periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e
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ISSN 1720-5638 IL CALITRANO periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB - Filiale di Firenze ANNO XXV - NUMERO 28 (nuova serie) GENNAIO-APRILE 2005 VIA A. CANOVA, 78 - 50142 FIRENZE - TEL. 055/783936 IN QUESTO NUMERO Il giornale online di Raffaele Salvante Periodico quadrimestrale di ambiente - dialetto - storia e tradizioni dell’Associazione Culturale “Caletra” 4 Fondato nel 1981 6 Sito Internet: www.calitritradizioni.it/calitrano.asp E-mail: [email protected] La Confraternita e la chiesa di San Michele Arcangelo IN COPERTINA: Calitri 1916 circa, Berardino Del Cogliano (auc’gghiara) nato a Calitri da Vincenzo e da Benedetta Zarrilli il 26.11.1889 e deceduto il 29.09.1979, Laura Maria Fastiggi (a’ pec’) nata da Michele e da Giacinta Polestra il 16.07.1892 e deceduta il 30.01.1975, il piccolo Antonio Del Cogliano nato il 10.11.1915 e Benedetta Del Cogliano (28.05.1914 del dott. Emilio Ricciardi Il maestro Luigi Zampaglione di Raffaele Salvante 10 Direttore Raffaella Salvante 13 Direttore Responsabile A. Raffaele Salvante Raduno Confraternite del priore prof. Vito Alfredo Cerreta Una serata con Vinicio Capossela di Giuseppe Di Guglielmo LA QUESTIONE FINANZIARIA Ci dispiace insistere ma è un problema importante per la vita del giornale, che rischia davvero di bloccare la sua pubblicazione. Aiutarne la sopravvivenza vuol dire non soltanto contribuire direttamente, ma anche darsi da fare con gli amministratori del Comune e della Comunità Montana, perché prendano a cuore questa iniziativa editoriale che da lustro al nostro paese e serve da collegamento diretto con i nostri emigranti. ANNO XXV - N. 28 n.s. 3 Personaggi del Cronista IL CALITRANO 14 Segreteria Martina Salvante Come uscire dalla droga di Marco 15 DIALETTO E CULTURA POPOLARE 16 ERBE DI CASA NOSTRA 17 LA NOSTRA BIBLIOTECA 18 SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 21 MOVIMENTO DEMOGRAFICO 22 REQUIESCANT IN PACE 23 Direzione, Redazione, Amministrazione 50142 Firenze - Via A. Canova, 78 Tel. 055/78.39.36 Spedizione in abbonamento postale 70% - DCB - Filiale di Firenze C. C. P. n. 11384500 La collaborazione è aperta a tutti, ma in nessun caso instaura un rapporto di lavoro ed è sempre da intendersi a titolo di volontariato. I lavori pubblicati riflettono il pensiero dei singoli autori, i quali se ne assumono le responsabilità di fronte alla legge. PASQUA 2005 Il giornale viene diffuso gratuitamente. Attività editoriale di natura non commerciale nei sensi previsti dall’art. 4 del DPR 16.10.1972 n. 633 e successive modificazioni. Le spese di stampa e postali sono coperte dalla solidarietà dei lettori. “Signore, io credo. Io voglio credere in Te. O Signore, fa che la mia fede sia pura; Signore, fa’ che la mia fede sia forte O Signore, fa’ che la mia fede sia operosa” Stampa: Polistampa - Firenze Autorizzazione n. 2912 del 13/2/1981 del Tribunale di Firenze Il Foro competente per ogni controversia è quello di Firenze. Accrediti su c/c postale n. 11384500 intestato a “IL CALITRANO” - Firenze oppure c/c bancario 61943/00 intestato a Salvante A. Raffaele c/o Sede Centrale della Cassa di Risparmio di Firenze Spa - Via Bufalini, 6 - 50122 Firenze - ABI 6160 - CAB 2800 Chiuso in stampa il 20 febbraio 2005 IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 VENTICINQUE ANNI DI VITA FECONDA IL GIORNALE ONLINE Viviamo oggi un tempo particolare di ripensamento e di ricerca con modalità nuove e con mezzi moderni, quindi, con una forte attenzione ai segni dei tempi e alle loro esigenze; internet per sua natura è uno speciale mezzo diretto, immediato, interattivo e partecipativo. l 13 febbraio del 1981 il Tribunale di Il’autorizzazione Firenze concedeva, su nostra istanza, n. 2912 per la pubblicazione del presente giornale; è trascorso un quarto di secolo e noi stessi, per primi, siamo meravigliati del risultato conseguito, sia pure a volte con grande fatica. Nella nostra attività abbiamo dato alle stampe 43 numeri in formato tabloid e 28 numeri, col presente, nel formato “nuova serie” con una varietà di articoli che i lettori hanno potuto valutare e soppesare. Certamente abbiamo avuto dei collaboratori eccezionali nelle persone del prof. Pietro Cerreta, del padre domenicano Gerardo Cioffari, del dottor Marco Del Cogliano e del dottor Emilio Ricciardi ed altri, uomini e donne che col loro ricco patrimonio di suggerimenti e idee hanno saputo dare al giornale, valorizzando un’ampia rete di sinergie, una veste autorevole. La complessità e la fatica di un tale lavoro sono evidenti, ma prendendo coscienza dei radicali cambiamenti in atto nella nostra società e nel mondo intero, di fronte alle sfide di quest’epoca, internet rappresenta una delle conseguenze di quel processo di globalizzazione che caratterizza il mondo contemporaneo e da cui non è possibile tirarci fuori. Vanno ribaditi, comunque, gli obiettivi che fin dall’inizio ci siamo proposti e cioè la ricerca appassionata della verità in ogni fatto e nel pieno rispetto della dignità e del valore della persona umana; il servizio alla giustizia quale condizione essenziale perché il bene trionfi su ogni tentazione di manipolazione e di sopruso; il pieno esercizio della libertà nell’espressione del pensiero e nella valutazione dei fatti, evitando accuratamente ogni forma di servilismo e di uso strumentale dei media. I media, infatti, spesso rendono un servizio coraggioso alla verità; ma talvolta, però, funzionano come agenti di propaganda e disinformazione, al servizio di interessi ristretti, di pregiudizi nazionali, etnici, razziali e religiosi, di avi- dità materiale e di false ideologie di vario tipo. Segnali lapalissiani di questa deriva dei media sono stati attentamente deplorati dal nostro Presidente della Repubblica in due precisi e distinti interventi, che all’indomani hanno provocato uno sperticato plauso da parte di tutti i giornali, compresi quelli che sono, da sempre, “spudoratamente” di parte. Ma è nella quotidianità più semplice che dobbiamo cercare il salto che aiuti ad assumere davvero una nuova prospettiva, per accentuare una nuova sensibilità, facendo del progetto culturale un valore aggiunto, per essere più incisivi negli obiettivi e nei mezzi per conseguirli. Fin dall’inizio constatando che l’esperienza umana in quanto tale è diventata una esperienza mediatica, avremmo voluto mettere online il nostro giornale, ma la nostra impreparazione e i nostri ristretti limiti tecnici ci hanno impedito di operare, fino a quando non abbiamo incontrato un validissimo giovane salernitano figlio di calitrani il dottor Marco Del Cogliano laureato in scienze della comunicazione, che gestisce un sito sulle Tradizioni popolari di Calitri, che cortesemente e con seria competenza si è offerto di collaborare col giornale costruendo il sito internet sul quale dal 2005 è possibile trovare tutti i numeri della nuova serie mentre per quelli del formato tabloid non abbiamo ancora trovato chi li può scanzire senza farci spendere cifre astronomiche. Da oggi in poi ad esempio tutti i calitrani, in particolar modo quelli del Venezuela o degli USA, ai quali il giornale arriva sempre con un ritardo di circa due mesi, possono “scaricare”, sul proprio computer i numeri del periodico che viene stampato alle scadenze fisse di Pasqua - Ferragosto e Natale. Per inviare articoli o foto da pubblicare, basta inserire il materiale o la foto in allegato ad un messaggio di posta elettronica. Nel frattempo stiamo procedendo ad una revisione con aggiornamento dei due volumi pubblicati: “CALITRI Canti Po3 polari” del 1983 e “Proverbi Calitrani” del 1986 per inserirli online. La nostra ambizione è quella di “stimolare” le coscienze, che, nel costruire ogni giorno quel bene riconosciuto come concretamente possibile, sappiano rileggere criticamente i passi compiuti e scoprire nuovi e sempre più ampi spazi di azione. Al termine di un così partecipato cammino, a nessuno sfugge come tale compito comporti, oltre all’impegno finanziario, una più stretta e valorizzata collaborazione per meglio animare e sostenere la ricerca intellettuale per un autentico servizio alla crescita integrale della persona umana. Raffaele Salvante DALLA SVIZZERA Basilea, 06.09.2003 nella parrocchia di S. Giuseppe si sono uniti in matrimonio Catiusca Girardi figlia del carissimo amico Peppino e Cristian Jud. Nella stessa parrocchia, a suo tempo, si sono sposati i genitori dei due giovani. IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 PERSONAGGI Francesco Michele POLESTRA (don Ciccillo), medico, nato a Calitri (16.12.1865 † 05.07.1941) da Rocco e da Lucia Stanco, coniugato con Adele Maria Bruni, nata a Montella (02.06.1865 † Napoli 22.04.1905) da Vincenzo e da Raffaella Capone: ebbero un solo figlio, Rocco Polestra, che nacque a Calitri il 12 novembre 1897. Giuseppe Nicola POLESTRA, generale Medico (24.02.1872 † 22.11.1940) nacque da Rocco e da Lucia Stanco, laureatosi in medicina a Napoli il 06.08.1896, frequenta per due anni la Scuola di Sanità Militare di Firenze, conseguendo il grado di sottotenente medico di complemento, per passare al Servizio Permanente effettivo. Partecipa al Corpo Internazionale militare nell’isola di Creta, teatro di sanguinose rivolte contro il dominio turco. Il 2 giugno 1900 viene destinato, quale Sottotenente medico, in Eritrea dove esplica, instancabile, la sua professione presso i Battaglioni Eritrei, portando il contributo della sua preparazione scientifica che gli valse la stima dei superiori e la fiducia dei soldati. Il 23 agosto 1900 con la promozione a Tenente Medico ebbe inizio la sua carriera, che percorse con onore e rapidità fino ai più alti gradi della gerarchia militare. Il 26 gennaio 1908 col grado di Capitano medico rientra in Patria e viene destinato prima a Salerno e poi a Novi Ligure, accorre a prestare la sua opera di sanitario per il terremoto Siculo-Calabro del 28 dicembre 1908 dove si distingue per abnegazione e coraggio. Nel 1910 ritorna in Eritrea per assumere prima l’incarico della Direzione della Sanità Militare e quindi la Direzione dell’Ospedale Militare “Regina Elena” in Asmara.Il 16 gennaio 1916 viene promosso, per le sue doti di organizzatore e per la competenza medica, Maggiore medico e rientrato in Patria; durante la prima guerra mondiale viene inviato in zona di operazione e assegnato a dirigere l’Ospedale Militare di Montagnana (PD) che gli procura la promozione a Tenente Colonnello il 10 gennaio 1918. Il 31 luglio dello stesso anno si sposa con Concetta, Maria, Rachele Stanco (04.12.1878 † 23.06.1968) nata da Canio e da Antonia Cristiani, dalla quale avrà una sola figlia Maria Antonietta Polestra vivente. Dopo la grande guerra fece parte della Commissione Medica per le pensioni di Guerra presso l’Ospedale Militare di Cava dei Tirreni, nel 1920 viene collocato in Posizione Ausiliaria Speciale; rientrato a Calitri trascorse nel riposo e in serenità il resto della sua vita, non prima di essere promosso nel 1935 Maggiore Generale medico e nel 1939 Tenente Generale medico. 4 IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 Michele TOZZOLI avvocato, nato a Calitri il 15 settembre 1828 da Francesco e da Serafina Zampaglione laureatosi a soli 20 anni, fu consigliere provinciale di Aquilonia e sindaco di Calitri nel 1868; si deve a lui la riorganizzazione e la oculata amministrazione della Congrega di Carità (o Monte Frumentario), dotata di un ricco patrimonio, per lungo tempo mal governato. Personale benemerenza dell’avvocato Michele Tozzoli fu l’aver voluto, fra gli altri, ad ogni costo la venuta delle Suore del Patrocinio di San Giuseppe per organizzare un asilo per l’infanzia, ed un ricovero di mendicità, costituito con Statuto Organico del 9 ottobre 1887. Dall’autunno del 1890 era funzionante a Calitri un “giardino d’infanzia” ubicato dietro la cappella di Sant’Antonio Abate, meglio conosciuta come chiesa di Sant’Antuono, con la sua prima superiora che fu suor Pia del Nazzareno. Fu anche priore del “Pio Monte dei Morti” sotto il titolo di S. Michelarcangelo, come risulta dallo Statuto Organico del 28 giugno 1882 in nostro possesso, che aveva come finalità ”fare piccoli prestiti con modico interesse a persone bisognose mediante pegni di oggetti d’oro, argento, rame, nonché di tele, oggetti di valore non depribili, od a persone che dassero un garante solidale solvibile”. Dal suo matrimonio con Elisabetta Melodia di Altamura ebbe ben otto figli: Francesco – Claudio – Caterina – Angelina – Giuseppe – Lorenzo – Maria Serafina e Domenico; nel suo testamento, tra le ultime volontà, lasciò scritto ai figli di avere sempre una particolare attenzione per i bisognosi del paese.Nella sua vecchiaia, come un antico patriarca, si armonizzano in maniera perfetta il gusto per “l’otium” e la tenacia dell’impegno civile, soddisfatto del suo operare, rese la sua anima al Signore in Calitri il 07.09.1909. Francesco TOZZOLI nacque il 7 ottobre 1869 da Michele e da.Elisabetta Melodia di Altamura, a Calitri da una antica e nobile famiglia ricca di tradizioni onorate. Laureatosi a soli 22 anni, avrebbe certamente scelto la carriera nella magistratura, se il padre non l’avesse spinto ad interessarsi delle sorti del paese natio e della educazione dei