in grado di conseguire forti economie;
- l’introduzione di sistemi di potatura e di concimazioni mirate;
- la sperimentazione e la successiva adozione di tecniche innovative di gestione dei
filari a tutela dei versanti e comunque dirette alla prevenzione e al recupero di
movimenti franosi e/o dilavamenti e dissesti idrogeologici;
- la ristrutturazione dei vigneti, con maggiore determinazione nell’imporre estirpi di
vigneti abbandonati;
- la lotta alla Flavescenza dorata e altre fitopatologie con continua sperimentazione e
studi sulla causa/effetto e sulle migliorie di lotta e contenimento.
49
Si dovrà inoltre operare per favorire la “filiera corta”, ovvero la produzione di uva e la
sua diretta vinificazione o con il conferimento ad organismo associato.
A completamento, lo sviluppo tecnico dovrà estendersi anche alla gestione della
cantina, in particolare per quanto attiene:
- la selezione dei vini più rappresentativi e di maggiore qualità e mercato;
- il miglioramento della struttura delle cantina con annessi piccoli laboratori per le
analisi, sale degustazioni e spazi di accoglienza a forte impatto emotivo:
- il miglioramento dell’espressione grafica in etichetta, della bellezza artistica del
messaggio che si vuole comunicare all’esterno e, in particolare, al consumatore,
compresi i materiali impiegati (tappi, bottiglie ecc..).
Se sviluppo tecnico significa anche miglioramento, allora il miglioramento dovrà
riguardare:
- le tecnologie e le procedure per lo sviluppo di modelli vitivinicoli sostenibili,
durevoli e la meccanizzazione della viticoltura;
- i materiali (pali, fili, ancoraggi, ecc..), le macchine e le attrezzature specifiche per
la coltivazione del vigneto in collina;
- il parco macchine e le attrezzature di cantina utilizzabili dall’arrivo in cantina
dell’uva alla pigiatura, diraspatura e successive lavorazioni enologiche, ma anche i
mezzi per il trasporto e il conferimento al consumatore.
6.3.2.2 Vino e ambiente
Le tendenze in corso inducono a ritenere che sarà in qualche modo d’obbligo sostenere
l’applicazione di tecniche colturali a basso impatto ambientale, avendo ben chiaro che
una viticoltura del genere richiede l’impiego di vitigni che possiedono una resistenza
naturale alle principali malattie della vite. Comunque non si potrà prescindere dalla
introduzione e dalla applicazione, seppur limitata, ma comunque dotata di attrattività
per un preciso target di fruitori, delle tecniche di agricoltura integrata e delle tecniche
di agricoltura biologica nel vigneto. E si dovrà mettere in campo il massimo sforzo per
migliorare la qualità delle uve, ottimizzando tecniche e strategie, lavorando per ridurre
l’uso di prodotti antiparassitari (rame e zolfo) e di “ore macchina”(= meno gasolio
ecc.).
Va ribadito che, su un piano ancora più avanzato, sarà di importanza fondamentale la
realizzazione di una rete di scambi di informazioni e competenze con l’utilizzo e lo
sfruttamento dei Laboratori di analisi, dei tecnici e dei centri di sperimentazione
esistenti, in particolare del nuovo Centro di Riccagioia, in modo da mettere a sistema
un adeguato servizio di assistenza tecnica, nonché ricerche di settore, con relative
prove e sperimentazioni su prodotti e processi innovativi, di cui possano trarre
beneficio le imprese del Distretto.
Sempre in materia di sviluppo e innovazione, diventa utile, se non addirittura
indispensabile, dare corso a progetti applicativi relativi a:
- pannelli fotovoltaici da applicare come opportunità di ottimizzazione dei costi;
- vini low input (vinificazione “Low Input SO2”, ossia sulla produzione di vini a
ridotto e/o assente contenuto di anidride solforosa e allergeni in genere) e vini
biologici;
- tecnologie a basso impatto per il risparmio energetico (impianti di cogenerazione,
utilizzo di sottoprodotti del vino o di altri elementi);
- supporto all’attività rientranti nell’Accordo di Riconversione dell’ex zuccherificio
di Casei Gerola per la trinciatura dei tralci dei vigneti destinati a quel particolare
impianto a biomassa;
- utilizzo dei sottoprodotti del vino per gli impianti di biogas;
50
-
produzione di biocarburanti e biocoumbustibili da sottoprotti della vite e del vino.
6.3.2.3 Manutenzione delle competenze
Al fine di alimentare e manutenere nel tempo le competenze necessarie ad
implementare la qualità degli operatori del Distretto e, più in generale, del territorio
vitivinicolo dell’Oltrepò, è da prevedersi l’attivazione di corsi ad indirizzo enologico,
viticolo, economico ed enografico, con particolare riferimento a:
- enografia nazionale;
- enografia internazionale;
- formazione all’estero;
- formazione di responsabili e operatori di cantina altamente specializzati;
- analisi sensoriale (fondamenti dell’analisi sensoriale; analisi sensoriale &
Consumer science; specialista in analisi sensoriale).
Questi interventi formativi dovranno essere accompagnati e integrati da:
- Master in spumantistica - Modulo tecnico;
- Master in spumantistica - Modulo economico gestionale;
- Master in tecniche enologiche avanzate;
- Master in tecniche gestionali e commerciali avanzate;
- Master in tecniche analitiche per la gestione della qualità delle produzioni
vitivinicole;
- Master in Impresa Vitivinicola e Competizione Internazionale.
In fase contestuale, è da prevedersi uno studio dei territori oltrepadani e della loro
importanza ai fini vitivinicoli, sviluppando ricerche su:
- identità del paesaggio viticolo;
- valorizzazione del territorio, della sua storia, del suo paesaggio e delle sue
espressioni viticole;
- caratterizzazione di aree per lo sviluppo viticolo;
- monitoraggio del territorio, viticoltura di precisione e nuovi sistemi di tracciabilità
con utilizzo di GIS.
6.3.2.4 Commercializzazione
La commercializzazione con l’estero prevede un forte impegno di tipo logistico. E
dunque l’impegno allo sviluppo tecnico dovrà necessariamente ricomprendere questo
aspetto fondamentale di rilancio del sistema vitivinicolo oltrepadano.
Passaggio preliminare sarà l’individuazione della più adatta e moderna strategia di
approccio ai mercati esteri, partendo da esperienze già in essere e che possono offrire
risparmi, velocità e precisione nelle consegne.
Un sistema moderno per superare i problemi della logistica e dei trasporti si ritiene
possa essere il groupage. Questo termine, nel commercio internazionale, indica un
particolare tipo di spedizione, che consiste nel riunire e raggruppare piccole partite
provenienti da mittenti diversi di un determinato Paese e indirizzate a destinatari
diversi in un altro Paese per costruire un lotto da introdurre successivamente, con
un'operazione che viene denominata consolidamento, in una unità di carico, che può
essere sia un mezzo di trasporto autonomo, sia una sua sottoparte (pallet – container –
cassa mobile o U.L.D. = Unit load devices = contenitori speciali per il trasporto aereo).
