La Rivista Euler Hermes Italia n. 53

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La Rivista Euler Hermes Italia n. 53
Anno XVI - Dicembre 2011
la RIVISTA
53
www.eulerhermes.it
Dove va l’Economia – Mondo
La rivoluzione di Rabat
di Pietro Romano
Dove va l’Economia – Italia
Il miracolo veneto
di Luciano Pignataro
Report
Crisi economica:
il double-dip
Il personaggio
Biagio Mataluni:
una storia di olio,
passione e innovazione
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Editoriale/Editorial
Dentro l’Europa
con razionalità
ed efficienza
Part of Europe, Rationally and Efficiently
Michele Pignotti
F
orse mai come in questa fase di turbolenza dei mercati, l’Europa e la sua moneta sono state al centro di un dibattito così
vivace e per certi aspetti drammatico. In ballo c’è la sopravvivenza della costruzione comunitaria che secondo i Padri
Fondatori avrebbe dovuto rafforzare i vincoli della solidarietà come strumento fondamentale di sviluppo. Oggi questi princìpi
sono minacciati dalla speculazione e dalle derive nazionalistiche che ipotizzano la fine dell’Eurozona come area di scambio
per i cittadini, i mercati e le imprese. L’assenza di rigore sul sistema bancario, non solo impedisce delle corrette relazioni
con la clientela, ma quella finanza senza controllo è stata la causa determinante della crisi che stiamo ancora vivendo.
Basilea II e l’applicazione dei requisiti di solvibilità previsti dalla direttiva Solvency II, che entrerà in vigore nel gennaio 2014,
servono proprio per evitare il ripetersi di quanto accaduto. Tra gli obiettivi di Solvency II vi è quello di incentivare le imprese
di assicurazione ad adottare un modello che rafforzi i requisiti patrimoniali. È questa la ragione che ha indotto il Gruppo Euler
Hermes, leader del mercato dei crediti commerciali, ad anticipare l’applicazione dei requisiti di solvibilità e a rendere esecutivo
un progetto di profonda semplificazione della struttura societaria. A tal proposito il Gruppo ha deciso la fusione
per incorporazione di diverse unità di business nella compagnia belga che è già oggi in linea con i principali obiettivi
patrimoniali di Solvency II. A partire quindi dal 1° gennaio 2012, Euler Hermes SIAC S.p.A. verrà incorporata in Euler Hermes
Europe S.A. (N.V.) con sede legale a Bruxelles. Mi preme sottolineare che il nuovo “volto” della nostra Società operante in Italia,
non provocherà alcun mutamento dal punto di vista dei rapporti contrattuali esistenti, dei servizi, delle strutture interne
ed esterne: in questo modo rafforzeremo ulteriormente l’organizzazione italiana a tutto beneficio dei nostri clienti.
MICHELE PIGNOTTI AD Euler Hermes SIAC - Head of Mediterranean Countries / Africa Euler Hermes
N
ever before this period of market turbulence has Europe and its currency been the focus of such lively – and in many ways
dramatic – debate. At stake is the very survival of the Community edifice, which according to its Founding Fathers was meant
to strengthen the bonds of solidarity as a key tool for growth. Now, these principles are under threat from speculation and nationalistfuelled sentiment, jeopardizing the Eurozone as an area of exchange for citizens, markets and enterprises. A lack of strict regulation
over the banking system has hindered appropriate relations with customers and allowed unbridled finance to become the key cause
of the crisis we are currently experiencing. Basel II and the application of the solvency requirements contained in the Solvency II
directive, due to come into force in January 2014, serve precisely to avoid what has happened occurring again. The objectives
of Solvency II include encouraging insurance companies to adopt an approach that strengthens their capital requirements. Trade credit
market leader the Euler Hermes Group has decided to bring forward the application of these solvency requirements and implement
a sweeping company restructure and simplification plan. The Group is taking steps to merge various business units into the Belgian
company, which is already close to complying with the main Solvency II capital requisites. From 1 January 2012, Euler Hermes SIAC
S.p.A. will be merged into Euler Hermes Europe S. A. (N. V.), with a registered office in Brussels. I wish to highlight that the new “face”
of our company operating in Italy will not lead to any changes in terms of existing contractual relations, services, or internal and
external structures. It should also be noted that a company that already complies with Solvency II capital requirements is a more
customer-focused company. This is our way of further strengthening the Italian firm, much to our customers’ benefit.
MICHELE PIGNOTTI CEO Euler Hermes SIAC - Head of Mediterranean Countries / Africa Euler Hermes
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Sommario
53
Dicembre 2011
PERSONAGGIO
4
Una storia di olio,
passione e innovazione
ECONOMIA-MONDO
10
Modernizzazione
e crescita economica
sono i segni di un nuovo
trend di sviluppo del
Marocco. Ed è qui che
l’Italia intende raddoppiare
l’export e aumentare
gli investimenti.
di Pietro Romano
Ricerca, innovazione e
valorizzazione dei giovani,
tre pilastri sui quali gli Oleifici
Mataluni hanno investito
diventando, da frantoio
artigianale, industria di
dimensioni globali.
Incontro con Biagio Mataluni,
Presidente di Oleifici Mataluni
ECONOMIA-ITALIA
REPORT
23
16
Il miracolo veneto
Il distretto vitivinicolo
del Veneto, in forte
crescita, tira tutta la filiera
nazionale, grazie alla
profonda tradizione
produttiva e a coraggiose
scelte vincenti.
di Luciano Pignataro
La rivoluzione
di Rabat
Crisi economica:
il double-dip
Una crisi che viene da lontano,
un quadro mondiale
preoccupante e le
conseguenze di una nuova
caduta in recessione.
Ecco un’analisi del panorama
economico internazionale
e delle ripercussioni
nel nostro Paese.
La Rivista Euler Hermes SIAC
Una società Euler Hermes, gruppo Allianz
Trimestrale di cultura di Euler Hermes SIAC • Registrato il 13.5.1993 con il n. 195 presso il Tribunale di Roma • Spedizione in abbonamento postale 45% • Art. 2 comma 20/B - Legge 662/96
Filiale di Roma • Chiuso in tipografia il 23.12.2011
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TRADUZIONI a cura di Scriptum - Roma • STAMPA Varigrafica Alto Lazio - Roma
Foto
Copertina: Biagio Mataluni • Interno: Shutterstock
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la RIVISTA Euler Hermes SIAC
1
Sommario
Editoriale
Dentro l’Europa con razionalità ed efficienza
di Michele Pignotti
4
Il personaggio
Una storia di olio, passione e innovazione
Incontro con Biagio Mataluni, Presidente di Oleifici Mataluni
10
Dove va l’Economia – Mondo
La rivoluzione di Rabat
di Pietro Romano
16
Dove va l’Economia – Italia
Il miracolo veneto
di Luciano Pignataro
20
Dentro le Aziende
Quarant’anni di acciaio
Incontro con Pierluigi Ceccardi, Presidente di Raccorderie Metalliche
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Report
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Di Agenzia in Agenzia
Crisi economica: il double-dip
La gestione del credito a 360°
Incontro con Marco Gargiuoli, Agente generale Agenzia di Parma
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Avvenimenti
Gruppo Cariparma Crédit Agricole e EH SIAC insieme per la copertura del portafoglio crediti delle PMI
Rischi e mercati esteri
Corso di formazione esperienziale con Andrea Zorzi per i manager di EH SIAC
Euler Hermes SIAC si apre alle adozioni a distanza
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la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Il personaggio
Una storia di olio,
passione e innovazione
1
Incontro con Biagio Mataluni,
Presidente di Oleifici Mataluni
Ricerca, innovazione e valorizzazione dei giovani,
tre pilastri sui quali gli Oleifici Mataluni
hanno investito diventando, da frantoio artigianale,
industria di dimensioni globali.
Un esempio di eccellenza tutta italiana.
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934: a Montesarchio, in provincia
di Benevento, un piccolo frantoio
a dimensione artigianale lavora le
olive e produce un olio denso e profumato. 2011: gli Oleifici Mataluni
sono uno tra i più grandi complessi
agroindustriali oleari del mondo, al
suo interno si sviluppa l’intero processo produttivo sempre secondo l’antica tradizione olearia ma dando vita
alla più innovativa filiera italiana.
In questi anni l’azienda campana ha
ottenuto riconoscimenti, fatto acquisizioni, investito nella ricerca e nello
sviluppo, ha innovato nella produzione, nel packaging e per la salva-
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
guardia dell’ambiente. Biagio Mataluni, dopo avere rilanciato nel 1980
l’attività familiare intrapresa dal nonno, è oggi alla guida dell’azienda con
un fatturato 2010 di 240 milioni di
euro e che conta 200 addetti.
Dott. Mataluni partiamo dalla fine.
E cioè da una delle ultime conquiste
Il personaggio
e collaudato la logistica in vista dell’approvazione definitiva. È stato un
periodo propedeutico al contratto
di esclusiva che oggi qualifica la nostra azienda e contribuisce a promuovere l’eccellenza del Made in
Italy, ma rappresenta solo la prima
fase del processo di internazionalizzazione che stiamo affrontando».
sono ancora centinaia di mercati
che dobbiamo esplorare».
Verso quali Paesi attualmente esporta
la sua azienda e quanto è importante,
secondo lei, la voce esportazioni per
un’impresa?
«I brand degli Oleifici Mataluni sono
presenti in Germania, Danimarca,
Olanda, Inghilterra, Polonia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Croazia, Ucraina,
Albania, Malta, Stati Uniti, Australia,
Giappone, Filippine, Cina e Iran. La
voce esportazioni è fondamentale
per la sopravvivenza di un’azienda.
Consideri che l’olio si produce quasi
esclusivamente nel bacino del Mediterraneo e che, secondo le ultime
stime, la popolazione mondiale è
pari a circa 7 miliardi di persone. Ci
credibili all’estero, è l’eccessiva burocratizzazione del nostro apparato.
È necessario snellire le procedure e
puntare su ricerca e innovazione,
valorizzando il Made in Italy nel panorama internazionale».
Qual è secondo lei la formula per la
ripresa economica del nostro Paese
in questo momento?
«Il problema che attanaglia maggiormente le aziende italiane, rendendole poco competitive e poco
La sede di Montesarchio (BN)
degli Oleifici Mataluni.
A sinistra, Biagio Mataluni,
Presidente dell’azienda.
dell’Olio Dante, marchio di punta acquisito da Oleifici Mataluni, di cui lei è
Presidente: il Giappone. Dal luglio scorso
l’olio al 100% italiano è commercializzato
infatti dalla Nippon Food, il colosso
della distribuzione alimentare nipponica.
Come siete arrivati a questo traguardo?
«La Nippon ha testato accuratamente
i nostri prodotti, esaminando lo stabilimento per tre anni. Abbiamo
adattato la produzione agli standard
qualitativi richiesti dai consumatori
giapponesi, dedicando una intera
linea alla Nippon, realizzando un
packaging innovativo in PET ed un
blend di alta qualità. Infine, abbiamo
avviato il test operativo sugli scaffali
Cosa dovrebbero fare gli imprenditori e le istituzioni per promuovere
le eccellenze italiane nei mercati
stranieri?
«Sento la necessità di una maggiore
coesione tra sistema delle imprese
e apparato istituzionale, che consenta
di portare avanti azioni coordinate
attraverso norme adatte ad operare
sui mercati stranieri. Oggi, invece,
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la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Il personaggio
Il centro di ricerca Criol
per lo sviluppo dell’industria
olearia è nato nel 2001.
siamo imprigionati in una rete di
strumenti che si prefiggono di facilitare le procedure ma che, senza
un adeguato coordinamento, non
sono efficaci ad accompagnare correttamente la crescita delle aziende
a livello internazionale».
L’Olio Dante è stato anche nominato
Prodotto dell’anno 2011, unica azienda campana tra l’altro, ad avere ottenuto l’importante riconoscimento.
Qual è il segreto di tanto successo?
«Il segreto è molto semplice: ricerca,
innovazione e valorizzazione dei
giovani. Il nostro caso aziendale
parla chiaro. Posso testimoniare
che, puntando su elementi innovativi e dotandoci di un Centro di ricerca altamente specializzato, nell’arco di 30 anni siamo riusciti a
trasformare una piccola azienda
artigianale in una industria di dimensioni globali».
Quali altre azioni di rilancio industriale
avete realizzato?
«A partire dal 2006, abbiamo avviato
un notevole piano di acquisizione,
rilevando 23 storiche etichette come
6
Olio Dante, Topazio, Olita, Oio, Gico,
Lupi e Minerva ed accompagnando
la crescita industriale e tecnologica
dell’azienda. Al nostro interno, oggi
sviluppiamo l’intero processo produttivo, dando vita alla più innovativa filiera italiana: frantoio; raffinazione; imbottigliamento in confezioni di vetro, Pet e latta; produzione di bottiglie in Pet, tappi, imballaggi ed etichette».
La sua azienda è, infatti, un bellissimo
esempio di filiera integrata, ci può illustrare più precisamente le varie fasi
della produzione?
«Lo sviluppo degli Oleifici Mataluni
nasce proprio dall’integrazione delle
diverse fasi produttive all’interno
del nostro complesso agroindustriale. Partendo da un piccolo frantoio
artigianale, abbiamo realizzato un
processo virtuoso di filiera. Il frantoio
è rimasto il pilastro dell’azienda,
attorno al quale sono state realizzate
20 linee di confezionamento in vetro,
PET e lattina; un reparto stoccaggio
dove l’olio è conservato nelle condizioni più idonee fino al momento
del confezionamento; un reparto
filtrazione; un modernissimo impianto di raffinazione; un reparto
per la produzione degli imballaggi.
