Michela Martinelli matr.1000529

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Michela Martinelli matr.1000529
Michela Martinelli matr.1000529 Management , Finanza e International Business
Housing wealth e Consumo
Gli episodi di forte aumento dei prezzi delle case e di recente crisi del mercato immobiliare
– nonché la diffusione e l’importanza degli investimenti immobiliari, che per molte famiglie
rappresentano la componente principale della ricchezza – hanno condotto ad un rinnovato interesse
per l'effetto che le variazioni del valore della ricchezza immobiliare possono avere sulla spesa delle
famiglie.
La prima riflessione in merito riguarda il se dell’esistenza di un effetto di housing wealth. È
chiaro che – se definiamo la ricchezza finanziaria come somma di attività finanziarie liquide e del
valore degli immobili meno il debito in essere – un aumento del prezzo della casa aumenta la
ricchezza finanziaria del proprietario di quella casa. Tuttavia, questo non significa necessariamente
che aumenti anche la ricchezza reale. La casa è un bene di consumo, e per una famiglia che si
aspetta di vivere nella sua casa attuale per un tempo molto lungo, un prezzo più elevato della casa è
semplicemente un risarcimento per un più alto costo di affitto implicito per vivere in quella casa. In
altre parole, i proprietari che prevedono di permanere a lungo nella casa di loro proprietà, sono
perfettamente coperti contro le fluttuazioni dei canoni di affitto e delle corrispondenti variazioni dei
prezzi delle abitazioni. Queste fluttuazioni, per quanto grandi possano essere, non hanno alcun
effetto sulla ricchezza reale, e in mancanza di effetti di sostituzione, non dovrebbe influenzare le
scelte di consumo. Ma l’evidenza empirica sembrerebbe dirci il contrario, per lo meno nella
maggior parte dei Paesi in cui questo effetto è stato studiato – tra cui Stati Uniti, Regno Unito,
Australia, Canada Giappone, Paesi Bassi e Spagna – dove all’aumentare dei prezzi delle case
aumenta anche il consumo.
Tutto ciò porta a pensare che la correlazione tra ricchezza immobiliare e consumo, oltre che
(eventualmente) passare per il canale diretto dell’effetto ricchezza, possa essere ricondotta a
spiegazioni alternative. In alcuni paesi più di altri, la casa è un bene che può essere utilizzato come
garanzia nel caso di prestiti e per i proprietari di case con vincoli di prestito un aumento dei prezzi
delle abitazioni può portare ad un aumento del consumo non a causa di un effetto ricchezza, ma
perché, rilassando i vincoli finanziari, permette ai proprietari “vincolati” di “distribuire” il consumo,
rendendolo omogeneo lungo il ciclo di vita (il cosiddetto housing collateral effect).
Alternativamente, la correlazione potrebbe essere spuria, ossia dovuta a una terza variabile
macroeconomica che influenza sia il prezzo della casa sia il consumo; ad esempio la variazione
delle prospettive di reddito futuro, cambiamenti nelle preferenze o gli avanzamenti nella tecnologia.
In ogni caso, è evidente che l’effetto di una variazione della ricchezza immobiliare sul consumo
potrebbe essere diversa a seconda della fase del ciclo di vita in cui si trova la famiglia e a seconda
di quello che possiamo chiamare stato di proprietà della casa, ossia il fatto di essere proprietari o
affittuari della casa in cui si vive.
Partendo dalla letteratura che testa l’ipotesi del reddito permanente elaborata da Friedman e
avvalendosi della distinzione tra mutamenti prevedibili e imprevedibili nei prezzi delle abitazioni e
nel consumo, Campbell e Cocco (2004) indagano la relazione tra consumo di beni non durevoli e
prezzi regionali delle case in Gran Bretagna, separando l’effetto ricchezza dall’effetto connesso
all’allentamento dei vincoli finanziari. La scelta di condurre l’analisi a livello di famiglia permette
agli autori di non fermarsi alla semplice conclusione secondo cui in Gran Bretagna la relazione tra
prezzi delle case e consumo passa per il duplice canale dell’effetto ricchezza e dell’allentamento dei
vincoli finanziari. L’utilizzo di dati micro consente, infatti, di specificare che l’effetto ricchezza è
più significativo (e positivo) per i vecchi proprietari, rispetto a quello stimato per gli affittuari più
giovani, per i quali una variazione del prezzo delle abitazioni ha un debole effetto negativo sul
consumo; in secondo luogo, è possibile affermare che nel Regno Unito i prezzi delle case sono
connessi alla facilità con cui si prende a prestito nell’economia nel suo complesso – di cui l’housing
collateral rappresenta solo un aspetto – stimolando il consumo sia per i proprietari sia per gli
affittuari.
La disponibilità di una banca dati estremamente dettagliata costruita sulla base dell'Indagine
sui bilanci delle famiglie italiane (The Survey on Household Income and Wealth (SHIW)), ha reso
possibile riprodurre per l’Italia la ricerca che Campbell e Cocco hanno condotto in Gran Bretagna.
Sulla base dei risultati ottenuti utilizzando dati riferiti al 2000, 2006 e 2008, sembrerebbe possibile
avanzare la tesi secondo la quale in Italia, in via generale, la variazione dei prezzi delle case non
influenza le scelte di consumo di beni non durevoli. Tuttavia, è anche possibile affermare che gli
affittuari tra i 40 e i 50 anni riducono il loro consumo all’aumentare dei prezzi delle case
probabilmente in vista di un prossimo acquisto di una casa di proprietà e che se esiste davvero un
housing wealth effetct, questo potrebbe interessare soltanto le famiglie proprietarie di abitazioni di
lusso.