La Rivista Euler Hermes Italia n. 55

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La Rivista Euler Hermes Italia n. 55
Anno XVII - novembre 2012
www.eulerhermes.it
la RIVISTA
55
SPECIALE
Editoriale/Editorial
Un numero “speciale”
per raccontare l’Italia che cresce
Da anni diamo voce alle imprese che investono sul futuro.
Euler Hermes Italia è una di loro
G
Michele Pignotti
uardare agli ultimi cinque anni significa guardare al periodo più difficile per
l’economia mondiale dal dopoguerra ad oggi. Il 15 settembre del 2008, quando
Lehman Brothers chiese ufficialmente l’amministrazione controllata verso il fallimento, il mondo capì che l’impalcatura finanziaria
fino ad allora conosciuta stava per crollare e che le imprese avrebbero rischiato di rimanere soffocate dalle macerie. Pur nella
difficoltà condivisa e non ancora superata, quel rischio oggi sembra scongiurato. Rispetto a questo scenario la rappresentanza illustre del
panorama imprenditoriale italiano che è intervenuta su questo numero “speciale” de “La Rivista” e i tanti altri capitani d’impresa che negli
anni hanno affidato le loro testimonianze al nostro magazine, ci confermano che il Sistema Italia ha ancora molte energie da spendere e
opportunità da cogliere. In questi cinque anni, di fronte al crollo di tutti i dati macroeconomici, tante imprese hanno saputo trovare
ugualmente la via della crescita. Lo hanno fatto ristrutturando gli organigrammi aziendali, rinnovando i prodotti, mettendosi alla prova su
nuovi mercati. Al loro fianco c’era Euler Hermes Italia, supporto alle imprese ma impresa essa stessa, capace di superare con successo una
importante rivoluzione aziendale nel periodo più difficile. Oggi, grazie a una sapiente selezione della clientela e a una revisione delle polizze, il
volume dei premi è tornato ai livelli pre-crisi del 2008. E quello che più ci conforta, il tasso di retention (la fidelizzazione dei clienti) ha
registrato nel 2011 il dato record del 92%, a conferma degli alti livelli di soddisfazione della clientela. La divisione per aree geografiche, avviata
dalla capogruppo, ha assegnato a Euler Hermes Italia il ruolo di “primo pilota” nell’area Mediterraneo/Africa e Medio Oriente. Un impegno
ambizioso che da un lato ci ha posti al centro di un territorio ancora critico e dall’altro ci ha offerto l’opportunità di misurarci su mercati fertili
come la Turchia, gli Emirati Arabi e il Marocco. Accettare queste sfide con la capacità di guardare e interpretare il domani è il fattore ricorrente
nella storia delle imprese italiane di successo. Un fattore e un valore che continuano a segnare l’attività di Euler Hermes Italia.
MICHELE PIGNOTTI Head of Mediterranean Countries, Africa & Middle East - Euler Hermes
A “special” edition to tell of an Italy continuing to grow
For years we have given a voice to companies who invest in the future.
Euler Hermes Italia is one of them
L
ooking at the last five years means looking at the most difficult period for the world economy from postwar to the present day. On 15
September 2008, when Lehman Brothers officially filed for temporary receivership for bankruptcy, the world understood that the financial
framework that we had known up until then was about to collapse and companies would risk remaining suffocated by the fallout. Today,
despite the shared difficulties which have not yet been overcome, that risk seems to have been warded off. With regard to this scenario, the
illustrious representation of the Italian entrepreneurial situation which appears in this “special” number of the magazine “La Rivista” and many other
heads of companies who over the years have entrusted our magazine with their testimonies, confirm that the Italian economic system has not run
out of energy and still sees many opportunities to be had. In these five years, faced with the collapse of all the macroeconomic data, many companies
have nevertheless managed to find their path to growth. They have done so by restructuring their company’s organization chart, renewing products,
taking risks on new markets. By their side was Euler Hermes Italia, providing support for companies while being one itself, one capable of successfully
bringing about an important revolution in the company in this most difficult of periods. Today, thanks to a wise client selection and a modernization of
policies, the volume of premiums has returned to the pre-crisis level in 2008. What is most reassuring, is the retention rate which in 2011 registered a
record percentage of 92%.The division per geographical area, set up by the parent company, assigned Euler Hermes Italy the overall charge of the
Mediterranean, Africa the Middle Eastern areas. An ambitious commitment which on one hand has placed them in the middle of an area which is still
on the critical list and on the other offers them the opportunity to test themselves in fertile markets such as Turkey, the United Arab Emirates and
Morocco. Accepting these challenges and having the ability to look to and interpret the future, is a recurring element in the history of successful,
Italian companies. An element and a value which continue to mark the work carried out by Euler Hermes Italia.
1
Speciale
55
Sommario
novembre 2012
CUCINELLI
Siamo in Borsa
per rimanere
contemporanei
4
MATALUNI
Nel nostro settore
il made in Italy è percepito
come uno status symbol.
Intervista a Brunello Cucinelli,
patron della Brunello Cucinelli
leader nel comparto
del cashmere.
Luca Manzi
Basta vivere di rendita.
Riprendiamoci
la crescita
12
REGINA
Dobbiamo disinnescare
le energie all’interno del
sistema che rimarrebbero
altrimenti nel cassetto.
Intervista ad Aurelio Regina,
Vice Presidente di
Confindustria con delega allo
Sviluppo Economico.
Daniele Autieri
Giovani sì,
ma di talento
8
MORETTI POLEGATO
È stato un errore vendere
tante imprese italiane
alle multinazionali straniere.
Intervista a Biagio Mataluni,
Presidente della Oleifici
Mataluni e di Confindustria
Benevento.
Giorgio Nicastro
All’Italia serve uno
shock di competitività
20
GUIDI
Per vincere sui mercati
internazionali
e sopravvivere
alla crisi bisogna innovare in
modo drammatico.
Intervista a Federica Guidi,
Vicepresidente
del Gruppo Ducati Energia.
Marco Lanzi
Trasformiamo
la creatività in business
16
TRIPI
Deve tornare il coraggio
di investire.
Fiero di essere italiano,
ma bisogna dare dignità
alle piccole e medie imprese.
Intervista
a Mario Moretti Polegato,
patron della Geox.
Francesco De Dominicis
Senza innovazione
si ferma il Paese
24
I servizi
ad alto valore tecnologico
rendono l’Italia
un Paese moderno.
Intervista
ad Alberto Tripi,
presidente del Gruppo
AlmavivA.
Daniele Autieri
la RIVISTA Euler Hermes Italia - Una società Euler Hermes, gruppo Allianz
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Filiale di Roma • Chiuso in tipografia il 30.11.2012
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Foto
Copertina: Archivio • Interno: Archivio e Shutterstock
la RIVISTA Euler Hermes Italia
Editoriale
1
Un numero “speciale” per raccontare l’Italia che cresce
di Michele Pignotti
Il personaggio - Cucinelli
Siamo in Borsa per rimanere contemporanei
4
Intervista a Brunello Cucinelli, patron della Brunello Cucinelli leader nel comparto del cashmere
di Luca Manzi
Il personaggio - Guidi
Giovani sì, ma di talento
8
Intervista a Federica Guidi, Vicepresidente del Gruppo Ducati Energia
di Marco Lanzi
Il personaggio - Mataluni
Basta vivere di rendita. Riprendiamoci la crescita
12
Intervista a Biagio Mataluni, Presidente della Oleifici Mataluni e di Confindustria Benevento
di Giorgio Nicastro
Il personaggio - Moretti Polegato
Trasformiamo la creatività in business
16
Intervista a Mario Moretti Polegato, patron della Geox
di Francesco De Dominicis
Il personaggio - Regina
All’Italia serve uno shock di competitività
20
Intervista ad Aurelio Regina, Vice Presidente di Confindustria con delega allo Sviluppo Economico
di Daniele Autieri
Il personaggio - Tripi
Senza innovazione si ferma il Paese
24
Intervista ad Alberto Tripi, presidente del Gruppo AlmavivA
di Daniele Autieri
Report
28
I mancati pagamenti delle imprese italiane
Analisi condotta sulle regioni e sui settori del Made in Italy a cura di Euler Hermes Italia
Avvenimenti
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• Andrea Misticoni nuovo Direttore Commerciale
• Aperte due nuove Agenzie Generali
• Euler Hermes Italia al Convegno ABI
• UN RECORD! di Giorgio Vallati
3
Intervista a Brunello Cucinelli,
patron della Brunello Cucinelli
leader nel comparto del cashmere
Nel nostro settore
il made in Italy è percepito
come uno status symbol.
di Luca Manzi
Da Solomeo, un piccolo ma affascinante borgo nel cuore dell’Umbria,
ai monomarca di Capri e St. Moritz,
Parigi e New York, Miami e Milano,
il passo non è così breve. Brunello
Cucinelli lo compie dal 1978, data
della fondazione dell’azienda, all’aprile del 2012 quando si completa l’operazione di quotazione in
Borsa della prima azienda al mondo che ha inserito nel mercato il
cashmere colorato.
In questo lasso di tempo il Gruppo
è cresciuto, divenendo un simbolo
del made in Italy, ma soprattutto
del bello e di quei valori ispirati
all’umanesimo sociale di cui l’imprenditore umbro si è fatto portatore fin dal principio della sua
esperienza aziendale.
Il suo mercato è quello del lusso,
una scelta che ha trasformato la
Brunello Cucinelli spa in uno dei
brand più esclusivi nella moda casual-chic a livello mondiale.
Guardando ai risultati finanziari si
scopre che la crisi economica in alcun modo ha scalfito la scalata
compiuta dal Gruppo nell’ultimo
quinquennio. Nel 2009 i ricavi totali ammontavano a 158,1 milioni
di euro, cresciuti a 203,5 milioni
nel 2010 fino ai 242,6 milioni dell’ultimo bilancio chiuso nel 2011.
la RIVISTA Euler Hermes Italia
SIAMO IN BORSA
per rimanere
contemporanei
In questo scenario, L’Italia rappresenta solo il 31% del business aziendale, mentre un altro 31% dipende
dall’Europa, il 28% dal Nord America,
il 4% dalla Cina e il 6% dal resto del
mondo.
Tutto questo fino alla quotazione in
Borsa dell’aprile scorso grazie alla quale l’azienda, come dice nell’intervista il
suo fondatore, «attira nuovi capitali
che ci consentono di rimanere contemporanei sul mercato facendo sempre nuovi investimenti, e richiamando
l’attenzione di nuova forza lavoro».
Il borgo di Solomeo
Ha recentemente scelto per la sua
azienda la strada della quotazione
in Borsa e lo ha fatto in un momento
finanziario non facilissimo. Che tipo
di valore aggiunto avete ottenuto
da questa operazione?
«Mi piace pensare che non siamo
proprietari delle cose, ma “custodi”
pro-tempore di queste; se si ragiona
in questo ordine di idee, quanto ci
circonda non finisce con noi ma può
assumere una valenza di eternità. È
per questo che abbiamo deciso di entrare in Borsa, per cercare di far vive-
re un po’ più a lungo la nostra realtà.
Con l’entrata in Borsa oltre ad attirare nuovi capitali che ci consentono di
rimanere contemporanei sul mercato facendo sempre nuovi investimenti, si attrae parallelamente anche l’attenzione di nuova forza lavoro: nuovi manager capaci di scoprire
nuovi orizzonti e magari guidare la
nostra azienda. Ho due figlie Camilla
e Carolina che lavorano qui in azienda, ma dico sempre che un’azienda
non si eredita; sono libere di scegliere se vorranno proseguire in questo
cammino».
Lei ha riempito la sua azienda e i
suoi prodotti di un forte contenuto
artistico puntando molto sul concetto di bellezza. Questi valori vengono riconosciuti anche all’estero
quando presenta il bello del made
in Italy?
«Quando spesso mi trovo a viaggiare,
devo dire che il ritorno che abbiamo
dalle persone è stupefacente. Il made
in italy in generale è percepito nel nostro settore come un vero status symbol; l’italia è ancora considerata uno
dei Paesi più importanti per la diffusione del concetto del “bel vestire”; la
nostra artigianalità, il nostro saper fare è quello che rende il nostro prodotto desiderabile ed affascinante, so-
Nel 2009 i ricavi del Gruppo
ammontavano
a 158,1 milioni di euro,
cresciuti a 203,5 milioni
nel 2010 fino
ai 242,6 milioni dell’ultimo
bilancio chiuso nel 2011
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la RIVISTA Euler Hermes Italia
Speciale
prattutto per quei nuovi Paesi come la
Russia e la Cina che stanno scoprendo
in questo momento il lusso e che hanno la capacità di acquisto per poterlo
avere. La nostra Italia è ancora credibile, noi siamo credibili; il lavoro
dell’Italia è credibile».
L’industria italiana ha una radicata
ispirazione manifatturiera eppure
nel mondo ci conoscono per le scarpe Tod’s o Geox, i maglioni Cucinelli,
gli occhiali Luxottica o i vestiti di
Armani. Dovremmo puntare di più
sul gusto?
«Il mondo è affascinato dal nostro stile.