fratelli, che sotto la sua guida raggiunsero alti gradi: Claudio, colonnello più volte decorato nella prima guerra mondiale, poi generale, fu in tempi calamitosi Commissario Prefettizio a Calitri (dal 15.10.1943 al 03.12.1943), lasciando in tutti un grato ricordo per la sua saggia ed equilibrata amministrazione; Lorenzo, magistrato; Giuseppe, che frequentò la Scuola di cavalleria di Pinerolo, partecipò alla guerra di Libia del 1911/12 col grado di colonnello e Domenico avvocato. Fu eletto nel 1899 Consigliere provinciale e fu Presidente della Deputazione Provinciale fino all’avvento del Fascismo, quando dignitosamente si ritirò dalla vita pubblica, per non aderire al nuovo regime, a cui fu sempre contrario. Nel campo culturale fu l’artefice della donazione alla Provincia (con atto del 5 febbraio 1919) della ricca biblioteca dello zio Enrico Tozzoli, ereditata dal nonno materno Michele Tafuri e dal padre Angelo Maria Tozzoli. La biblioteca, formata prevalentemente da opere storiche e letterarie, incunaboli, edizioni rarissime, preziosi manoscritti ed una ricchissima emeroteca, aveva interessato illustri e famosi studiosi tra cui il Muratori e più tardi il Mommsen. Fra tutte le cariche assolte, sempre con dignità e passione, ebbe in particolr modo cara quella di Presidente onorario della Società operaia, che gli dette la possibilità di vivere in mezzo al popolo, e ai lavoratori; fece parte di importantissime commissioni, fra le quali quella di appello per le imposte dirette, portando in tutte, con zelo impeccabile, un senso di rettitudine e di praticità non comune. Durante il terremoto del 1910, in qualità di sindaco, si prodigò per tutti, senza ostentazione o aria di superiorità, mettendo a disposizione i suoi beni personali per alleviare le disgrazie altrui, e sempre in qualità di sindaco ricevette i reali di Savoia in visita alla grande tragedia che colpì il paese. Personaggio di squisita modestia e gentilezza, dal suo matrimonio con Orsolina Miletti di Bonito ebbe quattro figli : Enrico – Ginevra – Elena e Maria Rimpianto da tutti moriva in Napoli il 3 dicembre 1961. 5 IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 EMILIO RICCIARDI La chiesa di San Michele Arcangelo e la confraternita del Purgatorio terremoto del 1980 ha cancellato molti di Calitri, in particolare nella zona Idilluoghi ampliamento ottocentesco tra corso Matteotti, via Chiesa Madre e i rioni Castello e Torre; tuttavia alcune delle architetture più significative del paese sono state distrutte prima del terremoto, a volte per motivi incomprensibili. Basta pensare, per citare solo due casi, al “Casino rosso” che la famiglia Tozzoli possedeva in contrada Pittoli, demolito negli anni Settanta per far posto a un condominio; oppure alla suggestiva chiesetta di San Michele al corso Garibaldi, scomparsa negli stessi anni e della quale si parlerà nel presente lavoro. Il culto di San Michele Arcangelo e la chiesa antica Il culto dell’arcangelo Michele risale al Medioevo; fu introdotto dai Longobardi, che riconobbero nell’angelo con la spada l’equivalente delle loro divinità guerriere, ed ebbe grande diffusione nell’Italia meridionale. All’arcangelo furono dedicate chiese in tutto il Mezzogiorno d’Italia e in particolare nella zona circostante il promontorio del Gargano; qui, sul monte Sant’Angelo, presso la città di Siponto, sorse nel VII secolo d.C., dopo la vittoria dei Longobardi sui Bizantini, uno dei più antichi santuari della cristianità. In Campania i più famosi luoghi dedicati all’Angelo erano la grotta di San Michele, presso Olevano sul Tusciano, in provincia di Salerno, e l’abbazia di Sant’Angelo in Formis, capolavoro dell’arte romanica, nei pressi di Capua. Nei dintorni di Calitri presero il nome dal santo caro ai Longobardi il paese di Sant’Angelo dei Lombardi, la badia di San Michele a Monticchio, la cappella di San Michele al Bosco, in direzione di Rapone e il casale chiamato di Sant’Arcangelo, in contrada Vetrano. Anche nell’abitato di Calitri esisteva una chiesa intitolata a San Michele, alla quale afferiva la “Laical Confraternita del Purgatorio o Pio Monte dei Morti eretta sotto il titolo di S. Michele Arcangelo”, che doveva il nome al ruolo dell’arcangelo, venerato come protettore nel momento della morte e accompagnatore delle anime nell’aldilà, e per questo motivo raffigurato spesso con in mano la bilancia per pesare i peccati. La chiesa sarebbe stata fondata, secondo quanto riportavano gli statuti della Confraternita, il 23 giugno 1333 nel rione Torre, ai piedi del castello1. Tuttavia, come già aveva chiarito Carlo De Rosa2, la datazione della chiesa è frutto di una cattiva trascrizione; la data riportata sugli statuti è in realtà il 1777, anno in cui furono approvate dalla Corte borbonica le Regole del sodalizio3. E in effetti è difficile immaginare nel XIV secolo un rione ai piedi del castello, che all’epoca doveva essere molto diverso dal grande edificio ricordato nelle descrizioni cinque e secentesche; ed è difficile pensare che nel Trecento potesse esistere in Calitri, minuscolo borgo di braccianti che lavoravano le terre del feudatario, una confraternita di laici che pagavano una piccola somma di denaro per garantirsi il funerale e la sepoltura; simili associazioni divennero comuni nei secoli successivi e di solito erano composte da coltivatori diretti, commercianti o artigiani, persone di condizione economica abbastanza agiata rispetto ai contadini. Gli atti delle visite pastorali condotte dagli antichi arcivescovi attestano l’esistenza nella chiesa madre, già nel Cinquecento, di un altare intitolato all’arcangelo; tuttavia la chiesa di San Michele è citata per la prima volta nel 1658, anno della visita di monsignor Campana, nella quale si dice solo che aveva due altari, uno dedicato a Sant’Antonio di Padova, collocato sulla destra, e uno dedicato a San Donato, sul lato sinistro dell’aula4. La successiva citazione, anch’essa brevissima, è nella Cronista Conzana, del 1691, che ricordava che nella chiesa “vi si fa la congregazione de’ fratelli5”. Il terremoto del 1694, che rase al suolo Calitri e fece crollare il castello, dovette arrecare gravi danni anche 6 alla piccola costruzione, che però fu riaperta abbastanza presto; dal 1699 si cominciò a usarla anche come luogo di sepoltura, essendo impraticabili, a causa del sisma, le sepolture esistenti nella chiesa madre. Della chiesa di San Michele, ricostruita agli inizi del Settecento, e della confraternita del Purgatorio si parla di nuovo nella visita condotta nel giugno del 1740 dall’arcivescovo Giuseppe Nicolai6. La costruzione consisteva di un’unica navata con due altari; sul principale, dedicato al santo titolare, c’era un’antica statua in legno indorato dell’Arcangelo, con la spada in mano e la corona argentata in testa (nei giorni festivi si metteva invece una corona d’argento massiccio7), e davanti alla statua una lampada di argento indorato. Il secondo altare era intitolato, come nel secolo precedente, a San Donato, e vi esercitavano il diritto di patronato i discendenti di Donato Lupone (evidentemente il fondatore del beneficio). Al centro dell’aula, sul pavimento, si apriva la sepoltura destinata ai confratelli. Alle spalle dell’altare di San Michele era stata costruita la sacrestia, nella quale si conservavano gli abiti per le processioni, una croce ricoperta di seta nera con l’effigie di un teschio, gli inginocchiatoi per i sacerdoti e un bacile per lavare le mani. I delegati dell’arcivescovo trovarono la chiesa in cattive condizioni e dal testo si capisce che la costruzione non era ancora ultimata; gli altari dovevano essere in legno, dal momento che l’arcivescovo comandò di rifare in pietra la mensa dell’altare maggiore; bisognava inoltre restaurare il cassettonato del soffitto, imbiancare le pareti, mettere i vetri alle finestre, rifare il pavimento e mettere una croce in cima alla facciata. Anche la statua dell’arcangelo aveva bisogno di restauri, poiché la spada argentea era consunta dall’antichità e andava sostituita. Di fianco all’aula esisteva una piccola torre campanaria e pochi anni dopo, nel catasto del 1753, è attestata l’esistenza di un magazzino per conservare il grano de- IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 stinato alle opere di carità8; le Regole della Dalla metà dell’Ottocento anche in Calitri l’anno precedente, fece spianare congregazione prescrivevano infatti di soc- Calitri era stata abbandonata l’usanza di una collinetta a occidente dell’abitato e fecorrere i confratelli caduti in povertà, prov- seppellire i defunti nelle chiese e le con- ce rettificare la principale via di accesso al vedendo se necessario al loro sostenta- greghe calitrane (quella dell’Immacolata paese, che corrispondeva grosso modo almento. La zona dove sorgeva la chiesa, ai Concezione, quella del Rosario e quella l’attuale corso Matteotti13. Dal quel mopiedi del castello, era chiamata “piano di del Purgatorio) avevano provveduto ad mento si allinearono lungo la strada nuove San Michele”, toponimo che si è conser- aprire nuove sepolture per i propri con- costruzioni; le date incise sui portali delle fratelli all’interno del recinto cimiteria- case, nel tratto compreso tra palazzo Tozvato fino a oggi. Nel 1820, negli atti della visita pasto- le; mentre quella dell’Immacolata esiste zoli e il monumento ai caduti, vanno dal rale dell’arcivescovo Arcangelo Lupoli, tuttora, la cappella del Rosario e quella 1880 al 1900. nella chiesa risultavano sempre due altari, del Purgatorio, costruita dalla confraterNel Seicento, a breve distanza dalla intitolati a San Michele Arcangelo e San nita di San Michele, furono demolite nel cappella della Croce, era stata costruita Domenico; la piccola costruzione fu tro- secolo successivo per costruire nuovi lo- dalla famiglia Cioglia una chiesetta dedivata in pessime condizioni dai visitatori, culi11. cata alla Madonna del Carmine14; alla fine che ordinarono di dell’Ottocento la ripulirla “ab omni chiesa del Carmine, immonditie” e di ormai pericolante, far restaurare i pofu demolita e il Cochi arredi sacri. mune destinò l’area La confraternialla confraternita di ta, alla quale erano San Michele perché ammessi sia uomivi fosse innalzata la ni sia donne, aveva nuova chiesa; il lucome colore emblenedì in Albis delmatico il giallo, l’anno 1900, alla simbolo del lutto; presenza del priore un crocifisso ricodella confraternita perto di seta gialla Raffaele Vitamore, e un grande palio fu benedetta la prigiallo, con l’immama pietra ed entro gine del santo, acil 1908 l’intera cocompagnavano nelstruzione era termile processioni i connata. La nuova fratelli, che indossachiesa di San Mivano un mozzetto chele fu consacrata giallo e appuntavail 28 settembre no sul petto una 1908 dall’arciveplacca argentata scovo di Conza, NiLa chiesa di S. Michele venne benedetta il 28 settembre 1908 dall’arcivescovo mons. con l’immagine di cola Piccirilli, e il San Michele9. Ogni Nicola dei Baroni Piccirilli. Per la sua edificazione il cappuccino P. Vincenzo Fastiggi, giorno successivo, 29 settembre, festa cittadino, maschio concittadino, aveva offerto la grossa cifra di L. 2.000. Fu demolita nel 1969. di San Michele, vi o femmina, poteva assicurarsi, versando la propria quota, il La chiesa al largo Croce predicò don Vito Acocella; erano presenti all’inaugurazione il priore Giovanni Zamfunerale e la celebrazione di dieci messe in La chiesa di San Michele, situata una paglione e i confratelli Vincenzo Acocella, suffragio, di cui nove messe ordinarie e una cantata; i confratelli avevano diritto, zona franosa, subì nel corso dell’Ottocen- Giovanni Ricciardi, Pietro Angelo Rigillo oltre che alla sepoltura nella chiesa, an- to numerosi dissesti. I confratelli spesero e Francesco Toglia, in quegli anni ammiche alla recita dell’Ufficio doppio dei Mor- molti soldi per cercare di ripararla, ma i la- nistratori del sodalizio15. Nel 1909 fu realizzato nella chiesa il ti in occasione dei funerali e a quindici vori effettuati non sortirono effetto; nel messe in suffragio, di cui quattordici ordi- 1893 la chiesa fu chiusa al culto e nel pavimento in marmo, per il quale il padre 1900 il Comune di Calitri decise di rico- cappuccino Vincenzo Fastiggi aveva ofnarie e una cantata. Nelle messe in suffragio e in occasione struirla all’estremità occidentale del paese, ferto 2.000 lire, come ricordava una lapide di defunti illustri si allestiva nella chiesa un nel largo della Croce. collocata sullo stesso pavimento. L’anno La zona prescelta era chiamata così successivo, in seguito a un terremoto che catafalco funebre illuminato da candele di cera, celebrando esequie solenni e un mag- perché nel XVI secolo, quando ancora si provocò in Calitri numerosi crolli e numegior numero di messe in suffragio, come trovava fuori delle mura urbane, vi era sor- rose vittime, l’antica chiesa al “piano di avvenne nel 1859, alla morte del re Ferdi- to un oratorio intitolato a Santa Maria del- san Michele” venne demolita; dalle manando II, o nel 1860, quando morì don Ni- la Croce12; la piccola costruzione forse fu cerie furono recuperati la cona lignea delcola Berrilli seniore, il rettore della con- demolita dopo il terremoto del 1694, e al l’altare maggiore e il portale settecentefraternita, che si era reso benemerito fa- suo posto fu collocata