periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e

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periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e
ISSN 1720-5638
IL CALITRANO
periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni
Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB - Filiale di Firenze
ANNO XXV - NUMERO 28
(nuova serie)
GENNAIO-APRILE 2005
VIA A. CANOVA, 78 - 50142 FIRENZE - TEL. 055/783936
IN
QUESTO NUMERO
Il giornale online
di Raffaele Salvante
Periodico quadrimestrale
di ambiente - dialetto - storia e tradizioni
dell’Associazione Culturale “Caletra”
4
Fondato nel 1981
6
Sito Internet:
www.calitritradizioni.it/calitrano.asp
E-mail:
[email protected]
La Confraternita e la chiesa
di San Michele Arcangelo
IN COPERTINA:
Calitri 1916 circa, Berardino Del Cogliano (auc’gghiara) nato a Calitri da Vincenzo e da Benedetta
Zarrilli il 26.11.1889 e deceduto il 29.09.1979, Laura Maria Fastiggi (a’ pec’) nata da Michele e da Giacinta Polestra il 16.07.1892 e deceduta il
30.01.1975, il piccolo Antonio Del Cogliano nato il
10.11.1915 e Benedetta Del Cogliano (28.05.1914
del dott. Emilio Ricciardi
Il maestro
Luigi Zampaglione
di Raffaele Salvante
10
Direttore
Raffaella Salvante
13
Direttore Responsabile
A. Raffaele Salvante
Raduno Confraternite
del priore prof. Vito Alfredo Cerreta
Una serata
con Vinicio Capossela
di Giuseppe Di Guglielmo
LA QUESTIONE
FINANZIARIA
Ci dispiace insistere ma
è un problema
importante per la vita
del giornale, che rischia
davvero di bloccare la
sua pubblicazione.
Aiutarne la
sopravvivenza vuol dire
non soltanto contribuire
direttamente, ma anche
darsi da fare con gli
amministratori del
Comune e della
Comunità Montana,
perché prendano a
cuore questa iniziativa
editoriale che da lustro
al nostro paese e serve
da collegamento diretto
con i nostri emigranti.
ANNO XXV - N. 28 n.s.
3
Personaggi
del Cronista
IL CALITRANO
14
Segreteria
Martina Salvante
Come uscire dalla droga
di Marco
15
DIALETTO E CULTURA
POPOLARE
16
ERBE DI CASA NOSTRA
17
LA NOSTRA BIBLIOTECA
18
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 21
MOVIMENTO DEMOGRAFICO 22
REQUIESCANT IN PACE
23
Direzione, Redazione, Amministrazione
50142 Firenze - Via A. Canova, 78
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La collaborazione è aperta a tutti,
ma in nessun caso instaura un rapporto
di lavoro ed è sempre da intendersi
a titolo di volontariato.
I lavori pubblicati riflettono il pensiero
dei singoli autori, i quali se ne assumono
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PASQUA
2005
Il giornale viene diffuso gratuitamente.
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commerciale nei sensi previsti dall’art. 4
del DPR 16.10.1972 n. 633
e successive modificazioni.
Le spese di stampa e postali sono coperte
dalla solidarietà dei lettori.
“Signore, io credo.
Io voglio credere in Te.
O Signore, fa che la
mia fede sia pura;
Signore, fa’ che la mia
fede sia forte
O Signore, fa’ che la
mia fede sia operosa”
Stampa: Polistampa - Firenze
Autorizzazione n. 2912 del 13/2/1981
del Tribunale di Firenze
Il Foro competente per ogni controversia è
quello di Firenze.
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2800
Chiuso in stampa il 20 febbraio 2005
IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
VENTICINQUE ANNI DI VITA FECONDA
IL GIORNALE ONLINE
Viviamo oggi un tempo particolare di ripensamento e di ricerca con modalità nuove e con mezzi moderni,
quindi, con una forte attenzione ai segni dei tempi e alle loro esigenze;
internet per sua natura è uno speciale mezzo diretto, immediato, interattivo e partecipativo.
l 13 febbraio del 1981 il Tribunale di
Il’autorizzazione
Firenze concedeva, su nostra istanza,
n. 2912 per la pubblicazione del presente giornale; è trascorso un quarto di secolo e noi stessi, per
primi, siamo meravigliati del risultato
conseguito, sia pure a volte con grande
fatica.
Nella nostra attività abbiamo dato alle
stampe 43 numeri in formato tabloid e 28
numeri, col presente, nel formato “nuova
serie” con una varietà di articoli che i lettori hanno potuto valutare e soppesare.
Certamente abbiamo avuto dei collaboratori eccezionali nelle persone del
prof. Pietro Cerreta, del padre domenicano Gerardo Cioffari, del dottor Marco
Del Cogliano e del dottor Emilio Ricciardi ed altri, uomini e donne che col
loro ricco patrimonio di suggerimenti e
idee hanno saputo dare al giornale, valorizzando un’ampia rete di sinergie, una
veste autorevole.
La complessità e la fatica di un tale
lavoro sono evidenti, ma prendendo coscienza dei radicali cambiamenti in atto
nella nostra società e nel mondo intero,
di fronte alle sfide di quest’epoca, internet rappresenta una delle conseguenze
di quel processo di globalizzazione che
caratterizza il mondo contemporaneo e
da cui non è possibile tirarci fuori.
Vanno ribaditi, comunque, gli obiettivi che fin dall’inizio ci siamo proposti e
cioè la ricerca appassionata della verità
in ogni fatto e nel pieno rispetto della
dignità e del valore della persona umana;
il servizio alla giustizia quale condizione
essenziale perché il bene trionfi su ogni
tentazione di manipolazione e di sopruso; il pieno esercizio della libertà nell’espressione del pensiero e nella valutazione dei fatti, evitando accuratamente
ogni forma di servilismo e di uso strumentale dei media.
I media, infatti, spesso rendono un
servizio coraggioso alla verità; ma talvolta, però, funzionano come agenti di
propaganda e disinformazione, al servizio di interessi ristretti, di pregiudizi nazionali, etnici, razziali e religiosi, di avi-
dità materiale e di false ideologie di vario
tipo. Segnali lapalissiani di questa deriva
dei media sono stati attentamente deplorati dal nostro Presidente della Repubblica in due precisi e distinti interventi,
che all’indomani hanno provocato uno
sperticato plauso da parte di tutti i giornali, compresi quelli che sono, da sempre, “spudoratamente” di parte.
Ma è nella quotidianità più semplice
che dobbiamo cercare il salto che aiuti
ad assumere davvero una nuova prospettiva, per accentuare una nuova sensibilità, facendo del progetto culturale un valore aggiunto, per essere più incisivi negli obiettivi e nei mezzi per conseguirli.
Fin dall’inizio constatando che l’esperienza umana in quanto tale è diventata una esperienza mediatica, avremmo
voluto mettere online il nostro giornale,
ma la nostra impreparazione e i nostri
ristretti limiti tecnici ci hanno impedito
di operare, fino a quando non abbiamo
incontrato un validissimo giovane salernitano figlio di calitrani il dottor Marco
Del Cogliano laureato in scienze della
comunicazione, che gestisce un sito sulle
Tradizioni popolari di Calitri, che cortesemente e con seria competenza si è offerto di collaborare col giornale costruendo il sito internet sul quale dal
2005 è possibile trovare tutti i numeri
della nuova serie mentre per quelli del
formato tabloid non abbiamo ancora trovato chi li può scanzire senza farci spendere cifre astronomiche.
Da oggi in poi ad esempio tutti i calitrani, in particolar modo quelli del Venezuela o degli USA, ai quali il giornale
arriva sempre con un ritardo di circa due
mesi, possono “scaricare”, sul proprio
computer i numeri del periodico che viene stampato alle scadenze fisse di Pasqua - Ferragosto e Natale.
Per inviare articoli o foto da pubblicare, basta inserire il materiale o la foto
in allegato ad un messaggio di posta elettronica.
Nel frattempo stiamo procedendo ad
una revisione con aggiornamento dei due
volumi pubblicati: “CALITRI Canti Po3
polari” del 1983 e “Proverbi Calitrani”
del 1986 per inserirli online.
La nostra ambizione è quella di “stimolare” le coscienze, che, nel costruire
ogni giorno quel bene riconosciuto come
concretamente possibile, sappiano rileggere criticamente i passi compiuti e scoprire nuovi e sempre più ampi spazi di
azione.
Al termine di un così partecipato
cammino, a nessuno sfugge come tale
compito comporti, oltre all’impegno finanziario, una più stretta e valorizzata
collaborazione per meglio animare e sostenere la ricerca intellettuale per un autentico servizio alla crescita integrale
della persona umana.
Raffaele Salvante
DALLA SVIZZERA
Basilea, 06.09.2003 nella parrocchia di S.
Giuseppe si sono uniti in matrimonio Catiusca Girardi figlia del carissimo amico
Peppino e Cristian Jud. Nella stessa parrocchia, a suo tempo, si sono sposati i genitori
dei due giovani.
IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
PERSONAGGI
Francesco Michele POLESTRA (don Ciccillo), medico, nato a Calitri (16.12.1865 † 05.07.1941) da Rocco e da Lucia Stanco, coniugato
con Adele Maria Bruni, nata a Montella (02.06.1865 † Napoli
22.04.1905) da Vincenzo e da Raffaella Capone: ebbero un solo figlio,
Rocco Polestra, che nacque a Calitri il 12 novembre 1897.
Giuseppe Nicola POLESTRA, generale Medico (24.02.1872 †
22.11.1940) nacque da Rocco e da Lucia Stanco, laureatosi in medicina a Napoli il 06.08.1896, frequenta per due anni la Scuola di Sanità
Militare di Firenze, conseguendo il grado di sottotenente medico di
complemento, per passare al Servizio Permanente effettivo. Partecipa
al Corpo Internazionale militare nell’isola di Creta, teatro di sanguinose rivolte contro il dominio turco.
Il 2 giugno 1900 viene destinato, quale Sottotenente medico, in Eritrea
dove esplica, instancabile, la sua professione presso i Battaglioni Eritrei,
portando il contributo della sua preparazione scientifica che gli valse la
stima dei superiori e la fiducia dei soldati. Il 23 agosto 1900 con la promozione a Tenente Medico ebbe inizio la sua carriera, che percorse
con onore e rapidità fino ai più alti gradi della gerarchia militare.
Il 26 gennaio 1908 col grado di Capitano medico rientra in Patria e
viene destinato prima a Salerno e poi a Novi Ligure, accorre a prestare la sua opera di sanitario per il terremoto Siculo-Calabro del 28
dicembre 1908 dove si distingue per abnegazione e coraggio. Nel
1910 ritorna in Eritrea per assumere prima l’incarico della Direzione
della Sanità Militare e quindi la Direzione dell’Ospedale Militare “Regina Elena” in Asmara.Il 16 gennaio 1916 viene promosso, per le sue
doti di organizzatore e per la competenza medica, Maggiore medico e
rientrato in Patria; durante la prima guerra mondiale viene inviato in
zona di operazione e assegnato a dirigere l’Ospedale Militare di Montagnana (PD) che gli procura la promozione a Tenente Colonnello il
10 gennaio 1918. Il 31 luglio dello stesso anno si sposa con Concetta,
Maria, Rachele Stanco (04.12.1878 † 23.06.1968) nata da Canio e da
Antonia Cristiani, dalla quale avrà una sola figlia Maria Antonietta Polestra vivente.
Dopo la grande guerra fece parte della Commissione Medica per le
pensioni di Guerra presso l’Ospedale Militare di Cava dei Tirreni,
nel 1920 viene collocato in Posizione Ausiliaria Speciale; rientrato a
Calitri trascorse nel riposo e in serenità il resto della sua vita, non prima di essere promosso nel 1935 Maggiore Generale medico e nel
1939 Tenente Generale medico.
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IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
Michele TOZZOLI avvocato, nato a Calitri il 15 settembre 1828 da
Francesco e da Serafina Zampaglione laureatosi a soli 20 anni, fu consigliere provinciale di Aquilonia e sindaco di Calitri nel 1868; si deve a
lui la riorganizzazione e la oculata amministrazione della Congrega di
Carità (o Monte Frumentario), dotata di un ricco patrimonio, per
lungo tempo mal governato. Personale benemerenza dell’avvocato
Michele Tozzoli fu l’aver voluto, fra gli altri, ad ogni costo la venuta delle Suore del Patrocinio di San Giuseppe per organizzare un asilo per
l’infanzia, ed un ricovero di mendicità, costituito con Statuto Organico del 9 ottobre 1887.
Dall’autunno del 1890 era funzionante a Calitri un “giardino d’infanzia”
ubicato dietro la cappella di Sant’Antonio Abate, meglio conosciuta
come chiesa di Sant’Antuono, con la sua prima superiora che fu suor
Pia del Nazzareno.
Fu anche priore del “Pio Monte dei Morti” sotto il titolo di S. Michelarcangelo, come risulta dallo Statuto Organico del 28 giugno 1882 in
nostro possesso, che aveva come finalità ”fare piccoli prestiti con modico interesse a persone bisognose mediante pegni di oggetti d’oro, argento,
rame, nonché di tele, oggetti di valore non depribili, od a persone che dassero un garante solidale solvibile”.
