distretto agroalimentare di qualita` del vino dell
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DISTRETTO AGROALIMENTARE DI QUALITA’ DEL VINO DELL’OLTREPO’ PAVESE 0 Bonarda & Pinot dell’Oltrepò 1 INDICE 0. INTRODUZIONE 1. FINALITA’ E OBIETTIVI DELLA COSTITUZIONE DEL DISTRETTO 1.1. Finalità generali e obiettivi specifici 1.2. Risultati attesi, ricadute e vantaggi conseguenti a livello di territorio e del comparto interessato 2. CONSULTAZIONE E ANIMAZIONE 2.1 Modalità di consultazione dei soggetti interessati all’accreditamento del distretto 3. CONTESTO GEOGRAFICO 3.1 Delimitazione geografica dei Comuni interessati 3.2 Descrizione delle caratteristiche fisiche e morfologiche del territorio 3.3 Elementi storici di rilievo 3.3.1 Cenni di storia dell’Oltrepò Pavese 3.3.2 Storia della vitivinicoltura dell’Oltrepò Pavese 3.4 Caratteristiche e dinamiche ambientali in atto, presenza di vincoli 4. CONTESTO ECONOMICO E SOCIALE 4.1 Dinamiche demografiche, sociali e occupazionali 4.2 Analisi e dati di natura economica sul comparto del vino e descrizione della realtà produttiva 4.2.1 I vini D.O.C.G. e D.O.C. 4.2.2 Le tipologie di vini a D.O. Oltrepò Pavese 4.2.3 L’area di produzione dei vini a D.O. Oltrepò Pavese 4.2.4 La specializzazione produttiva 5. TIPOLOGIA DI DISTRETTO E REQUISITI 5.1 Caratteristiche che determinano la tipologia del Distretto agroalimentare di qualità 5.2 Elementi comprovanti la rappresentatività del distretto a livello settoriale: illustrazione dei requisiti del distretto proposto 6. ANALISI SWOT DEL CONTESTO DI RIFERIMENTO 6.1 Analisi dei punti di forza e debolezza del comparto vino e del tessuto economico e sociale del territorio 6.2 Individuazione ed analisi dei fattori di miglioramento della realtà produttiva, strumenti e prospettive 6.3 Prospettive di sviluppo competitivo e ambiti di innovazione nel quadro degli obiettivi distrettuali: descrizione degli ambiti di intervento individuati, ipotesi di attività e relativa tempistica 6.3.1 Promozione 6.3.1.1 Identità e distintività 6.3.1.2 Territorio ed eccellenza 6.3.1.3 Internazionalizzazione 6.3.1.4 Strumenti di comunicazione 6.3.2 Sviluppo Tecnico, Tecnologico e Commerciale 6.3.2.1 Qualità dei prodotti 6.3.2.2 Vino e ambiente 6.3.2.3 Manutenzione delle competenze 6.3.2.4 Commercializzazione 6.3.2.5 Misure di sostegno 6.3.3 Attrattività e ricettività del territorio 6.3.3.1 Sistema di Sviluppo Turistico Integrato del territorio 6.3.3.2 Accessibilità del territorio 2 6.3.3.3 Paesaggio 6.3.4 Semplificazione 7. IL SISTEMA DELLE RELAZIONI 7.1 Relazioni tra imprese e integrazione di filiera o tra soggetti economici dei diversi comparti 7.2 Il ruolo delle istituzioni locali e dell’associazionismo nell’ambito distrettuale 7.3 Partenariati con soggetti pubblici/privati in essere e da sviluppare in relazione agli obiettivi del distretto 7.4 Relazioni tra la realtà produttiva e le Università o centri di ricerca 7.5 Ruolo dei centri di ricerca/ Università e innovazione in relazione agli obiettivi di distretto 8. PROGRAMMAZIONE E RISORSE 8.1 Illustrazione degli strumenti di programmazione a disposizione del distretto e degli elementi di sinergia, complementarietà, coerenza con la programmazione territoriale e con le politiche di sviluppo rurale 8.2 Individuazione delle risorse (fonti pubbliche/private, sistema bancario ecc.) 9. PARTECIPAZIONE E GESTIONE 9.1 Modello organizzativo e gestionale 9.2 Strumenti di partecipazione e gestione previsti per il funzionamento del distretto 10. PROSPETTI 10.1 Composizione della rete di imprese e descrizione attività Partner 1 Denominazione Cod. Fiscale/P.IVA Indirizzo Telefono/fax/email Referente per il progetto “distretto” Telefono/fax/email Attività esercitata e ruolo nell’ambito del distretto 10.2 Altri soggetti eventualmente interessati coinvolti mediante accordi di partenariato Denominazione Funzione Referente di progetto 3 0. INTRODUZIONE Va in premessa richiamato il dato che l’Italia, con circa 45 milioni di hl copre il 17% della produzione mondiale di vino. Un risultato frutto anche di una crescita qualitativa, con circa il 60% di vini D.O.C., D.O.C.G. e I.G.T., da cui discende un giro di affari stimabile attorno ai 13,5 miliardi di euro all’anno, con l’aggiunta di oltre 2 miliardi di euro di indotto. Sul versante della vendita, emerge che la grande distribuzione incide ormai per oltre il 45% delle vendite nazionali, seguita dal canale di hotel, ristoranti, enoteche, winebar, con circa il 32%, e dalle vendite dirette al consumatore finale, con oltre l’8%. Da sottolineare il “canale-cantina”, legato all’enoturismo, in crescita grazie anche al contatto più diretto produttore-distributore, in un contesto di maggiore naturalità. Merita, al riguardo, particolate rilievo l’aumento delle vendite dei vini che appartengono a micro-aree, ottenuti da vitigni autoctoni. In un contesto generale comunque stimolante, va registrato, con la dovuta attenzione, il costante consistente calo del consumo di vino in Italia, passato dai 45 litri pro-capite all’anno nel 2007, ai 43 nel 2009 e con la prospettiva di scendere sotto i 40, quando ancora negli anni ‘70 si sfioravano i 120 litri pro-capite. Complesse e molteplici sono le cause di questo calo, tra cui sembrano emergere intanto la contrazione dei consumi, come conseguenza immediata della crisi economica globale, e poi una pressione mediatica caratterizzata anche da allarmismi, non sempre giustificati e spesso al limite della criminalizzazione, sull’uso dell’alcool, che hanno accelerato il cambio di stile di vita degli italiani. E’ all’interno di questo quadro generale che si colloca la vitivinicoltura dell’Oltrepò Pavese che combina, ormai da secoli, l’aspetto economico-produttivo con la valenza, non meno importante, di componente ambientale e del paesaggio nella fascia di media collina appenninica. Basta attraversare il territorio dell’Oltrepò con occhio curioso e attento per accorgersi che, in alcune zone in particolare della parte orientale, i vigneti ricoprono la quasi totalità delle aree coltivate e che, in altre zone, si innestano e ridisegnano in modo straordinario il paesaggio, facendone un unicum sul piano dell’attrattività. E’ dunque l’Oltrepò vitato non è solo vino, ma anche ambiente e ospitalità, elemento di richiamo per l’enoturismo, la gastronomia, la ristorazione, lo svago, il tempo libero, il ritorno alla natura e, più in generale, fattore di crescita sociale ed economica per le imprese e le persone che vi operano e ne garantiscono, con il loro lavoro, la conservazione. 4 1. FINALITÀ E OBIETTIVI DELLA COSTITUZIONE DEL DISTRETTO 1.1 Finalità generali e obiettivi specifici Ai sensi del D.L. n. 228/2001, per distretti agroalimentari di qualità, si intendono i “sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche.” In generale, la formula del Distretto rappresenta il modello preferenziale con cui la Pubblica Amministrazione centrale e periferica sostiene lo sviluppo dei sistemi economici locali, attraverso l’aggregazione crescente delle imprese italiane in tutti i comparti economici. Di conseguenza, sempre di più nei prossimi anni, le imprese che aderiranno a proposte di Distretto e manifesteranno la loro disponibilità a operare in rete potranno usufruire di benefici di sviluppo su diversi piani, come ad esempio quello finanziario, agevolativo e fiscale. Il valore economico delle aziende viticole oltrepadane e la loro consistenza strutturale, i loro stretti legami con gli attori della filiera, per lo più ubicati nell’ambito dell’area di produzione, la storicità della filiera, il legame tra il sistema locale di produzione vitivinicolo e l’identità territoriale e la più alta concentrazione di vini D.O.C.G. e D.O.C. della Regione Lombardia prodotti su una superficie, che – va ribadito – è la terza per estensione a livello nazionale, sono alla base della identificazione del Distretto Agroalimentare di Qualità del vino dell’Oltrepò Pavese. Di fatto l’Oltrepò si configura come un distretto agroalimentare di qualità per il vino “naturale”. Il Distretto, correttamente inteso come strumento di gestione del territorio, integrato con gli strumenti di pianificazione e sviluppo territoriale, già operativi, si pone l’obiettivo di qualificare, consolidare e contraddistinguere lo sviluppo socio-economico dell’area di produzione vitivinicola, attraverso un approccio partecipato dai soggetti pubblici e privati del territorio, in linea con gli indirizzi dell’Unione Europea. La scelta di operare per il conseguimento dell’obiettivo di fondo va necessariamente declinata in finalità intermedie, tutte funzionali a far convergere gli operatori del sistema territorio su un obiettivo comune e in qualche modo a selezionarli, che possono essere come di seguito sintetizzate: - migliorare la conoscenza e la trasparenza della produzione e del mercato; - contribuire ad un migliore coordinamento dell'immissione sul mercato dei prodotti, in particolare attraverso ricerche o studi di mercato; - accrescere la valorizzazione dei prodotti; - valorizzare l'imbottigliamento del vino all'origine, quale strumento di acquisizione del valore aggiunto derivante dalle fasi successive alla coltivazione della vite e alla produzione delle uve e dei vini e quale strumento di tutela dei territori a particolare vocazione viticola, specialmente collinari in forte pendenza o semi aridi, di specifico interesse socio-economico e culturale; - divulgare le informazioni tecniche, economiche, organizzative o normative, sia tra i soci sia negli ambienti esterni, che possono interagire con l'attività di imbottigliamento dei vini d'origine; - svolgere le ricerche necessarie per orientare la produzione verso prodotti più adatti al fabbisogno del mercato, soprattutto per quanto riguarda la qualità dei prodotti e la protezione dell'ambiente; 5 - elaborare e definire “contratti tipo” compatibili con la normativa comunitaria ed eventualmente raccogliere i contratti, in qualità di soggetto terzo e se richiesto dalle parti; ricercare e/o promuovere metodi atti a ottimizzare l'impiego di fattori di produzione, nonché a garantire la qualità dei prodotti e la salvaguardia dell'ecosistema; mettere a punto metodi e strumenti, anche contrattuali, per migliorare la qualità dei prodotti; valorizzare e tutelare l'agricoltura biologica e quella integrata, le eventuali denominazioni d'origine e/o indicazioni geografiche, gli eventuali marchi di qualità, anche collettivi; definire, per quanto riguarda le regole di produzione e di commercializzazione, disposizioni anche più restrittive delle normative comunitarie e nazionali; analizzare e promuovere le iniziative che possono contribuire, anche indirettamente e mediante azioni di sistema, ad una riduzione dei costi di produzione; promuovere forme di coordinamento e rafforzamento dell’attività di ricerca e sperimentazione, finalizzata ad un più efficace impiego nel contesto produttivo; promuovere iniziative atte a valorizzare le capacità e le competenze professionali degli operatori dell’intera filiera e a promuovere la “buona occupazione” nel settore; affermare la priorità delle aziende che attuano l'imbottigliamento del vino all'origine nell'attribuzione di eventuali incentivi comunitari, nazionali o regionali per l'ammodernamento o la razionalizzazione delle strutture delle aziende vitivinicole riguardanti la conversione o riconversione o nuovi impianti di vigneti, le cantine di vinificazione, gli impianti di imbottigliamento, le infrastrutture. 1.2 Risultati attesi, ricadute e vantaggi conseguenti a livello di territorio e del comparto interessato E’ opinione comune e condivisa che ben difficilmente il Distretto potrà disporre di forze e risorse necessarie per ricondurre alle finalità intermedie e, per sommatoria, all’obiettivo di fondo, tutti, indistintamente, le circa cinquanta tipologie di vini D.O.C. e D.O.C.G dell’Oltrepò Pavese. E allora viene a imporsi la necessità di individuare i vitigni e i vini su cui concentrare l’operatività del Distretto, nella convinzione certa che l’affermazione dei prodotti selezionati e dunque del marchio Oltrepò produrrà un decisivo effetto di traino sui mercati anche degli altri vini della produzione oltrepadana. Da qui la scelta di puntare, a determinate e precise condizioni, sul Bonarda, vino identificativo dell’Oltrepò Pavese, e sul Pinot Nero, di cui l’Oltrepò è la prima zona di produzione in Italia e la seconda a livello europeo e da cui si ottengono importanti D.O.C. e D.O.C.G., quali Metodo Classico, Cruasè, Metodo Classico Rosè, Metodo Classico Bianco, Pinot Nero vinificato in bianco e vinificato in nero. Si tratta, in tutta evidenza, di una scelta non tanto strategica, quanto piuttosto tattica, basata sull’assunto che altri prodotti di assoluto rilievo, per quantità e qualità, quali barbera e riesling, sono più propriamente identificativi di altre aree vitivinicole del territorio nazionale. Nella consapevolezza che volere tutto, potrebbe comportare il rischio di ottenere molto meno di quanto sarebbe necessario per rilanciare, nel comparto vinicolo, il marchio Oltrepò. 6 In analogia con le considerazioni svolte per i prodotti, appare piuttosto problematica la partecipazione attiva al progetto di Distretto della totalità degli operatori che hanno sottoscritto la manifestazione di interesse. Anche su questo versante diventa dunque scelta pressoché obbligata che, a comporre il nucleo fondante del Distretto e a proporne il Piano, sia un gruppo di imprese vitivinicole d’avanguardia “produttrici di vino a D.O. in bottiglia e in etichetta”, rientranti nelle due tipologie di Bonarda e Pinot Nero e in possesso di caratteristiche e disponibilità per farsi carico di un ruolo di protagonismo attivo nella fase di avvio del Distretto, alle quali potranno poi aggiungersi altre realtà imprenditoriali di filiera e/o affini. La sfida è alta e stimolante: puntare sul successo Distretto, come strumento di identificazione e di promozione di una produzione di qualità, per conseguire il successo complessivo del distretto, inteso nella sua dimensione territoriale, tanto in termini di prodotti che di produttori. Sarà dunque compito del nucleo fondante, in coerenza con gli indirizzi delineati dalla parte del Tavolo duale attorno al quale siedono i soggetti istituzionali (Camera di Commercio, Provincia di Pavia e Organizzazioni Professionali Agricole), individuare la tipologia più appropriata di compagine sociale e tracciare le linee guida di un piano di rilancio e valorizzazione del marchio Oltrepò, da porre a base del vero e proprio Piano di Distretto, avendo sin da ora consapevolezza che si dovrà agire su leve diverse tra loro integrate e sul coinvolgimento di tutti gli attori della filiera, proprio al fine di conseguire la massima integrazione possibile. Sullo sfondo, sta l’impellente necessità di espandere i mercati di riferimento dei vini D.O.C. pavesi (quelli identificativi del Distretto, ma a seguire anche tutti gli altri) per aumentare conseguentemente la domanda su nuovi mercati anche esteri, non volendo né potendo diminuire la superficie vitata, anche per l’assenza di alternative colturali nelle zone collinari. Ma si dovrà necessariamente operare anche lungo altre direttrici, quali potrebbero essere azioni di difesa delle quotazioni, che agiscano in maniera contingente e temporanea sulla riduzione dell’offerta, sia attraverso la riduzione delle rese (da valutare se resa uva, resa vino o entrambe), sia attraverso l’eventuale distruzione delle attuali eccedenze (da approfondire con quali modalità operative e con quale accesso ad eventuali contributi). E comunque diventa decisivo dare il segnale chiaro e percepibile all’esterno che, sul settore vino, si sta cambiando marcia e approccio, attraverso un ripensamento di ruolo del Consorzio Tutela Vini dell’Oltrepò e l’utilizzo di altro soggetto (al momento Valoritalia), quale ulteriore strumento di controllo. 7 2. CONSULTAZIONE E ANIMAZIONE 2.1 Modalità di consultazione dei soggetti interessati all’accreditamento del distretto La fase preparatoria della domanda di accreditamento del Distretto agroalimentare di qualità del vino in Oltrepò Pavese si è articolata nelle seguenti fasi: assunzione del ruolo di capofila da parte della Camera di Commercio di Pavia, che, già nel corso del 2008, aveva promosso la sottoscrizione di un Comitato Promotore per la costituzione di un distretto vitivinicolo in Oltrepò Pavese, composto oltre che dalla stessa Camera di Commercio, dalla Provincia di Pavia, dalle tre Associazioni Professionali Agricole della provincia maggiormente rappresentative (Coldiretti, Confagricoltura, CIA) e dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, da cui erano venute le prime iniziative mirate a dare rispondenza ai provvedimenti regionali di riconoscimento dei distretti agricoli, poi confluite in specifici incontri in sede di Tavolo Verde per la presentazione della domanda di accreditamento; collaborazione con l’Università di Pavia per la stesura di parti qualificanti della relazione tecnica di accompagnamento alla domanda di accreditamento; avvio della fase di raccolta delle manifestazioni di interesse da parte delle aziende vinicole oltrepadane per un corretto e completo coinvolgimento di tutti i soggetti potenzialmente interessati; ricerca della massima rappresentatività dei differenti segmenti della filiera e delle attività d’impresa correlate; definizione del ruolo dei soggetti privati e pubblici interessati alla costituzione del Distretto, in base a competenze e specificità e secondo quanto previsto dalla normativa regionale; stesura delle diverse e successive versioni del documento da presentare per la richiesta di accreditamento; attivazione e partecipazione attiva dei soggetti componenti il Tavolo Verde e del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese al processo di sensibilizzazione e di raccolta delle adesioni delle aziende viticole del territorio distrettuale, con la Camera di Commercio in funzione di soggetto preposto alla predisposizione e organizzazione della documentazione necessaria; elaborazione dell’accordo di partnership tra i soggetti aderenti e la definizione dei ruoli; progettazione di ipotesi gestionale per il nascente Distretto e della forma societaria e sue partecipazioni; riconsiderazione della procedura in essere e adozione degli interventi correttivi resisi necessari in conseguenza delle osservazioni prodotte dalla competente struttura di Regione Lombardia, attraverso un serrato confronto sia con i soggetti componenti il Comitato Promotore sia con una numerosa e qualificata rappresentanza delle aziende vinicole; produzione e condivisione da parte delle imprese, costituenti il nucleo fondante del Distretto, e del Comitato Promotore della versione definitiva del documento per l’accreditamento. 8 3. CONTESTO GEOGRAFICO 3.1 Delimitazione geografica dei Comuni interessati Il distretto territoriale del vino interessa i 43 Comuni dell’Oltrepò Pavese che costituiscono l’area di produzione a Denominazione di Origine (D.O.), sulla base dei rispettivi disciplinari, e più precisamente: Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Bosnasco, Broni, Calvignano, Canevino, Canneto Pavese, Castana, Casteggio, Cecima, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Godiasco, Golferenzo, Lirio, Montalto Pavese, Montebello della Battaglia, Montecalvo Versiggia, Montescano, Montesegale, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de Giorgi, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido, Rivanazzano, Rocca de Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle, Santa Giuletta, Santa Maria della Versa, Stradella, Torrazza Coste, Torricella Verzate, Volpara, Zenevredo. Figura 1 – I comuni dell’Oltrepò Pavese e l’area di produzione a D.O. • Area di produzione vini D.O.C.G. e D.O.C. O.P. 9 3.2 Descrizione delle caratteristiche fisiche e morfologiche del territorio Il territorio di interesse del Distretto risponde alle caratteristiche pedo-climatiche e paesaggistiche di seguito riportate: Tabella 1 – Valle Versa Zona Alta (superiore a 350 m.) Ruino (574 m.) Canevino (410 m.) Volpara (357 m.) Golferenzo (464 m.) Montecalvo Versiggia (360 m.) Clima: la piovosità è di circa 1000 mm/anno di pioggia, in assoluto la più piovosa dell’Oltrepò Pavese; non raggiungendo temperature troppo elevate d’estate o minime invernali eccessivamente basse, le escursioni termiche dell’Alta Valle Versa sono inferiori alle medio-basse dell’Oltrepò e l’andamento delle stagioni è più regolare. Terreno: è tendenzialmente argilloso, con una fascia limosa tra Montecalvo Versiggia e Canevino e una vena calcarea tra Golferenzo e Volpara. Spiccata tendenza alla fessurazione dei suoli. Paesaggio: l’asse principale è in direzione sud-nord, con gran parte dei vigneti rivolti a nord; l’ampiezza della valle va riducendosi in modo significativo con l’altitudine, creando microclimi più freschi e meno soleggiati. Clima: piovosità media leggermente inferiore all’Alta Valle Versa, con temperature estive più alte e minime Santa Maria della Versa (217 m.) invernali più accentuate, e conseguenti escursioni Rovescala (247 m.) termiche maggiori. San Damiano al Colle (236 m.) Terreno: è tendenzialmente argilloso, capace di Castana (302 m.) immagazzinare buone riserve idriche, mediamente Montu’ Beccaria (281 m.) calcareo. Montescano (208 m.) Paesaggio: l’asse principale è in direzione sud-nord, Canneto Pavese (233 m.) con notevole variabilità nelle esposizioni a causa dell’esistenza di un elevato numero di valli laterali; l’ampiezza della vallata principale è molto maggiore rispetto alla Valle Versa, determinando un miglior soleggiamento. Zona Media (tra 200 e 350 m.) Zona Bassa (inferiore a 200 m.) Zenevredo (195 m.) Bosnasco (124 m.) Stradella (101 m.) Clima: piovosità inferiore alle altre due zone della Valle Versa, con frequenti periodi di siccità estiva e escursioni termiche elevate. Terreno: tendenzialmente argilloso, mediamente calcareo, con spiccata tendenza al crepacciamento. Paesaggio: l’asse principale è in direzione sud-nord, con notevole variabilità nelle esposizioni e con pendenze e rilievi più dolci. 