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“INTEGRAZIONE E INTERCULTURA NELLA SCUOLA
DELL’AUTONOMIA E DELLA RIFORMA”
a cura Prof. Clara COCCI – Dir.Scol. I.C. “B.BRIN” – T E R N I
Per rispondere al quesito proposto come titolo al corso in questione e tenendo presente l’argomento
assegnatomi, mi piace rifarmi alla simbologia della rosa dei venti o della Bussola che dovrebbe
orientare la nostra vita privata e scolastica.
NORD – ETICA RELIGIOSA
LA FEDE
Sull’asse verticale dei valori
individuali e/o collettivi
OVEST – RIFORMA
INTEGRAZIONE
INTERCULTURA
EST – AUTONOMIA
sull’asse orizzontale del
contesto scolastico
SUD – ETICA LAICA
Interpretata splendidamente dal sociologo francese Edgar Morin
nel libro “I sette saperi necessari all’educazione del futuro” Raffaello Cortina Ed.
All’interno di tali coordinate antropologiche-culturali ed etnografiche si collocano ovviamente tutte
il resto delle concezioni, delle scienze, dei saperi filosofici, storici antropologici, psicologici e
dell’arte nelle sue varie tipologie, già illustrati dai precedenti relatori.
L’esame dei termini di INTEGRAZIONE (integrazione= rendere compiuto, aggiungere ciò che
manca; reintegrazione) e di INTERCULTURA (intercultura: da inter – come intra-intro prefissi che
indicano : in mezzo, tra e, quindi, tra le culture per intendere cosa ci accomuna e cosa ci
differenzia) riporta immediatamente alla mente la concezione del Diverso e delle Personalità
Eterogenee e Contrapposte ciascuna dotata di proprie ed originali caratteristiche cognitive,
espressivo-comunicative, affettivo-relazionali, con diverse abilità di tipo fisico, psicologico,
cognitivo e provenienti da differenti retroterra e contesti territoriali all’interno dei diversi stati e
continenti della terra.
2)
A partire dal Nord: colei che vi parla all’interno del suo essere persona, nella sua
individualità, colloca i Valori Etici e cioè la Fede di tipo Cristiano-Cattolica.
Non c’è dubbio che il Cristo Gesù, il Messia, venuto al mondo come figlio di Dio si è
INTEGRATO nell’essere umano ed è stato il PRIMO in assoluto ad invitare ad amare il proprio
prossimo come se stessi in una formula di Integrazione Totalizzante. Del resto la Sua vita, il Suo
esempio, il modello che ha saputo proporre a tutte le genti è stato quello di una DONAZIONE
TOTALE DI SÉ fino alla Morte sulla Croce e alla Sua Resurrezione, Simbolo della riconquistata
Salvezza per tutti gli uomini ed al Dono dell’Eucarestia come Sostegno Fondamentale per tutte le
generazioni. Fra i 10 Comandamenti incisi da Mosè sulle tavole della legge di Dio, ci viene detto
“Ama il prossimo tuo come te stesso” e questo significa: COMPRENDILO E INTEGRALO. Egli,
il CRISTO, si è fatto comprendere in termini di Multiculturalità , Transculturalità e Interculturalità
esprimendosi attraverso le Parabole e le Metafore comprensibili anche dagli uomini dei nostri
giorni , da quelli antichi e da quelli futuri.
Nell’orientarci all’interno della nostra bussola in senso orario, cioè secondo il percorso delle
lancette dell’orologio, troviamo ad EST:
l’AUTONOMIA -
tratto da “CONOSCERE LA SCUOLA” di S. Cicatelli – ed. LA SCUOLA
e liberamente rielaborato e o estrapolato(nota 01).
Gli anni Novanta sono stati attraversati in Italia da un lungo dibattito sulla riorganizzazione della
pubblica amministrazione, e la discussione si è intrecciata spesso con più radicali trasformazioni
sociali e politiche, fino a rendere indistinguibile agli occhi di molti la riforma amministrativa dalla
riforma politica o istituzionale. Per la scuola si può fissare un punto fermo nella Conferenza
Nazionale sulla Scuola del 1990, in cui si cominciò a delineare l’orientamento verso l’autonomia
scolastica.
La riforma della pubblica amministrazione procedeva intanto per conto proprio con la legge 241/90.
Nel 1993 la legge 537, prospettava l’autonomia organizzativa, finanziaria, didattica, di ricerca e
sviluppo nelle scuole di ogni ordine e grado.
Tra i principi ispiratori dell’intera operazione ricorre più volte nei primi articoli della legge il
principio della sussidiarietà.
L’art. 21 della legge 59/97 esordisce con un’affermazione piuttosto impegnativa: “l’autonomia delle
istituzioni scolastiche e degli istituti educativi si inserisce nel processo di realizzazione
dell’autonomia e della riorganizzazione dell’intero sistema formativo”.
Le principali forme in cui si esplica l’autonomia delle istituzioni scolastiche sono: l’autonomia
organizzativa, l’autonomia didattica e l’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, cui sono
rispettivamente dedicati i commi 8-9-10- dell’art.21.
L’autonomia organizzativa è dichiaratamente “finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della
diversificazione, dell’efficienza e dell’efficacia del servizio scolastico, alla INTEGRAZIONE e al
miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, all’introduzione di tecnologie innovative e al
coordinamento con il contesto normativo.
L’autonomia didattica è “finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale
di istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte
delle FAMIGLIE e del DIRITTO ad apprendere”
3)
L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo si inserisce per certi aspetti nel quadro di quella
didattica, ma la sua distinta citazione serve a svincolare tutto il settore delle sperimentazioni dal
regime autorizzatorio finora vigente. Per ora è un’opportunità poco praticata, anche per la mancanza
di strumenti applicativi e di chiari orientamenti derivanti dalle riforme di ordinamento.
Un ruolo determinante nel processo di applicazione dell’autonomia è stato affidato alla nuova figura
del dirigente scolastico, cui è stata “conferita la qualifica dirigenziale contestualmente all’acquisto
della personalità giuridica e dell’autonomia da parte delle singole istituzioni scolastiche”.
Il passaggio di qualifica dei dirigenti scolastici avrebbe dovuto coincidere con la riforma degli
organi collegiali, peraltro prevista dal comma 15 dell’art 21 che si sta commentando. In realtà si è
avuta finora solo una riforma degli organi collegiali di livello territoriale, mentre gli organi
collegiali di istituto sono rimasti ancora quelli del 1974.
L’applicazione dell’autonomia
L’iter applicativo dell’autonomia scolastica è stato lungo e complesso, essendo passato attraverso
numerosi decreti applicativi, che tuttora devono completarsi.