Il vestire italiano è ancora uno status
symbol. Il nostro prodotto è caratterizzato non solo da altissima qualità ed artigianalità. Ma speriamo anche da quella contemporaneità del gusto italiano
che abbiamo fatto nostra. Mi piace pensare che i nostri prodotti siano unici
poiché nascono dalla continua ricerca e
innovazione, unite al culto della tradizione. Un lifestyle che racconta il modo
italiano di vivere e di lavorare, la sua fierezza, tolleranza, dedizione, spiritualità
e misticità. Una storia che affonda le
sue radici nell’eredità del grande artigianato, porta con sé il profumo di antichi borghi e i saperi degli artigiani, l’arte
e la cultura del nostro paese aperta allo
spirito di rinnovamento, alla ricerca, alla creatività, alla contemporaneità. Per
far questo servono mani sapienti ma
anche il cuore di persone generose, orgogliose della propria origine e attaccate alla propria terra».
Si dice che il mercato del lusso, dei
prodotti di altissima qualità non ab-
bia risentito della crisi economica.
È un postulato confermato dai fatti?
«Direi che più che il mondo del lusso in
sé, sicuramente i prodotti ad altissimo
contenuto di creatività, artigianalità
hanno prospettive più solide sui mercati. In questo difficile momento economico, morale e civile, credo che noi stiamo in qualche maniera riprogettando
l’umanità. Non è escluso che la crisi
economica dei nostri giorni possa avere
infine conseguenze benefiche. C’è
qualcosa di straordinariamente attuale
in sant’Agostino quando, rivolgendosi a
Dio, dice: “O eccellentissimo, onnipotente Reggitore dell’universo, Tu che ci
mandi il dolore come maestro”. Sono
convinto, per l’Italia in particolare, che
ci sia un sicuro avvenire se sapremo
produrre beni di grande qualità, di
grande artigianalità e di grande unicità,
qualità queste che appartengono alla
tradizione delle nostre genti».
Guardando al mondo, dove crede
che ci sia la sensibilità maggiore per
apprezzare i nostri prodotti e quindi
dove guarda lei per continuare a
crescere?
«È difficile secondo me misurare la
sensibilità dell’animo umano, più semplice invece è capire quali siano i Paesi
in questo momento che hanno maggiore capacità economica; penso ad
esempio alla Grande Cina e alla Russia
in cui mi è capitato di andare di recente. Oggi, in particolare i giovani, guardano con uno sguardo all’Occidente:
vogliono vivere come noi, ma soprattutto vogliono vestire ed avere uno stile simile al nostro».
Come possiamo avere
delle bellissime imprese
con persone
che guadagnano
980 euro?
L’hanno definita un imprenditore
umanista. Quanto conta oggi, di
fronte ad una crisi che ha messo in
mostra forse troppi esempi di un capitalismo rapace, rilanciare i valori e
l’immagine di un’imprenditorialità
sana che riconosce l’importanza del
capitale umano?
«Ho sempre avuto un sogno: quello di
ridare dignità economica e morale al
lavoro e nella mia personale esperienza, anche nel confronto con investitori
importantissimi con cui ci siamo incontrati in questo anno molto speciale, questo modello è stato sempre ben
accolto. Come possiamo avere delle
bellissime imprese con persone che
guadagnano 980 euro? Come possiamo pensare di fare un prodotto di altissima qualità se per primi i nostri lavoratori non possono avere una vita
un po’ più speciale? Il capitale umano
deve essere necessariamente valorizzato perché è da lì che tutto ha origine,
specie in un momento storico particolare come questo in cui il nostro Paese
ha bisogno di risultare credibile».
Abstract
Floating
the company
on the stock
exchange so as to
remain up to date
with the times
Interview with Brunello Cucinelli,
founder of Cucinelli
leader in the cashmere sector
by Luca Manzi
From Solomeo, a small but charming village in
the heart of Umbria, to the flagship stores in
Capri and St. Moritz, Paris and New York, Miami
and Milano not an easy step to take.
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la RIVISTA Euler Hermes Italia
Speciale
Brunello Cucinelli took this great leap starting in
«I would say that rather than the world of luxury
1978, when he founded the company, to April
itself, certainly the chances of success for
2012 when, as the first company in the world to
products which have an extremely high quality
introduce coloured cashmere to the market, the
of creativity, craftsmanship are more likely to
company went public.
make a deeper impression on the market. In
Over this period of time the group has grown,
this difficult economic, moral and civil period, I
becoming a symbol of the “made in Italy” brand
believe that in some way we are redesigning
in the world, but above all of beauty and of
humanity. One cannot rule out the possibility
values inspired by social humanism, something
that this economic crisis could eventually have
which the Umbrian entrepreneur has embraced
beneficial consequences. There is something
right from his early days.
extraordinarily topical in the story of St
It is a luxury market, a choice which has turned
Augustine when, turning to God, he says: “O
the Brunello Cucinelli into one of the most
most wonderful, all powerful ruler of the
exclusive brands in the casual-chic fashion at a
universe, You send us pain to be our teacher.” I
world level.
am convinced, in particular for Italy, that the
Looking at the financial results over the latest
future ahead is secure if we are capable of
years we discover that the economic crisis has
company; they are free to choose if they wish to
producing high quality goods with high levels of
not affected the growth of the Group in the last
continue down this path».
craftsmanship, great uniqueness, qualities
five years. In 2009 the total takings amounted
You have filled your company and products
which belong to the tradition of our people».
to 158,1 million euros, rising to 203,5 million in
with strong artistic content aiming to
Looking at the world, where do you think the
2010 and reaching 242,6 million in the last
embrace the concept of beauty. Are these
greatest possibility for appreciating our
accounts year ending 2011. In this scenario,
values also recognized abroad when the
products lies and therefore where are you
Italy represents only 31% of its trade, while 31%
beauty of a “made in Italy” product is
looking in order to continue growing?
is from elsewhere in Europe, 28% from North
presented?
«In my opinion it is difficult to measure the
America, 4% from China and 6% from the rest of
«Often when I travel, I must say that the
sensibility of the human soul, it is more simple
the world. This all happened before floating the
feedback we receive from people is astonishing.
however to understand the countries which
company on the stock exchange. Now because
The “made in Italy” brand in our sector is
have greater economic capacity in this period; I
of its public status, as its founder states in the
generally perceived as a real status symbol».
am thinking for example about the great China
interview, «it is attracting new capital which
Italian industry has manufacturing
and Russia where I have visited recently. Today,
allows us to maintain a presence in the market,
inspiration in its blood but in the rest of the
in particular, young people look to the West:
to continue to make new investments and
world we are known for Tod’s or Geox shoes,
they want to live like us, but above all they want
attract a new work force».
Cucinelli jumpers, Luxottica glasses and
to dress like us and have a similar style to ours».
You have recently chosen to float your
Armani clothes. Should we be focusing more
You have been defined as a humanist
company and you have done so in a financial
on taste?
entrepreneur. How important is it today,
period which is not exactly easy. What type
«I like to think that our products are unique as
faced with a crisis which has perhaps put too
of added value have you obtained from this
they come from the combination of constant
many examples of greedy capitalism on
operation?
research and innovation with culture and
show, to re-launch the values and image of a
«I like to think that we are not owners of things,
tradition. A lifestyle which tells the story of the
healthy entrepreneurship which recognizes
but temporary “guardians” of them; if we think
Italian way of living and working, its pride,
the importance of human capital?
in this way, what surrounds us does not end
tolerance, dedication, spirituality and mysticism.
«My dream has always been to give back
with us but instead has an eternal value. This is
A story which is deeply rooted in the heritage of
economic and moral dignity to work and in my
why we decided to float on the stock exchange
great craftsmanship and brings with it the scent
personal experience, even when confronting
market, so that it will allow us to move forward
of old towns and the knowledge of the artisans,
extremely important investors who we have met
for a little longer. Going public, in addition to
the art and culture of our country which is open
during this very special year, this model has
attracting new capital, allows us to keep up to
to the spirit of change, research, creativity,
always been happily accepted. How can we
date with the contemporary market by
modernity. To do this we need knowledgeable
have wonderful companies with people who
constantly making new investments, at the
hands but also the heart of generous people
earn 980 euros? How can we think about
same time it attracts the attention of a new
who are proud of their origin and attached to
making an extremely high quality product if our
workforce: new managers who are able to
their land».
workers cannot have a slightly more meaningful
discover new horizons and perhaps lead our
It is said that the luxury market, products of
life? Human capital must be valued because
company. I have two daughters Camilla and
extremely high quality have not been
that is where everything comes from, especially
Carolina who work here in the company, but I
affected by the economic crisis. Is this
in a particular historical period like this when
have always said that you cannot inherit a
hypothesis confirmed by the facts?
our country needs to be believable».
7
Speciale
Giovani sì, ma di talento
Intervista a Federica Guidi,
Vicepresidente
del Gruppo Ducati Energia
Per vincere sui mercati
internazionali e sopravvivere
alla crisi bisogna innovare
in modo radicale.
di Marco Lanzi
Coraggio, lungimiranza e disponibilità al cambiamento: tanto basta per
fronteggiare la crisi. Parola di Federica
Guidi, l’imprenditrice Vicepresidente
dell’azienda di famiglia, la Ducati
Energia, colosso nel settore energetico e campione del made in Italy nel
mondo in un comparto altamente
tecnologico e competitivo.
Con sedi in India, Argentina, Romania
e Croazia, oltre ai quartier generali
italiani, il Gruppo conta circa 700 dipendenti impegnati in prodotti diversi
come condensatori, rifasamento industriale ed elettronica di potenza,
generatori eolici, alternatori e sistemi
di accensione per motori endotermici,
veicoli elettrici e colonnine di ricarica,
analizzatori di energia, sistemi per il
telecontrollo delle reti elettriche, segnalamento ferroviario, sistemi ed
apparecchiature autostradali e per il
trasporto pubblico.
«L’innovazione è tutto – spiega la
Guidi, già presidente nel 2008 dei
Giovani Imprenditori di Confindustria
– chi pensa di vendere all’estero prodotti obsoleti non ha futuro». E poi
aggiunge: «non sono una rottamatrice; il ricambio generazionale è un
processo sano solo se i giovani che
sostituiscono le vecchie generazioni
8
la RIVISTA Euler Hermes Italia
hanno le capacità e il talento per far
crescere l’azienda».
La crisi economica ha minato il modello di sviluppo di molte imprese
italiane. Siete stati anche voi costretti a ridefinire la vostra strategia
e quali direzioni avete scelto di seguire per continuare a crescere?
«Come azienda siamo stati chiamati
ad alzare un argine al dilagare della
crisi e lo abbiamo fatto sposando un
modello che, senza troppo entusiasmo, è stato sicuramente di successo.
Questo perché ci ha portato a intervenire contemporaneamente su più
fronti. Da un lato abbiamo lavorato
per una diversificazione dei prodotti e
un innalzamento della tecnologia cercando di innovare in modo radicale,
avviando linee di prodotto totalmente
Alla fine del 2011
i ricavi di Ducati Energia
hanno raggiunto
i 112 milioni di euro,
in crescita rispetto
ai 105 milioni
registrati nel 2010
nuove e intrecciando mercati in crescita. Insomma, per reggere alla crisi
diciamo che il contenuto di cervello
nelle nostre produzioni è stato preponderante rispetto a quello delle
braccia. Sull’altro fronte abbiamo
continuato a investire in una focalizzazione multipla produttiva, convinti
che l’export così com’è da solo non
basta. Quindi abbiamo aperto stabilimenti e uffici commerciali in Paesi come l’India e questo ci ha permesso sia
di recuperare in termini di costi (per il
classico discorso di una manodopera
meno onerosa), ma anche di intercettare in modo più efficace una domanda altrimenti poco raggiungibile.
Un’azienda che intende operare sui
mercati internazionali deve necessariamente avere delle unità produttive in giro per il mondo. La filosofia
dell’oggetto prodotto in Italia e venduto all’estero non vale più. Ogni
Paese ha le sue caratteristiche, il suo
diritto, le sue tipicità e si aspetta un
prodotto rielaborato in base alla richiesta interna.
Il dato evidente è che negli ultimi
dieci anni il mondo è cambiato. E per
le aziende adeguarsi a questi cambiamenti non è un processo improvvisabile; o hai avuto la lungimiranza
di intercettare il cambiamento anni
fa e hai avviato un processo innovativo al tuo interno, altrimenti pochi
mesi non sono sufficienti per mettersi in pari con il mercato. Credo che il
problema di molte aziende italiane
oggi è che non ci sia più il tempo fisico per reagire alla crisi. Le scelte strategiche dovevano essere anticipate. I
Paesi in via di sviluppo chiedono prodotti ad altissima tecnologia e concorrenziali sui prezzi. Non do un giudizio di merito sul fatto che il sistema
sia meglio oggi che ieri, semplicemente registro che le cose ormai
stanno così. In giro per il mondo non
si compete con prodotti obsoleti e
poco tecnologici».
Le statistiche prevedono per il 2012
che l’export italiano crescerà del
4,9%. Che tipo di impegno richiede
per un’azienda strutturarsi per le
esportazioni? Quanto lavoro è necessario fare per arrivare a livelli come i vostri, dove l’export rappresenta la componente maggioritaria del
fatturato?