10 Tabella 2 – Valle Scuropasso Zona Alta (superiore ai 350 m.) Ruino (574 m.) Canevino (410 m.) Rocca de Giorgi (391 m.) Montalto Pavese (386 m.) Zona Media (tra 200 e 350 m.) Lirio (263 m.) Pietra de Giorgi (318 m.) Cigognola (309 m.) Castana (302 m.) Canneto Pavese (233 m.) Zona Bassa (sotto i 200 m.) Broni (88 m.) Clima: la piovosità è di circa 900 mm/anno di pioggia, che la rende la zona più piovosa della Valle; non registrando temperature troppo elevate d’estate o minime invernali eccessivamente basse, le escursioni termiche sono inferiori alle altre zone più basse e l’andamento delle stagioni è più regolare. Terreno: è tendenzialmente argilloso, con una vena calcarea nei terreni del comprensorio di Montalto Pavese. Paesaggio: l’asse principale è in direzione sud-nord con gran parte dei vigneti rivolti a nord; l’ampiezza della valle va riducendosi in modo significativo con l’altitudine, creando microclimi più freschi e meno soleggiati. Clima: piovosità media leggermente inferiore all’Alta Valle, con temperature massime estive e minime invernali invece molto simili a quelle dell’Alta Valle, determinando la conseguenza che la zona presenta caratteristiche di maggior freschezza e umidità delle altre zone medie dell’Oltrepò Pavese. Terreno: è tendenzialmente argilloso, capace di immagazzinare buone riserve idriche, poco calcareo. Paesaggio: l’asse principale è in direzione sud-nord con scarsa variabilità nelle esposizioni, in quanto l’ampiezza della vallata è molto stretta, generando forti pendenze e ombreggiamenti. Clima: piovosità inferiore alle altre due zone della Valle Scuropasso e di tutta la Valle Versa, con frequenti periodi di siccità estiva e con escursioni termiche elevate. Terreno: tendenzialmente argilloso, mediamente calcareo, con spiccata tendenza al crepacciamento. Paesaggio: non tutto il territorio del Comune è da considerarsi a vocazione viticola: la fascia nord della via Emilia è esclusa dalla D.O. ed assume caratteristiche di una viticoltura di pianura. 11 Tabella 3 – Oltrepò Centrale Clima: la piovosità di circa 800 mm/anno di pioggia ne fa la zona più piovosa dell’Oltrepò Centrale, ma Fortunago (450 m.) meno piovosa delle altre zone orientali, con la Borgoratto Mormorolo (326 m.) caratteristica di una temperatura diversa tra l’Alta Val Montalto Pavese (386 m.) Coppa, con estati calde per via di una maggior ampiezza della valle e quindi della sua esposizione, e la Valle del Torrente Ghiaia dei Risi, più chiusa e dunque con estati fresche più simili alle altre zone alte dell’Oltrepò; rispetto all’Alta Val Versa e all’Alta Valle Scuropasso la zona è segnata da maggiori escursioni termiche. Terreno: è tendenzialmente argilloso, con una vena calcarea nei terreni del comprensorio di Montalto Pavese. Paesaggio: l’asse principale è in direzione sud-estnord-ovest, con variabilità nelle esposizioni a seconda dell’apertura della valle che risulta più ampia verso la Valle Coppa. Zona Alta (superiore ai 350 m.) Zona Media (tra 200 e 350 m.) Calvignano (275 m.) Oliva Gessi (277 m.) Mornico Losana (245 m.) Zona Bassa (sotto i 200 m.) Borgo Priolo (143 m.) Redavalle (85 m.) Santa Giuletta (78 m.) Torricella Verzate (110 m.) Corvino San Quirico (180 m.) Casteggio (100 m.) Clima: piovosità media leggermente inferiore alle zone medie orientali, con clima più caldo e con maggiori escursioni termiche rispetto alla media Valle Versa e alla media Valle Scuropasso, a causa di una migliore esposizione dei versanti collinari. Terreno: è tendenzialmente argilloso, con affioramenti gessosi di notevole entità nei comuni di Calvignano, Oliva Gessi e Corvino San Quirico. Paesaggio: non esiste un asse principale, ma una serie di vallette, che si alternano, con orientamenti variabili. Clima: piovosità inferiore alle altre due zone dell’Oltrepò Centrale, con frequenti periodi di siccità estiva e con escursioni termiche elevate. Terreno: tendenzialmente argilloso, poco calcareo, con spiccata tendenza alle fessurazioni dei suoli. Paesaggio: non esiste un asse principale, ma notevole variabilità nelle esposizioni, con pendenze inferiori e rilievi più dolci. 12 Tabella 4 – Oltrepò Occidentale Zona Alta (superiore ai 350 m.) Rocca Susella (548 m.) Montesegale (426 m.) Zona Media (tra 200 e 350 m.) Ponte Nizza (265 m.) Cecima (231 m.) Godiasco (201 m.) Zona Bassa (sotto i 200 m.) Rivanazzano (154 m.) Retorbido (169 m.) Torrazza Coste (158 m.) Montebello della Battaglia (126 m.) Clima: la piovosità è di circa 800 mm/anno, con temperature fresche d’estate e contenute escursioni termiche. Terreno: è tendenzialmente argilloso con venature calcaree. Paesaggio: zona impervia, ricca di boschi, chiusa, scarsamente idonea alla viticoltura. Clima: piovosità contenuta, con prolungati periodi di siccità estiva e con maggiori escursioni termiche e nebbie autunnali nei fondovalle. Terreno: è a medio impasto con una fascia sabbiosa, poco calcareo. Paesaggio: rispetto alla zona alta presenta una maggior apertura che si raccorda alle prime colline della zona bassa. Clima: piovosità inferiore alle altre due zone dell’Oltrepò Pavese, con frequenti periodi di siccità estiva. Terreno: a medio impasto, poco calcareo con una fascia ciottolosa-sabbiosa nei pressi di Rivanazzano. Paesaggio: zona omogenea, di origine alluvionale, segnata da dolci rilievi che raccordano la pianura con l’area collinare. L’analisi geografica del territorio oltrepadano non può trascurare l’aspetto geomorfologico, che peraltro è uno degli aspetti fondamentali nello studio della zonazione viticola. Da questo punto di vista, si identificano le seguenti formazioni geologiche: - argille e limi di pianura: formatesi nell’Oleocene da depositi alluvionali a componente argillosa prevalente, di colore grigiastro, tipici di terreni plastici e impermeabili caratteristici della pianura oltrepadana, nelle aree gravitanti su Voghera, Casteggio e Stradella; - argille e limi dei pianalti terrazzati: sono depositi alluvionali limo-argillosi del Pleistocene, talora sabbiosi, con prodotti di alterazione giallo-rossastri ricchi di pisolidi (noduletti nerastri ferro-manganesiferi) e si trovano nella fascia pedecollinare che dal confine alessandrino arriva alle aree gravitanti sui centri di Casteggio e Stradella; - marne argillose: sono delle formazioni che originano substrati dal caratteristico comportamento pseudocoerente; il grado di coesione dipende dal contenuto d’acqua; - marne sabbiose: sono molto simili alle marne argillose e presentano una certa componente granulare (sabbiosa) che le rende tendenzialmente più stabili; - vena del gesso: è una formazione generatasi a causa di una imperfetta comunicazione tra Mediterraneo e Oceano Atlantico, nel Miocene superiore, che portò ad una concentrazione salina e alla deposizione (per evaporazione) di sali lungo le rive e i bassi fondali; è presente lungo tutto l’arco Appenninico e per 13 questo motivo viene definita “vena del gesso”, in particolare dove sono affioranti lenti di gesso cristallino; - arenarie e conglomerati: sono formazioni geologiche rappresentate da arenarie e conglomerati che danno origine a suoli incoerenti e sciolti. L’inquadramento geomorfologico consente di passare all’analisi dei legami tra la natura dei terreni e i vitigni oltrepadani, forzatamente limitata all’area collinare viticola, dal momento che i fondovalle non sono di interesse per la viticoltura di qualità e comunque rappresentano una superficie minima per il territorio D.O.C. Dall’approfondimento del legame vitigno-terreno-ambiente emergono le seguenti considerazioni: - le aree caratterizzate da argille e limi dei pianalti terrazzati, nonché quelle contraddistinte da marne argillose e marne sabbiose, anche con la presenza minima di inclusi lapidei calcarei, sono vocate per la coltivazione dei vitigni tradizionali a bacca nera, quali Barbera, Croatina e Uva Rara; - la presenza, nella rimanente parte del territorio D.O.C., di aree ad “arenarie e conglomerate”, “vena del gesso”, “marne sabbiose”, “marne sabbiose con alta presenza di inclusi lapidei calcarei” rende questi territori ottimali per la coltivazione del Pinot Nero e della maggior parte dei vitigni a bacca bianca. Accanto alla natura del terreno, a favorire l’habitat ottimale per questi vitigni, concorrono anche l’altitudine e un microclima caratterizzato da una forte escursione termica. Nel settore vitivinicolo esistono delle annate memorabili per la grande qualità e, di contro, quelle parimenti indimenticabili perché pessime. Gli elementi ambientali possono favorire vendemmie simili tra di loro, ma mai uguali, dal momento che esiste sempre qualche elemento che rende unica ogni singola raccolta in ogni vigneto. Il vignaiolo, a priori, può valutare la natura del terreno, l’altitudine, la pendenza e l’esposizione. Può inoltre effettuare interventi mirati, sia in vigna, sia in cantina, spesso determinanti per l’ottenimento di vini migliori o, comunque, caratterizzati e differenti tra di loro, partendo magari da un’unica base. Resta fermo che lo studio dell’interazione tra la viticoltura e l’ambiente è alla base della zonazione. Per produrre uve di qualità è fondamentale individuare l’ecosistema viticolo naturale adatto, che risulta essere l’interazione tra clima, terreno e vitigno. E’ questa la condizione essenziale perché il viticoltore possa influire, con l’uso corretto delle pratiche colturali, sui fattori di produzione, al fine di ottenere buoni risultati, nel rispetto anche di un’oculata gestione dell’economia agricola. L’Oltrepò Pavese, per la parte collinare inserita nel comprensorio del disciplinare, è da considerarsi una zona viticola ad alta vocazione per le sue caratteristiche pedologiche, territoriali e climatiche, che ben si adattano alla coltivazione della vite. E d’altro canto è proprio attraverso la conoscenza dell’ambiente che si possono conseguire le migliori scelte per il vitigno, anche in relazione alle tecniche colturali da effettuare. 3.3 Elementi storici di rilievo 3.3.1 Cenni di storia dell’Oltrepò Pavese Si può considerare come data ufficiale di nascita dell’Oltrepò Pavese l’anno 1164, quando l’Imperatore Federico I concesse alla città di Pavia il diritto di nominare i Consoli nelle località che costituiscono, grosso modo, l’attuale provincia di Pavia. Il carattere “lombardo” del territorio oltrepadano continuò in età viscontea e sforzesca, fino alla costituzione del Principato di Pavia, che comprendeva appunto l’attuale Oltrepò. Nel 1359 l’intera area cadde, insieme a Pavia, sotto la dominazione dei Visconti di Milano, cui seguirono gli Sforza, famiglie che dominarono anche il confinante Piacentino. Nel 1499 il territorio pavese, comprendente l’Oltrepò, ebbe la 14 qualifica di Principato di Pavia. Sotto gli Sforza, l’Oltrepò era governato da un Capitano con sede a Casteggio. Il territorio comprendeva un certo numero di podesterie, borghi e villaggi principali. Il numero dei Comuni era grandissimo, poiché erano Comuni talvolta anche minuscole cascine. Alla metà del XV secolo, l’intero territorio dell’Oltrepò era diviso in feudi e questa situazione non mutò fino al XVIII secolo. Bisogna comunque distinguere i piccoli feudi (detti camerali) dell’Oltrepò propriamente detto (l’originario dominio pavese), dotati di scarsa autonomia fiscale e giurisdizionale, dai grandi feudi dell’alta collina e della montagna, assoggettati dai duchi di Milano e aggregati all’Oltrepò, ma ancora dotati di larga autonomia. Questi ultimi erano detti “terre diverse”, o giurisdizioni separate; avevano ognuno una sorta di statuto speciale e vari privilegi. I principali erano i marchesati di Fortunago, Godiasco, Varzi e Pregola, nati (salvo il primo) dalla disgregazione del marchesato dei Malaspina, cui in gran parte ancora appartenevano. Molto importante anche il feudo di Bobbio, appartenente ai Dal Verme. Insieme allo Stato di Milano, l’Oltrepò passò nel 1535 alla Spagna e nel 1713 all’Austria; nel 1743, col trattato di Worms tra l’Austria e i Savoia, fu separato dal Principato di Pavia e unito al Piemonte. Sotto i Savoia, l’Oltrepò conobbe una grande fioritura e venne suddiviso in due province: una con capoluogo Voghera, il centro che era divenuto ormai il principale della zona e che, in precedenza, aveva a lungo e inutilmente cercato di affrancarsi dal dominio pavese; a sud il territorio fece parte della provincia di Bobbio fino all’unità d’Italia. Nel 1770 Voghera fu affrancata dal feudalesimo ed elevata a Città regia; il peso dei feudatari fu comunque ridotto ovunque a una funzione quasi solo simbolica. In epoca napoleonica l’Oltrepò, diviso nei due circondari di Voghera e Bobbio, fu unito prima al dipartimento di Marengo e poi a quello di Genova, appartenente all’Impero Francese. Ritornato ai Savoia nel 1814, rimase diviso in due province: Voghera e Bobbio. Nel 1859, dopo l'annessione della Lombardia al Regno di Sardegna, le due piccole province ritornarono a Pavia, la cui Provincia ricalcava in gran parte l’antico Principato. Tuttavia nel 1923 il territorio di Bobbio, tra cui i comuni di Trebecco e Caminata, fu staccato da Pavia e unito a Piacenza e in piccola parte a Genova. Inoltre, con l’arrivo nel 1859 della rete ferroviaria, la città di Voghera, capoluogo storico del territorio, assunse un ruolo importante quale punto nevralgico per l’intersecazione delle linee Milano-Genova e Torino-Bologna. Gli imprenditori che si occupavano di attività commerciali percepirono l’importanza logistica della zona. Gli investimenti degli imprenditori, inoltre, si concentrarono nella parte pianeggiante del territorio, escludendo collina e montagna, che in quel periodo subirono anzi un notevole flusso migratorio della popolazione, registrando pertanto un forte decremento demografico. La mancanza di investimenti industriali nell’area collinare ha preservato quindi il carattere agricolo del territorio nella sua vocazione vitivinicola, che tra l’altro si è andata rafforzando e specializzando nei decenni successivi. L’area collinare dell’Oltrepò Pavese è la realtà più importante a livello regionale per il settore vitivinicolo. 3.3.2 Storia della vitivinicoltura nell’Oltrepò Pavese La viticoltura dell’Oltrepò Pavese è nota e apprezzata sin da tempi molto remoti e si è specializzata fino a caratterizzarne il paesaggio collinare. In ogni caso le fonti storiografiche antiche concordano nell’attribuire l’inizio della coltivazione della vite, e conseguentemente della vinificazione, ai Greci e agli Etruschi. E’ opinione fondata che furono proprio gli Etruschi, nel corso della loro fase espansionistica nel VI a.C., a portare la coltura della vite nella Pianura Padana, con l’introduzione della vitis sativa, cioè dell’allevamento della vite e della viticoltura. I metodi di coltivazione furono 15 essenzialmente due: quello di tradizione greca, a ceppo basso e con sostegno morto, e quello dell’influenza etrusca, con potatura lunga e su sostegno vivo. Attraverso questo sistema di vite a potatura lunga, maritata a sostegni vivi, denominato arbustum, gli Etruschi valorizzarono e ingentilirono le specie selvatiche locali, operando una selezione dei vitigni. Una prima testimonianza del vino dell’Oltrepò ci viene da Strabone, storico di origine greca passato in Oltrepò, attorno al 40 a.C., al seguito delle truppe romane, che così scrisse della zona: “vino buono, popolo ospitale e botti di legno molto grandi”. Le prime citazioni certe sono però da attribuirsi a Plinio il Vecchio, il “cronista dell’epoca”, che dedicò molto spazio al “nettare degli dei” e ci tramanda di una viticoltura florida nelle località di Clastidium (Casteggio) e Litubium (Retorbido). Più avanti, nel 1192, in un documento redatto dal notaio Artono a Pavia, si faceva riferimento al vino “Bonarda”, prodotto a Rovescala. Alla fine dell’Ottocento, la viticoltura oltrepadana entrò in crisi per due gravissimi motivi: la fillossera (piccolo insetto della famiglia degli afidi) e il crollo dei prezzi dei prodotti vitivinicoli. Alla calamità naturale della fillossera fece seguito il problema economico creato dai mediatori, dalle diverse esigenze dei consumatori e dalla sovrapproduzione. L’uva era venduta a poche lire al quintale, valore che non bastava neppure a coprire le spese di coltivazione e raccolta, e inoltre la situazione fu aggravata dalla speculazione dei mediatori che, date le circostanze, ebbero gioco facile. Nei primi anni del Novecento, in Oltrepò, la viticoltura si era affermata in modo prepotente e il vigneto era diventato l’elemento principale della realtà economica. La produzione di vino aveva raggiunto i 600.000 ettolitri, con una superficie stimata di 20.000 ettari; nel 1905 era scesa a 400.000 ettolitri, per assestarsi poi nel 1910 con una produzione media di 800.000 ettolitri, su una superficie di circa 25.600 ettari. Ma i produttori oltrepadani non erano in grado di gestire il prodotto, in quanto privati del supportato di un’adeguata richiesta di mercato. Su tutti l’esempio di Broni, dove il mercato delle uve nei due trienni 1897-1899 e 1900-1902 registrò un crollo dei prezzi del 30%, con la massima depressione tra il 1907 e il 1908. Mancando la capacità di vinificare le proprie uve e di metterle sul mercato, i viticoltori furono in balia di mediatori e grossisti che acquistavano il raccolto facendo loro i prezzi, anche perché i produttori erano legati a tempi di raccolta molto stretti. L’unica possibilità per uscire da questo impasse fu quello di organizzarsi, associandosi. Questo avrebbe permesso ai viticoltori di essere liberi dalla vendita dell’uva e non più dipendenti dai prezzi di mercato. Inoltre si sarebbe reso possibile conseguire altri due grandi vantaggi: produrre maggior quantità di uva, con attrezzature che i piccoli produttori non possedevano, e migliorare la qualità della produzione. La prima cantina sociale fondata in Oltrepò fu quella di Montù Beccaria nel 1902, cui, nel 1905, seguì quella di Santa Maria della Versa. Nel 1906 furono costituite quelle di Canneto Pavese e di San Damiano al Colle. In seguito nacquero le Cantine di Casteggio, Retorbido e Torrazza Coste. Nel 1909 quella di Stradella e nel 1931 quella di Codevilla. Le cantine sociali sono tutt’ora una realtà significativa presente in gran parte dell’Oltrepò Pavese. Sono cambiati i tempi, alcune cantine sono state chiuse, altre si sono fuse, ma non è cambiato lo spirito che sottende alla realtà territoriale costituita dalle cantine sociali. Se la congiuntura storica che favorì la nascita delle cantine sociali va ricercata nel triste periodo che caratterizzò il passaggio dal XIX al XX secolo, il successo della cooperazione è stato tale che alcune di queste strutture sono tutt’ora attive ed importanti per il settore vitivinicolo territoriale. Le cantine sociali hanno sostenuto i vignaioli locali a superare i periodi storici più duri degli ultimi cento anni. Anche dopo gli anni della seconda guerra mondiale il numero di oltrepadani che si dedicavano all’agricoltura restò molto elevato, anche perché l’agricoltura garantiva a tutti una dignitosa sopravvivenza. In 16 pochi anni si assistette però a un cambiamento epocale, collegato alla grande meccanizzazione e alle nuove tecnologie in vigna ed in cantina. Queste modificazioni portarono a rivedere le dimensioni aziendali, dal momento che le piccole aziende non erano in grado di far fronte ai costi per acquisire i macchinari adeguati o per fare strategie di marketing. Venne in tal modo a determinarsi la conseguenza che le cantine sociali aumentarono ulteriormente il numero dei soci, diventando le maggiori realtà vitivinicole del territorio, potendo contare su un maggior numero di conferimenti. Tutto ciò si scontrò però con nuove esigenze, ovvero le richieste pressanti dei consumatori e la forte competitività commerciale. Le cantine sociali effettuarono quindi numerosi investimenti e si orientarono verso il contenimento dei costi di produzione. Operarono inoltre per modificare la commercializzazione e la vendita del vino, che dalla forma tradizionale della cisterna e della damigiana, si avvicinò sempre più alla bottiglia. Volendo portare a sintesi estrema, è dunque del tutto fondato sostenere che l’Oltrepò Pavese si caratterizza per un’antica e profonda vocazione vitivinicola che dura da più di duemila anni e che, attraverso una lunga evoluzione, è giunta all’attuale conformazione: una superficie di 1.098 chilometri quadrati, dei quali un terzo di pianura e due terzi di collina e montagna; di questi il 30% circa appartiene alla zona di produzione D.O.C., con 13.600 ettari a vigneto pari al 13% circa dell’intera area dell’Oltrepò, di cui quasi l’80% produce uva D.O.C. Molti e variegati sono i vini D.O.C. prodotti nell’area oltrepadana: 8 tipologie di vini rossi, 2 di rosati, 11 di bianchi, 2 spumanti classici e 8 spumanti Charmat, per un totale di quasi 45 milioni di bottiglie prodotte annualmente (di cui più di 11 milioni di Spumante), anche se quasi l’80% appartiene alle prime quattro tipologie, nell’ordine Bonarda, Barbera, Riesling Italico e Pinot Nero. 3.4 Caratteristiche e dinamiche ambientali in atto, presenza di vincoli Il territorio dell’Oltrepò è caratterizzato da numerosi corsi d’acqua, a carattere torrentizio, che ne determinano la divisione in valli: la Valle Ardivestra, la Valle Coppa, la Valle Scuropasso, la Valle Staffora, la Valle Tidone e la Valle Versa. Per caratteristiche geomorfologiche gran parte dell’Oltrepò montano rientra nelle aree ad elevato rischio sismico. E’ pur vero però che, per la zona vitata, il principale elemento di debolezza e preoccupazione, con pesanti riflessi economici, resta il dissesto idrogeologico e la sua manifestazione nei movimenti franosi che ancora interessano i versanti a vigneto. Risale al lontano 1978 la Legge Speciale di Regione Lombardia n. 59, con la costituzione dell’Ufficio Speciale dell’Oltrepò e al 1982 il corposo Piano Aquater per il riassetto idrogeologico (ma anche socio-economico) del territorio, eppure le frane non hanno cessato di tormentare le colline oltrepadane, fino a interessare quasi il 40% del settore orientale (Valle Versa e Valle Scuropasso). A marzo 2010, nell’area compresa tra Broni e Casteggio sono state censite, tramite rilievi sul terreno e fotointerpretazioni, circa 1300 frane superficiali. Basta questo dato a dare il senso della gravità perdurante del fenomeno. Va peraltro rilevato come la maggior parte delle frane si siano innescate in corrispondenza di incolti, di vigneti abbandonati e di zone a bosco, in realtà derivanti da vecchi vigneti non più coltivati da lungo tempo ed invasi da vegetazione arbustiva ed arborea. Ciò, senza dimenticare né sottovalutare il dato che la disposizione dei filari lungo pendio e con lunghezze sovente superiori a 100 metri ha un ruolo importante nell’innesco dei dissesti idrogeologici sul stesso pendio. Quanto alle aree protette, va segnalato che sull’Oltrepò Pavese insiste solo il SIC Riserva Naturale di Monte Alpe, esteso per poco più di 3 kmq e situato interamente all’interno del territorio comunale di Menconico. 