Produciamo le bottiglie in PET, a
partire dai granuli di polimero, i
tappi in polietilene in un innovativo
formato one-touch, stampiamo le
etichette nel centro poligrafico aziendale, realizziamo le etichette sleeve
in PET termoretraibile e le scatole
in cartone per il confezionamento.
Inoltre, produciamo energia per soddisfare i nostri fabbisogni aziendali,
riducendo il più possibile l’approvvigionamento di energia elettrica
dall’esterno».
A proposito di packaging, gli Oleifici
Mataluni sono un’azienda innovativa
anche in questo campo. Ce ne può
parlare?
«L’idea vincente è stata quella di
credere fortemente nell’innovazione
del PET come materiale da imballaggio, dieci anni prima dei nostri
concorrenti. Abbiamo esteso il campo di applicazione degli imballaggi
plastici anche agli oli di qualità,
grazie allo sviluppo di una nuova
bottiglia con etichetta sleeve. Il no-
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
stro packaging in PET offre le stesse
garanzie di protezione dalla luce e
dall’ossigeno rispetto alle più tradizionali bottiglie in vetro, grazie
al particolare spessore, alla colorazione verde e alla presenza di
un’etichetta completamente avvolgente, applicata senza l’utilizzo di
collanti o adesivi. Il packaging sviluppato combina un’ottima protezione dell’olio ai vantaggi offerti
dai materiali polimerici: è leggero,
pratico, 100% riciclabile e infrangibile, e può essere schiacciato in
modo da occupare meno spazio nei
contenitori della raccolta differenziata. Aspetti positivi soprattutto
in termini di sostenibilità ambientale: essendo molto più leggero della
bottiglia in vetro, il PET comporta
una significativa riduzione delle
emissioni di anidride carbonica durante la fase di trasporto».
In una intervista di qualche tempo fa
lei ha detto che “ la competitività di
una azienda oggi si misura dalla sua
capacità di innovare”, quanto ha investito la sua azienda nella ricerca e
lo sviluppo? Oltre a quelli già citati,
Il personaggio
che tipo di programmi sono stati avviati in questo campo?
«All’interno del nostro complesso
agroindustriale oleario, abbiamo un
laboratorio specializzato per il Controllo Qualità ed il Criol, Centro di
ricerca per lo sviluppo di materie
olearie e packaging innovativo. Negli
ultimi anni, gli Oleifici Mataluni hanno investito circa dieci milioni di
euro in ricerca e sviluppo. Come detto, abbiamo sostituito i materiali da
imballaggio tradizionali con i materiali plastici, che offrono vantaggi
in termini di praticità, costo ed impatto ambientale. I nostri ricercatori
lavorano da anni alla valorizzazione
dei sottoprodotti dell’attività di molitura attraverso il recupero di antiossidanti naturali, per risolvere la
problematica dello smaltimento dei
reflui oleari che grava sull’intero
comparto olivicolo-oleario mondiale.
Per quanto riguarda le innovazioni
nel settore energetico, siamo dotati
di un impianto di trigenerazione alimentato a metano per la produzione
di energia elettrica, termica e frigorifera, di pannelli fotovoltaici su tutte
le superfici coperte, e provvediamo
al recupero di energia termica anche
dai fumi delle caldaie».
Come è nato il Centro di ricerca per
l’industria olearia (Criol) e con quali
specializzazioni?
«L’idea di un Centro di ricerca dedicato allo sviluppo dell’innovazione
nell’industria olearia risale al 2001
e nasce dalla collaborazione con il
Dipartimento di Scienza degli Alimenti dell’Università di Napoli Federico II. Il Criol è stato fondato nel
2004 con l’obiettivo di raccogliere e
concentrare, in una struttura agile
e moderna, diverse competenze nel
settore della ricerca applicata al settore oleario, formando giovani ricercatori e sviluppando ricerche che
possano poi concretizzarsi in reali
innovazioni di processo e di prodotto
nell’industria olearia. Nel 2010 il
Criol è stato incluso nell’Albo dei laboratori riconosciuti dal Ministero
dell’Università e della Ricerca e, attualmente, collabora con diversi atenei per sviluppare innovazioni nel
settore della qualità nutrizionale e
organolettica degli oli, della valorizzazione dei sottoprodotti dei
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la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Il personaggio
processi produttivi, della formulazione di oli arricchiti e funzionali, e
dell’interazione tra olio e altri ingredienti alimentari. Negli anni, il
Criol è diventato un vero e proprio
punto di aggregazione nel settore
della ricerca applicata al settore
oleario. I nostri giovani ricercatori
portano avanti anche una importante attività di educazione e divulgazione, sensibilizzando soprattutto
le nuove generazioni a riconoscere
ed apprezzare l’alimento principe
della dieta mediterranea».
E veniamo all’ambiente e allo smaltimento rifiuti. Anche in questo campo
la sua azienda è stata innovativa per
esempio con il progetto Re-Waste…
«Il progetto Re-Waste si inserisce
in un’ampia linea di ricerca sulla
valorizzazione dei sottoprodotti dei
processi produttivi. L’obiettivo è
quello di convertire in risorse quelli
che altrimenti sarebbero rifiuti da
smaltire, con conseguente vantaggio ambientale ed economico. Nell’ambito del progetto Re-Waste, avviato nel 2009 da una partnership
internazionale, di cui siamo coordinatori, e co-finanziato dalla Commissione Europea, è stato realizzato
un impianto dimostrativo per la
valorizzazione delle acque di vegetazione olearie. In pratica, partendo da un rifiuto da smaltire con
enormi difficoltà, recuperiamo ac8
qua purificata, biogas e un
estratto ricco di molecole
ad attività biologica, da impiegare in campo cosmetico o alimentare. Al termine del progetto, nel
2012, contiamo di passare
da una applicazione pilota
dimostrativa ad una successiva fase di sviluppo industriale».
Negli anni ’50 del secolo scorso, con
l’avvento in Italia della televisione,
Olio Dante diventa protagonista
con gli storici Caroselli pubblicitari
in onda sulla Rai. Risale al 1959 il
primo Carosello di Olio Dante con
protagonista l’attore Peppino De Filippo. Oggi la sua azienda ritorna in
televisione, ma sulla piattaforma satellitare Sky. Come giudica questa
evoluzione della pubblicità?
«Nel 2010 Olio Dante è stato il primo prodotto alimentare presente
in una trasmissione Rai, esordendo
a “La Prova del Cuoco”. A più di
cinquant’anni dal primo Carosello,
Olio Dante è tornato in tv con un’operazione innovativa di product
placement, in onda su Gambero
Rosso Channel, posizionandosi
non solo all’interno del programma ma soprattutto in contesti di
vita quotidiana. L’obiettivo è quello
di agire sull’interesse attivo dei
telespettatori e sensibilizzare i
consumatori sull’importanza dell’educazione alimentare, considerando la cucina soprattutto come
un elemento di grande socializzazione. Il nostro
nuovo Osservatorio di comunicazione - specializzato in marketing, editoria ed advertising ha sviluppato un
network di food blog,
in grado di interagire
e collaborare con
centinaia di blogger
presenti in tutta Europa. In questo
modo, abbiamo dato
vita ad una evoluzione della comunicazione, che parte da
relazioni sostenibili
e finisce per dare
voce ai responsabili
di acquisto, che partecipano attivamente
alla realizzazione dei
processi di produzione e promozione dei nostri brand».
Da piccolo frantoio a dimensione
artigianale gli Oleifici Mataluni sono
diventati, quindi, uno dei più grandi
complessi agroindustriali oleari del
mondo. Quali qualità ci vogliono
per fare una simile rivoluzione?
Quale consiglio darebbe ai giovani
oggi?
«Ci siamo riusciti puntando sulla
ricerca e sulla innovazione, ma
soprattutto sui numerosi giovani
che hanno accompagnato la crescita industriale con determinazione, intraprendenza ed entusiasmo. Tre fattori fondamentali per
un giovane che, dopo un’adeguata
formazione, desidera mettersi in
luce ed entrare a far parte della
grande famiglia di Olio Dante. Basti
pensare che, su circa 200 dipendenti degli Oleifici Mataluni, la
media di età è di 29 anni. Media
che, considerando solo gli uffici,
diminuisce sensibilmente».
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Abstract
A story
of olive oil,
passion and
innovation
Meeting with Biagio Mataluni,
President of Oleifici Mataluni
O
leifici Mataluni is one of the largest olive oil
agro-industrial companies in the world; the
entire production process takes place on their
premises, still following the ancient traditions of
olive oil production but having developed one of
the most innovative production chains in Italy.
Dr. Mataluni, let’s begin at the end. That is,
with one of the latest conquests by Olio
Dante, a brand that was itself acquired by
Oleifici Mataluni, of which you are
president: Japan. Since last July, your 100%
Italian olive oil is being marketed by Nippon
Food, the Japanese food distribution
colossus. How did you achieve this target?
“Nippon tested our products very carefully,
scrutinizing the factory for three years. We
adapted our production to the qualitative
standards required by Japanese consumers,
devoting an entire line to Nippon, creating
innovative PET packaging and producing a
high quality blend of oil. It has been a period
of preparation for the exclusive contract which
our company has now obtained and which is
contributing to promoting the excellence of
Italian-made products, but it represents only
the first phase in the internationalization
process that we are embarking on.
Which countries does your company
currently export to and how important are
a company’s exports, in your opinion?
“The Oleifici Mataluni brands are present in
Germany, Denmark, Holland, England, Poland,
the Czech Republic, Bulgaria, Croatia, Ukraine,
Albania, Malta, the United States, Australia,
Japan, the Philippines, China and Iran. Exports
are crucial for the survival of a company. Bear
in mind that olive oil is produced almost
exclusively in the Mediterranean basin and,
according to the latest estimates, the world
population numbers around 7 billion people.
There are still hundreds of markets that we
need to explore.”
Il personaggio
What do you think is the recipe for
economic recovery in our country at the
moment?
“The problem that is affecting Italian
companies most seriously, making them less
competitive and credible abroad, is the
excessive bureaucracy. We need to streamline
procedures and focus on research and
innovation, promoting Italian-made products
on the international panorama.”
What should Italian entrepreneurs and
institutions do to promote excellent Italian
products in foreign markets?
“I feel the need for greater cohesion between
business systems and the institutional structure,
which would then enable us to undertake
coordinated action through legislation that is
suited to operating in foreign markets.”
Dante Oil has been named Product of the
Year for 2011, the only Campana company
to have obtained this important award.
What is the secret of such success?
“The secret is very simple: research, innovation
and the valuing of our young people. Our
company situation speaks for itself. I can
testify that by focusing on innovative elements
and equipping ourselves with a highly
specialized research centre, within the space of
thirty years we have been able to transform a
small-scale local company into an industry of
global dimensions.”
What other actions did you take towards
industrial renewal?
“From 2006 onwards, we set in motion an
important takeover strategy, acquiring 23
historic labels such as Olio Dante, Topazio,
Olita, Oio, Gico, Lupi and Minerva, and
supporting the industrial and technological
growth of the company.”
Your company is an excellent example of an
integrated production chain: can you
explain the various phases of production in
more detail?
“Oleifici Mataluni developed specifically from
the integration of the different production
phases within our agro-industrial complex.
Starting from a small-scale local olive mill, we
have created a virtuous supply chain. The oil
mill has remained the mainstay of the
company, and around it we have created 20
glass, PET and tin packaging lines; a storage
warehouse where the oil is preserved in the
most suitable conditions until the time comes
for it to be packaged; a filtering department; an
ultra-modern refining plant; and a department
for producing packing material. We produce
PET bottles, starting from the polymer granules,
and polyethylene bottle caps in an innovative
one-touch format; we print the labels at the
company’s printing centre and produce the
sleeve labels in shrink-wrap PET as well as the
cardboard boxes for packing the bottles. We
also produce energy to meet the company’s
requirements, reducing reliance on the external
electricity supply as much as possible.”
How did the CRIOL centre for research in
the olive oil industry come into being and
what are its specializations?
“The idea of a research centre dedicated to
developing innovation in the olive oil industry
dates back to 2001 and is the result of a
collaboration with the Department of Food
Science at the Federico II University in Naples.
CRIOL was founded in 2004 with the objective
of bringing together and concentrating
different skills in the sector of applied research
in the olive oil industry within a flexible,
modern structure, training young researchers
and developing research projects that could
then take concrete form as real innovations in
the processes and products of the olive oil
industry. In 2010 CRIOL was included in the
register of laboratories recognized by the
Ministry for Universities and Research.”
And now we come to the environment and
waste disposal. Your company has been
innovative in this field, too, with the ReWaste project, for example...
“The Re-Waste project is part of an extensive
line of research on making use of by-products
of the production processes. The objective is to
convert products that would otherwise be
disposed of as waste into resources, bringing
consequent advantages for the environment
and economically. As part of the Re-Waste
project, which was set up in 2009 by an
international partnership which we
coordinate, and co-financed by the European
Commission, a demonstration plant has been
constructed to make use of the vegetable waste
water from olive oil production. In practice,
starting with waste that is extremely difficult to
dispose of, we recover purified water, biogas
and an extract rich in biologically active
molecules, which can be used in the cosmetics
or food sectors. At the end of the project, in
2012, we hope to be able to move on from a
pilot demonstration application to the next
phase: industrial development.”
9
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Dove va l’Economia - MONDO
La rivoluzione
Modernizzazione
e crescita economica
sono i segni
di un nuovo trend
di sviluppo del Marocco.
Ed è qui che l’Italia
intende raddoppiare
l’export e aumentare
gli investimenti.
Il Mausoleo di Mohammed V a Rabat.
