Mongolia: alla ricerca degli uomini renna Graziella

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Mongolia: alla ricerca degli uomini renna Graziella
Mongolia: alla ricerca degli uomini renna
Graziella
Prima colpisce l'immensità poi il silenzio e infine
questi occhi a mandorla ridotti a semplici fessure
per meglio apprezzare le distanze in quell’ oceano
che muta a seconda dei capricci del tempo.
Siamo di ritorno nel paese di Gengis Khan alla ricerca degli uomini renna. Ma prima d'incontrarli abbiamo un importante appuntamento…
Il tamburo rimbomba nella piccola capanna di legno
dove regna l'oscurità, la cerimonia sta per iniziare, il
grande sciamano di Tsaagan Nur Sun ha accettato
di praticare la sua arte per noi.
Siamo venuti a chiedergli d'implorare gli dei per la
buona riuscita della nostra gita dai Tsaatan.
Le nostre offerte, vodka, sigarette, vari dolciumi e
qualche biglietto di banca sono benvenuti ed esposti
sull'altare.
Preghiere, magie, incantesimi, litanie, canti, gesti, lo
sciamano caccia gli spiriti maligni e implora gli dei a
raggiungerlo nella sua danza di trance. A ogni fase
del rito intervengono la moglie e la sorella con movimenti mille volte ripetuti.
Ad un tratto lo sciamano inizia a volteggiare, il ritmo
va accelerandosi: lo sciamano è posseduto! Pochi
secondi dopo è di nuovo quieto ma la sua postura e
le sue gesta non sono più le stesse: oramai è abitato da un potente spirito.
Il dado è tratto, tre persone vengono scelte nell'assemblea tra cui il nostro amico autista che non sa se
sentirsi onorato di accompagnare lo sciamano nel
suo delirio.
Ci rallegriamo di non essere stati scelti, ma non immaginavamo che presto sarebbe venuto il nostro
turno e saremmo stati flagellati con i lunghi nastri
del suo mantello blu, avremmo ricevuto in testa la
corta, ma robusta bacchetta di legno che usa per
suonare il tamburo.
Ci chiediamo cosa sta per succedere: lo sciamano
sembra avere una preferenza per una di noi, passa
più volte sul suo corpo la sua bacchetta dando
grandi colpi al suo stomaco, s'informa sui sintomi
che sente e alla fine esegue speciali incantesimi per
liberarla dei demoni.
Anch'io ho avuto lo stesso trattamento ma in forma
meno violenta, un'anziana signora viene scaraventata a terra dallo sgabello sul quale sedeva, il nostro
autista come penitenza non dovrà bere alcool per
sette giorni, ad un bambino, che faceva i compiti invece di stare attento alle evoluzioni magiche del
gran maestro, lo sciamano sputa nelle sue orecchie…
Finalmente il tamburo si fa di nuovo sentire con insistenza, lo spirito soddisfatto è pronto a rientrare
nel suo universo e a rendere il corpo preso in prestito al suo legittimo proprietario.
Dopo mille giravolte sua moglie inizia a spogliarlo ad
uno a uno dei suoi vestiti da cerimonia, quando ad
un tratto lo sciamano cade a terra e solo il fumo di
una brace spolverata di erbe benefiche, riposta vicino lo farà tornare tra noi.
Dividiamo con l'assemblea la vodka e i biscotti, il resto viene distribuito alle famiglie vicine, lo sciamano
ci assicura che godiamo tutti di un'ottima salute ma
che la nostra amica deve coprirsi bene e consultare
uno stregone moderno.
Ripartiamo con la certezza di essere stati benedetti
malgrado l'ira degli dei perché la cerimonia in nostro
onore si è svolta di giorno e le divinità, si sa, preferiscono il fitto buio per esprimersi…
In una mattina che fatica a sorgere, la nostra carovana composta da una decina di cavalli si mosse per
raggiungere la tribù dei Tsaatan.
Avevo messo dei fiori nella criniera del mio cavallo
chiamato per l'occasione Gengis Khan.
I nostri corpi ballano seguendo il ritmo dei nostri
destrieri, la steppa come un film senza fine, senza
orizzonte che si possa toccare col dito passava
davanti ai nostri occhi.
Solo il rumore degli zoccoli e i nitriti turbavano ad
intervalli la quiete di questi luoghi magici, poi si
chiudeva il silenzio dietro di noi per meglio cancellare le nostre tracce: la steppa deve sempre rimanere
intatta.
Ebbri di libertà, inebriati di aria pura, portata dallo
zeffiro della steppa, un canto sale dalla profondità
della terra: è la nostra guida che canta l'amore per i
suoi cavalli e la sua patria.
Suoni gravi si sprigionano dalla sua gola per volare
trionfanti sino al blu del cielo, mai avevamo conosciuto una tale pienezza e nemmeno una tale armonia con la natura.