17 4. CONTESTO ECONOMICO E SOCIALE 4.1 Dinamiche demografiche, sociali e occupazionali Sulla base degli indicatori presentati nella Tabella 5, è possibile suddividere il territorio dell’Oltrepò Pavese in quattro raggruppamenti omogenei in termini di elementi del capitale territoriale: il primo raccoglie i Comuni montani rurali, il secondo i Comuni collinari fortemente rurali, il terzo i Comuni dell’asta meridionale del Po a vocazione industriale e del terziario, il quarto i Comuni urbani. Tabella 5 – Elementi del capitale territoriale usati per classificare il territorio oltrepadano ELEMENTO DEL TERRITORIALE CAPITALE VARIABILI SELEZIONATE CAPITALE FISICO Insieme delle risorse materiali e strumentali legate alla produzione di beni materiali e immateriali e che determinano la produttività dei sistemi economici; ne fanno parte anche le dotazioni naturali e architettoniche di un territorio - Attività e imprese Dimensione media aziende agricole, industrie e altre attività (2001); specializzazione agricola* (addetti), specializzazione industria* (addetti), specializzazione altre attività* (addetti) (2001); alberghi e ristoranti (2005); attività agrituristiche (2005). - Infrastrutture Rete stradale (2007). - Rete di erogazione di servizi Totale consumi energia (1999). - Patrimonio storico e architettonico Nucleo storico (2004); architetture civili (2004); architetture di culto (2004); architetture produttive (2004); viabilità storica (2004). - Risorse naturali Superficie territoriale (2001); paesaggio agricolo (2001); aspetti morfologici naturalistici (2004); aree protette (2004); paesaggi e visuali (2004); ambiti (2004). Totale popolazione residente (2001); tasso di femminilizzazione (2001); densità abitativa CAPITALE UMANO (2001); indice di dipendenza anziani e giovanile Qualità demografiche e socio-economiche, le (2005); indice di non conseguimento della scuola conoscenze, le competenze e le abilità della dell'obbligo (2001); tasso di occupazione (2001); popolazione di un territorio tasso di disoccupazione totale e giovanile (2001). CAPITALE FINANZIARIO Numero sportelli bancari (2007); numero sportelli Insieme delle risorse finanziarie di cui dispongono postali (2007); attività di intermediazione gli attori economici di un territorio finanziaria e monetaria (2005). 18 CAPITALE CULTURALE Musei (2007); strutture termali (2007); L’eredità storica, la presenza di un patrimonio manifestazioni, in particolare legare ad agricoltura artistico e di tradizioni storiche e popolari e prodotti alimentari (2007). CAPITALE SOCIALE Appartenenza alla Comunità Montana (2007); Sistema di relazioni, norme e valori condivisi di appartenenza al GAL (2007); numero di una popolazione, che facilitano la creazione di reti associazioni e organizzazioni di volontariato di fiducia e la cooperazione tra gli individui (2007). *La specializzazione è stata calcolata facendo riferimento alla seguente formula: Sx X = ic X tc X io X to dove X è numero aziende o il numero di addetti, i indica il settore considerato, c si riferisce al comune selezionato, t esprime il totale dei settori e o l’area dell’Oltrepò Pavese nel suo insieme. Si assume valori maggiori di 1 quando il comune risulta specializzato nel settore considerato; minori di 1 nel caso opposto. (…) anno di riferimento della variabile Figura 2 – I comuni dell’Oltrepò Pavese per omogeneità degli elementi del capitale territoriale 19 Tabella 6 – Comuni e caratteri del territorio Raggruppamento Caratteri Comuni montani rurali Comuni: Bagnaria, Borgoratto Mormorolo, Brallo di Pregola, Cecima, Fortunago, Menconico, Montesegale, Ponte Nizza, Rocca Susella, Romagnese, Ruino, Santa Margherita di Staffora, Val di Nizza, Valverde e Zavattarello. Profilo: Si tratta di centri rurali dotati di una rilevante vocazione agricola, quale emerge da due distinti punti di osservazione: da un lato, le specificazioni del capitale fisico presente, non solo in riferimento alla specializzazione agricola e alla presenza di attività agrituristiche, i cui valori osservati sono in entrambi i casi maggiori rispetto alla media del territorio, ma anche in relazione alla rilevanza degli aspetti geomorfologici e naturalistici, delle aree protette, dei paesaggi e visuali e degli ambiti; dall’altro lato, l’osservazione del capitale culturale e sociale che mostra, sul versante culturale una significativa presenza di manifestazioni legate alla tradizione popolare, in particolare legate all’agricoltura e ai prodotti alimentari, mentre il capitale sociale appare caratterizzato dall’appartenenza dei comuni alla Comunità Montana e al GAL, due enti con finalità di promozione dello sviluppo rurale dell’area. La presenza del “Salame di Varzi” D.O.P. costituisce uno degli elementi principali attorno al quale ruotano le diverse iniziative che congiuntamente promuovono anche i vini di qualità oltrepadani. Si riscontra una relativamente bassa dotazione di capitale finanziario (tutte le variabili considerate registrano valori al di sotto della media del territorio). Per quanto riguarda il capitale umano, infine, nonostante il grado di istruzione sia relativamente buono (come attesta il valore dell’indice di non conseguimento della scuola dell’obbligo, inferiore alla media delle altre aggregazioni), emergono alcune debolezze, che si sostanziano, in particolare, nella presenza elevata di una popolazione anziana (l’indice di dipendenza anziani è il più alto del territorio) e nel fatto che il tasso di occupazione e il tasso di disoccupazione siano entrambi al di sotto della media del territorio, facendo emergere una scarsa partecipazione al mercato del lavoro. Comuni collinari fortemente rurali Comuni: Albaredo Arnaboldi, Borgo Priolo, Bosnasco, Calvignano, Canevino, Castana, Canneto Pavese, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Golferenzo, Lirio, Montalto Pavese, Montecalvo Verseggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de’ Giorgi, Redavalle, Retorbido, Rocca de’ Giorgi, Rovescala, San Damiano al Colle, Santa Giulietta, Santa Maria della Versa, Torrazza Coste, Torricella Verzate, Volpara e Zenevredo. Profilo: Analogamente al raggruppamento dei comuni montani rurali, anche in questo caso, gli indicatori del capitale territoriale sottolineano un orientamento fortemente agricolo della struttura 20 produttiva, articolata attorno alle diverse produzioni viticole. La differenza principale tra i due gruppi consiste nell’intensità di questo orientamento e nel fatto che esso venga identificato attraverso indicatori diversi. La caratterizzazione agricola risulta intanto dalle specificazioni del capitale fisico presente. In particolare, per quanto riguarda le attività e imprese, tutte le variabili connesse al settore agricolo costituito quasi esclusivamente dalla viticoltura (ossia il numero di aziende agricole, la loro dimensione media e l’indice di specializzazione agricola) registrano valori superiori alla media territoriale. Analogo andamento si verifica per i valori assunti dalle variabili riferite alla presenza di paesaggio agricolo e di ambiti. Altri tratti distintivi del capitale fisico che appaiono significativi sono la specializzazione nel settore secondario fortemente legato ad attività connesse alla vitivinicoltura (che però ha un’intensità molto minore di quella del settore agricolo) e, in relazione al patrimonio storico e architettonico, la presenza di nuclei storici e di architetture produttive che molto spesso trovano valorizzazione nell’ambito di manifestazioni volte a promuovere le tipicità eno-gastronomiche locali, primi tra tutte i vini di qualità, molto spesso proposti in associazione con il Salame di Varzi D.O.P. La caratterizzazione rurale e agricola viene, inoltre, sottolineata dalla specificazione del capitale sociale, e in particolare dall’appartenenza dei comuni alla Comunità Montana. Per quanto riguarda il capitale umano, la rilevazione di un indice di non conseguimento della scuola dell’obbligo superiore alla media del territorio ne evidenzia la debolezza. Vanno, però, sottolineate alcune potenzialità positive, legate alla presenza di una popolazione giovane e di un mercato del lavoro attivo (favorito, in particolare, dalle attività vitivinicole ad esso connesse), che emergono dall’osservazione dell’indice di dipendenza giovanile e del tasso di occupazione al di sopra della media delle altre aggregazioni (mentre il contrario si registra in relazione all’indice di dipendenza anziani e ai tassi di disoccupazione, sia totale che giovanile). Infine, questi comuni si connotano per una relativamente ridotta dotazione di capitale finanziario: tutte le variabili utilizzate per la loro descrizione, infatti, assumono valori inferiori alla media del territorio oltrepadano. Comuni dell’asta meridionale del Po a vocazione industriale e del terziario Comuni: Barbianello, Bastida de’ Dossi, Bastida Pancarana, Bressana Bottarone, Campospinoso, Casanova Lonati, Casei Gerola, Castelletto di Branduzzo, Cervesina, Corana, Cornale, Lungavilla, Mezzanino, Montebello della Battaglia, Pancarana, Pinarolo Po, Pizzale, Rea, Robecco Pavese, San Cipriano Po, Silvano Pietra, Verretto e Verrua Po. Profilo: In questo raggruppamento si riduce in maniera significativa la vocazione agricola che caratterizza i due gruppi precedenti. Nel complesso, inoltre, il capitale territoriale dei Comuni appare inferiore a quello degli altri. Il capitale fisico 21 risulta caratterizzato dalla preponderanza di attività economiche legate ai settori secondario e terziario, come testimoniano il dato sulla dimensione media di industrie e aziende operanti nel settore di servizi e altre attività e il dato sulla specializzazione nel settore secondario e terziario che sono maggiori rispetto alla media del territorio. La dotazione in termini di patrimonio storico e architettonico e di risorse naturali appare limitata, dal momento che le uniche variabili rilevanti sono, per il primo aspetto, i nuclei storici e, per il secondo, le aree protette e il paesaggio agricolo. In riferimento al capitale umano, se ne osserva la sua debolezza, connessa ad un indice di non conseguimento della scuola dell’obbligo che registra il più alto valore dell’intero territorio. Emergono comunque alcune potenzialità positive legate a un relativamente elevato tasso di dipendenza giovanile e all’esistenza di un mercato del lavoro caratterizzato da una elevata partecipazione, come testimonia il tasso di occupazione superiore alla media dell’area, ma anche da elementi di criticità, come indicato dal tasso di disoccupazione anch’esso superiore alla media del territorio oltrepadano. Il dato sul tasso di disoccupazione giovanile, inoltre, essendo il più elevato del territorio dell’Oltrepò Pavese potrebbe indicare un difficile inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. Si evidenzia, infine, una ridotta dotazione dei Comuni del gruppo in relazione al capitale finanziario, al capitale culturale e al capitale sociale: tutte le variabili utilizzate per la loro descrizione assumono nel caso di questi comuni valori inferiori alla media del territorio nel suo insieme. Comuni urbani Comuni: Broni, Casteggio, Godiasco, Rivanazzano, Stradella, Varzi e Voghera. Profilo: In questo raggruppamento, il capitale territoriale risulta maggiormente diversificato nei suoi elementi costitutivi. Per quanto riguarda il capitale fisico nella sua specificazione di attività e imprese, si osserva una significativa diversificazione delle attività economiche nei tre settori di attività: in particolare, il numero delle aziende operanti nei tre settori risulta superiore alla media del territorio oltrepadano, così come la dimensione media delle aziende operanti nei settori secondario e terziario spesso legato alla vitivinicoltura. In quest’area sono ubicate le 4 cantine sociali (Terre d’Oltrepò, Cantina La Versa, Cantina di Canneto Pavese, Cantina Torrevilla) e il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese di Broni. La caratterizzazione essenzialmente urbana di questi Comuni si può rilevare dalla specializzazione nel settore terziario e dallo sviluppo delle reti di erogazione di servizi (il dato sul consumo di energia elettrica risulta il più elevato dell’intero territorio). Anche il valore relativo alla presenza di alberghi e ristoranti e di attività agrituristiche, che testimoniano l’esistenza di un settore turistico relativamente sviluppato, risulta significativo. Lo confermano tanto i dati relativi al patrimonio storico e architettonico, che indicano una 22 presenza di nuclei storici, architetture civili, di culto e produttive, e di elementi di viabilità storica al di sopra della media del territorio, quanto i dati relativi alle risorse naturali, in quanto anche le variabili riferite agli aspetti geomorfologici e naturalistici e ai paesaggi e visuali registrano valori superiori alla media. D’altro canto, la rilevanza del settore turistico si associa alle specificazioni del capitale culturale dei Comuni dove risultano significative non solo le manifestazioni popolari, tra cui anche quelle legate all’agricoltura e ai prodotti agricoli, ma anche la presenza di musei e strutture termali. Il maggiore sviluppo economico rispetto al resto dell’Oltrepò può essere rilevato anche osservando il capitale finanziario, dal momento che le variabili considerate, ossia il numero di sportelli bancari e postali, e le attività di intermediazione monetaria e finanziaria, assumono valori superiori alla media del territorio solo in questo raggruppamento. Per quanto riguarda il capitale umano, i valori registrati dalle variabili utilizzate per la sua descrizione ne attestano la buona qualità: oltre ad essere i Comuni maggiormente popolati, come dimostrano i dati sul totale della popolazione residente e sulla densità di popolazione, che risultano relativamente elevati, sono anche quelli in cui si registra una significativa presenza di una popolazione giovane e mediamente istruita. Il valore dell’indice di dipendenza giovanile risulta superiore alla media del territorio, mentre il contrario avviene per gli indici di dipendenza anziani e di non conseguimento della scuola dell’obbligo. Si osserva, inoltre, l’esistenza di un mercato del lavoro dinamico, caratterizzato da un’elevata partecipazione come indica il tasso di occupazione, ma anche da elementi di criticità, come si rileva dal valore assunto dal tasso di disoccupazione, entrambi al di sopra della media degli altri raggruppamenti. Il capitale sociale, infine, è caratterizzato da un elevato grado di associazionismo: il numero di associazioni e organizzazioni di volontariato rilevato è il più alto del territorio dell’Oltrepò Pavese. Sovrapponendo alla classificazione sopra presentata i Comuni che costituiscono l’area di produzione dei vini D.O.C.G. e D.O.C. Oltrepò Pavese, si osserva come 29 di essi ricadano nell’aggregazione dei Comuni fortemente rurali, 8 in quello dei Comuni rurali e 5 in quello dei Comuni urbani. 23 Figura 3 – La zona di produzione dell’Oltrepò Pavese della D.O.C.G e D.O.C. O.P. e il capitale territoriale • Area di produzione vini D.O.C.G. e D.O.C. O.P. La produzione di vini D.O.C.G. e D.O.C. si inserisce per lo più in un territorio omogeneo in quanto elementi del capitale territoriale accomunato da una forte identità rurale. La Figura 4 associa all’area di produzione dei vini D.O.C.G. e D.O.C. quella del Salame di Varzi D.O.P., ponendone in evidenza la sovrapposizione e la contiguità territoriale a cui si associa spesso la complementarietà produttiva oltre che la promozione congiunta. Al riguardo è frequente, se non abituale, assistere a banchi di assaggio del vino dell’Oltrepò nelle diverse manifestazioni promozionali, che viene sottoposto in abbinamento all’assaggio del salame di Varzi. Questo aspetto rappresenta un elemento di originalità dell’area di produzione vitivinicola oltrepadana 24 Figura 4 – Il distretto agroalimentare di qualità del vino in Oltrepò Pavese e l’area di produzione del Salame di Varzi D.O.P. • Area di produzione vini D.O.C.G. e D.O.C. O.P. Area di produzione Salame di Varzi D.O.P. L’analisi shift - share consente di comprendere il ruolo della composizione strutturale del settore considerato e dei fattori locali di sviluppo sulle dinamiche di crescita del comparto vitivinicolo al fine di verificare, in particolare, l’impatto dei fattori territoriali. Attraverso questa metodologia è possibile distinguere i fattori di progresso comunale autonomi, ovvero la presenza di una struttura produttiva orientata verso settori più dinamici del vitivinicolo D.O.C., da quelli legati ai vantaggi localizzativi e di competitività. L’analisi è ristretta ai soli vini D.O.C. e all’intervallo temporale 1997-2008, perché la produzione D.O.C.G. parte dal 2009. L’inclusione di tale tipologia di vino renderebbe non confrontabili i dati del 2009 con quelli relativi agli anni precedenti. La variazione relativa del totale delle denunce in Oltrepò tra il 1997 e il 2008 è scomposta in tre grandezze: - tendenziale, che indica la quota attribuibile all’andamento complessivo, nell’intera area di produzione dei vini Oltrepò D.O.C., delle denunce, ovvero informa su quale sarebbe stata la variazione della grandezza esplicativa, se essa fosse dipesa esclusivamente dalla dinamica oltrepadana del vino D.O.C.; - strutturale, che misura l’effetto della maggiore (valore positivo della componente) o minore (valore negativo della componente) presenza nella provincia, all’inizio del periodo, di settori produttivi che, nel complesso della regione, sono risultati a più rapida crescita nell’intervallo temporale considerato; - locale, che esprime l’attitudine dell’economia comunale ad espandersi più velocemente (valore positivo della componente) o meno velocemente (valore 25 negativo della componente) di quanto sarebbe da attendersi in relazione alla sua struttura produttiva iniziale, se ogni settore si sviluppasse allo stesso tasso di crescita del corrispondente settore a livello oltrepadano. Quest’ultimo termine è considerato come indicatore della capacità di attrazione posseduta dal Comune considerato rispetto ai vini D.O.C. In altre parole, esso evidenzia l’importanza dei fattori locali di sviluppo sulla dinamica della variabile oggetto di analisi. Confrontando i valori comunali della componente strutturale e locale stimati attraverso l’analisi shift - share si evince la rilevanza della seconda componente sulla prima, che, al contrario, assume valori estremamente contenuti. Tabella 7 – Analisi shift - share Borgo Priolo Borgoratto Mormorolo Bosnasco Broni Calvignano Canevino Canneto Pavese Castana Casteggio Cigognola Codevilla Corvino San Quirico Fortunago Godiasco Golferenzo Lirio Montalto Pavese Montebello della Battaglia Montecalvo Versiggia Montescano Montesegale Montù Beccaria Mornico Losana Oliva Gessi Pietra de' Giorgi Redavalle Retorbido Rivanazzano Rocca de' Giorgi Rocca Susella Rovescala Ruino San Damiano al Colle Santa Giuletta Santa Maria della Versa COMPONENTE TENDENZIALE COMPONENTE LOCALE COMPONENTE STRUTTURALE -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 0,209 0,107 -0,153 0,477 -0,451 -0,078 -0,142 -0,140 0,031 -0,086 -0,002 0,247 0,168 0,297 0,092 0,064 0,046 -0,264 -0,143 0,146 -0,088 0,007 -0,037 0,232 -0,009 -0,146 0,195 -0,047 -0,088 0,308 -0,069 0,068 -0,069 0,145 0,133 -0,01499 -0,04037 0,013647 -0,02394 -0,02738 -0,08838 0,014018 0,058243 -0,05521 0,086276 -0,1301 -0,10784 -0,04649 0,196407 -0,06088 0,013489 -0,05278 -0,0767 -0,0168 0,123068 -0,09546 0,074915 -0,01606 -0,02319 0,009974 -0,01379 -0,05379 -0,08464 -0,06434 -0,02867 0,230867 -0,0282 0,018758 0,050359 0,018112 26 Stradella Torrazza Coste Torricella Verzate Volpara Zenevredo -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,136 -0,132 -0,212 0,465 0,121 -0,625 0,072681 -0,06 -0,05878 -0,09742 0,118102 I dati emergenti sottolineano la rilevanza dei fattori legati ai vantaggi localizzativi e di competitività del territorio: la componente locale risulta avere una importante capacità di influenza sulla dinamica complessiva del settore, componente che in oltre la metà dei Comuni considerati è positiva. Dunque l’area di produzione dei vini D.O.C. Oltrepò Pavese sembra presentare una significativa capacità di attrazione che va oltre le caratteristiche pedo-climatiche particolarmente favorevoli. Se ne trae la conclusione che, nell’Oltrepò Pavese, territorio e vitivinicoltura sono legati da una capacità di rafforzamento reciproco. 4.2 Analisi e dati di natura economica del comparto vitivinicolo e descrizione della realtà produttiva 4.2.1 I vini D.O.C.G. e D.O.C. Si è detto che la produzione vitivinicola costituisce un elemento caratterizzante la storia del territorio dell’Oltrepò Pavese. Accanto alla rilevanza del settore in termini storici, emerge chiaramente la sua rilevanza dal punto di vista sia della sua produzione finale sia della sua estensione geografica: l’Oltrepò Pavese è, infatti, la terza area di produzione di vini certificati in Italia, per ettolitri prodotti (Consorzio Tutela Vini Oltrepò, 2007) e per SAU iscritta all’Albo Vigneti, nonché la sesta per produzione effettiva di vino (ISMEA, 2007). Dal punto di vista vitivinicolo il territorio oltrepadano si distingue in Italia per l’importanza della produzione. Basti pensare che esprime la pressoché totale concentrazione della produzione di uve Pinot Nero nazionale (circa il 75%) e altrettanto è per la produzione di uva Croatina sul totale in Italia (circa il 70%). Dal punto di vista della capacità di rinnovazione e innovazione, la sua vitalità può essere esemplificata da diverse iniziative di sviluppo, di prodotto/mercato e, in primo luogo, dall’importante progetto, ormai in fase di affermazione, costituito dal lancio produttivo e commerciale della D.O.C.G. Oltrepò Pavese Metodo Classico Rosé, conosciuto come “Cruasè”, che ad oggi è l’unico al mondo. La piramide produttiva dell’Oltrepò Pavese si compone, come quella della Lombardia nel suo complesso, di vini da tavola, vini I.G.T. e vini D.O.C. e D.O.C.G. Qui più che altrove, però, il settore si caratterizza per la forte prevalenza dei vini di qualità (D.O.C. e D.O.C.G.), che non solo hanno un peso significativo sul totale della produzione, ma anche una incidenza superiore alla media delle altre province lombarde, come evidenziato dalla Tabella 8 in termini di superfici, kg di uva e litri di vino prodotti. 