In questo tipo di operazione è ovviamente fondamentale la figura dello spedizioniere
che rappresenta il punto d'incontro dei vari committenti e il punto dove il carico viene
unito e, all'arrivo, nuovamente suddiviso.
Spettano al consolidatore la scelta e la responsabilità derivante dal come le merci
vengono abbinate tra di loro.
51
L'operatore, nel carico, deve considerare sia le caratteristiche di massa delle stesse per
evitare danneggiamenti lungo il trasporto, sia le caratteristiche intrinseche delle merci
contenute per evitare abbinamenti incompatibili tra di loro, sotto gli aspetti legali e/o
merceologici. Ad esempio, non è opportuno unire nella stessa unità di carico (senza
precauzioni specifiche) prodotti alimentari e altre merci che li potrebbero contaminare.
Altre attività simili sono il groupage bill of lading, polizza di carico collettiva; il
groupage rates, tariffe di nolo a collettame, tariffe di raggruppamento; il groupage
service, servizio di trasporto a collettame.
6.3.2.5 Misure di sostegno
Andrebbe da ultimo colta, in tutta la sua potenzialità, la disponibilità di Regione
Lombardia ad aprire un serrato confronto con il Distretto in relazione al nuovo
impianto della programmazione comunitaria e regionale nel campo dell’OCM vino.
Due sono i versanti su cui operare, che chiamano direttamente in campo anche ruolo e
funzioni della Provincia: l’introduzione di nuove e diverse forme di finanziamento a
vantaggio del Settore Vitivinicolo e il miglioramento e la semplificazione delle
procedure in uso nell’ambito dell’OCM vitivinicolo.
Sul primo versante, si dovrebbe porre, con forza, l’esigenza di reintrodurre forme di
finanziamento finalizzate alla limitazione della diffusione della Flavescenza Dorata
della vite e dell’insetto vettore Scafoideus Titanus. Questo perché negli ultimi anni si è
assistito a una recrudescenza di tale fisiopatia in buona parte del territorio vitato
dell’Oltrepò. Secondo il parere dei tecnici, le cause di questa rinnovata incidenza della
malattia, sono da attribuire “all’abbassamento della guardia” di una parte dei
viticoltori, che non hanno perseverato nella applicazione dei trattamenti insetticidi,
peraltro imposti da Decreto di Lotta Obbligatoria. Inoltre è risaputo che la sempre
maggiore presenza, in certe valli secondarie, di terreni vitati che vengono via via
lasciati in abbandono, è causa di aree di sviluppo e diffusione dell’insetto vettore della
Flavescenza. Pertanto le forme di finanziamento potrebbero essere dirette alle aziende
vitivinicole per i costi dei trattamenti insetticidi e per i costi di gestione di terreni
abbandonati e in zone impervie, nonché forme di finanziamento, tramite i Comuni, ai
privati cittadini in possesso di incolti, al fine di una auspicata operazione di bonifica e
pulizia.
Andrebbe poi richiesta l’introduzione di nuove Misure o di nuove azioni, all’interno
delle Misure già presenti nell’OCM vitivinicolo, finalizzate alle sistemazioni idraulicoagrarie e alle ripiantumazioni dei versanti viticoli colpiti da frane negli ultimi anni o, in
alternativa e fors’anche a integrazione, finanziamenti finalizzati alla effettuazione di
drenaggi aziendali o meglio di reti di drenaggi e scoline intra-aziendali e interaziendali,
da effettuarsi tipo “reti di drenaggio”, mediante una fattiva collaborazione di più
aziende vitivinicole in possesso di vigneti appartenenti allo stesso versante collinare.
Sarebbe inoltre utile prevedere appositi finanziamenti per coloro che reintroducono
l’inerbimento dell’interfilare vitato nelle zone con particolari problematiche di
pendenza e di lisciviazione del terreno vitato.
Infine, finanziamenti per coloro che effettuano gli impianti dei vigneti seguendo le
curve di livello e perpendicolarmente alla direzione di massima pendenza e
abbandonando la tecnica dell’impianto effettuato seguendo invece la linea di massima
pendenza.
Quest’ultima modalità di impianto è sicuramente vantaggiosa in termini economici ma
crea, dopo qualche anno, i presupposti per la formazione di dissesti.
52
6.3.3 Attrattività e ricettività del territorio
6.3.3.1 Sistema di Sviluppo Turistico Integrato del territorio
Altro decisivo macroambito di intervento di valenza trasversale, capace di combinare
insieme aspetti dello sviluppo tecnico con la promozione del prodotto, è il concorso e
la compartecipazione attiva ad un Sistema di Sviluppo Turistico Integrato del territorio,
entro cui diversi fattori di attrattività e di accoglienza, legati al mondo agricolo e
all’ambiente naturale, dovranno essere organizzati in modo da comporre un’unica,
articolata offerta di fruizione. In questo si dovrà essere di stimolo e di supporto, ma
anche in funzione di ruolo attivo, alle iniziative di pregio che i soggetti pubblici
(Provincia, Comuni, Camera di Commercio) intendono promuovere e sostenere sul
territorio.
Si è già detto e si rimanda alla specifica parte già trattata nel macro-ambito della
promozione, che, per dare riscontro positivo alla partecipazione alle maggiori vetrine
nazionali e internazionali, si rende necessaria un’adeguata riqualificazione della
recettività delle singole aziende e del territorio per offrire una migliore ospitalità. E
dunque un ulteriore aspetto di sviluppo e miglioramento dovrà riguardare interventi di
ristrutturazione, manutenzione, ammodernamento, riqualificazione di strutture di
cantina, sale di degustazione, ristorazione e pernottamento, agriturismi. Né può essere
indifferente, ai fini della attrattività e, ancor più, della fidelizzazione dei fruitori, il
contesto paesaggistico entro cui si collocano le aziende vitivinicole. E allora il
miglioramento dovrà riguardare anche quella che potremmo chiamare “la cartolina
dell’Oltrepò vitato”, sostenendo l’adesione a programmi agro-ambientali e percorsi di
recupero di fabbricati in stato di degrado.
Appare in questo senso proponibile un ripensamento e una attualizzazione
dell’iniziativa a suo tempo denominata “Rete di Offerta Turistica Integrata”, da cui era
originata una società, già strutturata e poi entrata “in sonno” e abbandonata per ragioni
diverse, che si proponeva l’introduzione di una sorta di “Albergo diffuso”, ovvero il
recupero di cascinali e rustici in stato di abbandono da ridestinare all’accoglienza, sotto
forma di bed and breakfast, a gestione unica e accentrata, in modo da combinare al
meglio il ritorno dal degrado con il potenziamento delle strutture di accoglienza, senza
interventi invasivi (nuove strutture) e eliminando sfregi al paesaggio.
