piccoli esperimenti

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piccoli esperimenti
peppe liberti
Piccoli
esperimenti di
fisica
14/05/2010
2
Pagina
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L’ARCOBALENO CON MEZZI DI
FORTUNA
E’
possibile
osservare
un’arcobaleno quando in
aria sono sospese delle
piccole
gocce
d’acqua
che si comportanto quasi
come un prisma: si lasciano percorrere dalla luce
che, nell’attraversarne la superficie, subisce una
prima rifrazione, incide poi sulla superficie interna,
si riflette totalmente (una o due volte), per uscirne
finalmente smontata nelle sue componenti colorate.
Lo schema per un arcobaleno primario per singola
riflessione all’interno della goccia d’acqua lo vedete
luce dalla goccia cambia
leggermente a seconda
del colore. Per angoli di
uscita minori di 40°65′
tutti i colori vengono
rifratti, e quindi la luce
bianca
resta
bianca
Pagina
L’angolo di uscita della
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riprodotto nella figura in alto.
mentre per angoli maggiori di 42°37 la luce non può
uscire dalla goccia.
Quello che qui propongo è un modo semplice e a
costo zero per costruire un “dimostratore”, un
piccolo esperimento da fare in classe con poco sforzo
e successo garantito. Si tratta di costruire un
gocciolone d’acqua, evitando il solito ed abusato
esempio del prisma, utilizzando il coperchio di
plastica trasparente di una contenitore per CD o
DVD, di quelli che vendono ai supermercati. Vi
serve poi una torcia ed uno schermo (un pezzo di
recipiente sferico (una vasca per i pesci) che però è
più difficile da trovare. In ogni caso, poiché tutto il
percorso della luce si deve svolgere in un piano che
passa per il centro della sfera (altrimenti tutto si
complica) un recipiente cilindrico basta e avanza.
Pagina
sofisticati, al posto del coperchio potete usare un
4
carta) dove proiettare l’”arcobaleno”. Se volete fare i
Il
recipiente
deve
essere
riempito d’acqua, meglio se
“sporcata” con un pò di
tempera bianca. Per vedere
la
luce
che
si
propaga
nell’acqua sarebbe meglio
utilizzare un fascio di luce
estremamente
collimato
e
sottile. Ma, anche se non
avete
genera
un
un
puntatore
fascio
che
bianco
intenso e collimato, basta
costruire, con della carta
spessa e scura, un bussolotto
dove infilare la torcia. La luce che esce da un
forellino di pochi mm di diametro posto alla
tavolo, infilate la torcia nel bussoloto e puntatela sul
bordo del contenitore. La prima cosa che osserverete
è la deviazione che subisce la
luce quando passa dall’aria
all’acqua e viceversa. Il gioco
sarà poi quello di trovare
l’angolo giusto per creare la
Pagina
ottenere l’effetto desiderato. Disponete tutto su un
5
sommità del bussolotto è più che sufficiente per
riflessione (quasi)totale all’interno del contenitore.
Quando ci sarete riusciti osserverete sullo schermo,
posto nella giusta posizione, il vostro microarcobaleno. Le foto dell’”esperimento” testimoniano
che la cosa si può fare senza grandi difficoltà.
RGB
Abbiamo dunque scoperto, con
l’esperimento sull’arcobaleno, che
la luce bianca si compone di una
gamma più vasta di colori. Con
un filtro opportuno ne possiamo
selezionare uno di questi, ad
esempio, il rosso (R, red), il verde
essere ricombinati per ottenere nuovi colori. Lo
schema utilizzato nei libri di testo è quello che
riporto
in
figura
che
mostra
le
4
possibili
combinazioni: R+B, R+G, B+G, R+G+B. Il risultato
“ideale” è:
Pagina
Questi tre, noti come “colori primari”, possono
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(G, green) ed il blu (B, blue).
R+B
=
Magenta
(violetto)
R+G = Giallo
B+V
=
Ciano
(azzurro)
R+G+B = bianco
Se volete provare a
riprodurre in casa questa situazione potete utilizzare
delle normali lampadine colorate, sistemandole
come in figura su una superficie bianca riflettente.