27 Tabella 8 - Produzione vitivinicola dell’Oltrepò Pavese e della Lombardia (2009) BG BS LO MI MN VA PV OP DOC DOCG PV IGT Lombardia SUPERFICIE PRODUTTIVA* KG PRODOTTI LT PRODOTTI 2,57 25,51 0,00 0,56 5,46 0,03 42,59 23,27 100,00 2,11 23,32 0,00 0,50 7,21 0,02 37,08 29,76 100,00 2,14 21,57 0,00 0,52 7,43 0,02 35,54 32,77 100,00 *si intende la superficie effettivamente in produzione, dichiarata nelle denunce delle uve Fonte: Elaborazione dati camerali IC-DEIS I valori riportati nella Tabella 9 sottolineano l’importanza dell’Oltrepò Pavese nel contesto viticolo lombardo con un peso in termini di aziende del 29.41%. Tabella 9 – Aziende iscritte in provincia di Pavia e in Lombardia (2009) AZIENDE Provincia di Pavia Oltrepò Pavese (DOC e DOCG) Lombardia ISCRITTE 3.022 10.277 %AZIENDE ISCRITTE sul totale lombardo 29.41% 100 Fonte: Siarl 2009 Un primo elemento significativo dell’evoluzione del settore è costituito dall’approssimazione dei trend, che hanno caratterizzato il comparto tra gli anni 1998 e 2009, attraverso i dati raccolti prima dalla CCIAA negli Albi Vigneti e poi dalla Regione nel SIARL, relativamente alle superfici iscritte e alle quantità di vini D.O.C. prodotti. Tabella 10 - Dinamica delle aziende, della superficie e delle quantità prodotte – 199800/2006-09 (valori medi e %) 1998-2000 Superfici (ettari) 11.890 Quantità prodotte 551.368 (ettolitri) 2006-2009 VARIAZIONE % 1998-00/2006-09 11.089 452.147 -6,74 -18,00 Fonte: Elaborazione Albo Vigneti (2006) e SIARL (2009) Dall’esame dei dati emerge come, nell’ambito dell’intervallo temporale considerato, la superficie e le quantità prodotte si siano ridotte, tendenza che però risulta in linea con quella nazionale ed europea. 28 4.2.2 Le tipologie di vini a D.O. Oltrepò Pavese Fino al 2010, l’Oltrepò aveva un’unica Denominazione “Oltrepò Pavese”, con varie tipologie. In seguito alla revisione dei Disciplinari, le tipologie di vini più rappresentative del territorio, ovvero Bonarda, Pinot Nero (vinificato in rosso), Pinot Grigio, Buttafuoco e Sangue di Giuda, sono uscite dalla Denominazione “Oltrepò Pavese” e sono diventate Denominazioni, con i rispettivi Disciplinari. Sempre nel 2010, c’è stato il riconoscimento della nuova Denominazione “Casteggio”, nata per dare risalto a un vino ottenuto da uve barbera (minimo 65%), croatina, uva rara e pinot nero (massimo 45%), che tradizionalmente viene prodotto nella zona limitrofa al Comune di Casteggio. Ne consegue che la Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) “Oltrepò Pavese” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal Disciplinare di produzione per le seguenti tipologie: Rosso, Rosso riserva, Rosato, Rosato frizzante, Bianco, Bonarda, Bonarda frizzante, Barbera, Barbera frizzante, Barbera riserva, Riesling, Riesling frizzante, Riesling spumante, Riesling riserva, Riesling superiore, Cortese, Cortese frizzante, Cortese spumante, Moscato, Moscato frizzante, Moscato spumante, Moscato liquoroso, Moscato passito, Malvasia, Malvasia frizzante, Malvasia spumante, Pinot nero (vinificato in bianco), Pinot nero vinificato in bianco, Pinot nero vinificato in bianco frizzante, Pinot nero vinificato in bianco spumante, Pinot nero vinificato in rosato, Pinot nero vinificato in rosato frizzante, Pinot nero vinificato in rosato spumante, Chardonnay, Chardonnay frizzante, Chardonnay spumante, Sauvignon, Sauvignon spumante, Cabernet Sauvignon. Come si è detto, alla Denominazione “Oltrepò Pavese” si sono aggiunte, dal 2010, le nuove Denominazioni: Bonarda dell’Oltrepò Pavese con le tipologie Bonarda e Bonarda Frizzante; Oltrepò Pavese Pinot Grigio con le tipologie Pinot Grigio e Pinot Grigio Frizzante; Pavese Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese con le tipologie Pinot Nero e Pinot Nero Riserva; Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese con le tipologie Buttafuoco e Buttafuoco Frizzante; Sangue di Giuda dell’Oltrepò Pavese con le tipologie Sangue di Giuda e Sangue di Giuda frizzante. L’Oltrepò vanta anche quattro tipologie di vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (D.O.C.G.): “Oltrepò Pavese” metodo classico, “Oltrepò Pavese” metodo classico rosé, “Oltrepò Pavese” metodo classico Pinot nero e “Oltrepò Pavese” metodo classico Pinot nero rosé. La distribuzione della produzione, delle superfici iscritte e degli iscritti per tipologia di vini D.O.C. Oltrepò Pavese pone in evidenza la rilevanza di Bonarda, Barbera, Pinot Nero e Riesling. Il contributo complessivo al settore dei quattro vini è dell’85% circa degli ettolitri prodotti, di quasi l’84% degli ettari di superficie iscritta e del 73% circa dei dichiaranti. In termini di valutazione critica si può considerare che la diversificazione di vini che caratterizza l’Oltrepò costituisce insieme il punto di forza (molteplicità dell’offerta di vini e di territori/paesaggi) e il punto di debolezza (mancanza di un elemento centrale e identificativo): l’Oltrepò Pavese è largamente noto come un territorio ad alta vocazione vinicola, ma è difficile identificarlo con un vino in particolare, ad eccezione del Bonarda. Il sistema produttivo oltrepadano è fatto da tante piccole aziende che arrivano alla sola produzione o alla vinificazione e che non hanno canali distributivi strutturati con conseguente difficoltà di vendita del proprio prodotto. A ciò va aggiunto che non si è verificata, nel corso degli anni, l’espansione dei mercati di riferimento del vino pavese che continua a essere un consumo prettamente regionale e comunque con grandi difficoltà sull’export. 29 Il vino simbolo dell’Oltrepò, ovvero la Bonarda, soffre di una variazione troppo ampia dei parametri sensoriali di base che lo priva di una precisa identità e ne mina ogni sforzo di corretto posizionamento. L’alto volume di offerta “generica” sta favorendo un impiego inappropriato del brand, come veicolo di entrata nei punti vendita piuttosto che come prodotto di valore. La disaffezione “inconscia” dei produttori dal marchio Bonarda è provata dalle etichette: negli anni ‘70 e ‘80 questo marchio era impiegato come attrazione/definizione di pregio, oggi è nascosto dai brand aziendali e dalle denominazioni di fantasia. Il che significa di fatto che produttori non credono più al marchio. E’ anche da questa constatazione che emerge e s’impone la necessità di definire un piano complessivo di rilancio e valorizzazione che agisca su diverse leve tra loro integrate e che preveda il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera proprio per una maggiore integrazione. Gli obiettivi da perseguire sono tanto facili e intuitivi nella loro identificazione quanto complessi e minati da interessi divergenti all’atto di ricercarne il conseguimento con azioni concrete. E dunque appare piuttosto semplice ritrovare una diffusa convergenza sulla volontà di operare per espandere i mercati di riferimento dei vini D.O.C. pavesi in modo da aumentare la domanda su nuovi mercati anche esteri, non essendo realisticamente praticabile la diminuzione della superficie vitata, anche per l’assenza di alternative colturali nelle zone collinari. Meno immediata e condivisa si prospetta la necessaria definizione delle leve su cui agire, già a breve termine, per reggere le quotazioni del Bonarda, al momento il vino in maggiore difficoltà, evitando di far crollare il mercato che sarebbe molto complesso poi far risalire. Quanto poi alla fase successiva, ovvero porre le basi per una ristrutturazione del sistema produttivo vitivinicolo, partendo sempre dal presupposto di non diminuire la superficie vitata, si può sin da ora prevederne un andamento segnato da divergenze e contrapposizioni, il cui superamento, almeno parziale, potrebbe appunto venire da uno strumento come il Distretto, capace di tradurre le necessarie convergenze in concrete convenienze. Tabella 11 – Distribuzione % della produzione di vini per tipologia di vino DOCG e DOC O.P. (2009) % PRODUZIONE O.P. Barbera 21,98 0,01 39,40 1,21 0,74 1,67 0,90 0,48 0,97 1,39 3,10 1,67 12,96 10,52 0,01 0,71 O.P. Bianco O.P. Bonarda O.P. Buttafuoco O.P. Cabernet Sauvignon O.P. Chardonnay O.P. Cortese O.P. Malvasia O.P. Metodo Classico O.P. Metodo Classico Pinot Nero O.P. Moscato O.P. Pinot Grigio O.P. Pinot Nero O.P. Riesling O.P. Riesling Italico O.P. Rosso 30 O.P. Sangue di Giuda O.P. Sauvignon TOTALE 2,14 0,13 100,00 Fonte: Elaborazione dati camerali IC-DEIS Tabella 12 - Distribuzione % delle superfici produttive per tipologia di vino DOCG e DOC O.P. (2009) % SUPERFICIE O.P. Barbera O.P. Bianco O.P. Bonarda O.P. Buttafuoco O.P. Cabernet Sauvignon O.P. Chardonnay O.P. Cortese O.P. Malvasia O.P. Metodo Classico O.P. Metodo Classico Pinot Nero O.P. Moscato O.P. Pinot Grigio O.P. Pinot Nero O.P. Riesling O.P. Riesling Italico O.P. Rosso O.P. Sangue di Giuda O.P. Sauvignon TOTALE 19,70 0,01 40,40 1,37 0,80 2,19 0,94 0,48 1,06 1,80 2,79 1,72 12,91 10,78 0,01 0,88 1,97 0,19 100,00 Fonte: Elaborazione dati camerali IC-DEIS Tabella 13 - Distribuzione % dei denuncianti per tipologia di vino DOCG e DOC O.P. (2009) % DENUNCIANTI% O.P. Barbera O.P. Bianco O.P. Bonarda O.P. Buttafuoco O.P. Cabernet Sauvignon O.P. Chardonnay O.P. Cortese O.P. Malvasia O.P. Metodo Classico O.P. Metodo Classico Pinot Nero O.P. Moscato O.P. Pinot Grigio O.P. Pinot Nero O.P. Riesling O.P. Riesling Italico O.P. Rosso 20,73 0,02 25,57 2,26 3,57 2,15 1,37 5,89 1,27 2,00 3,23 0,02 13,79 13,49 0,93 2,17 31 O.P. Sangue di Giuda O.P. Sauvignon TOTALE 0,32 1,22 100,00 Fonte: Elaborazione dati camerali IC-DEIS La produzione delle tipologie di vini DOC Oltrepò Pavese avviene su superfici medie ridotte. Circa la metà delle produzioni considerate presenta valori leggermente superiori all’ettaro, mentre i rimanenti si collocano al di sotto di tale soglia. Le dimensioni medie maggiori si riscontrano per il Barbera (1,74 ettari). 3.2.3 L’area di produzione dei vini a D.O. Oltrepò Pavese In tutti i comuni dell’area di produzione si assiste alla coesistenza di più tipologie di vini con un numero rilevante di comuni che si caratterizza per una produzione congiunta di 10 o più di esse. Tabella 14 – Comuni per numero di DOCG e DOC O.P. prodotti (2009) Borgo Priolo Borgoratto Mormorolo Bosnasco Broni Calvignano Canevino Canneto Pavese Castana Casteggio Cigognola Codevilla Corvino San Quirico Fortunago Godiasco Golferenzo Lirio Montalto Pavese Montebello della Battaglia Montecalvo Versiggia Montescano Montesegale Montù Beccaria Mornico Losana Oliva Gessi Pietra de' Giorgi Redavalle Retorbido Rivanazzano Rocca de' Giorgi Rocca Susella Rovescala Ruino San Damiano al Colle 14 12 10 11 10 12 12 13 11 12 11 9 6 8 10 9 11 12 12 10 8 12 11 9 12 7 12 9 8 10 10 8 10 32 Santa Giuletta Santa Maria della Versa Stradella Torrazza Coste Torricella Verzate Volpara Zenevredo 13 13 13 13 8 10 10 Fonte Elaborazione dati camerali IC-DEIS La maggior diffusione territoriale riguarda il Barbera e il Bonarda, produzioni che si realizzano in 40 comuni oltrepadani. In ogni caso, la maggior parte delle tipologie di vini interessa più della metà delle unità territoriali dell’area di produzione. Tabella 15 – Numero comuni per tipologia di vino DOCG e DOC O.P. (2009) O.P. Barbera O.P. Bianco O.P. Bonarda O.P. Buttafuoco O.P. Cabernet Sauvignon O.P. Chardonnay O.P. Cortese O.P. Malvasia O.P. Metodo Classico O.P. Metodo Classico Pinot Nero O.P. Moscato O.P. Pinot Grigio O.P. Pinot Nero O.P. Riesling O.P. Riesling Italico O.P. Rosso O.P. Sangue di Giuda O.P. Sauvignon 40 1 40 8 25 29 19 19 20 31 31 38 39 39 1 25 11 8 Fonte: Elaborazione dati camerali IC-DEIS 33 4.2.4 La specializzazione produttiva Attraverso l’indice di localizzazione i Comuni dell’area di produzione D.O.C.G. e D.O.C. Oltrepò Pavese sono stati classificati a seconda della loro specializzazione nelle diverse tipologie di vino. Dalla Tabella 16, si evince come 15 Comuni risultano specializzati in più del 50% dei vini prodotti, 20 sono specializzati in una quota di vini prodotti compresa tra il 25 e il 50% mentre i rimanenti 5 Comuni in meno di un terzo dei vini prodotti. Tabella 16 – Numero di vini prodotti e specializzati e grado di specializzazione (2009) Grado di Numero Numero Specializzavini prodotti vini specializzati zione Borgo Priolo Borgoratto Mormorolo Bosnasco Broni Calvignano Canevino Canneto Pavese Castana Casteggio Cigognola Codevilla Corvino San Quirico Fortunago Godiasco Golferenzo Lirio Montalto Pavese Montebello della Battaglia Montecalvo Versiggia Montescano Montesegale Montù Beccaria Mornico Losana Oliva Gessi Pietra de' Giorgi Redavalle Retorbido Rivanazzano Rocca de' Giorgi Rocca Susella Rovescala Ruino San Damiano al Colle Santa Giuletta Santa Maria della Versa Stradella Torrazza Coste Torricella Verzate 14 12 10 11 10 12 12 13 11 12 11 9 6 8 10 9 11 12 12 10 8 12 11 9 12 7 12 9 8 10 10 8 10 13 13 13 13 8 8 6 4 4 4 9 3 2 4 4 7 3 4 5 5 4 6 5 5 3 3 5 3 5 4 1 7 5 4 6 2 5 2 3 6 5 8 3 34 0,571 0,500 0,400 0,364 0,400 0,750 0,250 0,154 0,364 0,333 0,636 0,333 0,667 0,625 0,500 0,444 0,545 0,417 0,417 0,300 0,375 0,417 0,273 0,556 0,333 0,143 0,583 0,556 0,500 0,600 0,200 0,625 0,200 0,231 0,462 0,385 0,615 0,375 Volpara Zenevredo 10 10 4 4 0,400 0,400 Si osserva che l’elevato grado di specializzazione non riguarda solo i Comuni in cui è elevata la coesistenza delle diverse tipologie di vino. Da segnalare è, infatti, la presenza di Comuni che si concentrano su pochi vini a elevata specializzazione. Classificando le diverse tipologie di vino D.O.C. e D.O.C.G. in base ai dati medi di diffusione e del numero di comuni specializzati si individuano le quattro tipologie illustrate nella Tabella 17. Tabella 17 - Tipologie di vini per grado di diffusione e intensità di specializzazione DIFFUSIONE BASSA ALTA o.p. barbera o.p. bonarda o.p.cabernet sauvignon o.p. chardonnay o.p. pinot nero metodo classico o.p. moscato o.p. pinot grigio o.p. pinot nero o.p. riesling o.p. malvasia BASSO INDICE SPECIALIZZ. ALTO o.p. bianco o.p. buttafuoco o.p. cortese o.p. metodo classico o.p. riesling italico o.p. sangue di giuda o.p. sauvignon o.p. rosso La maggior parte dei vini si contraddistingue per una elevata diffusione territoriale e un numero di Comuni specializzati inferiore alla media, seguiti in termini di tipologie da vini che si realizzano in un numero di Comuni inferiore a quello medio, ma con un indice di specializzazione relativamente elevato. Si discostano da queste due tipologie prevalenti l’O.P. Malvasia, a bassa diffusione e indice di specializzazione, l’O.P. Rosso, ad elevata diffusione e indice di specializzazione. 35 5. TIPOLOGIA DI DISTRETTO E REQUISITI 5.1 Caratteristiche che determinano la tipologia del Distretto agroalimentare di qualità PARAMETRO INDICATORE VALORE almeno1 Presenza di produzioni DOP, DOC, DOCG, IGP o altri marchi di qualità Rilevanza produzione Valore (in PPB) della produzione realizzata dai richiedenti/totale della produzione certificata Relazioni tra imprese Forme associative/consorzi tra i proponenti e condivisione della proposta distrettuale con delibera assembleare Progetti di innovazione Partnership con Università o centri di ricerca e innovazione accreditati >20% presenza presenza 5.2 Elementi comprovanti la rappresentatività del distretto a livello settoriale/territoriale: illustrazione dei requisiti del distretto proposto L’individuazione e la conseguente aggregazione su un progetto comune di imprese vitivinicole d’avanguardia “in etichetta”, che si propongono come nucleo fondante del Distretto, è condizione essenziale per poter cementare un gruppo trainante e di riferimento della realtà imprenditoriale dell’Oltrepò, in grado di individuare e realizzare la dinamica delle linee di sviluppo che si sono dimostrate vincenti nelle differenti realtà oltrepadane. Sono imprese che fondano le loro strategie su quella che si potrebbe considerare una “visione filosofica” nel loro presentarsi al mercato, orientata alla proposta di produzioni di elevato pregio che compendia, con efficacia, un’offerta assai differenziata. Un’offerta che, accanto a prodotti segnati da forte unicità, ne presenta altri, anche di consistente entità, che facendo leva sul rapporto qualità/prezzo, fattore di successo del tradizionale approccio al mercato delle imprese vitivinicole oltrepadane in etichetta, sono in grado di fidelizzare differenziati segmenti di consumatori. Nelle imprese vitivinicole leader costituenti la Società di Distretto si possono individuare quattro fattori di successo: 1. risorsa “impresa-famiglia”, caratterizzata da ricca diversità di componenti, connubio vecchi-giovani, con elevata professionalità, con competenze qualificate dovute anche alla profonda sedimentazione di conoscenze e alla formazione specialistica, divisione dei ruoli, ma nel contempo armonica organizzazione del lavoro, chiari obiettivi strategici, entusiasmo nella gestione d’impresa; 2. risorsa “impresa-investitori extra territoriali”, caratterizzata da elevata professionalità, con competenze qualificate dovute anche a organizzazione 36 d’impresa maggiormente sviluppata, notevole forza lavoro dipendente, direzione tecnica divisa da quella commerciale, profonda sedimentazione di conoscenze e di competenze mirate alla formazione specialistica, divisione dei ruoli, ma nel contempo armonica organizzazione del lavoro, chiari obiettivi strategici, maggiori capitali immessi nella gestione dell’azienda; 3. risorsa “territorio”, intesa come produzione vitivinicola di evidente forte legame con il territorio, la tradizione e l’innovazione, attraverso la propensione alla sperimentazione in campo e in cantina, fortemente orientata allo stimolo verso investimenti efficienti e di arricchimento dell’immagine aziendale, sempre però all’interno di una precisa identificazione territoriale e arricchita da una concreta e originale caratterizzazione all’ospitalità e alla ricettività di ogni singola azienda e del territorio; 4. risorsa “innovazione”, che si traduce nella capacità di selezionare prodotti/mercati e di muovere nella costante ricerca dell’eccellenza attraverso processi produttivi e tecniche colturali innovativi, ma anche nella volontà di concorrere a potenziare l’area delle relazioni e ad incrementare la forza commerciale, attraverso forme di integrazione orizzontale e verticale e attenzione al servizio verso il cliente. Il panorama delle aziende vitivinicole oltrepadane si connota per un tentativo di adattamento strutturale che stanno compiendo molte imprese, comprese quelle di natura cooperativa, di fronte all’evoluzione dei mercati vitivinicoli internazionali verso una crescente e più aggressiva competizione, che può rendere questo sistema vitivinicolo fragile a causa della persistente polverizzazione aziendale che lo contraddistingue, sia nella fase viticola sia in quella della produzione vinicola, inasprita dalla perdurante crisi del settore. L’obiettivo della lenta trasformazione in atto muove nella direzione di accrescere le dimensioni aziendali nella fase viticola e in quella della trasformazione enologica, e di intraprendere alleanze e azioni di collaborazione verticale, in particolare nella fase della promozione e della distribuzione commerciale. 37 6. ANALISI SWOT DEL CONTESTO DI RIFERIMENTO 6.1 Analisi dei punti di forza e debolezza del comparto vino e del tessuto economico e sociale del territorio L’analisi dei caratteri della vitivinicoltura di qualità oltrepadana e dei legami di filiera e territoriali consente di identificare una serie di fattori endogeni alla filiera, che ne costituiscono i punti di forza e di debolezza, ed esogeni, che ne rappresentano opportunità e minacce. Questi elementi sono organizzati all’interno della cornice dell’analisi SWOT presentata nella Tabella 18. Nell’ambito di ciascuna categoria si distinguono non solo i fattori legati alla viticoltura e alla filiera vitivinicola, ma anche al territorio, al fine di meglio cogliere i principali elementi di pianificazione strategica del Distretto Agroalimentare di Qualità “Bonarda & Pinot dell’Oltrepò”. Tabella 18 – Analisi SWOT PUNTI DI DEBOLEZZA Elementi territoriali - fenomeni di spopolamento; - lento ricambio generazionale; - difficoltà di mobilità e collegamento con alcune aree dovuta al deficit di reti di comunicazione e infrastrutturali; - difficoltà di attivazione di alcuni legami territoriali in particolare per la valorizzazione turistica; - forte frammentazione amministrativa PUNTI DI FORZA Elementi territoriali - buona immagine del territorio e dei suoi aspetti naturalistici nell’area milanese; - significativa presenza di elementi del capitale territoriale di pregio, in particolare legati al patrimonio storico, culturale, artistico e ambientale; - presenza di percorsi e vie di comunicazione storiche di pregio (Via Francigena, Via del Sale, Strada del Vino e dei Sapori, piste ciclabili); - presenza di altre produzioni agroalimentari di pregio (Salame di Varzi D.O.P.); - presenza di soggetti istituzionali che operano per lo sviluppo locale; - antico e vasto insediamento viticolo tra i più estesi in Italia (3^ zona vitata a Denominazione di Origine a livello nazionale); - forte interazione vino-territoriostoria-tradizione, legata alle produzioni di eccellenza della zona; Elementi legati alla filiera vitivinicola Elementi legati alla filiera vitivinicola - frammentazione della base produttiva - elevato numero di persone occupate e delle proprietà agricole; nel settore vitivinicolo nell’ambito dell’intera filiera; - presenza di Cooperative non di rado caratterizzate da modesto - forte stimolo al miglioramento determinato dalla presenza di molte orientamento manageriale in relazione aziende operanti nel settore alla differenziazione di prodotto e alla 38 - - - - - - commercializzazione dei vini; modesta incidenza delle rivendicazioni di produzioni di D.O.C. e D.O.C.G. rispetto alle superfici iscritte agli Albi dei Vigneti; presenza di ampie quote di D.O.C. e D.O.C.G. nelle fasce di mercato più soggette a competizione che si è tradotta in difficoltà di collocamento; modesta propensione a potenziare le reti inter-organizzative, sia all’interno dei singoli sistemi vitivinicoli territoriali, che tra di essi; logistica di settore carente e sempre più inadeguata alle esigenze distributive; carenza di manodopera qualificata e specializzata; criticità del passaggio generazionale, soprattutto per le piccole e medie imprese a conduzione familiare; difficoltà nell’orientamento a ben definiti indirizzi strategici; difficoltà di investimento e coordinamento nell’area del marketing commerciale; frequente incoerenza nel marketing mix; difficoltà di coordinamento tra gli attori di sistema; necessità di incrementare una strategia mirata di promozione; assenza di un vero e proprio marchio locale in grado di promuovere la realtà pavese come zona tipica di produzione di vino di qualità superiore; mancanza di un Data Base aggiornato in grado di favorire l’imprenditorialità distrettuale; assenza di un osservatorio di settore permanente in grado di elaborare informazioni