Immediatamente dopo l’emanazione della legge è stata avviata con il DM 765/97 una fase di
sperimentazione dell’autonomia che consentiva i seguenti interventi:
a) Adattamento del calendario scolastico;
b) Flessibilità dell’orario e diversa articolazione della durata della lezione nel rispetto del
monte ore annuale complessivo previsto per ciascun curriculum e per ciascuna delle
discipline ed attività comprese per piani di studio, fermi restando la distribuzione
dell’attività didattica di non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto dei complessivi
obblighi annuali di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi;
c) Articolazione flessibile del gruppo classe, delle classi o sezioni, anche nel rispetto del
principio dell’integrazione scolastica degli alunni con handicap;
d) Organizzazione di iniziative di recupero e sostegno;
e) Attivazione di insegnamenti integrativi facoltativi;
f) Realizzazione di attività organizzate in collaborazione con altre scuole e con soggetti esterni
per l’integrazione della scuola con il territorio;
g) Iniziative di orientamento scolastico e professionale.
Nel frattempo procedeva l’emanazione di leggi e decreti relativi ai singoli settori di intervento per
l’attuazione dell’autonomia. Per limitarsi solo ai principali si possono ricordare:
- legge 440/97, che istituisce il fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta
formativa
- DPR 275/99, che reca il regolamento applicativo dell’autonomia scolastica.
Ci si può limitare a segnalare che le attività di istruzione, formazione e orientamento si trasformano
ora in interventi di educazione, formazione e istruzione (art.1, c.2); si istituisce il POF, si inverte
l’ordine tra autonomia organizzativa e didattica, riconoscendo la priorità di quest’ultima; si fissano
le modalità per la definizione dei curricoli; si precisano le funzioni attribuite alle singole istituzioni
scolastiche.
IL REGOLAMENTO DELL’AUTONOMIA
E’ il testo cardine dell’autonomia scolastica e ne ha consentito l’entrata in vigore a partire dal 1°
Settembre 2000 . Le singole istituzioni scolastiche acquistano il potere di definire al propria identità
culturale e progettuale attraverso il P.O.F. (Piano dell’Offerta Formativa) che deve raccogliere tutte
le attività curricolari ed extracurricolari che le scuole offrono autonomamente ai propri utenti.
4)
Tratto dal “DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 8 MARZO 1999 , N.275”
Al CAPO 1
Art. 1
Comma 2. L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di
pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di
educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi
contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di
garantire loro il successo formativo coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema
di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di
apprendimento.
Art. 3
Comma 1. Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti,
il Piano dell’Offerta Formativa. Il Piano è il documento fondamentale costitutivo dell’identità
culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare,
extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro
autonomia.
Comma 2. Il Piano dell’Offerta formativa è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei
diversi tipi ed indirizzi di studi determinati a livello nazionale a norma dell’art. 8 e riflette le
esigenze del contesto culturale sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della
programmazione territoriale dell’Offerta Formativa. Esso comprende e riconosce le diverse
opzione metodologiche anche di diversi gruppi minoritari e valorizza le diverse corrispondenti
professionalità.
Art. 4
Comma 1. Le istituzioni scolastiche, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta
educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema, a norma dell’art. 8 concretizzano gli
obiettivi, nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del DIRITTO AD
APPRENDERE E ALLA CRESCITA EDUCATIVA DI TUTTI GLI ALUNNI, riconoscono e
valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al
raggiungimento del SUCCESSO FORMATIVO.
Comma 2. Nell’esercizio dell’autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi
dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al
tipo di studi a ai RITMI DI APPRENDIMENTO DEGLI ALUNNI. A tal fine le istituzioni
scolastiche possono adottare tutte le forme di FLESSIBILITÀ che ritengono opportune e tra l’altro:
a) l’articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attività;
b) la definizione di unità di insegnamento non coincidente con l’unità oraria della lezione e
l’utilizzazione, nell’ambito del curricolo obbligatorio di cui all’art. 8 degli spazi orari
residui;
c) l’attivazione di percorsi didattici INDIVIDUALIZZATI, nel rispetto del principio generale
dell’INTEGRAZIONE degli alunni nella classe e nel gruppo, anche in relazione agli alunni
in situazione di handicap secondo quanto previsto dalla legge 5 Febbraio 1992, n. 104;
d) l’articolazione modulare di GRUPPI DI ALUNNI PROVENIENTI DALLA STESSA O DA
DIVERSE CLASSI o da diversi anni di corso;
e) l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari.
5)
Comma 4. Nell’esercizio dell’autonomia didattica le istituzioni scolastiche assicurano comunque la
realizzazione di iniziative di recupero e sostegno di continuità e di orientamento scolastico e
professionale, coordinandosi con le iniziative eventualmente assunte dagli enti Locali. Individuano
inoltre le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale ed i
criteri per la valutazione periodica dei risultati conseguiti dalle Istituzioni scolastiche rispetto agli
obiettivi prefissati.
Comma 6. I criteri per il riconoscimento dei crediti e per il recupero dei debiti scolastici riferiti ai
percorsi dei singoli alunni sono individuati dalle istituzioni scolastiche avuto riguardo agli obiettivi
specifici di apprendimento di cui all’art. 8 e tenuto conto della necessità di facilitare i passaggi fra
diversi tipi e indirizzi di studio, di favorire l’integrazione tra sistemi formativi, di agevolare le uscite
e i rientri tra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro. Sono altresì individuati i criteri
per il riconoscimento dei crediti formativi relativi alle attività realizzate nell’ambito
dell’ampliamento dell’Offerta Formativa o liberamente effettuate dagli alunni e debitamente
accertate o certificate.
Art. 5
Comma 4. In ciascuna istituzione scolastica le modalità d’impiego dei docenti possono essere
diversificate nelle varie classi e sezioni in funzione delle eventuali differenziazioni nelle scelte
metodologiche ed organizzative adottate nel Piano dell’Offerta Formativa.
Art. 6
Comma 1. Le istituzioni scolastiche singolarmente o tra loro associate, esercitano l’autonomia
di ricerca, sperimentazione e sviluppo tenendo conto delle esigenze del contesto
culturale sociale ed economico delle realtà locali e curando tra l’altro:
a) la progettazione formativa e la ricerca valutativa;
b) la formazione e l’aggiornamento culturale e professionale del personale scolastico;
c) l’innovazione metodologica e disciplinare ;
d) la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione e sulla loro INTEGRAZIONE dei processi formativi;
e) la documentazione educativa e la sua diffusione all’interno della scuola;
f) gli scambi di informazioni esperienze e materiali didattici;
g) l’INTEGRAZIONE tra le diverse articolazioni del sistema scolastico e, d’intesa con i
soggetti istituzionali competenti, fra i diversi sistemi formativi, ivi compresa la formazione
professionale.
Al CAPO III
Art. 8
Comma 4. La determinazione del curricolo tiene conto delle diverse ESIGENZE FORMATIVE
degli alunni concretamente rilevate, della necessità di garantire efficaci azioni di continuità e di
orientamento, delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli Enti locali, dai contesti
sociali, culturali ed economici del territorio.
Agli studenti e alle famigli possono essere offerte possibilità di opzione.