Perchè tutto riproduca la situazione ideale è
necessario
che
sufficientemente
le
nostre
“intense”,
sorgenti
siano
illuminino
senza
“sfumature”, non vi siano altre sorgenti di luce
nell’ambiente. Se la situazione non è quella ideale,
di
7
sfumature di colore. Nel
Pagina
tanto meglio. Vorrà dire che otterremo una
maggiore
varietà
caso “reale” vedrete molto
bene il magenta ed il ciano,
non
vedrete
arancione.
Il
giallo
bianco
ma
al
centro non sarà poi così
bianco ma un insieme di
colori tenui molto più interessanti.
Tutto questo mi serve anche per raccontarvi che gli
schemi vanno pur bene ma non sono tutto. Ci
insegnano, ad esempio, che i colori dell’arcobaleno
sono sette ma non è vero! Il passaggio dal violetto al
rosso non avviene “a salti” da un colore all’altro ma
avviene gradualmente e con continuità attraverso
tutte le possibili tonalità di colore.
Per
concludere,
un
altro
modo per scomporre la luce
bianca
nelle
sue
diverse
componenti colorate è quello
di illuminare la superficie
incisa
di
letteratura
un
CD.
trovate
In
molti
modi per farlo. Io propongo
figura sarà il risultato che si
potrà ottenere.
Pagina
con il flash acceso e quello in
8
una bella fotografia del CD
IMMAGINI CAPOVOLTE
L’utilizzo anomalo di un
coperchio per Cd ci ha
insegnato qualcosa su
come la luce cambia il
suo percorso passando
da un mezzo (l’aria)
all’altro
come,
(l’acqua)
in
e
condizioni
geometriche particolari, sia possibile vedere su uno
schermo i colori dell’arcobaleno. Lo stesso fenomeno
fisico (la rifrazione della luce) può essere utilizzato
per vedere immagini capovolte e per spiegare il
funzionamento
dell’occhio
umano.
paragrafo: torce, una vasca per
pesci (più o meno sferica), un
cartoncino
ed
ingrandimento.
una
lente
di
Ritagliate
al
centro del cartoncino una figura
che non abbia simmetria assiale
orizzontale (può averla anche
Pagina
vedete nella prima foto di questo
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Il materiale che vi occorre lo
verticale,
vitruviano
come
di
l’uomo
Leonardo)
e
posizionatelo su un piano alla
giusta
altezza
rispetto
alla
vaschetta (sulla retta orizzontale
che
congiungerà
la
sorgente
luminosa col centro del globo),
fissandolo con dello scotch. Il
tavolo dove lavorate non deve
essere bianco altrimenti rischiate
una eccessiva diffusione della
luce. Avete bisogno ora di uno schermo dove
proiettare l’immagine. Se interponiamo tra torcia e
vaschetta il nostro cartoncino bucato ed accendiamo
la torcia, “mettendo a fuoco” (cioè trovando le giuste
distanze tra tutti gli elementi dell’esperimento), il
Per farvi capire la faccenda vi mostro un disegno
10
dove è rappresentato schematicamente ciò che
Pagina
risultato sarà quello che potete osservare in figura.
avviene quando la torcia illumina la vasca riempita
d’acqua. La luce cambia direzione quando entra e
quando esce dall’acqua e ci sarà sicuramente, dentro
o
fuori
la
vaschetta, una
zona
dove
i
“raggi di luce” si “incrociano”. Nel nostro caso il
punto di convergenza dei raggi è situato fuori dalla
vaschetta, ma non è detto che sia sempre così.
Questo fenomeno può essere “visto”. Sporcate
l’acqua con un pò di tempera, spegnete la luce ed
accendete la torcia vicino al bordo della vasca:
vedrete chiaramente come il fascio di luce cambia
direzione e converge. Se ora prendete la lente
(convergente)
e
la
sistemate
sulla
retta
che
congiunge la sorgente luminosa col centro del globo
vedrete che il punto di convergenza si forma dentro
alla vasca. Tenete conto del fatto che ho
usato una torcia scadente e che irradia
nell’ambiente troppa luce diffusa. Un
risultato
migliore
si
ottiene
se
la
dove uscirà la luce.