Dal suo matrimonio con Elisabetta Melodia di Altamura ebbe ben otto figli: Francesco – Claudio – Caterina – Angelina – Giuseppe – Lorenzo – Maria Serafina e Domenico; nel suo testamento, tra le ultime
volontà, lasciò scritto ai figli di avere sempre una particolare attenzione per i bisognosi del paese.Nella sua vecchiaia, come un antico patriarca, si armonizzano in maniera perfetta il gusto per “l’otium” e la
tenacia dell’impegno civile, soddisfatto del suo operare, rese la sua anima al Signore in Calitri il 07.09.1909.
Francesco TOZZOLI nacque il 7 ottobre 1869 da Michele e da.Elisabetta Melodia di Altamura, a Calitri da una antica e nobile famiglia ricca di tradizioni onorate.
Laureatosi a soli 22 anni, avrebbe certamente scelto la carriera nella
magistratura, se il padre non l’avesse spinto ad interessarsi delle sorti
del paese natio e della educazione dei fratelli, che sotto la sua guida
raggiunsero alti gradi: Claudio, colonnello più volte decorato nella prima guerra mondiale, poi generale, fu in tempi calamitosi Commissario
Prefettizio a Calitri (dal 15.10.1943 al 03.12.1943), lasciando in tutti un
grato ricordo per la sua saggia ed equilibrata amministrazione; Lorenzo, magistrato; Giuseppe, che frequentò la Scuola di cavalleria di Pinerolo, partecipò alla guerra di Libia del 1911/12 col grado di colonnello e Domenico avvocato.
Fu eletto nel 1899 Consigliere provinciale e fu Presidente della Deputazione Provinciale fino all’avvento del Fascismo, quando dignitosamente si ritirò dalla vita pubblica, per non aderire al nuovo regime, a
cui fu sempre contrario. Nel campo culturale fu l’artefice della donazione alla Provincia (con atto del 5 febbraio 1919) della ricca biblioteca dello zio Enrico Tozzoli, ereditata dal nonno materno Michele Tafuri e dal padre Angelo Maria Tozzoli. La biblioteca, formata prevalentemente da opere storiche e letterarie, incunaboli, edizioni rarissime, preziosi manoscritti ed una ricchissima emeroteca, aveva interessato illustri e famosi studiosi tra cui il Muratori e più tardi il Mommsen.
Fra tutte le cariche assolte, sempre con dignità e passione, ebbe in particolr modo cara quella di Presidente onorario della Società operaia,
che gli dette la possibilità di vivere in mezzo al popolo, e ai lavoratori;
fece parte di importantissime commissioni, fra le quali quella di appello per le imposte dirette, portando in tutte, con zelo impeccabile, un
senso di rettitudine e di praticità non comune. Durante il terremoto
del 1910, in qualità di sindaco, si prodigò per tutti, senza ostentazione o
aria di superiorità, mettendo a disposizione i suoi beni personali per alleviare le disgrazie altrui, e sempre in qualità di sindaco ricevette i reali di Savoia in visita alla grande tragedia che colpì il paese.
Personaggio di squisita modestia e gentilezza, dal suo matrimonio con
Orsolina Miletti di Bonito ebbe quattro figli : Enrico – Ginevra – Elena
e Maria
Rimpianto da tutti moriva in Napoli il 3 dicembre 1961.
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IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
EMILIO RICCIARDI
La chiesa di San Michele
Arcangelo e la confraternita
del Purgatorio
terremoto del 1980 ha cancellato molti
di Calitri, in particolare nella zona
Idilluoghi
ampliamento ottocentesco tra corso
Matteotti, via Chiesa Madre e i rioni Castello e Torre; tuttavia alcune delle architetture più significative del paese sono state distrutte prima del terremoto, a volte
per motivi incomprensibili. Basta pensare,
per citare solo due casi, al “Casino rosso”
che la famiglia Tozzoli possedeva in contrada Pittoli, demolito negli anni Settanta
per far posto a un condominio; oppure alla
suggestiva chiesetta di San Michele al corso Garibaldi, scomparsa negli stessi anni e
della quale si parlerà nel presente lavoro.
Il culto di San Michele Arcangelo e la
chiesa antica
Il culto dell’arcangelo Michele risale al
Medioevo; fu introdotto dai Longobardi,
che riconobbero nell’angelo con la spada
l’equivalente delle loro divinità guerriere,
ed ebbe grande diffusione nell’Italia meridionale.
All’arcangelo furono dedicate chiese
in tutto il Mezzogiorno d’Italia e in particolare nella zona circostante il promontorio del Gargano; qui, sul monte Sant’Angelo, presso la città di Siponto, sorse nel
VII secolo d.C., dopo la vittoria dei Longobardi sui Bizantini, uno dei più antichi
santuari della cristianità. In Campania i
più famosi luoghi dedicati all’Angelo erano la grotta di San Michele, presso Olevano sul Tusciano, in provincia di Salerno, e
l’abbazia di Sant’Angelo in Formis, capolavoro dell’arte romanica, nei pressi di Capua.
Nei dintorni di Calitri presero il nome
dal santo caro ai Longobardi il paese di
Sant’Angelo dei Lombardi, la badia di San
Michele a Monticchio, la cappella di San
Michele al Bosco, in direzione di Rapone
e il casale chiamato di Sant’Arcangelo, in
contrada Vetrano.
Anche nell’abitato di Calitri esisteva
una chiesa intitolata a San Michele, alla
quale afferiva la “Laical Confraternita del
Purgatorio o Pio Monte dei Morti eretta
sotto il titolo di S. Michele Arcangelo”,
che doveva il nome al ruolo dell’arcangelo, venerato come protettore nel momento
della morte e accompagnatore delle anime
nell’aldilà, e per questo motivo raffigurato
spesso con in mano la bilancia per pesare i
peccati.
La chiesa sarebbe stata fondata, secondo quanto riportavano gli statuti della
Confraternita, il 23 giugno 1333 nel rione
Torre, ai piedi del castello1. Tuttavia, come
già aveva chiarito Carlo De Rosa2, la datazione della chiesa è frutto di una cattiva
trascrizione; la data riportata sugli statuti è
in realtà il 1777, anno in cui furono approvate dalla Corte borbonica le Regole del
sodalizio3. E in effetti è difficile immaginare nel XIV secolo un rione ai piedi del
castello, che all’epoca doveva essere molto diverso dal grande edificio ricordato
nelle descrizioni cinque e secentesche; ed
è difficile pensare che nel Trecento potesse
esistere in Calitri, minuscolo borgo di
braccianti che lavoravano le terre del feudatario, una confraternita di laici che pagavano una piccola somma di denaro per
garantirsi il funerale e la sepoltura; simili
associazioni divennero comuni nei secoli
successivi e di solito erano composte da
coltivatori diretti, commercianti o artigiani,
persone di condizione economica abbastanza agiata rispetto ai contadini.
Gli atti delle visite pastorali condotte
dagli antichi arcivescovi attestano l’esistenza nella chiesa madre, già nel Cinquecento, di un altare intitolato all’arcangelo; tuttavia la chiesa di San Michele è citata per la prima volta nel 1658, anno della
visita di monsignor Campana, nella quale
si dice solo che aveva due altari, uno dedicato a Sant’Antonio di Padova, collocato
sulla destra, e uno dedicato a San Donato,
sul lato sinistro dell’aula4. La successiva
citazione, anch’essa brevissima, è nella
Cronista Conzana, del 1691, che ricordava
che nella chiesa “vi si fa la congregazione
de’ fratelli5”. Il terremoto del 1694, che
rase al suolo Calitri e fece crollare il castello, dovette arrecare gravi danni anche
6
alla piccola costruzione, che però fu riaperta abbastanza presto; dal 1699 si cominciò a usarla anche come luogo di sepoltura, essendo impraticabili, a causa del
sisma, le sepolture esistenti nella chiesa
madre.
Della chiesa di San Michele, ricostruita agli inizi del Settecento, e della confraternita del Purgatorio si parla di nuovo nella visita condotta nel giugno del 1740 dall’arcivescovo Giuseppe Nicolai6. La costruzione consisteva di un’unica navata
con due altari; sul principale, dedicato al
santo titolare, c’era un’antica statua in legno indorato dell’Arcangelo, con la spada
in mano e la corona argentata in testa (nei
giorni festivi si metteva invece una corona
d’argento massiccio7), e davanti alla statua
una lampada di argento indorato. Il secondo altare era intitolato, come nel secolo
precedente, a San Donato, e vi esercitavano il diritto di patronato i discendenti di
Donato Lupone (evidentemente il fondatore del beneficio). Al centro dell’aula, sul
pavimento, si apriva la sepoltura destinata
ai confratelli. Alle spalle dell’altare di San
Michele era stata costruita la sacrestia, nella quale si conservavano gli abiti per le
processioni, una croce ricoperta di seta nera con l’effigie di un teschio, gli inginocchiatoi per i sacerdoti e un bacile per lavare le mani.
I delegati dell’arcivescovo trovarono
la chiesa in cattive condizioni e dal testo si
capisce che la costruzione non era ancora
ultimata; gli altari dovevano essere in legno, dal momento che l’arcivescovo comandò di rifare in pietra la mensa dell’altare maggiore; bisognava inoltre restaurare
il cassettonato del soffitto, imbiancare le
pareti, mettere i vetri alle finestre, rifare il
pavimento e mettere una croce in cima alla facciata. Anche la statua dell’arcangelo
aveva bisogno di restauri, poiché la spada
argentea era consunta dall’antichità e andava sostituita.
Di fianco all’aula esisteva una piccola
torre campanaria e pochi anni dopo, nel
catasto del 1753, è attestata l’esistenza di
un magazzino per conservare il grano de-
IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
stinato alle opere di carità8; le Regole della
Dalla metà dell’Ottocento anche in Calitri l’anno precedente, fece spianare
congregazione prescrivevano infatti di soc- Calitri era stata abbandonata l’usanza di una collinetta a occidente dell’abitato e fecorrere i confratelli caduti in povertà, prov- seppellire i defunti nelle chiese e le con- ce rettificare la principale via di accesso al
vedendo se necessario al loro sostenta- greghe calitrane (quella dell’Immacolata paese, che corrispondeva grosso modo almento. La zona dove sorgeva la chiesa, ai Concezione, quella del Rosario e quella l’attuale corso Matteotti13. Dal quel mopiedi del castello, era chiamata “piano di del Purgatorio) avevano provveduto ad mento si allinearono lungo la strada nuove
San Michele”, toponimo che si è conser- aprire nuove sepolture per i propri con- costruzioni; le date incise sui portali delle
fratelli all’interno del recinto cimiteria- case, nel tratto compreso tra palazzo Tozvato fino a oggi.
Nel 1820, negli atti della visita pasto- le; mentre quella dell’Immacolata esiste zoli e il monumento ai caduti, vanno dal
rale dell’arcivescovo Arcangelo Lupoli, tuttora, la cappella del Rosario e quella 1880 al 1900.
nella chiesa risultavano sempre due altari, del Purgatorio, costruita dalla confraterNel Seicento, a breve distanza dalla
intitolati a San Michele Arcangelo e San nita di San Michele, furono demolite nel cappella della Croce, era stata costruita
Domenico; la piccola costruzione fu tro- secolo successivo per costruire nuovi lo- dalla famiglia Cioglia una chiesetta dedivata in pessime condizioni dai visitatori, culi11.
cata alla Madonna del Carmine14; alla fine
che ordinarono di
dell’Ottocento la
ripulirla “ab omni
chiesa del Carmine,
immonditie” e di
ormai pericolante,
far restaurare i pofu demolita e il Cochi arredi sacri.
mune destinò l’area
La confraternialla confraternita di
ta, alla quale erano
San Michele perché
ammessi sia uomivi fosse innalzata la
ni sia donne, aveva
nuova chiesa; il lucome colore emblenedì in Albis delmatico il giallo,
l’anno 1900, alla
simbolo del lutto;
presenza del priore
un crocifisso ricodella confraternita
perto di seta gialla
Raffaele Vitamore,
e un grande palio
fu benedetta la prigiallo, con l’immama pietra ed entro
gine del santo, acil 1908 l’intera cocompagnavano nelstruzione era termile processioni i connata. La nuova
fratelli, che indossachiesa di San Mivano un mozzetto
chele fu consacrata
giallo e appuntavail 28 settembre
no sul petto una
1908 dall’arciveplacca argentata
scovo di Conza, NiLa chiesa di S. Michele venne benedetta il 28 settembre 1908 dall’arcivescovo mons.
con l’immagine di
cola Piccirilli, e il
San Michele9. Ogni Nicola dei Baroni Piccirilli. Per la sua edificazione il cappuccino P. Vincenzo Fastiggi,
giorno successivo,
29 settembre, festa
cittadino, maschio concittadino, aveva offerto la grossa cifra di L. 2.000. Fu demolita nel 1969.
di San Michele, vi
o femmina, poteva
assicurarsi, versando la propria quota, il La chiesa al largo Croce
predicò don Vito Acocella; erano presenti
all’inaugurazione il priore Giovanni Zamfunerale e la celebrazione di dieci messe in
La chiesa di San Michele, situata una paglione e i confratelli Vincenzo Acocella,
suffragio, di cui nove messe ordinarie e
una cantata; i confratelli avevano diritto, zona franosa, subì nel corso dell’Ottocen- Giovanni Ricciardi, Pietro Angelo Rigillo
oltre che alla sepoltura nella chiesa, an- to numerosi dissesti. I confratelli spesero e Francesco Toglia, in quegli anni ammiche alla recita dell’Ufficio doppio dei Mor- molti soldi per cercare di ripararla, ma i la- nistratori del sodalizio15.