6)
A SUD, sul versante dell’ETICA LAICA, ho ritenuto opportuno dare un particolare risalto al libro
di Edgar Morin “I SETTE SAPERI NECESSARI ALL’EDUCAZIONE DEL FUTURO” per i
seguenti motivi:
Il testo iniziale è stato sottoposto sia a Personalità Universitarie che a Funzionari Internazionali
dell’EST e dell’OVEST, del NORD e del SUD del mondo (per l’Italia – Mauro Ceruti di Milano Univ. Bicocca).
Nelson Vallejo-Gomez dell’UNESCO ha ricevuto le integrazioni da parte di tutti gli studiosi del
mondo e ne ha fatte lui stesso.
Tutto il lavoro ha ricevuto ufficialmente la comprensione e il sostegno dell’UNESCO nella persona
di Gustavo Lopez Ospina, già direttore del Progetto Transdisciplinare “EDUCARE PER UN
FUTURO VIVIBILE”.
Il libro tratta dei sette SAPERI (Problemi Fondamentali) ora totalmente ignorati o dimenticati nei
nostri insegnamenti disciplinari. Questi SAPERI-TEMI-PROBLEMI stimoleranno gli sviluppi di
una conoscenza atta a raccogliere le sfide della nostra vita individuale, culturale e sociale.
Le acquisizioni scientifiche sulle quali si basa questo testo per far conoscere ed inquadrare la
CONDIZIONE UMANA si aprono anche su Profondi Misteri concernenti l’universo , la vita, la
nascita dell’essere umano; misteri sui quali intervengono le varie opzioni filosofiche e religiose.
Mi avvarrò essenzialmente attraaverso una libera rielaborazione della parte del testo presentata
come “RIASSUNTI PRELIMINARI” con alcune integrazioni sugli specifici capitoli.
CAP. 1 – LE CECITA’ DELLA CONOSCENZA: L’ERRORE E L’ILLUSIONE.
L’educazione che mira a comunicare conoscenze è cieca sulla CONOSCENZA UMANA e non sa
che cosa è CONOSCERE. E’ necessario poter potenziare lo studio dei caratteri cerebrali, mentali,
culturali della conoscenza umana, dei suoi processi e delle sue modalità.
La METODOLOGIA FEUERSTEIN può essere già considerata, a mio parere, una prima risposta a
tale esigenza.
Nel conoscere si verifica: 1° l’Errore della Percezione e poi 2° l’Errore Intellettuale, cioè le parole,
le idee e le teorie interpretate o tradotte comportano il rischio dell’ERRORE all’interno della
SOGGETTIVITA’ di chi conosce e della sua visione del MONDO.
Si potrebbe rimuovere dalla conoscenza l’AFFETTIVITA’ ma essa può anche arricchire la
conoscenza oltre che soffocarla.
EMOZIONI
INTELLETTO
AFFETTO
SENTIMENTI
Lo sviluppo della CONOSCENZA SCIENTIFICA è un potente mezzo di individuazione degli
ERRORI e di lotta contro le ILLUSIONI.
I nostri sistemi di idee (TEORIE, DOTTRINE, IDEOLOGIE) sono soggetti all’errore ed anche
proteggono taluni errori ed illusioni resistendo all’informazione che non conviene loro e che non
possono integrare.
La vera RAZIONALITA’ è aperta e dialoga con il REALE che le resiste. IL RAZIONALISMO
diventa chiuso quando ignora gli errori, la soggettività, l’affettività, la vita e diventa
IRRAZIONALE.
La vera RAZIONALITA’ sa che la mente umana non potrebbe essere ONNISCIENTE e che la
realtà comporta MISTERO.
7)
L’occidente europeo si è creduto a lungo proprietario della razionalità vedendo solo errori e
arretratezze nelle altre culture. Ma in ogni società, anche in quelle arcaiche, ci sono magia, mito,
religione e vi è anche la razionalità.
Il gioco della verità e dell’errore non si gioca solo nella verifica empirica e nella coerenza logica
delle teorie. E’ per questo che l’EDUCAZIONE deve tener conto della zona invisibile dei
PARADIGMI. Un PARADIGMA è la PROMOZIONE-SELEZIONE dei CONCETTI dominanti
dell’INTELLEGGIBILITA’:
l’ORDINE nelle concezioni DETERMINISTICHE
la MATERIA nelle concezioni MATERIALISTICHE
lo SPIRITO nelle concezioni SPIRITUALISTICHE
la STRUTTURa nelle concezioni STRUTTURALISTICHE
Questi sono i CONCETTI DOMINANTI che includono o subordinano i concetti che sono loro
ANTINOMICI e cioè, seguendo l’ordine:
il DISORDINE
lo SPIRITO
la MATERIA
l’EVENTO.
Il PARADIGMA è nascosto sotto la LOGICA e seleziona le operazioni logiche che diventano
preponderanti e pertinenti, a danno di altre operazioni logiche. Il Paradigma dà ai discorsi e alle
teorie che controlla i caratteri della necessità e della verità. Così gli individui conoscono, pensano e
agiscono secondo i paradigmi iscritti culturalmente in loro.
Il Grande Paradigma dell’OCCIDENTE formulato da CARTESIO dal XVII secolo, disgiunge il
SOGGETTO e l’OGGETTO ciascuno con la propria sfera: da una parte la FILOSOFIA e la ricerca
riflessiva, dall’altra la SCIENZA e la ricerca oggettiva.
Il potere imperativo e proibitivo dei Paradigmi, delle credenze ufficiali, delle dottrine dominanti,
delle VERITA’ STABILITE, determina gli STEREOTIPI COGNITIVI, le IDEE accolte senza
esame, CREDENZE stupide, non contestate, assurdità trionfanti, rifiuti dell’evidenza, facendo
regnare ovunque i CONFORMISMI COGNITIVI e INTELLETTUALI.
La conoscenza della CONOSCENZA deve essere, per l’EDUCAZIONE, un principio e una
necessità permanente. Dobbiamo apprendere che la ricerca della VERITA’ richiede la ricerca e
l’elaborazione di METAPUNTI di vista che permettano la RIFLESSIVITA’. Abbiamo bisogno di
negoziazione e controlli reciproci tra la nostra mente e le nostre idee per evitare errori ed illusioni.
Così il PROBLEMA COGNITIVO è di importanza ANTROPOLOGICA, POLITICA, SOCIALE e
STORICA.
CAP. 2° – I PRINCIPI DI UNA CONOSCENZA PERTINENTE
E’ necessario promuovere una conoscenza capace di cogliere i PROBLEMI GLOBALI e capace di
situare tutte le informazioni in un CONTESTO e in un INSIEME.
L’ERA PLANETARIA necessita di situare ogni cosa nel CONTESTO e nel COMPLESSO
PLANETARIO: serve una riforma del pensiero per organizzare la conoscenza.
I nostri SAPERI disgiunti, frazionati, compartimentali, sono sempre più polidisciplinari, trasversali,
multidimensionali, transnazionali, globali, planetari.
La CONTESTUALIZZAZIONE è condizione essenziale dell’efficacia del funzionamento
cognitivo.
Una SOCIETA’ è più che un contesto, è un TUTTO ORGANIZZATORE, del quale facciamo parte.