Questo
esperimento
simula
funzionamento
umano.
piccolo
Gli
il
dell’occhio
elementi
convergenti dell’occhio sono
la cornea ed il cristallino, il
Pagina
con un foro di circa 2 cm di diametro da
11
racchiudete in uno scatolo di cartone
bordo della vasca è la retina: quando il punto di
convergenza del fascio di luce cade sulla retina
l’occhio è emmetrope (ci vedete bene); quando il
punto di convergenza è oltre la retina (il caso che vi
ho mostrato senza lente) l’occhio è ipermetrope;
quando si forma prima della retina è miope. In
questi due ultimi casi, smettete di leggere, rimettete i
pesci nella vasca e andate da un oculista.
L’ACQUA SOSPESA
Questo
giocherello
è
molto
famoso
e
molti
insegnanti lo propongono per spiegare il fenomeno
della combustione. Si fissa una candela su un tavolo
e, dopo averla accesa, la si copre con un contenitore
(anche questa nota) che si può realizzare ponendo la
candela (ma non fissandola) all’interno di un
contenitore di plastica riempito con dell’acqua
colorata. Una volta accesa la candela, la copriamo
con una bottiglia di vetro ed osserveremo il liquido
colorato risalire su per la bottiglia, fino ad un
Pagina
essa si spenga. Quella che propongo è una variante
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di vetro per osservare come, quasi immediatamente,
determinato livello, anche dopo
che
la
candela
sarà
definitivamente spenta.
La combustione dunque: la cera
(il combustibile) si combina con
l’ossigeno (il comburente) nella
bottiglia
(la
camera
di
combustione) se la candela è
accesa (l’innesco della reazione
di ossidazione).
Il
punto
critico
di
questa
vicenda, se il giochino viene
proposto in una scuola primaria,
sono proprio i termini (tecnici)
che ho scritto tra parentesi. Un
per
scontata
l’esistenza
dell’ossigeno.
Le conoscenze significative sulla
combustione sono rimaste di tipo
fenomenologico fino al lavoro del povero Lavoisier
(Parigi, 26 agosto 1743 – Parigi, 8 maggio 1794) e la
“rivoluzione chimica” ebbe inizio proprio con
l’ipotesi
di
Lavoisier
che
il
fenomeno
della
Pagina
dar
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problema è pure, a mio avviso,
combustione
consisteva
in
una
combinazione
chimica tra combustibile ed aria. Furono però
necessari alcuni anni per comprendere che soltanto
una parte dell’aria è attiva (essa venne allora
chiamata ossigeno, dal greco formatore d’acido),
proprio
quella
che
nel
nostro
esperimento
“scompare” per far posto all’acqua colorata. Quanta
ne scompare? Sarà sufficiente misurare (stimare) il
volume occupato dall’acqua che è entrata nella
bottiglia alla fine dell’esperimento (anzi, meglio
ancora, di quanto si è abbassato il livello dell’acqua
che rimane fuori dalla bottiglia) per scoprire che è
circa 1/5 del volume totale della bottiglia. E dunque
l’aria è costituita da più componenti: uno di questi,
che chiamiamo ossigeno, è quello che permette alla
candela di rimanere accesa; l’altro, che chiameremo
tra i quali l’anidride carbonica (alla quale si
aggiungerà quella prodotta nella combustione) ma
la loro presenza è poco significativa. Il gas
all’interno non è più quello che comunemente
chiamiamo “aria”, ma aria privata dell’ossigeno e
con un pò di anidride carbonica in più e, per questo,
meno “densa” dell’aria esterna.
Si crea così una
Pagina
indifferente agli eventi. C’è anche dell’altro, altri gas
14
azoto (dal greco, senza vita), se ne sta per i fatti suoi,
differenza di pressione tra l’aria (all’esterno) ed il
gas (all’interno) ed il liquido non potrà far altro che
risalire lungo la bottiglia fino a quando l’equilibrio
non verrà ristabilito.