Nel 1909 fu realizzato nella chiesa il
ti in occasione dei funerali e a quindici vori effettuati non sortirono effetto; nel
messe in suffragio, di cui quattordici ordi- 1893 la chiesa fu chiusa al culto e nel pavimento in marmo, per il quale il padre
1900 il Comune di Calitri decise di rico- cappuccino Vincenzo Fastiggi aveva ofnarie e una cantata.
Nelle messe in suffragio e in occasione struirla all’estremità occidentale del paese, ferto 2.000 lire, come ricordava una lapide
di defunti illustri si allestiva nella chiesa un nel largo della Croce.
collocata sullo stesso pavimento. L’anno
La zona prescelta era chiamata così successivo, in seguito a un terremoto che
catafalco funebre illuminato da candele di
cera, celebrando esequie solenni e un mag- perché nel XVI secolo, quando ancora si provocò in Calitri numerosi crolli e numegior numero di messe in suffragio, come trovava fuori delle mura urbane, vi era sor- rose vittime, l’antica chiesa al “piano di
avvenne nel 1859, alla morte del re Ferdi- to un oratorio intitolato a Santa Maria del- san Michele” venne demolita; dalle manando II, o nel 1860, quando morì don Ni- la Croce12; la piccola costruzione forse fu cerie furono recuperati la cona lignea delcola Berrilli seniore, il rettore della con- demolita dopo il terremoto del 1694, e al l’altare maggiore e il portale settecentefraternita, che si era reso benemerito fa- suo posto fu collocata una croce su una sco della sacrestia, per riutilizzarli nella
cendo innalzare nel cimitero di Calitri piccola colonna. L’area rimase disabitata e chiesa nuova che, sebbene non avesse ri“una decentissima chiesa, e sotto il pavi- periferica fino a quando, nel 1880, il sa- cevuto danni evidenti dal sisma, fu consomento della stessa facendo scavare una se- cerdote Pasquale Berrilli, sindaco dal 1871 lidata con un giro di catene di ferro.
poltura per riporvi decentemente i cada- al 1881, per dare lavoro ai tanti cittadini
Impiegati gli ultimi soldi per costruire
veri dei confratelli alla medesima”10.
affamati dalla carestia che aveva colpito la nuova chiesa, la confraternita di San
7
IL CALITRANO
Michele si sciolse, mentre la chiesa divenne il centro religioso di un rione che proprio in quegli anni si andava popolando;
nel 1919 fu iniziata la costruzione, sempre
nel largo Croce, della nuova chiesa madre16 e negli anni successivi si completò il
tracciato del corso Garibaldi. Intanto, man
mano che i terremoti e le nuove costruzioni causavano la sparizione di tante piccole cappelle sparse nel centro antico, venivano trasportate in San Michele suppellettili provenienti da tutti gli edifici sacri
distrutti; oltre agli arredi dell’antica cappella del Carmine, con il quadro della Vergine che una volta ornava l’altare della
piccola chiesa, vi furono portati quelli della chiesa di San Rocco, sorta prima del
XVI secolo nei pressi della porta di Nanno, e nell’occasione furono trasferiti in
San Michele anche l’archivio dell’antica
confraternita di San Rocco, le vesti dei
confratelli e la bella statua in legno del
santo. E quando fu chiusa la cappella di
San Nicola, nei pressi della Posterla, la
statua del santo titolare fu portata nella
chiesa al largo Croce e collocata in una
nicchia scavata all’interno di uno dei pilastri del tiburio; le nicchie degli altri tre pilastri accolsero invece le statue di San Vito, di Sant’Antonio di Padova e di San
Rocco.
Le foto e le testimonianze scritte permettono di ricostruire con buona precisione l’aspetto della chiesa al largo Croce17.
L’interno dell’edificio era a pianta centrale,
ricavata sovrapponendo una croce greca a
un ottagono. Due bracci della croce costituivano l’ingresso e, dalla parte opposta, il
presbiterio, senza coro; gli altri due bracci
erano conclusi da altari laterali e incorniciati da paraste con capitelli dorici, che
reggevano un architrave in stucco decorato
con piccoli dentelli. Al centro dell’aula,
coperta a tetto e illuminata da finestre semicircolari, si ergeva un tiburio di forma
circolare, più alto dei bracci della croce.
Alle spalle del presbiterio c’era la sacrestia, con l’archivio della confraternita conservato in stipi di legno.
La facciata, a un solo registro, era conclusa da un timpano sormontato da una
croce di ferro; nel mezzo del prospetto si
apriva il portale d’ingresso architravato.
L’esterno della costruzione era in pietra a
vista; facevano eccezione la facciata, ricoperta di intonaco; la fascia basamentale,
in lastre di pietra; gli angoli, segnati da
bugne di intonaco, e alcune piccole decorazioni sotto il tetto. Sul lato sinistro, tra
l’abside e l’altare della Madonna del Carmine, c’era il campanile a due registri, il
primo in pietra come tutta la chiesa, il secondo in mattoni, che partiva da una cornice marcapiano alla quota delle coperture
dei bracci laterali della chiesa.
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
All’interno c’erano tre altari; quello
maggiore era intitolato a San Michele,
quelli laterali a San Donato e alla Madonna del Carmine. Le poche foto che ritraggono il piccolo ambiente mostrano l’altare maggiore in marmo, ornato da sei
giare con frasche e da una croce in argento al centro, con due angeli capoaltare alle estremità; alle spalle c’era la cona in
legno, con la nicchia che accoglieva la
statua dell’arcangelo incorniciata da due
colonne e conclusa in alto da un timpano
ricurvo.
Dal lato del Vangelo (a sinistra di chi
entra in chiesa) c’era l’altare della Madonna del Carmine, sormontato dal quadro
della Vergine titolare, con ai lati due piccole statue di Sant’Andrea e di Santa Caterina; l’altare, in stucco, era di fattura povera, con il paliotto decorato da una semplice croce. Dal lato opposto c’era l’altare
di San Donato, che accoglieva anche i busti di San Biagio e di San Giuseppe.
Sulla controfacciata, al di sopra del
portale d’ingresso, c’era la cantoria con
un organo di pregevole fattura; l’arredamento dell’aula era completato da un’acquasantiera nei pressi dell’ingresso, da alcuni lampadari e dalla cassettina per le offerte, modellata a forma di teschio18.
All’inizio la chiesa fu officiata con regolarità; poi, man mano che i sacerdoti di
Calitri diminuivano di numero, diminuì
anche la frequenza delle messe; nel 1933
l’arcivescovo di Conza ordinò di celebrarvi una messa al giorno19. Nel secondo dopoguerra vi diceva messa don Michele Rigillo, ma alla morte dell’anziano sacerdote
la chiesa venne chiusa; si apriva solo il 29
settembre e il 9 maggio, nei giorni della
festività di San Michele, il 16 luglio, festa
della Madonna del Carmine, e il 24 giugno, festa di San Giovanni Battista, quando vi si svolgeva il gentile rito del “battesimo delle bambole” costruite dai bambini
del paese20.
Nel 1968 il Comune di Calitri e la Curia Arcivescovile decisero, di comune accordo, di far abbattere la chiesa di San Michele. La decisione suscitò perplessità e
proteste tra la popolazione; pochi credettero alle spiegazioni fornite degli amministratori, che ritenevano necessario il provvedimento perché la costruzione minacciava di crollare, e i dubbi aumentarono
quando si vide che le operazioni di demolizione, condotte da una squadra di operai
anche con l’ausilio di mezzi meccanici,
durarono circa due settimane, un tempo
piuttosto lungo per una struttura giudicata
pericolante. Durante l’abbattimento venne alla luce, a una profondità di circa due
metri sotto la quota di corso Garibaldi, il
tracciato dell’antica strada di accesso al
paese21.
8
Con la demolizione andarono dispersi
quasi tutti gli oggetti conservati in San Michele; solo il quadro della Madonna del
Carmine fu trasportato nella chiesa madre, dove tuttora si osserva. Dopo il terremoto del 1980 scomparve anche la bara in
legno lavorato usata in antico per approntare il catafalco nelle messe di suffragio.
Sull’area della fabbrica demolita nel 1971
fu costruito un ospizio per donne anziane, con un piccolo oratorio intitolato a San
Michele, benedetto il 29 settembre 1971
dall’arcivescovo Gastone Mojawski- Perrelli, lo stesso prelato che aveva ordinato la
demolizione della chiesa22.
***
Scomparse le due chiese di San Michele, scomparsa la cappella nel cimitero,
scomparso il “piano di San Michele” dopo
il terremoto del 1980, disperse le suppellettili e le testimonianze dell’antico sodalizio, oggi restano solo due registri di metà
Ottocento, ritrovati nell’archivio della parrocchia di San Canio, dai quali si possono
ricavare i nomi di alcuni confratelli e la
testimonianza della commemorazione di
due defunti illustri, riportata nell’Appendice qui di seguito.
DOCUMENTI
Per i fratelli, e sorelle – 1859 – L’Eccellentissimo Direttore dell’Ecclesiastico con venerato suo ufficio, col quale nel medesimo cordoglio dell’animo suo, partecipò al nostro Illustre Arcivescovo l’infausta, e prematura morte
del nostro clementissimo, ed adorato Sovrano
di S. M. Ferdinando II discendente sempre dalla desiderata schiatta borbonica, la quale da
che salì sul Trono delle due Sicilie è stata sempre intenta al benessere de suoi sudditi con
provvide leggi, e sagge determinazioni, perché
fossero tutelati i diritti de’ singoli individui,
componenti le due popolazioni al di qua, e al di
là del faro affidatele dalla divina provvidenza.
Ed è perciò che il prelodato Arcivescovo don
Gregorio de Luca con riverito suo foglio circolare, diretto a tutti gli Arcipreti della sua Archidiocesi, ordinava che si fossero eseguiti i funerali solemni meliori modo per deplorare la morte dell’ottimo de’ Sovrani avvenuta nel dì 22
del volgente mese di Maggio anno 1859. E come che tale trista nuova ha penetrato del più vivo, ed amaro dolore il cuore di ciascuno di
questa popolazione di Calitri, la quale è stata
sempre, ed in tutti gli eventi attaccata alla regnante dinastia, ed in particolare modo all’Augusto defunto che ha considerato non solo come suo padre, bensì come protettore, ammirando in lui un animo colmo di tutte quelle rare
virtù che costituiscono un vero padre, ed un
vero protettore, così il rettore della Congrega-
IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
rali. Fabrizio Campana, ff. 11-26 [1658].
ficio doppio e facendo celebrare 20 messe. Cazione del Pio Monte de Morti Don Nicola Ber5 ACASAL, ms. del 1691, D.A. CASTELLANO,
nio cantore Vitamore ha celebrato; Giuseppe
rilli Seniore, ed il Priore Don Giambattista BerCronista conzana, libro III, discorso secondo, ff.
Cioglia ha celebrato; Michele Cerreta; Giuseprilli in unione di tutt’i fratelli della ripetuta
51-52, riportato in G. CIOFFARI, Le Chiese di Cape Cestone; Francesco Maffucci ha celebrato;
Congrega hanno ordinato che s’innalzasse nellitri nel Seicento - 2 in “Il Calitrano”, n.s., 12
Giovanni Battista Cialeo ha celebrato; Canio
la piccola Chiesa, addetta per l’esercizio delle
(1999), pp. 6-10.
6 ACASAL, Visite Pastorali. Giuseppe NicoBozza; Francesco Cestone; Nicola Rinaldi ha
Sacra funzioni un catafalco illuminato a cera,
lai,
ff.
69-119 [1740].
celebrato; Giuseppe Maffucci ha celebrato;
onde aver luogo il funerale, il quale è stato sol7 “In altare predictus (…) est collocata staVincenzo Cestone ha celebrato; Gaetano Marlennizzato con tutta quella pietà interna e pomtua lignea aurata eiusdem S. Michaelis Archangotta ha celebrato; Canio Toglia ha celebrato;
pa esteriore oggi 31 Maggio suddetto anno,
geli cum corona argentea in capite pro diebus
Vincenzo Cerreta ha celebrato; Vincenzo Cuispirate dalle deplorabili attuali circostanze infestivis, et argentata pro diebus ferialibus”. (Ivi).