In alternativa, ma anche a integrazione, non andrebbe trascurata l’opportunità di una
più articolata dimensione dell’offerta di turismo rurale, che preveda la possibilità di
cedere il rustico in affitto al turista, a fini abitativi, per tutto l’anno, per i fine settimana
o a stagione, con l’impegno a recuperarlo e riqualificarlo.
6.3.3.2 Accessibilità del territorio
Ben più impegnativo, anche in termini di dimensioni, si prospetta il rapporto con gli
aspetti viabilitistici.
Sui grandi assi di penetrazione da Milano all’Oltrepò si dovrà necessariamente fare i
conti con una viabilità in faticosa evoluzione (vedi l’ex Statale 412) e sulle difficoltà
oggettive derivanti dalla scarsità di risorse disponibili, peraltro in costante contrazione.
Non per questo sarà possibile ignorare una componente decisiva per rendere davvero
fruibile, in termini accettabili, la rinnovata capacità di accoglienza di enoturisti,
gastronauti, addetti del settore, clienti, delegazioni nazionali ed estere, ma anche
semplici famiglie in uscita dalla metropoli.
Una partita importante al riguardo andrà giocata con una Strada dei Vini davvero in
grado di guidare il fruitore lungo un percorso attrattivo e accattivante, certo sul piano
della segnaletica e della cartellonistica di facile e completa lettura, ma anche arricchito
53
da spazi di sosta attrezzati, con vista panoramica sui vigneti e sulle testimonianze
storico culturali, quali antiche strutture, castelli, fortificazioni, paesaggi naturali e non.
Piuttosto audace, eppure non da escludere a priori, soprattutto per percorsi stradali
marginali rispetto alla viabilità ordinaria, ma di importanza strategica per l’ospitalità
collinare, destinati a sempre minori interventi di manutenzione con tutte le
conseguenze del caso, si prospetta l’iniziativa “adotta una strada”, con il
coinvolgimento degli operatori agricoli a farsi carico almeno della manutenzione
ordinaria di uno specifico tratto di strada di loro diretto interesse.
6.3.3.3 Paesaggio
Le considerazioni sin qui sviluppate concorrono a rendere pressoché inevitabile il
riconoscimento dell’Oltrepò vitato come Paesaggio Storico Agrario.
L’attribuzione di paesaggio storico è fondamentale affinché tutte le iniziative volte a
realizzare vigneti nella zona collinare sia incentivata e sia prioritaria rispetto ad ogni
altra considerazione e disposizione anche ai fini ambientali.
Una delle definizione più aderenti alla realtà oltrepadana può essere la seguente: “Zona
o territorio, quale viene percepito dagli abitanti del luogo o dai visitatori, il cui aspetto
o carattere derivano dalle azioni di fattori naturali e/o culturali (antropici)” (A.
Giordano, Per codice di progetto del paesaggio, in Frames. Frammenti di architettura
e paesaggio, 2006, Libreria Internazionale Cortina, Padova).
La Convenzione Europea sul paesaggio ha introdotto in Europa un nuovo modo di
considerare e gestire la dimensione paesaggistica del territorio e si caratterizza per aver
assegnato al paesaggio la qualità specifica di concetto giuridico autonomo.
Il paesaggio rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale e la
sua salvaguardia, la sua gestione e la sua progettazione comportano diritti e
responsabilità per ciascun individuo. In questo senso, è forse oggi possibile cominciare
a parlare di diritto al paesaggio.
Il paesaggio configura la forma del paese, creata dall’azione cosciente e sistematica
della comunità umana che vi è insediata, in modo intensivo o estensivo, nella città o
nella campagna, che agisce sul suolo e che produce i segni della sua cultura.
La locuzione “paesaggio” non costituisce più l’equivalente semantico di “bellezze
naturali”, concezione questa che veniva a porre un ingiustificato restringimento
dell’ambito di applicabilità della tutela alle sole aree di pregio paesaggistico e tendeva
ad assimilarle, per natura e regimi giuridici, alle cose di interesse storico-artistico, quali
cose appartenenti alla speciale categoria dei beni di interesse pubblico.
La tutela del paesaggio dovrebbe dunque attuarsi dinamicamente e cioè tenendo conto
delle esigenze poste dallo sviluppo socio-economico del paese, per quanto la
soddisfazione di esse può incidere sul territorio e sull’ambiente, rappresentando così
una formidabile occasione per promuovere, in ogni territorio e nel lungo periodo,
benessere, identità e sviluppo.
Allo stato, si riconosce il paesaggio come bene culturale a carattere identitario, frutto
della percezione della popolazione. Da questo punto di vista il paesaggio è un prodotto
sociale e non rappresenta un bene statico, ma dinamico.
In base a queste caratteristiche, in quanto determinato dal carattere percettivo (almeno
in base a questa accezione di paesaggio), il paesaggio è sempre relazionato all'azione
dell'uomo.
In particolar modo la percezione del paesaggio è frutto di un'interazione tra:
- la soggettività umana;
- i caratteri oggettivi dell'ambiente (antropico o naturale);
54
-
i mediatori socio-culturali (legati al senso di identità riconosciuto da una società su
un determinato tipo di ambiente).
E dunque è entro questi confini che lo stesso paesaggio va protetto e valorizzato.
6.3.4 Semplificazione
Ultimo, ma non meno decisivo fattore di qualificazione dell’azione del Distretto è
quello legato alla semplificazione delle procedure tecniche e amministrative.
Su questo versante ci si dovrebbe spendere a favore della unificazione e messa in rete o
condivisione dei database e degli esiti dei controlli tra gli enti che si occupano di
questa specifica fase presso le aziende vitivinicole.
Capita spesso che, nella stessa azienda vitivinicola, vengano effettuati, nell’arco
dell’anno, controlli sugli stessi appezzamenti vitati effettuati da Enti diversi (Provincia,
Valoritalia, Consorzio Vini D.O.C., Regione). Questo fatto crea alle aziende agricole il
disagio di ricevere e assistere a molteplici passaggi e inoltre, non trattandosi di sistemi
in rete, c’è il rischio che un Ente non sia adeguatamente informato dell’esistenza del
controllo dell’altro Ente, nonché degli esiti scaturiti. La condivisione dei dati
eviterebbe anche la duplicazione dei controlli, che pure non di rado si verifica.
Ci si dovrebbe poi adoperare per la messa a disposizione delle aziende di
implementazioni informatiche o di piattaforme informatiche tali da creare un “filo
diretto” di PEC o altro canale ufficiale con la Provincia o con la Regione, cioè con gli
Enti responsabili dell’erogazione dei finanziamenti, in modo che le stesse aziende
vitivinicole possano ricevere direttamente e velocemente a casa propria le informazioni
sull’ammissione a finanziamento o su altri elementi di conoscenza che la pubblica
amministrazione deve loro comunicare. Questa nuova forma di comunicazione per le
aziende vitivinicole potrebbe vantaggiosamente essere accompagnata da corsi ad hoc,
fatti appositamente per i tecnici delle stesse aziende.