«Strutturarsi è fondamentale e, come
dicevo prima, non è più sufficiente
produrre qualcosa in Italia e poi sperare di venderlo all’estero a scatola
chiusa. Bisogna predisporre delle linee di prodotto dedicate al singolo
Paese. Non ho mai visto un prodotto
La sede della Ducati Energia
a Bologna
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la RIVISTA Euler Hermes Italia
Speciale
europeo portato in India nella stessa
confezione con cui viene venduto nel
continente. Tutti i mercati hanno caratteristiche peculiari e clienti che vogliono prodotti personalizzati. Per
queste ragioni la localizzazione produttiva assicura un ulteriore vantaggio economico legato alla reattività rispetto alle richieste del mercato e alla
capacità di intercettare in breve tempo le esigenze del cliente.
Anche per i prodotti tradizionali mercati come quello indiano o cinese richiedono tecnologia elevata, consegne just in time, localizzazione vicina
al cliente. Tutte cose impossibili se il
100% della nostra produzione fosse
concentrato a Bologna».
Quando con la sua azienda si trova a
competere sui mercati internazionali, riesce a farlo ad armi pari oppure si
porta sulle spalle una zavorra legata
alle nostre tipicità nazionali?
«Prima di tutto la dimensione dell’azienda fa la differenza. A questo si aggiunge il supporto che un’impresa attiva sui mercati internazionali riesce
ad ottenere soprattutto a livello finanziario. Quando un’azienda tedesca
decide di conquistare un nuovo mercato, trova sul territorio la banca di riferimento, gli uffici pubblici che supportano l’export, insomma le viene
messo a disposizione un substrato
utilissimo per essere più competitivi.
La quasi totale assenza di banche italiane nei mercati emergenti significa
che un imprenditore non può chiedere sostegno alla sua banca, dalla quale
magari avrebbe un trattamento di favore, ma deve bussare alla porta degli
istituti di credito internazionali, per i
quali è solo uno sconosciuto. Poter
contrattare con la propria banca per
avere condizioni vantaggiose sugli affidamenti come sul credito è un elemento fondamentale che permettere
di essere più competitivi sul mercato.
Purtroppo molto spesso le aziende
italiane sono costrette a lavorare con
banche straniere, spesso con banche
locali, e questo implica un aumento
inevitabile dei costi».
10
Il mondo bancario supporta come
dovrebbe l’ambizione delle imprese italiane ad accettare la sfida dei
mercati internazionali?
«Parto dal presupposto che le banche
sono imprese, quindi ammetto che
non mi piacciono e non mi servono
banche che fanno credito a chicchessia. Sostenere aziende non profittevoli non fa bene al mercato anche perché, detta molto brutalmente, si cresce anche perché i tuoi competitor
falliscono. Fermo restando questo discorso, credo che in alcuni casi le banche abbiamo un po’ tirato i remi del
credito in barca aprendosi a una farraginosità a volte eccessiva nei rapporti
con le imprese clienti. In certi casi, poi,
c’è stato un irragionevole irrigidimento nei confronti anche delle grandi
aziende che devono essere considerate un patrimonio del nostro sistema
produttivo, e la cui assenza rappresenterebbe un danno gravissimo per
il Sistema Paese. Insomma, si poteva e
si può fare di più, confermando il concetto che anche le banche sono imprese ed è quindi sacrosanto che inseguano il profitto».
Anche in virtù della sua esperienza
all’interno di Confindustria, crede
Il mondo sta cambiando
da dieci anni,
chi ha intercettato
questo cambiamento
oggi è al sicuro
che la situazione attuale abbia tolto
un po’ di voce e di mordente ai giovani imprenditori? In sostanza, la
crisi ha per vari motivi interrotto il
ricambio generazionale avviato in
passato?
«Quando ero presidente dei Giovani
di Confindustria ho assistito a feno-
meni spontanei di ricambio generazionale, anche se devo dire che non
sono una fan sfegatata del ricambio a
tutti i costi. È indubbio che un bravo
professionista di 30 anni sa interpretare al meglio le complessità del mondo di oggi ed è in grado di impostare il
proprio lavoro nel modo più utile e più
adatto a far crescere l’azienda. Anche
Il Presidente della BCE
Mario Draghi con Federica Guidi
e il patron di Technogym
Nerio Alessandri
gli strumenti e il modo di vivere il lavoro sono profondamente cambiati.
Facendo un esempio banale anche le
riunioni non sono più le stesse di 15
anni fa. Oggi in azienda ti confronti
con i dirigenti che magari in quel momento sono in giro per il mondo e lo
fai ricorrendo a strumenti tecnologici
come la videoconference o gli
smartphone. Un giovane proprio per
dna è più adatto a interpretare i cambiamenti. Detto questo non credo assolutamente che il principio “fuori i
vecchi, dentro i giovani” aiuti le aziende ad andare meglio, perché è anche
vero che alle volte le seconde o le terze generazioni hanno portato le imprese sull’orlo del precipizio. La soluzione migliore, ed è quella più comune, sono i fenomeni spontanei di ricambio generazionale dove i due
mondi hanno imparato a coesistere e
l’arrivo di un giovane rappresenta un
accrescimento, un modo diverso di interpretare il mondo.
la RIVISTA Euler Hermes Italia
Alla fine, come in tutte le cose,
gran parte dipende dalle persone e
dal loro valore. Molte aziende hanno intuito che un giovane di talento
ha una visione più aperta e una capacità di interpretare meglio il
cambiamento.
E investendo su questo hanno avuto
successo».
Speciale
The economic crisis has shaken the
the Indian or Chinese ones require an high level
development model of many Italian
of technology, just in time delivery and locations
businesses. Have you also been forced to
near the client. All these things would be
redefine your strategy and which direction
impossible if 100% of our production were
have you chosen in order to continue growing?
concentrated in Bologna».
«As a company we have been called to defend
When your company finds itself competing
ourselves from the spreading crisis and we have
with international markets, are you able to
done so adopting a model which, without
do so on equal terms or do you have a dead
seeming too enthusiastic, has definitely been
weight on your back tied to our national
characteristics?
«First of all the size of the company makes the
difference. In addition the support that an active
company on an international market is able to
obtain, especially on a financial level, is also
extremely important. When a German company
decides to capture a new market, it has a bank of
reference in the area, public offices supporting
export, it has an extremely useful base available
in order to be more competitive».
Does the world of banking and insurance
support the ambition of Italian companies to
accept the challenge of international markets
like it should?
«Assuming that banks are businesses, I admit
that I don’t like them and I don’t approve banks
which give credit to anyone and everyone.
Supporting companies on the verge of
Abstract
bankruptcy is not good for the market, because
successful. On one hand we worked on
to put it brutally, a company grows also because
diversifying our products and straightening
its competitors fail. Nonetheless, I believe that in
technology in an attempt to dramatically
some cases banks have pulled back their credit
innovate ourselves, launching completely new
causing chaos which is often extremely damaging
lines and getting into growing markets. On the
to the relationship with business clients».
other hand we continued to invest in a multi-
In light of your experience in Confindustria,
localization production, convinced that export
do you think that the current situation has in
alone, as it stands, is not enough. So we opened
some way taken away the voice and the edge
factories and commercial offices in countries such
from young entrepreneurs?
as India and this allowed us to recuperate in terms
«Without a doubt a good, 30 year-old
of costs, and also to better understand a demand
professional is able to best interpret the
that would otherwise have been unreachable».
complexities of the present world and is capable
Courage, foresight and being prepared for
What type of commitment is necessary for a
of structuring his/her work in the most useful
change: this is what is needed to tackle the
company to be equipped for export?
and suitable way to make a company grow.
crisis. These are the words of Federica Guidi, the
«It is fundamental to restructure and, as I
Having said this I do not believe that the principle
entrepreneur Vice president of the family
previously mentioned, it is not enough just to
“out with the old and in with the new” helps
business Ducati Energia, a giant in the energy
produce something in Italy and then hope to sell
companies to do better, as it is also true that
sector and one of the main representatives of
it abroad without giving guarantees. It is
sometimes the second and third generations
the “made in Italy” brand in the world in a
important to have lines of products dedicated to
have brought companies to the edge of
highly technological and competitive sector.
a single country. I have never seen a European
destruction. The best solution, and the most
«Innovation is everything – explains Guidi,
product brought to India in the same
common one, is the spontaneous phenomenon
former president of the Young Entrepreneurs
“packaging” that it is sold on the home
of generational exchange where the two worlds
of Confindustria in 2008 – those thinking of
continent. All markets have peculiar features
have learnt to coexist and the arrival of a young
selling out-dated products abroad don’t have
and clients who desire personalized products.
figure represents an improvement, a different
a future».
Even for traditional products, markets such as
way of understanding the world».
Young
and talented
Interview with Federica Guidi, Vice
President of Gruppo Ducati Energia
by Marco Lanzi
11
Speciale
Basta vivere di rendita
Riprendiamoci la crescita
Alcune volte la storia di un prodotto si
identifica con quella di un popolo; e
quella di un business con la tenacia
dell’imprenditore che l’ha sposato. È il
caso dell’olio Dante, nato prima all’estero che in Italia, perché divenuto tra
la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 un
bene immancabile sulle tavole degli
emigrati negli Stati Uniti. Dopo l’iniziativa lungimirante dei suoi fondatori, il prestigioso marchio è passato di
mano in mano finendo nella filiera di
una grande multinazionale come
Unilever.
A riportarlo in Italia nel 2009, dopo che
da Unilever era stato acquisito dal
gruppo spagnolo SOS-Cuetara, è stata
la Oleifici Mataluni, l’azienda guidata
dall’imprenditore Biagio Mataluni, nata
nel 1935 a Montesarchio (Benevento)
da un piccolo frantoio a dimensione
artigianale e oggi divenuta uno tra i
più importanti complessi agroindustriali oleari al mondo.
La sua forza è un fatturato da 230 milioni di euro, i 200 dipendenti con un
età media di 29 anni e una presenza
internazionale che va dal Giappone
all’Olanda, dall’Australia alle Filippine,
dalla Cina all’Iran. Al centro di questo
progetto industriale il presidente
Biagio Mataluni, nominato nel luglio
2012 alla guida di Confindustria
Benevento.
Presidente, quanto conta in questa
fase recessiva presentare sul mercato prodotti come i vostri, di qualità e
facilmente identificabili con il made
in Italy?
«In Italia abbiamo un grande vantaggio rappresentato dal nostro “made
12
in Italy”. Essendo da sempre impegnato nel settore agroalimentare,
mi è capitato di girare il mondo e
non ho mai riscontrato un atteggiamento negativo nei confronti dei
prodotti che arrivano dal nostro
Paese. Anzi, quando presentiamo un
olio italiano, l’interlocutore ci risponde sempre con un sorriso perché intuisce la profondità di valori
che c’è dietro un prodotto di alta
qualità e che rende il made in Italy
un elemento distintivo.
Intervista a Biagio Mataluni,
Presidente della Oleifici Mataluni
e di Confindustria Benevento
È stato un errore vendere
tante imprese italiane di successo
alle multinazionali straniere.
di Giorgio Nicastro
la RIVISTA Euler Hermes Italia
La sede di Montesarchio (BN)
degli Oleifici Mataluni
Negli ultimi cinque anni
il nostro fatturato è stato
sempre in crescita, passando
dai 158 milioni del 2007
ai 240 del 2010,
con una leggera contrazione
nel 2011 quando
si è attestato a 230 milioni
A questo proposito, dobbiamo semmai chiederci se può bastare semplicemente la denominazione per sostenere e valorizzare il made in Italy
in futuro. A mio avviso, dovremmo
fare leva molto di più sull’italianità
della nostra industria, perché c’è ancora tanto da fare per promuovere i
nostri prodotti. Del resto, è proprio
questa certezza che ha spinto gli
Oleifici Mataluni, dopo aver rilevato
Olio Dante, determinando il ritorno
in Italia del brand dopo 24 anni, a
scegliere lo slogan ‘l’olio che parla
italiano’. Dobbiamo convincerci una
volta per tutte che quella del made in
Italy è una partita vincente».
Negli ultimi dieci anni l’Italia sembra essersi avviata verso un declino,
prima lento e poi, dopo la crisi del
2008, accelerato. In questo processo l’industria ha perso produttività.
Tutta colpa dello Stato o c’è anche
una parte di responsabilità industriale nel non aver saputo innovare
nel modo giusto?
«Non possiamo nascondere che ci sia
una responsabilità condivisa. Per questo, anche noi imprenditori dobbiamo
trovare il coraggio di fare autocritica e
avviare un’analisi sul comportamento
del mondo produttivo negli ultimi 20
anni. Nel nostro settore, quello alimentare, la maggior parte delle aziende ha vissuto di rendita. Abbiamo lasciato che le grandi multinazionali acquistassero molti dei nostri brand storici e abbiamo permesso loro di crescere grazie al lavoro fatto dai fonda-
tori delle aziende per quaranta anni,
dal dopoguerra agli anni ’90. E in molti
casi è mancata anche la spinta all’innovazione. Nel nostro piccolo, invece,
abbiamo continuato ad investire in ricerca e sviluppo, anche per un prodotto molto tradizionale come l’olio. Da
questa convinzione mai tramontata,
abbiamo ideato pochi mesi fa l’Olio
Dante ConDisano, arricchito con vitamina D. Si tratta di un prodotto innovativo, capace di sostituire l’assunzione diretta della vitamina D, che il nostro Centro di ricerca Criol (Centro di
ricerca dell’industria olearia) ha messo a punto con il supporto di poli universitari di eccellenza. Proprio per le
ricerche sul packaging in PET e sull’olio con la vitamina D, i nostri ricercatori
sono stati invitati il 13 ottobre a
Washington al congresso scientifico
organizzato in occasione dell’anniversario del Niaf (National Italian
American Foundation), a cui è stato invitato anche il Presidente Obama».