una croce su una sco della sacrestia, per riutilizzarli nella cendo innalzare nel cimitero di Calitri piccola colonna. L’area rimase disabitata e chiesa nuova che, sebbene non avesse ri“una decentissima chiesa, e sotto il pavi- periferica fino a quando, nel 1880, il sa- cevuto danni evidenti dal sisma, fu consomento della stessa facendo scavare una se- cerdote Pasquale Berrilli, sindaco dal 1871 lidata con un giro di catene di ferro. poltura per riporvi decentemente i cada- al 1881, per dare lavoro ai tanti cittadini Impiegati gli ultimi soldi per costruire veri dei confratelli alla medesima”10. affamati dalla carestia che aveva colpito la nuova chiesa, la confraternita di San 7 IL CALITRANO Michele si sciolse, mentre la chiesa divenne il centro religioso di un rione che proprio in quegli anni si andava popolando; nel 1919 fu iniziata la costruzione, sempre nel largo Croce, della nuova chiesa madre16 e negli anni successivi si completò il tracciato del corso Garibaldi. Intanto, man mano che i terremoti e le nuove costruzioni causavano la sparizione di tante piccole cappelle sparse nel centro antico, venivano trasportate in San Michele suppellettili provenienti da tutti gli edifici sacri distrutti; oltre agli arredi dell’antica cappella del Carmine, con il quadro della Vergine che una volta ornava l’altare della piccola chiesa, vi furono portati quelli della chiesa di San Rocco, sorta prima del XVI secolo nei pressi della porta di Nanno, e nell’occasione furono trasferiti in San Michele anche l’archivio dell’antica confraternita di San Rocco, le vesti dei confratelli e la bella statua in legno del santo. E quando fu chiusa la cappella di San Nicola, nei pressi della Posterla, la statua del santo titolare fu portata nella chiesa al largo Croce e collocata in una nicchia scavata all’interno di uno dei pilastri del tiburio; le nicchie degli altri tre pilastri accolsero invece le statue di San Vito, di Sant’Antonio di Padova e di San Rocco. Le foto e le testimonianze scritte permettono di ricostruire con buona precisione l’aspetto della chiesa al largo Croce17. L’interno dell’edificio era a pianta centrale, ricavata sovrapponendo una croce greca a un ottagono. Due bracci della croce costituivano l’ingresso e, dalla parte opposta, il presbiterio, senza coro; gli altri due bracci erano conclusi da altari laterali e incorniciati da paraste con capitelli dorici, che reggevano un architrave in stucco decorato con piccoli dentelli. Al centro dell’aula, coperta a tetto e illuminata da finestre semicircolari, si ergeva un tiburio di forma circolare, più alto dei bracci della croce. Alle spalle del presbiterio c’era la sacrestia, con l’archivio della confraternita conservato in stipi di legno. La facciata, a un solo registro, era conclusa da un timpano sormontato da una croce di ferro; nel mezzo del prospetto si apriva il portale d’ingresso architravato. L’esterno della costruzione era in pietra a vista; facevano eccezione la facciata, ricoperta di intonaco; la fascia basamentale, in lastre di pietra; gli angoli, segnati da bugne di intonaco, e alcune piccole decorazioni sotto il tetto. Sul lato sinistro, tra l’abside e l’altare della Madonna del Carmine, c’era il campanile a due registri, il primo in pietra come tutta la chiesa, il secondo in mattoni, che partiva da una cornice marcapiano alla quota delle coperture dei bracci laterali della chiesa. N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 All’interno c’erano tre altari; quello maggiore era intitolato a San Michele, quelli laterali a San Donato e alla Madonna del Carmine. Le poche foto che ritraggono il piccolo ambiente mostrano l’altare maggiore in marmo, ornato da sei giare con frasche e da una croce in argento al centro, con due angeli capoaltare alle estremità; alle spalle c’era la cona in legno, con la nicchia che accoglieva la statua dell’arcangelo incorniciata da due colonne e conclusa in alto da un timpano ricurvo. Dal lato del Vangelo (a sinistra di chi entra in chiesa) c’era l’altare della Madonna del Carmine, sormontato dal quadro della Vergine titolare, con ai lati due piccole statue di Sant’Andrea e di Santa Caterina; l’altare, in stucco, era di fattura povera, con il paliotto decorato da una semplice croce. Dal lato opposto c’era l’altare di San Donato, che accoglieva anche i busti di San Biagio e di San Giuseppe. Sulla controfacciata, al di sopra del portale d’ingresso, c’era la cantoria con un organo di pregevole fattura; l’arredamento dell’aula era completato da un’acquasantiera nei pressi dell’ingresso, da alcuni lampadari e dalla cassettina per le offerte, modellata a forma di teschio18. All’inizio la chiesa fu officiata con regolarità; poi, man mano che i sacerdoti di Calitri diminuivano di numero, diminuì anche la frequenza delle messe; nel 1933 l’arcivescovo di Conza ordinò di celebrarvi una messa al giorno19. Nel secondo dopoguerra vi diceva messa don Michele Rigillo, ma alla morte dell’anziano sacerdote la chiesa venne chiusa; si apriva solo il 29 settembre e il 9 maggio, nei giorni della festività di San Michele, il 16 luglio, festa della Madonna del Carmine, e il 24 giugno, festa di San Giovanni Battista, quando vi si svolgeva il gentile rito del “battesimo delle bambole” costruite dai bambini del paese20. Nel 1968 il Comune di Calitri e la Curia Arcivescovile decisero, di comune accordo, di far abbattere la chiesa di San Michele. La decisione suscitò perplessità e proteste tra la popolazione; pochi credettero alle spiegazioni fornite degli amministratori, che ritenevano necessario il provvedimento perché la costruzione minacciava di crollare, e i dubbi aumentarono quando si vide che le operazioni di demolizione, condotte da una squadra di operai anche con l’ausilio di mezzi meccanici, durarono circa due settimane, un tempo piuttosto lungo per una struttura giudicata pericolante. Durante l’abbattimento venne alla luce, a una profondità di circa due metri sotto la quota di corso Garibaldi, il tracciato dell’antica strada di accesso al paese21. 8 Con la demolizione andarono dispersi quasi tutti gli oggetti conservati in San Michele; solo il quadro della Madonna del Carmine fu trasportato nella chiesa madre, dove tuttora si osserva. Dopo il terremoto del 1980 scomparve anche la bara in legno lavorato usata in antico per approntare il catafalco nelle messe di suffragio. Sull’area della fabbrica demolita nel 1971 fu costruito un ospizio per donne anziane, con un piccolo oratorio intitolato a San Michele, benedetto il 29 settembre 1971 dall’arcivescovo Gastone Mojawski- Perrelli, lo stesso prelato che aveva ordinato la demolizione della chiesa22. *** Scomparse le due chiese di San Michele, scomparsa la cappella nel cimitero, scomparso il “piano di San Michele” dopo il terremoto del 1980, disperse le suppellettili e le testimonianze dell’antico sodalizio, oggi restano solo due registri di metà Ottocento, ritrovati nell’archivio della parrocchia di San Canio, dai quali si possono ricavare i nomi di alcuni confratelli e la testimonianza della commemorazione di due defunti illustri, riportata nell’Appendice qui di seguito. DOCUMENTI Per i fratelli, e sorelle – 1859 – L’Eccellentissimo Direttore dell’Ecclesiastico con venerato suo ufficio, col quale nel medesimo cordoglio dell’animo suo, partecipò al nostro Illustre Arcivescovo l’infausta, e prematura morte del nostro clementissimo, ed adorato Sovrano di S. M. Ferdinando II discendente sempre dalla desiderata schiatta borbonica, la quale da che salì sul Trono delle due Sicilie è stata sempre intenta al benessere de suoi sudditi con provvide leggi, e sagge determinazioni, perché fossero tutelati i diritti de’ singoli individui, componenti le due popolazioni al di qua, e al di là del faro affidatele dalla divina provvidenza. Ed è perciò che il prelodato Arcivescovo don Gregorio de Luca con riverito suo foglio circolare, diretto a tutti gli Arcipreti della sua Archidiocesi, ordinava che si fossero eseguiti i funerali solemni meliori modo per deplorare la morte dell’ottimo de’ Sovrani avvenuta nel dì 22 del volgente mese di Maggio anno 1859. E come che tale trista nuova ha penetrato del più vivo, ed amaro dolore il cuore di ciascuno di questa popolazione di Calitri, la quale è stata sempre, ed in tutti gli eventi attaccata alla regnante dinastia, ed in particolare modo all’Augusto defunto che ha considerato non solo come suo padre, bensì come protettore, ammirando in lui un animo colmo di tutte quelle rare virtù che costituiscono un vero padre, ed un vero protettore, così il rettore della Congrega- IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 rali. Fabrizio Campana, ff. 11-26 [1658]. ficio doppio e facendo celebrare 20 messe. Cazione del Pio Monte de Morti Don Nicola Ber5 ACASAL, ms. del 1691, D.A. CASTELLANO, nio cantore Vitamore ha celebrato; Giuseppe rilli Seniore, ed il Priore Don Giambattista BerCronista conzana, libro III, discorso secondo, ff. Cioglia ha celebrato; Michele Cerreta; Giuseprilli in unione di tutt’i fratelli della ripetuta 51-52, riportato in G. CIOFFARI, Le Chiese di Cape Cestone; Francesco Maffucci ha celebrato; Congrega hanno ordinato che s’innalzasse nellitri nel Seicento - 2 in “Il Calitrano”, n.s., 12 Giovanni Battista Cialeo ha celebrato; Canio la piccola Chiesa, addetta per l’esercizio delle (1999), pp. 6-10. 6 ACASAL, Visite Pastorali. Giuseppe NicoBozza; Francesco Cestone; Nicola Rinaldi ha Sacra funzioni un catafalco illuminato a cera, lai, ff. 69-119 [1740]. celebrato; Giuseppe Maffucci ha celebrato; onde aver luogo il funerale, il quale è stato sol7 “In altare predictus (…) est collocata staVincenzo Cestone ha celebrato; Gaetano Marlennizzato con tutta quella pietà interna e pomtua lignea aurata eiusdem S. Michaelis Archangotta ha celebrato; Canio Toglia ha celebrato; pa esteriore oggi 31 Maggio suddetto anno, geli cum corona argentea in capite pro diebus Vincenzo Cerreta ha celebrato; Vincenzo Cuispirate dalle deplorabili attuali circostanze infestivis, et argentata pro diebus ferialibus”. (Ivi). 8 “Congregazione del Pio Monte dei Morti belli ha celebrato; Francesco Cioffari; Francetervenendosi l’intero Clero in numero < >, ciasotto il titolo del Glorioso S. Michele Arcangelo sco Gervasi ha celebrato; Domenico Cerrata scuno de quali ha celebrato una messa in suf(...) possiede casa alla torre (...) due stanze soha celebrato; Michele Maffucci ha celebrato; fragio dell’anima dell’Eccelso defunto la quale prana e sottana (...) confina con la chiesa di detVincenzo Nicola Berrilli ha celebrato. già gode la visione di Dio, ed ha raccolto il ta congregazione (...) il soprano serve per uso di guiderdone delle sue magazeno per riponervi i grani di carità di rare, e sovrumane tutto l’anno”. (ASN, virtù (seguono le firCatasto onciario, vol. me dei sacerdoti che 4980 [1753]). avevano celebrato le 9 Cfr. G. MAFFUCmesse in suffragio). Il CI, Notizie storiche sulla chiesa e la confraRettore Nicola Berrilternita di S. Michele li seniore ha celebraArcangelo di Calitri, to; Pasquale arciprete s.d., dattiloscritto conBerrilli ha celebrato; servato presso la BiCanio cantore Vitablioteca comunale di more ha celebrato; Calitri, p. 19. 10 Cfr. il documenMichele Maffucci seto riportato in Appenniore ha celebrato; dice. Nicola Polestra ha ce11 Cfr. G. MAFFUClebrato; Giuseppe CI, op. cit., pp. 15-16; Cioglia ha celebrato; cfr. anche T. DI MAIO, Le tradizioni religiose Donat’Antonio Rinaldi Calitri e la cura dei di ha celebrato; Midefunti nell’Arciconfrachele Maffucci junioternita, in L’Arciconre ha celebrato; Vinfraternita dell’Immacocenzo Cerreta ha celata Concezione… cit., I, pp. 125-140. lebrato; Canio Zarrilli 12 ACASAL, Visite ha celebrato; GiusepCalitri 31 agosto 1983, foto davanti alla chiesa di San Berardino con le ragazze pronte a porPastorali. Alfonso Getare in processione la statua di Santa Lucia. Da sinistra Anna Maria Cicoira (u’ Mmec’) figlia di pe Cestone; Vincenzo sualdo, f. [1563], in G. Vito (detto Vittorio) e Pasqualina Andreottola, Maria Di Milia figlia di Antonio e di Giovannina Cubelli ha celebrato; CIOFFARI, Calitri. UoAvella, Donata Codella figlia di Berardino e di Maria Scoca (sargenta), Patrizia Di Milia figlia di Michele Cestone ha mini e terre nel CinVincenzo e di Lucia Rubinetti, Lucia Lombardi figlia di Domenico e di Agnese Pastore,Angequecento, Bari 1996, p. celebrato; Giuseppe la Cianci figlia di Michele e di Lucia De Nicola, Lucia Rubino figlia di Pietro e di Maria Michela 90-91. Maffucci ha celebraRusso e Antonietta Russo (p’ceffa) figlia di Michelarcangelo e di Maria Cesta. 13 Cfr. V. ACOCELto; Giovanni Battista LA, op. cit., p. 205. Cialeo ha celebrato; 14 ACASAL, Visite Pastorali. Fabrizio CamRocco Polestra ha celebrato; Domenico CerraNOTE pana, ff. 11-26 [1658]; ivi, Giuseppe Nicolai, ff. ta ha celebrato; Vincenzo Cestone ha celebrato; 69-119 [1740]. 