8 “Congregazione del Pio Monte dei Morti
belli ha celebrato; Francesco Cioffari; Francetervenendosi l’intero Clero in numero < >, ciasotto
il titolo del Glorioso S. Michele Arcangelo
sco Gervasi ha celebrato; Domenico Cerrata
scuno de quali ha celebrato una messa in suf(...) possiede casa alla torre (...) due stanze soha celebrato; Michele Maffucci ha celebrato;
fragio dell’anima dell’Eccelso defunto la quale
prana e sottana (...) confina con la chiesa di detVincenzo Nicola Berrilli ha celebrato.
già gode la visione di Dio, ed ha raccolto il
ta congregazione (...) il soprano serve per uso di
guiderdone delle sue
magazeno per riponervi i grani di carità di
rare, e sovrumane
tutto l’anno”. (ASN,
virtù (seguono le firCatasto onciario, vol.
me dei sacerdoti che
4980 [1753]).
avevano celebrato le
9 Cfr. G. MAFFUCmesse in suffragio). Il
CI, Notizie storiche sulla chiesa e la confraRettore Nicola Berrilternita di S. Michele
li seniore ha celebraArcangelo di Calitri,
to; Pasquale arciprete
s.d., dattiloscritto conBerrilli ha celebrato;
servato presso la BiCanio cantore Vitablioteca comunale di
more ha celebrato;
Calitri, p. 19.
10 Cfr. il documenMichele Maffucci seto riportato in Appenniore ha celebrato;
dice.
Nicola Polestra ha ce11 Cfr. G. MAFFUClebrato; Giuseppe
CI, op. cit., pp. 15-16;
Cioglia ha celebrato;
cfr. anche T. DI MAIO,
Le tradizioni religiose
Donat’Antonio Rinaldi Calitri e la cura dei
di ha celebrato; Midefunti nell’Arciconfrachele Maffucci junioternita, in L’Arciconre ha celebrato; Vinfraternita dell’Immacocenzo Cerreta ha celata Concezione… cit.,
I, pp. 125-140.
lebrato; Canio Zarrilli
12 ACASAL, Visite
ha celebrato; GiusepCalitri 31 agosto 1983, foto davanti alla chiesa di San Berardino con le ragazze pronte a porPastorali.
Alfonso Getare in processione la statua di Santa Lucia. Da sinistra Anna Maria Cicoira (u’ Mmec’) figlia di
pe Cestone; Vincenzo
sualdo, f. [1563], in G.
Vito (detto Vittorio) e Pasqualina Andreottola, Maria Di Milia figlia di Antonio e di Giovannina
Cubelli ha celebrato;
CIOFFARI, Calitri. UoAvella, Donata Codella figlia di Berardino e di Maria Scoca (sargenta), Patrizia Di Milia figlia di
Michele Cestone ha
mini e terre nel CinVincenzo
e
di
Lucia
Rubinetti,
Lucia
Lombardi
figlia
di
Domenico
e
di
Agnese
Pastore,Angequecento, Bari 1996, p.
celebrato; Giuseppe
la Cianci figlia di Michele e di Lucia De Nicola, Lucia Rubino figlia di Pietro e di Maria Michela
90-91.
Maffucci ha celebraRusso e Antonietta Russo (p’ceffa) figlia di Michelarcangelo e di Maria Cesta.
13 Cfr. V. ACOCELto; Giovanni Battista
LA, op. cit., p. 205.
Cialeo ha celebrato;
14 ACASAL, Visite Pastorali. Fabrizio CamRocco Polestra ha celebrato; Domenico CerraNOTE
pana, ff. 11-26 [1658]; ivi, Giuseppe Nicolai, ff.
ta ha celebrato; Vincenzo Cestone ha celebrato;
69-119 [1740].
1 Cfr. V. ACOCELLA, Storia di Calitri [1946],
15 Cfr. “La gazzetta del popolo”, anno V,
Nicola Berrilli juniore ha celebrato.
Il 25 Febbrajo 1860 finiva di vivere il Sacerdote d. Nicola Berrilli, Partecipante Maggiore della Madre Chiesa, e Rettore di questa
venerabile Congrega sotto il titolo del Pio
Monte de’ morti, uomo di sana morale, e di
sperimentata probità, e di animato zelo per la
rettitudine da lui seguita nel promuovere l’aumento della lodata Congrega, facendo innalzare nel Camposanto una decentissima chiesa,
e sotto il pavimento della stessa facendo scavare una sepoltura per riporvi decentemente i cadaveri dei confratelli alla medesima Congrega
ascritti, i quali, compenetrati dal dolore, che
ha cagionato la morte di lui, oggi 2 Marzo volgente anno, adempiono agli ultimi doveri verso
il loro benemerito Rettore sollennizzando l’uf-
r.a., Calitri 1984, p. 63. Le Regole di Fondazione a
cui Acocella fa riferimento sono le Regole della
laical Confraternita del Purgatorio o Pio Monte
dei Morti eretta sotto il titolo di S. Michele Arcangelo in Calitri- Stampate sotto il priorato del
Signor Raffaele Vitamore, Napoli 1902.
2 DE ROSA C., Ricerche storiche su la chiesa
dell’Annunziata, il cinquecentesco monastero e
poche altre coserelle di Calitri, Irpina, Lioni 1975,
pp. 65-68.
3 La data dell’approvazione riportata sulle Regole è il 21 giugno 1777. L’intero documento è
conservato nell’Archivio di Stato di Napoli (ASN),
Cappellano maggiore. Statuti di corporazioni, fascio 1185, inc. 35. Cfr. C. ZARRILLI, La congregazione del Purgatorio o “Pio Monte dei Morti”, in
L’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione
di Calitri, a cura di V. A. Cerreta e G. Cioffari, I,
Bari 1997, pp. 167-171.
4 Archivio della Curia Arcivescovile di Sant’Angelo dei Lombardi (ACASAL), Visite Pasto-
9
n. 27 – 10 ottobre 1908, p. 3, riportato in C. e
V. DE ROSA, Il Novecento e dintorni a Calitri,
Avellino, p. 101.
16 Cfr. E. RICCIARDI, La chiesa parrocchiale
di San Canio, in “Il Calitrano”, n.s., 27 (2004),
pp. 7-11.
17 In G. MAFFUCCI, op. cit., è disegnata una
accurata pianta dell’interno di San Michele; in
C. e V. DE ROSA, op. cit., vi sono cinque foto
della chiesa. Cfr. anche R. SALVANTE, Calitri. Immagini sul filo della memoria, Firenze 1997, che
riporta altre foto, tra cui una che documenta l’abbattimento della chiesa.
18 Cfr. G. MAFFUCCI, op. cit., p. 5.
19 Cfr. E. RICCIARDI, La chiesa parrocchiale
…, cit.
20 Cfr. G. MAFFUCCI, op. cit., pp. 6-7, e T. DI
MAIO, op. cit., p. 130.
21 Cfr. G. MAFFUCCI, op. cit., p. 8
22 Ivi.
IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
IL MAESTRO
LUIGI ZAMPAGLIONE
insegnante (allora si diceva il maestro) Luigi Zampaglione (mand’les’)
L’
nato a Calitri il 01.12.1910 e deceduto a
Roma il 26.02.1989 era uno dei più stimati ed apprezzati maestri del paese,
aveva sposato la signora Lucia Cerreta
dalla quale ha avuto tre figli Vincenzo,
Angela e Antonio; persona squisita, gentile, preparata ma anche giustamente esigente e severo verso gli alunni.
Il figlio Antonio, in pieno accordo
con la madre Lucietta, il fratello Vincenzo e la sorella Angela, qualche tempo fa,
mi fece pervenire un plico contenente
parte del manoscritto intitolato “RACCOLTA DI REGOLE GRAMMATICALI,
DI TERMINI E DI MODI DI DIRE DEL
DIALETTO DI CALITRI” redatto dal
padre.
Il titolo dell’opera era Limen Grammaticum Sermonis Caletri Gentis (Principi di grammatica del dialetto del popolo di Calitiri suddiviso in tre volum:
Vol. I° con l’Introduzione: Con maggior
ragione (pag. I-XI), una Prefazione (pag.
4,) una Parte I° Appunti di Fonologia
(pag. 9), una Parte II – Appunti di
Morfologia (pag. 55). Vol. II° con una
Introduzione (pag. 9), una Parte III con
Elenco di termini (n. 7.660 - pag. 13),
Indice – riassunto numerico (pag. 449) e
Appendice (pag.450). Vol. III° con una
prefazione (pag.2), una Parte IV con
Raccolta di modi di dire (pag. 23), Note
(pag. 169) e Conclusione (pag. 173).
Crediamo che sia cosa opportuna e
doverosa ricordare ai Calitrani e in particolare a coloro che furono suoi alunni,
gli indubbi meriti del maestro Zampaglione che benché lontano dalla sua patria natia sentiva forte quel legame di figlio e che da studioso serio, scrupoloso, onesto con lavoro diligente, minuto e
competente stava preparando un’opera
sul dialetto.
Scrivo volentieri del maestro Zampaglione, perché oltre al ricordo vivo che
conservo della sua persona, ci accomuna
il fatto che sulle macerie del paese diruto a causa dell’ultimo terremoto ha deciso di riprendere i suoi studi dialettali
interrotti da anni, come noi decidemmo
di dare vita al presente giornale.
A. Raffaele Salvante
PREFAZIONE
I traslati, tante voci onomatopeiche,
le locuzioni, non solo avverbiali e prepositive, rendono pittoresco e vivo il linguaggio popolare. Molte parole sono nate appunto per cogliere il lato e il senso
caratteristici di una persona, di una azione perticolare, di un suo detto, di un fatto, e vengono continuamente applicate
ed usate per analogia. Perciò il grosso
dei modi di dire è formato da singoli termini, di cui è ricco il vocabolario, e che
da solo danno l’idea precisa di ciò che si
vuol dire e di come si vuol dire, ma bisogna completare l’osservazione notando
i veri e propri modi particolari di dire
che si intrecciano nei discorsi e che talvolta li rendono quasi inintelligibili ad
un estraneo, che appunto non ne è al corrente, oppure che si limita al solo e semplice significato letterale.
Vi sono parole, che sono vere perle di
espressione e basta aprire e scorrere l’elenco dei termini per trovarne quante se
ne vogliono, senza dimenticare la stupenda variazione dei verbi in ià e scià,
che in una sola voce racchiudono tante
indicazioni e tante sfumature di linguaggio. Così si saprà e si conoscerà il parlare comune, nella sua vera espressione di
pensiero e di forma, in cui si rispecchiano, anzi si trovano, sempre e meglio, tutto l’animo, la mente e la vita stessa della
10
gente, col suo proprio modo di pensare,
di sentire, col suo carattere e con i suoi
problemi e di immaginare, attingendo
sempre dal suo mondo,che è la natura e
il suo ambiente, le sue tradizioni, le sue
leggende e, perché no, le sue credenze e
superstizioni, a cui è particolarmente attaccato.
Molte volte, basta accennare, citare
il verso di una cantilena infantile: “Mo’
ven’ papanonn’”, oppure “ndov’ è ggiut’
zi preut’” e l’interpellato non solo capirà, ma risponderà con un altro verso.
Non è questa una inferiorità di linguaggio, un livello basso di espressione, una
povertà di termini, ma un semplice adeguarsi alla propria realtà, che è qualla
che conta, che è tutto per loro. Debbo
essere grato al compianto prof. Vito Acocella, che mi incitò e mi incoraggiò, quasi a completare il suo lavoro per la storia
e le tradizioni di Calitri, a continuare i
miei studi e le mie ricerche sul linguaggio popolare della nostra terra, perché,
mi diceva e mi ripeteva, bontà sua, che
avevo i mezzi, la capacità, la volontà e la
passione adatti per riuscire nello scopo.
Proprio pensando a quei nostri discorsi, dopo quasi quarant’anni sono ritornato al dialetto ed ho voluto riprendere quanto fervidamente stavo già facendo allora, quando insieme ne parlavamo e ce ne entusiasmavamo.Ma la lontananza e di tempo e, ancora più, di spazio,
perchén dal 1950 non abito più nel paese
natio, mi impedisce, non poco, e non è
facile rifarsi a quei momenti, a quelle
condizioni di spirito e a quelle ispiazioni:
ho cercato di rievocare, di rinfrescare e
di confermare i ricordi, ma mi sono dovuto affidare unicamente ed esclusivamente alla memoria, perché non respiro
più l’aria paesana, che mi avrebbe non
poco aiutato, quell’aria e quell’ambiente
paesani che sono indispensabili in queste
circostanze.
Non ho messo le mani avanti per farmi scusare e perdonare, in anticipo, e a
sacco chiuso, le lacune e gli errori, ma
soltanto per dire le cose come sono andate e come stanno, e anche per confessare come mi è stato faticoso rievocare,
rielaborare e mettere a punto questa raccolta e queste osservazioni, non nascondendo che mi sono sentito rinascere l’an-
IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
tica passione e l’antico entusiasmo, con
la differenza che allora era preventivo ed
ora è bilancio consuntivo. Ma l’età che
vale è quella biologica, non quella anagrafica soltanto, a cui aggiungo una forza
intima che non vien mai meno, anzi sento sempre di più salda profondamente ed
intensamente.
* * *
Mi ha sempre colpito la parlata locale per il suo costrutto, ma più per le immagini. Le parlate popolari sono tipiche
per la loro sentenziosità, per cui quasi
sempre la frase viene conclusa e suggellata, quando non lo è espressa esclusivamente, da un aforisma o da un proverbio, che vengono enunciati in tutto o in
parte, cosicché molte volte basta una solo parola, ed è sufficiente per il riferimento, tanto sono conosciuti, risaputi e
ripetuti, che non c’è bisogno e non vale
la pena di sprecare tante parole in più ad
annunciarli interamente e per esteso.