E quando la musica abbandonò all'aria leggera i
suoi ultimi accordi restammo immobili, pensando
cosi di poter fermare l'istante, prolungare questo
presente all'infinito…
Qui, anche la musica riflette l'anima profonda della
Mongolia, le note comunicano totalmente con la natura. Montagne spoglie, boschive, fiorite, rotte, sassose, nevai, torrenti, passaggi stretti e tortuosi dove
i nostri bagagli s'impigliano e le nostra ginocchia si
sbucciano, sentieri quasi invisibili dove anche una
capra tibetana esiterebbe a condurci la sua prole.
Dobbiamo però proseguire in quel universo minerale
e vegetale verso la salita cosi irta, il terreno cosi
scivoloso, inzuppato e fangoso che fatichiamo assieme ai nostri cavalli che a volte sprofondano sino
a metà coscia…
Impressione di vertigine…
E se il tempo non esistesse? E se questa vita lontana da tutto ma cosi vicina alla natura fosse la verità? E se questi nomadi (e uomini renna) avessero
trovato la chiave per vivere fuori dal tempo nel presente?
Delle nuvole bianche come la neve scherzano col
sole disegnando forme arabesche su questo mare
d'erba o di sassi, ci avviciniamo in silenzio per non
intimidire gli uomini renna e finalmente come
ricompensa dietro l'ennesima montagna ecco i primi
urt simili alle tende dei Pellirossa con le loro fumate
blu si offrono alla nostra visione, i nostri sensi si
mettono in allerta: quale accoglienza I Tsaatan ci
faranno?
Il nostro timore viene presto dimenticato, subito si
preoccupano di servirci cibi caldi per riscaldare i
nostri muscoli indolenziti, ci portano della legna e ci
aiutano a montare le nostre tende moderne nei
quali geliamo durante la notte…
La nostra salita si conclude dopo dieci ore di lunghi
sforzi nel reame dei cervi delle nevi; qui le renne
hanno soppiantato la più nobile conquista dell'uomo
(il cavallo) nel cuore di questa tribù: la vita si organizza e dipende totalmente dalle renne.
Figli di una natura grandiosa ma ostile, il piccolo
popolo dei Tsaatan sta scomparendo e silenziosamente chiedono aiuto.
Ad ovest del lago Kövsgöl, là dove la steppa cede il
posto alla taiga, in una terra solcata da innumerevoli fiumi, dove l'inverno è rigidissimo, abita un piccolo
e antichissimo popolo nomade.
Questa tribù di circa 200 anime in totale simbiosi
con i loro animali, tanto che i mongoli li hanno
chiamati uomini renna, dalle parole tsaa buga, cervo
delle nevi e tsang, popolo.
La loro sopravvivenza dipende, infatti, interamente
dalle renne: la loro carne e il loro latte quattro volte
più ricco del latte vaccino rappresentano quasi gli
unici prodotti dei quali si cibano.
La pelle viene utilizzata per fabbricare calzature e
copri capi, le corna tagliate direttamente sull'animale
vivo, molto apprezzate come afrodisiaco nella farmacopea cinese, sono utilizzate come merce di
scambio per procurarsi prodotti indispensabili come
il riso, la farina, il tè e il sale.
I Tsaatan hanno conservato le loro tradizioni ancestrali e praticano lo sciamanismo.
Venerano e temono gli spiriti del cielo e della terra e
rispettano gli antichi riti funebri. I bambini imparano
tutto per imitazione osservando gli adulti compiere il
loro lavoro, anche i più piccoli sanno badare alle
mandrie, e si preparano così ad affrontare la dura
vita della tribù e le migrazioni annuali.
Come per tutti i popoli dell'Asia centrale il nomadismo non è causato dalla necessità di trovare nuovi
pascoli, in queste terre sconfinate l'erba non manca,
ma il nomadismo ha un profondo significato spirituale legato ai cicli della vita che permette la relazione tra terra e cielo, fra visibile ed invisibile.
I Tsaatan hanno rinunciato a una vita più facile al
villaggio di Tsagan Nur, al comfort hanno preferito
vivere senza catena la loro cultura e spiritualità,
hanno scelto la libertà.
Ma la lotta è impari, ora che a loro è stato vietato
far pascolare le mandrie nella vicina Siberia, la brucellosi decima uomini e bestie e se nulla verrà attuato fra pochi anni questo popolo dalle lontane radici sarà soltanto un ricordo. …
E sul cammino del ritorno ripartendo verso nuovi
sublimi paesaggi e indimenticabili incontri pensiamo
a lungo agli uomini renna laggiù nascosti nelle foreste confinanti con la Siberia…che ci hanno dato una
formidabile lezione d'umiltà, loro che lottano ogni
giorno per una precaria sopravvivenza conservando
con tenacità il valore della libertà.
Graziella