1 Cfr. V. ACOCELLA, Storia di Calitri [1946], 15 Cfr. “La gazzetta del popolo”, anno V, Nicola Berrilli juniore ha celebrato. Il 25 Febbrajo 1860 finiva di vivere il Sacerdote d. Nicola Berrilli, Partecipante Maggiore della Madre Chiesa, e Rettore di questa venerabile Congrega sotto il titolo del Pio Monte de’ morti, uomo di sana morale, e di sperimentata probità, e di animato zelo per la rettitudine da lui seguita nel promuovere l’aumento della lodata Congrega, facendo innalzare nel Camposanto una decentissima chiesa, e sotto il pavimento della stessa facendo scavare una sepoltura per riporvi decentemente i cadaveri dei confratelli alla medesima Congrega ascritti, i quali, compenetrati dal dolore, che ha cagionato la morte di lui, oggi 2 Marzo volgente anno, adempiono agli ultimi doveri verso il loro benemerito Rettore sollennizzando l’uf- r.a., Calitri 1984, p. 63. Le Regole di Fondazione a cui Acocella fa riferimento sono le Regole della laical Confraternita del Purgatorio o Pio Monte dei Morti eretta sotto il titolo di S. Michele Arcangelo in Calitri- Stampate sotto il priorato del Signor Raffaele Vitamore, Napoli 1902. 2 DE ROSA C., Ricerche storiche su la chiesa dell’Annunziata, il cinquecentesco monastero e poche altre coserelle di Calitri, Irpina, Lioni 1975, pp. 65-68. 3 La data dell’approvazione riportata sulle Regole è il 21 giugno 1777. L’intero documento è conservato nell’Archivio di Stato di Napoli (ASN), Cappellano maggiore. Statuti di corporazioni, fascio 1185, inc. 35. Cfr. C. ZARRILLI, La congregazione del Purgatorio o “Pio Monte dei Morti”, in L’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione di Calitri, a cura di V. A. Cerreta e G. Cioffari, I, Bari 1997, pp. 167-171. 4 Archivio della Curia Arcivescovile di Sant’Angelo dei Lombardi (ACASAL), Visite Pasto- 9 n. 27 – 10 ottobre 1908, p. 3, riportato in C. e V. DE ROSA, Il Novecento e dintorni a Calitri, Avellino, p. 101. 16 Cfr. E. RICCIARDI, La chiesa parrocchiale di San Canio, in “Il Calitrano”, n.s., 27 (2004), pp. 7-11. 17 In G. MAFFUCCI, op. cit., è disegnata una accurata pianta dell’interno di San Michele; in C. e V. DE ROSA, op. cit., vi sono cinque foto della chiesa. Cfr. anche R. SALVANTE, Calitri. Immagini sul filo della memoria, Firenze 1997, che riporta altre foto, tra cui una che documenta l’abbattimento della chiesa. 18 Cfr. G. MAFFUCCI, op. cit., p. 5. 19 Cfr. E. RICCIARDI, La chiesa parrocchiale …, cit. 20 Cfr. G. MAFFUCCI, op. cit., pp. 6-7, e T. DI MAIO, op. cit., p. 130. 21 Cfr. G. MAFFUCCI, op. cit., p. 8 22 Ivi. IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 IL MAESTRO LUIGI ZAMPAGLIONE insegnante (allora si diceva il maestro) Luigi Zampaglione (mand’les’) L’ nato a Calitri il 01.12.1910 e deceduto a Roma il 26.02.1989 era uno dei più stimati ed apprezzati maestri del paese, aveva sposato la signora Lucia Cerreta dalla quale ha avuto tre figli Vincenzo, Angela e Antonio; persona squisita, gentile, preparata ma anche giustamente esigente e severo verso gli alunni. Il figlio Antonio, in pieno accordo con la madre Lucietta, il fratello Vincenzo e la sorella Angela, qualche tempo fa, mi fece pervenire un plico contenente parte del manoscritto intitolato “RACCOLTA DI REGOLE GRAMMATICALI, DI TERMINI E DI MODI DI DIRE DEL DIALETTO DI CALITRI” redatto dal padre. Il titolo dell’opera era Limen Grammaticum Sermonis Caletri Gentis (Principi di grammatica del dialetto del popolo di Calitiri suddiviso in tre volum: Vol. I° con l’Introduzione: Con maggior ragione (pag. I-XI), una Prefazione (pag. 4,) una Parte I° Appunti di Fonologia (pag. 9), una Parte II – Appunti di Morfologia (pag. 55). Vol. II° con una Introduzione (pag. 9), una Parte III con Elenco di termini (n. 7.660 - pag. 13), Indice – riassunto numerico (pag. 449) e Appendice (pag.450). Vol. III° con una prefazione (pag.2), una Parte IV con Raccolta di modi di dire (pag. 23), Note (pag. 169) e Conclusione (pag. 173). Crediamo che sia cosa opportuna e doverosa ricordare ai Calitrani e in particolare a coloro che furono suoi alunni, gli indubbi meriti del maestro Zampaglione che benché lontano dalla sua patria natia sentiva forte quel legame di figlio e che da studioso serio, scrupoloso, onesto con lavoro diligente, minuto e competente stava preparando un’opera sul dialetto. Scrivo volentieri del maestro Zampaglione, perché oltre al ricordo vivo che conservo della sua persona, ci accomuna il fatto che sulle macerie del paese diruto a causa dell’ultimo terremoto ha deciso di riprendere i suoi studi dialettali interrotti da anni, come noi decidemmo di dare vita al presente giornale. A. Raffaele Salvante PREFAZIONE I traslati, tante voci onomatopeiche, le locuzioni, non solo avverbiali e prepositive, rendono pittoresco e vivo il linguaggio popolare. Molte parole sono nate appunto per cogliere il lato e il senso caratteristici di una persona, di una azione perticolare, di un suo detto, di un fatto, e vengono continuamente applicate ed usate per analogia. Perciò il grosso dei modi di dire è formato da singoli termini, di cui è ricco il vocabolario, e che da solo danno l’idea precisa di ciò che si vuol dire e di come si vuol dire, ma bisogna completare l’osservazione notando i veri e propri modi particolari di dire che si intrecciano nei discorsi e che talvolta li rendono quasi inintelligibili ad un estraneo, che appunto non ne è al corrente, oppure che si limita al solo e semplice significato letterale. Vi sono parole, che sono vere perle di espressione e basta aprire e scorrere l’elenco dei termini per trovarne quante se ne vogliono, senza dimenticare la stupenda variazione dei verbi in ià e scià, che in una sola voce racchiudono tante indicazioni e tante sfumature di linguaggio. Così si saprà e si conoscerà il parlare comune, nella sua vera espressione di pensiero e di forma, in cui si rispecchiano, anzi si trovano, sempre e meglio, tutto l’animo, la mente e la vita stessa della 10 gente, col suo proprio modo di pensare, di sentire, col suo carattere e con i suoi problemi e di immaginare, attingendo sempre dal suo mondo,che è la natura e il suo ambiente, le sue tradizioni, le sue leggende e, perché no, le sue credenze e superstizioni, a cui è particolarmente attaccato. Molte volte, basta accennare, citare il verso di una cantilena infantile: “Mo’ ven’ papanonn’”, oppure “ndov’ è ggiut’ zi preut’” e l’interpellato non solo capirà, ma risponderà con un altro verso. Non è questa una inferiorità di linguaggio, un livello basso di espressione, una povertà di termini, ma un semplice adeguarsi alla propria realtà, che è qualla che conta, che è tutto per loro. Debbo essere grato al compianto prof. Vito Acocella, che mi incitò e mi incoraggiò, quasi a completare il suo lavoro per la storia e le tradizioni di Calitri, a continuare i miei studi e le mie ricerche sul linguaggio popolare della nostra terra, perché, mi diceva e mi ripeteva, bontà sua, che avevo i mezzi, la capacità, la volontà e la passione adatti per riuscire nello scopo. Proprio pensando a quei nostri discorsi, dopo quasi quarant’anni sono ritornato al dialetto ed ho voluto riprendere quanto fervidamente stavo già facendo allora, quando insieme ne parlavamo e ce ne entusiasmavamo.Ma la lontananza e di tempo e, ancora più, di spazio, perchén dal 1950 non abito più nel paese natio, mi impedisce, non poco, e non è facile rifarsi a quei momenti, a quelle condizioni di spirito e a quelle ispiazioni: ho cercato di rievocare, di rinfrescare e di confermare i ricordi, ma mi sono dovuto affidare unicamente ed esclusivamente alla memoria, perché non respiro più l’aria paesana, che mi avrebbe non poco aiutato, quell’aria e quell’ambiente paesani che sono indispensabili in queste circostanze. Non ho messo le mani avanti per farmi scusare e perdonare, in anticipo, e a sacco chiuso, le lacune e gli errori, ma soltanto per dire le cose come sono andate e come stanno, e anche per confessare come mi è stato faticoso rievocare, rielaborare e mettere a punto questa raccolta e queste osservazioni, non nascondendo che mi sono sentito rinascere l’an- IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 tica passione e l’antico entusiasmo, con la differenza che allora era preventivo ed ora è bilancio consuntivo. Ma l’età che vale è quella biologica, non quella anagrafica soltanto, a cui aggiungo una forza intima che non vien mai meno, anzi sento sempre di più salda profondamente ed intensamente. * * * Mi ha sempre colpito la parlata locale per il suo costrutto, ma più per le immagini. Le parlate popolari sono tipiche per la loro sentenziosità, per cui quasi sempre la frase viene conclusa e suggellata, quando non lo è espressa esclusivamente, da un aforisma o da un proverbio, che vengono enunciati in tutto o in parte, cosicché molte volte basta una solo parola, ed è sufficiente per il riferimento, tanto sono conosciuti, risaputi e ripetuti, che non c’è bisogno e non vale la pena di sprecare tante parole in più ad annunciarli interamente e per esteso. Non è, dicevo e ripeto, una riduzione di discorso, derivante e conseguente da una riduzione o da una povertà psicologica, tutt’altro, ma è soloun modo di esprimersi, così, senza mezzi termini, andando direttamente all’argomento e rimanendo nei limiti, seguendo l’istinto naturale di dire pane al pane e vino al vino, in tutto, come natura insegna, quella natura con cui essi sono a diretto e continuo contatto. È un modo e un mezzo proprio di esprimersi semplice e naturale, con immediatezza, usando e riferendosi a ciò che ci circonda, ciò di cui si vive, la natura e gli animali, veramente domestici, perché vivono veramente con l’uomo, nella casa dell’uomo. Non è una concezione di vita limitata, o ancora immersa solo nella sfera degli istinti, a farli parlare così, ma sono i mezzi di espressione a valersi degli elementi della natura, mondo animale e vegetale specialmente, e dei loro effetti, della vita semplice e vera, senza mediazione o artificiosità, fino ad avere quella sentenziosità, che non è scontrosità o burbanza, ma semplicemente verità, che è diventata abito indissolubile, enalienabileed ereditario, aria che si respira, e di cui fin dai primi anni si avvale e si completa. Le continue immagini, tratte dal mondo animale, nascono dall’umile mondo delle esperienze quotidiane e rivelano la semplicità e l’essenzialità del loro pensare e del loro parlare, rivelano la loro concezione e ricordo di vita, con riferimenti continui alla loro realtà, e si dimostrano loro congeniali, mentre ai “civili” sembrano rozzi, primitivi e ap- prossimati, quando non sono considerati quasi una sottospecie, perché predomina la vita istintiva e immediata, ma mai incosciente e irrazionale, anzi… Sono immagini vergini quelle con cui si esprimono, ena sforzi e senza reticenze, e l’educazione, non si accorge di quanta ricchezza, di quanta vivezza, anche se pittoresca, ma sempre viva, essi si avvalgono senza posa, con quei riferimenti continui a cose vere e concrete, reali e vissute, rivelando intera l’anima e le intenzioni. Lo stile del loro parlare rispecchia questo loro mondo e questo loro modo e questa loro mentalità: non sono difetti e nemmeno espdienti quel proverbiare e quel continuo sentenziare, senza altro fine che quello di dire il proprio pensiero. E lo fanno con tanta immediatezza che dicono tutto e nulla restaall’oscuro o nascosto o velato, anche se spesso espresso crudamente e, non di rado, anche volgarmente, se non addirittura, trivialmente. Ma ciò avviene senza intenzione di trivialità e semplicemente per chiamare ogni cosa col proprio nome e senza infingimenti, con una evidenza talvolta impressionante, per una esigenza e necessità del loro conversare e comunicare, che arrivano diritto allo scopo, con rapidità, intensità ed efficacia. L’abbiamo detto, è un loro abito, e qualsiasi altro linguaggio stonerebbe e mal si adatterebbe a questi nostri paesani che si esprimono con aforismi e proverbi, veri estratti di sapienza umana, e di esperienza, che essi sanno parlare sempre opportunamente. Sarà, dirà qualcuno, anche perché la loro povertà lessicale li fa ricorrere alle frasi già pronte, già belle e fatte e collaudate? Ne dubito, anzi lo nego, perché quando occorre sanno anche, e come! colorire le narrazioni e le descrizioni con vivezza e bellezza: usano le sentenze e i detti, perché per loro sono vissuti, sentiti, e non già soltanto perché frutto ed espressione di esperienza secolare, senza negare che ignorano tante parole della lingua più ricercate e letterarie, ma ne hanno tante altre che la lingua ignora, come avviene in tutte le parlate popolari. Basta leggere qualsiasi libro di tema o di ambiente popolare e tutto questo viene alla ribalta e dimostrato, perciò qui non si dicono cose nuove, ma solo per puntualizzare che il nostro popolo non è da meno, neanche dei personaggi immortalati dal Verga ne “I Malavoglia”, perché lì è il mondo popolare siciliano, piccolo, marinaro, mentre da noi è quello nostro contadino, fin nel sangue. Potevano le parole tradire la loro natura e l’ambiente? 