Concludo con le parole di Michael Faraday
(Newington Butts, 22 settembre 1791 – Hampton
Court, 25 agosto 1867) dal “Course of Six Lectures of
the Chemical History of a Candle”:
“Non c’è una legge che governi l’universo che non entri
in gioco nel fenomeno di una candela in combustione.
Bruciando una candela partite con una sostanza solida
che si trasforma prima in un liquido e poi in vapore. Il
grasso della candela liquefatta ricade per la forza di
gravità, eppure lo stoppino sfida la gravità sollevandosi
per effetto dell’ azione capillare. Bruciando, al candela
composta…”
Pagina
reazioni chimiche che rivelano di quali sostanze sia
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genera luce e calore. Nello stesso tempo è soggetta a
IL DIAVOLETTO DI CARTESIO
La pressione è una grandezza fisica estremamente
importante e, nelle attività “pratiche”, forse la più
importante
perchè
permette di “vedere” le
forze. Bisogna ricordare
infatti che la forza non è
una caratteristica di un
certo oggetto o di una
certa
persona,
ma
un’interazione e si può osservare/misurare solo
quando viene esercitata. Dimenticate quindi il punto
materiale e la fisica dove tutto si muove in un
mondo senza atmosfera. Il nostro
mondo non è fatto di oggetti
punti. C’è l’aria, ci sono le
superfici, ci sono i volumi, gli
oggetti estesi.
Pagina
la nostra forza non si esercita su
16
pesanti ma privi di dimensioni,
Questa filippica mi serve per
introdurre il noto esperimento
del “diavoletto di Cartesio”. I
miei ingredienti sono: un tappo
di penna (non forato); plastilina;
una
bottiglia
dell’acqua.
di
plastica
Operazioni
e
da
compiere: 1) fissare la plastilina
al tappo come in figura e,
utilizzando un contenitore di
dimensioni opportune e pieno d’acqua, trovare la
quantità
giusta
di
plastilina
affinchè
possa
galleggiare poco sotto la superficie; 2) riempire
completamente la bottiglia d’acqua, inserire il tappo
e chiudere bene; 3) premere sulle pareti della
bottiglia. Osserverete come, premendo (esercitando
mollata la presa.
LA FORMA DEI LIQUIDI
“Che fai?” gli domandai. E lui, a sua volta, mi fece una
domanda. Qual’è la forma dell’acqua?”. “Ma l’acqua non
Pagina
scende verso il fondo per poi risalire una volta
17
una pressione) sulle pareti della bottiglia il tappo
ha forma!” dissi ridendo: “Piglia la forma che le viene
data”.
Andrea Camilleri, La forma dell’acqua, Sellerio
(1994)
E’
proprio
così,
siamo abituati a
pensare
liquidi
che
i
non
abbiano
forma
propria.
Ma
questo non è vero:
la forma naturale
di
qualsiasi
liquido è quella di una sfera. E’ la gravità che
impedisce ai liquidi di assumere questa forma e li
contenitore,
a
prenderne
la
forma.
Possiamo
“eliminare” la gravità?
L’esimio Archimede di Siracusa, vissuto nel III
secolo a.C., enunciò nella famigerata opera Sui corpi
galleggianti un famoso principio secondo il quale i
corpi immersi in un fluido ricevono una spinta dal
basso verso l’alto (la “forza di Archimede”) di
Pagina
su una superficie o, se versati dentro ad un
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costringe a diffondersi in uno strato sottile se posti
intensità pari al peso (alla forza
peso, per meglio dire) di una
massa di fluido di forma e
volume uguali a quella della
parte immersa del corpo. E
dunque il peso di un corpo
immerso (parzialmente o totalmente) non è quello
che si misura fuori dal liquido, ma il peso del
volume di fluido spostato dalla parte immersa. In
una situazione di equilibrio la forza peso è bilanciata
dalla forza di Archimede, cioè la somma delle due
forza è nulla e quindi bye bye, gravità… Questo
principio vale non solo per i solidi ma anche per un
fluido
immerso
in
un
altro
fluido.
Ecco
l’esperimento.
In casa nostra abbiamo tutto quello che serve,
L’olio
crescente).