significative; mancanza di una forte identità distrettuale tra le imprese; assenza di tutela mirata alla conservazione del territorio per una migliore immagine del vino prodotto nel Distretto; inadeguatezza e conseguente esigenza - - - - 39 vitivinicolo; buone capacità e dinamismo imprenditoriali, con propensione all’innovazione, anche grazie ai processi di ricambio generazionale in corso, in grado di adattarsi con rapidità ai mutamenti dei consumatori e dell’ambiente competitivo e spinta propulsiva al miglioramento qualitativo della produzioni già mostrata attraverso il Piano di riconversione e ristrutturazione dei vigneti. processo di concentrazione; meccanizzazione delle operazioni di raccolta, con prospettive di riduzione dei costi di produzione del vigneto; forte integrazione vigna-cantina; forte integrazione della filiera nell’ambito del territorio di produzione; presenza di un processo evolutivo delle cantine sociali, con miglioramento della qualità delle produzioni e un maggiore orientamento al mercato; significativo orientamento all’esportazione; buone capacità/possibilità di promozione dell’immagine della filiera; processo di concentrazione industriale con il rafforzamento della realtà vitivinicola; lunga tradizione nella differenziazione dei vini e nella ricerca di raffinatezza; capacità di differenziazione della produzione di vini di qualità, conquistando nicchie di mercato che incontrano il consenso di specifiche fasce di acquisto; investimento pubblico in iniziative promozionali in particolare per la valorizzazione del patrimonio enogastronomico e storico-culturale del territorio (Enoteca Regionale di Broni). - - di potenziamento e coordinamento dei laboratori esistenti; carenza di un adeguato portale di distretto in grado di rendere più accessibili le informazioni. impossibilità per parte del Territorio all’utilizzo della meccanizzazione a causa delle forti pendenze e della friabilità del terreno e conseguenti costi alti per la manodopera e per i trattamenti, da eseguirsi, in molti casi, con l’elicottero; elevato numero di Denominazioni. MINACCE Elementi territoriali - perdita di attrattività del territorio rispetto ad aree maggiormente dinamiche, con danni ambientali in particolare in termini di dissesto idrogeologico; - debole sinergia tra attori pubblici e privati in particolare nel delineare strategie di sviluppo di lungo termine; - perdita di importanti elementi del patrimonio territoriale; - consolidamento di una logica pessimistica sul futuro ruolo delle aree rurali OPPORTUNITA’ Elementi territoriali - opportunità occupazionali legate allo sviluppo agroalimentare, agrituristico e dei servizi alle imprese; - opportunità di presidio del territorio da parte della viticoltura, grazie ad un suo possibile incremento di redditività; - possibilità di valorizzazione territoriale integrata, multisettoriale e radicata nell’identità locale; - forte radicamento nell’economia complessiva del territorio; - significativi legami con attività del secondario e del terziario; - presenza delle Università degli Studi di Pavia e Milano; - possibilità di rafforzamento di percorsi di valorizzazione delle produzioni di qualità nell’ambito di percorsi turistici Elementi legati alla filiera vitivinicola - forte offensiva della concorrenza internazionale, con rischio di un rapporto qualità-prezzo sempre meno competitivo nei confronti dei nuovi mercati emergenti e di perdita di mercato a causa di un mancato miglioramento qualitativo del prodotto rispetto agli standard degli altri paesi concorrenti; - difficoltà derivanti dalla legislazione vigente che ostacola lo sviluppo delle Elementi legati alla viticoltura - esistenza di un potenziale produttivo per la D.O.C. e D.O.C.G. non completamente sfruttato, anche in conseguenza dell’elevato numero di Denominazioni presenti; - produttori con forte interesse nel mantenimento dei prezzi relativamente alti; - miglioramento qualitativo della base viticola rispetto al quale un grande impulso dovrebbe derivare dai piani di 40 - - aziende di filiera, limitandone le iniziative, a causa della complessa attuazione e della relativa pesantezza burocratica; ritardo nell’utilizzo dell’e-commerce e nell’utilizzo dei sistemi informatici e di rete necessari, compresa la carenza di un adeguato portale di distretto in grado di rendere più accessibili le informazioni; stime di marketing innovativo adottato dai concorrenti; possibilità di aumento quantitativo dell’offerta da parte dei territori e dei paesi concorrenti; congiuntura economica sfavorevole che agisce dal lato della domanda e dell’offerta; calo costante del consumo del vino in Italia; eccesso di burocratizzazione del pur necessario Inventario del Potenziale Viticolo (catasto vigneti); eccessivi controlli da parte di troppi Enti e organismi diversi, scarsamente coordinati tra di loro, fortemente burocratizzati, poco incidenti e molto costosi, in termini economici e di tempo dedicato, e come tali portati a determinare una propensione dell’azienda a indirizzare la produzione verso l’IGT, piuttosto che la DOC e DOCG - - - - ristrutturazione e riconversione dei vigneti previsti dalla nuova OCM, ma sui quali si dovrà intervenire anche con risorse finanziarie aggiuntive, se si vorrà assicurare un tasso di ricambio coerente con l’innovazione richiesta dalla dinamica di mercato; recupero e rafforzamento dei profili organolettici in grado di legare la qualità tecnologica al territorio, nonché di intervenire su tutte quelle componenti immateriali che sempre più possono contribuire ad accrescere il valore aggiunto dei vini oltrepadani; possibilità di ottenere riduzioni di costo e il miglioramento di efficienza attraverso il rafforzamento delle aggregazioni orizzontali e verticali della filiera; potenziale di crescita della domanda per lo sviluppo di nuovi mercati e per la competitività qualità-prezzo; consumo orientato ai vini di qualità, con chiara origine geografica e attenzione alla qualità-prezzo; sostegno del settore pubblico anche dal lato della ricerca, sperimentazione e innovazione (Polo vitivinicolo Riccagioia); sensibilità per la tutela ambientale. 6.2 Individuazione ed analisi dei fattori di miglioramento della realtà produttiva, strumenti e prospettive Si è ampiamente argomentato nella parte del documento relativa ai risultati attesi dall’azione del Distretto sugli elementi che, nella difficoltà di conseguire la piena affermazione delle circa cinquanta tipologie di vini D.O.C. e D.O.C.G dell’Oltrepò Pavese, hanno indotto alla scelta di qualificare il Distretto, concentrando la sua azione sul Bonarda, vino identificativo dell’Oltrepò Pavese, e sul Pinot Nero, di cui l’Oltrepò è il primo produttore in Italia e il secondo a livello europeo, nella ragionevole prospettiva di produrre, con il successo dei due prodotti di punta, un effetto di traino sui mercati anche degli altri vini della produzione oltrepadana. E si è pure dato conto della scelta di restringere il nucleo fondante del Distretto a un gruppo di imprese vitivinicole d’avanguardia “produttrici di vino a D.O. in bottiglia e in etichetta”, rientranti nelle due tipologie di Bonarda e Pinot Nero e in possesso di caratteristiche e disponibilità per farsi carico di un ruolo di protagonismo attivo nella fase di avvio del Distretto, per poi estendere, una volta superata la fase di consolidamento, la 41 partecipazione a tutti i soggetti territoriali in grado di apportare valore aggiunto all’azione del Distretto. Ne consegue che le imprese che andranno a costituire la Società di Distretto dovranno proporsi di porre al centro del loro operato gli interessi delle componenti socio-economico-territoriali del Distretto, che sembra possibile aggregare in quattro Macroambiti di intervento: Promozione; Sviluppo Tecnico, Tecnologico e Commerciale; Ricettività e Attrattività del territorio; Semplificazione. E’ del tutto evidente come costituisca fattore decisivo di successo saper mettere in campo modalità e strumenti, in un mix equilibrato di tradizione e innovazione, capaci di veicolare e affermare, a livello locale, regionale, nazionale e internazionale, l’immagine del marchio Oltrepò, con quello che ne deriva e consegue in termini di valore e qualità del prodotto, ma anche come, per avere visibilità e credibilità all’interno e all’esterno dei confini del territorio, sia necessario disporre, insieme agli strumenti di comunicazione, di una batteria di prodotti davvero all’altezza delle attese e dotati della dovuta competitività, anche sul piano economico. Ciò che chiama in causa la necessità di individuare e attivare strumenti di sostegno alle aziende e ai produttori, per migliorarne la competitività e l’approccio al mercato, nel rispetto della tradizione dell’area di produzione, nonché di operare per la promozione delle capacità imprenditoriali e delle risorse umane, dell’innovazione e della ricerca, della qualità del prodotto e della sua capacità di raggiungere le fasce di mercato interessate. Il che, in estrema sintesi significa, sviluppo tecnico tecnologico e commerciale. E se, com’è convinzione diffusa e condivisa, il prodotto deve essere espressione e immagine del territorio, a sua volta il territorio deve essere all’altezza del prodotto che esprime, attraverso un forte ripensamento di sé in termini tanto di salvaguardia e valorizzazione del proprio patrimonio ambientale quanto di capacità di ricezione e di accoglienza. Nella consapevolezza infine che la credibilità è un valore di portata inestimabile, il cui conseguimento e mantenimento comporta lavoro, serietà, competenza, qualità e soprattutto tempo, ma anche estremamente fragile e volubile e che basta l’azione negativa di pochi e poco tempo per disperderlo, si dovrà agire, con tempestività ed efficacia, sui due fronti complementari della semplificazione e dei controlli, dove la semplificazione dovrà riguardare, da un lato, gli stessi controlli, in modo da evitarne gli aspetti vessatori, senza peraltro ridurne l’efficacia, e dall’altro dovrà prevedere l’introduzione di misure di alleggerimento dei passaggi burocratici e di facilitazione all’attività d’impresa, anche sul versante dell’accesso alle provvidenze comunitarie. 6.3 Prospettive di sviluppo competitivo e ambiti di innovazione nel quadro degli obiettivi distrettuali: descrizione degli ambiti di intervento individuati, ipotesi di attività e relativa tempistica 6.3.1 Promozione 6.3.1.1 Identità e distintività Quella della promozione è di gran lunga l’azione più articolata, complessa, costosa, esposta alla competitività, intrecciata con altri ambiti di professionalità e competenza, soggetta a variabili e incerta nei risultati e dunque merita tutta l’attenzione del caso. La premessa indispensabile è che le vendite dei vini generici e da tavola sono in calo e quelle dei vini a Denominazione, seppur stazionarie, sono accompagnate da un calo del prezzo e da una conseguente minore redditività. L’export, invece, gode di buona salute, registrando crescite costanti per spumanti, vini imbottigliati e vini sfusi. E’ fondato sostenere che si sta affermando una nuova “matrice” mondiale dei consumi di vino, con “una crescente migrazione” di volumi di prodotto verso mercati nuovi o in 42 espansione, in cui il vino sta entrando nelle abitudini alimentari della popolazione locale. In un quadro di globalizzazione dei modelli di consumo e dei mercati, la risposta dei Paesi europei tradizionalmente vocati alle produzioni enologiche di qualità (Italia e Francia in testa) è stata l’adozione di strategie di differenziazione e di promozione delle singole peculiarità regionali/territoriali che, in effetti, mantengono inalterate, nel tempo, nei confronti dei “nuovi consumatori”, appeal e immagine delle proprie produzioni di eccellenza. Il sistema di produzione e commercializzazione del prodotto vitivinicolo ha tuttavia iniziato a manifestare segnali preoccupanti di squilibrio strutturale, motivo per il quale si è avviata un’approfondita riflessione su quali possano essere i modelli organizzativi per il futuro e, compatibilmente con le risorse disponibili, sulle strategie di promozione istituzionale e commerciale del settore. In sintesi, la strategia di promozione istituzionale dovrà essere caratterizzata, sul mercato interno, da un forte orientamento alla comunicazione dell’origine dei prodotti e del loro legame con il territorio, teso a generare distintività rispetto a prodotti generici, internazionali e di massa e, sul fronte delle attività di internazionalizzazione, da un intensificarsi degli stimoli alle aziende per azioni di penetrazione commerciale sui mercati esteri. L’elaborazione delle strategie atte a generare identità e distintività nella comunicazione e nella promozione del vino deve attivare un fruttuoso dibattito tra Istituzioni ed imprese per individuare, da parte di tutti gli attori del sistema, i vitigni e i vini considerati maggiormente rappresentativi (“testimonial”) su cui puntare nelle azioni di comunicazione istituzionale. D’altra parte, la promozione istituzionale trova la sua sostenibilità in termini di marketing solo attraverso la valorizzazione dei vini testimonial. Inoltre, il legame tra il prodotto e territorio è veicolato anche dagli assi strategici legati al brand e supportato dall’immagine dei piccoli produttori e delle cantine che operano capillarmente sul territorio. Ciò che rende ancora più forte e convincente la scelta di puntare su Bonarda e Pinot. 6.3.1.2 Territorio ed eccellenza All’interno della scelta di fondo di raccordare al massimo livello possibile le esigenze di cambiamento con quelle di continuità, come sintesi delle richieste che emergono dal mondo delle imprese e dall’impegno delle istituzioni nel sostenere l’economia del territorio nel suo insieme, viene data priorità assoluta, nell’azione di promozione, al rafforzamento del legame prodotto-territorio, almeno per quanto riguarda i vini testimonial, introducendo ulteriore enfasi alle azioni di sostegno, in termini di eventi, promozione e formazione per gli operatori aziendali, alla filiera “prodotti-turismo”. E sempre in quest’ottica, si dovrà rafforzare la comunicazione alla Comunità Pavese (produttori, operatori Ho.Re.Ca., cittadini, ecc.) delle strategie del piano di promozione del settore vitivinicolo. L’attività di promozione è tenuta a destinare una parte rilevante delle risorse per presentare e descrivere l’Oltrepò nei suoi lati più affascinanti ed emozionali, per comunicare l’immagine di un territorio con produzioni enologiche di punta, dando una visione più ampia della qualità. Questo tipo di attività, oltre ad armonizzarsi efficacemente con lo “spirito del tempo”, con i valori dell’ambiente e della sostenibilità, oggi elementi di maggiore appeal capaci di generare valore, potrebbe intervenire su alcuni elementi dell’identità imprenditoriale, affinché l’imprenditoria non interpreti la propria attività solo nella sua naturale individualità, ma come componente più ampia di un progetto di sviluppo del proprio territorio. 43 E dunque appare fondato prevedere, per la promozione dei vini oltrepadani, almeno due distinti ambiti di intervento, sintetizzabili nelle denominazioni: Progetto Territorio e Progetto Eccellenza. Caratterizzati da obiettivi diversi però convergenti, i due progetti, ciascuno per la propria parte, dovranno mantenere, ma anche sottoporre ad attenta selezione, rafforzando qualità e innovazione, le proprie peculiarità “local-nazional-popolari”. E dovranno pure fare un forte investimento, nella diversa articolazione del termine, in strumenti ed eventi di glamour, nei confronti di un target selezionato di operatori (first mover), in grado di influenzare il consumo del restante target (follower). Attenzione particolare dovrà essere dedicata alla definizione di un percorso immaginario ed evocativo, che deve essere magistralmente condotto da personaggi di grande e comprovata esperienza, in grado di tenere forte l’attenzione sui messaggi comunicati. Per gli eventi dovrebbero essere utilizzati vini di assoluta eccellenza qualitativa, riconosciuti come tali a livello nazionale e internazionale. Il target delle azioni di valorizzazione della tipologia di prodotto sarà costituito principalmente da giornalisti, opinion leader e operatori del settore Ho.Re.Ca. locale e nazionale, nonché da turisti e consumatori. Per tale obiettivo non si può prescindere da uno sforzo congiunto di Istituzioni e Produttori, nelle proprie attività di comunicazione, nei materiali informativi, nei media, in internet e in tutti i canali principali per rafforzare l’immagine. L’azione di promozione, nelle sue diverse articolazioni, dovrà necessariamente svilupparsi sui tre livelli territoriali dell’area provinciale, sul territorio nazionale e in ambito internazionale. A livello locale, la priorità principale riguarda il rafforzamento della filiera prodottiturismo, in modo da sostenere, all’interno del territorio pavese, la domanda di vino, sia da parte del turista sia dei locali operatori Ho.Re.Ca, da ottenere operando lungo la direttrice della predisposizione di progetti di marketing territoriale relativi ai prodotti agroalimentari e all’enogastronomia, entro cui vengono a collocarsi, quali elementi di contesto, per molti aspetti decisivi, l’Enoteca Regionale (nella sua valenza provinciale) e la formazione di operatori aziendali e professionali. La definizione puntuale dei progetti di marketing territoriale appartiene a una più avanzata fase di operatività del Distretto, ma dovrà necessariamente tenere nella dovuta considerazione, in una logica di interazione, le ulteriori azioni di promozione e di comunicazione attivate a livello di ambito turistico dalle locali APT e/o da altri attori istituzionali, dirette a creare, con la collaborazione delle Strade del Vino e dei Sapori, sinergie e collaborazioni tra imprese del turismo, dell’artigianato e dell’agroalimentare, ivi compresi i GAL, con il fine di dare ulteriore valore all’esperienza turistica. L’obiettivo comune è la fidelizzazione del gestore e l’aumento della presenza e della visibilità del prodotto vitienologico “bandiera” per il territorio nelle liste vini dell’offerta pavese di winebar ed enoteche, in piena rispondenza alle priorità di un rafforzamento delle azioni indirizzate al canale di vendita Ho.Re.Ca. provinciale. Costituirebbe valore aggiunto il coinvolgimento dei migliori locali della città di Pavia e delle località turistiche che si dimostreranno interessate al progetto. La promozione interna trova il suo naturale completamento nella promozione “allargata”, da impostare in location predefinite, basata su nuovi contatti tra le aziende oltrepadane e gli operatori Ho.Re.Ca. e della distribuzione commerciale, giornalisti, consumatori e, nel caso di eventi organizzati all’estero, gli importatori, attivando momenti di degustazione e di promozione dei vini individuati come rappresentativi del territorio. Le referenze saranno scelte e conferite dalle Aziende. Il contesto 44 organizzativo sarà in generale un wine-tasting libero, con banchi di degustazione presidiati da sommelier o da altri operatori professionali, accompagnato da seminari condotti da noti giornalisti ed incontri tra gli ospiti ed i produttori che vorranno liberamente essere presenti. Per il mercato nazionale sembra fondato individuare, quali aree di interesse preminente, Milano, Roma, Genova, con date situate a ridosso della stagione estiva. La valenza del territorio e la sua capacità di penetrazione, anche evocativa, sui mercati va poi sostenuta con le punte di assoluta eccellenza in abbinamento tra le tematiche poste ad oggetto delle occasioni di incontro e appunto i vini di eccellenza. E i vini verranno utilizzati in relazione alle esigenze organizzative e narrative, puntando naturalmente su prodotti di altissima qualità. Ogni singolo appuntamento vedrà la partecipazione di un personaggio pavese (giornalista, sportivo, scrittore, attore, etc.), che si affiancherà al produttore e ai prodotti presentati. Le città prescelte sono le medesime degli appuntamenti nazionali, andando a individuare location anche diverse. 6.3.1.3 Internazionalizzazione Gli obiettivi da perseguire sul versante della internazionalizzazione sono, se possibile, ancora più complessi e costosi. E’ assodato che le fiere costituiscono un momento essenziale per conquistare l’attenzione di nuovi interlocutori e per costruire un posizionamento strategico sui mercati esteri. Fiere, mostre ed eventi internazionali sono, per le imprese, gli appuntamenti ideali per vagliare nuove opportunità, testare nuovi mercati e monitorare la concorrenza. Viene confermata la grande importanza delle fiere quale veicolo di internazionalizzazione e in taluni casi assistiamo ad una positiva evoluzione delle presenze imprenditoriali, unite in spazi collettivi (Vinitaly ad esempio), sotto l’egida degli enti preposti alla promozione. La modalità di partecipazione deve essere interpretata come presenza di scouting su mercati non ancora strutturati. La strategia tenderà a verificare direttamente con gli operatori gli appuntamenti più significativi, prevedendo spazi espositivi messi a disposizione delle singole aziende presenti, dietro pagamento di una quota di partecipazione. Tra gli appuntamenti più importanti per il comparto vitivinicolo si confermanno ProWein (Dusseldorf Germania) e Vinitaly (Verona - Italia), che ha assunto un ruolo fondamentale nel panorama internazionale degli eventi legati al mondo viti-enologico. A fianco del nutrito gruppo di aziende pavesi, il programma prevede la realizzazione di stand istituzionali realizzati dal Distretto che avranno l’obiettivo di consolidare le relazioni con gli operatori professionali (ristoratori, enotecari e i molti buyer italiani e stranieri) e con la stampa specializzata. Si lavorerà per favorire e garantire una presenza più robusta delle aziende pavesi, una maggiore visibilità dei piccoli operatori del settore, in particolare di coloro attualmente non presenti in fiera, e una più ampia rappresentatività e omogeneità nella comunicazione del territorio. Va inoltre detto che, per sua natura, l’internazionalizzazione richiede approcci di lungo periodo. Risulta quindi parte integrante della mission implementare e monitorare le attività iniziate e/o concluse negli anni precedenti, sia per quanto concerne progetti specifici, sia per le aree-paese di interesse, al fine di valutare con precisione quanto già fatto e per individuare nuovi obiettivi con una costante attività di benchmarking. Di fondamentale importanza nel processo di internazionalizzazione sono le missioni all’estero, che consentono di approfondire la conoscenza di un particolare mercato e di avviare contatti economici con partner stranieri. A ciò va aggiunto che l’incoming è una formula particolarmente gradita alle imprese. Individuata un’area paese di interesse, presi gli opportuni contatti con la controparte 45 locale (Camera di Commercio italiana, agenzia di sviluppo, consulente, ecc.) sarà compito del Distretto organizzare incontri mirati, da svolgersi in loco con aziende che abbiamo manifestato la volontà di essere visitate. La presenza sul territorio dovrebbe consentire di portare direttamente i buyers in Oltrepò e di far visitare le realtà aziendali, fatto particolarmente rilevante per il comparto agroalimentare, con particolare riferimento alle cantine vinicole, ove il legame con il territorio è spesso il valore aggiunto al prodotto. Oltre alle missioni commerciali e agli incoming, sono da prevedersi educational (incontri informativi promo-commerciali), con la partecipazione di operatori del settore e di giornalisti della stampa specializzata che possono anche assistere ai business meeting. 