11 Come ogni idea prende la fisionomia di chi la enuncia, così il linguaggio della nostra gente la ritrae per quel che è, e le immagini che fioriscono e si rincorrono frequentemente nel parlare rafforzano l’espressione, la rinvigoriscono a tal punto che di più e meglio non si può dire. Molte delle nostre espressioni saranno certamente simili o uguali a quelle di altri paesi, specie vicini; io non ho modo, mezzi e tempo di accertarmene nei dettagli, perché esamino, per quanto e come posso, solo quelle che ho sentito a Calitri, e non me ne si voglia, se posso fare solo questo, così come posso farlo, da lontano. Si accetti quello che ho potuto, così come l’ho visto e sentito, e come è per me. La mia preoccupazione per tutto un mondo che scompare ha sostenuto la mia mano e il mio lavoro, perché pensavo, sarebbe un vero peccato veder finire tutto questo senza conservare nulla, senza far nulla per conservarlo. Dopo aver ricavato qualche norma di fonologia e di morfologia e dopo essere andato a caccia di termini dialettali, per cui non si finisce mai di ricercare e trovare, perché più cerchi e sempre trovi, come sull’albero delle nocciole, mi sono in po’ dedicato all’espressione e mi sono imbattuto in così belle cose che vorrei tutte cogliere e raccogliere. Aforismi, proverbi, detti, sentenze: non solo il contenuto ma anche la forma possiede accenti di bellezza e di efficacia, ignoti spesso e non inferiori alla lingua, perché l’espressione dialettale ha tutta intera la forza della tradizione in cui sono nati, formati e formulati, sono la traduzione perfetta e insostituibile della tradizione stessa, senza la quale tutto diventa freddo, vuoto e inutile. Sono un vero compendio di una sapienza spicciola, pratica, sempre a portata di “mano”, che si tramanda di generazione in generazione e che si è arricchita con l’esperienza di tanti secoli. Si distinguono dal parlare comune anche per la forma particolare, incisa, decisa. Ma ancora più e meglio dei proverbi e degli aforismi sono il frasario comune e il linguaggio quatidiano e corrente a contenere e a rivelare la perte più bella, la parte migliore di ogni parlata, lingua e dialetto che sia, e mi rammarico non poco per non poter a pieno cogliere tutta questa parte più bella e interessante, più dilettevole e varia, più ricca, caratteristica e significativa, efficace ed unica, che dà al dialetto la vera e precisa identità, per questa lontananza che mi priva del meglio, cioè dell’ambiente, il solo ad aiutare nella raccolta, il solo ad essere un valido mezzo per non perdere il più e il meglio. IL CALITRANO Quell’arguzia spontanea, in mille modi, quelle frasi sfuggenti, quei modi proverbiali, tante voci di paragone: il linguaggio popolare è continuamente infiorito di motti che colpiscono come strali, che scolpiscono più di uno scalpello, sia per il monito che contengono sia per la canzonatura che spesso da essi scaturisce, con frizzi e lazzi, e sempre con umorismo. E poi le continue allegorie e metafore, che fioriscono sulla bocca di tutti, sono sempre nuove, rinnovantisi, e si moltiplicano, senza sforzo, in tante forme e varietà, tanto che con un solo termine si può tratteggiare o definire tutta una situazione, per la sorgente inesauribile delle novità linguistiche locali. Sono proprio i traslati quelli che più colpiscono. Il proverbio è già un discorso, anche se concentrato, invece il termine è un lampo, un guizzo che ti apre di colpo tutta una visione e te la rivela senza ombre, immediatamente. Ma non si può fare a meno dei proverbi, che riassumano tutta la vita nei suoi intenti e nelle sue esperienze, generali e particolari, ma sempre a fuoco, perché fondati sulla realtà, magari spicciola, ma concreta, vera, vissuta. E i modi di dire si avvalgono molto dei proverbi. Perciò molto dobbiamo ancora al prof. Vito Acocella che nel 193 ne raccolse tanti nei “Proverbi Irpini”, con sapienza e competenza e a cui rimandiamo se si vuole veramente conoscere l’anima del nostro popolo. Qui si riporta solo qualche modo di dire caratteristico e suggestivo, non semplicemente per colore di ambiente, ma perché non pochi di essi ci hanno sempre colpito per bellezza ed efficacia. Anche questo patrimonio comune va scomparendo nelle nuove generazioni, che parlano già un altro dialetto, lontano dal vero nostro, e lo abbandonano non tanto per evoluzione naturale, ma per vera sopraffazione, che toglie al dialetto la sua vera identità, presentandosi ormai in una veste non più sua. Spacialmente per questa parte, dovrei vivere a Calitri, dove, attraverso i più anziani di me e attraverso la gente di campagna chi sa quante cose imparerei! Mi è impossibile perciò fare un elenco di tali modi di dire, mi è difficile perfino un accenno, ma debbo tentare, perché verrei meno anche a me stesso, se non facessi almeno un tentativo, perché per me, lo ripeto, è la parte più suggestiva di questo mondo che scompare. Preferirei la segnalazione a gruppi alfabetici della parola e delle parole più significative della frase o del modo di dire. Poi, si vedrà, ma penso che sia meglio a rag- N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 grupparli per argomenti. Non ho ancora deciso e lo stabilirò all’atto pratico, come meglio mi sembrerà. Questo sarà solo un inizio, un accenno: ne coglierò quanti ne potrò nel vasto campo, e quanti nelle mie condizioni, riuscirò ad arrivare. Non un capitolo, ma una trattazione a parte, meriterebbe parlare dei soprannomi “stur’nomi”, con cui la parlata locale individua persone e famiglie. Questi nomignoli, si rinnovano, si accrescono e si moltiplicano continuamente e basta talvolta un nonnulla per caratterizzare e “battezzare” per sempre una persona, affibbiandogli un nome che porterà per tutta la vita e spesso è una vera caricatura pungente o spiritosa: fatti particolari, qualità positive o negative, risposte o proposte, tutto viene fissato e appioppato, quasi sempre in lato ridicolo o beffardo, per cui si è più conosciuti col soprannome che col vero nome e cognome. Bisognerebbe conoscerne l’origine, parlarne, farne la storia, ma ciò è impossibile, anche perché esula dal mio proposito e perché i nomignoli hanno continue aggiunte alle espressioni dialettali, pur con così interessanti curiosità e varietà. Per ora richiamo al vocabolario, perché basterebbe, essendovi tante parole del dialetto che indicano nuove immagini e sfumature, che molto spesso non hanno riscontro nella lingua. Ripeto ancora una volta che l’uso così ricorrente e resistente di usare termini che si riferiscono al mondo animale specialmente, e, in genere, alla natura sempre presente, viva e incombente, per riferire ed accennare a persone, ad azioni e fatti, si spiega semplicemente che la natura quella che si conosce di più e perciò, dovendosi riferire ad altre realtà, torna non solo comodo, ma veramente efficace servirsi di tali termini di paragane. Anche noi diciamo i “fianchi del monte”, una “vena d’acqua”, le “gole dei monti”, e poi “l’occhio del ciclone”, ai “piedi delle montagne”, le “gambe” di una sedia o di un tavolo, il “cuore” della notte, le “arterie” stradali, il “collo della bottiglia” ecc. usando termini anatomici per descrivere il mondo e il paesaggio e cose intorno a noi, perché tali parti del corpo sono tra le realtà, cioè le cose reali, quelle che si conoscono meglio e perciò ce ne serviamo continuamente anche per indicare altre cose per analogia o per altro riferimento. Tornando a quello che dicevo prima, anche noi di Calitri dobbiamo essere giudicati, con questo, di vocabolario e di psicologia ridotti? Per me risulta oltremodo espressivo anche il modo con cui le parenti più 12 strette “piangono il morto”, perché si tesse la vita, si accenna a fatti, si riferiscono a parole e a tutto ciò che ha avuto relazione col defunto, e ognuno lo fa dal suo punto di vista e di posto di madre, di moglie, di figlia, di sorella, di cognata, comare, e si sanno così tante cose che prima si ignoravano. Non è raro il caso di sentire: “cum’ lu chiang’ bell’!” (come lo piange bene!) ma quel “bell’” dice di più di “bene”. Riguardo ai modi di dire, come per i soprannomi, sarebbe sttato meglio se si fosse potuto andare alle origini di ogni frase, ma lo ritengo, e vedo che è proprio impossibile, perché esse sono scaturite, alcune occasionalmente, altre in riferimento a persone o a fatti di cui ignoriamo tutto e di cui, malgrado ogni possibile sforzo e intenzione, non si potrà sapere mai nulla. Si vagola per l’interpretazione circa l’origine, perciò è meglio desistere, come pure è impossibile ricercare l’etimo di alcuni termini, docuti, più che a corruzione, a deformazioni e adattamenti occasionali e personali. Per questo mi limito ad annotare, a registrare soltanto, e questo non mi è costata poca fatica. Non mi si faccia colpa, se ho fallito e deluso, che sono ilò primo a convenirne. Una cosa non ho potuto assolutamente fare: avrei voluto ricercare negli archivi, biblioteche e carte private dei “notabili del luogo” qualche composizione, prosa o poesia, perché di uomini geniali ce ne sono stati nel passato, e avrei certamente rinvenuto, anche attraverso relazioni, notizie di persone e di fatti notevoli, oltre che qualche saggio di scrittura. Se fossi rimasto in paese, forse ci sarei riuscito, pregando di farmi frugare fra le loro “cose”, ma i “se” non sono mai serviti perciò che si riferisce al passato e così questo resta un desiderio inappagato. Calitri ha sempre avuto, anche se ristretta, una vita culturale intensa e fervida, come avviene nei piccoli centri. In mancanza di altro, mi rileggo quanto riferisce anche Francesco De Sanctis nel suo “Un viaggio elettorale” nel capitolo dedicato a Calitri: “frizzi, sarcasmi, ironie s’incrociavano de’ presenti contro gli assenti, c’era lì del guelfo e del ghibellino, lotta di famiglie, lotta di interessi, passioni vive e dense, col nuovo alimento che viene dai piccoli centri, dove non si pensa che a quello solo”. E poi: “Alcuni popolani stavano li ritti sulla piazza con una gravità di senatori romani. Dev’essere un popolo tenace e lavoratore a testa alta, e ne augurai bene”. Ciò che faccio anch’io con cuore di figlio. Luigi Zampaglione IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 Raduno interdiocesano delle confraternite omenica 5 settembre u.s. si è tenuto a D Calitri il 1° Raduno interdiocesano delle Confraternite, promosso dalla locale Arciconfraternita, in occasione del 150° anniversario della promulgazione del Dogma dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine maria (8 dic. 18542004), al fine di approfondire l’importanza della presenza della Madre di Dio, Madre della Chiesa e Madre nostra, nella vita del cristiano e nella storia dell’uomo. Circa 500 tra consorelle e confratelli appartenenti a 24 pii sodalizi, provenienti dalle Regioni Basilicata e Campania, sono stati accolti dai Fratelli dell’Immacolata, nella chiesa parrocchiale di San Canio, dove hanno ricevuto il saluto del sindaco di Calitri, prof. Vito Marchitto, subito dopo il parroco don Maurizio Palmieri ha tenuto ai convenuti, una chiara e profonda riflessione mariana sul Dogma dell’Immacolata Concezione, infine il priore prof. Vito Alfredo Cerreta ha letto la lettera inviata dal Vaticano, il 21 1gosto 2004, dal presidente del Pontificium Consilium Pro Laicis: “…nella vicinanza del pellegrinaggio che il Santo padre ha compiuto al Santuario di Lourdes, auguro ogni buon successo a questo raduno ed assicuro la mia preghiera per tutti i presenti a Calitri il 5 settembre, come pure il giorno 8, quando celebrerete la festa della natività della Beata Vergine maria. Cordialmente nel Signor. † Stanislaw Rylko”. È seguito il “Cammino di fraternità e di preghiera”, con avanti la banda di Calitri, poi le Confraternite, le Autorità civili e militari con il gonfalone del Comune e il Popolo di Dio convenuto a Calitri per l’occasione. Il corteo ha sfilato per il corso Garibaldi, via cimitero, via F. Tedesco, via F. De Sanctis, Via S. Vito fino al largo Immacolata. Durante il percorso le consorelle e i confratelli hanno innalzato canti e preghiere di ringraziamento a nostro Signore Gesù Cristo per averci dato la gioia di vivere in pace ed in amicizia con Dio sotto lo sguardo vigile della Madonna. Giunti davanti la chiesa dell’Immacolata, l’Arcivescovo P. Salvatore Nunnari ha concelebrato l’Eucarestia insieme a dom Lorenzo Sena, benedettino e don Maurizio. Durante l’omelia l’Arcivescovo ha commentato le letture della domenica esortando i fedeli laici ad una solida vita Calitri 5 settembre 2004, l’arcivescovo mons. Nunnari durante la celebrazione della S. Messa. cristiana, basata sull’amore fraterno, ha chiesto ai confratelli di vivere la preghiera quotidiana, la piena comunione e la missione “testimoniare e portare il Vangelo nelle case e sul posto di lavoro. In particolare ha richiamato l’attenzione sulla valorizzazione della pietà popolare, intesa come elevazione di ciascun fedele al servizio della fede, trasferendo nella vita so- ciale e politica delle comunità il messaggio e la vita di Cristo Salvatore, senza compromessi”. Infine il Priore Cerreta ha ringraziato i convenuti dicendo che: “per la nostra Comunità è stato davvero un momento di forte esperienza di Chiesa, che resterà nella memoria di tutti”. Il Cronista Calitri 5 settembre 2004, il piazzale della chiesa dell’Immacolata Concezione diventato aula di preghiera. 