La corruzione costa al Paese decine di miliardi di euro ogni anno. E
rappresenta un costo elevato anche per le imprese, che non riescono a operare in un regime di concorrenza reale. È necessario un ritorno a certi presupposti etici anche nel fare impresa?
«La corruzione è figlia della cattiva
burocrazia e ci porterà al fallimento
del sistema Italia. Un certo tipo di corruzione non nasce dal nulla, ma dalla
scelta che molte aziende prendono
per alleggerire un peso burocratico
troppo oneroso, battendo strade e
cercando soluzioni illegali. Per far crescere le imprese ci vogliono poche regole, semplici ed efficaci, altrimenti le
aziende italiane continueranno a trovarsi di fronte a una concorrenza sbilanciata che permette ai competitor
internazionali di affrontare il mercato
con meno regole, ed un sistema burocratico più snello. E anche se l’impresa
può indicare la strada, l’onere di una
riforma seria, in tal senso, spetta alla
politica. Lo stesso si dica per riportare
l’etica nella vita pubblica, ma anche
13
la RIVISTA Euler Hermes Italia
Speciale
Per far crescere
le imprese ci vogliono
poche regole,
semplici ed efficaci
in quella produttiva. Sono convinto
che, per quanto riguarda il mondo
delle imprese, imprenditori e sindacati insieme possano riuscire ad invertire questa tendenza».
La disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli elevatissimi, in particolare in alcune città del Sud. Cosa può
fare l’impresa per invertire questo
fenomeno che sembra aver preso la
strada drammatica di altri grandi
Paesi europei come la Spagna?
«L’impresa ha una responsabilità fondamentale nell’inserimento giovanile
nel mondo del lavoro. D’altro canto,
questa responsabilità rappresenta anche un’opportunità perché il successo
di un’azienda è unicamente realizzato
investendo sui talenti e facendoli venir fuori. Sono queste le ragioni per
cui dare lavoro ai giovani è divenuta
una strategia specifica della nostra
azienda, dove l’età media dei circa
200 lavoratori è di 29 anni. Nella nostra, come in altre imprese, le nuove
generazioni devono avere spazio e
trovare un imprenditore attento a valorizzare la passione e la professione.
Se riusciamo a dispiegare su un progetto industriale tutto l’entusiasmo
giovanile, possiamo stare certi che
quel progetto avrà ottime possibilità
di raggiungere il successo. Ed il caso
degli Oleifici Mataluni, da questo punto di vista, è emblematico».
Le esportazioni sono ancora oggi
uno degli ultimi salvagente rimasti
all’impresa italiana. Nel vostro caso,
quanto conta l’export e quali strade
deve seguire un’impresa per strut14
turarsi ed essere presente sui mercati internazionali?
«La vera forza è saper unire la buona
immagine e la reputazione del made in
Italy con prodotti di qualità eccellente,
perché le occasioni di sviluppo, anche
all’estero, sono legate ai valori dei nostri
territori e all’italianità. Quando le imprese italiane vanno in giro per il mondo, portano sempre a casa dei risultati.
Nel nostro caso, ad esempio, abbiamo
avviato due anni fa un importante accordo commerciale in Giappone con un
colosso del settore distributivo e quest’anno siamo riusciti a raddoppiare il
fatturato, rispetto a quello precedente.
Quindi, se da un lato registriamo una
battuta d’arresto in alcune regioni italiane come la Sicilia, la Calabria o la
Puglia, dall’altro continuiamo a crescere all’estero. A questo proposito,
stiamo già lavorando per consolidare
la distribuzione di Olio Dante anche in
America, visto che anticamente il marchio nasce proprio per soddisfare le
abitudini alimentari degli emigrati italiani. L’unica ragione di rallentamento,
come dicevamo prima, arriva dal peso
della burocrazia. Se avessi uno Stato
che non mi zavorra, riuscirei a mettere
a segno risultati straordinari. E come
me, anche tanti altri imprenditori».
Il benessere aziendale, la qualità
della vita percepita dai dipendenti,
diventano elementi fondamentali
soprattutto in momenti di crisi come questi. È questo un principio in
cui credete?
«I tre pilastri del mio programma
come Presidente di Confindustria
Benevento sono proprio ‘Etica, Giovani e Lavoro’. I primi due li abbiamo
affrontati in questi primi mesi del
mio mandato; il terzo, il lavoro, è
particolarmente critico in questa
fase congiunturale e anche lo stato
d’animo dei lavoratori diviene fondamentale per far crescere un’azienda. Il rapporto di lavoro tra l’azienda ed il dipendente deve essere
sempre ispirato al rispetto della persona. Bisogna creare all’interno del
processo produttivo delle condizioni
di serenità, e fare in modo di valorizzare le persone attraverso percorsi formativi. L’ambiente, la sicurezza sul lavoro, il benessere, sono
valori che devono prevalere sulla logica economica del guadagno e della
corsa spasmodica verso il profitto.
Dobbiamo invertire la catena dei valori, riportando al centro la dignità
dell’individuo e, una volta realizzato
questo, i risultati economici arriveranno da soli».
Abstract
Let’s stop
living off
the past.
Let’s start
growing again
Interview with Biagio Mataluni,
President of the Oleifici Mataluni (Oil Mill)
and of Confindustria Benevento
by Giorgio Nicastro
The strength of the Oleifici Mataluni is its
turnover of 230 million euros, 200 workers with
an average age of 29 and an International
presence which goes from Japan to Holland,
la RIVISTA Euler Hermes Italia
Speciale
La raffineria
has taken a dramatic path in other big
European countries like Spain?
«Companies have a fundamental responsibility
of allowing young people the opportunity to
enter the world of work. On the other hand, this
responsibility also affords an opportunity, as the
success of a company is totally dependent on
investing in talent and allowing peoples’
abilities to flourish. These are the reasons why
giving work to young people has become a
specific strategy in our company, where the
average age of about 200 workers is 29. The
case of Oleifici Mataluni, from this point of view,
is exemplary».
In your case, how important is export and
which roads should a company follow to have
a structure which allows it be a presence on
international markets?
«The real strength is knowing how to bring
together the good image and reputation of the
from Australia to the Philippines, from China to
the behavior of the productive world over the
“made in Italy” product with actual excellent
Iran. At the centre of this industrial project is its
last 20 years. In our sector, namely food and
quality products. The opportunities for
president Biagio Mataluni, nominated head of
agriculture, most companies have lived off the
development, also abroad, are tied to the
Confindustria Benevento in July 2012.
success of the past. We have allowed large
values of our land and our Italianism. In our
President, in this period of recession how
multinationals to acquire many of our historical
case, for example, two years ago we signed an
important is it to present products like yours
brands and have allowed them to grow thanks
important commercial agreement in Japan
on the market, quality products which are
to the work carried out by the founders of the
with an industrial giant of the distribution
easily identified as made in Italy?
companies over forty years, from post-war to
sector and this year we have doubled our
«We have a big advantage in Italy, represented
the 1990s. In many cases the drive towards
turnover compared to the previous year. With
by our made in Italy brand. As our company has
innovation was missing. Within our small
regard to this, we are also working to
always been involved in the food and agriculture
world, however, we have continued to invest in
consolidate the distribution of Olio Dante in
industry, I have had the opportunity to travel
research and development, even for such a
America, given that in the past, the brand was
around the world and I have never encountered
traditional product such as oil».
born to satisfy the eating habits of Italian
any sort of negativity towards the products which
Corruption costs our country tens of millions
immigrants».
come from our country. On the contrary, when
of euros every year. Is a return to certain
The well-being of a company, the quality
we present an Italian oil, we are always met with
ethical conditions necessary even when
of life of its workers, become fundamental
a smile because the person involved understands
doing business?
elements above all in times of crisis like
the strength of the values that are contained in a
«Corruption is the result of bad bureaucracy
at present. Is this a principle that you
high quality product, making the “made in Italy”
and it will be the cause of the Italian economic
believe in?
brand a distinguishing feature. Moreover, it is
system’s downfall. A certain type of corruption
«The three pillars of my programme as
this certainty that pushed the Oleifici Mataluni,
doesn’t come from nowhere, but from a choice
President of Confindustria Benevento are ‘Ethics,
after taking over Olio Dante, determining the
which many companies make to lighten the
youth and work’. We have already looked at the
return of the brand to Italy after 24 years, to
weight of bureaucracy which they find too
first two in these first months of my mandate;
choose the slogan “the oil that speaks Italian”.
onerous, and are therefore looking for illegal
the third, work, is particularly critical in this
We must convince ourselves once and for all that
solutions. In order for companies to grow we
economic phase and also the state of mind of
made in Italy products are a winning game».
need a restricted number of simple but efficient
the workers becomes fundamental for the
In the last ten years the industry has lost
rules, otherwise Italian companies will continue
growth of a company. The work relationship
productivity. Is the State the sole to blame or
to find themselves facing unequal competition
between the company and worker must be
is the industry also partly responsible for not
which allows international competitors to
based on respect. It is important to create a
being able to innovate in the right way?
compete in a market with fewer rules, and with
productive process to ensure the well-being and
«We can’t deny that it is a shared responsibility.
a less bureaucratic system ».
also to promote the personal and professional
For this reason we entrepreneurs must find the
What can the company do to reverse the
development of workers through a continuous
courage to be self critical and begin to analyze
phenomenon of youth unemployment which
training scheme».
15
Speciale
Trasformiamo la creatività
IN BUSINESS
Intervista a Mario Moretti Polegato,
patron della Geox
Deve tornare il coraggio
di investire. Fiero di essere
italiano, ma bisogna dare dignità
alle piccole e medie imprese.
di Francesco De Dominicis
Le scarpe che ha inventato, mai come
in questa fase, “respirano” di sicuro
più dell’economia italiana. La recessione sta squassando i conti e i bilanci
di mezzo mondo: l’Europa arranca,
l’Italia fatica a tenere il passo della
Germania e delle altre locomotive del
globo. Mario Moretti Polegato, però,
non si perde d’animo. Rifiuta il pessimismo e cerca di guardare al futuro
«sempre con grande fiducia». Così,
nonostante il quadro macroeconomico assai preoccupante e la crisi finanziaria internazionale che non pare voler arrestarsi, il patron di Geox, colosso mondiale della moda e delle calzature, non rinuncia a investire. «Sono
ottimista per definizione» dice.
L’imprenditore trevigiano guida una
grande industria (30mila addetti e
1.300 negozi in 105 paesi), ma volge
lo sguardo verso le «piccole e medie
imprese, cuore dell’economia italiana
a cui il Governo – spiega – dovrebbe
garantire più dignità».
Dottor Moretti, Confindustria indica
per il 2015 qualche spiraglio per la
ripresa e per la crescita, mentre il
Governo auspica che già il 2013 pos16
sa rimettere in moto il ciclo economico, portando il Paese fuori dal
tunnel della recessione. Secondo lei
quando finirà la tempesta perfetta?
«Possiamo ripartire presto, io ci credo.
Sono un imprenditore e come tale devo
avere fiducia per trasmetterla anche ai
miei collaboratori. Ora, però, tra le famiglie c’è l’incubo di comperare, si teme il
futuro, non si acquistano beni di consu-
la RIVISTA Euler Hermes Italia
mo. Ma sappiamo anche che questo timore è largamente infondato. Serve
una propaganda che potremmo chiamare di serenità. Bisogna spiegare che
siamo fuori ormai dalla crisi, bisogna
nessuno. Anzi, assumiamo; investiamo
il 2% del fatturato in ricerca e sviluppo e
continuiamo ad aprire negozi, cento
soltanto quest’anno in tutto il mondo, a
partire dall’Asia. Cerchiamo nuovi mercati senza mai abbandonare la nostra forza, che è in
Italia. Questa è la risposta che deve dare l’imprenditore».
D’accordo. Ma l’inizio della ripresa?
«È una domanda
complessa. C’è stato un grande temporale, ma adesso
il cielo si sta schiarendo, il vento sta
spazzando via le nubi. Non posso
aspettare la primavera per ripartire del tutto, altrimenti
perdo spinta. Bisogna ripartire ora. Bisogna crederci.
Per la ripresa, dunque, dico anche subito, ma bisogna chiarire che fare
impresa sarà diverso
in futuro. A cominciare dal Nord Est che conosco da vicino e che è cresciuto a livello industriale
con la trasformazione
dei prodotti: da questo punto di vista
sarà difficile immaginare una
ripresa come in
passato».
Vuol dire che
ci sarà un ridimensionamento
delle industrie o che
bisogna cambiare passo?