6.3.1.4 Strumenti di comunicazione In generale, le iniziative volte alla valorizzazione dell’immagine dei vini del Distretto potranno puntare a evidenziare gli alti livelli di qualità dei prodotti, l’applicazione di metodi di produzione ecocompatibili, l’operatività di una tutela della provenienza e genuinità del prodotto (tracciabilità, prevenzione di frodi e sofisticazioni) attuata anche tramite i Consorzi. L’attenzione per gli aspetti qualitativi del prodotto, oltre ad incidere positivamente sulla competitività e concorrenzialità dello stesso sui mercati interni ed esterni, potrà concorrere, tramite il coinvolgimento della società civile, al consolidamento di una cultura alimentare diffusa. In tale ambito, preziose potrebbero essere le collaborazioni con gli Istituti scolastici al fine di promuovere progetti di informazione e sensibilizzazione sulla materia del “mangiar meglio” dal punto di vista nutrizionale e relazionale oltre che culturale, implementando l’azione che da tempo stanno sviluppando in materia Regione e Provincia. Le strategie di promozione dovranno privilegiare la diffusione, a livello inter-regionale e nazionale nel quadro del sostegno alle iniziative più direttamente mirate alla conoscenza ed alla valorizzazione delle caratteristiche del prodotto, di interventi complementari di diffusione della cultura del vino e della conoscenza dei territori di origine. Trasversale ed essenziale per una efficace azione di promozione è la comunicazione. E dunque la comunicazione e le relazioni con tutti gli operatori della comunicazione vinicola di settore (guide, riviste, programmi enogastronomici, wineblog), trasversalmente alle aree di intervento, dovranno essere ulteriormente rafforzate, mediante la realizzazione di formule di accoglienza ed ospitalità sul territorio, allo scopo di favorire un’esperienza diretta ed integrale dell’offerta pavese, sia turistica sia enologica. Un’adeguata valorizzazione dei punti di forza dell’Oltrepò, accompagnata da attività di coinvolgimento degli opinion-leader, come più volte sostenuto dai Produttori, garantisce un più alto ritorno di immagine per l’intera offerta. Per quanto riguarda giornalisti e operatori della comunicazione, particolare attenzione dovrà essere rivolta all’organizzazione di viaggi-stampa sul territorio (individuali o di gruppo). Le attività di comunicazione potranno assumere strategie e approcci differenziati a seconda delle aree tipologiche definite come prioritarie dal piano operativo. Per quanto riguarda gli operatori della comunicazione e la stampa di settore, particolare attenzione dovrà essere rivolta all’incoming di viaggi-stampa che coinvolgano giornalisti selezionati. L’organizzazione di questi viaggi-stampa è destinata a diventare, progressivamente, lo strumento più importante per creare sinergie con editori, anche della stampa specializzata, cui comunicare il mondo del vino 46 dell’Oltrepò. La comunicazione sarà sostenuta anche da un piano-media mirato, dalla realizzazione e dalla diffusione di comunicati e cartelle stampa. Verranno considerati i seguenti mezzi: cartaceo, web (per l’importanza rivestita nella capacità di raggiungere appassionati ed esperti di settore), radio, televisione e alcune Guide dei vini nazionali più importanti. Lo strumento di pianificazione dovrà definire in modo congiunto tutte le azioni pubblicitarie destinate alle riviste di settore, tramite pagine pubblicitarie e publiredazionali, distinguendo tra i diversi target e i diversi mezzi. L’attività pubblicitaria si occuperà anche degli eventi e delle manifestazioni organizzate nell’ambito del piano operativo di marketing territoriale (Vinitaly, ProWein), oltre alle tre tematiche principali. Va da sé che un ruolo decisivo sarà giocato dalla reale capacità ed efficacia di utilizzo del web. E’ accertato che la comunicazione e, nello specifico, la comunicazione del vino, ha subito, negli ultimi tre o quattro anni, grazie alla combinazione di diversi fattori, trasformazioni importanti. Dal modello più tradizionalmente utilizzato per comunicare notizie ed eventi, sostanzialmente basato sul lancio di comunicati stampa e di inviti cartacei, si sta gradualmente passando all’utilizzo di strumenti forniti dalla rete Internet. La crisi congiunturale che il mondo del vino (e non solo) sta cercando di affrontare è stata la causa maggiormente rilevante di questo cambiamento, ma, ancora prima, lo è stato un certo atteggiamento da parte degli operatori del vino che ha contribuito al verificarsi di uno scollamento tra l’offerta e la richiesta. Il consumatore quindi ha finito per difendersi e cercare vie alternative per informarsi e a cui affidare la sua scelta, accollandosi un ruolo da protagonista, dotato di maggiore consapevolezza nel ricercare la soluzione ai suoi bisogni. In taluni casi, addirittura, si fa portavoce nel consigliare le proprie esperienze ad altri consumatori, creando una propria rete di contatti e divulgando le notizie tramite quello che, in termini tecnici, si chiama un “wine blog”. Nello stesso tempo, anche la figura e il ruolo del giornalista stanno cambiando, con l’assunzione di un nuovo posizionamento che non appare oggi del tutto chiaro. Internet assume, in questo contesto, il ruolo di strumento chiave e rappresenta una risposta efficace per l’abbattimento dei tempi di pubblicazione di notizie, per il costo (oggi) pari a zero nel suo utilizzo, per la possibilità da parte di chiunque di poter esprimere una sua più o meno “autorevole” opinione, per essere un contenitore dove sostanzialmente si può trovare tutto e tutte le risposte possibili e dove ciò che non corrisponde a verità è facilmente smascherabile o, se non di interesse, facilmente eliminabile. In Internet è possibile partecipare a degustazioni condivise o cercare la notizia del vino dell’ultima ora. Nella rete, nella sua variegata articolazione di opportunità e strumenti (wine blog; social network, blackberry e tablet, siti, codice QR, tutti dunque da destinare a un utilizzo mirato) si possono ritrovare tutti i vini del mondo con tutte le informazioni che li riguardano, tutti gli eventi e tutto ciò che è possibile cercare. E dunque la comunicazione istituzionale del vino dell’Oltrepò dovrà adeguarsi a questi nuovi strumenti, in alcuni casi affiancandoli ai tradizionali, in altri appropriandosene, per poter veicolare nel modo più efficace i propri messaggi e poter raggiungere i target prescelti. 6.3.2 Sviluppo Tecnico, Tecnologico e Commerciale 6.3.2.1 Qualità dei prodotti Si è detto che, per favorire il radicamento nei mercati nazionali ed esteri della realtà distrettuale, è da prevedersi l’attivazione di una serie di misure, tra cui l’allestimento di mostre, dove dare visibilità a servizi, prodotti e addetti del Distretto. Ma la promozione e la capacità di penetrazione dell’immagine che si intende promuovere devono poi 47 saper reggere l’urto della prova del mercato, che, in altri termini, significa la qualità del prodotto e l’immediata individuazione dell’abbinamento tra prodotto e territorio, ovvero tra territorio e prodotto. Come già descritto, in Oltrepò sono previste dai relativi disciplinari di produzione quasi 50 tipologie di vino, che però possono aumentare se si considerano anche quelli senza denominazione. La distribuzione della produzione, delle superfici iscritte e degli iscritti per tipologia di vini D.O.C. Oltrepò Pavese pone in evidenza la rilevanza di Bonarda, Barbera, Pinot Nero e Riesling. Il contributo complessivo al settore di questi vini è dell’85% circa degli ettolitri prodotti, di quasi l’84% degli ettari di superficie iscritta e del 73% circa dei dichiaranti. A nessuno può sfuggire la dimensione, per molti aspetti eccessiva, dei numeri. E dunque si rende necessario, rispetto alle produzioni elencate, definire l’indirizzo predominante senza per questo escludere, in alcun modo, le altre produzioni, che anzi ne potrebbero trarre un forte giovamento, di pari passo con la capacità di penetrazione nei mercati delle produzioni di punta e di eccellenza, sulla scorta di una sorta di effetto di trascinamento. Se passa l’Oltrepò sulla spinta dei vini trainanti, dovrebbe passare il “prodotto Oltrepò” nel suo complesso, compresi i vini “di nicchia” e quelli di largo consumo, anche in funzione di gusti, propensioni e disponibilità economiche dei potenziali fruitori. Per le aziende del Distretto diventa decisivo che il territorio venga identificato attraverso le produzioni maggiormente rappresentative che si possono ricondurre a due voci, di cui già si è detto: il Bonarda, che può, a giusta ragione, essere considerato il vino caratterizzante l’area oltrepadana e il Pinot Nero, di cui l’Oltrepò si colloca ai vertici della produzione italiana ed europea e da cui si ottiene il Metodo Classico, il Cruasè e il Pinot vinificato in nero. E dunque lo sforzo di promozione e lo stesso marchio del Distretto vanno costruiti attorno a questi due prodotti, nella convinzione che il loro successo produrrà un effetto di “sfondamento” anche sugli altri vini. Nel paragrafo relativo ai progetto di innovazione viene richiamato il dato che il concetto di qualità del vino è cambiato nel corso del tempo, in conseguenza allo sviluppo delle conoscenze enologiche e alla comprensione dei composti chimici responsabili degli aromi e delle proprietà salutistiche. E viene pure ribadita la convinzione che un ulteriore miglioramento della qualità può essere raggiunto, utilizzando la ricchezza del patrimonio di vitigni esistenti in Oltrepò. Vale dunque la pena di riproporre in questa sede il concetto cardine che si dovrà operare per il miglioramento del settore viticolo dell’Oltrepò, considerando la sua importanza ai fini vitivinicoli, attraverso lo sviluppo di ricerche e creando i presupposti per la sua realizzazione su: - identità del paesaggio viticolo; - valorizzazione del territorio, della sua storia, del suo paesaggio e delle sue espressioni viticole; - caratterizzazione di aree per lo sviluppo viticolo; - monitoraggio del territorio, viticoltura di precisione e nuovi sistemi di tracciabilità con utilizzo di GIS. Come pure va ribadito che il concetto di terroir, legato alla storia, alla tradizione e alla cultura del territorio, deve essere preservato e valorizzato, anche grazie all’applicazione della genetica al miglioramento della viticoltura. Non appare dunque inutile confermare che, in concreto, il miglioramento della qualità delle uve dovrà essere perseguito attraverso: 48 - la caratterizzazione molecolare del genoplasma viticolo oltrepadano; l’applicazione della genomica funzionale allo studio dell’interazione vitigno – ambiente; - la selezione clonale e dei biotipi; - l’individuazione e selezione di lieviti; - la messa a punto di strumenti che si avvalgono dei risultati conseguiti nel campo degli studi sul genoma, proteoma e metaboloma; - la definizione di strumenti per una viticoltura a basso impatto ambientale. Né si dovrà trascurare la necessità di agire sullo sviluppo di tecniche di vinificazione, attraverso l’utilizzo di: - tecnologie di vinificazione (per la vinificazione dei vini bianchi e vini rossi); - tecnologie per la stabilizzazione e condizionamento dei vini (stato colloidale e coadiuvanti di uso enologico, tecnologie di stabilizzazione dei vini con coadiuvanti, tecniche fisiche e a membrana, tecnologie innovative di gestione del condizionamento); - tecnologie per l’affinamento dei vini (uso della barrique e alternative nell’affinamento dei vini dell’Oltrepò, micro ossigenazione, tecniche di affinamento su lievito e alternative, tecniche innovative del condizionamento del potenziale di ossidoriduzione); - caratterizzazione chimica, biochimica, e chimico-fisica della stabilizzazione; - tecniche per il controllo e gestione delle alterazioni; - modalità di incentivazione all’incremento della sicurezza alimentare/tracciabilità e del riammodernamento degli impianti produttivi delle aziende sulla base delle più recenti indicazioni europee; - interventi di supporto tecnico per la razionalizzazione e il monitoraggio dei processi produttivi; - ricerca e sviluppo di materiali e tecnologie (comprese quelle “nano”) applicabili nella diverse fasi della filiera di produzione vitivinicola. Particolare attenzione andrà poi rivolta a ricerche legate all’impatto della riforma OCM vino e alle Direttive europee e, in particolare: - individuazione di pratiche enologiche sostitutive; - individuazione di tecniche alternative alla distillazione; - individuazione di nuove soluzioni produttive (es. modifica piramide della qualità); - valorizzazione dei sottoprodotti. Per quanto attiene lo sviluppo tecnico legato al vigneto, si dovrà operare per: - il mantenimento dell’attuale Piano di Riconversione e Ristrutturazione Vigneti (PRRV); - la selezione dei vitigni di maggiore qualità e rappresentatività della realtà che si vuole far conoscere; - il miglioramento delle tecniche di coltivazione più moderne, quali la raccolta meccanica, in grado di conseguire forti economie; - l’introduzione di sistemi di potatura e di concimazioni mirate; - la sperimentazione e la successiva adozione di tecniche innovative di gestione dei filari a tutela dei versanti e comunque dirette alla prevenzione e al recupero di movimenti franosi e/o dilavamenti e dissesti idrogeologici; - la ristrutturazione dei vigneti, con maggiore determinazione nell’imporre estirpi di vigneti abbandonati; - la lotta alla Flavescenza dorata e altre fitopatologie con continua sperimentazione e studi sulla causa/effetto e sulle migliorie di lotta e contenimento. 49 Si dovrà inoltre operare per favorire la “filiera corta”, ovvero la produzione di uva e la sua diretta vinificazione o con il conferimento ad organismo associato. A completamento, lo sviluppo tecnico dovrà estendersi anche alla gestione della cantina, in particolare per quanto attiene: - la selezione dei vini più rappresentativi e di maggiore qualità e mercato; - il miglioramento della struttura delle cantina con annessi piccoli laboratori per le analisi, sale degustazioni e spazi di accoglienza a forte impatto emotivo: - il miglioramento dell’espressione grafica in etichetta, della bellezza artistica del messaggio che si vuole comunicare all’esterno e, in particolare, al consumatore, compresi i materiali impiegati (tappi, bottiglie ecc..). Se sviluppo tecnico significa anche miglioramento, allora il miglioramento dovrà riguardare: - le tecnologie e le procedure per lo sviluppo di modelli vitivinicoli sostenibili, durevoli e la meccanizzazione della viticoltura; - i materiali (pali, fili, ancoraggi, ecc..), le macchine e le attrezzature specifiche per la coltivazione del vigneto in collina; - il parco macchine e le attrezzature di cantina utilizzabili dall’arrivo in cantina dell’uva alla pigiatura, diraspatura e successive lavorazioni enologiche, ma anche i mezzi per il trasporto e il conferimento al consumatore. 6.3.2.2 Vino e ambiente Le tendenze in corso inducono a ritenere che sarà in qualche modo d’obbligo sostenere l’applicazione di tecniche colturali a basso impatto ambientale, avendo ben chiaro che una viticoltura del genere richiede l’impiego di vitigni che possiedono una resistenza naturale alle principali malattie della vite. Comunque non si potrà prescindere dalla introduzione e dalla applicazione, seppur limitata, ma comunque dotata di attrattività per un preciso target di fruitori, delle tecniche di agricoltura integrata e delle tecniche di agricoltura biologica nel vigneto. E si dovrà mettere in campo il massimo sforzo per migliorare la qualità delle uve, ottimizzando tecniche e strategie, lavorando per ridurre l’uso di prodotti antiparassitari (rame e zolfo) e di “ore macchina”(= meno gasolio ecc.). Va ribadito che, su un piano ancora più avanzato, sarà di importanza fondamentale la realizzazione di una rete di scambi di informazioni e competenze con l’utilizzo e lo sfruttamento dei Laboratori di analisi, dei tecnici e dei centri di sperimentazione esistenti, in particolare del nuovo Centro di Riccagioia, in modo da mettere a sistema un adeguato servizio di assistenza tecnica, nonché ricerche di settore, con relative prove e sperimentazioni su prodotti e processi innovativi, di cui possano trarre beneficio le imprese del Distretto. Sempre in materia di sviluppo e innovazione, diventa utile, se non addirittura indispensabile, dare corso a progetti applicativi relativi a: - pannelli fotovoltaici da applicare come opportunità di ottimizzazione dei costi; - vini low input (vinificazione “Low Input SO2”, ossia sulla produzione di vini a ridotto e/o assente contenuto di anidride solforosa e allergeni in genere) e vini biologici; - tecnologie a basso impatto per il risparmio energetico (impianti di cogenerazione, utilizzo di sottoprodotti del vino o di altri elementi); - supporto all’attività rientranti nell’Accordo di Riconversione dell’ex zuccherificio di Casei Gerola per la trinciatura dei tralci dei vigneti destinati a quel particolare impianto a biomassa; - utilizzo dei sottoprodotti del vino per gli impianti di biogas; 50 - produzione di biocarburanti e biocoumbustibili da sottoprotti della vite e del vino. 6.3.2.3 Manutenzione delle competenze Al fine di alimentare e manutenere nel tempo le competenze necessarie ad implementare la qualità degli operatori del Distretto e, più in generale, del territorio vitivinicolo dell’Oltrepò, è da prevedersi l’attivazione di corsi ad indirizzo enologico, viticolo, economico ed enografico, con particolare riferimento a: - enografia nazionale; - enografia internazionale; - formazione all’estero; - formazione di responsabili e operatori di cantina altamente specializzati; - analisi sensoriale (fondamenti dell’analisi sensoriale; analisi sensoriale & Consumer science; specialista in analisi sensoriale). Questi interventi formativi dovranno essere accompagnati e integrati da: - Master in spumantistica - Modulo tecnico; - Master in spumantistica - Modulo economico gestionale; - Master in tecniche enologiche avanzate; - Master in tecniche gestionali e commerciali avanzate; - Master in tecniche analitiche per la gestione della qualità delle produzioni vitivinicole; - Master in Impresa Vitivinicola e Competizione Internazionale. In fase contestuale, è da prevedersi uno studio dei territori oltrepadani e della loro importanza ai fini vitivinicoli, sviluppando ricerche su: - identità del paesaggio viticolo; - valorizzazione del territorio, della sua storia, del suo paesaggio e delle sue espressioni viticole; - caratterizzazione di aree per lo sviluppo viticolo; - monitoraggio del territorio, viticoltura di precisione e nuovi sistemi di tracciabilità con utilizzo di GIS. 6.3.2.4 Commercializzazione La commercializzazione con l’estero prevede un forte impegno di tipo logistico. E dunque l’impegno allo sviluppo tecnico dovrà necessariamente ricomprendere questo aspetto fondamentale di rilancio del sistema vitivinicolo oltrepadano. Passaggio preliminare sarà l’individuazione della più adatta e moderna strategia di approccio ai mercati esteri, partendo da esperienze già in essere e che possono offrire risparmi, velocità e precisione nelle consegne. Un sistema moderno per superare i problemi della logistica e dei trasporti si ritiene possa essere il groupage. Questo termine, nel commercio internazionale, indica un particolare tipo di spedizione, che consiste nel riunire e raggruppare piccole partite provenienti da mittenti diversi di un determinato Paese e indirizzate a destinatari diversi in un altro Paese per costruire un lotto da introdurre successivamente, con un'operazione che viene denominata consolidamento, in una unità di carico, che può essere sia un mezzo di trasporto autonomo, sia una sua sottoparte (pallet – container – cassa mobile o U.L.D. = Unit load devices = contenitori speciali per il trasporto aereo). In questo tipo di operazione è ovviamente fondamentale la figura dello spedizioniere che rappresenta il punto d'incontro dei vari committenti e il punto dove il carico viene unito e, all'arrivo, nuovamente suddiviso. Spettano al consolidatore la scelta e la responsabilità derivante dal come le merci vengono abbinate tra di loro. 51 L'operatore, nel carico, deve considerare sia le caratteristiche di massa delle stesse per evitare danneggiamenti lungo il trasporto, sia le caratteristiche intrinseche delle merci contenute per evitare abbinamenti incompatibili tra di loro, sotto gli aspetti legali e/o merceologici. Ad esempio, non è opportuno unire nella stessa unità di carico (senza precauzioni specifiche) prodotti alimentari e altre merci che li potrebbero contaminare. Altre attività simili sono il groupage bill of lading, polizza di carico collettiva; il groupage rates, tariffe di nolo a collettame, tariffe di raggruppamento; il groupage service, servizio di trasporto a collettame. 