C
on l’esplosione della primavera
araba anche il regno del Marocco attraversa una fase di forte movimento politico e sociale che vede
una marcata modernizzazione del
Paese. Il re Mohammed VI ha operato,
dalla sua ascesa al trono, riforme
profonde e incisive indirizzate a un
sistema infrastrutturale di tutto rispetto e con l’acquisizione di professionalità e competenze di primissimo ordine da parte di una
consistente fascia di quadri e dirigenti di ogni settore. Le riforme economiche incoraggiate dal giovane sovrano negli anni più recenti si sono
indirizzate verso una crescente liberalizzazione dei diversi settori economici e verso una accentuata internazionalizzazione del regno a livello
economico e commerciale. Ne sono
un esempio concreto il partenariato
privilegiato con l’Unione europea e
il progetto di Unione per il Mediterraneo. A questi elementi si sono aggiunti quelli più recenti: i primi risalgono al giugno scorso quando il
10
di Pietro Romano
Giornalista de Il Mondo
re ha presentato al popolo la Costituzione, spinto dalle pressioni del
Movimento del 20 febbraio che, seppur meno forte degli altri movimenti
della primavera araba, ha spinto i
vertici del Paese all’approvazione
della riforma costituzionale, che porterà l’architettura politica del Marocco verso una monarchia costituzionale. La risposta del popolo alla
proposta di Maometto VI è arrivata a
luglio con l’approvazione del referendum che ne limita per la prima volta
i poteri e apre le strade alla nuova
Costituzione. E questo fino alla fine
dello scorso novembre quando alle
elezioni politiche ha vinto il partito
islamico moderato Giustizia e Sviluppo (Pjd).
In questo grande subbuglio politico,
vissuto comunque senza gli episodi
estremisti e radicali che hanno
coinvolto gran parte del Maghreb,
il Marocco mantiene un sistema legale molto vicino alla comunità imprenditoriale, dà incentivi per gli
investimenti internazionali, a infra-
strutture avanzate e una forza lavoro qualificata e competente.
La crisi finanziaria internazionale
non sembra frenare la crescita del
Marocco. Nel secondo trimestre del
2011 il prodotto interno lordo ha registrato una crescita del 4,2%, superiore anche a quella ottenuta nello
stesso periodo del 2010 e pari al 3,6%.
Tra i settori che hanno fatto da traino
all’economia del Paese c’è stata sicuramente l’agricoltura, che ha fatto
segnare un +4,7% rispetto al -3,7 di
un anno fa, i trasporti (+4,3%), le Poste e telecomunicazioni (+10,5%), le
attività finanziarie (+4,5%), e quelle
sociali e sanitarie (+4,9).
Il dato, comunque, non sorprende
perché si inserisce in un percorso
di crescita che il Marocco ha avviato
già dagli anni precedenti. Nel 2009
infatti, crisi o non crisi, la crescita
del PIL marocchino si è situata tra il
5,5 e il 6% e nel 2008 è stata del 5,6%.
In proporzione è cresciuto anche il
reddito pro capite, passato da 1.482
a 2.748 dollari americani tra il 2003
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Dove va l’Economia - MONDO
di Rabat
e il 2008. Nel frattempo, la disoccupazione è calata dall’11,9 al 9,6%; la
bilancia commerciale da un deficit
del 3,3% sul PIL a un attivo dello
0,4%; i conti pubblici da un surplus
del 3,2 a un attivo del 5,2% sul PIL.
Numeri eccellenti, considerato che
il Paese non dispone di risorse pe-
Il Marocco in breve
Generalità:
Politica:
Superficie:
Popolazione:
Economia:
Varie:
Lingua ufficiale:
Capitale:
Forma di Governo:
Capo di Stato:
Capo di Governo:
Indipendenza:
Ingresso nell'ONU:
Totale:
% delle acque:
Totale (2008):
Densità:
Valuta:
PIL (PPA):
PIL pro capite (PPA):
Inno nazionale:
arabo
Rabat (1.717.000 ab)
Monarchia costituzionale
Mohammed VI
Abbas El Fassi
dalla Francia il 2 marzo 1956
12 novembre 1956
446.550 km²
0,25 %
33.757.750 ab.
70 ab./km²
Dirham
145.419 milioni di $
4.754 $ (2010)
Hymne Cherifien
trolifere, che hanno strappato anche
il giudizio positivo del Fondo monetario internazionale. Ma Rabat
non è intenzionata a rallentare questo trend di sviluppo. Sulla strada
dello sviluppo, il Paese ha già previsto
nella Finanziaria 2010 un forte impegno per mobilizzare i capitali ingenti nel bilancio statale e così rilanciare il settore industriale: complessivamente, sono stati destinati
5,6 miliardi di euro per favorire l’attrattività degli investimenti in entrata
nei settori dell’offshoring, dell’automotive, dell’aeronautica e dell’energia, ai quali si sono affiancati
quelli più tradizionali dell’agroalimentare, del tessile e del pellame.
Per tutte queste ragioni il Marocco
è stato nel primo semestre del 2011
l’unico Paese arabo a registrare un
aumento significativo degli investimenti diretti esteri. Alla fine di giugno erano 60 i progetti di IDE annunciati nel Paese, contro i 40
dell’anno precedente per un ammontare di circa 500 milioni di
11
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Dove va l’Economia - MONDO
euro, dato importante ma ancora al
di sotto dei livelli pre-crisi.
Ma quali sono i punti di forza dell’economia marocchina? E quali i
traguardi economico-sociali che Rabat si prefigge? Il comparto agroalimentare è sicuramente il settore
trainante del Paese: rappresenta
circa il 30% del PIL e accanto a iniziative locali conta grandi gruppi
come Coca Cola, Danone, Kraft, Nestlé. Lo seguono i comparti del tessile e dei pellami, che valgono intorno al 22% del PIL. Il 6% del PIL è
appannaggio dell’edilizia, dove trovano lavoro 800mila addetti. Il turismo è diventato una delle principali fonti di introiti pregiati: in sei
anni l’afflusso di turisti stranieri è
cresciuto del 70%. In forte crescita
è il settore minerario, che contribuisce per un quinto delle esportazioni marocchine. Il settore dà lavoro a 650mila persone ed è
dominato dai fosfati: si ritiene che
12
il Marocco ne possegga il 75% delle
ricchezze mondiali. L’estrazione di
fosfati ha anche creato un importante polo industriale chimico, in
particolare per la produzione di fertilizzanti. Ma i fosfati non rappresentano l’unica ricchezza mineraria
del Marocco, che possiede anche
importanti giacimenti di rame, cobalto, manganese, zinco, oro, argento, titanio, uranio, non del tutto
sfruttati a sufficienza. A tale proposito il ministero delle Miniere e
dell’Energia sta stimolando opportune iniziative internazionali. Nel
frattempo, in Marocco, nonostante
sia ancora forte la presenza pubblica nell’economia, si sta sviluppando un’importante imprenditoria privata locale, di cui il maggiore
rappresentante è Ynna Holding, con
un fatturato superiore al miliardo
di dollari e 18mila dipendenti che
spaziano dall’immobiliare alle telecomunicazioni, dalla petrolchi-
mica alla siderurgia. Tra le prime
cento società del Nord Africa e Medio Oriente censite dal mensile “The
Middle East”, il più autorevole dell’area, figurano inoltre Itilassat (telecomunicazioni e nuove tecnologie), Attijariwafa (banca), BMCE
(banca), Cgi (immobiliare), Douja
Prom (conglomerata), Lafarge (costruzioni), Ona (conglomerata), Sni
(servizi finanziari), BCP (servizi finanziari), Ciments de Maroc (costruzioni). Le piccole e medie imprese continuano a rappresentare,
però, il 95% del tessuto economico
marocchino e contribuiscono per
un terzo al valore globale delle
esportazioni.
Nell’agenda del Governo di Rabat,
che riassume le ambizioni di un
Paese già notevolmente cambiato
negli ultimi anni, sono ora la costruzione di un grande porto all’ingresso
del Mediterraneo, a Tangeri, capace
di movimentare annualmente otto
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
milioni di container. C’è la costruzione del nuovo stabilimento della
Renault, in grado di sfornare 400mila
autovetture all’anno, a Tanger Med,
destinata a diventare un’automotive
city. È prevista la realizzazione di un
sistema universitario per laureare
fino a 10mila ingegneri l’anno, da
impiegare principalmente nel polo
aeronautico di Nouacer, dove già si
produce componentistica sofisticata
per Airbus, Boeing, Snecma. C’è lo
sviluppo dei servizi tecnologici per
le aziende, in sostanza l’offshoring,
nelle due tecnopoli di Casablanca e
Rabat e la ferrovia ad alta velocità
per collegare Casablanca e Madrid
in sei ore. Fondamentale poi è la politica energetica. In Marocco è già in
fase di avanzata realizzazione un
programma del valore di nove miliardi di dollari per produrre 2mila
MW di energia solare entro il 2020.
Questo deriva dalla necessità di ridurre la dipendenza energetica dal-
Dove va l’Economia - MONDO
l’importazione di petrolio e gas, che
assicurano il 97% della generazione
elettrica del Paese. Il Marocco, inoltre,
è uno dei Paesi (proprio per le sue
positive caratteristiche politiche, sociali ed economiche) sul quale i grandi gruppi dell’elettricità europea puntano per realizzare il mega-piano
definito “Desertec concept” per generare energia solare nel Sahara da
trasportare in Europa.
In questi progetti c’è posto anche per
l’Italia. Il nostro Paese nel 2010 si è
confermato tra i principali fornitori
e le esportazioni italiane in Marocco
alla fine dell’anno hanno raggiunto
gli 1,4 miliardi di euro, rispetto agli
1,3 del 2009. I macchinari e le apparecchiature industriali di ogni tipo
sono le principali merci esportate
dall’Italia; i prodotti della pesca,
dell’agroalimentare e del tessile
sono in testa alla lista delle importazioni. Gli eccellenti rapporti bilaterali tra i due Paesi si nutrono di an-
tichi legami di amicizia. L’Italia viene
percepita come naturale alfiere delle
istanze marocchine nei fori internazionali, al pari di Francia e Spagna,
ma, a differenza di questi due Stati,
non è appesantita da retaggi storici
di natura coloniale nel Paese. Inoltre,
la cooperazione è molto attiva in settori vitali come la sanità e la lotta
alla povertà in generale. Nei rapporti
bilaterali ha fatto importanti passi
in avanti anche la questione dell’immigrazione. In entrambi i Paesi si è
avvertita l’esigenza di affrontare in
maniera organica il fenomeno: dalla
possibile gestione congiunta dei
flussi alla collaborazione nella lotta
all’immigrazione clandestina; dalla
elaborazione di progetti per incentivare l’utilizzo per fini produttivi
delle rimesse finanziarie inviate in
Marocco dagli emigrati in Italia alla
operazione nelle attività per contrastare la penetrazione della criminalità e del fondamentalismo tra gli
Una veduta del Palazzo Reale a Rabat.
13
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Dove va l’Economia - MONDO
INTERSCAMBIO COMMERCIALE DELL’ITALIA COL MAROCCO PER SETTORI
Valori in migliaia di euro
Periodo di riferimento: gennaio - luglio 2010 / gennaio - luglio 2011
ESPORTAZIONI
2010
2011
Var %
Prodotti dell'agricoltura, pesca e silvicoltura
2.356
10.078
Prodotti delle miniere e delle cave
1.534
2.638
Prodotti alimentari
13.611
11.493
Bevande
392
482
Tabacco
Prodotti tessili
82.794
95.755
Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia)
14.038
13.376
Articoli in pelle (escluso abbigliamento) e simili
15.809
13.731
Legno e prodotti in legno e sughero (esclusi i mobili);
articoli in paglia e materiali da intreccio
4.595
5.115
Carta e prodotti di carta
13.681
15.559
Prodotti della stampa e della riproduzione di supporti registrati
505
97
Coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio
101.915
63.292
Prodotti chimici
56.797
67.902
Prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici
3.890
4.465
Articoli in gomma e materie plastiche
37.832
38.219
Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
31.788
36.406
Prodotti della metallurgia
30.863
40.881
Prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature
37.709
44.423
Computer e prodotti di elettronica e ottica;
apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi
39.490
31.939
Apparecchiature elettriche e apparecchiature
per uso domestico non elettriche
60.658
88.623
Macchinari e apparecchiature nca
234.590 202.301
Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi
32.828
36.673
Altri mezzi di trasporto
32.894
23.346
Mobili
20.538
25.079
Prodotti delle altre industrie manifatturiere
14.338
16.520
Energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata
Altri prodotti e attività
4.118
4.720
TOTALE
889.561 893.114
Fonte: elaborazioni ICE su dati ISTAT
IMPORTAZIONI
2010
2011
Var %
327,8
72,0
-15,6
23,1
15,7
-4,7
-13,1
9.133
19.410
78.319
870
71.668
13.202
10.639
18.629
95.315
1.123
71.667
27.044
16,5
-4,0
21,7
29,1
0,0
104,8
11,3
13,7
-80,8
-37,9
19,6
14,8
1,0
14,5
32,5
17,8
5.643
3.247
16
21.444
2.013
1.221
1.197
357
3.032
3.738
7
11.838
31.381
26
1.783
880
9.206
858
-46,3
15,1
-59,0
46,3
-11,4
-27,9
668,9
140,1
-19,1
398
432
8,5
46,1
24.567
39.177
-13,8
1.609
1.488
11,7
37.717
52.427
-29,0
3
99
22,1
152
120
15,2
1.360
1.246
14,6
4.005
6.610
0,4 297.552 388.766
59,5
-7,5
39,0
+++
-21,4
-8,3
65,0
30,7
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
emigrati in Italia. Il governo di Rabat
da parte sua si prodiga per mantenere vivo nella comunità residente
in Italia il legame con la madrepatria.