13 IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 GIUSEPPE DI GUGLIELMO UNA SERATA CON VINICIO CAPOSSELA erata davvero fantastica quella del Ssurreale, 03.09.2004, bizzarra a tratti anche e con un pizzico di nostalgia, forse per il luogo che rappresenta la Casa dell ECA, patrimonio della comunità calitrana, dove un tempo si festeggiavano i matrimoni. Dove Vinicio Capossela ha proposto di realizzare una “casa di riposo per i matrimoni”, cioè una mostra permanente di foto di matrimoni, essendo quel luogo un tempio pagano e santuario d’intrattenimento. Vari ingrediendi che hanno reso quella serata davvero indimenticabile, e per dirla con un titolo dell’ultima raccolta del maestro “indispensabile”. La prima volta che Vinicio Capossela si esibisce a Calitri, e per di più nella “casa dell’ECO” come la chiama lui, desiderio incompiuto sino a quella sera. Un’improvvisazione, ben congegnata ed organizzata nel giro di poche ore, che aveva lo spirito di far rivivere una “cumv’r’sazion’” tra amici. La serata ha visto l’esibizione della “Banda della Posta” “Briuol, Matalena, Totta Creta, Franco u’ parrucchier’ e u’ Cines”. Un singolare incontro tra un gruppo storico di suonatori calitrani, i quali tra l’altro avevano suonato al matrimonio dei genitori del cantautore, anche loro presenti in sala, e Vinicio Capossela autore e interprete otiginalissimo nel panorama musicale contemporaneo. La serata ha visto l’esibizione del “cinese” che ha eseguito alcuni brani classici della canzone napoletana, e poi sul palco dell’ECA è salito anche il fornaio “Ndrand’la”, cantando alcuni sonetti calitrani. Vinicio ha omaggiato il pubblico presente, con alcuni suoi inediti, che presto usciranno in un nuovo album, come “faccia di corno”, “padrona mia”, “sonetti”, ma anche con un suo classico brano “con una rosa”, dichiarazione d’amore a ritmo di tango, dall’album Canzoni a manovella, che ha coinvolto tutta la sala a cantare con lui. La platea dell’Eca seguiva con attenzione l’esibizione del maestro, molto toccante ed emozionante è stato un altro suo brano inedito “il treno”, bellissimo pezzo, scritto da Vinicio nelle scorse vacanze calitrane, che racconta la storia degli emigranti degli anni sessanta e settanta, e delle esperienze vissute nel lasciare la loro terra d’origine. Essendo lui figlio d’emigranti, sa bene cosa vuol dire tutto ciò, i momenti tristi, vissuti sempre con orgoglio e senza dimenticare quello che si era prima di partire. La serata si è conclusa tra balli di “quadriglie” e il suo famoso brano “al veglione” acclamato dal pubblico presente; Capossela ha salutato tutti i calitrani, con un abbraccio “mozzichente” e con tanta voglia di tornare in mezzo a noi, ha ringraziato il Sindaco di Calitri per aver concesso la casa dell’ECA, alcuni consiglieri che si sono adoperati in prima persona per far sì che la serata riusse, la Pro-Loco Calitri, il forno di Maria Di Cecca e la “Banda della Posta”. Io ed altre persone, volevamo ringraziare soprattutto Vinicio Capossela, per l’affetto e la stima che ci lega a lui, prima di tutto come amico, poi illustre concittadino e come artista errante di fama internazionale. Vinicio è impegnato in una serie di lavori, uno molto interessante e importante è il suo prossimo libro in uscita, ambientato proprio tra le nostre terre irpine, che si intitolerà “Il paese dei coppoloni”. Volevo infine comunicare che proprio in questi giorni, ottobre 2004, sono partiti i lavoro di ristrutturazione della Casa dell’ECA, che vedranno nascere un luogo culturale polifunzionale fruibile da tutta la comunità calitrana. Sono particolarmente contento che Vinicio si sia esibito lì, e che quella sia stata l’ultima manifestazione culturale-musicale prima della ristrutturazione. Calitri 3 settembre 2004, casa dell’ECA, da sinistra: Rocco Briuolo, Benito Iannella,Vinicio Capossela col cappello, Franco Maffucci e Giuseppe Caputo (matalena). 14 Giuseppe Di Guglielmo IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 COME USCIRE DAL TUNNEL DELLA DROGA i chiamo Marco e vorrei, con questa M lettera, riuscire a far capire agli altri ragazzi che si può uscire dall’incubo della droga ed indicare loro la strada giusta ed efficace per uscire dalla tossicodipendenza. La mia vita era un vero e proprio calvario. Il solo pensiero di dovermi alzare dal letto la mattina ed affrontare la giornata, che per me era diventata impossibile e colma di difficoltà, faceva sì che io restassi a letto oppresso dai sensi di colpa, arrabbiato con tutto e con tutti. Il mio unico scopo era quello di sconvolgermi, di non pensare per non vedere la pessima situazione in cui mi trovavo e che giorno dopo giorno mi distruggeva. Prima di tutto per me c’era la droga, qualsiasi tipo di droga, accompagnata da psicofarmaci e da alcool in modo tale da formare un cocktail micidiale per ottenere quella che per me era la felicità…: uno stato d’incoscienza che mi metteva in condizione solo di combinare guai a me stesso ed a chi aveva la sfortuna di essermi vicino. Quello che all’inizio era un divertimento alla fine si era trasformato in una vera e propria disperazione senza che io me ne rendessi minimamente conto. Negli ultimi tempi non mi divertivo nemmeno più a sballarmi, anzi il più delle volte divenivo più triste di quello che ero già, ma ormai ero pienamente intrappolato nel tunnel delle droghe. Tutto questo fino a quando mio padre mi fece vedere un volantino, trovato in un negozio, del centro Narconon “Astore”. Per farlo felice, andai a fare un colloquio. Arrivai al centro ed incontrai il direttore, che iniziò a spiegarmi lo svolgimento del programma. Mi parlò delle saune e dei corsi didattici che avrei seguito per andare a capire cosa mi aveva portato a far uso di droghe. Più lui parlava e più io vedevo la soluzione ai miei problemi, difficile da spiegare quella sensazione, ma da subito non ebbi dubbi che quella era la strada per uscire definitivamente dal tunnel. Tornai a casa, feci i bagagli e lo stesso giorno tornai al centro per iniziare il programma. Giorno dopo giorno mi rendevo conto di migliorare, mi affascinava tutto Calitri 25 agosto 2004, ultima fila in piedi da sinistra:Vincenzo Cicoira, Michele Cicoira, Gianna Cicoira, Concetta Cicoira col figlio Antonio, Michele Zarrilli; fila centrale:Antonietta Zarrilli, Canio Toglia, Michelino Toglia, Giuseppina Toglia, Maria Di Maio, Maria Giuseppa Di Maio (di anni 96), Giovanni Toglia (curcigghj’), Rosa Toglia col nipote Angelo Cappelletti,Vitantonio Caputo, Rossana Caputo coniugata Cappelletti,Angela e Martina; prima fila:Angela Toglia, Gianluigi Rollo col figlio Samuele, Erika Marigo, Mariangela Rollo con la figlia Giulia,Corrado Piccinini e Piero caputo; per terra Beatrice Toglia e Francesco Rollo disteso. 15 ciò e potevo toccare con mano i cambiamenti positivi di cui mi aveva parlato il direttore durante il primo colloquio, il tempo passava e la speranza di cambiare definitivamente vita diventava certezza. Si creò una vera e propria famiglia con gli altri studenti ed i ragazzi dello staff e, incredibile a credere, come in così poco tempo si possono creare dei rapporti splendidi con persone che non conoscevi. Ora grazie al programma Narconon sono un ragazzo libero dalle droghe che ha ritrovato completamente le sue capacità…ed abilità…, ma soprattutto, tornato ad amare la vita, ad avere il desiderio di affrontare le giornate, di svegliarsi la mattina con la voglia di fare cose costruttive per me e per chi mi circonda. Voglio ringraziare di cuore tutto lo staff del centro Narconon “Astore” di Novilara e voglio dire ai ragazzi che hanno problemi di droga di telefonare al n. 0721/28.69.96, che si può riuscire senza alcun dubbio a tornare a vivere e ad apprezzare la vita. Marco 28/06/2001 - Mariano Di Milia nato ad Avellino e Federica Zarrilli nata a Bisaccia nel tradizionale costume calitrano. IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 DIALETTO E CULTURA POPOLARE VINCENZO METALLO NG’ERAN’ NA VOTA I FR’GGIAR’ C’ERANO UNA VOLTA I FABBRI FERRAI a ngurana ngimma a nu c’ppon’ nf’ssat’ nterra, mbietta a lu incudine sopra un ceppo infossato nella terra, di fronte al Ltigghj’ c’ppon’ ng’eran’ chiantat’ ruj c’ntrun’ p’app’scià li p’n- L’ ceppo c’erano due grossi chiodi per appoggiare li p’ntige li tagliatur’ cu lu man’ch’; fatt’ cu na mezza fra- ghj e li tagliatur’ con il manico; fatto con una mazza spacscegghia spaccata a nu lat’ attaccata stretta cu lu fierr’f’lat’ e mmiezz’ a r’ ddoj attaccatur’ ng’era lu tagliatur’, lu p’ntigghj’ a stamp’ p’ fa r’ p’rtos’ a li fierr’ r’ li mul’, ciucc’ e cavagghj’, v’cin’ a la ngurana, nterra, ng’eran’ ruj martiegghj’ cu la penna, un’ cchià gruoss’ e un’ cchiù p’cc’ninn’ e la mazza; tutt’ sti fierr’ abb’s’gnavan’ p’ fat’hà r’ fierr’ call’. P’ fat’hà r’ fierr’ fridd’ ng’era nu bancon’ cu la morsa e lu trapan’ a man’, ngimma a lu bancon’ ng’eran’ li tagliatur’, li p’ntiegghj’ tunn’ e quadrat’ p’ p’rcià li fierr r’ li mul’, ciucc’ e cavagghj’, nu par’ r’ martiegghj’ un’ cchiù guoss’ e un’ cchiù p’cc’ninn’, r’ lim’: la lima hruossa, la lima fin’,la lima a mezza luna ra nu lat’ chiatta e lra l’atu lat’ tonna, la lima a triangul’, la lima a cora r’ sorg’, nu par’ r’ t’nagl’ a tronchesi,, nu par’ r’ pinz’; a lu bancon’ ng’eran’ ruj tratur’ a un’ ng’eran r’ macchinett’ a man’, p’ car’sa e a l’aut’ li quadern’ r’ li cunt’. Li cristian’ n’ pahavan ogn’ bota, s’ s’rvia la f’rratura, la carr’catura r’ la zappa o r’ lu brient’, s’ s’gnava u juorn’, u mes’, u nom’ r’ la p’rsona chi avia fatt’ fa lu lavor’ e lu prezz’ chi s’ pahava a Aust’ a sold’ o cu r’ hran’ (Aust’ s’ pahan’ li riebb’t’). Ngimma a u bancariegghj’ p’ la f’rratura ng’eran’: la t’naglia r’ li chiuov’, la t’naglia r’ ghiogn’, la roina, la roinetta, la raspa, lu martiegghj’ a paletta cu li chiuov’; lu tuorc’ muss’ e la pastora eran appis’ a nu c’ntron’, s’ usavan’ quann’ cap’tava n’animal’ n’ picca maluas’ chi n’ s’ v’lia sta quann’ s’ f’rrava o s’ car’sava. A tiemp’ antich’ n’ ng’eran’ li trattor’ r’ terr’ nghian’, s’aravan cu la p’rt’cara r’ l’gnam’ t’rata ra li vuov’, mponta a a la p’rt’cara ng’era la hummarala r’ fierr’, ng’era la p’rt’cara r’ fierr’ cu lu hommar’ fissat’ cu duj b’llun’, t’rata ra nu paricchj’ r’ vuov’ cchiù robust’ p’ romp’ li v’tral’ e fa la mascesa “aratura cchiù profonda”, r’ terr’ ncost’ s’ausava la voltarecchia, na p’rt’cara a ddoj hommar, cu dduj man’c’ (snodata) s’aggrava ra nu lat’ e ra l’aut’ arava a dritt’ e a mancin’ (una v’rsura), r’ terr’ cchiù ncosta, custun’ e liemm’t’ s’ zappavan’ a man’ cu lu brient’ e la zappa. U fr’ggiar’ avìa fa r hummaral’ p’ la p’rt’cara r’ l’gnam’, p’ la p’rt’cara r’ fierr’, cchiù p’cc’ninn’ p’ la voltarecchia, li brient’, r’ zapp’ e r’ zappegghj’ p’ amm’nnà r’ hran’. La hummarala era fatta a forma r’ triangul’, longa cchiù o men’ na quarantina r’ centimetr’ fatta a ponta p’ s’ f’ccà nda la terra a lu lat’ destr’ era curvata p’ fa r’v’tà la terra a lu lat’ mancin’ ng’era nu triangolin’ chiamat’ hagghiucc’, la part’ r’ nn’ret’ rotonda chiamata cascia ndov’ s’ fissava a la p’rt’cara; r’ p’rt’car’ r’ l’gnam’ r’ facìa zi Pasckal’ r’ fat’hant’. Lu hummaral’ fatt’ a forma r’ trapezzij p’ la p’rt’cara r’ fierr’ e p’ la voltarecchia. cata ad un lato, attaccata stretta con il filo di ferro c’era il tagliatoio, lu p’ntigghj a stampa per fare i buchi ai ferri dei muli, asini e cavalli; nei pressi dell’incudine per terra c’erano due martelli con la penna, uno grande ed uno piccolo ed una mazza, tutti questi arnesi servicano per lavorare il ferro caldo. Per lavorare il ferro freddo c’era il bancone con la morsa e il trapano a mano, sul bancone c’erano i tagliatori, li p’ntiegghj’, tondi e quadrati per forare i ferri dei muli, asini e cavalli, un paio di martelli uno grosso l’altro piccolo, le lime: la lima grossa, la lima fine, la lima a mezza luna, da un lato piatta e dall’altro tonda, la lima a triangolo, la lima a coda di topo; un paio di tenglie a tronchesi, un paio di pinze, al bancone c’erano due tiretti, in uno c’erano le macchinette a mano per tosare e nell’altro i quaderni dei conti. Le persone non pagavano volta per volta che serviva una ferratura, la caricatura della zappa o del briente, ma si segnava il giorno, il mese, il nome della persona che aveva fatto fare il lavoro e il prezzo, si pagava nel mese di Agosto a soldi oppure col grano (infatti dice il proverbio Ad Agosto si pagano i debiti). Sul panchetto della ferratura c’erano: la tenaglia per i chiodi, la tenaglia per le unghie, la roina, la roinetta, la raspa, il martello a paletta ed i chiodi; il torci muso e la pastora (grossa fune) era appena ad un grosso chiodo, si usava soltanto quando l’animale era recalcitrante e non stava fermo quando veniva ferrato o tosato. Nei tempi passati c’erano i trattori di terre pianeggianti, che venivano arate con la perticara di ferro cu lu hummaral’ fissato con due chiodi, tirata da una coppia di buoi più robusti per rompere i terreni pietrosi e per fare lo scasso del terreno più profondo, per le terre in costa si usava la voltarecchia cioè una perticara a due ommar’, con due manici (snodata), si pigia da un lato e dall’altro lato arava a dritto e a mancino (una v’rsura), le terre più in costa o in costoni o lemm’t’ si zappavano a mano con la zappa o il bidente. Il fabbro doveva fare le hummaral’ per la perticara di legno, li ommar’ per la perticara di ferro, li ommar più piccoli per la voltarecchia, i bidenti, le zappe e le piccole zappe per amm’nnà il grano. La hummaralaera fatta a forma di triangolo lunga più o meno una quarantina di centimetri fatta a punta per entrare nella terra, al lato destro era curvata per girare la terra e al lato sinistro c’era un triangolino chiamato hagghiucc’, la parte di dietro tonteggiante chiamata cascia che si fissava all’aratro, gli aratri di legno li faceva zio Pasquale r’ fat’hant’; la hummaral’ fatta a forma di trapezio per l’aratro di ferro e per la voltarecchia. 