6.3.2.5 Misure di sostegno Andrebbe da ultimo colta, in tutta la sua potenzialità, la disponibilità di Regione Lombardia ad aprire un serrato confronto con il Distretto in relazione al nuovo impianto della programmazione comunitaria e regionale nel campo dell’OCM vino. Due sono i versanti su cui operare, che chiamano direttamente in campo anche ruolo e funzioni della Provincia: l’introduzione di nuove e diverse forme di finanziamento a vantaggio del Settore Vitivinicolo e il miglioramento e la semplificazione delle procedure in uso nell’ambito dell’OCM vitivinicolo. Sul primo versante, si dovrebbe porre, con forza, l’esigenza di reintrodurre forme di finanziamento finalizzate alla limitazione della diffusione della Flavescenza Dorata della vite e dell’insetto vettore Scafoideus Titanus. Questo perché negli ultimi anni si è assistito a una recrudescenza di tale fisiopatia in buona parte del territorio vitato dell’Oltrepò. Secondo il parere dei tecnici, le cause di questa rinnovata incidenza della malattia, sono da attribuire “all’abbassamento della guardia” di una parte dei viticoltori, che non hanno perseverato nella applicazione dei trattamenti insetticidi, peraltro imposti da Decreto di Lotta Obbligatoria. Inoltre è risaputo che la sempre maggiore presenza, in certe valli secondarie, di terreni vitati che vengono via via lasciati in abbandono, è causa di aree di sviluppo e diffusione dell’insetto vettore della Flavescenza. Pertanto le forme di finanziamento potrebbero essere dirette alle aziende vitivinicole per i costi dei trattamenti insetticidi e per i costi di gestione di terreni abbandonati e in zone impervie, nonché forme di finanziamento, tramite i Comuni, ai privati cittadini in possesso di incolti, al fine di una auspicata operazione di bonifica e pulizia. Andrebbe poi richiesta l’introduzione di nuove Misure o di nuove azioni, all’interno delle Misure già presenti nell’OCM vitivinicolo, finalizzate alle sistemazioni idraulicoagrarie e alle ripiantumazioni dei versanti viticoli colpiti da frane negli ultimi anni o, in alternativa e fors’anche a integrazione, finanziamenti finalizzati alla effettuazione di drenaggi aziendali o meglio di reti di drenaggi e scoline intra-aziendali e interaziendali, da effettuarsi tipo “reti di drenaggio”, mediante una fattiva collaborazione di più aziende vitivinicole in possesso di vigneti appartenenti allo stesso versante collinare. Sarebbe inoltre utile prevedere appositi finanziamenti per coloro che reintroducono l’inerbimento dell’interfilare vitato nelle zone con particolari problematiche di pendenza e di lisciviazione del terreno vitato. Infine, finanziamenti per coloro che effettuano gli impianti dei vigneti seguendo le curve di livello e perpendicolarmente alla direzione di massima pendenza e abbandonando la tecnica dell’impianto effettuato seguendo invece la linea di massima pendenza. Quest’ultima modalità di impianto è sicuramente vantaggiosa in termini economici ma crea, dopo qualche anno, i presupposti per la formazione di dissesti. 52 6.3.3 Attrattività e ricettività del territorio 6.3.3.1 Sistema di Sviluppo Turistico Integrato del territorio Altro decisivo macroambito di intervento di valenza trasversale, capace di combinare insieme aspetti dello sviluppo tecnico con la promozione del prodotto, è il concorso e la compartecipazione attiva ad un Sistema di Sviluppo Turistico Integrato del territorio, entro cui diversi fattori di attrattività e di accoglienza, legati al mondo agricolo e all’ambiente naturale, dovranno essere organizzati in modo da comporre un’unica, articolata offerta di fruizione. In questo si dovrà essere di stimolo e di supporto, ma anche in funzione di ruolo attivo, alle iniziative di pregio che i soggetti pubblici (Provincia, Comuni, Camera di Commercio) intendono promuovere e sostenere sul territorio. Si è già detto e si rimanda alla specifica parte già trattata nel macro-ambito della promozione, che, per dare riscontro positivo alla partecipazione alle maggiori vetrine nazionali e internazionali, si rende necessaria un’adeguata riqualificazione della recettività delle singole aziende e del territorio per offrire una migliore ospitalità. E dunque un ulteriore aspetto di sviluppo e miglioramento dovrà riguardare interventi di ristrutturazione, manutenzione, ammodernamento, riqualificazione di strutture di cantina, sale di degustazione, ristorazione e pernottamento, agriturismi. Né può essere indifferente, ai fini della attrattività e, ancor più, della fidelizzazione dei fruitori, il contesto paesaggistico entro cui si collocano le aziende vitivinicole. E allora il miglioramento dovrà riguardare anche quella che potremmo chiamare “la cartolina dell’Oltrepò vitato”, sostenendo l’adesione a programmi agro-ambientali e percorsi di recupero di fabbricati in stato di degrado. Appare in questo senso proponibile un ripensamento e una attualizzazione dell’iniziativa a suo tempo denominata “Rete di Offerta Turistica Integrata”, da cui era originata una società, già strutturata e poi entrata “in sonno” e abbandonata per ragioni diverse, che si proponeva l’introduzione di una sorta di “Albergo diffuso”, ovvero il recupero di cascinali e rustici in stato di abbandono da ridestinare all’accoglienza, sotto forma di bed and breakfast, a gestione unica e accentrata, in modo da combinare al meglio il ritorno dal degrado con il potenziamento delle strutture di accoglienza, senza interventi invasivi (nuove strutture) e eliminando sfregi al paesaggio. In alternativa, ma anche a integrazione, non andrebbe trascurata l’opportunità di una più articolata dimensione dell’offerta di turismo rurale, che preveda la possibilità di cedere il rustico in affitto al turista, a fini abitativi, per tutto l’anno, per i fine settimana o a stagione, con l’impegno a recuperarlo e riqualificarlo. 6.3.3.2 Accessibilità del territorio Ben più impegnativo, anche in termini di dimensioni, si prospetta il rapporto con gli aspetti viabilitistici. Sui grandi assi di penetrazione da Milano all’Oltrepò si dovrà necessariamente fare i conti con una viabilità in faticosa evoluzione (vedi l’ex Statale 412) e sulle difficoltà oggettive derivanti dalla scarsità di risorse disponibili, peraltro in costante contrazione. Non per questo sarà possibile ignorare una componente decisiva per rendere davvero fruibile, in termini accettabili, la rinnovata capacità di accoglienza di enoturisti, gastronauti, addetti del settore, clienti, delegazioni nazionali ed estere, ma anche semplici famiglie in uscita dalla metropoli. Una partita importante al riguardo andrà giocata con una Strada dei Vini davvero in grado di guidare il fruitore lungo un percorso attrattivo e accattivante, certo sul piano della segnaletica e della cartellonistica di facile e completa lettura, ma anche arricchito 53 da spazi di sosta attrezzati, con vista panoramica sui vigneti e sulle testimonianze storico culturali, quali antiche strutture, castelli, fortificazioni, paesaggi naturali e non. Piuttosto audace, eppure non da escludere a priori, soprattutto per percorsi stradali marginali rispetto alla viabilità ordinaria, ma di importanza strategica per l’ospitalità collinare, destinati a sempre minori interventi di manutenzione con tutte le conseguenze del caso, si prospetta l’iniziativa “adotta una strada”, con il coinvolgimento degli operatori agricoli a farsi carico almeno della manutenzione ordinaria di uno specifico tratto di strada di loro diretto interesse. 6.3.3.3 Paesaggio Le considerazioni sin qui sviluppate concorrono a rendere pressoché inevitabile il riconoscimento dell’Oltrepò vitato come Paesaggio Storico Agrario. L’attribuzione di paesaggio storico è fondamentale affinché tutte le iniziative volte a realizzare vigneti nella zona collinare sia incentivata e sia prioritaria rispetto ad ogni altra considerazione e disposizione anche ai fini ambientali. Una delle definizione più aderenti alla realtà oltrepadana può essere la seguente: “Zona o territorio, quale viene percepito dagli abitanti del luogo o dai visitatori, il cui aspetto o carattere derivano dalle azioni di fattori naturali e/o culturali (antropici)” (A. Giordano, Per codice di progetto del paesaggio, in Frames. Frammenti di architettura e paesaggio, 2006, Libreria Internazionale Cortina, Padova). La Convenzione Europea sul paesaggio ha introdotto in Europa un nuovo modo di considerare e gestire la dimensione paesaggistica del territorio e si caratterizza per aver assegnato al paesaggio la qualità specifica di concetto giuridico autonomo. Il paesaggio rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale e la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua progettazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo. In questo senso, è forse oggi possibile cominciare a parlare di diritto al paesaggio. Il paesaggio configura la forma del paese, creata dall’azione cosciente e sistematica della comunità umana che vi è insediata, in modo intensivo o estensivo, nella città o nella campagna, che agisce sul suolo e che produce i segni della sua cultura. La locuzione “paesaggio” non costituisce più l’equivalente semantico di “bellezze naturali”, concezione questa che veniva a porre un ingiustificato restringimento dell’ambito di applicabilità della tutela alle sole aree di pregio paesaggistico e tendeva ad assimilarle, per natura e regimi giuridici, alle cose di interesse storico-artistico, quali cose appartenenti alla speciale categoria dei beni di interesse pubblico. La tutela del paesaggio dovrebbe dunque attuarsi dinamicamente e cioè tenendo conto delle esigenze poste dallo sviluppo socio-economico del paese, per quanto la soddisfazione di esse può incidere sul territorio e sull’ambiente, rappresentando così una formidabile occasione per promuovere, in ogni territorio e nel lungo periodo, benessere, identità e sviluppo. Allo stato, si riconosce il paesaggio come bene culturale a carattere identitario, frutto della percezione della popolazione. Da questo punto di vista il paesaggio è un prodotto sociale e non rappresenta un bene statico, ma dinamico. In base a queste caratteristiche, in quanto determinato dal carattere percettivo (almeno in base a questa accezione di paesaggio), il paesaggio è sempre relazionato all'azione dell'uomo. In particolar modo la percezione del paesaggio è frutto di un'interazione tra: - la soggettività umana; - i caratteri oggettivi dell'ambiente (antropico o naturale); 54 - i mediatori socio-culturali (legati al senso di identità riconosciuto da una società su un determinato tipo di ambiente). E dunque è entro questi confini che lo stesso paesaggio va protetto e valorizzato. 6.3.4 Semplificazione Ultimo, ma non meno decisivo fattore di qualificazione dell’azione del Distretto è quello legato alla semplificazione delle procedure tecniche e amministrative. Su questo versante ci si dovrebbe spendere a favore della unificazione e messa in rete o condivisione dei database e degli esiti dei controlli tra gli enti che si occupano di questa specifica fase presso le aziende vitivinicole. Capita spesso che, nella stessa azienda vitivinicola, vengano effettuati, nell’arco dell’anno, controlli sugli stessi appezzamenti vitati effettuati da Enti diversi (Provincia, Valoritalia, Consorzio Vini D.O.C., Regione). Questo fatto crea alle aziende agricole il disagio di ricevere e assistere a molteplici passaggi e inoltre, non trattandosi di sistemi in rete, c’è il rischio che un Ente non sia adeguatamente informato dell’esistenza del controllo dell’altro Ente, nonché degli esiti scaturiti. La condivisione dei dati eviterebbe anche la duplicazione dei controlli, che pure non di rado si verifica. Ci si dovrebbe poi adoperare per la messa a disposizione delle aziende di implementazioni informatiche o di piattaforme informatiche tali da creare un “filo diretto” di PEC o altro canale ufficiale con la Provincia o con la Regione, cioè con gli Enti responsabili dell’erogazione dei finanziamenti, in modo che le stesse aziende vitivinicole possano ricevere direttamente e velocemente a casa propria le informazioni sull’ammissione a finanziamento o su altri elementi di conoscenza che la pubblica amministrazione deve loro comunicare. Questa nuova forma di comunicazione per le aziende vitivinicole potrebbe vantaggiosamente essere accompagnata da corsi ad hoc, fatti appositamente per i tecnici delle stesse aziende. In aggiunta si dovrebbe richiedere di attivare una FASE II dei collaudi di PRRV con GPS, ovvero attivare delle modalità di carico dati, rilievi GPS in campo e elaborazione dei risultati, con tempistiche più veloci, e arrivando agli stessi, in tempo reale, in azienda, giungendo subito alla redazione del verbale di collaudo in azienda. Questo consentirebbe di velocizzare l’esecuzione dei collaudi e di arrivare in maniera più tempestiva alla trasmissione all’Organismo Pagatore Regionale dei verbali di liquidazione, oppure di arrivare all’invio dei nulla osta delle polizze fideiussorie a OPR in tempi contenuti, con conseguenti vantaggi anche per le aziende agricole. Al fine di velocizzare i collaudi dei PRRV si potrebbe anche prospettare, in accordo con la Regione e con la Comunità Europea, l’effettuazione degli stessi mediante misurazione con GPS solo per una certa percentuale di pratiche, limitandosi alla misurazione con GIS per la parte rimanente. Non andrà poi trascurata la fase relativa ai controlli, rispetto alla quale sarà opportuno prevedere una sorta di “Codice dei Controlli”, cui tutti i partecipanti al Distretto siano vincolati. In questo contesto, si dovranno opportunamente definire compiti e rapporti tra Consorzio Tutela Vini e il soggetto preposto ai controlli, in modo da identificare il ruolo del Consorzio quale strumento di dialogo e garanzia del lavoro svolto dall’ente di controllo in tutta la filiera (dal vigneto alla bottiglia). Peraltro i controlli, per essere davvero efficaci e incisivi, dovrebbero essere orientati anche a valle della produzione del vino e comunque al bancale del negozio e/o supermercato, tramite analisi sensoriali ed organolettiche fino al DNA, in modo da verificare le contaminazioni subite e/o la corrispondenza del prodotto con quanto dichiarato in etichetta. 55 7. IL SISTEMA DELLE RELAZIONI 7.1 Relazioni tra imprese e integrazione di filiera e tra soggetti economici dei diversi comparti Le aziende vitivinicole in provincia di Pavia rappresentano l’elemento centrale del relativo sistema che, nel contesto lombardo, risulta fortemente integrato e specializzato e che consta di attori per lo più ubicati nell’ambito dei confini provinciali. Una prima indicazione di tali caratteri è data dall’analisi delle vendite di uva per destinazione. Figura 5 – Destinazioni uva a D.O. - Vendemmia 2009 (kg) Fonte: Elaborazione dati camerali IC-DEIS Nel 2009, l’uva venduta rappresenta solo il 26%, mentre il ricorso al conferimento presso le Cantine Sociali si attesta al 52% dell’uva vendemmiata. Il restante 22% è destinato a commercianti e industriali, non sempre localizzati sul territorio provinciale, anche perché il disciplinare D.O.C. consente l’imbottigliamento fuori dal luogo di produzione delle uve. Per quanto riguarda la commercializzazione dei vini a denominazione, si osserva anzitutto come, negli ultimi anni, la vendita in damigiana stia subendo un grande decremento a tutto vantaggio della produzione in bottiglia. Le sole Cantine Sociali, con 15.800.000 pezzi, rappresentano una importante realtà. Questa tendenza è indicativa della naturale propensione e capacità del settore vitivinicolo oltrepadano a stare al passo con le richieste del mercato. La collocazione dei prodotti segue i canali indicati in Figura 6, da cui emerge come tutte le categorie di produttori siano presenti, seppur in misura diversa, in tutti i canali commerciali, a testimonianza di un diffusa maturità imprenditoriale, ed esportino vino espressione del livello di eccellenza raggiunto dal settore. 56 Figura 6 - Scambi commerciali 60% Rispetto alle cantine si riscontra una significativa differenza a seconda che si tratti di Cantine Sociali o private. Nel primo caso, il 60% delle vendite si concentra presso la GDO (anzi alla GDO arrivano tramite commercianti e industriali), il 25% è diretto agli hotel, ristoranti, bar ed enoteche, il 10% è collocato sul mercato estero e il restante 5% è destinato alla vendita diretta. Le bottiglie delle cantine private sono per il 60% distribuite a hotel, ristoranti, bar ed enoteche, il 20% a privati, il 15% sul mercato estero e solo il 5% alla GDO. Il fatto che le Cantine Sociali arrivano alla GDO tramite però la cessione a commercianti e/o industriali di vino sfuso, pur essendo un’operazione economicamente valida, non aiuta senz’altro a valorizzare il prodotto né tanto meno il territorio. Al contrario, si incrementa una certa anonimità del prodotto e la sua svalutazione in termini non solo eno-gastronomici, ma anche culturali, storici e territoriali. Le Cantine Sociali però, nello stesso tempo, forniscono maggiori garanzie sulla quantità del prodotto da commercializzare e pertanto sono in grado di soddisfare le esigenze di una clientela di massa come può sicuramente essere considerata quella della GDO. La significativa quota che le cantine private indirizzano al canale diretto ha gli indubbi vantaggi di non richiedere investimenti in azioni commerciali costose, di ottenere pagamenti immediati per il vino acquistato, della migliore gestione della clientela e della produzione, della elevata qualità, della soddisfazione di segmenti di mercato differenziati, della fidelizzazione del consumatore e dell’elevato potere contrattuale. Di contro, non sempre permette il pieno sfruttamento della vocazione naturale del territorio, favorisce la riduzione della capacità produttiva con la conseguente difficoltà a ricorrere ad altri canali commerciali. Le esportazioni sono, inoltre, difficili da sviluppare e da legare a progetti commerciali e i mercati di sbocco sono concentrati e ciò favorisce la scarsa conoscenza del prodotto presso i consumatori. 57 Quanto ai grandi commercianti o industriali, essi comprano localmente uva, ma soprattutto mosti e vini, che poi imbottigliano e vendono. La loro produzione è mirata quasi totalmente alla GDO e al mercato estero. A seconda del canale di commercializzazione, il viticoltore si trova ad affrontare strategie diverse. Se nella vendita diretta prevalgono le politiche di qualità, negli altri canali sono predominanti le politiche di prezzo e, in tale ambito, la scarsa immagine degli OP D.O.C. sta giocando un ruolo rilevante nel creare situazioni di sofferenza in un settore che comincia a risentire anche del contesto competitivo sempre più vivace. Nell’ambito della filiera vino pavese vi sono altri attori che hanno e possono avere un ruolo sempre più centrale nel sostenere la produzione del settore e favorirne la commercializzazione. Essi sono sinteticamente elencati nella Tabella 19 per tipo di attività svolta. Tabella 19 – Attori della filiera vino ATTIVITA’ Fornitura di beni e servizi ATTORI Fornitori di barbatelle e tutori; di anticrittogamici; di attrezzi e macchine agricole; Consulenti Formazione Istituto Tecnico “C. Gallini” Voghera; Università degli Studi di Milano, di Piacenza e di Pavia; Centri di assistenza tecnica. Sperimentazione e innovazione Centro Regionale di Riccagioia; Fondazione Fernando Bussolera e Lina Branca; Aziende viticole che collaborano con Enti e Università Interventi pubblici Unione Europea; MiPAA; Regione Lombardia; Provincia di Pavia; Comuni Ripartizione interventi pubblici Istituti di credito; Assicurazioni Gestione reimpianti vigneti e controllo CO.PRO.VI; superfici Regione Lombardia; Provincia di Pavia; CCIAA; Organismo di Controllo VALORITALIA; Associazioni di categoria Promozione Regione Lombardia; Consorzio Vini Doc; 58 CCIAA; Provincia di Pavia; Enoteca Regionale di Broni; Movimento del turismo del vino; Club Buttafuoco storico; Confraternite; Associazioni culturali; Comuni; Proloco; Comunità Montana In particolare si sottolinea l’impegno dei diversi attori nel valorizzare il paesaggio del vino, l’eccellenza dei prodotti e l’ospitalità. Tra le iniziative promosse si segnalano i Percorsi del Gusto e la Strada del Vino e dei Sapori, attraverso vari percorsi finalizzati a far conoscere i prodotti locali nonché la partecipazione a fiere di importanza internazionale, quali il Vinitaly di Verona, il Miwine a Milano, il Salone del Gusto di Torino, il ProWine di Dusseldorf e altre ancora, dove la produzione enologica lombarda è ben rappresentata attraverso l’Ascovilo (Associazione Consorzi Vini di Lombardia). Molteplici sono state negli ultimi anni anche le attività di promozione svolte dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese a favore di alcuni vini ritenuti oramai simboli del territorio: per il Bonarda frizzante, ad esempio, si sono concretizzati vari eventi, quale il gemellaggio con caciucco livornese al carnevale di Viareggio del 2008. Inoltre sono stati organizzati numerosi incontri rivolti ai giovani consumatori per far loro conoscere questo vino del facile approccio (coniando lo slogan “Bonarda Style”). Molto importante è stato il riconoscimento nell’agosto del 2007 della D.O.C.G. per lo spumante metodo classico, prodotto che vede sempre più aziende locali impegnate nella produzione. Diverse imprese del territorio hanno ottenuto importanti riconoscimenti sia nazionali sia internazionali per la grande qualità di alcuni loro vini, come numerose sono le guide e le riviste settoriali che dedicano attenzione al territorio oltrepadano. La positiva logica aggregativa che è alla base della nascita del Distretto muove necessariamente nella direzione di attivare puntuali strategie di collaborazione e sinergie anche con altre realtà distrettuali agroalimentari italiane, prima fra tutte quella con il Distretto del Riso, potendo facilmente ipotizzare forme di collaborazione incrociata, ai diversi livelli, con le manifestazioni di “Rice”, che dovrebbero rientrare tra i punti di forza promozionale del costituendo Distretto del Riso. La sovrapposizione e contiguità dei Comuni di produzione del Salame di Varzi D.O.P. con quella dei vini D.O.C.G. e D.O.C. Oltrepò Pavese, insieme alla frequente complementarietà produttiva e alla promozione congiunta, dovrebbero portare a un loro continuo monitoraggio, con la possibilità di essere ricompresi nell’area e nell’attività del Distretto, con l’obiettivo dichiarato di dar vita ad un’area territoriale con caratteristiche omogenee, in grado di esprimere, nel contempo, sia una qualificata produzione vinicola sia una produzione alimentare di eccellenza, come appunto il salame di Varzi D.O.P. Sarebbe questo un punto di approdo funzionale a perfezionare le caratteristiche del Distretto agroalimentare in quanto soggetto in grado di esprimere una competitività più forte e visibile. 