Nonostante l’Italia risulti solo all’undicesimo posto per quantità di investimenti diretti in Marocco, l’assenza
di particolari rischi macroeconomici,
la progressiva apertura del mercato
marocchino alla concorrenza (anche
attraverso un programma di privatizzazioni) e il basso costo della manodopera locale, peraltro mediamente qualificata, hanno facilitato
la presenza di circa 300 imprese italiane e soprattutto l’interesse crescente di molte altre.
Abstract
The Rabat
Revolution
by Pietro Romano
Journalist for Il Mondo
F
ollowing the outbreak of the Arab Spring,
the Kingdom of Morocco is experiencing a
phase of strong political and social movement
which includes a process of marked
modernization. Since accessing the throne,
King Mohammed VI has undertaken radical
and incisive reforms for a remarkable system
of infrastructures and the acquisition of
executives and managers in all sectors of
leading professional skills and competences.
The economic reforms promoted by the young
sovereign in recent years are geared towards
the increased liberalization of several
economic sectors and the internationalization
of the Kingdom on an economic and
commercial level. Concrete proof of this may
be found in the privileged partnership the
country has established with the European
Union, as well as in the Union for the
Dove va l’Economia - MONDO
Mediterranean project. To these developments
we should add more recent ones: the first date
back to last June, when the King presented the
new Constitution to the people. The latter’s
response to Mohammed VI’s proposal arrived
in July with the approval of a referendum for
the first time limiting the King’s powers and
thus paving the way for the new Constitution.
These were the developments that occurred
up until last November, when the political
elections were won by the moderate Islamic
Justice and Development Party (PJD). The
international financial crisis would not
appear to be curbing Morocco’s growth. In the
second quarter of 2011 its GDP witnessed a
4.2% growth, higher than that it had
registered for the same period in 2010,
namely 3.6%. Among the leading economic
sectors of the country are agriculture, which
has risen to +4.7%, against the -3.7 of the
previous year, transport (+4.3%), postal and
telecommunications services (+10.5%),
finance (+4.5%), and the social and health
sector (+4.9). These are hardly surprising
figures, since they reflect the growth plan
Morocco first embarked upon years ago.
Regardless of the crisis, already in 2009 the
country’s GDP was growing between 5.5 and
6%; in 2008, by 5.6%. Rabat, however, has no
intention of slowing down this growth trend.
On the road to development, with its 2010
Budget Law the country has made a strong
commitment to mobilize its considerable state
assets in order to kick-start the industrial
sector. For all these reasons, in the first
semester of 2001 Morocco has been the only
Arab country to register a significant rise in
direct foreign investments. By late June, the
launching of 60 FDI projects had been
announced in the country, against the 40 of
the previous year, for a total of around 500
million Euros – a considerable sum, albeit one
still below pre-crisis levels. But what are the
strong points of the Moroccan economy? And
what economic and social goals has Rabat set
itself? The food and agricultural industry is no
doubt the leading sector in the country: it
accounts for around 30% of the GDP, and
includes not just local businesses but also
large groups such as Coca Cola, Danone, Kraft
and Nestlé. This sector is followed by that of
textiles and leather, which makes up about
22% of the GDP. Six per cent of the GDP comes
from the building industry, which gives work
to 800,000 people. Tourism has become one of
the leading sources of valuable income: in six
years the influx of foreign tourists has risen by
70%. Mining too has registered a marked
growth and now accounts for one fifth of
Moroccan exports. The sector gives work to
650,000 people and revolves around
phosphates: Morocco is thought to possess
75% of the world’s revenue from their
extraction. At the same time, although public
control over the economy is still strong,
Morocco is developing a considerable number
of local private businesses, the leading
representative being Ynna Holding, with an
annual turnover of over one billion dollars
and 18,000 employees in sectors ranging from
real estate and telecommunications to the
petrochemical and steel industry. The agenda
of the government in Rabat, which sums up
the ambitions of a country that has already
changed considerably over recent years, now
includes the building of a large harbour on
the Mediterranean at Tangier capable of
shifting over eight million containers a year;
the construction of a new Renault plant
capable of producing 400,000 cars a year at
Tanger Med, which is destined to become an
automotive city; the establishment of a
university system from which up to 10,000
students a year could graduate in
engineering, in order to then be employed at
the Nouaceur Aeronautics Centre, where
sophisticated Airbus, Boeing and Snecma
components are already being manufactured;
the furnishing of technological services for
companies, i.e. off-shoring to the two
technopolises of Casablanca and Rabat; and
finally a high-speed railway line connecting
Casablanca and Madrid in just six hours.
What is also crucial is the new energy policy.
Morocco has already reached an advanced
stage in the implementation of a nine-billion
dollar plan for the production of 2,000 MW of
solar energy by 2020. Morocco, moreover,
(precisely on account of its positive political,
social and economic features) is one of the
countries which large European electrics
groups are relying on for their mega-project
known as “Desertec concept”, which consists
in the production of solar energy in the
Sahara to be conveyed to Europe. In all these
projects there is also room for Italy. In 2010
the country once again showed itself to be one
of the leading suppliers for Morocco: by the
end of the year, Italian exports to this country
had reached 1.4 billion Euros, against the 1.3
billion of 2009. Industrial machinery and
devices of all sorts are the main goods
exported by Italy; fish, food products and
textiles are top of the imports list. The
excellent bilateral relations between the two
countries are based on long-running ties of
friendship. Italy is perceived as a natural
champion of Morocco in international arenas,
much like France and Spain – the difference
being that unlike these two states Italy does
not carry the burden of a the country’s
colonial past. What is more, this cooperation
is particularly lively in vital sectors such as
health and the fight against poverty. In the
context of these bilateral relations, forward
strides have also been made with regard to
the issue of immigration. Despite the fact that
Italy only comes in eleventh place in terms of
the amount of direct investment made in
Morocco, the lack of particular
macroeconomic risks, the progressive
opening up of the Moroccan market to
competition (not least through a
privatization plan) and the low cost of local
labour – which for the most part actually
consists of specialized labour – have all
contributed to the presence in the country of
around 300 Italian companies and especially
to the growing interest shown by many other
Italian enterprises.
15
Dove va l’Economia - ITALIA
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Il miracolo veneto
Il distretto vitivinicolo del Veneto,
in forte crescita, tira tutta la filiera nazionale,
grazie alla profonda tradizione
produttiva e a coraggiose
scelte vincenti.
di Luciano Pignataro
Giornalista de Il Mattino
risi del mercato del vino? Sicuramente non è un problema che riguarda il Veneto che, anzi, grazie all’incredibile boom degli ultimi dieci
anni, riesce a tirare tutta la filiera nazionale, in affanno soprattutto nell’area nord americana. Questo miracolo veneto non nasce a caso: c’è
una profonda tradizione produttiva
e commerciale a sostenere scelte che
si sono rivelate vincenti, ma anche la
propensione organizzativa a lavorare su veri e propri distretti territoriali.
Prosecco, Pinot Grigio e Amarone
sono il tridente di questa squadra ricca di Doc, capace di creare delle vere
e proprie wine commodity. E, alle
spalle, nuove storie di successo, come
quella del Bardolino: «Quando sono
stato nominato direttore del Consorzio – dice Angelo Peretti – non sembrava esserci speranza per questo
vino, invece la svolta verso i vinini, ossia bicchieri facili e bevibili, ci ha aiutato a passare da 6 a 12 milioni di bottiglie in solo quattro anni».
Insomma, le tendenze sono chiare:
l’industria vinicola regionale funziona alla grande, va bene sia in valore assoluto che decisamente meglio del resto del Paese, le superfici vitate non
calano, la produzione è alta e stabile
in volume. Il Veneto si sta orientando
sempre più verso i vini bianchi e verso i vini a Denominazione di origine
C
16
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Dove va l’Economia - ITALIA
Ne risulta un quadro con una resa per
ettaro in ulteriore crescita a 159 quintali per ettaro, un livello molto elevato anche rispetto alla media italiana
2010 di 98. A Verona si arriva addirittura a 182 quintali a livello provinciale:
un dato che la dice lunga sul bisogno
di uva sul mercato dei vinificatori.
Le tendenze chiave sono ben analizzate da Marco Baccaglio nel suo bel
blog I Numeri del Vino che abbiamo
usato come riferimento grazie al suo
costante aggiornamento: «La prima:
ci sono sempre più vini Doc, una
svolta probabilmente legata al passaggio a Doc del Prosecco che ha fatto balzare la categoria da 2,3 milioni
di ettolitri a 3.3. Oggi i vini Doc sono
il 40% del totale contro il 35% del 2009
e il 30% storico. Calano in corrispon-
Produzione di vini Doc nel Veneto - 2005/2009
Suddivisione produzione vini Doc
(hl/1000)
(percentuali)
Prosecco
Conegliano Valdobbiadene
Bardolino
Soave
Valpolicella
Altri
3,030
2,503
2,506
2,286
872
778
839
778
2,367
364
230
263
234
413
410
401
426
356
406
429
432
566
585
574
514
249
383
8%
15%
443
12%
836
-
-
-
-
-
2005
2006
2007
2008
2009
Fonte: Blog “I numeri del vino” di Marco Baccaglio
controllata (Doc) grazie anche alla
nuova Doc Prosecco. Questo fenomeno avviene, non a discapito dei vini
da tavola, ma soprattutto erode l’area
di centro, quella delle Indicazioni
geografiche tipiche (Igt) che in altre
regioni appaiono invece salvifiche.
La qualità dei dati sembra buona sia
come dichiarazione dell’Istat sia come
consistenza storica dei numeri. «Ormai – dice Gianni Zonin – il Veneto è
la prima regione in Italia, a differenza degli altri non perdiamo superfice,
il Prosecco con i suoi 300 milioni di
bottiglie è la prima Doc europea».
28%
235
761
778
732
778
23%
712
778
14%
Fonte: Blog “I numeri del vino” di Marco Baccaglio
In effetti le superfici vitate stabili sono
poco sopra i 70mila ettari, senza tendenze nette in nessuna sottozona.
Quella maggiore è a Treviso con 25.700
ettari, seguita da Verona con 23.400.
La produzione di vino raggiunge il
massimo degli ultimi 5 anni a 8.4 milioni di ettolitri, +2.2% verso il 2009
e +3.8% annuo negli ultimi 5 anni.
L’unica provincia in calo è Venezia,
mentre le due province più importanti, Verona con 3.2 milioni di ettolitri e Treviso con 3 milioni sono entrambe in crescita del 3.7% sul 2009
e del 5-8% su una media a 5 anni.
denza i vini Igt a 3,6 milioni, cioè il
42% della produzione totale.
Erano il 45% nel 2009 e addirittura il
60% della produzione totale nel 200508». La seconda tendenza caratterizzante è l’imponente spinta verso i
vini bianchi che costituiscono il 66%
della produzione totale contro il 63%
del 2009 e il 50-55% degli anni scorsi.
I vini rossi sono oggi poco più del 30%.
Del resto, in realtà, i vini rossi stanno
anche calando in valore assoluto,
sono oggi 2.6 milioni contro i 2.9 milioni del 2009, ben lontani dai picchi
di 3,7 milioni del biennio 2007-08.
17
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Dove va l’Economia - ITALIA
Dati ISTAT sul VENETO
2006
2007
2008
2009
2010
10/09
10/06
Prod (hl/000)
Verona
Treviso
Vicenza
Venezia
Altre
7,208
2,365
2,470
1,092
629
652
7,799
2,664
2,760
1,057
647
671
8,119
3,041
2,840
991
644
603
8,174
3,082
2,886
1,010
631
565
8,351
3,195
2,993
1,030
558
575
2.2%
3.7%
3.7%
2.0%
-11.6%
1.9%
3.8%
7.8%
4.9%
-1.4%
-3.0%
-3.1%
69,141
23,210
24,792
7,766
6,974
6,399
69,589
23,494
24,590
7,879
6,992
6,634
69,660
23,661
24,710
7,870
6,912
6,507
70,807
23,374
26,333
7,766
6,740
6,594
70,219
23,372
25,683
7,766
6,715
6,683
-0.8%
0.0%
-2.5%
0.0%
-0.4%
1.3%
0.4%
0.2%
0.9%
0.0%
-0.9%
1.1%
Resa (q/ha)
Verona
Treviso
150
156
143
150
153
149
156
171
153
156
178
151
159
182
157
1.5%
2.1%
4.1%
1.5%
4.0%
2.3%
DOC/DOCG
IGT
Vdt
Bianco
Rosso/Rosato
Mosto
2,175
4,205
544
3,975
2,951
168
2,281
4,268
544
3,685
3,408
114
2,329
4,541
809
3,965
3,714
119
2,320
4,846
785
4,321
3,630
167
3,354
3,559
1,245
5,515
2,643
193
44.5%
-26.6%
58.7%
27.6%
-27.2%
11.4%
-4.1%
23.0%
8.5%
-2.7%
Valore ai prezzi di origine (EUR/mil)
360.8
Viticoltura
229.5
Produzione vino
3,188
Viticoltura (Italia)
1,779
Produzione vino (Italia)
438.7
259.3
3,070
1,671
491.5
315.5
3,374
1,973
480.4
324.4
2,977
1,875
459.5
327.6
3,033
1,803
-4.4%
1.0%
1.9%
-3.8%
6.2%
9.3%
-1.2%
0.3%
Ettari (ha)
Verona
Treviso
Vicenza
Venezia
Altre
Fonte: Blog “I numeri del vino” di Marco Baccaglio
Questa tendenza spiega anche alcuni
momenti di difficoltà di regioni tradizionalmente rossiste. «Il successo veneto – spiega Zonin – è nella capacità
della regione di proporre vini bevibili,
affidabili e riconoscibili ad un prezzo
sempre interessante per il consumatore». In questo quadro le tendenze di
medio termine sono eccellenti. Il Veneto
produce un valore della produzione viticola di 460 milioni nel 2010, con un
calo del 4% rispetto al dato finale 2009,
ma mantenendo una tendenza alla
crescita sugli ultimi 5 anni. Di certo però,
si tratta del secondo calo dopo quello
del 2009. Il valore della produzione di
vino invece sale dell’1% a 327 milioni e
mostra una tendenza costante di crescita (+9% annuo sui 5 anni). Il modello
Veneto sembra vincente: nel 2006 era
il 13% del valore della produzione di
vino in Italia oggi è il 18%. Il valore
della produzione della viticoltura è
passato dall’11% al 15% del totale.