In aggiunta si dovrebbe richiedere di attivare una FASE II dei collaudi di PRRV con
GPS, ovvero attivare delle modalità di carico dati, rilievi GPS in campo e elaborazione
dei risultati, con tempistiche più veloci, e arrivando agli stessi, in tempo reale, in
azienda, giungendo subito alla redazione del verbale di collaudo in azienda. Questo
consentirebbe di velocizzare l’esecuzione dei collaudi e di arrivare in maniera più
tempestiva alla trasmissione all’Organismo Pagatore Regionale dei verbali di
liquidazione, oppure di arrivare all’invio dei nulla osta delle polizze fideiussorie a OPR
in tempi contenuti, con conseguenti vantaggi anche per le aziende agricole.
Al fine di velocizzare i collaudi dei PRRV si potrebbe anche prospettare, in accordo
con la Regione e con la Comunità Europea, l’effettuazione degli stessi mediante
misurazione con GPS solo per una certa percentuale di pratiche, limitandosi alla
misurazione con GIS per la parte rimanente.
Non andrà poi trascurata la fase relativa ai controlli, rispetto alla quale sarà opportuno
prevedere una sorta di “Codice dei Controlli”, cui tutti i partecipanti al Distretto siano
vincolati. In questo contesto, si dovranno opportunamente definire compiti e rapporti
tra Consorzio Tutela Vini e il soggetto preposto ai controlli, in modo da identificare il
ruolo del Consorzio quale strumento di dialogo e garanzia del lavoro svolto dall’ente di
controllo in tutta la filiera (dal vigneto alla bottiglia). Peraltro i controlli, per essere
davvero efficaci e incisivi, dovrebbero essere orientati anche a valle della produzione
del vino e comunque al bancale del negozio e/o supermercato, tramite analisi sensoriali
ed organolettiche fino al DNA, in modo da verificare le contaminazioni subite e/o la
corrispondenza del prodotto con quanto dichiarato in etichetta.
55
7. IL SISTEMA DELLE RELAZIONI
7.1 Relazioni tra imprese e integrazione di filiera e tra soggetti economici dei diversi
comparti
Le aziende vitivinicole in provincia di Pavia rappresentano l’elemento centrale del
relativo sistema che, nel contesto lombardo, risulta fortemente integrato e specializzato
e che consta di attori per lo più ubicati nell’ambito dei confini provinciali. Una prima
indicazione di tali caratteri è data dall’analisi delle vendite di uva per destinazione.
Figura 5 – Destinazioni uva a D.O. - Vendemmia 2009 (kg)
Fonte: Elaborazione dati camerali IC-DEIS
Nel 2009, l’uva venduta rappresenta solo il 26%, mentre il ricorso al conferimento
presso le Cantine Sociali si attesta al 52% dell’uva vendemmiata. Il restante 22% è
destinato a commercianti e industriali, non sempre localizzati sul territorio provinciale,
anche perché il disciplinare D.O.C. consente l’imbottigliamento fuori dal luogo di
produzione delle uve.
Per quanto riguarda la commercializzazione dei vini a denominazione, si osserva
anzitutto come, negli ultimi anni, la vendita in damigiana stia subendo un grande
decremento a tutto vantaggio della produzione in bottiglia.
Le sole Cantine Sociali, con 15.800.000 pezzi, rappresentano una importante realtà.
Questa tendenza è indicativa della naturale propensione e capacità del settore
vitivinicolo oltrepadano a stare al passo con le richieste del mercato.
La collocazione dei prodotti segue i canali indicati in Figura 6, da cui emerge come
tutte le categorie di produttori siano presenti, seppur in misura diversa, in tutti i canali
commerciali, a testimonianza di un diffusa maturità imprenditoriale, ed esportino vino
espressione del livello di eccellenza raggiunto dal settore.
56
Figura 6 - Scambi commerciali
60%
Rispetto alle cantine si riscontra una significativa differenza a seconda che si tratti di
Cantine Sociali o private.
Nel primo caso, il 60% delle vendite si concentra presso la GDO (anzi alla GDO
arrivano tramite commercianti e industriali), il 25% è diretto agli hotel, ristoranti, bar
ed enoteche, il 10% è collocato sul mercato estero e il restante 5% è destinato alla
vendita diretta.
Le bottiglie delle cantine private sono per il 60% distribuite a hotel, ristoranti, bar ed
enoteche, il 20% a privati, il 15% sul mercato estero e solo il 5% alla GDO.
Il fatto che le Cantine Sociali arrivano alla GDO tramite però la cessione a
commercianti e/o industriali di vino sfuso, pur essendo un’operazione economicamente
valida, non aiuta senz’altro a valorizzare il prodotto né tanto meno il territorio. Al
contrario, si incrementa una certa anonimità del prodotto e la sua svalutazione in
termini non solo eno-gastronomici, ma anche culturali, storici e territoriali.
Le Cantine Sociali però, nello stesso tempo, forniscono maggiori garanzie sulla
quantità del prodotto da commercializzare e pertanto sono in grado di soddisfare le
esigenze di una clientela di massa come può sicuramente essere considerata quella
della GDO.
La significativa quota che le cantine private indirizzano al canale diretto ha gli indubbi
vantaggi di non richiedere investimenti in azioni commerciali costose, di ottenere
pagamenti immediati per il vino acquistato, della migliore gestione della clientela e
della produzione, della elevata qualità, della soddisfazione di segmenti di mercato
differenziati, della fidelizzazione del consumatore e dell’elevato potere contrattuale. Di
contro, non sempre permette il pieno sfruttamento della vocazione naturale del
territorio, favorisce la riduzione della capacità produttiva con la conseguente difficoltà
a ricorrere ad altri canali commerciali. Le esportazioni sono, inoltre, difficili da
sviluppare e da legare a progetti commerciali e i mercati di sbocco sono concentrati e
ciò favorisce la scarsa conoscenza del prodotto presso i consumatori.
57
Quanto ai grandi commercianti o industriali, essi comprano localmente uva, ma
soprattutto mosti e vini, che poi imbottigliano e vendono. La loro produzione è mirata
quasi totalmente alla GDO e al mercato estero.
A seconda del canale di commercializzazione, il viticoltore si trova ad affrontare
strategie diverse. Se nella vendita diretta prevalgono le politiche di qualità, negli altri
canali sono predominanti le politiche di prezzo e, in tale ambito, la scarsa immagine
degli OP D.O.C. sta giocando un ruolo rilevante nel creare situazioni di sofferenza in
un settore che comincia a risentire anche del contesto competitivo sempre più vivace.
Nell’ambito della filiera vino pavese vi sono altri attori che hanno e possono avere un
ruolo sempre più centrale nel sostenere la produzione del settore e favorirne la
commercializzazione. Essi sono sinteticamente elencati nella Tabella 19 per tipo di
attività svolta.