Non è, dicevo e ripeto, una riduzione
di discorso, derivante e conseguente da
una riduzione o da una povertà psicologica, tutt’altro, ma è soloun modo di
esprimersi, così, senza mezzi termini, andando direttamente all’argomento e rimanendo nei limiti, seguendo l’istinto
naturale di dire pane al pane e vino al
vino, in tutto, come natura insegna, quella natura con cui essi sono a diretto e
continuo contatto.
È un modo e un mezzo proprio di
esprimersi semplice e naturale, con immediatezza, usando e riferendosi a ciò
che ci circonda, ciò di cui si vive, la natura e gli animali, veramente domestici,
perché vivono veramente con l’uomo,
nella casa dell’uomo. Non è una concezione di vita limitata, o ancora immersa
solo nella sfera degli istinti, a farli parlare così, ma sono i mezzi di espressione a
valersi degli elementi della natura, mondo animale e vegetale specialmente, e
dei loro effetti, della vita semplice e vera,
senza mediazione o artificiosità, fino ad
avere quella sentenziosità, che non è
scontrosità o burbanza, ma semplicemente verità, che è diventata abito indissolubile, enalienabileed ereditario, aria
che si respira, e di cui fin dai primi anni
si avvale e si completa.
Le continue immagini, tratte dal
mondo animale, nascono dall’umile
mondo delle esperienze quotidiane e rivelano la semplicità e l’essenzialità del
loro pensare e del loro parlare, rivelano
la loro concezione e ricordo di vita, con
riferimenti continui alla loro realtà, e si
dimostrano loro congeniali, mentre ai
“civili” sembrano rozzi, primitivi e ap-
prossimati, quando non sono considerati
quasi una sottospecie, perché predomina
la vita istintiva e immediata, ma mai incosciente e irrazionale, anzi…
Sono immagini vergini quelle con cui
si esprimono, ena sforzi e senza reticenze, e l’educazione, non si accorge di
quanta ricchezza, di quanta vivezza, anche se pittoresca, ma sempre viva, essi si
avvalgono senza posa, con quei riferimenti continui a cose vere e concrete,
reali e vissute, rivelando intera l’anima e
le intenzioni.
Lo stile del loro parlare rispecchia
questo loro mondo e questo loro modo e
questa loro mentalità: non sono difetti e
nemmeno espdienti quel proverbiare e
quel continuo sentenziare, senza altro fine che quello di dire il proprio pensiero.
E lo fanno con tanta immediatezza che
dicono tutto e nulla restaall’oscuro o nascosto o velato, anche se spesso espresso
crudamente e, non di rado, anche volgarmente, se non addirittura, trivialmente. Ma ciò avviene senza intenzione di
trivialità e semplicemente per chiamare
ogni cosa col proprio nome e senza infingimenti, con una evidenza talvolta impressionante, per una esigenza e necessità del loro conversare e comunicare,
che arrivano diritto allo scopo, con rapidità, intensità ed efficacia.
L’abbiamo detto, è un loro abito, e
qualsiasi altro linguaggio stonerebbe e
mal si adatterebbe a questi nostri paesani
che si esprimono con aforismi e proverbi, veri estratti di sapienza umana, e di
esperienza, che essi sanno parlare sempre opportunamente.
Sarà, dirà qualcuno, anche perché la
loro povertà lessicale li fa ricorrere alle
frasi già pronte, già belle e fatte e collaudate? Ne dubito, anzi lo nego, perché
quando occorre sanno anche, e come!
colorire le narrazioni e le descrizioni con
vivezza e bellezza: usano le sentenze e i
detti, perché per loro sono vissuti, sentiti,
e non già soltanto perché frutto ed
espressione di esperienza secolare, senza
negare che ignorano tante parole della
lingua più ricercate e letterarie, ma ne
hanno tante altre che la lingua ignora,
come avviene in tutte le parlate popolari.
Basta leggere qualsiasi libro di tema
o di ambiente popolare e tutto questo
viene alla ribalta e dimostrato, perciò qui
non si dicono cose nuove, ma solo per
puntualizzare che il nostro popolo non è
da meno, neanche dei personaggi immortalati dal Verga ne “I Malavoglia”,
perché lì è il mondo popolare siciliano,
piccolo, marinaro, mentre da noi è quello
nostro contadino, fin nel sangue. Potevano le parole tradire la loro natura e
l’ambiente?
11
Come ogni idea prende la fisionomia
di chi la enuncia, così il linguaggio della
nostra gente la ritrae per quel che è, e le
immagini che fioriscono e si rincorrono
frequentemente nel parlare rafforzano l’espressione, la rinvigoriscono a tal punto
che di più e meglio non si può dire. Molte delle nostre espressioni saranno certamente simili o uguali a quelle di altri paesi, specie vicini; io non ho modo, mezzi e
tempo di accertarmene nei dettagli, perché esamino, per quanto e come posso,
solo quelle che ho sentito a Calitri, e non
me ne si voglia, se posso fare solo questo,
così come posso farlo, da lontano.
Si accetti quello che ho potuto, così
come l’ho visto e sentito, e come è per
me. La mia preoccupazione per tutto un
mondo che scompare ha sostenuto la mia
mano e il mio lavoro, perché pensavo,
sarebbe un vero peccato veder finire tutto questo senza conservare nulla, senza
far nulla per conservarlo. Dopo aver ricavato qualche norma di fonologia e di
morfologia e dopo essere andato a caccia
di termini dialettali, per cui non si finisce
mai di ricercare e trovare, perché più cerchi e sempre trovi, come sull’albero delle nocciole, mi sono in po’ dedicato all’espressione e mi sono imbattuto in così
belle cose che vorrei tutte cogliere e raccogliere.
Aforismi, proverbi, detti, sentenze:
non solo il contenuto ma anche la forma
possiede accenti di bellezza e di efficacia, ignoti spesso e non inferiori alla lingua, perché l’espressione dialettale ha
tutta intera la forza della tradizione in
cui sono nati, formati e formulati, sono la
traduzione perfetta e insostituibile della
tradizione stessa, senza la quale tutto diventa freddo, vuoto e inutile. Sono un
vero compendio di una sapienza spicciola, pratica, sempre a portata di “mano”,
che si tramanda di generazione in generazione e che si è arricchita con l’esperienza di tanti secoli. Si distinguono dal
parlare comune anche per la forma particolare, incisa, decisa.
Ma ancora più e meglio dei proverbi
e degli aforismi sono il frasario comune
e il linguaggio quatidiano e corrente a
contenere e a rivelare la perte più bella,
la parte migliore di ogni parlata, lingua e
dialetto che sia, e mi rammarico non poco per non poter a pieno cogliere tutta
questa parte più bella e interessante, più
dilettevole e varia, più ricca, caratteristica e significativa, efficace ed unica, che
dà al dialetto la vera e precisa identità,
per questa lontananza che mi priva del
meglio, cioè dell’ambiente, il solo ad
aiutare nella raccolta, il solo ad essere
un valido mezzo per non perdere il più e
il meglio.
IL CALITRANO
Quell’arguzia spontanea, in mille
modi, quelle frasi sfuggenti, quei modi
proverbiali, tante voci di paragone: il
linguaggio popolare è continuamente infiorito di motti che colpiscono come
strali, che scolpiscono più di uno scalpello, sia per il monito che contengono
sia per la canzonatura che spesso da essi
scaturisce, con frizzi e lazzi, e sempre
con umorismo. E poi le continue allegorie e metafore, che fioriscono sulla
bocca di tutti, sono sempre nuove, rinnovantisi, e si moltiplicano, senza sforzo, in tante forme e varietà, tanto che
con un solo termine si può tratteggiare o
definire tutta una situazione, per la sorgente inesauribile delle novità linguistiche locali.
Sono proprio i traslati quelli che più
colpiscono. Il proverbio è già un discorso, anche se concentrato, invece il termine è un lampo, un guizzo che ti apre
di colpo tutta una visione e te la rivela
senza ombre, immediatamente. Ma non
si può fare a meno dei proverbi, che
riassumano tutta la vita nei suoi intenti e
nelle sue esperienze, generali e particolari, ma sempre a fuoco, perché fondati
sulla realtà, magari spicciola, ma concreta, vera, vissuta.
E i modi di dire si avvalgono molto
dei proverbi. Perciò molto dobbiamo ancora al prof. Vito Acocella che nel 193
ne raccolse tanti nei “Proverbi Irpini”,
con sapienza e competenza e a cui rimandiamo se si vuole veramente conoscere l’anima del nostro popolo. Qui si
riporta solo qualche modo di dire caratteristico e suggestivo, non semplicemente per colore di ambiente, ma perché
non pochi di essi ci hanno sempre colpito per bellezza ed efficacia. Anche questo patrimonio comune va scomparendo
nelle nuove generazioni, che parlano già
un altro dialetto, lontano dal vero nostro, e lo abbandonano non tanto per
evoluzione naturale, ma per vera sopraffazione, che toglie al dialetto la sua vera
identità, presentandosi ormai in una veste non più sua.
Spacialmente per questa parte, dovrei vivere a Calitri, dove, attraverso i
più anziani di me e attraverso la gente di
campagna chi sa quante cose imparerei!
Mi è impossibile perciò fare un elenco
di tali modi di dire, mi è difficile perfino
un accenno, ma debbo tentare, perché
verrei meno anche a me stesso, se non
facessi almeno un tentativo, perché per
me, lo ripeto, è la parte più suggestiva di
questo mondo che scompare. Preferirei
la segnalazione a gruppi alfabetici della
parola e delle parole più significative
della frase o del modo di dire. Poi, si
vedrà, ma penso che sia meglio a rag-
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
grupparli per argomenti. Non ho ancora
deciso e lo stabilirò all’atto pratico, come meglio mi sembrerà.
Questo sarà solo un inizio, un accenno: ne coglierò quanti ne potrò nel vasto
campo, e quanti nelle mie condizioni,
riuscirò ad arrivare. Non un capitolo, ma
una trattazione a parte, meriterebbe parlare dei soprannomi “stur’nomi”, con
cui la parlata locale individua persone e
famiglie. Questi nomignoli, si rinnovano, si accrescono e si moltiplicano continuamente e basta talvolta un nonnulla
per caratterizzare e “battezzare” per
sempre una persona, affibbiandogli un
nome che porterà per tutta la vita e spesso è una vera caricatura pungente o spiritosa: fatti particolari, qualità positive
o negative, risposte o proposte, tutto viene fissato e appioppato, quasi sempre in
lato ridicolo o beffardo, per cui si è più
conosciuti col soprannome che col vero
nome e cognome.
Bisognerebbe conoscerne l’origine,
parlarne, farne la storia, ma ciò è impossibile, anche perché esula dal mio
proposito e perché i nomignoli hanno
continue aggiunte alle espressioni dialettali, pur con così interessanti curiosità e varietà. Per ora richiamo al vocabolario, perché basterebbe, essendovi
tante parole del dialetto che indicano
nuove immagini e sfumature, che molto
spesso non hanno riscontro nella lingua.
Ripeto ancora una volta che l’uso così
ricorrente e resistente di usare termini
che si riferiscono al mondo animale specialmente, e, in genere, alla natura sempre presente, viva e incombente, per riferire ed accennare a persone, ad azioni
e fatti, si spiega semplicemente che la
natura quella che si conosce di più e perciò, dovendosi riferire ad altre realtà,
torna non solo comodo, ma veramente
efficace servirsi di tali termini di paragane.
Anche noi diciamo i “fianchi del
monte”, una “vena d’acqua”, le “gole
dei monti”, e poi “l’occhio del ciclone”,
ai “piedi delle montagne”, le “gambe” di
una sedia o di un tavolo, il “cuore” della
notte, le “arterie” stradali, il “collo della
bottiglia” ecc. usando termini anatomici
per descrivere il mondo e il paesaggio e
cose intorno a noi, perché tali parti del
corpo sono tra le realtà, cioè le cose reali, quelle che si conoscono meglio e perciò ce ne serviamo continuamente anche per indicare altre cose per analogia o
per altro riferimento. Tornando a quello
che dicevo prima, anche noi di Calitri
dobbiamo essere giudicati, con questo,
di vocabolario e di psicologia ridotti?
Per me risulta oltremodo espressivo
anche il modo con cui le parenti più
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strette “piangono il morto”, perché si
tesse la vita, si accenna a fatti, si riferiscono a parole e a tutto ciò che ha avuto
relazione col defunto, e ognuno lo fa dal
suo punto di vista e di posto di madre, di
moglie, di figlia, di sorella, di cognata,
comare, e si sanno così tante cose che
prima si ignoravano.
Non è raro il caso di sentire: “cum’
lu chiang’ bell’!” (come lo piange bene!) ma quel “bell’” dice di più di “bene”. Riguardo ai modi di dire, come per
i soprannomi, sarebbe sttato meglio se si
fosse potuto andare alle origini di ogni
frase, ma lo ritengo, e vedo che è proprio impossibile, perché esse sono scaturite, alcune occasionalmente, altre in
riferimento a persone o a fatti di cui
ignoriamo tutto e di cui, malgrado ogni
possibile sforzo e intenzione, non si potrà sapere mai nulla.