18
La novità dell’anno è la Doc Prosecco
grazie alla quale i volumi Doc salgono a 3 milioni di ettolitri (secondo Federdoc), un dato molto vicino a quello dichiarato da ISTAT di 2,9 milioni.
Insieme al balzo del 28% della produzione Doc salgono anche le superfici vitate (+26% a 34.466 ettari), da cui
una resa per ettaro molto elevata di
129 quintali (stabile da ormai 3 anni
a questa parte). Il Veneto si conferma
una regione con un numero elevato di
Doc ma una grande concentrazione,
soprattutto ora che il Prosecco ha il
suo “collocamento” regionale. Le prime 5 Doc rappresentano il 77% della
produzione Doc 2009.
I grandi nomi sono quelli dei vini
bianchi. Oltre al Prosecco, la seconda
Doc regionale è il Soave con 443mila
ettolitri (-14% rispetto al 2008 e in tendenza chiaramente discendente da
quando tracciamo i dati per circa
un 6% annuo). La terza è di nuovo una
Doc bianca, Conegliano Valdobbia-
dene, con un calo del 4%, 413mila ettolitri per il 2009, ma un trend ancora crescente (+3.8% sui 4 anni).
A seguire poi le due Doc rosse, Bardolino e Valpolicella. Il Valpolicella cala
da 426mila a 364mila ettolitri. In
realtà, la riduzione di 62mila ettolitri
è totalmente spiegata dalla “costola”
dell’Amarone che con 57mila ettolitri
fa ora categoria a se stante. Il Bardolino viaggia sui 235mila ettolitri, praticamente stabile sul 2008 e all’interno
di una fascia 230-260mila ettolitri.
Quanto all’Amarone, la docg ha prodotto 142.758 quintali di uva da cui
sono stati prodotti 57.102 ettolitri di
vino. La resa di uva in vino è dunque
del 40% contro una media delle Doc
regionali del 68%. Il successo di questo vino è dovuto soprattutto al grande interesse dei mercati stranieri: piace la pienezza, la concentrazione, la
potenza e anche la tendenza dolce
fruttata che lo rende un bicchiere appagante e ricco.
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Dove va l’Economia - ITALIA
CANTINE ECCELLENTI
Nel Veneto dei grandi numeri quali sono
i produttori di tendenza, quelli su cui
sono accesi i fari della critica? La risposta
viene dalle designazioni delle chiocciole
di Slow Wine, la guida Slow Food che ha
una presenza ramificata in tutto il territorio nazionale ed è di gran lunga la più
importante: si va dal Bardolino di
Matilde Poggi de Le Fraghe a Cavaion
Veronese agli Amarone di Zeno Zignoli,
ossia della cantina Monte dei Ragni a Fumane, Antolini a Marano di Valpolicella, Corte
Sant’Alda a Mezzane di Sotto, Lorenzo Begali e Monte dall’Ora a San Pietro in Cariano.
Per il Valpolicella Classico spunta Villa Bellini, piccolo produttore, siamo sempre a San
Pietro in Cariano. Da seguire anche il lavoro a Gambellara di La Biancara, specializzata
in bianchi di alto profilo, Prà a Monteforte d’Alpone con il Soave e Fongaro a Roncà con
il suo Lessino Durello. Importante il Soave di Filippi Pieropan (forse il più noto della
new wave enologica). Sui Colli Euganei spiccano le aziende Ca’ Orologio a Baone,
Vigneto Due Santi a Bassano del Grappa. E nel Prosecco? L’attenzione è puntata su
Casa Coste Piane e Silvano Follador a Valdobbiadene, Sorelle Bronca a Vidor. Tutti produttori che coniugano la qualità nella bottiglia alla storia e, soprattutto, ad una grande
attenzione alla compatibilità ambientale in vigna e in cantina.
Tra le altre Doc, vale la pena di menzionare l’apparente perdita di interesse di Lison Pramaggiore, che è dichiarata ormai a soli 3mila ettolitri
e 41 ettari, quando fino al 2007
viaggiava sui 100mila ettolitri. Anche la storica Doc Piave è in calo con
una produzione scesa per la prima
volta sotto i 100mila ettolitri. Stesso trend per Colli Berici, dove la
produzione sarebbe scesa a 71mila
ettolitri. Tra quelle in crescita, Bianco di Custoza, supera i 110mila ettolitri per la prima volta, così come
Valdadige che ha ormai raggiunto i
75mila ettolitri.
«In questo momento il Veneto può
guardare con fiducia al futuro - dice
Angelo Peretti - lo dimostrano anche
i prezzi delle uve che contribuiscono
a rendere interessante il reddito
agricolo».
Un successo insomma, di cui forse l’espressione fisica più compiuta è la costante crescita del Vinitaly a Verona,
di gran lunga la fiera vitivinicola
più importante d’Europa.
Abstract
The Veneto
Miracle
by Luciano Pignataro
he crisis of the wine market? Certainly, this is
not a problem for the Veneto: thanks to the
amazing boom over the last ten years, the region
is managing to drive the entire national sector,
which is struggling, particularly in North
America. This miracle of the Veneto has not
simply sprung out of nowhere: behind it lies a
deep-rooted manufacturing and commercial
tradition which has supported not just what have
turned out to be winning choices, but also an
organizational propensity to work on the basis of
genuine territorial districts. Prosecco, Pinot
Grigio and Amarone are the three forward
players of a team boasting a number of DOC
(Controlled Designation of Origin) labels, and
capable of creating genuine ‘wine commodities’.
Behind it lie new success stories, such as that of
Bardolino. The trend is clear, then: the wine
industry of the region is doing superbly well, both
in absolute terms and compared to the rest of the
country. The Veneto is increasingly opting for
white and DOC wines, particularly thanks to the
new Prosecco DOC label. The areas under fixed
vine cultivation amount to a total of just over
T
70,000 hectares, without any overarching trends
in any sub-area. The main sub-area is the Treviso
one, with 25,700 hectares, followed by Verona
with 23,400. Wine production has reached its
peak for the last five years with 8.4 million
hectolitres, +2.2% around 2009 and +3.8% per
annum over the past five years. The only province
experiencing a downturn is Venice, whereas the
two most important provinces – Verona, with 3.2
million hectolitres, and Treviso, with 3 million
hectolitres – have both grown by 3.7% compared
to 2009 and by 5-8% compared to the five-year
average. The key trends have carefully been
examined by Marco Baccaglio on his blog I
Numeri del Vino, which we have chosen to refer
to on account of its frequent updating: “The first
trend: there are more and more DOC wines,
which currently account for 40% of the total,
compared to the 35% of 2009 and what used to
be the standard 30%.” The second distinctive
trend is the marked push for white wines, which
make up 66% of the total produce, against the
63% of 2009 and 50-55% of previous years. Red
wines now account for just over 30%. This trend
may also help explain the difficult moments
some traditional red-wine areas are undergoing.
In this framework, the medium-term trends
would appear to be excellent. The wineproducing sector in the Veneto has yielded a total
revenue of 460 million Euros in 2010, a 4% drop
compared to the final outcome of 2009 which
nonetheless does not affect the upward trend of
the past 5 years. The revenue for wine production
has instead risen by 1% to 327 million and is
marked by a consistent upward trend (+9% per
annum over 5 years). What is new this year is the
Prosecco DOC label, which has brought the
volume of DOC wines up to 3 million hectolitres
(according to Federdoc), a figure very close to the
2.9 million one provided by the ISTAT (Italian
National Institute of Statistics). The top names
are all white wines. Aside from Prosecco, the
second DOC wine of the region is Soave, with
443,000 hectolitres produced (-14% from 2008 –
a marked downward trend compared to the
figure of 6% per annum we have for the recorded
period). The third DOC wine is a white one again,
Conegliano Valdobbiadene, which has
experienced a 4% drop – 413,000 hectolitres in
2009 – while preserving an upward trend
(+3.8% over four years). We then find two red
DOC wines, Bardolino and Valpolicella. As for
Amarone, thanks to the DOCG (Controlled
Designation of Guaranteed Origin) label
14,275,800 kg of grapes have been grown for a
total of 57,102 hectolitres of wine. Amarone
chiefly owes its success to the great interest it has
elicited on foreign markets. What are much
appreciated are its full-bodied, concentrated and
powerful character, as well as its sweet and fruity
notes, which make it a satisfying and rich drink.
Among other DOC wines on the upswing we find
Bianco di Custoza, which has for the first time
crossed the 110,000 hectare mark, and
Valdadige, which has now reached 75,000
hectares. At present, the Veneto can confidently
look to the future. The most tangible expression
of its success is probably the constant growth of
Vinitaly in Verona, by far the most important
wine fair in Europe.
19
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Dentro le Aziende
n personale di 290 addetti, un
fatturato 2011 di 78 milioni di
euro e una produzione di cui il 70%
viene esportato in 64 Paesi. Sono
queste le cifre della Raccorderie Metalliche, azienda storica mantovana,
fondata nel 1970 per iniziativa del
suo presidente Pierluigi Ceccardi.
L’azienda, che sorge su di un’area di
71.000 mq nel comune di Marcarla
in provincia di Mantova, ha saputo
sviluppare nel tempo la sua esperienza nella lavorazione dell’acciaio
al carbonio e dell’acciaio inossidabile,
tanto da essere oggi una realtà leader
nella produzione di raccordi a saldare
e filettati in acciaio al carbonio e in
acciaio inossidabile, collari per tubi
e sistemi di fissaggio, tappi ed accessori per radiatori. Dal 2000 poi l’azienda ha sviluppato i sistemi di
raccordi a pressare i quali, grazie all’ottimo standard qualitativo, risultano omologati dai principali enti di
certificazione europea.
In una congiuntura economica che
penalizza quasi tutti i settori, la Raccorderie Metalliche, ha saputo rinnovarsi e ha ridisegnato le proprie
strategie, riuscendo a tenere così testa agli scossoni della crisi.
Conosciamo meglio questa realtà
imprenditoriale attraverso le parole
del suo Presidente.
U
Pierluigi Ceccardi, Presidente
di Raccorderie Metalliche.
20
La Raccorderie Metalliche, azienda storica mantovana,
specializzata nella lavorazione dell’acciaio e assicurata
Euler Hermes SIAC, ha saputo fronteggiare la crisi,
puntando su acquisizioni, formazione e nuove tecnologie.
Incontro con Pierluigi Ceccardi
Presidente di Raccorderie Metalliche
Quarant'anni
di acciaio
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Cavalier Ceccardi, l’azienda che lei ha
fondato nel 1970 e che dirige, ha compiuto l’anno scorso 40 anni di attività.
Quarant’anni in cui ha continuato a crescere e ad espandersi, sviluppando il suo
fatturato in oltre 64 Paesi nel mondo.
Come vive oggi i contraccolpi di una
crisi economica così vasta e pesante?
«La situazione della crisi attuale ci
Dentro le Aziende
preoccupa in maniera molto molto
forte. La stiamo vivendo però senza
isterie, ma con pragmatismo e abbiamo adottato al nostro interno
tutte le misure necessarie per fronteggiarla».
Alla luce della crisi economica in atto
le strategie di vendita vanno secondo
lei ripensate?
«Sicuramente quello che valeva fino
a qualche mese fa o non vale più o
vale molto meno. Abbiamo però ridisegnato le nostre strategie di vendita e il nostro rapporto con i
Clienti. Oggi al Cliente non vendiamo solo un prodotto ma una serie di servizi che vanno dai corsi per
i banconieri, per i venditori, alla
partecipazione alla nostra scuola
per il miglior utilizzo dei materiali e
dei raccordi. In buona sostanza andiamo a fare formazione».
La vostra decisione di assicurarvi al
credito da cosa è stata determinata e a
quando risale? Nella attuale congiuntura economico-finanziaria quanto è
importante la copertura assicurativa?
«Abbiamo deciso di assicurare il nostro credito nell’anno 1998. Lo abbiamo fatto per essere più protetti
in una fase di espansione. Oggi
siamo sempre in fase espansiva ma
sono mutate le condizioni economico-finanziarie quindi, a
maggior ragione,
siamo convinti
La sede di Raccorderie Metalliche
a Marcarle, in provincia di Mantova.
di aver fatto una scelta giusta per la
nostra azienda».
Come è nata la sua azienda? Ci può
raccontare brevemente gli inizi?
«La Raccorderie Metalliche è nata
nel 1970 e agli inizi producevamo
prodotti molto semplici senza tecnologie ma avevamo dato già da allora un’impostazione industriale.
Questi prodotti all’epoca erano fabbricati da piccoli artigiani locali che
erano distribuiti sulla provincia o al
massimo su un territorio poco più
grande».
Nella storia della Raccorderie Metalliche quali sono stati i momenti
chiave che hanno segnato una svolta
nella sua crescita?
«I momenti importanti nella storia
di Raccorderie Metalliche sono stati
le acquisizioni di altre aziende come
la Fim, Fabbrica Italiana Manicotti,
l’austriaca Parchtzel e la spagnola
Curvasa, ma soprattutto l’aver portato in Raccorderie Metalliche tecnologie nuove, almeno per noi, quali
lo stampaggio a freddo, la produzione di raccordi a pressare e quest’anno l’idroformatura. Sono queste innovazioni tecnologiche che
hanno modificato sostanzialmente
il corso dell’azienda».