Il pianeta TERRA è più che un contesto: è un TUTTO ORGANIZZATORE e
DISORGANIZZATORE di cui facciamo parte. Ogni singolo individuo contiene in modo
8)
OLOGRAMMATICO il TUTTO di cui fa parte. L’ESSERE UMANO è, nel contempo,
BIOLOGICO, PSICHICO, SOCIALE, AFFETTIVO, RAZIONALE così come la società.
La Conoscenza Pertinente NON può isolare una PARTE dal TUTTO, ma neppure le parti le une
dalle altre. La Conoscenza Pertinente deve affrontare la COMPLESSITA’: cioè ciò che è tessuto
insieme. La COMPLESSITA’ è quindi il legame tra l’UNITA’ e la MOLTEPLICITA’.
L’EDUCAZIONE deve promuovere una INTELLIGENZA GENERALE capace di riferirsi al
COMPLESSO, al CONTESTO in modo MULTIDIMENSIONALE e al GLOBALE.
Più potente è l’intelligenza generale, più grande è la sua capacità di trattare problemi specifici.
Nel XX sec. si sono verificati grandi progressi nelle conoscenze delle specializzazioni disciplinari:
ma si sono frammentati i contesti, le globalità, le complessità.
Così è mancata LA CONOSCENZA PERTINENTE anche nei nostri sistemi di
INSEGNAMENTO: è avvenuta la separazione in DISCIPLINE IPERSPECIALIZZATE e quasi
chiuse in se stesse.
L’UMANO è SMEMBRATO. L’INDEBOLIMENTO della PERCEZIONE del GLOBALE,
conduce all’indebolimento della responsabilità (ciascuno è responsabile solo del suo compito
specializzato) e all’indebolimento della SOLIDARIETA’.
L’IPERSPECIALIZZAZIONE impedisce di vedere il globale e l’essenziale, ma anche di trattare
correttamente i PROBLEMI PARTICOLARI.
Anche nel campo delle soluzioni agrarie: ovunque sul pianeta il DISSODAMENTO e lo
SRADICAMENTO degli alberi su migliaia di ettari contribuiscono allo SQUILIBRIO IDRICO ed
alla DESERTIFICAZIONE della terra.
Le grandi MONOCOLTURE hanno eliminato le piccole POLICOLTURE di sussistenza
aggravando le CARESTIE e determinando l’ESODO RURALE e la BIDONVILLIZZAZIONE
URBANA.
Tutto ciò ha provocato nuovi disastri e nuove catastrofi umane. Pertanto il XX secolo ha generato
progressi giganteschi in tutti gli ambiti della conoscenza scientifica e in tutti i campi della tecnica;
MA, nel contempo, ha prodotto una NUOVA CECITA’ verso i problemi fondamentali, globali e
complessi.
CAP. 3° - INSEGNARE LA CONDIZIONE UMANA
E’ necessario prendere conoscenza e coscienza sia del carattere complesso della PROPRIA
IDENTITA’ (che è nel contempo FISICA, BIOLOGICA, PSICHICA, CULTURALE, SOCIALE,
STORICA) sia di quella che ciascuno ha in comune con TUTTI gli UOMINI.
Ma l’umano rimane frammentato: è un problema EPISTEMOLOGICO: non si può concepire
l’UMANO al di fuori del COSMO che lo circonda, della materia fisica e vivente della quale siamo
costituiti, né solo come un substrato bio-anatomico.
Da qui la necessità di un grande RIACCORPAMENTO delle CONOSCENZE nate dalle scienze
naturali .
Siamo in un gigantesco cosmo in espansione, con miliardi di galassie e miliardi di stelle e la terra è
una minuscola trottola che gira attorno ad un astro errante, ai bordi di una piccola galassia di
periferia. Facciamo parte del destino cosmico, ma siamo marginali: la nostra Terra è un satellite di
un Sole detronizzato dal suo seggio centrale, divenuto astro pigmeo errante tra miliardi di stelle in
una galassia periferica e in un Universo in estensione. Il nostro Pianeta si è aggregato cinque
miliardi di anni fa, a partire da detriti cosmici, nato dall’esplosione di un sole anteriore a quattro
miliardi di anni fa. L’organizzazione vivente è emersa da un vortice macromolecolare nelle
tempeste e nelle convulsioni telluriche. La Terra si è autoprodotta e organizzata nella dipendenza
del SOLE. Siamo nello stesso tempo ESSERI COSMICI e TERRESTRI.
9)
E’ necessario riconoscere l’UNITA’ e la COMPLESSITA’ dell’essere umano, riunendo le
conoscenze disperse nelle SCIENZE della NATURA, nelle SCIENZE UMANE, nella
LETTERATURA e nella FILOSOFIA e mostrare il LEGAME INSISSOLUBILE tra l’UNITA’ e la
DIVERSITA’ di tutto ciò che è umano.
L’UMANO è un essere pienamente BIOLOGICO e pienamente CULTURALE: esprime le qualità
egocentriche ed altruistiche dell’individuo; la CULTURA accumula in sé ciò che è
CONSERVATO, TRASMESSO, APPRESO.
L’anello CERVELLO – MENTE – CULTURA, è tale perché non c’è cultura senza cervello umano,
ma non c’è mente, cioè capacità di coscienza e pensiero, senza cultura: da qui la triade CERVELLO
– MENTE – CULTURA.
A livello ANTROPOLOGICO la società vive per l’INDIVIDUO, il quale vive per la SOCIETA’; e
la SOCIETA’ e l’INDIVIDUO vivono per la SPECIE che, a sua volta, consente la vita all’individuo
e alla società: nasce una seconda triade – anello – INDIVIDUO – SOCIETA’ – SPECIE.
In ogni cultura vi sono CREDENZE, IDEE,VALORI, MITI che legano una singola COMUNITA’
ai suoi ANTENATI e alle sue TRADIZIONI. La distruzione di una cultura è una perdita per tutti
l’umanità: ogni essere è un COSMO con le proprie MOLTEPLICITA’ INTERIORI.
Ciascuna persona contiene in sé GALASSIE di SOGNI e di FANTASMI, di SLANCI
INAPPAGATI, di DESIDERI e di AMORI, ABISSI di INFELICITA’, IMMENSITA’ di glaciale
INDIFFERENZA, CONFLAGRAZIONI di ASTRI in fiamme, IRRUZIONI di ODIO.
L’EDUCAZIONE dovrà mostrare il destino a molte facce dello UMANO.
CAP. 4° - INSEGNARE L’IDENTITA’ TERRESTRE
Il riconoscimento dell’ IDENTITA’ TERRESTRE e la conoscenza degli sviluppi del DESTINO
PLANETARIO dell’essere umano (a partire da XVI sec. con la comunicazione tra tutti i continenti)
devono divenire i principali oggetti dell’insegnamento, per mostrare come TUTTE le PARTI del
MONDO siano divenute INTER-SOLIDALI.