59 7.2 Il ruolo delle istituzioni locali e dell’associazionismo nell’ambito distrettuale La Provincia di Pavia, in collaborazione con gli attori locali, sta compiendo uno sforzo promozionale atto a far conoscere anche i talenti turistici della zona di produzione dei vini D.O.C.: i paesaggi, con i loro colori e profumi; le tradizioni culturali, con cibi che si associano a vini di qualità, e, da ultimo, il “ Paniere Pavese”. La valorizzazione del turismo enogastronomico è favorita anche dalla collocazione geografica dell’Oltrepò per la sua vicinanza con Milano e, più in generale, in aree funzionali limitrofe ubicate in Emilia, Liguria e Piemonte. Un ruolo attivo nella promozione dei territorio del vino è svolto dal Movimento del Turismo del Vino che, tra le altre iniziative, programma l’evento “cantine aperte” e le giornate “benvenuta vendemmia” e “calici di stelle”. Merita poi di essere segnalata l’attività svolta da associazioni culturali, confraternite e club di produttori, diretta a far conoscere il territorio e i suoi prodotti enogastronomici, tra i quali anche quelli della viticoltura oltrepadana. Da sottolineare la presenza delle Università degli Studi di Milano e Pavia in campo vitivinicolo e i due progetti regionali, il Polo vitivinicolo di Riccagioia e l’Enoteca Regionale di Broni, iniziative importanti per il territorio, sia per l’innovazione che per la sua valorizzazione. L’avvio in Oltrepò di una politica di Distretto può costituire un’occasione di crescita e di integrazione della filiera in un’ottica di maggior competitività sui mercati, facendo leva sulla sinergia degli attori in gioco, imprenditoriali e non, impegnati sul territorio. 7.3 Partenariati con soggetti pubblici/privati in essere e da sviluppare in relazione agli obiettivi del distretto E’ del tutto evidente che la scelta, a suo tempo operata, di proporre anche per il Distretto Agroalimentare di Qualità del vino dell’Oltrepò Pavese il modello di gestione duale, incentrato sugli operatori economici privati, che andranno a costituire la Società di Distretto, affiancato da un Comitato di Indirizzo, costituito da Camera di Commercio, Provincia e Organizzazioni Professionali Agricole del territorio, comporta la scelta conseguente di definire, attraverso un apposito Protocollo d’Intesa, i rapporti intercorrenti tra soggetti costituenti il Comitato di Indirizzo e tra questi e la Società di Distretto. E dunque, in fase successiva all’accreditamento, si andranno a stabilire le forme di partenariato tra la CCIAA di Pavia, la Provincia di Pavia, la Federazione Provinciale Coldiretti di Pavia, la Confagricoltura di Pavia e la Confederazione Italiana Agricoltori di Pavia, nonché le forme di partenariato tra questi soggetti e la Società di Gestione del Distretto Agroalimentare di Qualità. Inoltre, sempre in fase successiva all’accreditamento, saranno conclusi accordi di partenariato con realtà di eccellenza in grado di garantire al Distretto Agroalimentare di Qualità il conseguimento di un chiaro ed evidente valore aggiunto. 7.4 Relazioni tra la realtà produttiva e le Università o i centri di ricerca Da tempo, è attivo sul territorio un preciso rapporto di collaborazione con l’Università di Pavia e con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. In particolare, merita di essere sottolineato che l’Università di Pavia ha dato apporto decisivo alla elaborazione e predisposizione del presente documento per l’accreditamento del Distretto da porre a base del successivo Piano di Distretto, mentre va ricordato che con l’Università Cattolica, sede di Piacenza, sono in corso incarichi di collaborazione, affidati dalla Provincia di Pavia all’Istituto Frutti – Viticoltura della stessa Università, per uno “Studio sull’integrazione territoriale della vitivinicoltura nell’Oltrepò Pavese per la definizione dei criteri colturali da considerarsi nelle norme 60 della programmazione territoriale (Regolamenti di Polizia Rurale, P.G.T.)” e per una “Ricerca sulla gestione del terreno di vigneto in pendenza per la salvaguardia idrogeologica dei versanti”, quest’ultima da realizzare in collaborazione con il Centro per la Vitivinicoltura dell’Oltrepò Pavese. Si tratta ora di definire un rapporto più organico e consolidato con le due realtà universitarie in modo da sostenere, al dovuto livello di competenza, l’azione del Distretto sul versante della ricerca applicata e dell’innovazione di processo e di prodotto. Si segnala inoltre che la filiera vitivinicola di qualità ha da tempo adottato strategie di competitività e innovazione. Tra queste si ricorda: - il processo di accorpamento delle due cantine sociali di Broni e Casteggio, che ha dato vita alla nuova cantina Terre D’Oltrepò e ha favorito il miglioramento della qualità delle produzioni (pur con la rilevante criticità determinata dal fatto che circa il 95% del vino viene commercializzato sfuso) e maggior orientamento al mercato; - le iniziative di commercializzazione sui mercati internazionali; - gli accordi di collaborazione tra le Università e i singoli agricoltori volti a favorire la ricerca e la sperimentazione sostenendo un importante processo di costante innovazione. Rispetto a quest’ultima area si sottolineano i progetti regionali del Polo Vitivinicolo di Riccagioia e dell’Enoteca di Broni. Va in proposito ribadito il ruolo che andrà ad assumere, sul versante di ricerca e innovazione, il polo vitivinicolo di Riccagioia. Al riguardo si ricorda che, nel gennaio 2008, la Regione ha proposto la creazione a Riccagioia (nei Comuni di Torrazza Coste e Montebello della Battaglia) di un polo vitivinicolo sperimentale in grado di diventare un centro di diffusione delle tecnologie e del know-how tecnico-gestionale dedicato alle produzioni della filiera vitivinicola. Il Polo di Riccagioia opererà come riferimento per la ricerca applicata e il trasferimento tecnologico agli operatori della filiera, che potranno così promuovere e sviluppare modelli innovativi di gestione e di promozione. Il progetto, avviato all’interno del Programma per la valorizzazione del patrimonio immobiliare (ProValPi) dell’ERSAF, riguarda nello specifico il piano gestionale del Polo di Riccagioia, per il periodo 20102014, finalizzato alla costituzione di un soggetto misto pubblico-privato in grado di gestire le attività del Centro. Le attività proprie del Centro saranno quelle della ricerca, della sperimentazione e della formazione al servizio del comparto vitivinicolo, per lo sviluppo di servizi innovativi nei riguardi della filiera regionale e nazionale. L’obiettivo è quello di diventare un saldo punto di riferimento della filiera vitivinicola lombarda e centro di eccellenza nella ricerca, sperimentazione e formazione applicata, anche al di fuori dei confini oltrepadani. Attraverso questo strumento si potrà rendere più competitiva la filiera vitivinicola lombarda e nazionale, rafforzando il sistema agricolo legato alla stessa filiera, favorendo la diffusione delle innovazioni di processo in campo e in cantina, disponendo così di una azienda sperimentale modello, in grado di supportare la promozione istituzionale delle produzioni tipiche dei territori nazionali. Riccagioia diverrà il polo centrale di un network di Centri di ricerca e trasferimento tecnologico del comparto, in cui i territori periferici avranno un ruolo fondamentale di luogo fisico di sperimentazione e di diffusione delle conoscenze, mentre il polo centrale farà da motore per il buon funzionamento di tutto il sistema. Le attività cardine previste (sulla base delle dinamiche attuali) saranno: - la formazione, che interessa l’intero sistema universitario; 61 - la ricerca e l’innovazione, che, oltre all’approfondimento di tematiche strettamente scientifiche, potrà riguardare, ad esempio, gli aspetti economici dei mercati del vino e le strategie dei produttori; - i servizi, andando ad appoggiare sia l’attività in campo che in cantina. Va da sé che il polo vitivinicolo di Riccagioia si pone come partner privilegiato del costituendo Distretto Agroalimentare di Qualità “Bonarda&Pinot dell’Oltrepò” funzionale a combinare al meglio le finalità del polo vitivinicolo con quelle della Società di Distretto. Si deve poi aggiungere che si attende, a breve, la fine dei lavori per la realizzazione dell’Enoteca Regionale di Cassino Po a Broni, la cui mission è quella di divenire una stazione dell’enoturismo nazionale ed una vetrina della migliore enologia di Lombardia. Il progetto, che ha visto la luce già dai primi anni ’90, è incentrato sulla ristrutturazione, a fronte di un finanziamento regionale di circa 5 milioni di euro, di un immobile storico e dismesso, che ospiterà innanzitutto un ristorante alla moda e un bar per le degustazioni. Ci sarà poi spazio per una boutique del gusto, per un laboratorio gastronomico e per aule di formazione. Arriveranno anche la nuova sede del Consorzio Tutela Vini e la sede di Ascovilo (Associazione Consorzi Vini Lombardi). L’obiettivo è quello di creare un sistema di sviluppo turistico, che possa rappresentare un forte valore aggiunto per il territorio, costituendo il potenziale fulcro di importanti iniziative di valorizzazione del patrimonio enogastronomico e storico culturale. Fondamentali saranno al riguardo le partnership che si creeranno con Regione, Provincia e Camera di Commercio. 7.5 Ruolo dei centri di ricerca/ Università e innovazione in relazione agli obiettivi di distretto E’ accertato che il concetto di qualità del vino è cambiato nel corso del tempo, grazie allo sviluppo delle conoscenze enologiche e alla comprensione dei composti chimici responsabili degli aromi e delle proprietà salutistiche. Un ulteriore avanzamento della qualità può essere raggiunto combinando al meglio la ricchezza del patrimonio di vitigni esistenti in Oltrepò con i giacimenti di conoscenze e competenze depositati nelle Università, tanto quelle con cui sono in corso rapporti di collaborazione, quanto altri istituti universitari di cui ci si potrà avvalere in seguito, e nei centri di ricerca. Su un piano ancora più avanzato, sarà di importanza fondamentale la realizzazione di una rete di scambi di informazioni e competenze con l’utilizzo e lo sfruttamento dei Laboratori di analisi, dei tecnici e dei centri di sperimentazione esistenti, in particolare del nuovo Centro di Riccagioia, in modo da mettere a sistema un adeguato servizio di assistenza tecnica, nonché ricerche di settore, con relative prove e sperimentazioni su prodotti e processi innovativi, di cui possano trarre beneficio le imprese del Distretto. 62 8. PROGRAMMAZIONE E RISORSE 8.1 Illustrazione degli strumenti di programmazione a disposizione del distretto e degli elementi di sinergia, complementarietà, coerenza con la programmazione territoriale e con le politiche di sviluppo rurale Il Distretto si inserisce in un contesto entro cui diversi strumenti di programmazione, sia generali che tematici, concorrono a definire strategie e a orientare l’attività dei diversi soggetti del territorio. È quindi fondamentale che gli obiettivi del Distretto siano coerenti con il quadro programmatico definito dagli strumenti di programmazione derivanti dai diversi livelli istituzionali. Nel Programma Regionale di Sviluppo della IX legislatura e nei suoi aggiornamenti annuali definiti attraverso il Documento Strategico Annuale (DSA) è forte l’affermazione dell’importanza della imprenditorialità, sia essa agricola, industriale o commerciale, come parte integrante di una vera e propria cultura lombarda, il cui sviluppo ha contribuito negli anni alla costruzione di utilità economiche che fondano un più generale bene comune dei territori e delle popolazioni che li vivono. Nell’attuale contesto di crisi, l’azione regionale proposta dal PRS è orientata a dare fiducia e a sostenere lo sforzo delle aziende, in particolare delle PMI, che intendono svilupparsi, competere a livello globale e a investire in innovazione, specialmente quando questo sviluppo è finalizzato a contrastare processi di contrazione o marginalizzazione, che tendono a verificarsi su settori storici dell’imprenditoria lombarda. Questo sostegno è indirizzato prioritariamente alle aggregazioni di imprese, alla realizzazione di sistemi a rete, alle diverse forme di collaborazione con modalità e strumenti riconosciuti. All’interno di questo quadro, l’intervento regionale propone il rafforzamento territoriale delle aggregazioni in una logica, quella distrettuale, che mira a sostenere progetti di ricerca, di innovazione e di promozione, in ambiti di interesse sovra aziendale, di nuove piattaforme produttive che meritano, perché di eccellenza, particolare considerazione. L’area montana dell’Oltrepò Pavese, per le sue particolari caratteristiche e la sua collocazione geografica, viene considerata nei documenti di programmazione regionale all’interno del Sistema territoriale “Asta del Po”, che incrocia così la programmazione territoriale di quest’area con quella della montagna. L’Allegato territoriale del PRS e dei suoi aggiornamenti annuali prevedono l’ipotesi di costituzione di un Distretto Agroalimentare di Qualità del vino dell’Oltrepò Pavese. Si tratta dunque di una previsione programmatoria che considera l’esigenza prioritaria di definire ed accreditare il distretto e ciò in contemporanea con la realizzazione e piena funzionalità del Polo vitivinicolo di Riccagioia e dell’Enoteca di Broni. Inoltre la previsione del riconoscimento di un Distretto Agroalimentare del vino dell’Oltrepò, così come contenuto all’interno dei documenti di programmazione regionale, potrà anche essere punto in riferimento con l’esistenza dei Distretti del Commercio che insistono numerosi nell’area. Ognuno di questi Distretti opera attraverso propri programmi di incentivazione promossi e finanziati dalla Regione. Si favorisce così la permanenza di esercizi commerciali nelle aree a minore densità abitativa, dando inoltre sostegno alla commercializzazione di prodotti “km 0” e ciò a favore sia dei residenti che delle persone che vi soggiornano per ragioni di turismo o altro. Va ricordato che le politiche distrettuali del commercio incentivano il rapporto tra le comunità locali nelle varie espressioni esistenti sul territorio e la GDO, attraverso azioni e collaborazione tra Comuni e Organizzazioni di categoria. E ciò avviene in particolare nei due distretti che insistono nella parte pianeggiante dell’Oltrepò. 63 Figura 7 – Mappa dei Distretti del Commercio in Oltrepò Pavese Rilevante è poi la previsione di inserimento della progettualità Distretto Agroalimentare di qualità nell’Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale di Pavia, strumento di programmazione negoziata regionale sottoscritto nel 2005, che sarà rimodulato nel 2012 per rispondere maggiormente all’esigenza di disporre, a livello territoriale, di strumenti programmatori coerenti con le previsioni del Programma Regionale di Sviluppo. In questo contesto, la progettualità potrà essere promossa, monitorata e messa in relazione con le altre iniziative di livello regionale dei diversi soggetti del territorio. Tra i temi prioritari per la IX legislatura regionale rientrano, in vista di un recupero dell’attrattività della montagna, le iniziative per la destagionalizzazione delle presenze turistiche, integrando tra loro le variegate risorse della montagna lombarda che concorrono a superare un’offerta territoriale e turistica di tipo tradizionale, anche come occasione di inclusione sociale e di benessere psico-fisico. In aggiunta, va ricordato che, con il Piano Integrato di Sviluppo Locale della Comunità Montana Oltrepò Pavese, si attiva un ulteriore strumento specificamente individuato per lo sviluppo delle aree montane della Lombardia mirato a realizzare, attraverso la gestione del Fondo regionale sulla montagna, interventi di carattere infrastrutturale di sviluppo del turismo, valorizzazione dei prodotti tipici e cultura locale. Appare utile riportare di seguito l’elenco dei singoli strumenti di programmazione che vanno a comporre la programmazione regionale: - Programma Regionale di Sviluppo della IX legislatura, con particolare riferimento all’Allegato territoriale e ai suoi aggiornamenti annuali; 64 - Piano di Sviluppo Rurale; Piano Territoriale Regionale; Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale di Pavia Accordo di programma per lo sviluppo economico e la competitività del sistema lombardo tra Regione Lombardia e Sistema camerale lombardo. A completare il quadro programmatorio, vanno aggiunti gli strumenti della programmazione di livello provinciale: - Piano Generale di Sviluppo della Provincia di Pavia; - Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Pavia; - Piano di Sviluppo Socio Economico della Comunità Montana Oltrepò Pavese; - Programma Integrato di Sviluppo Locale della Comunità Montana Oltrepò Pavese 2011-2013; - Piano di Sviluppo Locale del GAL Alto Oltrepò; - Piano d’Azione del Sistema turistico Po di Lombardia, in riferimento all’ambito dell’Oltrepò pavese; - Programmazione relativa alla gestione di aree protette (risorse naturali e monumentali, PLIS, Natura 2000/SIC); - Programmi dei Distretti del Commercio attivi nell’area dell’Oltrepò pavese. Va da ultimo ricordato che la Provincia di Pavia sta mettendo a punto nuove strategie di promozione turistica del territorio pavese, finalizzato a valorizzare le specificità culturali, architettoniche e ambientali delle tre aree che compongono il territorio provinciale. Ne consegue che le politiche distrettuali si potranno utilmente raccordare con queste nuove strategie. 8.2 Individuazione delle risorse (fonti pubbliche/private, sistema bancario, ecc.) Esiste ormai da anni la volontà delle istituzione locali, Camera di Commercio e Provincia in testa, di favorire il potenziamento di attività di promozione della produzione vitivinicola, in stretto collegamento con il territorio. E dunque è prevedibile un impegno diretto, anche di carattere finanziario, nel limite delle reali possibilità in costante contrazione, dei due Enti nel dare sostegno alla Società di Distretto, almeno per quanto attiene parte dell’attività di promozione, alla quale dovrà necessariamente concorrere anche il Consorzio Tutela Vini. Si segnala inoltre la presenza capillare sul territorio del sistema bancario e del credito cooperativo (come la BCC Centro Padana) e il forte interesse alla collaborazione da parte di importanti fondazioni legate al territorio (Fondazione Banca del Monte e Fondazione Cariplo), che seppur al momento non abbiano ancora dispiegato tutte le loro potenzialità a favore dell’intera filiera, non dovrebbero far mancare il loro diretto sostegno all’azione del Distretto. In attesa che le condizioni sopra delineate vengano a maturazione, il reperimento di risorse finanziarie muoverà, entro il limite del possibile, nella direzione delle opportunità proposte dalle rimanenti disponibilità del vigente PSR e di quelle offerte dai bandi regionali, nazionali ed europei destinati a sostenere iniziative di ricerca e sviluppo e la creazione di reti d’impresa e ad accompagnare azioni di promozione dei prodotti in Italia ed all’estero. E’ del tutto evidente che, in fase successiva, si dovrà fare concreto affidamento sui contenuti del nuovo PSR, che si prevede strutturato a supporto delle realtà distrettuali. Va da sé che molto si attende dai soggetti privati direttamente partecipanti alla Società di Distretto e da tutti quelli a diverso titolo interessati a cogliere appieno le potenzialità offerte dal Distretto, anche nella sua valenza di strumento di sviluppo locale. 65 9. PARTECIPAZIONE E GESTIONE 9.1 Modello organizzativo e gestionale Le imprese firmatarie del presente documento si propongono quale nucleo fondante del Distretto Agrolimentare di Qualità del Vino dell’Oltrepò Pavese, denominato “Bonarda & Pinot dell’Oltrepò”, e in tal senso di impegnano a procedere, secondo modalità e tempistica stabilite dalle “Disposizioni attuative per l’accreditamento dei Distretti Agricoli” di Regione Lombardia, alla costituzione della Società di Distretto ed alla predisposizione del Piano di Distretto, assumendo al contempo l’impegno a coinvolgere nelle fasi successive il maggior numero possibile di imprese vinicole del territorio rispondenti ai requisiti fissati dal presente documento, in modo da rendere la Società di Distretto massimamente rappresentativa dello stesso territorio. E’ volontà esplicita delle imprese costituenti il nucleo fondante del Distretto esprimere opzione preferenziale all’impostazione duale, avvalendosi, per la definizione delle strategie distrettuali, dell’apporto qualificato del Comitato di Indirizzo, composto dalla Camera di Commercio di Pavia, della Provincia di Pavia e delle Organizzazioni Professionali Agricole pavesi Coldiretti, Confagricoltura e CIA. Analoga opzione preferenziale viene espressa per la tipologia societaria della Società Consortile a responsabilità limitata, senza scopo di lucro. La Società opererà per il perseguimento dell’oggetto sociale, che verrà puntualmente definito all’atto della costituzione della stessa Società, di concerto con il Comitato di Indirizzo. La Società di Distretto sarà composta dalle imprese firmatarie il presente documento costituenti il nucleo fondante del Distretto e dalle altre imprese, che rispondenti ai requisiti fissati dallo stesso documenti daranno formale adesione alla stessa Società. La Società Consortile, nella sua qualità di soggetto gestore del Distretto, si doterà dei seguenti organi: • Assemblea dei soci • Consiglio di Amministrazione • Presidente. L’attività della Società sarà gestita da un Direttore, sostenuto da un Comitato consultivo Tecnico-Scientifico e da un Ufficio di Segreteria. Al fine di garantire il minor onere possibile a carico della Società, tutti gli organi della Società, anche quelli gestionali, si prevedono a costo zero, avvalendosi, per gli incarichi operativi, dell’apporto di soggetti dotati delle adeguate competenze aderenti al Distretto. 9.2 Strumenti di partecipazione e gestione previsti per il funzionamento del Distretto Il Distretto si prevede strutturato in forma duale, con una Società di Distretto e un Comitato di Indirizzo composto da: • CCIAA di Pavia • Provincia di Pavia, • Federazione Provinciale Coldiretti di Pavia, • Confagricoltura di Pavia, • Confederazione Italiana Agricoltori di Pavia Resta fermo che è volontà comune perseguire con forza l’obiettivo del progressivo, costante allargamento della base societaria, in modo da conseguire la massima rappresentatività territoriale. A tal fine è sin da ora da prevedersi, in sede statutaria, la possibilità di integrare, in fase successiva, tanto il primo Consiglio di Amministrazione quanto il primo Comitato Tecnico-Scientifico. 66 10. PROSPETTI 10.1 Composizione della rete di imprese e descrizione attività Partner 1 Denominazione Cod. Fiscale/P.IVA Indirizzo Telefono/fax/email Referente per il progetto “distretto” Telefono/fax/email Attività esercitata e ruolo nell’ambito del distretto 10.2 Altri soggetti eventualmente interessati coinvolti mediante accordi di partenariato Denominazione Funzione Referente di progetto 67