Quali strategie avete utilizzato per
crescere in tutti questi anni e quali
pensate di mettere in campo per reagire alla crisi in atto?
«In questi anni abbiamo sempre cercato di mettere al centro della nostra attenzione il Cliente e quindi
tutti i servizi che ci permettevano di
avere un rapporto privilegiato con
lui. Oggi, in un momento di crisi, abbiamo intensificato i nostri servizi, la
qualità, l’innovazione di prodotto».
Verso quali Paesi esportate principalmente e in che percentuale?
«I Paesi dove principalmente esportiamo sono quelli dell’area europea. Da sempre consideriamo l’Eu21
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Dentro le Aziende
ropa il nostro mercato domestico».
Quali sono i valori a cui si ispira e a cui
non rinuncerebbe mai nel suo lavoro?
«I valori a cui mi ispiro sono l’onestà,
il rispetto delle persone, il dialogo
con la gente».
Quali sono i punti di forza che utilizza
per combattere la concorrenza?
«La concorrenza è uno sprone,
L’ACCIAIO NEL MONDO
Nel mondo si producono ogni anno oltre
1 miliardo di tonnellate di acciaio, ottenute sia dal ciclo integrale con l'affinazione della ghisa dell'altoforno che con
la fusione dei rottami ferrosi, e successivamente lavorate tramite diversi processi di produzione industriale, quali ad
esempio la laminazione, la forgiatura, il
trattamento termico e lo stampaggio.
L'importanza dell'acciaio è enorme, i
suoi usi sono innumerevoli, come anche
le varietà in cui esso viene prodotto:
senza la disponibilità di acciaio in quantità e a basso costo, la rivoluzione industriale non sarebbe stata possibile. Col
passare del tempo le tecniche di produzione dell'acciaio si sono andate perfezionando e settorializzando, per cui ai
nostri giorni esistono molteplici tipologie di acciai, ciascuna relativa a diverse
esigenze progettuali e di mercato.
TOP 10 PAESI
PRODUTTORI DI ACCIAIO
(milioni di tonnellate metriche)
2008
1. Cina
500.5
2. Giappone
118.7
3. Stati Uniti
91.4
4. Russia
68.5
5. India
55.2
6. Corea del Sud 53.6
7. Germania
45.8
8. Ucraina
37.1
9. Brasile
33.7
10. Italia
30.6
(2007)
(494.9)
(120.2)
(98.1)
(72.4)
(53.1)
(51.5)
(48.6)
(42.8)
(33.8)
(31.6)
Fonte: World Steel Association
senza la concorrenza gli imprenditori non sarebbero animati a migliorare continuamente la propria
azienda. Noi cerchiamo di offrire
il miglior prodotto e il miglior servizio a un prezzo di mercato ma
soprattutto ci proponiamo non
come semplici fornitori di un pro-
22
dotto ma come interlocutori credibili e quindi come partner».
Come vede il futuro del comparto dell’acciaio? La Cina continuerà ad essere il Paese leader?
«Il comparto dell’acciaio negli ultimi
mesi ha dato segni di stanchezza e
sono diminuiti i volumi e i prezzi. La
Cina poi credo che continuerà ad essere un grande Paese anche se, per
stessa ammissione dei suoi leaders,
sta affrontando un periodo di rallentamento con le prime contestazioni sindacali e con un aumento
dei costi di produzione».
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
2011 n
Crisi economica:
il double-dip
Report
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Report
L’ombra di una seconda
recessione
Una crisi che viene da lontano, un quadro mondiale preoccupante e le conseguenze di
una nuova caduta in recessione. Ecco un’analisi del panorama economico
internazionale e delle ripercussioni nel nostro Paese.
di Francesco De Dominicis
Il double-dip e i rischi per l’Italia
L’economia mondiale vacilla. Non ci
sono dubbi: i timidi segnali di ripresa si
sono drammaticamente affievoliti. Il
quadro internazionale lo tratteggia con
cruda efficacia la Banca d’Italia, in uno
degli ultimi documenti firmati da Mario Draghi prima di lasciare via Nazionale per andare a “installarsi” al ponte
di comando dell’Eurotower. Nelle prime
dieci righe del bollettino economico di
Bankitalia non si fanno giri di parole.
24
«Dall’estate sono bruscamente peggiorate le prospettive dell’economia globale». Le stime sono tutt’altro che rosee,
i mercati continuano a bruciare centinaia di miliardi praticamente ogni giorno, la disoccupazione sale. Di recessione vera e propria non si può ancora parlare, né in Europa né negli Stati Uniti. Gli
ultimi dati di Eurolandia, Germania in
testa, sono stati deludenti per gli analisti,
che adesso temono la famosa crisi a
“W”. Con il +0,2% del terzo trimestre,
l’Ue a 17 testimonia ancora una crescita,
seppure a ritmo rallentato, mentre negli Usa l’aumento del PIL è stato del 2,5%
a settembre dopo l’1,3% di giugno. Insomma il double-dip ovvero una nuova
caduta in recessione è ormai una realtà,
specie in Italia: da luglio a settembre l’economia è calata dello 0,2%, preludio di
un 2012 col segno meno fisso.
Il giudizio di Bankitalia, da poco affidata alle cure del nuovo governatore Ignazio Visco, è secco. «La revisione al ribasso
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
120 -
110 -
100 -
90 -
80 -
Stati Uniti
Giappone
Regno Unito
Euro zona
-
-
-
70 -
2007
2008
2009
2010
2011
Fonte: Thomson Reuters Datastream
Le previsioni per il 2012: caduta libera in Europa, Usa e Giappone
Previsioni di crescita del PIL nel 2012: revisioni effettuate nel corso del 2011 (dati mensili, valori percentuali)
3,5 3,0 2,5 2,0 1,5 Stati Uniti
Giappone
BRIC
Euro zona
1,0 -
-
-
-
-
-
-
-
-
-
0,5 -
-
L’Unione europea non sembra avere
dubbi. L’Eurozona rischia la recessione
e in Italia, invece, è già stagnazione: le
ultime previsioni economiche della
Commissione Ue hanno dipinto un
quadro a tinte fosche sia per Eurolandia,
che nel 2012 avrà una crescita limitatissima, sia per l’Italia, per la quale nel
2012 è già stato stimato un calo del PIL
con la recessione prevista da tutte le organizzazioni internazionali e locali e che
assai difficilmente raggiungerà il pareggio di bilancio nel 2013. Le stime di
Bruxelles sono infatti più basse di quelle del Governo, e secondo la Banca centrale europea potrebbero costringere l’Italia, Paese vulnerabile in questo momento, a manovre aggiuntive. Tant’è che
Bruxelles ha chiesto – se non imposto –
a Roma più impegno su pensioni, liberalizzazioni e tassazione del lavoro.
Le previsioni Ue stimano per l’Italia «un
nuovo rallentamento economico, tra
crescente incertezza», che porta il PIL
allo 0,1% nel 2011 e attorno al -0,5% nel
Produzione industriale nelle principali economie avanzate (dati mensili)
-
Un’altra recessione
I segnali dell’industria: la crescita economica mondiale negli ultimi 5 anni
-
delle prospettive di crescita dell’economia mondiale e l’estendersi delle tensioni finanziarie – sostengono gli analisti
di palazzo Koch – hanno fiaccato l’attività economica nell’area dell’euro». I problemi riguardano l’inflazione, il credito
bancario alle imprese, i debiti pubblici.
Anche gli ultimi dati dell’Ocse diffusi il
14 novembre parlano chiaro. Secondo
l’organizzazione con sede a Parigi, a
settembre il superindice è sceso a quota 100,4 punti in calo dello 0,4% rispetto ad agosto, ma soprattutto dell’1,3 % rispetto allo stesso mese del 2010. L’analisi mensile Ocse ha rivelato come tutte
le maggiori economie – sia fra i membri
Ocse sia nei Paesi emergenti – mostrino
più evidenti segni di rallentamento. Per
l’Italia, il valore aggregato e ponderato
di diversi indicatori economici ha mostrato un nuovo calo dell’1,0% mensile
a quota 97,5 punti, con un calo del 5,9%
su base annua, il più forte del G7.
Report
gen
feb
mar
apr
mag
giu
lug
ago
set
ott
Fonte: Bollettino economico Banca d’Italia
2012. Una crescita più bassa di quella
che prevede il governo (+0,6% nel
2012), che inciderà direttamente sul deficit e quindi impedirà di raggiungere
il pareggio nel 2013: il disavanzo previsto da Bruxelles per il 2013 è infatti a
-1,2, quando il Tesoro stima invece -0,1,
ovvero parità tra entrate e uscite. Obiettivo irrealistico, secondo la Ue, con
una crescita che tende allo zero e che
si riprende solo nel 2013 (+0,7%).
Lehman Brothers e il filotto delle
recessioni
La crisi non è nata ieri e viene da molto
lontano. Il primo scricchiolio è legato al-
l’esplosione della bolla immobiliare negli Usa. Siamo nell’agosto del 2007 e i cosiddetti mutui subprime (cioè quelli
concessi, a tassi da capogiro, anche a chi,
di fatto, non è in grado di onorare le rate)
mettono in ginocchio parecchie banche
americane. Tuttavia gli Stati Uniti sembravano in grado di rimettersi in carreggiata e di contenere dentro i loro confini gli effetti dei prestiti di serie B. La tempesta perfetta, in effetti, si sarebbe scatenata soltanto un anno dopo. La data
cruciale è il 15 settembre del 2008:
Lehman Brothers getta la spugna dopo oltre un secolo di attività. Un fallimento che
ha radicalmente cambiato il mondo
25
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Report
TABELLA 1 I governi italiani e lo spread
Btp-Bund nell’area euro
Gli Esecutivi succedutisi nell’era dell'euro, la data
conclusiva e il livello dello spread
Governo
Data fine
Spread
D’Alema I
D’Alema II
Amato II
Berlusconi II
Berlusconi III
Prodi II
Berlusconi IV
DIC 1999
APR 2000
GIU 2001
APR 2005
MAG 2006
MAG 2008
NOV 2011
23
34
36
13
29
47
458
Fonte: Ansa
TABELLA 2 L’andamento dei tassi
negli anni della crisi
Il costo del denaro deciso dalla Banca centrale europea
Data della decisione
NOVEMBRE
LUGLIO
APRILE
MAGGIO
APRILE
MARZO
GENNAIO
DICEMBRE
NOVEMBRE
OTTOBRE
LUGLIO
GIUGNO
MARZO
DICEMBRE
2011
2011
2011
2009
2009
2009
2009
2008
2008
2008
2008
2007
2007
2006
Tasso
di riferimento
1,25%
1,50%
1,25%
1,00%
1,25%
1,50%
2,00%
2,50%
3,25%
3,75%
4,25%
4,00%
3,75%
3,50%
Fonte: Elaborazioni autore su dati www.ecb.eu
della finanza e ha contribuito a far
sprofondare rapidamente l’economia
globale nella peggiore crisi dalla Grande depressione, con un impatto che a distanza di oltre 36 mesi ancora si avverte. Il crac Lehman ha messo in ginocchio
la finanza, dando vita a una stretta del
credito e una spirale al ribasso dell’economia, gettando anche i semi della crisi del debito che rischia di far scivolare
il mondo in una nuova recessione.
La crisi ha cambiato l’atteggiamento degli investitori, che – secondo il Fondo
monetario internazionale (Fmi) – sono
divenuti «più coscienti del rischio». «La
distruzione di liquidità durante la crisi e i timori sul debito sovrano hanno
reso gli investitori più consapevoli dei
rischi di liquidità e dell’importanza del
rischio di credito nei mercati dei bond».
Il fallimento della più piccola delle banche
d’affari statunitensi, il primo grande
nome a cadere con la crisi subprime, ha
ispirato nel corso degli anni diversi film,
fra i quali l’ultimo Too big to fail, in cui si
ricostruisce il fine settimana di febbrili trattative che si sono tradotte nella bancarotta
di Lehman, che ha scosso le fondamenta
della finanza mondiale, cambiandola.
Le banche americane continuano a
scontarne gli effetti, con le azioni legali per la vendita di prodotti derivati legati
ai subprime che condizionano i bilanci.
TABELLA 3 PIL e principali componenti
(quantità a prezzi concatenati; dati destagionalizzati e corretti per i giorni lavorativi;
variazioni percentuali sul periodo precedente)
2010
voci
PIL
Importazioni totali
Domanda nazionale (2)
Consumi nazionali
spesa delle famiglie
altre spese (3)
Investimenti fissi lordi
costruzioni
altri beni d’investimento
Variazioni delle scorte
e oggetti di valore (4)
Esportazioni totali
Fonte: Istat
26
2010
2011
3°trim.
4°trim.
(1)
1°trim.
2°trim.
0,3
4,3
0,7
0,2
0,4
-0,4
0,7
1,0
0,4
0,1
2,6
0,7
0,1
0,3
-0,4
-0,7
-1,3
-0,2
1,3
10,5
1,7
0,6
1,0
-0,6
2,5
-3,7
9,6
0,1
-0,1
-0,1
0,2
0,1
0,5
0,5
0,4
0,6
0,3
-2,3
-0,6
0,2
0,2
–
0,2
-1,6
2,0
0,4
2,9
0,7
0,4
0,7
9,1
-0,5
1,1
-0,8
0,9
E dall’alta finanza all’economia reale il
passo è stato breve. Uno dietro l’altro –
per il più classico dei filotti – sono caduti
in recessione tutti i big dell’Occidente. La
prima economia sotto controllo è sempre quella degli Stati Uniti. Gli Usa continuano a crescere in questi mesi, nonostante gli scivoloni di Wall Street e gli
spettri scatenati dalla perdita della tripla A da parte dell’agenzia di rating
Standard & Poors’s. Nel secondo trimestre del 2011 la crescita, tuttavia, è stata dell’1,3% e nel primo dello 0,4%. Troppo poco, per risollevare le sorti dopo la
recessione. La recessione risale alla
fine del 2008, ai tempi del fallimento
Lehman. Il terzo trimestre di quell’anno si è chiuso con -0,5%, seguito da -6,2%
e da un -5,5% nei primi tre mesi del 2009
e da un -1% in quelli successivi.