«Penso che processi innovativi, ricerca e marketing assumeranno un ruolo
sempre più centrale nella vita degli
imprenditori. Che poi dovranno puntare anche sulla formazione del personale. Ma, soprattutto, bisogna tornare ad avere il coraggio di investire. E
questo vale per chi come me guida
aziende importanti come Geox e
Diadora, ma anche nelle piccole e medie imprese, che sono il cuore dell’economia italiana alle quali il Governo
dovrebbe assicurare più dignità».
Esiste un comparto produttivo o un
settore economico su cui varrebbe la pena scommettere di più?
«Si dovrebbero individuare quei settori dove l’Italia
possa incrementare le esportazioni.
Abbiamo alcune
produzioni, alcuni
settori, che sono
particolarmente
forti sui mercati
esteri: industria meccanica
leggera, turismo, mobili, l’alimentare, la
moda. Dovrebbero
godere di una sorta
di corsia preferenziale
sugli interventi che lo
Stato può effettivamente fare. E non devono essere interventi a pioggia, ma
legati a progetti, valutati da
una commissione tecnica seria, non politica, non clientelare, che premi quelli che
meritano di essere sostenuti. La stragrande maggioranza di noi imprenditori si
attende dal Governo un qualche aiuto per poter rilanciare le
imprese. L’Italia ha bisogno di far
ripartire l’industria, soprattutto
per quanto riguarda le esportazioni,
anche attraverso una ripresa dei consumi. Sappiamo benissimo che le risorse sotto mano sono limitate e che non
esiste una formula magica. Ma qualcosa si può e si deve fare».
Squilla il suo telefono: è Mario
Monti. Le chiede qualche idea per
scrivere un altro decreto sulla crescita. Cosa suggerirebbe al premier?
«Incentivi alle esportazioni, innanzitutto, magari di natura anche fiscale.
Ma qualsiasi aiuto darebbe un con-
Negli ultimi cinque anni
la Geox Spa è passata
dai 697 milioni di ricavi netti
del 2007 ai 740 del 2009
per tornare a scendere
leggermente nei primi
nove mesi del 2012
con 701 milioni di euro
chiarire che si può ricominciare a crescere. Io sono il responsabile di una delle più grandi aziende italiane. E sono fiducioso per la mia azienda e per l’Italia.
Noi alla Geox non abbiamo licenziato
17
la RIVISTA Euler Hermes Italia
Speciale
La sede della Geox a Montebelluna,
in provincia di Treviso
Nessuno si aspetta
che lo Stato ci copra
di danaro, ma sarebbe
importante dare
un segnale positivo
tributo importante. Nessuno si aspetta che lo Stato arrivi e ci copra di danaro, figuriamoci. Sappiamo come stanno le cose, siamo realisti. Ma sarebbe
importante dare un segnale positivo,
di coraggio. Può essere un credito sull’imposta, ma va bene tutto quello che
può restituire entusiasmo all’imprenditore. Perché non è lo Stato che salva
l’impresa; l’impresa deve salvare sé
stessa, reagire, andare sul mercato
con prodotti competitivi. Un’altra cosa importantissima: non investire solo
per l’oggi, ma a medio termine».
Fisco, burocrazia, infrastrutture e
giustizia civile. Sono i quattro aspetti del Sistema Paese considerati fra i
più penalizzanti per le aziende italiane. Vede altri elementi che contribuiscono a zavorrare l’Italia?
«Sono tutti punti strategici su cui c’è bisogno di interventi proprio per aiutare
gli imprenditori. Poi c’è sicuramente
18
qualche problema nel rapporto con le
banche. La stretta creditizia si fa sentire e se gli istituti fossero più generosi…
Ma, prima di tutto, pongo al centro dell’attenzione la certezza del diritto. Sa
perché gli imprenditori stranieri non
vengono dentro i nostri confini?».
Lo spieghi.
«Per paura delle “sabbie mobili italiane”. Chi ci guarda da fuori non si sentirebbe sicuro e quest’assenza di sicurezza frena l’ingresso di capitali. Il
cammino è giusto. Monti ha già raggiunto un risultato importante: ha
messo il Paese in condizione di rimanere agganciato all’euro grazie alla
stabilizzazione dei conti pubblici e a
un alleggerimento dei tassi di interesse. È da apprezzare quello che il governo ha fatto in una situazione di
tensione estrema. Direi che i tecnici
hanno svolto un lavoro veramente lodevole: a noi imprenditori sembra che
per fortuna lo spauracchio della divisione dell’Europa e della fine della
moneta unica sia lontano».
La vita di un imprenditore italiano, a
sentire lei, non è affatto facile. Non
le è mai venuta voglia di mollare
tutto e fuggire all’estero?
«Non rinnego le mie origini. L’estero
rappresenta il 70% del fatturato e per
me è la fonte primaria di ricchezza. Ma
quando vado al Forum di Davos, quando
parlo alla Columbia University o al Mit di
Boston, metto sempre in primo piano il
nostro Paese: sono fiero di essere italiano. Ma adesso l’Italia, per fare un
salto di qualità, deve essere capace di
far diventare la creatività un business».
E come si arriva a raggiungere questo obiettivo?
«Bisogna premiare le aziende che investono nella ricerca, che investono sulla
formazione dei giovani, quelle che collaborano con le università per sperimentare nuove tecniche e nuovi materiali e nuovi prodotti. Non è impossibile
scegliere questa strada. La fortuna di
Geox è stata anticipare la globalizzazione, investire sui giovani, creare scuole
di formazione a nostre spese. Una PMI
non può farcela da sola, lo so, e un contributo pubblico sarebbe decisivo, per
creare specializzazione e competenze.
Sui lavori qualificati, ma anche quelli
meno qualificati. Abbiamo aperto un
centro logistico a Treviso per servire i
nostri store nel mondo. Cercavamo
220 dipendenti non specializzati: si
sono presentati soltanto sei italiani.
Per questo serve anche un impegno
dello Stato per sostenere e diffondere
l’istruzione tecnica e professionale. È
assurdo che a chimica all’Università di
Venezia ci siano solo 42 iscritti».
La ricetta di Mario Moretti Polegato
per rilanciare il Paese e metterlo in
condizione di reggere la concorrenza
con l’estero.
«Metto sul tavolo tre assi: alla creatività, aggiungo i brevetti e la collabo-
la RIVISTA Euler Hermes Italia
razione con le università. In qualche
modo dobbiamo trasformare il capitalismo industriale in capitalismo di
idee».
Speciale
the world. Mario Moretti Polegato however
There are also some problems concerning
hasn’t given up. He refuses to be pessimistic
the relationship with banks. We all feel the
and attempts to look to the future «continuing
credit crunch and if only the institutions were
to have real faith in the future».
more generous… But first of all, I must
Mr Moretti, when will the perfect storm
address the fundamental issues. Do you
come to an end in your opinion?
know why foreign entrepreneurs don’t come
«I am confident that we will be able to start
to our country?».
again soon. I am a business man and as such
Please explain.
I must have faith in order to pass it on to those
«They are afraid of the “Italian quick sand
who work with me. At present, however,
effect”. Those who look at us from the outside
families are terrified to buy, they fear for the
would not get a sense of security and this
future, they don’t purchase consumer goods.
impedes capital coming into the country. We
However we are also aware that this fear is
are on the right path. Monti has already
widely unfounded. We need propaganda that
obtained an important result: he has put the
gives one a feeling of well-being. I am
country in a condition where we can remain
confident both for my company and for Italy.
attached to the euro thanks to the
We have not let anyone go at Geox. On the
stabilization of public accounts and to the
contrary, we are hiring people; we invest 2%
decrease of interest rates. What the
of our income in R&D and we continue
Government has done, in an extremely tense
opening shops, in this year alone we have
situation, has to be appreciated».
opened one hundred stores worldwide, as far
Going on what you say, the life of an
away as Asia».
Italian entrepreneur can’t be easy? Have
Is there a productive or economic sector
you ever felt the desire to give up and
which would be worth investing in?
escape abroad?
«Yes, the areas where Italy can increase its
«I can’t renounce my origins. The foreign
exports should be identified. We have several
market represents 70% of our turnover and it is
areas of production and sectors which are
my primary source of wealth. But when I go to
particularly strong in foreign markets: the
the Davos Forum, when I speak at the
mechanical industry, tourism, furniture, food,
Columbia University or the MIT in Boston, I
Abstract
fashion. They should have a sort of
always promote our country: I am proud to be
preferential lane with regard to Government
Italian. However, if Italy wants to step up a
Let’s turn
creativity
into
a business
interventions. Most entrepreneurs are relying
class, it must be able to turn creativity into a
on the possibility of a little Government
business».
support in order to re-launch their
And what can we do to reach this goal?
companies».
«We should reward the companies which
Your phone rings: it is Mario Monti. He asks
invest in research, which invest in the training
for an idea to write another policy
of young people, those which collaborate with
concerning growth. What advice would you
Universities to experiment with new
give the Prime Minister?
techniques, new materials, new products. It is
«Incentives for exports, first of all, maybe of a
not impossible to go down this path. Geox’s
fiscal nature. However any type of help would
fortune was anticipating globalization,
Interview with Mario Moretti Polegato,
founder of Geox
be an important contribution. Nobody expects
investing in young people, creating training
the State to arrive and cover us with money, of
schools paid by us. A SME can’t make it on its
course not. We are aware of the situation, we
own, in my opinion, and a public contribution
are realistic. However it would be important to
would be decisive in order to create
give a positive sign, a sign of encouragement».
specialization and efficiency».
Fiscal policy, bureaucracy, infrastructure
Mario Moretti Polegato’s recipe to relaunch
The shoes he invented, better than before, can
and civil justice. Are these the four aspects
the country and put it in a position to handle
“breath” more easily than the Italian economy.
of the national economic system to be
foreign competiton.
The recession has violently shaken the accounts
considered the major areas thwarting the
«I’ll put three aces on the table: I would add
and budgets of half the world: Europe is
growth of Italian companies?
patents, collaboration with Universities plus
struggling, Italy is having trouble keeping up
«They are all strategic areas which need to
creativity. In some way we must turn
with Germany and other power houses round
be dealt with in order to help entrepreneurs.
industrial capitalism into capitalism of ideas».
by Francesco De Dominicis
19
Speciale
Presidente di una delle aziende simbolo del made in Italy all’estero, la
Manifattura Sigaro Toscano, presidente di Credit Suisse Italy e partner di
Egon Zehnder, una delle più note società di cacciatori di teste, ma anche
uomo chiave di Confindustria, già numero uno degli industriali romani e
dal maggio di quest’anno, con l’elezione di Giorgio Squinzi, vice presidente della Confindustria con deleghe
pesanti come lo sviluppo economico.
Questo è il profilo di Aurelio Regina,
l’imprenditore originario di Foggia
che ha scalato le gerarchie di viale
dell’Astronomia puntando su una visione moderna che vede nelle infrastrutture, materiali e soprattutto immateriali, lo strumento più efficace
per far ripartire il Paese.
Presidente, Confindustria negli ultimi mesi è stata scettica sulla possibilità di tornare a crescere nel breve
periodo. Cosa serve alle imprese italiane per liberarsi dalla zavorra della crisi? Quali sono gli interventi non
più procrastinabili?
«Sfortunatamente le nostre valutazioni
si sono rivelate giuste rispetto a quelle
del Governo. Avevamo detto che il Pil
sarebbe calato del 2,4%. È chiaro che
siamo in una morsa molto stretta e si
registra anche un leggero calo delle
esportazioni legato a un rallentamento
delle principali economie internazionali. La crescita dei Paesi emergenti, motore di sviluppo degli ultimi anni, ha cominciato a decelerare dall’inizio del
Intervista ad Aurelio Regina,
Vice Presidente di Confindustria
con delega allo Sviluppo Economico
Dobbiamo innescare tutte quelle
energie che sono all’interno
del sistema e che rimarrebbero
altrimenti nel cassetto.
di Daniele Autieri
20
All’Italia serve
UNO SHOCK
di competitività
la RIVISTA Euler Hermes Italia
2012 a cominciare dai motori asiatici.
La Cina progetta di crescere nel 2012
del 7,8%, un punto e mezzo in meno
degli anni precedenti. E il dato è significativo perché ogni punto di mancata
crescita della Cina per il sistema
dell’Eurozona vale 30/40 miliardi.
Come risposta a questa cristi l’idea
che l’Europa si “germanizzi”, e quindi
punti tutto sulle esportazioni, non è
realistica. Lo possono fare solo alcuni
Paesi come l’Italia e ovviamente la
Germania, fortemente strutturata sull’export, ma non è sufficiente per gli
altri Stati. Quindi ci vogliono politiche
volte a far ripartire i consumi interni
all’Eurozona e in quei Paesi, come
l’Italia, che hanno subito uno shock
non solo economico ma anche emotivo. Del resto, la valutazione economica è purtroppo basata sui principali indicatori, dagli ordinativi alle vendite,
che migliorano nella prima parte del
2013 ma non in misura tale da crescere. Ci auguriamo che il 2013 sia l’anno
in cui si vada ad azzerare la decrescita
in modo da ripartire».
l’effetto della disoccupazione raddoppia. Purtroppo stimiamo per l’anno
prossimo un ulteriore aumento sul
fronte della disoccupazione, e probabilmente un altro punto in più di tasso
di disoccupazione è prevedibile.