19
densità
affonda
Pagina
ovvero tre fluidi: alcool, olio, acqua (in ordine di
nell’alcol
ma
galleggia nell’acqua.
Si tratta perciò di
miscelare alcol
ed
acqua in proporzioni
tali che l’olio non
affondi né galleggi.
Inserite una goccia d’olio in un bicchiere. Riempite il
bicchiere di alcol e, lentamente, aggiungete un pò
d’acqua con l’aiuto di un cucchiaio. Fatelo con molta
attenzione, in modo che l’acqua goccioli verso il
basso lungo le pareti del bicchiere. L’olio nel
bicchiere comincerà a gonfiarsi e, quando l’acqua
sarà sufficiente, si alzerà dal fondo del bicchiere in
una o più gocce sferiche che rimarranno in
sospensione: l’olio, racchiuso in un altro liquido con
la stessa densità (la giusta miscela alcol/acqua), in
accordo con il pincipio di Archimede, “perde” il suo
peso. Ora la gravità non ha più alcun effetto su di
esso ed assumerà così la sua forma sferica
Che forma hanno le gocce di pioggia?
Se chiediamo ad un bambino di disegnare una
goccia di pioggia, quasi sicuramente la disegnerà
molto simile ad una “lacrima”. E’ naturale: è
impossibile cogliere con il nostro occhio la forma
Pagina
PIOVONO SFERE
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“naturale”.
reale delle goccioline, sopratutto perchè l’acqua vien
giù troppo veloce e il nostro strumento visivo ha i
suoi ben noti limiti. Potete però, opportunamente
attrezzati, fotografarle. In alcuni siti troverete delle
vere e proprie opere d’arte che non posso mostrarvi
qui
perchè
protette
copyright.
da
Dunque,
ricapitoliamo:
un
liquido
assume una forma sferica
quando
la
forza
peso
è
controbilanciata da una forza
contraria di pari intensità;
ciò sarà vero sia quando il
fluido rimane in sospensione
all’interno di un altro fluido
(come l’olio nella miscela di
costante all’interno di un altro fluido. Vediamo
allora cosa accade.
Le
gocce
cadono
generalmente
da
per
effetto
un’altezza
della
gravità,
dell’ordine
delle
centinaia di metri, con velocità iniziale pressochè
nulla ed accelerazione iniziale pari (quasi) a quella
di gravità.
Pagina
paragrafo) ma anche se si muoverà a velocità
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alcol e acqua del precedente
Tutto avviene nell’atmosfera ed è questa che gioca
un ruolo importante (è un fluido). In primo luogo,
Archimede mette lo zampino e spinge dal basso
verso l’alto, riducendo (ma non annullando) l’effetto
della
gravità.
Inoltre,
un
fluido,
quando
è
attraversato da qualcosa, s’incavola e reagisce. La
resitenza dell’aria genera una forza che dipende da
vari fattori: dalla viscosità (la resistenza allo
scorrimento); dalla dimensione della goccia; dalla
velocità con la quale cade. La questione delicata è
come dipende dalla velocità questa forza.
Un modello semplificato (corretto per goccioline di
piccolissime dimensioni, ma anche per granelli di
sabbia o cose di dimensioni paragonabili) è quello
che prevede una dipendenza lineare dalla velocità.
La “forma” della forza di resistenza dell’aria non
esplicitamente,
la
massa
e
l’accelerazione (F=ma) ma diviene il prodotto di
22
più,
un’altra quantità costante per una velocità (F=bv):
Pagina
contiene
più velocemente un oggetto attraversa un fluido, più
il fluido fa resistenza. Il moto di un oggetto
in
assenza di attrito è una situazione che non esiste
nella realtà!
All’aumentare della velocità aumenta la resistenza
dell’aria e ciò provoca, di conseguenza, una
diminuizione
dell’accelerazione.
Se
lo
spazio
percorso è sufficiente, l’accelerazione si riduce fino
al punto di annullarsi. Da questo punto in poi la
velocità rimane costante ergo le forze si annullano e,
proprio come l’olio nel bicchiere, la goccia assumerà
la sua agognata forma sferica.