16 continua - 2 IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 Erbe di Casa Nostra IL SEGRETO DEL PICCOLO FRUTTETO (aprile-maggio) in grappoli penduli, di gusto acidulo, ermafroditi, calice a sepali verdastri o bruno rossicci, 2 volte più grandi Visto l’interesse sempre maggiore che la coltivazione dei dei petali. Richiede terreno profondo, organico a reazione neupiccoli frutti suscita presso le persone amatoriali, affronto le tra, teme il vento e la forte illuminazione. Le varietà colturali decure colturali necssarie alla loro crescita e produzione ottimale. rivano da incroci tra specie spontanee provenienti da diverse Negli ultimi tempi lampone, mirtillo, ribes ed uva spina, inizia- parti del mondo. È una piantaa portamento cespuglioso, ma no ad essere presenti negli orti italiani, grazie ad un’ampia di- può essere coltivata ad alberello. IL ROVO (rubus spp) è un arbusto che cresce nei luoghi sponibilità di materia vivaista adatta alle nostre condizioni climatiche. Le coltivazioni di questi “piccoli frutti” è diffusa anche impervi, le varietà coltivate, ottenute per selezione, presentano a livello industriale. I motivi di questa rapida diffusione sono da frutti grossi e si distinguono in striscianti spinosi verticali senza ricercarsi nelle mutate esigenze del consumatore che sempre spine. Le foglie sono composte da 3-5 foglioline con bordo sepiù ha molte possibilità di scelta verso quei prodotti con limita- ghettato o frastagliato, il frutto è formato da numerose drupe di colore rosso o nero che però a maturità non si staccano dal riti trattamenti antiparassitari. La presenza sul mercato delle piante sane, geneticamente cettacolo e devono essere raccolte con il gambo. Il rovo esige produttive, permette di recuperare qualche spazio per la loro terreno fresco, non ha esigenze particolari e, presenta uno sviluppo rigoglioso, richiede ampi spazi, le gemme presenti sulla coltivazione, per avere un’alternativa alla frutta maggiore. IL LAMPONE: (rubus app) appartiene alla famiglia delle ceppaia, fruttificano l’anno successivo. La produzione dei frutti rosacee; forma cespugli di 70-80 cm. Di altezza che, ad ogni an- inizia alla metà di giugno e prosegue per tutta l’estate. L’UVA SPINA (Ribes grossularia) appartiene alla famiglia no sviluppano numerosi germogli chiamati polloni. Il fusto è ricoperto da tenere spine, le foglie ovali, righettate, presentano la delle sassifragacee, forma cespugli aperti e i rami sono forniti di aculei di colore verdastro, giallo miele, parte inferiore bianco argentea, i fiori o rosso. Questo arbusto gode di intesono bianco-rosati, riuniti in grappoli ressanti proprietà medicinali conferradi. Il frutto è rappresentato da picmati dalla moderna…, ha un fusto lecole drupe rosse attorno ad un ricetgnoso e strisciante, foglie ovali, frutti tacolo che rimane sulla pianta quanrossi a maturazione; cresce in luoghi do a maturità, si distaccano i frutti. pietrosi e soleggiati delle nostre monLe varietà attualmente più coltivate tagne. Narra una leggenda che un moderivano dalla specie spontanea (Runaco nel primo Medio Evo, inseguito bus idaeus). È un arbusto che si adatda un orso affamato si salvò perché ta ad ogni ambiente climatico, richiel’animale fu distratto da questa pianta de terreno fresco e tendenzialmente così colorata riuscendo a fargli diacido; fruttifica in forma scalare a menticare l’ormai sicura preda.Pianta giugno, luglio e agosto. miracolosa non solo per questo epiIL MIRTILLO: (vaccinium spp) sodio tramandato dalla cultura popoappartiene alla famiglia delle ericacee lare. Dal secento in poi l’uva spina ha un arbusto spontaneo in tutte le zone trovato una fama certamente non usurtemperato-fredde dell’emisfero boreapata. Questo arbustoha eccezionali le; alto circa 20-25 cm. presenta fusti proprietà diuretiche e disinfettanti delsotterranei, foglie piccole ovali, i frutle vie urinarie. Nella seconda metà del ti sono delle bacche di colore neradiciannovesimo secolo ne furono stro. L’origine montana delle specie scientificamente dimostrate le promontana richiede terreni freschi ed orprietà terapeutiche ed attualmente è ganicicon PH acido (4-5); esistono in oggetto di studi presso la facoltà di commercio alcune qualità a frutto sinmedicina di Bobigny (Parigi Nord) algolo di buone dimensioni e con prolo scopo di individuale il migliore siduzioni elevate, la piena produzione stema possibile di applicazione nelle si raggiunge dopo 6-7 anni. infezioni della vescica, in cistite ed IL RIBES (ribes spp) appartiene uretreti, nell’enuresi e nella terapia dei alla famiglia delle sassifragacee, è La signorina Lucia Lettieri nata a Calitri da Canio e calcoli renali. Persino Pantaguel,couna pianta perenne che raggiunge1 da Rosa Lombarda Melaccio si è brillantemente laume narra Rabelais, la usò per curarsi metro e mezzo di sviluppo in altezza; reata in Giurisprudenza col massimo dei voti, presso la blenorragia. grandi foglie alterne, palmate, a 5 lol’Università degli Studi di Siena, il 29 ottobre 2004.Alla Alba Algeri bi dentati, pubescendi sotto, picciolaneo dottoressa gli auguri più sinceri dalla Redazione. (da Retorbido) te e caduche; fiori giallo-verdastri LAUREA 17 IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 L’ARTE SACRA IN ALTA IRPINIA Volume Tredicesimo di Pasquale Di Fronzo - Fuori Commercio - 2004 L A N OS TRA BIBLIOTECA una società materialistica e consumistica come la nostra, Ilannella quale i beni economici tengono il primo posto nella scadei valori e gli animi sono indotti a desiderare sopra ogni cosa il benessere materiale e il piacere, don Pasquale Di Fronzo ci diletta con le sue ammirevoli ricerche e ci propone altri 12 profili di opere d’arte che fanno parte integrante di un unico lavoro pubblicato a puntate sul quindicinale irpino d’informazione e di opinione “Altirpinia”. La Pietà di Cassano Irpino, la tela della Visitazione di Ariano Irpino, la Concezione di Rocca san Felice, la statua di san Giuseppe di Gesualdo, l’Assunta del Cestaro di bagnoli irpino, l’ovale di S. Anna di S. Nicola Baronia, la statuetta lignea di S. Biagio di Mirabella Eclano, la statua di S. Nicola di Flumeri, l’acquasantiera della chiesa madre di Mirabella Eclano, il Calice dei militari di Morra De sanctis, le porte di bronzo di S. Gerardo di Caposele e il calice della Madonna delle Grazie di Mirabella Eclano sono tutte opere che vanno ad arricchire sempre più la catologazione delle opere d’arte sacra della nostra carissima Irpinia. È un contributo sempre prezioso e puntuale che don Pasquale da anni ci offre col sacrificio della ricerca, con la tenacia del ricercatore e con l’amore di sacerdote. CALITRI Studi e ricerche 1996- 2005 di Emilio Ricciardi Tipografia ABC - Napoli 2005. una vera antologia degli articoli che Ricciardi ha scritto in Ècogliere questi ultimi nove anni e che ha voluto, lodevolmente, racin un unico volume per rendere disponibile ad un vasto pubblico di studiosi o di semplici appassionati, il materiale pubblicato su varie riviste e giornali. Infatti, ad oggi, sono state indagate nuove fonti e sono stati rinvenuti numerosi documenti inediti come manoscritti, protocolli notarili, catasti, registri parrocchiali, visite pastorali ecc.che hanno arricchito le notizie su Calitri. Emilio Ricciardi ci ha ormai da tempo abituati a un metodo d’indagine accurato basato sull’attenzione ad ogni particolare, ed anche in questo volume conferma, se ce ne fosse bisogno, le peculiari doti di ricercatore e di scrupoloso studioso, con un’attenta ed accurata analisi storica delle vicende. Ne è risultato un solido volume con la consueta chiara e lucida esposizione, oltre al rigore delle analisi esposte con dovizia di particolari, che nel complesso ci offre un lavoro accurato nell’esecuzione con le solite doti di acume, coerenza e rigore. L’ARCIVESCOVO CI LASCIA LA CHIESA MADRE “SANTO SPIRITO” di Teresa Armenti e Ida Iannella.- Edizioni Gruppo Culturale “F. Guarini” Solofra (AV) - anno 2004. Mons. Salvatore Nunnari, dopo neanche cinque anni di permanenza nella nostra Diocesi è stato chiamato a più alto e nobile incarico e precisamente a Metropolita della Diocesi di Cosenza. Ci eravamo abituati a questo Pastore buono, colto, paterno, pieno di premure per tutti nella sincera ricerca della verità e nel comune impegno a sviluppare relazioni sempre più autentiche. Ma non possiamo dimenticare, da buoni cristiani, che la fede nel Dio che – incarnandosi – si è fatto nostro compagno di viaggio, deve essere proclamata dovunque e particolarmente per le nostre strade e fra le nostre case, quale espressione del nostro grato amore e fonte di enesauribile benedizione. Un grazie sincero e sentito per quanto ha fatto per la nostra Diocesi e per ciascuno di noi, sicuri che saremo sempre nel suo cuore e anzitutto nelle sue preghiere. due professoresse, amiche e colleghe, lavorando con vera Lsuepassione e competenza, hanno scritto uno stupendo libro Castelsaraceno che fa onore anzitutto a loro e nel contempo al paese nel quale svolgono o hanno svolto attività didattica. Come siamo ormai abituati a fare, da più lustri, nel recensire un libro, partiamo dall’indice che qui troviamo esaustivo, nel senso che c’è tutto a cominciare dal centro abitato, alle dominazioni feudali, al catasto onciario, interventi strutturali sulla matrice, la storia delle campane, l’organo, i beni ecclesiastici, abolizione delle decime, le confraternite, le cappelle, le statue, i quadri, le reliquie gli ex voto, i pellegrinaggi, il cimitero, i morti per il terremoto del 1857 in semplici, chiari e precisi prospetti, l’archivio parrocchiale con i battezzati, i matrimoni e le morti, le periodiche visite pastorali, i pastori della parrocchia e così via, il tutto con una prosa chiara, semplice, scorrevole, accattivante. Gli spunti interessanti sono numerosi, il libro che si apre con una presentazione dell’arciprete don Mario Tempone, una prefazione del dott. Vincenzo D’Alessio responsabile delle edizioni Guarini, e con una introduzione delle AA, sempre attente e sensibili, è impreziosito da alcune belle fotografie e da una elegante veste tipografica. Il valore e il rilievo del volume è dato dal grosso quantitativo di notizie e di dati sulla vita del piccolo paese che il percorso di chi vuol ritrovare se stesso, le proprie origini, recuperando i percorsi dell’anima per costruire una società futura attenta all’uomo r rispettosa dei suoi bisogni materiali e spirituali. 18 IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 Calitri 16 gennaio 2004,Agnese Di Cosmo nata a Calitri da Vitantonio e da Lucia Zarrilli e il marito Michele Di Cairano nato a Calitri da Pasquale e da Maria Lucia Di Roma, festeggiano i loro 40 anni di matrimonio.Auguri dalla Redazione. Calitri 1940, la signora Giuseppina Siconolfi con la piccola figlia Angela Fierravanti in una foto da mandare al marito Antonio in servizio militare. Calitri 13.12.2004, Polisportiva Categoria Esordienti Pulcini, da sinistra in piedi: Florindo Maffucci, Francesco Borea, Luca Maraucci, Giuseppe Scoco, Luigi Grasso, Luca Orabona, Mariano Maffucci,Vittorio Zabatta,Angelo Mottola, Carmine Panniello; prima fila: Michele Galgano, Giovanni Cestone, Giuseppe Cerreta, Michele Di Cairano,Vincenzo Cestone, Giuseppe Rosania, Stefano Paglialonga, Davide Toglia, e Antonio Buldo. 07 ottobre 1945, Giuseppe Di Cecca (scatozza/14.03.1914 † 17.06.1997) nato da Mauro e da Maria Concetta Codella (p’zzaregghia), durante il servizio militare. Poggibonsi 12 settembre 2004, nella chiesa di San Giuseppe, Rosa Maria Delli Liuni e Luigi Zarrilli festeggiano i loro 50 anni di matrimonio e salutano tutti i parenti che hanno festeggiato insieme a loro.Auguri dalla Redazione. 19 IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 Calitri 2004, Festa di Carnevale presso le Suore di Gesù Redentore, da sinistra in piedi: suor Brunilde Lamatrice, suor Giampaola Santoro,Graziella Gautieri, Eleonora Cicoira, Pasqualina Paolantonio, Vittoria Codella, Concetta Fatone, Francesca Cianci, Giovanna Stanco, Lucia Zarrilli, Antonia Gervasi, Lucia Di Cairano, M. Lucia Maffucci,Antonietta Macrì coniugata Bonzanino,suor Olmina Damiano; seduti:Antonio Martiniello,Antonietta Tartaglia, coniugata Buldo,Angela Cianciotta,Teresa Vallario (14.03.1914 + 04.05.2004),M. Michela Gervasi, Rosa Gautieri,Angela Gallucci, suor Donata Conte, suor Pia Natale; seduti per terra Fiammetta Acquaviva,Antonella Nannariello,Vincenzo Martiniello,Valeria Bozza. Giardino residenza Estiva Marina “Stella Maris” (CE) 24 giugno 2004, le anziane residenti presso le Suore, da sinistra in piedi: Rosa Gautieri nata il 31.07.1915, Pasqualina Paolantonio nata l’11.03.1915,Angela Cianciotta nata il 20.10.1916, M. Michela Gervasi nata il 14.07.1916, M. Lucia Maffucci nata l’ 01.01.1921, Eleonora Cicoira nata il 02.09.1926; prima fila: Antonietta Tartaglia, coniugata Buldo, nata il 14.12.1919, Graziella Gautieri nata il 23.10.1917 e Angela Di Milia nata il 13.12.1916. Nel 2004 la nostra Comunità ha vissuto un altro momento molto bello e intenso di vita comune, di preghiera e di “allegria”, infatti ci siamo recate per una settimana di distensione presso la Comunità delle nostre Consorelle di Mondragone, colonia Stella Maris, dal 21 al 26 giugno. Questo momento, vissuto dalle nostre anziane con emozione e gioia è stato preceduto da un pellegrinaggio al Santuario di Pompei; alla Beata Vergine del Santo Rosario abbiamo affidato sia le famiglie delle nostre anziane che della Comunità tutta. Passeggiate sul lungo mare, nella villa, oltre che varie celebrazioni che hanno arricchito lo spirito di noi tutte. Tutto ciò è stato reso possibile anche grazie all’intervento dell’Amministrazione Comunale che ci ha messo a disposizione un pulmino per il trasporto. Data l’esperienza più che positiva, si è pensato di ripetere questi momenti anche per gli anni avvenire, con l’aiuto di Dio e con l’intercessione della nostra Fondatrice. New Rochelle Luncheon, 23 ottobre 2004, da sinistra in piedi: Maria Cestone Imperiale, Josephine Cerreta, Marie Fastiggi Giordano, Josie Galgano Gore, Mary Margotta Basile,Angie Cicoira Moloney; seduti: Joe Imperiale, Fred Rabasca, Albert Galgano, Roberto Bongo (Margotta) La Superiora delle Suore di Gesù Redentore di Calitri Pietro Caputo il 14 dicembre 2004 si è brillantemente laureato in Biotecnologia per i “Prodotti ed i Processi” presso l’Università degli Studi Federico II di Napoli, con 110 e lode e il plauso della Commissione. Nella foto è insieme alla mamma Paola Ambrosio, nata a Caracas (Venezuela) il 17.05.1958 da Antonio e Mafalda Boccia, al padre Michele Caputo nato a Calitri il 23.01.1956 da Pietro e da Rosa Pastore e alla sorella Rosa nata ad Avellino il 19.07.1981.Al neo dottore gli auguri più sentiti dalla Redazione. Calitri 5 gennaio 2005, Giuseppina Di Cosmo e Canio Martiniello hanno felicemente festeggiato 25 anni di matrimonio:Auguri vivissimi dai figli Salvatore, Luciana, Michela e dalla Redazione. 