Il contesto è grave ed è aggravato da
una crisi di accesso al credito e da un
sistema sbilanciato troppo sul credito
bancario piuttosto che su quello finanziario o su altre forme di finanziamento alle imprese. Di fronte al calo dei
consumi, del livello di produttività
(dall’aprile 2008 ad oggi abbiamo perso circa il 22,5% di capacità produttiva)
e delle esportazioni, è aumentato quel
differenziale con la Germania che tutti
conosciamo come “spread”».
Come se ne esce?
«Il baluardo della tenuta dei conti pubblici va mantenuto e diventa un pilastro fondamentale. E in questo senso
Confindustria ha responsabilmente
supportato la riforma pensionistica.
Dico responsabilmente perché quella
riforma danneggia doppiamente le imprese: da un lato imponendo un costo
del lavoro più alto dovuto ala presenza
più diffusa di figure senior nelle imprese per le quali gli stipendi sono più elevati; e dall’altro chiedendo alle aziende
di ristrutturare il proprio modello produttivo di fronte a una forza lavoro più
anziana che deve essere riconvertita su
nuovi processi. Oggi dobbiamo innescare tutte quelle energie che sono all’interno del sistema e che rimarrebbero altrimenti nel cassetto. Penso quindi
agli incentivi sulla defiscalizzazione degli investimenti, al credito d’imposta
sulla ricerca e innovazione, allo sblocco
normativo e burocratico delle infrastrutture, al riassetto istituzionale del
Paese. Tutte attività che si possono fare
a saldo zero.
Anche la semplificazione burocratica,
un’altra riforma a saldo zero, va fatta
con coraggio e non deve arenarsi nelle code di fine legislatura. Inoltre bisogna continuare a lavorare sulla spending review perché diventi, com’è
nelle aziende, una realtà quotidiana
non fatta di tagli lineari ma di efficientamento della spesa.
Siamo il secondo Paese
manifatturiero europeo.
Se domani ci svegliassimo
senza il nostro assetto
industriale saremmo
un Paese da terzo mondo
Qual è la minaccia sul futuro che ad
oggi preoccupa di più?
«Direi la disoccupazione che è figlia di
un duplice fenomeno. Da un lato la
gente che perde il posto di lavoro, dall’altro il sistema che moltiplica l’effetto. Nel nostro Paese una famiglia monoreddito si può permettere una moglie che sta nell’area della cosiddetta
inoccupazione. Quando un coniuge
perde il lavoro automaticamente anche l’altro si mette a cercarlo e quindi
21
la RIVISTA Euler Hermes Italia
Speciale
Dobbiamo sviluppare tutte le energie
che oggi ci sono. A questo proposito sto
lavorando con Confindustria sulla mappatura di tutte le opere private ferme
non per mancanza di investimenti ma di
autorizzazioni, veti locali, blocchi, ecc».
A suo avviso la forza produttiva italiana potrebbe tornare a crescere
se aggredisse con più decisione
questa opportunità? E soprattutto,
siamo di fronte a una saturazione
delle capacità attuali di export delle imprese italiane?
«È il mix delle due cose. La qualità e lo
stile italiani sono ancora molto apprezzati. Guardando i dati dell’export il
Sigaro Toscano registra quest’anno un
+22,5% e continua un trend molto positivo. Naturalmente sono diminuite alcune esportazioni dovute al rallentamento economico di alcune aree importanti, ma dobbiamo anche dire che
il limite strutturale del nostro modello
che è fatto principalmente di piccole e
medie imprese prima o poi arriverà a
una maturazione anche su questo
fronte. La risposta delle reti d’impresa
è buona ma non sufficiente; così come
l’idea di avere una nuova Agenzia più
vicina ai bisogni delle Pmi è una buona
risposta. Tutto questo non è tuttavia
sufficiente perché la dimensione della
piccola e media impresa è un fattore
inibitorio rispetto alla complessità e alla competizione presenti sui mercati
internazionali. Pur avendo un grande
ruolo sui mercati esteri (ci attestiamo
intorno al 3,5% di quote di commercio
mondiale) sta quindi cominciando ad
essere matura la capacità di export delle imprese italiane, perché quelle forti
e autonome sono ormai presenti in
tutti i Paesi, mentre le piccole hanno
bisogno di essere assistite e culturalmente educate alle esportazioni».
Il capo economista del Gruppo Euler
Hermes, Ludovic Subran, ha spiegato
che, contrariamente a quanto avveniva in passato, molte aziende dei Paesi
in via di sviluppo come quelle sudamericane chiedono che vengano assicurati i loro crediti quando vengono a
fare affari in Europa perché si fidano
22
Ogni punto di mancata
crescita della Cina
per il sistema
dell’Eurozona
vale 30/40 miliardi
meno della solvibilità delle imprese
del Vecchio Continente. Si stanno
veramente ribaltano gli equilibri e i
pesi commerciali mondiali?
«Probabilmente è così. Che l’Europa faccia fatica e dia l’immagine di un continente un po’ stanco e con varie difficoltà
mi sembra evidente, come è evidente
nel giudizio dei mercati internazionali.
Questo dato non sorprende anzi conferma una tendenza che spesso c’è negli
operatori economico-finanziari ancor
prima di quelli industriali, che invece
hanno un indice di fiducia più elevato.
Il problema è più l’euro che i singoli
Paesi perché molte imprese hanno la
percezione che un investimento fatto
in euro si possa svalutare nel breve
termine. Questo è un tema al quale
sono chiamate a rispondere le autorità monetarie e l’Unione europea accelerando la politica di coesione che
va oltre la moneta unica».
Di contro, la montagna di crisi
aziendali che giace sul tavolo del
Ministero dello Sviluppo non indica che è forse il momento di pensare a un nuovo modello di sviluppo,
più moderno e più innovativo?
«Siamo il secondo Paese manifatturiero europeo e una presenza importante a livello globale. Se domattina
ci svegliassimo senza il nostro assetto industriale saremmo un Paese da
terzo mondo perché, non avendo fatto investimenti infrastrutturali, non
avremmo altra forza.
Quindi questo settore va preservato più
di quanto i governi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni abbiano fatto.
Questo è uno dei pochi Paesi dove se
chiede a un lavoratore quanto guadagna le dirà poco e se chiede a un datore
di lavoro quanto paga per un lavoratore
le dirà tanto. Ciò significa che non si sono create le condizioni per avvicinare il
mondo del lavoro perché lo si è caricato
di tasse come non è stato fatto in nessun altro Stato. Lo stesso per quanto riguarda la burocrazia, la mancata liberalizzazione del mercato e il rapporto tra
la politica e le imprese. Molte crisi di oggi sono legate a questi fattori come nel
caso del costo dell’energia, che viene
mediamente pagata in Italia il 30% in
più rispetto agli altri competitor europei come Francia e Germania.
Lo stesso si dica per la burocrazia che
asfissia le imprese. Questo concetto lo
ripete spesso il presidente di
Confindustria Giorgio Squinzi quando
racconta che per aprire un’impresa chimica in Germania ci vogliono 5 autorizzazioni, mentre ne servono 46 in Italia».
Come mantenere allora la competitività del nostro sistema industriale?
«Da una parte sburocratizzando il
Paese in maniera violenta. Serve
uno shock di competitività, misure
incisive anche a costo zero in cui si
dà il segnale forte che il Paese vuole
cambiare.
Sul tema del costo dell’energia dobbiamo avvicinarci almeno agli standard europei, quindi considerare il
mondo manifatturiero a rischio in
la RIVISTA Euler Hermes Italia
questo fronte. Poi lavorare in maniera
forte sulle infrastrutture per sbloccare
tutto quello che è sbloccabile. Ultimo
pilastro è la ricerca e innovazione. Il
Paese si è fermato e al blocco degli investimenti pubblici si è aggiunto
quello degli investimenti privati. Oggi
costruiamo le basi del futuro per
mantenere quel livello di tecnologia e
innovazione al quale i nostri prodotti
sono abituati.
La politica industriale ha bisogno di tre
elementi: ambizione, quindi riportare
gli imprenditori a rischiare; concretezza, ossia cose facili e semplificazione
burocratica; e una visione di lungo periodo. Quello che mi preoccupa non è
lo spread finanziario ma quello culturale: mentre gli altri Paesi guardano al
2030 come termine di sviluppo noi
guardiamo alle prossime elezioni politiche. Abbiamo una visione corta su
tutto. Adesso fermiamo i motori per
sei mesi in attesa delle elezioni. E la
differenza sta proprio qui perché,
mentre noi guardiamo al voto, gli altri
non si fermano. Ma questo, purtroppo,
è un grande tema culturale».
Speciale
this year, with the election of Giorgio Squinzi,
of which can be done at the cost of zero».
vice president of Confindustria with weighty
The chief economist of the Euler Hermes
responsibilities such as economic development.
Group, Ludovic Subran, explained that,
This is Aurelio Regina’s profile, the entrepreneur
unlike what happened in the past, many
originally from Foggia who has climbed the
companies in developing countries such as
career ladder of viale dell’Astronomia
South America ask that their credit be
(headquarters of Confindustria).
guaranteed when doing business in
What do Italian companies need to do in
Europe as they have less faith in the
order to free themselves from the dead
solvency of companies from the Old
weight of the crisis? What interventions
Continent. Are the commercial world’s
can no longer be postponed?
equilibriums and weights really being
«Unfortunately our estimations turned out to be
reversed?
more accurate than those carried out by the
«This is probably the case. The fact that Europe
Government. We had said that our GDP would fall
is struggling and is giving an impression of a
by 2,4%. It is clear that we are caught in the grip
tired continent facing numerous difficulties
of a serious situation and we are experiencing a
seems obvious to me, and that seems also to be
slight drop in exports linked to a slowdown of the
the opinion of international markets. This does
principal international economies. We need
not surprise me, rather it confirms a trend
policies aimed at stimulating consumption inside
which is often present in the economic-financial
the Eurozone and in those countries, like Italy,
area even before it emerges in the industrial
which have suffered both an economic and
area, which has a higher trust ratio».
emotional shock».
On the other hand does the mountain of
What is the threat for the future that
company crisis which covers the desk of
worries most?
the Minister of Development, not indicate
«I would say unemployment which is the
that it might be the right moment to think
result of a twofold phenomenon. On one
about a new development model, one
hand people lose their jobs, on the other the
which is more modern, more innovative?
system multiplies the effect. In our country a
«We are the second country for manufacturing
family with a single income can allow a wife
in Europe and are an important presence on a
not to work. When one of the family loses
global level. If we woke up tomorrow morning
their job automatically the other begins to
without our industrial base we would be a
look for work and therefore the effect of
third world country, as not having invested in
unemployment doubles».
Italy in need
of a competitive shock
infrastructure, we would not have other
Interview with Aurelio Regina, Vice President of Confindustria
with special responsibility for Economic Development
incisive measures which can be at zero cost
Abstract
strengths».
So how can we maintain the competitiveness
of our industrial system?
«We are in need of a competitive shock,
giving a strong signal of a country which
desires change. The industrial politics needs
by Daniele Autieri
three elements: ambition, getting
What can we do to get out of this situation?
entrepreneurs to take risks; simplifying
«The control of public spending has to be
bureaucracy; and long-term vision. What
maintained and should become a
worries me is not the financial gap but the
fundamental policy pillar. Having said this,
cultural one: while other countries look to 2030
President of one of the companies which
today we must access all the energy which is
for concluding development, we look to the
symbolise “made in Italy” abroad, the
in the system which would otherwise remain
next political elections. We have a short-
manufacturer Sigaro Toscano (Tuscan Cigar
locked away in a drawer. I am thinking about
sighted vision on everything. Now we have put
brand), president of Credit Suisse Italy and
the incentives concerning tax exemption for
everything on a hold for six months as we wait
partner of Egon Zehnder, one of the most well-
investments, tax credit on research and
for the elections. The difference is right here
known head hunting companies, but also a key
innovation, the unblocking of laws and
because while we come to a standstill and
figure in Confindustria, previously number one
bureaucracy on infrastructure, the
wait for the vote, others do not stop. This
among Roman industrialists and since March of
institutional reorganization of the country. All
however, is a big cultural issue».
23
Speciale
SENZA INNOVAZIONE
si ferma il Paese
«Innovare è vedere il prodotto prima
del mercato». Non ha dubbi Alberto
Tripi, l’imprenditore impegnato nei
settori innovativi dagli esordi in IBM fino alla costituzione del Gruppo
AlmavivA, leader in Italia nell’information and communication technology
e nei contact center. Il suo Gruppo oggi da lavoro a circa 24mila persone, è
attivo in Italia ma forte anche di una
componente internazionale radicata
in Paesi come il Brasile, la Tunisia e recentemente anche la Cina.
La sua scommessa sono stati da sempre i servizi ad alto valore tecnologico,
un settore che ha rappresentato anche come Presidente di Confindustria
Servizi Innovativi. Oggi, guardando alla difficile situazione italiana, ripete
che la strada da seguire passa per la
riduzione dei costi improduttivi, senza però toccare gli investimenti, la vera leva che permette ancora alle imprese di crescere.
Il settore produttivo italiano ha una
forte componente manifatturiera,
ma anche un’anima ben radicata
nei servizi. Il suo Gruppo è leader
nei servizi legati all’innovazione
tecnologica e in quelli di Crm. Qual è
stato l’impatto della crisi su questi
settori?