Piccola postilla.
Non è tutto sempre così semplice. Se gli oggetti che
cadono non sono granelli di sabbia ma palline da
tennis, quando aumenta la velocità relativa fra il
corpo ed il mezzo, nel fluido si vengono a formare
dei
vortici
che
acquistano
energia
cinetica
sottraendola al corpo, aumentando la forza di
dimensioni. In questo caso il modello “giusto” è una
forza di resistenza che dipende dal quadrato della
velocità.
Pagina
trascinata con sé dall’oggetto aumentandone le
23
resistenza. Si crea una scia vorticosa che viene
IO PIOVO DA SOLA
CREDITS EMMANUEL VILLERMAUX
Come molti oggetti naturali, le gocce di pioggia
possono avere tante dimensioni diverse. Quello che
fino ad oggi si pensava è che questa varietà si
formasse all’interno di una nuvola quando una
piccola gocciolina, aumentando di dimensione,
instaurava una complessa interazione reciproca con
le sue vicine. In realtà, a quanto pare, questa enorme
varietà deriva dai prodotti di frammentazione di
sono legate alla dinamica di una sola goccia che si
deforma quando, mentre precipita al suolo, dentro
di essa irrompe l’aria. Il cambiamento “topologico”
da una goccia di grosse dimensioni in più piccoli
Emmanuel Villermaux and Benjamin Bossa “Single-drop
fragmentation determines size distribution of raindrops”
Nature Physics 5, 697-702 (20 July 2009)
1
Pagina
distribuzione delle dimensioni delle gocce prodotte
24
gocce isolate e non interagenti1. Sia la forma che la
frammenti stabili si compie entro un lasso di tempo
molto più breve del tempo tipico di collisione tra le
gocce. Le goccioline molto piccole, quelle con un
raggio di frazioni di millimetri, rimangono sferiche
per tutto il loro cammino verso terra. Se le gocce di
pioggia sono grandi (almeno 1 mm), durante la loro
caduta si deformano e si “frammentano”.
MENISCHI
Il
menisco
μηνίσκος
(dal
greco.
“piccola
luna”)
era una piastra d’oro, a
forma di mezza luna, che gli
antichi greci ponevano sulla
μηνίσκος è il diminuitivo di
μήν μηνός “mese, luna” e fu Keplero (1611) ad
adottare per il termine questo significato. I menischi
più famosi sono quelli dei calciatori: due cuscinetti
ammortizzatori all’interno del
ginocchio, che ne
facilitano i movimenti, lo proteggono e hanno una
forma a mezza luna. Un menisco si forma pure sulle
Pagina
perchè non si sporcassero.
25
testa delle statue degli Dei
pareti
di
un
recipiente per un
effetto combinato
della
forza
di
coesione (la forza
attrattiva
tra
molecole
della
stessa specie) e della forza di adesione tra il liquido e
le pareti del recipiente che lo contiene. Quando la
forza di adesione è maggiore della forza di coesione
(come per l’acqua in un bicchiere di vetro), il liquido
bagna la parete ed il menisco è concavo. Quando la
forza di adesione è minore della forza di coesione
(come nel caso del mercurio), il liquido non bagna la
parete ed il menisco è convesso.
Per apprezzare il fatto che l’acqua ama aggrapparsi
esperimento semplicissimo. Riempite un bicchiere di
26
vetro con acqua senza arrivare al bordo. Ponete
Pagina
alle pareti del bicchiere si può realizzare un
sull’acqua un tappo di sughero o di plastica (come
quelli di molte orrende bottiglie di vino da
ipermercato). Osserverete come il tappo si dirige
sempre verso le pareti e non c’è verso di farlo stare
al centro. Il motivo è ovvio: si è creato un menisco
concavo ed il punto di equilibrio tra la forza peso e
la spinta di Archimende sta nel punto di contatto
dell’acqua
con
il
bicchiere.
Adesso
riempite
lentamente il bicchiere di acqua fino quasi a farla
traboccare: come per magia il tappo si porterà al
centro, si è creato un menisco convesso ed il punto
di equilibrio tra la forza peso e la spinta di
Archimende sta al centro del bicchiere.