Tabella 19 – Attori della filiera vino
ATTIVITA’
Fornitura di beni e servizi
ATTORI
Fornitori di barbatelle e tutori; di
anticrittogamici; di attrezzi e macchine
agricole; Consulenti
Formazione
Istituto Tecnico “C. Gallini” Voghera;
Università degli Studi di Milano, di
Piacenza e di Pavia;
Centri di assistenza tecnica.
Sperimentazione e innovazione
Centro Regionale di Riccagioia;
Fondazione Fernando Bussolera e Lina
Branca;
Aziende viticole che collaborano con Enti
e Università
Interventi pubblici
Unione Europea;
MiPAA;
Regione Lombardia;
Provincia di Pavia;
Comuni
Ripartizione interventi pubblici
Istituti di credito;
Assicurazioni
Gestione reimpianti vigneti e controllo CO.PRO.VI;
superfici
Regione Lombardia;
Provincia di Pavia;
CCIAA;
Organismo di Controllo VALORITALIA;
Associazioni di categoria
Promozione
Regione Lombardia;
Consorzio Vini Doc;
58
CCIAA;
Provincia di Pavia;
Enoteca Regionale di Broni;
Movimento del turismo del vino;
Club Buttafuoco storico;
Confraternite;
Associazioni culturali;
Comuni;
Proloco;
Comunità Montana
In particolare si sottolinea l’impegno dei diversi attori nel valorizzare il paesaggio del
vino, l’eccellenza dei prodotti e l’ospitalità.
Tra le iniziative promosse si segnalano i Percorsi del Gusto e la Strada del Vino e dei
Sapori, attraverso vari percorsi finalizzati a far conoscere i prodotti locali nonché la
partecipazione a fiere di importanza internazionale, quali il Vinitaly di Verona, il
Miwine a Milano, il Salone del Gusto di Torino, il ProWine di Dusseldorf e altre
ancora, dove la produzione enologica lombarda è ben rappresentata attraverso
l’Ascovilo (Associazione Consorzi Vini di Lombardia).
Molteplici sono state negli ultimi anni anche le attività di promozione svolte dal
Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese a favore di alcuni vini ritenuti oramai simboli
del territorio: per il Bonarda frizzante, ad esempio, si sono concretizzati vari eventi,
quale il gemellaggio con caciucco livornese al carnevale di Viareggio del 2008. Inoltre
sono stati organizzati numerosi incontri rivolti ai giovani consumatori per far loro
conoscere questo vino del facile approccio (coniando lo slogan “Bonarda Style”).
Molto importante è stato il riconoscimento nell’agosto del 2007 della D.O.C.G. per lo
spumante metodo classico, prodotto che vede sempre più aziende locali impegnate
nella produzione.
Diverse imprese del territorio hanno ottenuto importanti riconoscimenti sia nazionali
sia internazionali per la grande qualità di alcuni loro vini, come numerose sono le
guide e le riviste settoriali che dedicano attenzione al territorio oltrepadano.
La positiva logica aggregativa che è alla base della nascita del Distretto muove
necessariamente nella direzione di attivare puntuali strategie di collaborazione e
sinergie anche con altre realtà distrettuali agroalimentari italiane, prima fra tutte quella
con il Distretto del Riso, potendo facilmente ipotizzare forme di collaborazione
incrociata, ai diversi livelli, con le manifestazioni di “Rice”, che dovrebbero rientrare
tra i punti di forza promozionale del costituendo Distretto del Riso.
La sovrapposizione e contiguità dei Comuni di produzione del Salame di Varzi D.O.P.
con quella dei vini D.O.C.G. e D.O.C. Oltrepò Pavese, insieme alla frequente
complementarietà produttiva e alla promozione congiunta, dovrebbero portare a un
loro continuo monitoraggio, con la possibilità di essere ricompresi nell’area e
nell’attività del Distretto, con l’obiettivo dichiarato di dar vita ad un’area territoriale
con caratteristiche omogenee, in grado di esprimere, nel contempo, sia una qualificata
produzione vinicola sia una produzione alimentare di eccellenza, come appunto il
salame di Varzi D.O.P.
Sarebbe questo un punto di approdo funzionale a perfezionare le caratteristiche del
Distretto agroalimentare in quanto soggetto in grado di esprimere una competitività più
forte e visibile.
59
7.2 Il ruolo delle istituzioni locali e dell’associazionismo nell’ambito distrettuale
La Provincia di Pavia, in collaborazione con gli attori locali, sta compiendo uno sforzo
promozionale atto a far conoscere anche i talenti turistici della zona di produzione dei
vini D.O.C.: i paesaggi, con i loro colori e profumi; le tradizioni culturali, con cibi che
si associano a vini di qualità, e, da ultimo, il “ Paniere Pavese”.
La valorizzazione del turismo enogastronomico è favorita anche dalla collocazione
geografica dell’Oltrepò per la sua vicinanza con Milano e, più in generale, in aree
funzionali limitrofe ubicate in Emilia, Liguria e Piemonte.
Un ruolo attivo nella promozione dei territorio del vino è svolto dal Movimento del
Turismo del Vino che, tra le altre iniziative, programma l’evento “cantine aperte” e le
giornate “benvenuta vendemmia” e “calici di stelle”.
Merita poi di essere segnalata l’attività svolta da associazioni culturali, confraternite e
club di produttori, diretta a far conoscere il territorio e i suoi prodotti enogastronomici,
tra i quali anche quelli della viticoltura oltrepadana.
Da sottolineare la presenza delle Università degli Studi di Milano e Pavia in campo
vitivinicolo e i due progetti regionali, il Polo vitivinicolo di Riccagioia e l’Enoteca
Regionale di Broni, iniziative importanti per il territorio, sia per l’innovazione che per
la sua valorizzazione.
L’avvio in Oltrepò di una politica di Distretto può costituire un’occasione di crescita e
di integrazione della filiera in un’ottica di maggior competitività sui mercati, facendo
leva sulla sinergia degli attori in gioco, imprenditoriali e non, impegnati sul territorio.
7.3 Partenariati con soggetti pubblici/privati in essere e da sviluppare in relazione
agli obiettivi del distretto
E’ del tutto evidente che la scelta, a suo tempo operata, di proporre anche per il
Distretto Agroalimentare di Qualità del vino dell’Oltrepò Pavese il modello di gestione
duale, incentrato sugli operatori economici privati, che andranno a costituire la Società
di Distretto, affiancato da un Comitato di Indirizzo, costituito da Camera di
Commercio, Provincia e Organizzazioni Professionali Agricole del territorio, comporta
la scelta conseguente di definire, attraverso un apposito Protocollo d’Intesa, i rapporti
intercorrenti tra soggetti costituenti il Comitato di Indirizzo e tra questi e la Società di
Distretto. E dunque, in fase successiva all’accreditamento, si andranno a stabilire le
forme di partenariato tra la CCIAA di Pavia, la Provincia di Pavia, la Federazione
Provinciale Coldiretti di Pavia, la Confagricoltura di Pavia e la Confederazione Italiana
Agricoltori di Pavia, nonché le forme di partenariato tra questi soggetti e la Società di
Gestione del Distretto Agroalimentare di Qualità.
