Usi del miele in età medievale

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Usi del miele in età medievale
VIAGGIO
NELLA STORIA
Laura Prosperi
Usi del miele in età medievale
STORIA
Per la popolazione europea il miele ha rappresentato il principale dolcificante sino a tempi relativamente recenti. Lo zucchero, infatti, fece il suo
timido ingresso sulle tavole dei potenti solo intorno al Duecento e rimase
per secoli un bene dal costo inaccessibile al ceto medio.
In età medievale, in particolare, il miele era un bene davvero prezioso.
Largamente impiegato come dolcificante era soprattutto usato per la
preparazione di diverse bevande, tra cui l’idromele. Ma il miele costituiva anche un rimedio contro tutti i mali, addirittura contro la sterilità.
1. sidro: bevanda a bas-
sa gradazione alcolica, di
sapore dolce e acidulo,
ottenuta dalla fermentazione di succhi di frutta,
specialmente di mele e
pere.
2. vitto: insieme di ali-
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menti e bevande necessarie per vivere.
3. gaelico: relativo agli
abitanti celtici della Scozia.
4. ingordigia: golosità,
insaziabilità.
5. aneddotica: insieme
degli aneddoti (particolari, episodi curiosi) relativi a epoche o personaggi.
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Uno degli usi più caratteristici del miele in età medievale fu quello
inerente alla preparazione di bevande. Largamente impiegato come
dolcificante o per favorire la fermentazione di vino, birra, sidro1, liquori o altro, esso venne soprattutto utilizzato come ingrediente di
base per la preparazione dell’idromele – per secoli la bevanda più
diffusa tra le popolazioni dell’Europa settentrionale – costituito per
l’appunto da acqua e miele fermentati, di gradazione alcolica contenuta. Il suo consumo era comune a tutti i livelli sociali, persino agli
schiavi. Talune mense conventuali, in particolare, ne prevedevano
una razione nel vitto2 quotidiano e non di rado negli ambienti ecclesiastici se ne prescriveva il consumo al posto di vino e birra, ritenuti
troppo inebrianti per chierici e monaci da cui ci si attendeva una
condotta esemplare.
L’idromele, prodotto e consumato in grandi quantità, costituiva un
bene talmente prezioso che un antico detto gaelico3 diceva che di
tre cose doveva essere quotidianamente aggiornato un re: «ogni sentenza emessa, ogni nuova canzone e il numero di barili di idromele
prodotti».
L’ingordigia4 di alcuni sovrani per questa bevanda, o forse l’abitudine di berla direttamente dal tino, è probabilmente all’origine di certa aneddotica5, secondo cui si poteva morire per annegamento negli
enormi barili in cui l’idromele veniva conservato, come accadde ad
esempio al re danese Hunding. Intorno al X secolo nei regni dell’Europa settentrionale esisteva all’interno delle gerarchie di palazzo una
figura addetta alla conservazione e alla contabilità della bevanda, e si
trattava di un funzionario che in ragione di questa sua responsabilità
godeva di un certo prestigio.
L’idromele veniva servito a corte non solo nei banchetti ordinari ma
anche in quelli d’occasione e in talune regioni scandinave rientrava
nel cerimoniale di accoglienza degli ospiti, ai quali veniva versato
in apposite coppe di metallo più o meno prezioso, spesso finemente
decorate.
Nella vasta gamma di usi cui il miele andò soggetto nell’Europa medievale, tutt’altro che trascurabile è quello legato alla sua efficacia
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
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6. suggello: conferma
definitiva.
7. ambita: desiderata.
8. longevità: lunga du-
rata della vita.
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9. Ippocrate e Galeno:
Ippocrate, medico greco
(460-370 a.C. circa), fu
una delle figure più rappresentative della medicina antica, che si
sforzò di avviare su valide basi scientifiche.
Claudio Galeno, medico e fi losofo greco (130201 a.C.) ebbe grande
fama per i suoi studi di
anatomia, patologia e
terapia.
10. farmacopea: arte
di preparare i farmaci, i
medicamenti.
11. impiastri: medicamenti per uso esterno,
che si applicano sulla
parte malata.
12. abrasioni: lesioni
superficiali della pelle.
13. gotta: malattia dovuta a un eccessivo deposito di acido urico
nelle articolazioni, che
diventano gonfie e dolenti.
14. pozioni: bevande
dall’effetto prodigioso.
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curativa. Probabilmente nel ricordo del mito classico secondo cui
Zeus, abbandonato nella foresta, era sopravvissuto nutrendosi esclusivamente di esso, il miele ricevette dall’antichità quel suggello6 di
sacralità e di alimento miracoloso che mantenne per tutta l’epoca
medievale. Usato tra le mura domestiche, in campagna come in città,
per la preparazione di bevande quali il miele rosato, l’ossimele e il
talassomele, vi si faceva comunemente ricorso come rimedio contro
tutti i mali. La cultura popolare attribuiva a quest’alimento anche la
più ambita7 delle virtù, quella di garantire la longevità8.
Ma qual era l’atteggiamento della cosiddetta medicina ufficiale nei
confronti del miele? Furono i grandi medici dell’antichità a tramandarne l’uso all’età medievale: in conformità con quanto avevano affermato Ippocrate e Galeno9 le sue proprietà cicatrizzanti ed emollienti trovarono poi riconoscimento presso la farmacopea10 araba, che
ne consolidò l’impiego.
Per tutte le malattie dell’apparato respiratorio il miele costituiva il
farmaco per eccellenza e altrettanto tipico era il ricorso a esso per
ogni sorta di malattia intestinale, sotto forma di sciroppi, decotti o
clisteri. Non meno di frequente, il miele entrava nella composizione
di impiastri11 e unguenti per ferite e abrasioni12. Più sorprendente
appare il suo utilizzo in campo ginecologico soprattutto per lenire i
dolori del parto e come rimedio contro la sterilità.
Si faceva ricorso al miele anche contro la gotta13, malattia causata da
eccessi alimentari, e quindi diffusa tra la classe nobiliare, così come
in caso di avvelenamento per morsi di vipere, scorpioni e altri animali velenosi e ancora per acuire la vista, per favorire la crescita dei
capelli e addirittura in pozioni14 per lenire le pene d’amore!.
(da «Medioevo», De Agostini-Rizzoli periodici, Milano, ottobre 1999, rid. e adatt.)
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Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education