Già dal XX sec. è stato chiaro che tutti gli esseri umani ormai messi a confronto con gli stessi
problemi di VITA e di MORTE, vivono una stessa COMUNITA’ di DESTINO.
La storia umana è cominciata con una DIASPORA PLANETARIA su tutti i continenti. Ma la
diaspora non ha prodotto SCISSIONI GENETICHE: pigmei, neri, gialli, indiani, bianchi
appartengono alla stessa SPECIE. Ma la diaspora ha prodotto una DIVERSITA’ di LINGUE, di
CULTURE, di DESTINI, di FONTI di INNOVAZIONI e di CREAZIONI in tutti i campi.
Il TESORO dell’UMANITA’ è nella sua DIVERSITA’ CREATRICE, ma la fonte della sua
creatività è nella sua UNITA’ GENERATRICE.
La PLANETARIZZAZIONE si sviluppa nei vari continenti con l’apporto della CIVILTA’
EUROPEA. Lo sviluppo economico, lo sviluppo delle comunicazioni determinano formidabili
FLUSSI MIGRATORI. Nella II metà del XIX sec. ventuno milioni di europei hanno attraversato
l’Atlantico verso le due Americhe; flussi migratori si verificano anche in Asia, verso la California,
la Colombia britannica, il nuovo Galles del sud, la Polinesia, ecc..
La PLANETARIZZAZIONE dà origine, nel XX sec., a due Guerre Mondiali, a due crisi
economiche mondiali e, dopo il 1989, alla generalizzazione della economia liberale detta
MONDIALIZZAZIONE.
Il Pianeta si è ristretto: a Magellano (1519-1522) ci sono voluti tre anni per fare il giro del mondo;
alla fine del XX sec. il JET compie il giro del mondo in 24 ore e tutto è istantaneamente presente da
un punto del pianeta all’altro con la televisione, il telefono, il fax, internet.
Ma mentre l’EUROPEO vive nel suo circuito planetario di confort un grande numero di
AFRICANI, ASIATICI, SUDAMERICANI sono in un circuito planetario di miseria.
10)
Così nel XX sec. oltre a progressi inauditi nel campo dei farmaci, della chirurgia, nell’uso delle
macchine industriali, ritornano due nuove barbarie: guerre, massacri, deportazioni, fanatismi.
Il XX sec. sembra aver dato ragione all’atroce formula di KAFKA: l’evoluzione umana è una
crescita della potenza di morte. La potenzialità di autoannientamento accompagna ormai la marcia
dell’umanità.
Ma il GENERE UMANO possiede risorse inesauribili: una nuova creazione della
CITTADINANZA TERRESTRE. Per una evoluzione positiva le forze emancipatrici inerenti la
scienza e la tecnica possono essere in grado di superare le forze di morte e di asservimento.
Le possibilità offerte dallo sviluppo delle SCIENZE BIOLOGICHE sono prodigiose nel BENE e
nel MALE: la GENETICA e la MANIPOLAZIONE molecolare del cervello umano permetteranno
l’eliminazione di tare handicappanti, una medicina predittiva permetterà il controllo del cervello e
della mente e l’allontanamento della morte individuale.
L’unità planetaria ha bisogno di reciproca appartenenza che ci leghi alla nostra TERRA, considerata
come prima e ultima PATRIA.
Così dobbiamo imparare nel pianeta a vivere, condividere, a comunicare e ad essere in
comunicazione. Non dobbiamo essere più solo di una cultura ma della cultura degli ESSERI
TERRESTRI.
CAP. 5° - AFFRONTARE LE INCERTEZZE
Nel corso del XX sec. le scienze hanno rivelato molte CERTEZZE e molte INCERTEZZE. Bisogna
insegnare le INCERTEZZE che sono apparse nelle SCIENZE FISICHE (microfisica,
termodinamica, cosmologia), nelle SCIENZE della EVOLUZIONE BIOLOGICA e nelle SCIENZE
STORICHE. Bisogna insegnare principi di strategia che permettano di affrontare i RISCHI,
l’INATTESO e l’INCERTO. L’avventura umana ha un carattere IGNOTO e i grandi eventi del XX
sec. furono tutti INATTESI.
Le CIVILTA’ TRADIZIONALI vivevano nella certezza di un TEMPO CICLICO al quale bisogna
assicurare il buon funzionamento con sacrifici, talvolta anche umani. La CIVILTA MODERNA ha
vissuto nella certezza del progresso storico. La presa di coscienza della INCERTEZZA STORICA
si compie oggi nel CROLLO del MITO del PROGRESSO.
All’incertezza del FUTURO si aggiungono tutte le incertezze dovute alla VELOCITA’ e
all’ACCELERAZIONE dei PROCESSI COMPLESSI della nostra ERA PLANETARIA.
Il DIVENIRE è ormai PROBLEMATIZZATO e lo sarà per sempre; il FUTURO si chiama
INCERTEZZA.
Nel XVI sec. la conquista spagnola costituisce una CATASTROFE TOTALE per le civiltà degli
INCAS e degli AZTECHI. Il XX sec. ha visto il crollo dell’Impero Ottomano e di quello AustroUngarico, nonché l’implosione di quello Sovietico.
La Storia è un’accavallarsi di processi contrastanti con EVOLUZIONI, INVOLUZIONI,
PROGRESSIONI, REGRESSIONI, ROTTURE.
La STORIA PLANETARIA si sviluppa nel caos: nel XX sec. due guerre mondiali e le varie
avventure totalitarie.
Oggi si possono certamente considerare e prevedere gli effetti a breve termine di un’AZIONE, ma i
suoi effetti, a lungo termine, sono imprevedibili.
CAP. 6° - INSEGNARE LA COMPRENSIONE
L’EDUCAZIONE alla COMPRENSIONE è assente dai nostri insegnamenti; mentre la
RECIPROCA COMPRENSIONE, tra gli esseri umani è ormai vitale, pùrché le relazioni umane
escano dal loro stato barbaro di INCOMPRENSIONE.
11)
Si evidenzia la necessità di studiare l’INCOMPRENSIONE per capire le radici dei RAZZISMI,
delle XENOFOBIE, delle forme di disprezzo: tutto ciò come base sicura per l’EDUCAZIONE
ALLA PACE.
Il problema della comprensione ha un doppio polo: un polo divenuto planetario (COMPRENSIONE
TRA LONTANI) e un polo individuale (quello delle RELAZIONI tra VICINI).
Gli ostacoli interni alle due COMPRENSIONI sono enormi: l’INDIFFERNZA,
l’EGOCENTRISMO, l’ETNOCENTRISMO, il SOCIO-CENTRISMO.
L’EGOCENTRISMO mantiene l’autoinganno generato attraverso l’AUTOGIUSTIFICAZIONE,
l’AUTOGLORIFICAZIONE e la tendenza a rigettare sugli altri, lontani o vicini la causa di tutti i
mali.
Di fatto l’INCOMPRENSIONE di SE’ e una fonte molto importante della INCOMPRENSIONE
nei confronti degli ALTRI. Si mascherano a se stessi le proprie carenze e debolezze per diventare
impietosi nei confronti delle carenze e delle debolezze altrui.