Inoltre, sempre in fase successiva all’accreditamento, saranno conclusi accordi di
partenariato con realtà di eccellenza in grado di garantire al Distretto Agroalimentare
di Qualità il conseguimento di un chiaro ed evidente valore aggiunto.
7.4 Relazioni tra la realtà produttiva e le Università o i centri di ricerca
Da tempo, è attivo sul territorio un preciso rapporto di collaborazione con l’Università
di Pavia e con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
In particolare, merita di essere sottolineato che l’Università di Pavia ha dato apporto
decisivo alla elaborazione e predisposizione del presente documento per
l’accreditamento del Distretto da porre a base del successivo Piano di Distretto, mentre
va ricordato che con l’Università Cattolica, sede di Piacenza, sono in corso incarichi di
collaborazione, affidati dalla Provincia di Pavia all’Istituto Frutti – Viticoltura della
stessa Università, per uno “Studio sull’integrazione territoriale della vitivinicoltura
nell’Oltrepò Pavese per la definizione dei criteri colturali da considerarsi nelle norme
60
della programmazione territoriale (Regolamenti di Polizia Rurale, P.G.T.)” e per una
“Ricerca sulla gestione del terreno di vigneto in pendenza per la salvaguardia
idrogeologica dei versanti”, quest’ultima da realizzare in collaborazione con il Centro
per la Vitivinicoltura dell’Oltrepò Pavese. Si tratta ora di definire un rapporto più
organico e consolidato con le due realtà universitarie in modo da sostenere, al dovuto
livello di competenza, l’azione del Distretto sul versante della ricerca applicata e
dell’innovazione di processo e di prodotto.
Si segnala inoltre che la filiera vitivinicola di qualità ha da tempo adottato strategie di
competitività e innovazione.
Tra queste si ricorda:
- il processo di accorpamento delle due cantine sociali di Broni e Casteggio, che ha
dato vita alla nuova cantina Terre D’Oltrepò e ha favorito il miglioramento della
qualità delle produzioni (pur con la rilevante criticità determinata dal fatto che circa
il 95% del vino viene commercializzato sfuso) e maggior orientamento al mercato;
- le iniziative di commercializzazione sui mercati internazionali;
- gli accordi di collaborazione tra le Università e i singoli agricoltori volti a favorire
la ricerca e la sperimentazione sostenendo un importante processo di costante
innovazione.
Rispetto a quest’ultima area si sottolineano i progetti regionali del Polo Vitivinicolo di
Riccagioia e dell’Enoteca di Broni.
Va in proposito ribadito il ruolo che andrà ad assumere, sul versante di ricerca e
innovazione, il polo vitivinicolo di Riccagioia.
Al riguardo si ricorda che, nel gennaio 2008, la Regione ha proposto la creazione a
Riccagioia (nei Comuni di Torrazza Coste e Montebello della Battaglia) di un polo
vitivinicolo sperimentale in grado di diventare un centro di diffusione delle tecnologie
e del know-how tecnico-gestionale dedicato alle produzioni della filiera vitivinicola. Il
Polo di Riccagioia opererà come riferimento per la ricerca applicata e il trasferimento
tecnologico agli operatori della filiera, che potranno così promuovere e sviluppare
modelli innovativi di gestione e di promozione. Il progetto, avviato all’interno del
Programma per la valorizzazione del patrimonio immobiliare (ProValPi) dell’ERSAF,
riguarda nello specifico il piano gestionale del Polo di Riccagioia, per il periodo 20102014, finalizzato alla costituzione di un soggetto misto pubblico-privato in grado di
gestire le attività del Centro.
Le attività proprie del Centro saranno quelle della ricerca, della sperimentazione e della
formazione al servizio del comparto vitivinicolo, per lo sviluppo di servizi innovativi
nei riguardi della filiera regionale e nazionale. L’obiettivo è quello di diventare un
saldo punto di riferimento della filiera vitivinicola lombarda e centro di eccellenza
nella ricerca, sperimentazione e formazione applicata, anche al di fuori dei confini
oltrepadani. Attraverso questo strumento si potrà rendere più competitiva la filiera
vitivinicola lombarda e nazionale, rafforzando il sistema agricolo legato alla stessa
filiera, favorendo la diffusione delle innovazioni di processo in campo e in cantina,
disponendo così di una azienda sperimentale modello, in grado di supportare la
promozione istituzionale delle produzioni tipiche dei territori nazionali.
Riccagioia diverrà il polo centrale di un network di Centri di ricerca e trasferimento
tecnologico del comparto, in cui i territori periferici avranno un ruolo fondamentale di
luogo fisico di sperimentazione e di diffusione delle conoscenze, mentre il polo
centrale farà da motore per il buon funzionamento di tutto il sistema.
Le attività cardine previste (sulla base delle dinamiche attuali) saranno:
- la formazione, che interessa l’intero sistema universitario;
61
-
la ricerca e l’innovazione, che, oltre all’approfondimento di tematiche strettamente
scientifiche, potrà riguardare, ad esempio, gli aspetti economici dei mercati del
vino e le strategie dei produttori;
- i servizi, andando ad appoggiare sia l’attività in campo che in cantina.
Va da sé che il polo vitivinicolo di Riccagioia si pone come partner privilegiato del
costituendo Distretto Agroalimentare di Qualità “Bonarda&Pinot dell’Oltrepò”
funzionale a combinare al meglio le finalità del polo vitivinicolo con quelle della
Società di Distretto.
Si deve poi aggiungere che si attende, a breve, la fine dei lavori per la realizzazione
dell’Enoteca Regionale di Cassino Po a Broni, la cui mission è quella di divenire una
stazione dell’enoturismo nazionale ed una vetrina della migliore enologia di
Lombardia.
Il progetto, che ha visto la luce già dai primi anni ’90, è incentrato sulla
ristrutturazione, a fronte di un finanziamento regionale di circa 5 milioni di euro, di un
immobile storico e dismesso, che ospiterà innanzitutto un ristorante alla moda e un bar
per le degustazioni. Ci sarà poi spazio per una boutique del gusto, per un laboratorio
gastronomico e per aule di formazione. Arriveranno anche la nuova sede del Consorzio
Tutela Vini e la sede di Ascovilo (Associazione Consorzi Vini Lombardi).
L’obiettivo è quello di creare un sistema di sviluppo turistico, che possa rappresentare
un forte valore aggiunto per il territorio, costituendo il potenziale fulcro di importanti
iniziative di valorizzazione del patrimonio enogastronomico e storico culturale.
Fondamentali saranno al riguardo le partnership che si creeranno con Regione,
Provincia e Camera di Commercio.