«L’attività dei servizi tecnologici e
dell’information and communication
technology generalmente non segue
gli andamenti economici di un Paese,
ma arriva rispetto a questi in ritardo
o in anticipo. Nel caso italiano, ad
24
esempio, molti grandi progetti e i relativi investimenti erano già stati lanciati quando è arrivata la crisi e la loro realizzazione è andata avanti anche in questi anni. Adesso, terminati
quei progetti di largo respiro senza
che siano stati sostituiti da nuove iniziative su scala nazionale, cominciamo ad avvertire il rallentamento del
mercato.
Ma il rischio maggiore di questo stop,
oltre al degenerato stato di salute delle imprese del settore, riguarda in generale la mancata modernizzazione
del Sistema Paese e delle sue forze
produttive. Quando si fermano i processi innovativi, automaticamente le
imprese che ne avrebbero beneficiato
diventano meno efficienti e meno
competitive sui mercati internazionali. Un vero imprenditore, quindi, in
questa fase recessiva e di massima attenzione alle spese, dovrebbe ridurre i
costi improduttivi ma non quegli investimenti che permettono all’azienda di continuare a crescere.
Questo processo purtroppo negli ultimi mesi si è fermato e l’industria
dei servizi IT, dopo anni di crescita a
doppia cifra, registra quest’anno
una flessione che si aggira intorno
all’8-10%.
A questo proposito mi auguro che i
progetti inseriti nell’Agenda Digitale
presentata dal Governo aiutino il settore a ripartire. È ovvio che per la
maggior parte delle PMI, impegnate
nel manifatturiero e preoccupate di
Intervista ad Alberto Tripi,
presidente del Gruppo AlmavivA
I servizi ad alto valore tecnologico
rendono l’Italia un Paese moderno.
di Daniele Autieri
non arrivare al mese prossimo, l’ipotesi di investire in nuove tecnologie si
fa più remota. Ma voglio anche dire
che ci sono tantissime piccole e medie
imprese che invece riconoscono il valore dell’ìnnovazione e studiano continuamente come ottimizzare i loro
prodotti e il loro business».
AlmavivA è molto attiva anche all’estero, ma l’azienda è stata forse l’unica in Italia a negare da statuto
qualsiasi genere di delocalizzazione.
la RIVISTA Euler Hermes Italia
Cosa significa e perché avete fatto
questa scelta?
«La filosofia è semplice: siamo all’estero non per portare in Italia prodotti a basso costo, ma per realizzare attività destinate esclusivamente
all’estero. Le nostre sono attività cosiddette brain intensive, dove la
componente umana è la base dei
prodotti che vendiamo. Quando
apriamo una sede in un nuovo Paese
prendiamo dal territorio mentalità,
cultura, formazione ed educazione
della forza lavoro che troviamo lì e la
sfruttiamo per sviluppare sistemi
informativi che sono la base della
nostra attività.
Sarebbe assurdo, per esempio, se
pensassimo di produrre in Cina un
software da vendere al Ministero dei
Beni Culturali italiano. Il nostro compito è fare abiti su misura ad altissimo
valore tecnologico, ideati e realizzati
per il mercato dove vengono prodot-
Nonostante la crisi
siamo cresciuti nell’ultimo
quinquennio.
In particolare dal 2009
al 2011 il nostro fatturato
è passato da 641 a 730
milioni di euro. E i dipendenti
da 19mila a 24mila unità
25
la RIVISTA Euler Hermes Italia
Speciale
ti. Un abito su misura che, non va dimenticato, ha alla base il know-how, il
talento e l’esperienza italiana dove rimane il cuore e il cervello del nostro
Gruppo».
Siete molto forti sul mercato brasiliano e state crescendo anche in altri
Paesi. Quando inaugurate un nuovo
business all’estero avvertite una vitalità differente rispetto a quello
che si respira oggi in Italia?
«Il Brasile ad esempio è un Paese economicamente eccezionale. Mi ricorda
l’Italia degli anni 60, quando io cominciai a lavorare. Si respira una voglia di
fare, di collaborare che va oltre la collaborazione sterile. Oggi in Brasile
pubblico e privato, banche e imprenditori, lavorano insieme per lo sviluppo di tutti.
Per dare l’idea del grado di vitalità
di questa economia, la nostra
azienda occupa sul territorio brasiliano circa 12mila persone e ogni
anno 10mila di queste cambiano lavoro. Eppure questo non è un caso
o un segno di insofferenza, ma una
prassi in un Paese dove la gente si
muove, cambia casa, cerca nuove
opportunità, in una parola è estremamente dinamica».
Lei si è battuto in Confindustria sul
ritardo dei pagamenti da parte della
PA. Ritiene realistica l’applicazione
della direttiva europea che impone
il pagamento entro 30 giorni?
«A questo proposito guardiamo con
favore al decreto legislativo presentato dal Governo che dovrebbe recepire finalmente la direttiva europea.
Nel merito non è ancora chiaro se la
legge valga per tutti i crediti verso la
PA oppure se siano esclusi quelli
precedenti all’approvazione del decreto. In quest’ultimo caso la soluzione scelta rappresenterebbe comunque un danno gravissimo per
imprese come la nostra. AlmavivA
ha in piedi contratti con la Pubblica
Amministrazione di durata anche
quinquennale. Questo significa che
se il contratto è stato siglato anche
un giorno prima dall’entrata in vigo26
La sede del Gruppo AlmavivA
L’industria dei servizi IT,
dopo anni di crescita
a doppia cifra,
registra quest’anno
una flessione che si aggira
intorno all’8-10%
re del nuovo regolamento, non avremo niente da pretendere per i prossimi anni e fino alla stipula di un
nuovo contratto.
In generale comunque il problema è
gravissimo e lo è per tutte le imprese.
Pagamenti ritardati significa un’esposizione obbligata nei confronti delle
banche e quindi il versamento di tassi
di interesse passivi elevatissimi. Non è
più accettabile che gli utili di fine anno, invece di essere reinvestiti per la
crescita e lo sviluppo, debbano essere
utilizzati per pagare gli interessi passivi sul debito».
Venuti meno i grandi campioni dell’innovazione made in Italy come lo
fu la Olivetti degli anni d’oro, non rischiamo oggi di divenire dei semplici fornitori di servizi a basso contenuto tecnologico? Un trend che viene peraltro costantemente confermato dal confronto con gli altri
Paesi sviluppati sugli investimenti
in ricerca e sviluppo.
«Il rischio c’è ma la capacità imprenditoriale italiana è tale da imporre un
esercizio di ottimismo nei confronti
del futuro. Molto spesso si fa l’errore
di considerare innovazione solo quello che avviene in laboratorio, ma non
è così. Anche un prodotto mai visto
sul mercato è un’innovazione; anche
una campagna di marketing aggressiva e vincente è un’innovazione. Tutto
questo non rientra nelle statistiche
che vengono stilate sugli investimenti
in ricerca e sviluppo, ma ne rappresenta una componente importante.
Qualsiasi imprenditore italiano che
deve pensare come far crescere la sua
azienda, fa un’attività di ricerca continua. E guardando al futuro io credo
che i nostri imprenditori siano in grado di continuare a innovare. Anche
perché altrimenti non ci sarebbe più
futuro».
La competizione internazionale e la
crisi di tante aziende italiane ha dimostrato che l’innovazione non dovrebbe essere un’aspirazione stagionale, ma un modo di essere scritto nel DNA aziendale. Cosa significa
per lei innovare?
«Innovare significa trasformare una
visione in un prodotto. E poi trasformare il prodotto in un bene o in un
servizio di successo. I grandi casi di
Microsoft o di Apple hanno dimostrato che non basta solo creare il prodotto, ma anche creare nella gente il bisogno del prodotto con una vincente
strategia di marketing. Ovviamente
la RIVISTA Euler Hermes Italia
Speciale
parliamo di altissimi livelli, ma questo
approccio andrebbe replicato su tutte
le attività produttive. Immaginare il
futuro, metabolizzarlo e trasformarlo
in un prodotto ambito è il cuore dell’innovazione e l’obiettivo di qualsiasi
imprenditore».
Abstract
Without
innovation
a country
comes to
a standstill
event. In the Italian case, for example, many
and we use it to develop information systems
big projects and the relative investments had
which are the basis of our activity».
already been launched when the crisis arrived
When you start-up a new business abroad do
and their realization has gone ahead even
you perceive a different vitality compared to the
during this period. Now that these wide-
situation we are experiencing in Italy today?
ranging projects are finished and have not
«Brazil for example is a country which could
been substituted by new initiatives on a
be described as having an excellent economic
national scale, we are beginning to feel the
conditions. It reminds me of Italy in the 1960s,
slowdown of the market.
when I began working. There is a tangible
The greatest risk of this standstill, apart from the
desire to move ahead, to collaborate in a way
degeneration of the health of the companies in
which goes beyond a token gesture. Today in
the sector, concerns the lack of modernization of
Brazil the public and private, banks and
«Innovating is seeing a product before the
the country’s national economic system and its
entrepreneurs, work together for overall
market does». Alberto Tripi has no doubt
productive strengths. When innovative
development».
about it, an entrepreneur who has been
processes stop, the companies who would have
In absence of the great representatives of
committed to the innovative sectors from his
benefited automatically become less efficient
“made in Italy” innovation like Olivetti was
first experiences in IBM to the incorporation of
and less competitive on international markets.
in the golden years, today are we risking
the Gruppo AlmavivA, leader in Italy for
Unfortunately in recent months this process has
becoming simply suppliers of services with
information and communication technology
stopped and the industry of IT services, after
low level technology? This is a trend which
and contact centres. Today his group employs
years of double digit growth, this year has
is constantly confirmed compared to other
about 24 thousand people, it is active in Italy
registered a drop of around 8-10%».
developed countries concerning
but also has a strong international presence
Almaviva is also very active abroad, but the
investments in research and development.
rooted in countries such as Brazil, Tunisia and
company is perhaps the sole in Italy to have a
«The risk exists but Italian entrepreneurial
more recently China. The company has always
policy which rejects any type of
capability is such as to be able to send out a
been willing to take the risk of working with
delocalization. What does this mean and
wave of optimism with regard to the future.
services deeply involved in technology. Tripi has
why have you made this decision?
Often we make the mistake of considering
also represented the sector as President of
«The philosophy is simple: the reason we work
innovation as only that takes place in
Confindustria Innovative Services.
abroad is not to bring products to Italy at a low
laboratories, but this is not the case. A product
Your Group is a leader for services connected
cost, but to create business activities destined
which has never before been seen on the
to innovative technology and in Crm. What
exclusively for abroad. Our activities are so-
market is also an innovation; even an
impact has the crisis had on these sectors?
called brain intensive, where the human
aggressive and winning market campaign is an
«The business of technology services and
component is the basis of the products which we
innovation. All of this is not taken into account
information and communication technology
sell. When we open an office in a new country
in the statistics which are drawn up on the
generally does not follow the economic trends
we adopt the attitude, culture, training and
investments in research and development, but
of a country, but it arrives before or after the
education of the work force that we find there
it represents an important component».
Interview with Alberto Tripi,
president of Gruppo AlmavivA
by Daniele Autieri
27
Report
REPORT
MANCATI
PAGAMENTI
DELLE
IMPRESE
ECONOMIA
ANCORA IN CRISI:
ITALIANE una via stretta per le imprese
L’analisi dei primi nove mesi del 2012
evidenzia un aumento del numero dei mancati pagamenti.
La crisi economica che ha colpito
l’Unione europea sta condizionando in maniera pesante l’andamento dell’economia mondiale. La
decisione dei governi di adottare
politiche di austerità e contrazione dei bilanci sta riducendo
la domanda globale e, quindi, la
crescita.
Le stime sull’economia tedesca
e francese per l’anno in corso sono ancora in positivo (rispettivamente +0,8% e +0,1%) mentre la
Gran Bretagna dovrebbe finire in recessione. Per quanto riguarda l’Italia,
le previsioni dei maggiori istituti di ricerca indicano per il 2012 una contrazione del Prodotto interno lordo
del 2,3/2,4%, sottolineando anche il
basso livello di produttività di un’economia per ora trainata solo dall’export. Secondo il Fondo Monetario
Internazionale, tra il giugno 2011 e
quello 2012, l’Italia ha perso 235 miliardi di euro di investimenti (15% del
Pil), impegnata a rafforzare la sostenibilità di bilancio a fronte di un rapporto debito-Pil ora attestato al 123%,
picco storico dal 1995.
Sul fronte imprenditoriale i finanziamenti a rischio sono cresciuti del
140% rispetto al 2008 e la stretta del
credito prosegue. La cassa integrazione è cresciuta dell’8,9% nei primi
28
la RIVISTA Euler Hermes Italia
Principali indicatori utilizzati
FREQUENZA
SEVERITÀ
NUMERO
DEI MANCATI PAGAMENTI
IMPORTI MEDI
DEI MANCATI PAGAMENTI
Banca Dati:
Il monitoraggio giornaliero dei pagamenti della banca dati Euler Hermes raccoglie circa
450MILA IMPRESE ITALIANE
Domestic Trend (2007 - base 100)
180 162
168
160 155
140 -
142
130
120 -
Ciclo
Recessivo
122
100 95
Ciclo
Espansivo
80 71
60 -
56
40 -
Frequenza
Severità
-
-
-
-
-
20 -
40
2008
2009
2010
2011
2012 9M
Base di riferimento 2007
Fonte: Banca Dati Euler Hermes Italia
Export Trend (2007 - base 100)
180 160 145
139
140 127
127
120 -
114
124
Ciclo
Recessivo
118
100 Ciclo
Espansivo
80 60 -
48
43
40 -
-
-
-
-
20 -
43
Frequenza
Severità
2008
2009
2010
2011
2012 9M
Base di riferimento 2007
Fonte: Banca Dati Euler Hermes Italia
nove mesi dell’anno e poco meno
della metà delle imprese italiane è
costretta a chiudere entro i primi 5
anni di vita.