Oggi l’incomprensione devasta le relazioni genitori-figli, marito-moglie e suscita calunnie,
aggressioni, pensieri omicidi. Il mondo degli intellettuali è il più incancrenito sotto l’effetto di una
IPERTROFIA del SE’.
L’incapacità ad autocriticarsi, il ragionamento paranoico, l’arroganza, l’iniquità, il disprezzo, la
creazione e la condanna di colpevoli sono le cause e le conseguenze delle PEGGIORI
INCOMPRENSIONI.
Solo se sapremo ETICAMENTE COMPRENDERE prima di condannare saremo sulla via
dell’UMANIZZAZIONE delle RELAZIONI UMANE.
E’ necessaria la pratica mentale dell’ AUTOESAME permanente di sé, che ci permetta una relativa
decentrazione rispetto a noi stessi consentendoci di non elevarci a giudici di tutte le cose.
La comprensione degli ALTRI richiede la COSCIENZA della complessità della natura umana.
Dobbiamo connettere l’ETICA della COMPRENSIONE tra PERSONE con l’ETICA dell’ERA
PLANETARIA che richiede di MONDIALIZZARE la COMPRENSIONE.
Le culture devono apprendere le une dalle altre che è necessario COMPRENDERE e continuamente
APPRENDERE e RIAPPRENDERE.
L’Occidente deve integrare in sé le virtù delle altre culture al fine di correggere l’ATTIVISMO, il
PRAGMATISMO, il QUANTITIVISMO, il CONSUMISMO SFRENATI che ha scatenato dentro e
fuori di sé.
Ma deve anche rigenerare, salvaguardare il meglio di quanto ha prodotto e cioè la DEMOCRAZIA,
i DIRITTI UMANI, la PROTEZIONE della SFERA PRIVATA dei cittadini.
CAP. 7° - L’ETICA DEL GENERE UMANO
Portiamo in ciascuno di noi la triplice realtà di:
INDIVIDUI
Individui facenti parte di una società e di una specie
SPECIE
SOCIETA’
L’etica dell’individuo-specie del XXI sec. richiede la SOLIDARIETA’ TERRESTRE.
L’ETICA deve formarsi nelle menti a partire dalla coscienza che l’UMANO è allo stesso tempo
INDIVIDUO, parte di una SOCIETA’, parte di una SPECIE.
12)
Così ogni SVILUPPO UMANO deve potenziare le AUTONOMIE INDIVIDUALI, le
PARTECIPAZIONI COMUNITARIE e la COSCIENZA di appartenere alla SPECIE UMANA.
Il legame etico dell’individuo con la specie umana è stato affermato fin dall’antichità.
Da tutto ciò ne derivano due grandi FINALITÀ POLITICHE per il NUOVO MILLENNIO:
a) stabilire un reciproco controllo tra le SOCIETA’ e gli INDIVIDUI, attraverso le
DEMOCRAZIE
b) considerare l’UMANITA’ come COMUNITA’ PLANETARIA e prendere coscienza della
nostra TERRA-PATRIA per realizzare la CITTADINANZA TERRESTRE.
Ad OVEST: LA RIFORMA – legge 53/03 e successive integrazioni.
Da una attenta lettura del PECUP, dalle articolazioni del PROFILO all’interno del quale si prevede
la “Costruzione dell’Identità quale Conoscenza di Sé”, “La Relazione con gli Altri”… dove si
legge… “Il ragazzo impara ad interagire con i compagni e con gli adulti… e scopre la difficoltà ma
anche la necessità dell’ascolto, del rispetto, del parere altrui, della tolleranza, della cooperazione e
della solidarietà, anche quando richiedono sforzo e disciplina interiore” e all’interno
dell’Orientamento (“attraverso il Portfolio delle competenze in una fase di attenta metacognizione
dei propri apprendimenti, definisce con i docenti, la famiglia, le organizzazioni sociali e territoriali
il proprio progetto di vita”…); per passare attraverso il lungo elenco degli Strumenti Culturali, fino
a giungere a quello della descrizione alla Convivenza Civile. Nella sintesi finale della stessa in una
elencazione di 9 punti conclusivi, al 7° dei quali si legge: “Essere disponibili al rapporto di
collaborazione con gli altri per contribuire con il proprio apporto personale alla realizzazione di una
società migliore”.
Del resto questa definizione si può ricostruire all’interno di un lungo percorso descrittivo nelle
Indicazioni Nazionali: dall’All. A della Scuola dell’Infanzia, nella descrizione dei sette punti del
“Il sé e l’altro”. Al 4° punto troviamo: “Lavorare in gruppo discutendo per darsi regole di azione,
progettando insieme e imparando sia a valorizzare le collaborazioni, sia ad affrontare eventuali
defezioni”, all’All. B nel senso etico di scuola primaria… “è necessario superare le forme di
egocentrismo e praticare i valori del reciproco rispetto, della partecipazione, della collaborazione,
dell’impegno competente e responsabile, della cooperazione e delle solidarietà”. E all’interno degli
obiettivi generali del processo formativo (sempre dell’all. B) “Dalle idee alla vita: il confronto
interpersonale” – “La diversità delle persone e delle culture, come ricchezza” – “Praticare
l’impegno personale e la solidarietà sociale”, oltre che, ovviamente, nella elencazione degli obiettivi
specifici di apprendimento per l’Educazione alla Convivenza Civile dello stesso all. B.
Nell’All. C nella presentazione degli Obiettivi Generali del Processo Formativo: da “Scuola
dell’identità” a “scuola della prevenzione dei disagi e del recupero degli svantaggi” dove si afferma:
“La migliore prevenzione è l’educazione. Disponibilità umana all’ASCOLTO e al DIALOGO,
ESEMPI di STILI di VITA POSITIVO, testimonianza privata e pubblica di VALORI, condivisione
empatica di esperienze, problemi e scelte” …… “scelte il più possibile condivise dagli altri soggetti
educativi nell’extrascuola (enti locali, formazioni sociali, comunità religiose, volontariato, la società
civile intera)…. “Scuola della relazione educativa” dove troviamo “Nella relazione educativa ci si
prende cura l’uno dell’altro come PERSONA: l’altro ci sta a cuore e si sente che il suo bene è, in
fondo, anche la realizzazione del nostro” e più oltre rivolto ai docenti…..”. “Avere attenzione alla
persona: valorizzare senza mai omologare o peggio deprimere: rispettare gli stili individuali di
apprendimento, incoraggiare e orientare, creare confidenza, correggere con autorevolezza quando è
necessario, sostenere, condividere”…..per giungere, ovviamente, alle elencazioni degli Obiettivi
Specifici di Apprendimento per l’Educazione alla Convivenza Civile anche della Scuola Secondaria
di 1° grado.
13)
Ma, a mio parere, anche all’interno del Discorso Docimologico e della Verifica-Valutazione, si può
cogliere il senso della INTEGRAZIONE e dell’INTERCULTURALITA’.