7.5 Ruolo dei centri di ricerca/ Università e innovazione in relazione agli obiettivi di
distretto
E’ accertato che il concetto di qualità del vino è cambiato nel corso del tempo, grazie
allo sviluppo delle conoscenze enologiche e alla comprensione dei composti chimici
responsabili degli aromi e delle proprietà salutistiche. Un ulteriore avanzamento della
qualità può essere raggiunto combinando al meglio la ricchezza del patrimonio di
vitigni esistenti in Oltrepò con i giacimenti di conoscenze e competenze depositati
nelle Università, tanto quelle con cui sono in corso rapporti di collaborazione, quanto
altri istituti universitari di cui ci si potrà avvalere in seguito, e nei centri di ricerca.
Su un piano ancora più avanzato, sarà di importanza fondamentale la realizzazione di
una rete di scambi di informazioni e competenze con l’utilizzo e lo sfruttamento dei
Laboratori di analisi, dei tecnici e dei centri di sperimentazione esistenti, in particolare
del nuovo Centro di Riccagioia, in modo da mettere a sistema un adeguato servizio di
assistenza tecnica, nonché ricerche di settore, con relative prove e sperimentazioni su
prodotti e processi innovativi, di cui possano trarre beneficio le imprese del Distretto.
62
8. PROGRAMMAZIONE E RISORSE
8.1 Illustrazione degli strumenti di programmazione a disposizione del distretto e
degli elementi di sinergia, complementarietà, coerenza con la programmazione
territoriale e con le politiche di sviluppo rurale
Il Distretto si inserisce in un contesto entro cui diversi strumenti di programmazione,
sia generali che tematici, concorrono a definire strategie e a orientare l’attività dei
diversi soggetti del territorio.
È quindi fondamentale che gli obiettivi del Distretto siano coerenti con il quadro
programmatico definito dagli strumenti di programmazione derivanti dai diversi livelli
istituzionali.
Nel Programma Regionale di Sviluppo della IX legislatura e nei suoi aggiornamenti
annuali definiti attraverso il Documento Strategico Annuale (DSA) è forte
l’affermazione dell’importanza della imprenditorialità, sia essa agricola, industriale o
commerciale, come parte integrante di una vera e propria cultura lombarda, il cui
sviluppo ha contribuito negli anni alla costruzione di utilità economiche che fondano
un più generale bene comune dei territori e delle popolazioni che li vivono.
Nell’attuale contesto di crisi, l’azione regionale proposta dal PRS è orientata a dare
fiducia e a sostenere lo sforzo delle aziende, in particolare delle PMI, che intendono
svilupparsi, competere a livello globale e a investire in innovazione, specialmente
quando questo sviluppo è finalizzato a contrastare processi di contrazione o
marginalizzazione, che tendono a verificarsi su settori storici dell’imprenditoria
lombarda. Questo sostegno è indirizzato prioritariamente alle aggregazioni di imprese,
alla realizzazione di sistemi a rete, alle diverse forme di collaborazione con modalità e
strumenti riconosciuti. All’interno di questo quadro, l’intervento regionale propone il
rafforzamento territoriale delle aggregazioni in una logica, quella distrettuale, che mira
a sostenere progetti di ricerca, di innovazione e di promozione, in ambiti di interesse
sovra aziendale, di nuove piattaforme produttive che meritano, perché di eccellenza,
particolare considerazione.
L’area montana dell’Oltrepò Pavese, per le sue particolari caratteristiche e la sua
collocazione geografica, viene considerata nei documenti di programmazione regionale
all’interno del Sistema territoriale “Asta del Po”, che incrocia così la programmazione
territoriale di quest’area con quella della montagna.
L’Allegato territoriale del PRS e dei suoi aggiornamenti annuali prevedono l’ipotesi di
costituzione di un Distretto Agroalimentare di Qualità del vino dell’Oltrepò Pavese.
Si tratta dunque di una previsione programmatoria che considera l’esigenza prioritaria
di definire ed accreditare il distretto e ciò in contemporanea con la realizzazione e
piena funzionalità del Polo vitivinicolo di Riccagioia e dell’Enoteca di Broni. Inoltre la
previsione del riconoscimento di un Distretto Agroalimentare del vino dell’Oltrepò,
così come contenuto all’interno dei documenti di programmazione regionale, potrà
anche essere punto in riferimento con l’esistenza dei Distretti del Commercio che
insistono numerosi nell’area. Ognuno di questi Distretti opera attraverso propri
programmi di incentivazione promossi e finanziati dalla Regione. Si favorisce così la
permanenza di esercizi commerciali nelle aree a minore densità abitativa, dando inoltre
sostegno alla commercializzazione di prodotti “km 0” e ciò a favore sia dei residenti
che delle persone che vi soggiornano per ragioni di turismo o altro. Va ricordato che le
politiche distrettuali del commercio incentivano il rapporto tra le comunità locali nelle
varie espressioni esistenti sul territorio e la GDO, attraverso azioni e collaborazione tra
Comuni e Organizzazioni di categoria. E ciò avviene in particolare nei due distretti che
insistono nella parte pianeggiante dell’Oltrepò.
63
Figura 7 – Mappa dei Distretti del Commercio in Oltrepò Pavese
Rilevante è poi la previsione di inserimento della progettualità Distretto
Agroalimentare di qualità nell’Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale di Pavia,
strumento di programmazione negoziata regionale sottoscritto nel 2005, che sarà
rimodulato nel 2012 per rispondere maggiormente all’esigenza di disporre, a livello
territoriale, di strumenti programmatori coerenti con le previsioni del Programma
Regionale di Sviluppo. In questo contesto, la progettualità potrà essere promossa,
monitorata e messa in relazione con le altre iniziative di livello regionale dei diversi
soggetti del territorio.
Tra i temi prioritari per la IX legislatura regionale rientrano, in vista di un recupero
dell’attrattività della montagna, le iniziative per la destagionalizzazione delle presenze
turistiche, integrando tra loro le variegate risorse della montagna lombarda che
concorrono a superare un’offerta territoriale e turistica di tipo tradizionale, anche come
occasione di inclusione sociale e di benessere psico-fisico.
In aggiunta, va ricordato che, con il Piano Integrato di Sviluppo Locale della Comunità
Montana Oltrepò Pavese, si attiva un ulteriore strumento specificamente individuato
per lo sviluppo delle aree montane della Lombardia mirato a realizzare, attraverso la
gestione del Fondo regionale sulla montagna, interventi di carattere infrastrutturale di
sviluppo del turismo, valorizzazione dei prodotti tipici e cultura locale.
Appare utile riportare di seguito l’elenco dei singoli strumenti di programmazione che
vanno a comporre la programmazione regionale:
- Programma Regionale di Sviluppo della IX legislatura, con particolare riferimento
all’Allegato territoriale e ai suoi aggiornamenti annuali;
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-
Piano di Sviluppo Rurale;
Piano Territoriale Regionale;
Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale di Pavia
Accordo di programma per lo sviluppo economico e la competitività del sistema
lombardo tra Regione Lombardia e Sistema camerale lombardo.