Il giochino è carino ma in questo modo è ancora
difficile “vedere” il menisco. Allora, fate così:
tagliate una candela alla lunghezza di 5 centimetri,
lasciando un po’ di
stoppino. Attaccatela
al
centro
piccolo
con
di
un
contenitore
l’aiuto
qualche
goccia
di
di
plastilina).
Versate
27
dell’acqua
nel
Pagina
cera fusa (o con della
contenitore,
annegandovi tutta la
candela ma senza bagnare la sua superficie
superiore e lo stoppino. Accendete la candela e
aspettate. Il risultato sarà un buco nell’acqua! La
superficie della candela, a contatto con l’acqua, non
è in grado di sciogliersi. Il calore scioglie solo la
parte interna della candela che viene così “scavata”
creando un cilindro vuoto, dalle sottilissime pareti
di cera, circondato dall’acqua. Sul bordo del cilindro
apprezzerete un fantastico menisco convesso.
N(u)ota Bene: nel caso dell’acqua il menisco concavo
diviene convesso solo quando colmiamo il bicchiere
un poco oltre l’orlo. Ciò avviene perchè la forza di
adesione continua ad esercitare il suo effetto
costringendo l’acqua, per quanto possibile, a
rimanere
aggrappata
al
vetro
prima
di
(eventualmente) fuoriuscirne.
docente quando prova a realizzare il famoso
esperimento
che
dell’ago
galleggia
sull’acqua che serve a
spiegare il fenomeno
della
tensione
superficiale
di
un
liquido. Il problema è
Pagina
L’apprensione superficiale è quella che prende il
28
APPRENSIONE SUPERFICIALE
che
la
riuscita
dell’esperimento
è
del
tutto
imprevedibile a meno di non ricorrere ad una mossa
strategica. La faccenda è presto detta: tagliate una
strisciolina di un tovaglio di carta da cucina e
sistemate sopra l’ago; riempite un bicchiere d’acqua
e adagiate con molta
cura la carta (anche
piegandola) e l’ago
al
suo
interno
cercando di non far
scivolare
l’ago
nell’acqua. Se tutto è
andato bene, la carta
assorbirà l’acqua e dopo un certo tempo (nel mio
caso ben 10 minuti) affonderà, lasciano l’ago a
galleggiare solo soletto sulla superficie. Non usate
raccontano come è andata.
Vi ricordo che la tensione superficiale è la proprietà
che consente la superficie di un liquido di
comportarsi quasi come un trampolino. Quando
salite su un trampolino (immaginate di farlo,
quantomeno), questo si estende verso il basso e, così
facendo, esercita verso l’alto una forza elastica su di
Pagina
fargli assorbire l’acqua in tempi ragionevoli. Le foto
29
fogli di quaderno o altro perchè non c’è verso di
voi che bilancia il vostro peso. Lo stesso fa la
superficie di un liquido e molti insetti sfruttano
questa caratteristica per saltare sull’acqua senza
affondare.
La ragione di questo comportamento dei liquidi è
ben nota ma, per capirla, è necessario ricorrere alla
visione “microscopica” della materia, al fatto cioè
che un liquido è “fatto” di molecole e che, all’interno
del liquido, ognuna di queste molecole è circondata
da molecole identiche
che la attirano allo stesso
modo in tutte le direzioni. Ogni molecola posta
all’interno del liquido sperimenta quindi una forza
totale pressochè nulla. Una molecola sulla superficie
non ha molecole uguali sopra di essa (in genere solo
aria) e quindi “sente” una forza attrattiva che la
superficie verso l’interno che dura fino a quando le
forze
repulsive
dovute alle altre
molecole non la
arrestano. Se non
agissero
forze
esterne il liquido
si sistemerebbe a
Pagina
causa dunque di una “contrazione” di tutta la
30
spinge verso l’interno. Questa forza attrattiva è
formare una sfera (lo abbiamo già imparato, vero?).
Ma la gravità incombe è il risultato è quello che è
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sotto i nostri occhi tutti i giorni.