Si vagola per l’interpretazione circa
l’origine, perciò è meglio desistere, come pure è impossibile ricercare l’etimo
di alcuni termini, docuti, più che a corruzione, a deformazioni e adattamenti
occasionali e personali. Per questo mi
limito ad annotare, a registrare soltanto,
e questo non mi è costata poca fatica.
Non mi si faccia colpa, se ho fallito e
deluso, che sono ilò primo a convenirne.
Una cosa non ho potuto assolutamente
fare: avrei voluto ricercare negli archivi,
biblioteche e carte private dei “notabili
del luogo” qualche composizione, prosa
o poesia, perché di uomini geniali ce ne
sono stati nel passato, e avrei certamente rinvenuto, anche attraverso relazioni,
notizie di persone e di fatti notevoli, oltre che qualche saggio di scrittura.
Se fossi rimasto in paese, forse ci sarei riuscito, pregando di farmi frugare
fra le loro “cose”, ma i “se” non sono
mai serviti perciò che si riferisce al passato e così questo resta un desiderio
inappagato. Calitri ha sempre avuto, anche se ristretta, una vita culturale intensa
e fervida, come avviene nei piccoli centri. In mancanza di altro, mi rileggo
quanto riferisce anche Francesco De
Sanctis nel suo “Un viaggio elettorale”
nel capitolo dedicato a Calitri: “frizzi,
sarcasmi, ironie s’incrociavano de’ presenti contro gli assenti, c’era lì del
guelfo e del ghibellino, lotta di famiglie,
lotta di interessi, passioni vive e dense,
col nuovo alimento che viene dai piccoli centri, dove non si pensa che a quello
solo”. E poi: “Alcuni popolani stavano li
ritti sulla piazza con una gravità di senatori romani. Dev’essere un popolo tenace e lavoratore a testa alta, e ne augurai
bene”. Ciò che faccio anch’io con cuore
di figlio.
Luigi Zampaglione
IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
Raduno interdiocesano
delle confraternite
omenica 5 settembre u.s. si è tenuto a
D
Calitri il 1° Raduno interdiocesano
delle Confraternite, promosso dalla locale
Arciconfraternita, in occasione del 150°
anniversario della promulgazione del
Dogma dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine maria (8 dic. 18542004), al fine di approfondire l’importanza della presenza della Madre di Dio, Madre della Chiesa e Madre nostra, nella vita del cristiano e nella storia dell’uomo.
Circa 500 tra consorelle e confratelli
appartenenti a 24 pii sodalizi, provenienti dalle Regioni Basilicata e Campania,
sono stati accolti dai Fratelli dell’Immacolata, nella chiesa parrocchiale di San
Canio, dove hanno ricevuto il saluto del
sindaco di Calitri, prof. Vito Marchitto,
subito dopo il parroco don Maurizio Palmieri ha tenuto ai convenuti, una chiara e
profonda riflessione mariana sul Dogma
dell’Immacolata Concezione, infine il
priore prof. Vito Alfredo Cerreta ha letto
la lettera inviata dal Vaticano, il 21 1gosto
2004, dal presidente del Pontificium Consilium Pro Laicis: “…nella vicinanza del
pellegrinaggio che il Santo padre ha
compiuto al Santuario di Lourdes, auguro ogni buon successo a questo raduno
ed assicuro la mia preghiera per tutti i
presenti a Calitri il 5 settembre, come pure il giorno 8, quando celebrerete la festa
della natività della Beata Vergine maria.
Cordialmente nel Signor. † Stanislaw
Rylko”.
È seguito il “Cammino di fraternità e
di preghiera”, con avanti la banda di Calitri, poi le Confraternite, le Autorità civili e militari con il gonfalone del Comune
e il Popolo di Dio convenuto a Calitri per
l’occasione. Il corteo ha sfilato per il corso Garibaldi, via cimitero, via F. Tedesco, via F. De Sanctis, Via S. Vito fino al
largo Immacolata. Durante il percorso le
consorelle e i confratelli hanno innalzato
canti e preghiere di ringraziamento a nostro Signore Gesù Cristo per averci dato
la gioia di vivere in pace ed in amicizia
con Dio sotto lo sguardo vigile della Madonna.
Giunti davanti la chiesa dell’Immacolata, l’Arcivescovo P. Salvatore Nunnari
ha concelebrato l’Eucarestia insieme a
dom Lorenzo Sena, benedettino e don
Maurizio. Durante l’omelia l’Arcivescovo
ha commentato le letture della domenica
esortando i fedeli laici ad una solida vita
Calitri 5 settembre 2004, l’arcivescovo mons. Nunnari durante la celebrazione della
S. Messa.
cristiana, basata sull’amore fraterno, ha
chiesto ai confratelli di vivere la preghiera
quotidiana, la piena comunione e la missione “testimoniare e portare il Vangelo
nelle case e sul posto di lavoro. In particolare ha richiamato l’attenzione sulla valorizzazione della pietà popolare, intesa
come elevazione di ciascun fedele al servizio della fede, trasferendo nella vita so-
ciale e politica delle comunità il messaggio e la vita di Cristo Salvatore, senza
compromessi”.
Infine il Priore Cerreta ha ringraziato i
convenuti dicendo che: “per la nostra Comunità è stato davvero un momento di
forte esperienza di Chiesa, che resterà nella memoria di tutti”.
Il Cronista
Calitri 5 settembre 2004, il piazzale della chiesa dell’Immacolata Concezione diventato aula
di preghiera.
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IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
GIUSEPPE DI GUGLIELMO
UNA SERATA
CON VINICIO CAPOSSELA
erata davvero fantastica quella del
Ssurreale,
03.09.2004, bizzarra a tratti anche
e con un pizzico di nostalgia,
forse per il luogo che rappresenta la
Casa dell ECA, patrimonio della comunità calitrana, dove un tempo si festeggiavano i matrimoni. Dove Vinicio Capossela ha proposto di realizzare una
“casa di riposo per i matrimoni”, cioè
una mostra permanente di foto di matrimoni, essendo quel luogo un tempio
pagano e santuario d’intrattenimento.
Vari ingrediendi che hanno reso
quella serata davvero indimenticabile, e
per dirla con un titolo dell’ultima raccolta del maestro “indispensabile”. La
prima volta che Vinicio Capossela si
esibisce a Calitri, e per di più nella “casa dell’ECO” come la chiama lui, desiderio incompiuto sino a quella sera.
Un’improvvisazione, ben congegnata ed organizzata nel giro di poche
ore, che aveva lo spirito di far rivivere
una “cumv’r’sazion’” tra amici. La serata ha visto l’esibizione della “Banda
della Posta” “Briuol, Matalena, Totta
Creta, Franco u’ parrucchier’ e u’ Cines”. Un singolare incontro tra un
gruppo storico di suonatori calitrani, i
quali tra l’altro avevano suonato al matrimonio dei genitori del cantautore, anche loro presenti in sala, e Vinicio Capossela autore e interprete otiginalissimo nel panorama musicale contemporaneo.
La serata ha visto l’esibizione del
“cinese” che ha eseguito alcuni brani
classici della canzone napoletana, e poi
sul palco dell’ECA è salito anche il fornaio “Ndrand’la”, cantando alcuni sonetti calitrani. Vinicio ha omaggiato il
pubblico presente, con alcuni suoi inediti, che presto usciranno in un nuovo
album, come “faccia di corno”, “padrona mia”, “sonetti”, ma anche con
un suo classico brano “con una rosa”,
dichiarazione d’amore a ritmo di tango,
dall’album Canzoni a manovella, che
ha coinvolto tutta la sala a cantare con
lui. La platea dell’Eca seguiva con attenzione l’esibizione del maestro, molto toccante ed emozionante è stato un
altro suo brano inedito “il treno”, bellissimo pezzo, scritto da Vinicio nelle
scorse vacanze calitrane, che racconta
la storia degli emigranti degli anni sessanta e settanta, e delle esperienze vissute nel lasciare la loro terra d’origine.
Essendo lui figlio d’emigranti, sa
bene cosa vuol dire tutto ciò, i momenti
tristi, vissuti sempre con orgoglio e senza dimenticare quello che si era prima
di partire. La serata si è conclusa tra
balli di “quadriglie” e il suo famoso
brano “al veglione” acclamato dal pubblico presente; Capossela ha salutato
tutti i calitrani, con un abbraccio “mozzichente” e con tanta voglia di tornare
in mezzo a noi, ha ringraziato il Sindaco di Calitri per aver concesso la casa
dell’ECA, alcuni consiglieri che si sono
adoperati in prima persona per far sì che
la serata riusse, la Pro-Loco Calitri, il
forno di Maria Di Cecca e la “Banda
della Posta”.
Io ed altre persone, volevamo ringraziare soprattutto Vinicio Capossela, per
l’affetto e la stima che ci lega a lui, prima di tutto come amico, poi
illustre concittadino e come
artista errante di fama internazionale. Vinicio è impegnato in una serie di lavori,
uno molto interessante e importante è il suo prossimo
libro in uscita, ambientato
proprio tra le nostre terre irpine, che si intitolerà “Il
paese dei coppoloni”. Volevo infine comunicare che
proprio in questi giorni, ottobre 2004, sono partiti i lavoro di ristrutturazione della
Casa dell’ECA, che vedranno nascere un luogo culturale polifunzionale fruibile da
tutta la comunità calitrana.
Sono particolarmente contento che Vinicio si sia esibito lì, e che quella sia stata
l’ultima manifestazione culturale-musicale prima della
ristrutturazione.
Calitri 3 settembre 2004, casa dell’ECA, da sinistra: Rocco Briuolo, Benito Iannella,Vinicio Capossela col
cappello, Franco Maffucci e Giuseppe Caputo (matalena).
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Giuseppe Di Guglielmo
IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
COME USCIRE
DAL TUNNEL DELLA DROGA
i chiamo Marco e vorrei, con questa
M
lettera, riuscire a far capire agli altri
ragazzi che si può uscire dall’incubo della droga ed indicare loro la strada giusta
ed efficace per uscire dalla tossicodipendenza. La mia vita era un vero e proprio
calvario. Il solo pensiero di dovermi alzare dal letto la mattina ed affrontare la
giornata, che per me era diventata impossibile e colma di difficoltà, faceva sì che
io restassi a letto oppresso dai sensi di
colpa, arrabbiato con tutto e con tutti.
Il mio unico scopo era quello di sconvolgermi, di non pensare per non vedere
la pessima situazione in cui mi trovavo e
che giorno dopo giorno mi distruggeva.
Prima di tutto per me c’era la droga,
qualsiasi tipo di droga, accompagnata da
psicofarmaci e da alcool in modo tale da
formare un cocktail micidiale per ottenere quella che per me era la felicità…: uno
stato d’incoscienza che mi metteva in
condizione solo di combinare guai a me
stesso ed a chi aveva la sfortuna di essermi vicino. Quello che all’inizio era un
divertimento alla fine si era trasformato in
una vera e propria disperazione senza che
io me ne rendessi minimamente conto.
Negli ultimi tempi non mi divertivo nemmeno più a sballarmi, anzi il più delle
volte divenivo più triste di quello che ero
già, ma ormai ero pienamente intrappolato nel tunnel delle droghe.
Tutto questo fino a quando mio padre mi fece vedere un volantino, trovato
in un negozio, del centro Narconon
“Astore”. Per farlo felice, andai a fare un
colloquio. Arrivai al centro ed incontrai il
direttore, che iniziò a spiegarmi lo svolgimento del programma. Mi parlò delle
saune e dei corsi didattici che avrei seguito per andare a capire cosa mi aveva
portato a far uso di droghe. Più lui parlava e più io vedevo la soluzione ai miei
problemi, difficile da spiegare quella sensazione, ma da subito non ebbi dubbi che
quella era la strada per uscire definitivamente dal tunnel.
Tornai a casa, feci i bagagli e lo stesso
giorno tornai al centro per iniziare il programma. Giorno dopo giorno mi rendevo
conto di migliorare, mi affascinava tutto
Calitri 25 agosto 2004, ultima fila in piedi da sinistra:Vincenzo Cicoira, Michele Cicoira,
Gianna Cicoira, Concetta Cicoira col figlio Antonio, Michele Zarrilli; fila centrale:Antonietta
Zarrilli, Canio Toglia, Michelino Toglia, Giuseppina Toglia, Maria Di Maio, Maria Giuseppa Di
Maio (di anni 96), Giovanni Toglia (curcigghj’), Rosa Toglia col nipote Angelo Cappelletti,Vitantonio Caputo, Rossana Caputo coniugata Cappelletti,Angela e Martina; prima fila:Angela
Toglia, Gianluigi Rollo col figlio Samuele, Erika Marigo, Mariangela Rollo con la figlia Giulia,Corrado Piccinini e Piero caputo; per terra Beatrice Toglia e Francesco Rollo disteso.
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ciò e potevo toccare con mano i cambiamenti positivi di cui mi aveva parlato il
direttore durante il primo colloquio, il
tempo passava e la speranza di cambiare
definitivamente vita diventava certezza.
Si creò una vera e propria famiglia con
gli altri studenti ed i ragazzi dello staff e,
incredibile a credere, come in così poco
tempo si possono creare dei rapporti
splendidi con persone che non conoscevi.