A completare il quadro programmatorio, vanno aggiunti gli strumenti della
programmazione di livello provinciale:
- Piano Generale di Sviluppo della Provincia di Pavia;
- Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Pavia;
- Piano di Sviluppo Socio Economico della Comunità Montana Oltrepò Pavese;
- Programma Integrato di Sviluppo Locale della Comunità Montana Oltrepò Pavese
2011-2013;
- Piano di Sviluppo Locale del GAL Alto Oltrepò;
- Piano d’Azione del Sistema turistico Po di Lombardia, in riferimento all’ambito
dell’Oltrepò pavese;
- Programmazione relativa alla gestione di aree protette (risorse naturali e
monumentali, PLIS, Natura 2000/SIC);
- Programmi dei Distretti del Commercio attivi nell’area dell’Oltrepò pavese.
Va da ultimo ricordato che la Provincia di Pavia sta mettendo a punto nuove strategie
di promozione turistica del territorio pavese, finalizzato a valorizzare le specificità
culturali, architettoniche e ambientali delle tre aree che compongono il territorio
provinciale. Ne consegue che le politiche distrettuali si potranno utilmente raccordare
con queste nuove strategie.
8.2 Individuazione delle risorse (fonti pubbliche/private, sistema bancario, ecc.)
Esiste ormai da anni la volontà delle istituzione locali, Camera di Commercio e
Provincia in testa, di favorire il potenziamento di attività di promozione della
produzione vitivinicola, in stretto collegamento con il territorio. E dunque è prevedibile
un impegno diretto, anche di carattere finanziario, nel limite delle reali possibilità in
costante contrazione, dei due Enti nel dare sostegno alla Società di Distretto, almeno
per quanto attiene parte dell’attività di promozione, alla quale dovrà necessariamente
concorrere anche il Consorzio Tutela Vini. Si segnala inoltre la presenza capillare sul
territorio del sistema bancario e del credito cooperativo (come la BCC Centro Padana)
e il forte interesse alla collaborazione da parte di importanti fondazioni legate al
territorio (Fondazione Banca del Monte e Fondazione Cariplo), che seppur al momento
non abbiano ancora dispiegato tutte le loro potenzialità a favore dell’intera filiera, non
dovrebbero far mancare il loro diretto sostegno all’azione del Distretto.
In attesa che le condizioni sopra delineate vengano a maturazione, il reperimento di
risorse finanziarie muoverà, entro il limite del possibile, nella direzione delle
opportunità proposte dalle rimanenti disponibilità del vigente PSR e di quelle offerte
dai bandi regionali, nazionali ed europei destinati a sostenere iniziative di ricerca e
sviluppo e la creazione di reti d’impresa e ad accompagnare azioni di promozione dei
prodotti in Italia ed all’estero.
E’ del tutto evidente che, in fase successiva, si dovrà fare concreto affidamento sui
contenuti del nuovo PSR, che si prevede strutturato a supporto delle realtà distrettuali.
Va da sé che molto si attende dai soggetti privati direttamente partecipanti alla Società
di Distretto e da tutti quelli a diverso titolo interessati a cogliere appieno le potenzialità
offerte dal Distretto, anche nella sua valenza di strumento di sviluppo locale.
65
9. PARTECIPAZIONE E GESTIONE
9.1 Modello organizzativo e gestionale
Le imprese firmatarie del presente documento si propongono quale nucleo fondante del
Distretto Agrolimentare di Qualità del Vino dell’Oltrepò Pavese, denominato “Bonarda
& Pinot dell’Oltrepò”, e in tal senso di impegnano a procedere, secondo modalità e
tempistica stabilite dalle “Disposizioni attuative per l’accreditamento dei Distretti
Agricoli” di Regione Lombardia, alla costituzione della Società di Distretto ed alla
predisposizione del Piano di Distretto, assumendo al contempo l’impegno a
coinvolgere nelle fasi successive il maggior numero possibile di imprese vinicole del
territorio rispondenti ai requisiti fissati dal presente documento, in modo da rendere la
Società di Distretto massimamente rappresentativa dello stesso territorio.
E’ volontà esplicita delle imprese costituenti il nucleo fondante del Distretto esprimere
opzione preferenziale all’impostazione duale, avvalendosi, per la definizione delle
strategie distrettuali, dell’apporto qualificato del Comitato di Indirizzo, composto dalla
Camera di Commercio di Pavia, della Provincia di Pavia e delle Organizzazioni
Professionali Agricole pavesi Coldiretti, Confagricoltura e CIA.
Analoga opzione preferenziale viene espressa per la tipologia societaria della Società
Consortile a responsabilità limitata, senza scopo di lucro. La Società opererà per il
perseguimento dell’oggetto sociale, che verrà puntualmente definito all’atto della
costituzione della stessa Società, di concerto con il Comitato di Indirizzo.
La Società di Distretto sarà composta dalle imprese firmatarie il presente documento
costituenti il nucleo fondante del Distretto e dalle altre imprese, che rispondenti ai
requisiti fissati dallo stesso documenti daranno formale adesione alla stessa Società.
La Società Consortile, nella sua qualità di soggetto gestore del Distretto, si doterà dei
seguenti organi:
• Assemblea dei soci
• Consiglio di Amministrazione
• Presidente.
L’attività della Società sarà gestita da un Direttore, sostenuto da un Comitato
consultivo Tecnico-Scientifico e da un Ufficio di Segreteria.
Al fine di garantire il minor onere possibile a carico della Società, tutti gli organi della
Società, anche quelli gestionali, si prevedono a costo zero, avvalendosi, per gli
incarichi operativi, dell’apporto di soggetti dotati delle adeguate competenze aderenti
al Distretto.
9.2 Strumenti di partecipazione e gestione previsti per il funzionamento del Distretto
Il Distretto si prevede strutturato in forma duale, con una Società di Distretto e un
Comitato di Indirizzo composto da:
• CCIAA di Pavia
• Provincia di Pavia,
• Federazione Provinciale Coldiretti di Pavia,
• Confagricoltura di Pavia,
• Confederazione Italiana Agricoltori di Pavia
Resta fermo che è volontà comune perseguire con forza l’obiettivo del progressivo,
costante allargamento della base societaria, in modo da conseguire la massima
rappresentatività territoriale. A tal fine è sin da ora da prevedersi, in sede statutaria, la
possibilità di integrare, in fase successiva, tanto il primo Consiglio di Amministrazione
quanto il primo Comitato Tecnico-Scientifico.
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10. PROSPETTI
10.1 Composizione della
rete di imprese e descrizione attività
Partner 1
Denominazione
Cod. Fiscale/P.IVA
Indirizzo
Telefono/fax/email
Referente per il progetto
“distretto”
Telefono/fax/email
Attività esercitata e ruolo
nell’ambito del distretto
10.2 Altri soggetti eventualmente interessati coinvolti mediante accordi di
partenariato
Denominazione
Funzione
Referente di progetto
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