Nota n°2 – di Carlo PETRACCA - Dirigente tecnico presso l' USR dell'Abruzzo - Docente di
Didattica generale presso la Facoltà di Scienze della formazione della LUMSA di Roma .
Nel n. 6 "Cultura della valutazione: competenze e portfolio" nella rivista "Notizie della Scuola"
inserito allegato al n.13 del 29 Febbraio 2004 liberamente rielaborato.
L’autore sopraccitato descrive: "L'evoluzione docimologica"
L'epistemologia della DOCIMOLOGIA ha conosciuto una sua evoluzione che ha espresso in tre
PARADIGMI fondamentale il paradigma della:
•
DECISIONE
•
INFORMAZIONE
•
INTERPRETAZIONE
a) – Henrì PIERON uno dei padri della docimologia, da lui definita scienze degli esami,
attribuisce alla docimologia, una Razionalità Scientifica attraverso cui perfezionare i metodi
destinati ad assicurare quelle che lui definisce GRADUATORIE UMANE. La docimologia rende
scientifica la DECISIONE attraverso cui si ottengono la CLASSIFICAZIONE e la SELEZIONE.
Le graduatorie umane si fondono su una attribuzione di VALORE, che è il VOTO, IL VOTO
espresso attraverso la MISURA.
Quindi l’epistemologia della DOCIMOLOGIA alle origini ruota intorno al paradigma della
DECISIONE concentrandosi sui metodi e sui nessi che la rendono più SCIENTIFICA e
OGGETTIVA.
LIMITI
- concentra tutto sul PRODOTTO/ESAME e sulla VALUTAZIONE SOMMATIVA
- volendo ridurre la soggettività dell’esaminatore, NON si accorge che la SCIENZA
degli ESAMI non è una SCIENZA
- Ignora il processo che avviene tra stimolo e risposta cioè il PROCESSO di
Apprendimento/Insegnamento
VANTAGGI
- maggiore OGGETTIVITA’ nella misurazione degli OBIETTIVI FINALI
- riduzione della RELATIVITA’ anche nei giudizi o voti intermedi
- maggiore consapevolezza che la SOGGETTIVITA’ è ineliminabile
- tale paradigma della DECISIONE si ispirava al COMPORTAMENTISMO da cui deriva la
VALUTAZIONE SOMMATIVA attraverso le seguenti considerazioni:
1. l’apprendimento è una modificazione del COMPORTAMENTO
2. il comportamento è opinabile e misurabile
3. la modificazione è la risposta che un soggetto fornisce allo stimolo
b) - La concentrazione sui PRODOTTI (prove, esame) tiene nell’ombra tutta l’attività di
INSEGNAMENTO / APPRENDIMENTO, mentre la VALUTAZIONE ha il compito anche
FORMATIVO.
Ecco che si scopre il legame tra VALUTAZIONE e PROGRAMMAZIONE NON solo
FORMATIVA, ma ORIENTATIVA, DIAGNOSTICA, PROGNOSTICA,CONTINUA.
Ecco la Legge 517/77 che abolisce i voti e introduce i giudizi analitici per DISCIPLINA e il
giudizio sul livello globale di maturazione .Non si tratta più di SOLO di MISURARE, ma di
ANALIZZARE, DIAGNOSTICARE .
Si va verso l’APPRENDIMENTO assistito dalla VALUTAZIONE. Questa funzione viene a
14)
coincidere con la FUNZIONE REGOLATIVA della VALUTAZIONE che è possibile
attraverso una funzione di FEED BACK a sua volta possibile attraverso la RACCOLTA di
INFORMAZIONI . Così per favorire gli apprendimenti bisogna conoscere i meccanismi
dell’Apprendimento .
Il paradigma dell’INFORMAZIONE che genera la Valutazione Formativa centrata sulla
regolazione del PROCESSO attraverso la raccolta delle INFORMAZIONI si ispira al
COSTRUTTIVISMO da cui appunto deriva la VALUTAZIONE FORMATIVA:
- l’apprendimento è il risultato di una COSTRUZIONE
- il soggetto prende parte attiva a tale costruzione
- la costruzione avviene attraverso un processo di AUTOREGOLAZIONE
CONTINUA
- l’apprendimento è frutto di ASSIMILAZIONE e ADATTAMENTO (Piaget) e
l’adattamento è un riequilibrio continuo sulle Strutture Mentali ricostruite.
OGGI
c) - paradigma della INTERPRETAZIONE _ Oggi si prospetta una Epistemologia della
VALUTAZIONE centrata sull’INTERPRETAZIONE attraverso STRUMENTAZIONI
RIFLESSIVE, INTROSPETTIVE,CONVERSAZIONALI e AUTOBIOGRAFICHE _
La caratteristica di questa epoca è la DIFFERENZIAZIONE (Differenze culturali, territoriali,
individuali, etc.). Il nostro pensiero è sempre più ETNOGRAFICO, cioè capace di cogliere e di
accogliere le DIFFERENZE.
Dice J. GUITTON nell’ “Arte nuova di pensare” Ed. Paoline 1986 che il vero pensiero è quello
capace di cogliere e di accogliere il suo CONTRARIO, quello capace di contemplare la
NEGAZIONE di SE’, che diventa la differenza delle differenze, cioè il CONTRARIO.
L’APPRENDIMENTO viene ad essere un processo che colloca IDEE e CONCETTI del mondo,
dentro i mondi particolari con cui un individuo o una cultura cerca di attribuire significato a ciò che
gli capita di incontrare.
Secondo L. Fabbri e F. Batini “Riflessività e valutazione” in Rivista della ISTRUZIONE n.4
2000 – p. 472 - (v. nota 01) SE CONOSCERE SIGNIFICA:
- essere in grado di riflettere in quella conoscenza spontanea che costruiamo dentro
i nostri mondi IDEOGRAFICI, LOCALI, PARTICOLARI, DIFFERENTI,
DIVERSI;
- allargare il proprio sapere contestuale attraverso l’incontro e lo scontro con altri
SAPERI, imparando a DECENTRARE il proprio punto di vista ,per comprendere
la Plausibilità di altri punti di vista;
- recuperare, costruire NUOVI punti di vista NEGOZIATI e CONDIVISI
SE CONOSCERE è tutto questo e se la VALUTAZIONE vuole continuare a svolgere il ruolo di
assistere l’APPRENDIMENTO, allora la VALUTAZIONE deve ridefinire il suo statuto
epistemologico e si sposta sul PARADIGNA INTERPRETATIVO.
Il soggetto in Apprendimento diventa un SOGGETTO da ASCOLTARE, ha una STORIA
COGNITIVA da raccontare, un proprio momento di formazione che aiuta a comprendere il senso di
quella storia.
Così se “la conversazione AUTOBIOGRAFICA della VALUTAZIONE è una delle strade
promettenti la sua CULTURA è un TESTO da INTERPRETARE”, allora l’insegnante deve avere
competenze ETNOGRAFICHE (Etnografia = descrizione dei popoli- dal greco Stirpe – Razza) e
ERMENEUTICHE (arte di intendere, interpretare monumenti libri, parole, discorsi o le opinioni
15)
degli scrittori antichi ”).