Detto questo, alcuni settori come
quello industriale (che rappresenta
un terzo del Pil nazionale) hanno
mantenuto i livelli produttivi e si preparano al 2013 quando l’economia
dovrebbe ripartire anche nel nostro
Paese.
Guardando però alle criticità che
stanno vivendo le imprese italiane,
in particolare alla voce dei mancati
pagamenti, il Report elaborato da
Euler Hermes Italia fotografa per il
terzo trimestre del 2012, rispetto
allo stesso periodo del 2011, la crescita della frequenza (+25%), ossia
del numero di mancati pagamenti,
mentre la severità (l’ammontare
degli importi medi) resta invariata.
Una prospettiva negativa si fa largo
per la prima volta dopo qualche anno nel mercato dell’export dove il
buon andamento del 2011 e anche
dei primi mesi del 2012, viene sostituito da segnali di deterioramento
su entrambi gli indicatori: frequenza (+5%) e severità (+9%).
Andando invece ad analizzare i territori, gli indicatori dei mancati pagamenti sono in peggioramento per
7 regioni su 10, mentre solo il Friuli
li presenta entrambi in miglioramento, grazie alla tenuta dell’export di alcuni distretti. La Lombardia
soffre il rallentamento dell’export
che sta colpendo le PMI del territorio con un ampio numero di default.
Nel Veneto invece le variazioni ridotte sono dovute al dinamismo di
alcuni distretti che puntano su qualità e nuovi mercati, come quello
degli occhiali o quello trevigiano del
mobile. Al Sud la decelerazione economica è ancora più evidente specialmente nella numerosità dei
mancati pagamenti in Basilicata,
Sicilia e Sardegna.
29
la RIVISTA Euler Hermes Italia
Report
TABELLA 1 I Mancati Pagamenti nelle Regioni (variazioni percentuali)
FREQUENZA
A livello territoriale
bene il Friuli, mentre
le criticità maggiori
si concentrano al Sud
«I mancati pagamenti in Italia – afferma Andrea Misticoni, Direttore
Centrale di Euler Hermes Italia – proseguono il trend di crescita anche nel
3° trimestre 2012. Il forte rallentamento dei consumi privati, la stretta
finanziaria in essere e la relativa crisi
di liquidità stanno alimentando sul
mercato interno la crescita dei debiti
non onorati tra le imprese. Molti i settori colpiti tra i quali l’agroalimentare,
affetto dall’inefficienza della catena
distributiva e dalla crescita dei costi
per le imprese agricole mentre nella
filiera della pelle soffrono le calzature.
Il comparto delle costruzioni continua
il suo trend negativo anche a causa
dell’assenza di investimenti pubblici
nelle infrastrutture utili allo sviluppo
economico del Paese».
«Dal lato export – prosegue Misticoni
– si evidenzia un peggioramento dei pagamenti soprattutto in termini di importi medi. Ad incidere su quest’ultimo
dato, gli incrementi registrati nei settori chimica, carta e siderurgia. La
meccanica, invece, con i suoi prodotti
a valore aggiunto e con la specificità di
alcune nicchie del comparto, prosegue
la sua crescita nei mercati export esplorando sempre più le mete extra UE».
Alcuni segnali di miglioramento per
il mondo imprenditoriale si cominceranno invece a intravedere agli inizi
del 2013 anche se i principali indicatori economici del Paese torneranno
ad essere positivi a partire dal 2014.
REGIONI
Valle d’Aosta
Piemonte
Lombardia
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Marche
Umbria
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
2011*
2012**
2011*
2012**
+25%
+34%
+38%
+29%
+20%
+53%
+74%
+69%
+51%
+37%
+100%
+48%
+15%
+26%
+48%
+24%
+3%
+74%
+45%
+8%
+60%
+31%
+36%
0%
+12%
–5%
+61%
+18%
+29%
+69%
+27%
+14%
+50%
+36%
+15%
+25%
+39%
+5%
+37%
+37%
+100%
+50%
+29%
+5%
+3%
+12%
–22%
+33%
+36%
+2%
+52%
+25%
–39%
+100%
–3%
+16%
+100%
+27%
+27%
–48%
–70%
+16%
+15%
+35%
–2%
–14%
+22%
+64%
–13%
–4%
–23%
–49%
+36%
+100%
–6%
+3%
–69%
+37%
–9%
–17%
TABELLA 2 I Mancati Pagamenti per Settori - DOMESTIC (variazioni percentuali)
FREQUENZA
SEVERITÀ
SETTORI
2011*
2012**
2011*
2012**
Cuoio e Pellame
Edilizia
Energia
Meccanica
Legno e Arredamento
Chimico
Calzature
Carta
Tessile e Maglieria
Abbigliamento
Siderurgia
Agroalimentare
+17%
+70%
–39%
+31%
+36%
+82%
+33%
–13%
+100%
+69%
+43%
+66%
–11%
+29%
+89%
+23%
+2%
–5%
+39%
+34%
–11%
+23%
+33%
+29%
–27%
+17%
–75%
+38%
+19%
–34%
–6%
+100%
+20%
–10%
+42%
+20%
+53%
+5%
+100%
–4%
–32%
+34%
+67%
–4%
–52%
–9%
–45%
+44%
TABELLA 3 I Mancati Pagamenti per Settori - EXPORT (variazioni percentuali)
FREQUENZA
SETTORI
2011*
2012**
Cuoio e Pellame
Edilizia
Energia
Meccanica
Legno e Arredamento
Chimico
Calzature
Carta
Tessile e Maglieria
Abbigliamento
Siderurgia
Agroalimentare
–11%
+10%
–100%
+13%
+20%
+28%
–42%
+64%
–9%
–13%
–40%
+8%
–19%
+8%
0%
–7%
+15%
+4%
–13%
+27%
+11%
–6%
+19%
+22%
* gen-dic 2011 vs gen-dic 2010
30
SEVERITÀ
** gen-set 2012 vs gen-set 2011
SEVERITÀ
2011*
+74%
–8%
0%
+88%
+13%
–44%
–24%
+21%
+19%
–16%
–40%
+7%
2012**
–33%
0%
0%
–54%
+63%
+100%
+100%
+54%
–24%
+34%
+100%
+7%
Fonte: Banca Dati Euler Hermes Italia
Avvenimenti
ANDREA MISTICONI NUOVO DIRETTORE COMMERCIALE
Dopo significative esperienze in diversi settori merceologici,
Misticoni guida ora le strategie commerciali della branch italiana di Euler Hermes
D
all’11 luglio scorso Andrea Misticoni, 40 anni, è
entrato a far parte di Euler Hermes Italia, società
del gruppo Allianz specializzata nell’assicurazione crediti, in qualità di Direttore Market Management Commercial and Distribution.
Misticoni si occupa della definizione e dell’attuazione delle strategie commerciali, in accordo con le linee guida del Gruppo. A lui riporteranno le Funzioni
Commercial Underwriting, Customer Service,
Distribution, Marketing and Communications.
Laureato in Giurisprudenza, ha maturato significative
esperienze in diversi settori tra cui quello del largo
consumo (Procter & Gamble), automotive (Renault
Italia e Ducati Moto) e finanziario (Commerzbank
Asset Management) per poi approdare nel settore del
noleggio a lungo termine, nel 2004, dove ha acquisito
ruoli di rilievo fino a diventare Direttore Commerciale
in ING Car Lease.
«Le imprese italiane – ha dichiarato Misticoni – operano attualmente in un mercato complesso e molto
competitivo, pertanto, l’obiettivo è di continuare a svi-
luppare una crescita profittevole del loro business
mettendo i nostri servizi a disposizione del cliente,
centro della nostra attività. E grazie a un team di
esperti e una rete dedicata di Agenti Generali presenti
su tutto il territorio nazionale, sono certo che raggiungeremo importanti risultati confermando la nostra
leadership di mercato».
APERTE DUE NUOVE AGENZIE GENERALI
Euler Hermes manifesta l’attenzione al Cliente con la presenza capillare sul territorio
E
uler Hermes ha aperto due nuove Agenzie Generali. La prima, il 16 luglio scorso, è l’Agenzia
Generale Euler Hermes Italia della Liguria, la cui
gestione è affidata all’Agente Generale Enrica Zunino.
La sua apertura fa parte della strategia di sviluppo di
Euler Hermes Italia per favorire la crescita e la vicinanza
al Cliente nelle aree geografiche con maggiori opportunità di sviluppo. La zona territoriale interessata comprende le province di Genova, Imperia, La Spezia e Savona (condivise con l’Agenzia Generale di Montecatini).
La sede dell’Agenzia è in via 12 Ottobre, 2/35.
La seconda, l’Agenzia Generale Euler Hermes Italia di
Bergamo, è stata costituita l’11 ottobre e la sua gestione è stata affidata all’Agente Generale Marco Sani
che ricoprirà il ruolo distinto di Agente Generale sia
per l’agenzia delle Dolomiti che per l’agenzia di
Bergamo. La zona territoriale comprende la provincia
di Bergamo, mentre la sede è in via Bianzana 68/D,
Bergamo.
31
la RIVISTA Euler Hermes SIAC
Avvenimenti
EULER HERMES ITALIA AL CONVEGNO ABI
I
l Credito è l’elemento chiave della relazione BancaCliente e lo strumento imprescindibile per lo sviluppo del Paese, delle sue imprese, delle sue infrastrutture, del suo futuro. Diamo quindi Credito al Credito! È
proprio questo il titolo del Convegno organizzato da
ABI (Associazione Bancaria Italiana) che dal 27 al 29
novembre ha rappresentato per gli esperti del settore
un momento di confronto, analisi e networking. Esponenti delle istituzioni, del settore bancario ed impren-
UN RECORD!
S
Da circa 20 anni Euler Hermes Italia avvicina clienti,
prospect e Istituzioni con il suo house organ “La Rivista”
ono oltre 20.000 i destinatari ai quali Euler
Hermes invia periodicamente la pubblicazione che
più di un house organ risulta essere, dal punto di vista editoriale, una vera e propria rivista. Dedicata a imprese e imprenditori italiani si allarga, infatti, anche a rubriche dedicate alle economie mondiali e a Studi della
Direzione Ricerca Euler Hermes (“Insolvency” e “Sectors
Outlook”) e a quelli della branch italiana (“I mancati pagamenti delle Imprese italiane”). Io collaboro alla sua edizione da quando è nata, come capo della Comunicazione
e dell’Ufficio stampa e, oggi, con il consenso della
Direzione, della redazione e dell’editore PRC, per l’ultima
volta e con grande nostalgia, saluto i lettori che ci hanno
seguito per tanto tempo e per tanto ancora, sono certo,
la seguiranno. Infatti, alla fine dell’anno lascerò questa
azienda per seguire impegni personali.
Non so se esistono classifiche relative alla durata di
un magazine aziendale, so solo che il nostro è sicura-
32
ditoriale si sono incontrati per fare il punto sulla fondamentale funzione del credito per lo sviluppo dell’economia, anche attraverso il confronto fra la realtà italiana e le esperienze internazionali, tracciando le linee
evolutive del settore nei prossimi anni. Nella tre-giorni
sono state affrontate tematiche quali l’impatto delle
recenti evoluzioni normative sui mercati dei mutui e
del credito ai consumatori, analizzati gli ultimi e più
avanzati modelli di risk management, esaminate le
nuove forme di aggregazione di imprese per un miglior
accesso al credito, e infine è stato disegnato il futuro
dei sistemi di garanzia, ragionando sull’utilizzo ottimale degli strumenti di mitigazione del rischio d’impresa e
sull’impiego delle risorse europee per lo sviluppo dell’economia.
Euler Hermes Italia, con un intervento di Andrea
Misticoni, dopo aver presentato alcuni dati di scenario
economico ed aver indicato in breve i servizi dell’assicurazione del credito, ha portato in evidenza le attività
realizzate in partnership con il mondo bancario sul territorio nazionale, strutturate con la finalità di agevolare
l’accesso al credito per le imprese italiane. Una nutrita
sezione di Q&A ha poi concluso i lavori.
mente già da record
e manterrà la posizione con le uscite
dei prossimi anni.
Oltre ai nostri lettori,
approfitto di questa pagina per salutare chi ci
ha seguito anche internamente: i colleghi, la
Direzione Vendite e gli
Agenti Generali che inseriscono “La Rivista”
tra la documentazione
di lavoro, e ai quali viene riservata una rubrica per illustrare
i loro impegni sul territorio e dentro le Aziende assicurate.
A tutti buona fortuna!
Giorgio Vallati