Dal futuro degli Usa dipende quello dell’Europa. Anche in Eurolandia (l’area
del Vecchio Continente che ha adottato
la moneta unica) il PIL ha registrato ancora segno più (+0,2% nel secondo trimestre, +0,8% nel primo). Un trend che
gli economisti ritengono non soddisfacente. Non solo. Spaventa anche il netto
rallentamento, evidente soprattutto in
Francia, dove la crescita è stata zero, e in
Germania (appena +0,1%). La recessione che ha colpito l’area per 15 mesi, tra
il secondo trimestre 2008 e il secondo
2009, sembra dunque dietro l’angolo. Eccoci, insomma, alle porte del double-dip.
L’ultima recessione è stata anche in
Italia tra il 2008 e il 2009. Dal secondo
trimestre del 2008 fino al secondo del
2009 il PIL ha sempre mostrato segno
meno, inanellando 5 trimestri consecutivi di arretramento. I cali più gravi risalgono al quarto trimestre del 2008
(-2%) e al primo del 2009 (-2,9%). Andando indietro negli anni, la precedente recessione tecnica risale al 20042005, seppure con flessioni di entità inferiore (-0,2% nell’ultimo trimestre 2004
e un -0,1% nel primo trimestre 2005).
Stesso andamento anche all’inizio del
2003 e poi a metà del 2001. Nel ‘92-‘93
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
la situazione peggiore, spesso richiamata nei parallelismi di questi ultimi
giorni: a cavallo dei due anni ci sono stati ben sei trimestri con il PIL in calo.
Anche la Cina – dopo una corsa che sembrava non dover mai finire – ha mostrato segnali di debolezza. Un esempio concreto è l’export. Il ritmo di crescita delle
esportazioni cinesi è fortemente diminuito in ottobre, sintomo che l’inflazione interna e la crisi dei mercati di Europa e Stati Uniti stanno facendo sentire i
loro effetti. Secondo i dati diffusi oggi dalle dogane, le esportazioni sono cresciute del 15,9% rispetto al mese precedente.
Le previsioni parlavano di una crescita del
16,5%. Allo stesso tempo, le importazioni cinesi sono aumentate del 28,7%, portando il surplus commerciale cinese a 17
miliardi di dollari, nettamente inferiore
a quello previsto di 24,9 miliardi.
Il secondo ciclo negativo e l’euro
che scricchiola
Pechino guarda all’Europa, maggior
compratore dei prodotti cinesi. Ad agitare le acque in Cina – e non solo – stanno contribuendo i recenti timori degli
osservatori internazionali. Convinti che
l’ondata di panico innescata da
Lehman possa ripetersi dopo tre anni in
versione europea, con le banche del Vecchio Continente in difficoltà ed esposte
alla crisi del debito. Nel mirino sono finiti gli istituti francesi, quelli esposti
maggiormente verso la Grecia, e l’impatto si è avvertito su tutte le piazze finanziarie, con i titoli bancari subito
sotto pressione. I colossi finanziari
americani sono corsi ai ripari per evitare
il ripetersi della crisi Lehman e hanno
limitato gli affari con le controparti
europee per non esporsi a nuovi rischi.
Di qui l’indebolimento dell’euro e i dubbi sulla tenuta dell’Unione europea. Con
Francia e Germania che pensano a una
prima fascia a due per la moneta unica.
Nella seconda categoria dovrebbe entrare
gioco-forza pure l’Italia. È una fase drammatica. Dentro i nostri confini l’atten-
Report
zione è rivolta da mesi sullo spreadtra btp
e bund, vale a dire il differenziale di
rendimento tra i titoli del Tesoro italiano
e i bond di Berlino. Si tratta dell’indice
che misura l’affidabilità del Paese, ma
anche la fiducia nei programmi e nella capacità di realizzarli da parte dei governi. Dalla nascita dell’euro lo spread
secondo gli operatori, la distanza fra lo
stato di salute (e quindi la solvibilità)
dell’economia italiana e quella tedesca,
considerata la più robusta nell’Ue.
Debolezze e punti di forza della
Penisola
Secondo Bankitalia, l’Italia ha risentito in misura «articolarmente accentuata dell’evoluzione dell’economia
globale e delle turbolenze sui mercati». Nonostante la sostanziale solidità
del sistema bancario, «il ridotto livello di indebitamento delle famiglie e
l’assenza di significativi squilibri sul
mercato immobiliare, il nostro Paese
è stato investito dalla crisi con particolare intensità per effetto dell’elevato livello del debito pubblico, della
forte dipendenza dell’attività economica dall’andamento del commercio
internazionale e delle deboli prospettive di crescita nel medio termine».
Per rimettere in carreggiata l’economia,
va fatta manutenzione alle finanze pubbliche. Uno dei nodi, come accennato, ruota proprio attorno ai titoli dello Stato. Gli
ultimi mesi hanno visto il differenziale allargarsi in maniera impressionante. L’Italia paga interessi sulle sue emissioni mai
visti da quando esiste l’euro. Solo nell’asta di btp a 5 anni di metà novembre, il Tesoro ha immesso sul mercato 3 miliardi
di euro di nuovi titoli al 6,29%. L’operazione era volta a rifinanziare una vecchia emissione che si era attestata al
2,81%. Così il costo degli interessi è passato da 421,5 a 293,5 milioni di euro.
Un macigno sui conti statali.
E il fatto che, dopo il record storico di luglio, il debito dello Stato sia tornato a
scendere per la prima volta in cinque
mesi, non ha fatto abbassare il livello di
guardia. Tant’è che il debito resta comunque in rialzo se paragonato a pochi
mesi fa: secondo i numeri forniti da
Bankitalia è cresciuto ad agosto del
3,08% rispetto a fine 2010, mentre rispetto all’anno precedente (agosto
2010), lo stock di debito è in aumento del
3,12%. Sta di fatto che il buco nelle casse pubbliche del Paese è sceso sotto la soglia dei 1.900 miliardi di euro, infranta
a giugno. Tutto questo anche grazie a un
lieve aumento delle entrate, con un
+2,4% nei primi otto mesi dell’anno.
La crisi politica con le divisioni nella maggioranza parlamentare ha fatto precipitare la situazione. Il presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano, ha affidato le sorti del Paese a Mario Monti. Sui
bilanci delle imprese continua a pesare
come un macigno il fardello del fisco. Il
prossimo anno – lo dice il Governo nell’aggiornamento al Documento di economia e finanza – la percentuale dei tributi supererà il 43% del prodotto interno lordo, quando, invece, era stato
promesso un ammorbidimento.
In questa fase, soprattutto nella Penisola,
si scontrano due tesi contrapposte.
Quella del partito delle tasse, che servirebbero per consentire allo Stato ad
aprire i cordoni della borsa e aumentare gli investimenti. Ciò con l’obiettivo di
rimettere l’economia su un sentiero di
crescita. Mentre i liberisti più convinti –
e in Italia ce ne sono sempre meno, soprattutto nell’arco parlamentare – scommettono su un drastico abbattimento
della pressione fiscale per dare slancio
all’economia. La ricetta per la ripresa starebbe tutta nella curva di Arthur Betz
Laffer: meno fisco e più gettito, sosteneva
il professore della University of Southern
California, consigliere della Casa Bianca durante la presidenza di Ronald
Reagan negli anni ‘80. Le strade imboccate dentro i nostri confini, però,
sembrano assai diverse. E più che una
vana speranza, la possibilità che il peso
dei tributi possa calare è un miraggio.
27
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Di Agenzia in Agenzia
La gestione del credito
a 360°
L’Agenzia di Parma, nata a febbraio 2011, opera
su di un vasto territorio caratterizzato
da diversi settori economici ed è molto impegnata
nella diffusione della cultura assicurativa del credito.
Incontro con Marco Gargiuoli, Agente Generale Agenzia di Parma.
arma, Piacenza e Cremona sono
le province di competenza della
Agenzia di Parma, guidata dall’Agente generale Marco Gargiuoli.
Nata a febbraio 2011, l’Agenzia è
strutturata con due risorse amministrative dedicate alla gestione e
consulenza per gli assicurati, che
partecipano costantemente a corsi
di aggiornamento e formazione organizzati da Euler Hermes SIAC,
nell’ottica di essere sempre più
competenti e specializzati, «mentre
l’attività di diffusione della cultura
assicurativa e acquisizione nuovi
clienti – spiega Gargiuoli – è segui-
P
28
ta direttamente da me con l’ausilio
di collaboratori esterni radicati sul
territorio». Broker locali, collaborazioni con Agenzie Terze (rami tradizionali), Banche e segnalatori
consentono poi all’Agenzia una presenza capillare sul territorio in
modo da poter essere sempre presenti e poter fornire così supporto e
soluzioni sempre puntuali alle richieste del mercato.
Una realtà giovane quindi che si
trova ad operare su di un territorio
caratterizzato da diversi settori economici: più precisamente per Parma
sono il settore metalmeccanico, l’a-
limentare, il chimico, il farmaceutico e il comparto che ruota intorno
al sistema moda (tessile, vestiario,
calzature, pelli e cuoio). La provincia di Cremona invece è dominata
dai settori siderurgico, alimentare e
meccanico, mentre nel territorio
che fa capo a Piacenza predominano le costruzioni, la meccanica, l’alimentare e i trasporti.
Abbiamo chiesto all’Agente Generale di spiegarci meglio come svolge la sua attività l’Agenzia.
Il territorio della provincia di Parma,
tra le altre eccellenze economiche, è
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Di Agenzia in Agenzia
Il team dell’Agenzia di Parma.
un centro nevralgico dell’industria alimentare italiana con 1.200 aziende,
14 mila addetti e 8 miliardi di euro di
fatturato. Un settore quello alimentare
quindi che non risente della crisi?
«Nessun settore è immune dalla
crisi, esistono settori e mercati dove
la crisi è arrivata più tardi, o in
modo meno incisivo e drammatico,
ma non ne esistono di immuni. È
una crisi globale che ha toccato tutti i livelli della filiera e dalla quale è
ancora lontana una vera ripresa.
Il comparto agroalimentare di Parma si colloca infatti ai vertici del panorama regionale e nazionale per
fatturato ed esportazioni, con un
vantaggio competitivo fondato sulla qualità delle produzioni che ha
consentito di ottenere grande notorietà all’estero, attraverso la diffusione di marchi alimentari di
fama ormai internazionale».
Il settore alimentare che caratterizza la provincia di Parma, è sostenuto soprattutto dall’export. Per il prosciutto di Parma in particolare il
2010 è stato un anno record. È un
trend che secondo lei verrà confermato anche nel nuovo anno?
«Esistono tutti i presupposti perché
si possa replicare e incrementare
anche con nuovi mercati. Oggi il
mercato USA rappresenta il 17%
delle esportazioni, ma importanti
attività promozionali sono state
messe in atto per aprire ad altri
mercati, come, per esempio, quello giapponese».
Quali altri settori industriali caratterizzano il territorio e qual è il loro
stato di salute economica?
«Il settore merceologico dominante è l’alimentare, seguito da metalmeccanico, meccanica, industria
del sistema moda (tessile, vestiario,
calzature, pelli e cuoio), chimico farmaceutico, siderurgico, trasporti e
commercio. Lo stato di salute rispecchia l’andamento economico.
Certamente alcuni settori hanno
criticità maggiori, si prenda ad
esempio l’edilizia (costruzioni) o i
trasporti.
Le richieste di contatto per approfondire il prodotto assicurativo del
nostro ramo sono molteplici e arrivano da tutti i settori merceologici».
Come supportate in questo campo i
vostri clienti?
«La polizza crediti non è solo una copertura assicurativa, ma è uno strumento di gestione del credito a
360°. Lo scenario economico mondiale ha reso indispensabile l’utilizzo di strumenti di gestione del
credito sofisticati ed affidabili. Oggi
le aziende hanno bisogno di veri
partner nella gestione dei loro clienti, partner in grado di fornire loro
informazioni precise e puntuali
sulla solvibilità dei loro clienti. Incrementare le vendite significa aumentare il fatturato, ma non significa più redditività se si vende a
clienti che non sono solvibili. Il
supporto che forniamo ai nostri
assicurati è proprio questo. Rapidità
nell’evasione delle richieste di affidamento dei clienti, completezza di
informazioni, competenza nelle
applicazioni delle norme contrattuali assicurative per gli indennizzi, sono solo alcuni degli aspetti
che caratterizzano la nostra quotidiana attività. Grazie agli strumenti
che Euler Hermes SIAC ci mette a disposizione e alla professionalità
degli analisti, possiamo trasferire ai
nostri assicurati quelle informazioni che fanno la differenza».
Quali sono quelli più sensibili al
rischio?
«Come dicevo, nessun settore è
immune dal rischio. Per definizio-
Uno scorcio della Cattedrale di Parma.
29
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Di Agenzia in Agenzia
ne, una transazione commerciale
si può considerare conclusa solo
quando è avvenuto l’incasso. Questo non è mai contestuale alla fornitura, ne consegue che, anche se
per limitato tempo, esiste sempre
la possibilità che il pagamento
non vada a buon fine, a prescindere
dal settore o dalle cause che possono influenzare il risultato. Ogni
azienda che opera a dilazione di
pagamento corre un rischio di
mancato incasso. Anche i settori
dove storicamente i clienti sono
consolidati oggi hanno difficoltà ad
incassare».