Ora grazie al programma Narconon
sono un ragazzo libero dalle droghe che
ha ritrovato completamente le sue capacità…ed abilità…, ma soprattutto, tornato ad amare la vita, ad avere il desiderio
di affrontare le giornate, di svegliarsi la
mattina con la voglia di fare cose costruttive per me e per chi mi circonda.
Voglio ringraziare di cuore tutto lo
staff del centro Narconon “Astore” di Novilara e voglio dire ai ragazzi che hanno
problemi di droga di telefonare al n.
0721/28.69.96, che si può riuscire senza
alcun dubbio a tornare a vivere e ad apprezzare la vita.
Marco
28/06/2001 - Mariano Di Milia nato ad Avellino e Federica Zarrilli nata a Bisaccia nel
tradizionale costume calitrano.
IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
DIALETTO E CULTURA POPOLARE
VINCENZO METALLO
NG’ERAN’ NA VOTA
I FR’GGIAR’
C’ERANO UNA VOLTA
I FABBRI FERRAI
a ngurana ngimma a nu c’ppon’ nf’ssat’ nterra, mbietta a lu
incudine sopra un ceppo infossato nella terra, di fronte al
Ltigghj’
c’ppon’ ng’eran’ chiantat’ ruj c’ntrun’ p’app’scià li p’n- L’ ceppo c’erano due grossi chiodi per appoggiare li p’ntige li tagliatur’ cu lu man’ch’; fatt’ cu na mezza fra- ghj e li tagliatur’ con il manico; fatto con una mazza spacscegghia spaccata a nu lat’ attaccata stretta cu lu fierr’f’lat’ e
mmiezz’ a r’ ddoj attaccatur’ ng’era lu tagliatur’, lu p’ntigghj’
a stamp’ p’ fa r’ p’rtos’ a li fierr’ r’ li mul’, ciucc’ e cavagghj’,
v’cin’ a la ngurana, nterra, ng’eran’ ruj martiegghj’ cu la
penna, un’ cchià gruoss’ e un’ cchiù p’cc’ninn’ e la mazza;
tutt’ sti fierr’ abb’s’gnavan’ p’ fat’hà r’ fierr’ call’.
P’ fat’hà r’ fierr’ fridd’ ng’era nu bancon’ cu la morsa e lu
trapan’ a man’, ngimma a lu bancon’ ng’eran’ li tagliatur’, li
p’ntiegghj’ tunn’ e quadrat’ p’ p’rcià li fierr r’ li mul’, ciucc’
e cavagghj’, nu par’ r’ martiegghj’ un’ cchiù guoss’ e un’
cchiù p’cc’ninn’, r’ lim’: la lima hruossa, la lima fin’,la lima
a mezza luna ra nu lat’ chiatta e lra l’atu lat’ tonna, la lima a
triangul’, la lima a cora r’ sorg’, nu par’ r’ t’nagl’ a tronchesi,,
nu par’ r’ pinz’; a lu bancon’ ng’eran’ ruj tratur’ a un’ ng’eran
r’ macchinett’ a man’, p’ car’sa e a l’aut’ li quadern’ r’ li
cunt’.
Li cristian’ n’ pahavan ogn’ bota, s’ s’rvia la f’rratura, la
carr’catura r’ la zappa o r’ lu brient’, s’ s’gnava u juorn’, u
mes’, u nom’ r’ la p’rsona chi avia fatt’ fa lu lavor’ e lu prezz’
chi s’ pahava a Aust’ a sold’ o cu r’ hran’ (Aust’ s’ pahan’ li
riebb’t’).
Ngimma a u bancariegghj’ p’ la f’rratura ng’eran’: la t’naglia r’ li chiuov’, la t’naglia r’ ghiogn’, la roina, la roinetta,
la raspa, lu martiegghj’ a paletta cu li chiuov’; lu tuorc’
muss’ e la pastora eran appis’ a nu c’ntron’, s’ usavan’ quann’
cap’tava n’animal’ n’ picca maluas’ chi n’ s’ v’lia sta quann’
s’ f’rrava o s’ car’sava.
A tiemp’ antich’ n’ ng’eran’ li trattor’ r’ terr’ nghian’,
s’aravan cu la p’rt’cara r’ l’gnam’ t’rata ra li vuov’, mponta a
a la p’rt’cara ng’era la hummarala r’ fierr’, ng’era la p’rt’cara r’ fierr’ cu lu hommar’ fissat’ cu duj b’llun’, t’rata ra nu paricchj’ r’ vuov’ cchiù robust’ p’ romp’ li v’tral’ e fa la mascesa “aratura cchiù profonda”, r’ terr’ ncost’ s’ausava la voltarecchia, na p’rt’cara a ddoj hommar, cu dduj man’c’ (snodata) s’aggrava ra nu lat’ e ra l’aut’ arava a dritt’ e a mancin’
(una v’rsura), r’ terr’ cchiù ncosta, custun’ e liemm’t’ s’ zappavan’ a man’ cu lu brient’ e la zappa.
U fr’ggiar’ avìa fa r hummaral’ p’ la p’rt’cara r’ l’gnam’,
p’ la p’rt’cara r’ fierr’, cchiù p’cc’ninn’ p’ la voltarecchia, li
brient’, r’ zapp’ e r’ zappegghj’ p’ amm’nnà r’ hran’.
La hummarala era fatta a forma r’ triangul’, longa cchiù o
men’ na quarantina r’ centimetr’ fatta a ponta p’ s’ f’ccà nda
la terra a lu lat’ destr’ era curvata p’ fa r’v’tà la terra a lu lat’
mancin’ ng’era nu triangolin’ chiamat’ hagghiucc’, la part’ r’
nn’ret’ rotonda chiamata cascia ndov’ s’ fissava a la p’rt’cara;
r’ p’rt’car’ r’ l’gnam’ r’ facìa zi Pasckal’ r’ fat’hant’. Lu hummaral’ fatt’ a forma r’ trapezzij p’ la p’rt’cara r’ fierr’ e p’ la
voltarecchia.
cata ad un lato, attaccata stretta con il filo di ferro c’era il tagliatoio, lu p’ntigghj a stampa per fare i buchi ai ferri dei
muli, asini e cavalli; nei pressi dell’incudine per terra c’erano due martelli con la penna, uno grande ed uno piccolo ed
una mazza, tutti questi arnesi servicano per lavorare il ferro
caldo.
Per lavorare il ferro freddo c’era il bancone con la morsa
e il trapano a mano, sul bancone c’erano i tagliatori, li p’ntiegghj’, tondi e quadrati per forare i ferri dei muli, asini e
cavalli, un paio di martelli uno grosso l’altro piccolo, le lime:
la lima grossa, la lima fine, la lima a mezza luna, da un lato
piatta e dall’altro tonda, la lima a triangolo, la lima a coda di
topo; un paio di tenglie a tronchesi, un paio di pinze, al bancone c’erano due tiretti, in uno c’erano le macchinette a mano per tosare e nell’altro i quaderni dei conti.
Le persone non pagavano volta per volta che serviva una
ferratura, la caricatura della zappa o del briente, ma si segnava il giorno, il mese, il nome della persona che aveva
fatto fare il lavoro e il prezzo, si pagava nel mese di Agosto a
soldi oppure col grano (infatti dice il proverbio Ad Agosto si
pagano i debiti).
Sul panchetto della ferratura c’erano: la tenaglia per i
chiodi, la tenaglia per le unghie, la roina, la roinetta, la raspa,
il martello a paletta ed i chiodi; il torci muso e la pastora
(grossa fune) era appena ad un grosso chiodo, si usava soltanto quando l’animale era recalcitrante e non stava fermo
quando veniva ferrato o tosato.
Nei tempi passati c’erano i trattori di terre pianeggianti,
che venivano arate con la perticara di ferro cu lu hummaral’
fissato con due chiodi, tirata da una coppia di buoi più robusti per rompere i terreni pietrosi e per fare lo scasso del terreno più profondo, per le terre in costa si usava la voltarecchia cioè una perticara a due ommar’, con due manici (snodata), si pigia da un lato e dall’altro lato arava a dritto e a
mancino (una v’rsura), le terre più in costa o in costoni o
lemm’t’ si zappavano a mano con la zappa o il bidente.
Il fabbro doveva fare le hummaral’ per la perticara di legno, li ommar’ per la perticara di ferro, li ommar più piccoli
per la voltarecchia, i bidenti, le zappe e le piccole zappe per
amm’nnà il grano.
La hummaralaera fatta a forma di triangolo lunga più o
meno una quarantina di centimetri fatta a punta per entrare
nella terra, al lato destro era curvata per girare la terra e al lato sinistro c’era un triangolino chiamato hagghiucc’, la parte
di dietro tonteggiante chiamata cascia che si fissava all’aratro, gli aratri di legno li faceva zio Pasquale r’ fat’hant’; la
hummaral’ fatta a forma di trapezio per l’aratro di ferro e per
la voltarecchia.
16
continua - 2
IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
Erbe di Casa Nostra
IL SEGRETO DEL PICCOLO FRUTTETO
(aprile-maggio) in grappoli penduli, di gusto acidulo, ermafroditi, calice a sepali verdastri o bruno rossicci, 2 volte più grandi
Visto l’interesse sempre maggiore che la coltivazione dei dei petali. Richiede terreno profondo, organico a reazione neupiccoli frutti suscita presso le persone amatoriali, affronto le tra, teme il vento e la forte illuminazione. Le varietà colturali decure colturali necssarie alla loro crescita e produzione ottimale. rivano da incroci tra specie spontanee provenienti da diverse
Negli ultimi tempi lampone, mirtillo, ribes ed uva spina, inizia- parti del mondo. È una piantaa portamento cespuglioso, ma
no ad essere presenti negli orti italiani, grazie ad un’ampia di- può essere coltivata ad alberello.
IL ROVO (rubus spp) è un arbusto che cresce nei luoghi
sponibilità di materia vivaista adatta alle nostre condizioni climatiche. Le coltivazioni di questi “piccoli frutti” è diffusa anche impervi, le varietà coltivate, ottenute per selezione, presentano
a livello industriale. I motivi di questa rapida diffusione sono da frutti grossi e si distinguono in striscianti spinosi verticali senza
ricercarsi nelle mutate esigenze del consumatore che sempre spine. Le foglie sono composte da 3-5 foglioline con bordo sepiù ha molte possibilità di scelta verso quei prodotti con limita- ghettato o frastagliato, il frutto è formato da numerose drupe di
colore rosso o nero che però a maturità non si staccano dal riti trattamenti antiparassitari.
La presenza sul mercato delle piante sane, geneticamente cettacolo e devono essere raccolte con il gambo. Il rovo esige
produttive, permette di recuperare qualche spazio per la loro terreno fresco, non ha esigenze particolari e, presenta uno sviluppo rigoglioso, richiede ampi spazi, le gemme presenti sulla
coltivazione, per avere un’alternativa alla frutta maggiore.
IL LAMPONE: (rubus app) appartiene alla famiglia delle ceppaia, fruttificano l’anno successivo. La produzione dei frutti
rosacee; forma cespugli di 70-80 cm. Di altezza che, ad ogni an- inizia alla metà di giugno e prosegue per tutta l’estate.
L’UVA SPINA (Ribes grossularia) appartiene alla famiglia
no sviluppano numerosi germogli chiamati polloni. Il fusto è ricoperto da tenere spine, le foglie ovali, righettate, presentano la delle sassifragacee, forma cespugli aperti e i rami sono forniti di
aculei di colore verdastro, giallo miele,
parte inferiore bianco argentea, i fiori
o rosso. Questo arbusto gode di intesono bianco-rosati, riuniti in grappoli
ressanti proprietà medicinali conferradi. Il frutto è rappresentato da picmati dalla moderna…, ha un fusto lecole drupe rosse attorno ad un ricetgnoso e strisciante, foglie ovali, frutti
tacolo che rimane sulla pianta quanrossi a maturazione; cresce in luoghi
do a maturità, si distaccano i frutti.
pietrosi e soleggiati delle nostre monLe varietà attualmente più coltivate
tagne. Narra una leggenda che un moderivano dalla specie spontanea (Runaco nel primo Medio Evo, inseguito
bus idaeus). È un arbusto che si adatda un orso affamato si salvò perché
ta ad ogni ambiente climatico, richiel’animale fu distratto da questa pianta
de terreno fresco e tendenzialmente
così colorata riuscendo a fargli diacido; fruttifica in forma scalare a
menticare l’ormai sicura preda.Pianta
giugno, luglio e agosto.
miracolosa non solo per questo epiIL MIRTILLO: (vaccinium spp)
sodio tramandato dalla cultura popoappartiene alla famiglia delle ericacee
lare. Dal secento in poi l’uva spina ha
un arbusto spontaneo in tutte le zone
trovato una fama certamente non usurtemperato-fredde dell’emisfero boreapata. Questo arbustoha eccezionali
le; alto circa 20-25 cm. presenta fusti
proprietà diuretiche e disinfettanti delsotterranei, foglie piccole ovali, i frutle vie urinarie. Nella seconda metà del
ti sono delle bacche di colore neradiciannovesimo secolo ne furono
stro. L’origine montana delle specie
scientificamente dimostrate le promontana richiede terreni freschi ed orprietà terapeutiche ed attualmente è
ganicicon PH acido (4-5); esistono in
oggetto di studi presso la facoltà di
commercio alcune qualità a frutto sinmedicina di Bobigny (Parigi Nord) algolo di buone dimensioni e con prolo scopo di individuale il migliore siduzioni elevate, la piena produzione
stema possibile di applicazione nelle
si raggiunge dopo 6-7 anni.
infezioni della vescica, in cistite ed
IL RIBES (ribes spp) appartiene
uretreti, nell’enuresi e nella terapia dei
alla famiglia delle sassifragacee, è
La signorina Lucia Lettieri nata a Calitri da Canio e
calcoli renali. Persino Pantaguel,couna pianta perenne che raggiunge1
da Rosa Lombarda Melaccio si è brillantemente laume narra Rabelais, la usò per curarsi
metro e mezzo di sviluppo in altezza;
reata in Giurisprudenza col massimo dei voti, presso
la blenorragia.
grandi foglie alterne, palmate, a 5 lol’Università degli Studi di Siena, il 29 ottobre 2004.Alla
Alba Algeri
bi dentati, pubescendi sotto, picciolaneo dottoressa gli auguri più sinceri dalla Redazione.