Così nel conoscere, più che la SPIEGAZIONE incide la NEGOZIAZIONE tra quello che un
individuo possiede (anche in termini di MISCONCEZIONI ), e quello che la cultura ha depositato
nella STORIA
Così se il pensiero tende ad essere sempre più ETNOGRAFICO e NEGOZIALE , i PROCESSI
VALUTATIVI tendono ad essere sempre più IDEOGRAFICI e si affidano a tecniche
NARRATIVE INTERPRETATIVE e RIFLESSIVE.
Esiste un indubbio legame tra RIFLESSIVITA’ e VALUTAZIONE:l’alunno, (così come il
professionista) apprende meglio quando torna a riflettere sul suo PROCESSO di
APPRENDIMENTO (o sul suo contesto lavorativo).
LA VALUTAZIONE INTERPRETATIVA assume una funzione RIFLESSIVA e quindi
METACOGNITIVA ( che riducendo il ricorso a metodologie standardizzate e quantitative),
richiederà l’adozione di pratiche INDIVIDUALI, LOCALI, PARTICOLARI, SPECIFICHE che
hanno a che fare con documenti BIOGRAFICI ed AUTOBIOGRAFICI sul versante COGNITIVO,
che raccontano la storia formativa irripetibile di un soggetto.
G. BERTAGNA (v. nota 02) afferma “Il PORTFOLIO è un viaggio esplorativo su se stesso per
CONOSCERSI” ( i propri tratti peculiari, le attitudini, gli interessi, i propri limiti, i propri pregi, i
propri vizi e le proprie virtù)
La BIOGRAFIA COGNITIVA del PORTFOLIO è per conoscersi come un viaggio su di sé
attraverso la biografia affettiva, corporea, relazionale etc. , ed ha anche valore ORIENTATIVO
perché risponde alle domande: Chi sono? Che cosa voglio da me? Che cosa si aspettano gli altri da
me? Dove voglio e posso arrivare? Così: attraverso un’azione di automonitoraggio e di
autovalutazione del processo di apprendimento, si sposta il modello dal Sincronico-finale al
Diacronico-procedurale (quale processo di orientamento su di sé).
A conclusione della illustrazione della presenza e dell’importanza della INTEGRAZIONE e della
INTERCULTURA nella strutturazione della Convivenza Civile, facente parte di tutti i principali
documenti legislativi dell’attuale riforma-Moratti, e dopo una rivisitazione della epistemologia
della Docimologia sino alla esplicitazione della Valutazione Etnografica, Riflessiva e Negoziale
inerente i risvolti didattico-metodologici e culturali della riforma stessa, mi sembra opportuno fare
anche un breve excursus storico del passaggio dall’Educazione alla Salute a quella alla Convivenza
Civile.
Tratto da “Conoscere la scuola” Ordinamento didattica legislazione – di S. Cicatelli – ed. la Scuola
e liberamente rielaborato (v. nota 01).
Il 1985, quale Anno Nazionale della Gioventù, darà il via al Progetto Giovani 1985, lanciato dalla
C.M. 57/85.
L’attenzione è rivolta agli studenti della scuola superiore, di cui si vuole favorire il protagonismo
attraverso iniziative direttamente promosse da loro. Il Progetto Giovani, infatti, aveva “l’obiettivo di
offrire ai giovani l’opportunità di essere promotori di analisi e protagonisti di interventi miranti a
migliorare la qualità della vita scolastica, tanto da renderla sempre più idonea a favorire l’effettiva
maturazione delle potenzialità insite in ciascuno di loro e l’acquisizione di capacità di scelta valide,
ai fini del conseguimento del proprio equilibrio psicofisico e sociale, in un contesto di apertura
generosa alla comprensione e alla soluzione dei problemi che turbano la vita civile, sia nazionale
che internazionale”.
Il Progetto Giovani ottiene un prestigioso riconoscimento dal Consiglio d’Europa e sfocia in un
convegno nazionale che si svolge a Roma in dicembre con la partecipazione di una rappresentanza
di studenti per ogni provincia.
16)
Il Progetto acquistava una validità pluriennale e mutava il suo nome in Progetto Giovani 92 (poi
93), assumendo come data simbolica di riferimento la prossima costituzione dell’Unione Europea.
Emergeva con maggiore chiarezza il legame dell’educazione alla salute con l’impegno civicopolitico e si sollecitava il coinvolgimento curricolare di tutte le discipline superando una
impostazione meramente aggiuntiva di questa educazione. Il Progetto si identificava in uno slogan
centrato sulla nozione dello STAR BENE: “star bene con se stessi in un mondo che stia meglio; star
bene con gli altri, nella propria CULTURA, nel DIALOGO INTERCULTURALE; star bene nelle
istituzioni, in un’Europa che conduca verso il mondo”
Nei medesimi testi di legge trovavano posto anche i Centri di informazione e consulenza (CIC),
istituiti nelle scuole superiori.
La C.M. 270/90 introduceva di conseguenza nelle scuole la figura del Docente Referente per
l’Educazione alla Salute.
Nasceva così il Progetto Ragazzi 2000 (CM 240/91) per gli alunni di scuole elementari e medie, che
sceglieva come data simbolica di riferimento il prossimo compimento di millennio.
La CM 47/92 aggiungeva l’ulteriore Progetto Genitori per coinvolgere anche la componente
familiare nel processo di ricostituzione del benessere non più solo scolastico dei giovani. Le attività
di educazione alla salute diventavano un vero e proprio OBBLIGO per le scuole ed erano oggetto di
nuova maxicircolare (la CM 362/92).
Ciò implica e implicava la necessità di lavorare non solo con i contenuti disciplinari e con le
didattiche specifiche, ma anche con i processi, con le relazioni, con i significati, con le motivazioni
da cui dipendono il successo o l’insuccesso scolastico.
Si è molto parlato negli anni Novanta di una “scuola delle educazioni”, vista la grande quantità di
progetti educativi affidati alle scuole.
L’educazione alla salute è stata su questo terreno la punta dell’iceberg ed il segnale di una
trasformazione profonda nel modo di intendere la scuola.
Il progetto di riforma contenuto nella legge 53/03 ha raccolto questa sfida dandole una dimensione
più ragionevole e un assetto più sistematico, se si vuole considerare la cosiddetta “educazione alla
convivenza civile” come la risposta a quelle istanze.
Da un punto di vista pedagogico l’educazione alla convivenza civile rappresenta una risposta alla
sollecitazione del Rapporto Delors (1996) a ricostruire la scuola del XXI secolo anche sul pilastro
del “SAPER VIVERE INSIEME”.
Alla convivenza civile è affidato il compito di rappresentare il momento della sintesi educativa che
incide non solo a livello cognitivo ma anche e soprattutto comportamentale e valoriale e dove i
termini di INTEGRAZIONE e di INTERCULTURA trovano la massima esplicitazione e
significatività.
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