20 IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 SOLIDARIETÀ COL GIORNALE (Poggibonsi) – Cerreta Margherita (Milano) – Lampariello Franchino (Garbagnate M.se) – Galgano Angelo Maria (Salerno) – Di Napoli Mario (Bollate) – Maffucci Angelo (Lissone) – Acocella Nicola (Limidi Soliera) – Toglia Giuseppina (Riccione) – Di Carlo Attilio (Cordenons) – Di Maio De Matteo Ersilia (Roma) Euro 20: Ciancolini Simonetta e Roberto (Barberino M.llo) – Cristiani Salvatore (Poggibonsi) – Di Cosmo Angelina (Castiglione D.S.) – Galgano Vincenzo (Riccione) – Nicolais Giovanni (Firenze) – De Vito Antonietta (Roma) – Repole Pietro (Rapone) – Iavazzo Cianci Anna Maria (Napoli) – Delli Gatti Franco (Pioltello) – Simone Enza (Maddaloni) – Di Giuseppe Egidio (Foggia) – Fastiggi Luciana (Pomezia) – Buldo Antonia (Varallo Pombia) – Lorenzo Maria (Poggio a Caiano) – Metallo Giuseppe (Bagnoli) – Del Cogliano M. Michela (Caserta) – Grieco Aldo (Grosseto) – Rabasca Barbara Corcione (Caserta) – Margotta Giuseppe (Salerno) – Codella Pasqualino (Cermenate) – De Vito Rocco (Roma) – Leone Giovanni (Milano) – Toglia Canio (Poggibonsi) – Cubelli Michele e Lucia (Bologna) – Di Carlo Alfredo (Avellino) – Scoca Antonio (Trento) – Cala’ Canio (Scandiano) Euro 25: Cicoira Giuseppe (Pietrasanta) – Barone Biagio (Bella) – Nicolais Canio Vincenzo (Roma) – Landi Lucia e Rocco (Grottaminarda) – Galgano Vincenzo (Brindisi) – Cerreta Giovanna (Prato) – Cianci Michele (Firenze) – Stifano Giuseppe (Pellare) – Maffucci Michelina (Pisa) – Di Napoli Donato (Napoli) – Cerrata Rizzi Annamaria (Foggia) – Galgano Vincenzo (Melfi) – Galgano Antonio (Novara) – Margotta/Nicolais (S. Donato M.se) – Di Napoli Fortunato (Garbagnate M.se) – Di Cairano Teresa (Torino) – Milano Calvani Vincenza (Cascina) – Zazzarino Vincenzo (Mercogliano) – Di Maio Gaetano (Trento) – Capossela Vito (Scandiano) Euro 26: Losasso Rocco (Avellino) Euro 30: Fierro Nicola (Salerno) – Armiento Michelangelo (Roma) – Caputo Canio (Carosino) – Messina Giuseppe (Roma) – Lampariello Vincenzo (Nova M.se) – Codella Vito (Cremona) – De Nicola Michele (Bologna) – Cirminiello Mario (Posta Fibreno) – Norelli Franco (Roma) – Tozzoli maria (Napoli) – Bifronte Giuseppe (Roma) Euro 32: Della Valva Vito (Bollate) Euro 50: Don Lorenzo Sena (Fabriano) - Montagnani Roberto (Figline) – Zabatta Michele (S.Giorgio a Cremano) – Zabatta Salvatore (Milano) – Cestone Gerardo (Cava dei Tirreni) – Leone Angelo Mario (Bari) – Toglia Lorenzo (Roma) – Nappi Gaetana (Bergamasco) – Di Milia Mario (Milano) – N.N. (Baronissi) – Galgano Anna (Milano) – Tornillo Angelo (Potenza) Euro 100: Ferrara Michelina (Torino) – Della Valva Francesco (Bollate) DA CALITRI Euro 5: Siconolfi Anna Euro 10: Codella Giuseppe Contrada Difesette 5 – Caputo Vincenzo – Galgano Giovanni – Zarrilli Canio – Maffucci Eduardo – Del Cogliano Antonia – Gallo Mario – Marchitto Luisa – N.N. – Cialeo Francesco – D’Emilia Pasqualino – Fasulo Sergio Euro 12: Zabatta Pietro Euro 13: Maffucci Di maio Benedetta Euro 15: Del Moro Vincenzo – Russo Luigi – Lopriore Antonio – Zarrilli Massimiliano – Cialeo Vincenzo – Maffucci Berardino e Carmina Euro 20: Rabasca Antonio – Rinaldi Giovanni – Acocella Attilio – Galgano Giuseppe – Cestone Raffaele Euro 25: Sansone Lorenzina – Maffucci Vincenza Euro 26: Nicolais Salvatore Euro 50: Licari Graziano DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE Euro 5: Algeri Alba (Retorbido) – Pignata Rosa (Contursi Terme) – Colucci Pasquale (Sirignano) – D’Onofrio Giuseppe (Castellammare di Stabia) – Di Cairano Mario (Roma) Euro 6: Cerreta Giuseppe (Cambiano) Euro 8: Cerreta Michele (Carrara) – Gautieri Canio (Mariano C.se) Euro 9: Cerreta Luigi (Bari) Euro 10: Di Fronzo Pasquale (Mirabella Eclano) – Zarrilli Luigi (Poggibonsi) – Margotta Giovanni (Poggibonsi) – Cantarella Maria (Genova) – Cerreta Vincenzo (Carrara) – Rabasca Canio (Nova M.se) – Battaglia Domenico (Firenze) – Zabatta Claudio (Torlupara) – Coglianese Angelo (Oliveto Cita) – Mariani Emilio (Morra De Sanctis) – Margotta Angelo (Collemarino) – Del Cogliano Concetta (Leccio) – Ardolino Francesco (Maddaloni) – De Vito Rocco (Roma) – Zabatta Pietro (Lentate S.S.) – Metallo Vincenza (Roma) – Scoca Vincenzo (Castelfiorentino) – Mollica Antonio (Novara) – Briuolo Luigi (Alessandria) – Cestone Giovanni (Pinerolo) – Zabatta Vincenzo (Lentate S.S.) – Leone Giuseppe (Misinto) – De Nicola Rosa (Avellino) – Pastore Maria (Fornaci di Barga) – Galgano Vincenzo (Lentate S.S.) – Maffucci Tonino (Lentate S.S.) – Di Napoli Giuseppe (Brescia) – Rotondi Giancarlo (Roma) – Scoca Vincenzo (Perticato) – Stanco Angela (Lentate S.S.) – Di Napoli Angelomaria (Porto Torres) Euro 12: Tozzoli Giandomenico (Roma) – Tozzoli Mejer Ella (Roma) Euro 15: Capolongo Domenico (Roccarainola) – Buldo Cesare Giovanni (Varese) – Cestone Giuseppe (Poggibonsi) – Di Cairano Scoca Francesca (Ponte Tresa) – Paoletta Erminio (Portici) – Fatone Giuseppe (Roma) – Fastiggi Michele (Salerno) – Cerreta Mario (Avellino) – Zarrilli Vito (Roma) – Nicolais Maria (Latina) – Gautieri Vito (Moncalieri) – Vallario Lorenzo (Milano) – Del Cogliano Antonio (Salerno via Picenza) – Di Cosmo Vincenzo DALL’ESTERO U.S.A.: $ 100 Costantino Frucci – $ 25 V.W. Badia – Cerreta Giovanni – Bongo Robert ed Lisabeth CANADA: $ 100 Cianci Franco 21 IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 MOVIMENTO DEMOGRAFICO Rubrica a cura di Anna Rosania I dati, relativi al periodo dal 09 ottobre 2004 al 28 gennaio 2005, sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri. NATI Maffucci Vittorio di Pietro e di Rossi Cecilia Del Cogliano Filomena di Luciano e di Scoca Eunice Galgano Donato di Canio e di Cianci Albina Maffucci Giorgia di F. Mario e di Fierravanti Maria Francesco Nicolais (C’lon’) 11.07.1931 † 22.01.2005 A coloro che lo conobbero e lo stimarono perché rimanga vivo il suo ricordo. 27.11.2004 27.11.2004 03.01.2005 25.01.2005 MATRIMONI Cioffari Pasquale e Quinto Anna Cestone Luigi e Rakovska Snezhana Giuseppe Girardi 29.10.1928 † 21.01.2005 Vivrai in noi attraverso il ricordo del tuo amore. La figlia, la consorte e i parenti tutti. 09.10.2004 14.01.2005 MORTI Zarrilli Pietro Cialeo Canio Vincenzo Cestone Francesco Maffucci Angelomaria Bozza Luigina Rosania Vincenzo Mastrullo Antonio Acocella Angelomaria Buldo Incoronata Russo Donato Galgano Vincenzo Polestra Francesca Cianci Vincenzo Stanco Giuseppe Antonio Cerreta Angelomaria Cianci Alessandro Zabatta Maria Di Muro Antonietta Girardi Giuseppe Nicolais Francesco Lops Carmine Guglielmo Rachele 24.12.1969 - † 29.10.2004 12.12.1912 - † 01.11.2004 18.02.1924 - † 02.11.2004 25.04.1912 - † 08.11.2004 10.02.1921 - † 18.11.2004 05.06.1936 - † 19.11.2004 12.08.1925 - † 19.11.2004 03.04.1920 - † 06.12.2004 15.04.1920 - † 16.12.2004 04.02.1926 - † 16.12.2004 28.11.1926 - † 18.12.2004 22.06.1922 - † 21.12.2004 26.02.1923 - † 26.12.2004 13.06.1927 - † 28.12.2004 19.02.1923 - † 08.01.2005 02.03.1906 - † 13.01.2005 22.06.1929 - † 15.01.2005 19.06.1949 - † 17.01.2005 29.10.1928 - † 21.01.2005 11.07.1931 - † 22.01.2005 24.12.1926 - † 27.01.2005 16.04.1922 - † 28.01.2005 Angelamaria Acocella in Cialeo 01.04.1920 † 05.12.2004 I nostri cuori afflitti conservano la tua presenza in mezzo a noi. Tuo marito Francesci, i figli, nipoti e pronipoti. Antonio Mastrullo 12.08.1925 † 19.11.2004 Dai, o Signore, al suo spirito l’eterno riposo. Nel nostro cuore sarà sempre vivo il ricordo. Vito Galgano 26.05.1928 † 13.11.2004 Resterai sempre nel cuore di quanti ti vollero bene. Matilde Stanco Balestrieri 13.10.1893 † 15.02.1988 Chi si addentra nel Campus che ospita il Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” di Calitri, ha modo di ammirare nell’atrio un suggestivo e graziosissimo pannello, raffigurante una bianca colomba che, librandosi sulle rovine del paese devastato dal sisma del 1980, spicca il volo verso il sole. Gerardo Balestrieri Pescopagano Calitri 01.06.1905 † 14.02.1988 La composizione fu voluta dall’allora preside del Liceo prof. Antonio Altieri per commemorare e additare ai giovani studenti la figura di Brigida Balestieri, figlia di don Gerardo e della gentildonna signora Matilde Stanco, stroncata da un fulmineo malore quand’ella aveva appena nove anni. Gida Balestrieri 04.02.1941 † 27.11.1950 Quel pannello voleva significare la profonda gratitudine degli studenti per la generosa donazione elargita dai coniugi Balestrieri nell’intento di sorreggere i giovani studenti nei loro sforzi di elevazione culturale e sociale. La popolazione di Calitri rende onore all’intera famiglia, da anni, riunita presso il Padre Celeste. 22 Francesco Cestone 08.02.1924 † 02.11.2004 Beato chi mi ascolta, chi vigila ogni giorno alla mia porta e aspetta il momento di entrare. (Prov.8/34) IL CALITRANO N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005 R E Q U I E S C A N T Teresa Cianci Cestone Calitri Brescia 12.06.1937 † 28.01.2004 Andrea Galgano 22.04.1932 † 06.06.2004 Il suo ricordo resterà sempre vivo in noi e nelle persone che l’hanno conosciuta. Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta. I N P A C E Donata Di Donato Oliveto Citra Maddaloni 05.01.1912 † 02.01.2002 In tutti coloro che l’amarono rimanga vivo il suo ricordo. Antonio Cianci Il nonno 11.04.1912 † 21.08.1992 Andrea Galgano 09.10.1924 † 23.01.1996 La moglie Concetta, le figlie Angela dalla Germania e Vincenza lo ricordano con l’amore di sempre. Siete stati e sarete sempre parte di noi. Michele, Antonietta col figlio Marco ed i parenti tutti Vi ricordano con immenso affetto. Antonio Cianci Il nipote 23.04.1976 † 26.01.1995 Don Raffaele Gentile Rocchetta S. Antonio Napoli 01.01.1926 † 03.04.1996 Francesco Scoca 09.10.1914 † 31.10.1996 Pensa il Signore alla vita dei buoni, la loro eredità sarà perenne. (Salmo 37/18) Accetta la legge dalla sua bocca e metti le sue parole nel tuo cuore. (Giobbe 22/21) Giuseppe Di Maio 05.04.1912 † 23.02.1995 Il suo ricordo di uomo semplice ed onesto resta sempre vivo nel rimpianto della sua famiglia e di quanti lo conobbero e l’amarono. Annina Russo 04.02.1928 † 20.08.1974 Il dolore per la vostra assenza non potrà mai essere colmato; amarvi è stato facile, dimenticarvi è impossibile. I vostri figli Michele, Lucia e Giovanni con i nipoti e tutti i parenti e conoscenti. Leonardo D’Antuono 17.06.1944 † 28.02.1995 La moglie e i figli ne serbano il ricordo più vivo e sentito. Antonio Sicuranza 18.07.1925 † 02.01.1992 Vincenzo Cianci 27.06.1909 † 18.01.1995 Giuseppe La Morte 15.02.1917 † 24.04.1991 A 10 anni dalla tua scomparsa, tua moglie Giuditta, i tuoi figli Michele, Franco e Angelo con amore conservano il tuo dolce ricordo. Dopo 14 anni dalla tua scomparsa sei sempre vivo nei nostri cuori. Tua moglie Concetta e i figli Antonietta, Maria e Vito Antonio Lucia Gautieri 27.03.1912 † 24.04.1989 La salvezza dei giusti è nel Signore, che è loro forza nel tempo della prova. (Salmo 37/39) Colomba Fastiggi in Di Maio 05.03.1946 † 16.03.1979 Vi è un premio per il giusto, vi è un Dio che fa giustizia sulla terra. (Salmo 58/11) Francesco Cestone 04.01.1905 † 11.10.1965 Maria Michela Galgano 01.01.1905 † 07.04.1969 23 La figlia Maria li ricorda sempre con affetto. In caso di mancato recapito, si prega di voler restituire all’Ufficio C.M.P. Firenze per la riconsegna al mittente, che si impegna ad accollarsi le spese postali. Calitri 21.11.2004, Polisportiva campionato di 2° Categoria, da sinistra in piedi: Luciano Capossela, Michele Cubelli,Vito Tartaglia, Gaetano Cicoira,Antonio Zarrilli, Giuseppe Di Guglielmo, Michele Maffucci, Canio Mario Gervasi,Giuseppe Galgano, Michele Galgano; prima fila: Mario Tornillo, Claudio D’Emilia,Vittorio Ruggiero, Roberto Tortoriello,Vito Tornillo,Adriano Cubelli,Alessandro Cesta e Antonio Rubino.