Come si caratterizza l’economia del
territorio da voi coperto? E in particolare qual è la tipologia delle aziende del territorio? Di grandi o piccole
e medie dimensioni o piuttosto a
conduzione familiare?
«Nel territorio sono presenti realtà
industriali molto importanti e ben
conosciute a livello sia nazionale
che mondiale. Attorno ad esse naturalmente gravitano, principalmente come indotto, realtà imprenditoriali medio piccole. Le caratteristiche variano a seconda delle province. In termini di numero
abbiamo una prevalenza di aziende a conduzione familiare, ma rapportato al volume d’affari, prevalgono medie e piccole società di capitali. Se analizziamo il dato per singola provincia, le imprese attive
nella provincia di Parma sono circa
50.000, di cui il 21% di società di capitale, il 20% di società di persone e
il 55% di ditte individuali. Piacenza
e Cremona, si attestano su circa
28.000 aziende attive per provincia,
con il 17% di società di capitali, il 21
% di società di persone, il 59,5% di
ditte individuali per Piacenza e il
14% di società di capitale, il 23% di
imprese di individuali, il 62% di
ditte individuali per Cremona».
Come si caratterizza il lavoro dell’Agenzia sul territorio? Avete conven30
l’incasso dei pagamenti, l’accesso al
finanziamento bancario è facilitato
ed è a costi più contenuti».
Che rapporto hanno gli imprenditori
con l’assicurazione del credito?
«A differenza del passato, l’assicurazione crediti oggi è vissuta nella
sua completezza. Non è solo una copertura assicurativa che garantisce un indennizzo, ma è lo strumento che consente al management aziendale di massimizzare i risultati economici della propria
azienda. Oggi è estremamente importante vendere a clienti solvibili
ed avere un paracadute per gli eventi inaspettati o imprevedibili. La
polizza crediti li supporta soprattutto in questo».
zioni particolari con qualche realtà
istituzionale?
«L’Agenzia è molto impegnata nella diffusione della cultura assicurativa del credito. Oltre all’attività di
telemarketing centralizzato, in
Agenzia siamo strutturati per attività di contatto con nuovi potenziali
clienti. La penetrazione di questo
prodotto assicurativo sul territorio
di competenza è ancora bassa rispetto al potenziale. Manca effettivamente una conoscenza dello strumento. Ci capita, infatti, spesso di
contattare aziende che non hanno
particolare conoscenza dell’assicurazione del credito. Una parte dell’attività è dedicata alle istituzioni e
associazioni presenti nel territorio.
Stiamo programmando azioni mirate alla diffusione della cultura
assicurativa del credito commerciale. Con gli istituti di credito, in
particolare con Cariparma Crédit
Agricole, sono stati siglati accordi distributivi finalizzati a supportare le
aziende del territorio. Tramite la
polizza crediti, che garantisce la
qualità dei clienti e la certezza del-
Che tipo di supporto vi chiedono più
di frequente?
«Con gli assicurati abbiamo rapporti quasi quotidiani, la qualità del
servizio offerto, la competenza e
la professionalità del personale dell’Agenzia ci hanno permesso di diventare in poco tempo i consulenti dei credit manager, direttori finanziari e titolari delle aziende che
ci hanno scelto come partner. Passiamo con estrema semplicità da
gestori del contratto assicurativo a
consulenti finanziari. La gestione è
molto importante, non dimentichiamo che la polizza crediti è uno
strumento di gestione del credito a
360 gradi. Tendenzialmente il nostro prodotto viene gestito direttamente da chi segue l’aspetto finanziario dell’azienda, e ne consegue che da questa parte la professionalità e la competenza devono
essere elevate. Spiegare le motivazioni di una linea di credito non
concessa deve essere supportata
dalla capacità di commentare dati
finanziari di bilancio e dalla sensibilità nel trasferire le informazioni
corrette per consentire all’assicurato di indirizzare quella vendita nel
modo migliore».
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Avvenimenti
Gruppo Cariparma Crédit Agricole e Euler Hermes insieme
per la copertura del portafoglio crediti delle PMI
I
l Gruppo Cariparma Crédit Agricole
to pagamento. Inoltre le imprese potranno
ed Euler Hermes SIAC hanno firmato
usufruire di una valutazione del rischio dei
un protocollo d’intesa per lo sviluppo di
clienti attuali e potenziali da parte degli
polizze per la copertura del rischio del cre-
specialisti di Euler Hermes SIAC. Un “circolo
dito a breve termine. In base all’accordo, le
virtuoso”, quindi, che vede l’impresa assi-
imprese clienti della banca avranno un
curata beneficiare della garanzia di Euler
accesso facilitato all’offerta di prodotti assi-
Hermes SIAC. Una garanzia certa che
curativi a copertura delle proprie vendite, in
migliora il rating dell’azienda che ne usu-
Italia e all’estero, contro il rischio di manca-
fruisce e la facilita nell’accesso al credito.
Rischi
e mercati esteri
a cura di Mario Cinque, Distribution Manager
Italy Euler Hermes SIAC
Questo il tema del workshop organizzato da Allianz
nell’ambito del XXVI Convegno dei Giovani Imprenditori
di Confindustria, a cui ha partecipato Euler Hermes SIAC.
I
n un contesto economico italiano di estrema incertezza e di difficoltà di accesso al credito, tema dominante per i giovani imprenditori è la necessità di internazionalizzare le proprie aziende ed
orientare la propria politica commerciale verso le esportazioni, in
particolare verso nuovi mercati.
In tali processi, la conoscenza approfondita dei rischi diventa un fat-
Nel corso del workshop Euler Hermes SIAC ha confermato che la pro-
tore critico di successo e gli imprenditori hanno la necessità di essere
pria missione è proprio quella di accompagnare i Giovani
accompagnati in tale crescita ed acquisizione di esperienza.
Imprenditori nella crescita profittevole, grazie agli strumenti di pre-
Il Gruppo Allianz con i suoi esperti, le soluzioni, la presenza ed il know
venzione, certezza dell’incasso, monitoraggio e recupero del credito,
how espresso a livello mondiale, si propone quindi come il partner
garantiti dall’ampio data base a disposizione, dalla professionalità ed
ideale per affiancare le aziende ed individuare le strategie per trasfor-
importante presenza a livello mondiale.
mare la gestione del rischio in una leva per la crescita.
L’intervento ha riscosso notevole successo e diverse sono state le do-
Le testimonianze degli imprenditori hanno messo in luce le opportu-
mande sull’assicurazione del credito e la partecipazione attiva degli
nità e le criticità legate ai processi di internazionalizzazione, così come
imprenditori.
la mancanza di una cultura di prevenzione tipica del mercato italiano.
Alla fine del workshop sono state richieste consulenze individuali,
In evidenza tra i rischi più critici: mancati pagamenti, difficoltà legate
nonché la creazione di un tavolo di lavoro insieme ad Allianz, per lo
a normative, scarsa conoscenza dei mercati esteri (in particolare per
studio di soluzioni dedicate.
ciò che riguarda tempi e modalità di recupero crediti), concorrenza
I relatori del workshop, a cui hanno partecipato circa 50 imprenditori
sleale, stretta sul credito.
sono stati: Nicola Mancino, Direttore Operativo Allianz, Marco Oriolo,
Per la maggior parte di queste criticità Euler Hermes SIAC ha le soluzio-
Giovani Imprenditori Confindustria, Francesca Douglas Flaminio,
ni più efficaci ed offre supporto nelle attività di risk management, par-
Responsabile Media Relations Allianz e Mario Cinque, Responsabile
tendo dalla conoscenza dei mercati e della solvibilità dei singoli clienti.
Distribution Euler Hermes SIAC (v. foto).
31
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Avvenimenti
Corso di formazione esperienziale con Andrea Zorzi
per i Manager di Euler Hermes SIAC
a cura di Guglielmo Santella
Euler Hermes SIAC dopo aver analizzato con cura i risultati dell’Allianz
glio il primo passo. Julio Velasco ha avuto la grande capacità di dare un ordi-
Engagement Survey (AES) del 2010 ed aver raccolto le opinioni dei dipen-
ne di priorità a ognuno, noi siamo stati bravi a dare fiducia ad un progetto
denti, ha individuato un’area di potenziale miglioramento: la propensione
che, in quel momento, avrebbe potuto essere come tanti altri».
alla leadership. Perciò si è pensato di sviluppare e organizzare una nuova
Un corso di formazione esperienziale. Perché questa formula e qual
esperienza formativa in outdoor, divertente e coinvolgente, con l’obiettivo
è stato il grado di coinvolgimento dei partecipanti?
di attivare in tutti i manager la riflessione su alcuni fattori chiave per mi-
«Abbiamo scelto insieme la formula della formazione esperienziale per fare
gliorare la capacità nel “gestire le persone”, nel dare e ricevere feedback,
in modo che le parole raccontate in aula avessero una base più solida sulle
nel creare un clima di trasparenza e fiducia, nel costruire un team affiatato
quali appoggiarsi. Quando ho visto tutti in fila sulle righe, in una palestra
e motivato nel raggiungere gli obiettivi della Compagnia. Il 14 e 15 luglio si
senza aria condizionata, senza che nessuno mostrasse segni di disagio, ho
è tenuta presso la struttura sportiva dell’Acquacetosa in Roma la “due gior-
pensato che sarebbe stato un bel corso. Il clima di partecipazione durante il
ni” formativa basata sulla metafora dello sport e in particolare del volley.
risveglio motorio, l’attenzione ai consigli tecnici che abbiamo dato, l’impe-
Stimolati dal campione del volley azzurro degli anni ’80-’90, Andrea Zorzi,
gno nel ripetere i gesti semplici dei fondamentali sono stati la prova dell’im-
47 manager di Euler Hermes SIAC hanno svolto con attenzione e impegno
pegno di tutto il gruppo. Il rischio di dispersione era alto, ma siamo riusciti
tutte le fasi previste dall’innovativa metodologia formativa. Proviamo a
a tenere un buon ritmo con grande attenzione. Questi sono stati segnali po-
raccontare i risultati del corso attraverso le parole di Andrea Zorzi.
sitivi e ho sentito che tra noi si era stabilito un rapporto di fiducia reciproca».
Si sono presentati momenti difficili o di imbarazzo durante il corso?
«Uno dei momenti cruciali dell’intero corso è la fase della formazione delle
squadre. Essere i capitani chiamati a scegliere i compagni di squadra tra i
propri colleghi è una responsabilità che non sempre si riesce a gestire con
naturalezza. E anche per coloro che debbono restare sulla riga in attesa di essere chiamati non è semplice. Gli ultimi, cominciano a guardare per terra
stropicciandosi le mani e spesso scappa qualche espressione di delusione.
Ebbene, rispetto ad altri corsi, in cui questo momento è stato particolarmente disagevole e ha creato vere e proprie discussioni, con voi tutto è filato via
Andrea, quali sono state le tue prime sensazioni quando hai incon-
liscio. Giusto il tempo per riconoscersi come squadra, per iniziare a “sentire”
trato i manager di Euler Hermes SIAC?
dove sono i propri compagni anche senza “vederli” ed è cominciato il gioco».
«Ogni volta che mi capita di raccontare un pezzo della mia carriera di palla-
La “due giorni”, che risultati ha riportato?
volista ad un gruppo di persone durante un corso di formazione, mi chiedo
«La competizione e l’agonismo hanno il merito di scardinare quelle corazze
se davvero la nostra esperienza di squadra possa essere condivisa. Cerco di
che per varie ragioni indossiamo tutti i giorni. La forza liberatoria del gioco e la
controllare questa preoccupazione concentrandomi sulle immagini dei luo-
velocità del volley ci costringono a reagire senza avere il tempo di controllare i
ghi nei quali Velasco, il nostro allenatore, ha fatto le prime riunioni. Nel 1989,
nostri gesti, il tono di voce e le parole che diciamo. C’è molto di noi quando vin-
in una stanza dell’hotel Raffaello di Modena, Velasco ha dato inizio, insieme
ciamo o perdiamo un punto decisivo dopo una azione combattuta. Questa è
a tutti noi, ad un’avventura che sarebbe diventata un pezzo di storia dello
la parte che mi piace di più di ciò che è accaduto a Roma: per due giorni abbia-
sport italiano, ma nessuno di noi, allora, poteva neanche immaginarlo. Tutti
mo lasciato spazio ad una parte di noi che di solito resta nascosta. Ora la vita
insieme siamo riusciti a non pensare solo agli ostacoli, alle difficoltà. Ci sia-
quotidiana è ricominciata ma considerando com’è andata quando abbiamo
mo focalizzati tutti, seppur con ruoli e responsabilità diverse, nel fare al me-
sfilato le corazze, credo che potremmo avere fiducia e togliercele più spesso».
Euler Hermes SIAC si apre alle adozioni a distanza
Raphael e Juliet del Kenya, Nasma e Benedict della Tanzania,
Stevia e Prince della Repubblica Centrafricana, Dileep
Kumar e Praveena dell’Argentina; sono per il momento questi i nomi dei bambini adottati da Euler Hermes SIAC, tramite il programma di adozione a distanza sostenuto da Italia
Solidale (www.italiasolidale.org), ONLUS privata, con sede
a Roma, che si avvale della collaborazione di volontari presenti in tutto il mondo. Altri due bambini sono previsti a breve in
32
adozione, si attendono informazioni relativamente al progetto,
infatti, che li vede coinvolti. A breve verrà creata una sezione
dedicata sulla intranet aziendale in modo che sia possibile
conoscere meglio i bambini adottati. Tramite i volontari delegati, arrivano periodicamente informazioni su ognuno di
loro e a volte anche qualche foto. Chi volesse ricevere ulteriori informazioni o dare suggerimenti in merito a questa iniziativa può rivolgersi a Eliana Garritano o a Giorgio Spaccazocchi.