(da Retorbido)
te e caduche; fiori giallo-verdastri
LAUREA
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IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
L’ARTE SACRA IN ALTA IRPINIA Volume Tredicesimo
di Pasquale Di Fronzo - Fuori Commercio - 2004
L A N OS TRA
BIBLIOTECA
una società materialistica e consumistica come la nostra,
Ilannella
quale i beni economici tengono il primo posto nella scadei valori e gli animi sono indotti a desiderare sopra ogni cosa il benessere materiale e il piacere, don Pasquale Di Fronzo ci
diletta con le sue ammirevoli ricerche e ci propone altri 12
profili di opere d’arte che fanno parte integrante di un unico lavoro pubblicato a puntate sul quindicinale irpino d’informazione e di opinione “Altirpinia”.
La Pietà di Cassano Irpino, la tela della Visitazione di Ariano Irpino, la Concezione di Rocca san Felice, la statua di san
Giuseppe di Gesualdo, l’Assunta del Cestaro di bagnoli irpino,
l’ovale di S. Anna di S. Nicola Baronia, la statuetta lignea di
S. Biagio di Mirabella Eclano, la statua di S. Nicola di Flumeri, l’acquasantiera della chiesa madre di Mirabella Eclano, il
Calice dei militari di Morra De sanctis, le porte di bronzo di
S. Gerardo di Caposele e il calice della Madonna delle Grazie
di Mirabella Eclano sono tutte opere che vanno ad arricchire
sempre più la catologazione delle opere d’arte sacra della nostra
carissima Irpinia.
È un contributo sempre prezioso e puntuale che don Pasquale da anni ci offre col sacrificio della ricerca, con la tenacia
del ricercatore e con l’amore di sacerdote.
CALITRI Studi e ricerche 1996- 2005 di Emilio Ricciardi Tipografia ABC - Napoli 2005.
una vera antologia degli articoli che Ricciardi ha scritto in
Ècogliere
questi ultimi nove anni e che ha voluto, lodevolmente, racin un unico volume per rendere disponibile ad un vasto pubblico di studiosi o di semplici appassionati, il materiale pubblicato su varie riviste e giornali.
Infatti, ad oggi, sono state indagate nuove fonti e sono stati rinvenuti numerosi documenti inediti come manoscritti, protocolli notarili, catasti, registri parrocchiali, visite pastorali
ecc.che hanno arricchito le notizie su Calitri.
Emilio Ricciardi ci ha ormai da tempo abituati a un metodo
d’indagine accurato basato sull’attenzione ad ogni particolare,
ed anche in questo volume conferma, se ce ne fosse bisogno,
le peculiari doti di ricercatore e di scrupoloso studioso, con
un’attenta ed accurata analisi storica delle vicende.
Ne è risultato un solido volume con la consueta chiara e lucida esposizione, oltre al rigore delle analisi esposte con dovizia di particolari, che nel complesso ci offre un lavoro accurato nell’esecuzione con le solite doti di acume, coerenza e rigore.
L’ARCIVESCOVO
CI LASCIA
LA CHIESA MADRE “SANTO SPIRITO” di Teresa Armenti e Ida Iannella.- Edizioni Gruppo Culturale “F. Guarini” Solofra (AV) - anno 2004.
Mons. Salvatore Nunnari, dopo neanche
cinque anni di permanenza nella nostra Diocesi è stato chiamato a più alto e nobile incarico e precisamente a Metropolita della
Diocesi di Cosenza. Ci eravamo abituati a
questo Pastore buono, colto, paterno, pieno
di premure per tutti nella sincera ricerca della verità e nel comune impegno a sviluppare
relazioni sempre più autentiche.
Ma non possiamo dimenticare, da buoni
cristiani, che la fede nel Dio che – incarnandosi – si è fatto nostro compagno di viaggio,
deve essere proclamata dovunque e particolarmente per le nostre strade e fra le nostre
case, quale espressione del nostro grato amore e fonte di enesauribile benedizione.
Un grazie sincero e sentito per quanto ha
fatto per la nostra Diocesi e per ciascuno di
noi, sicuri che saremo sempre nel suo cuore
e anzitutto nelle sue preghiere.
due professoresse, amiche e colleghe, lavorando con vera
Lsuepassione
e competenza, hanno scritto uno stupendo libro
Castelsaraceno che fa onore anzitutto a loro e nel contempo
al paese nel quale svolgono o hanno svolto attività didattica.
Come siamo ormai abituati a fare, da più lustri, nel recensire un libro, partiamo dall’indice che qui troviamo esaustivo,
nel senso che c’è tutto a cominciare dal centro abitato, alle dominazioni feudali, al catasto onciario, interventi strutturali sulla matrice, la storia delle campane, l’organo, i beni ecclesiastici, abolizione delle decime, le confraternite, le cappelle, le
statue, i quadri, le reliquie gli ex voto, i pellegrinaggi, il cimitero, i morti per il terremoto del 1857 in semplici, chiari e
precisi prospetti, l’archivio parrocchiale con i battezzati, i matrimoni e le morti, le periodiche visite pastorali, i pastori della
parrocchia e così via, il tutto con una prosa chiara, semplice,
scorrevole, accattivante.
Gli spunti interessanti sono numerosi, il libro che si apre
con una presentazione dell’arciprete don Mario Tempone, una
prefazione del dott. Vincenzo D’Alessio responsabile delle
edizioni Guarini, e con una introduzione delle AA, sempre
attente e sensibili, è impreziosito da alcune belle fotografie e
da una elegante veste tipografica.
Il valore e il rilievo del volume è dato dal grosso quantitativo di notizie e di dati sulla vita del piccolo paese che il percorso di chi vuol ritrovare se stesso, le proprie origini, recuperando i percorsi dell’anima per costruire una società futura
attenta all’uomo r rispettosa dei suoi bisogni materiali e spirituali.
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IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
Calitri 16 gennaio 2004,Agnese Di Cosmo nata a Calitri da Vitantonio e da Lucia Zarrilli e il
marito Michele Di Cairano nato a Calitri da Pasquale e da Maria Lucia Di Roma, festeggiano
i loro 40 anni di matrimonio.Auguri dalla Redazione.
Calitri 1940, la signora Giuseppina Siconolfi con la piccola figlia Angela Fierravanti in
una foto da mandare al marito Antonio in
servizio militare.
Calitri 13.12.2004, Polisportiva Categoria
Esordienti Pulcini, da sinistra in piedi: Florindo Maffucci, Francesco Borea, Luca Maraucci, Giuseppe Scoco, Luigi Grasso, Luca
Orabona, Mariano Maffucci,Vittorio Zabatta,Angelo Mottola, Carmine Panniello; prima fila: Michele Galgano, Giovanni Cestone,
Giuseppe Cerreta, Michele Di Cairano,Vincenzo Cestone, Giuseppe Rosania, Stefano
Paglialonga, Davide Toglia, e Antonio Buldo.
07 ottobre 1945, Giuseppe Di Cecca (scatozza/14.03.1914 † 17.06.1997) nato da
Mauro e da Maria Concetta Codella (p’zzaregghia), durante il servizio militare.
Poggibonsi 12 settembre 2004, nella chiesa di San Giuseppe, Rosa Maria Delli Liuni e Luigi
Zarrilli festeggiano i loro 50 anni di matrimonio e salutano tutti i parenti che hanno festeggiato insieme a loro.Auguri dalla Redazione.
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IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
Calitri 2004, Festa di Carnevale presso le Suore di Gesù Redentore,
da sinistra in piedi: suor Brunilde Lamatrice, suor Giampaola
Santoro,Graziella Gautieri, Eleonora Cicoira, Pasqualina Paolantonio,
Vittoria Codella, Concetta Fatone, Francesca Cianci, Giovanna Stanco, Lucia Zarrilli, Antonia Gervasi, Lucia Di Cairano, M. Lucia Maffucci,Antonietta Macrì coniugata Bonzanino,suor Olmina Damiano;
seduti:Antonio Martiniello,Antonietta Tartaglia, coniugata Buldo,Angela Cianciotta,Teresa Vallario (14.03.1914 + 04.05.2004),M. Michela Gervasi, Rosa Gautieri,Angela Gallucci, suor Donata Conte, suor
Pia Natale; seduti per terra Fiammetta Acquaviva,Antonella Nannariello,Vincenzo Martiniello,Valeria Bozza.
Giardino residenza Estiva Marina “Stella Maris” (CE) 24 giugno
2004, le anziane residenti presso le Suore, da sinistra in piedi: Rosa Gautieri nata il 31.07.1915, Pasqualina Paolantonio nata
l’11.03.1915,Angela Cianciotta nata il 20.10.1916, M. Michela Gervasi
nata il 14.07.1916, M. Lucia Maffucci nata l’ 01.01.1921, Eleonora Cicoira nata il 02.09.1926; prima fila: Antonietta Tartaglia, coniugata
Buldo, nata il 14.12.1919, Graziella Gautieri nata il 23.10.1917 e
Angela Di Milia nata il 13.12.1916.
Nel 2004 la nostra Comunità ha vissuto un altro momento
molto bello e intenso di vita comune, di preghiera e di “allegria”, infatti ci siamo recate per una settimana di distensione
presso la Comunità delle nostre Consorelle di Mondragone, colonia Stella Maris, dal 21 al 26 giugno. Questo momento, vissuto
dalle nostre anziane con emozione e gioia è stato preceduto da un
pellegrinaggio al Santuario di Pompei; alla Beata Vergine del
Santo Rosario abbiamo affidato sia le famiglie delle nostre anziane che della Comunità tutta. Passeggiate sul lungo mare, nella villa, oltre che varie celebrazioni che hanno arricchito lo spirito di noi tutte.
Tutto ciò è stato reso possibile anche grazie all’intervento
dell’Amministrazione Comunale che ci ha messo a disposizione
un pulmino per il trasporto. Data l’esperienza più che positiva, si
è pensato di ripetere questi momenti anche per gli anni avvenire,
con l’aiuto di Dio e con l’intercessione della nostra Fondatrice.
New Rochelle Luncheon, 23 ottobre 2004, da sinistra in piedi:
Maria Cestone Imperiale, Josephine Cerreta, Marie Fastiggi Giordano, Josie Galgano Gore, Mary Margotta Basile,Angie Cicoira Moloney; seduti: Joe Imperiale, Fred Rabasca, Albert Galgano, Roberto
Bongo (Margotta)
La Superiora delle Suore di Gesù Redentore di Calitri
Pietro Caputo il 14 dicembre 2004 si è brillantemente laureato in
Biotecnologia per i “Prodotti ed i Processi” presso l’Università degli
Studi Federico II di Napoli, con 110 e lode e il plauso della Commissione. Nella foto è insieme alla mamma Paola Ambrosio, nata a
Caracas (Venezuela) il 17.05.1958 da Antonio e Mafalda Boccia, al
padre Michele Caputo nato a Calitri il 23.01.1956 da Pietro e da Rosa Pastore e alla sorella Rosa nata ad Avellino il 19.07.1981.Al neo
dottore gli auguri più sentiti dalla Redazione.
Calitri 5 gennaio 2005, Giuseppina Di Cosmo e Canio Martiniello
hanno felicemente festeggiato 25 anni di matrimonio:Auguri vivissimi dai figli Salvatore, Luciana, Michela e dalla Redazione.
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IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE
(Poggibonsi) – Cerreta Margherita (Milano) – Lampariello
Franchino (Garbagnate M.se) – Galgano Angelo Maria (Salerno)
– Di Napoli Mario (Bollate) – Maffucci Angelo (Lissone) –
Acocella Nicola (Limidi Soliera) – Toglia Giuseppina (Riccione) –
Di Carlo Attilio (Cordenons) – Di Maio De Matteo Ersilia (Roma)
Euro 20: Ciancolini Simonetta e Roberto (Barberino M.llo) –
Cristiani Salvatore (Poggibonsi) – Di Cosmo Angelina (Castiglione
D.S.) – Galgano Vincenzo (Riccione) – Nicolais Giovanni (Firenze)
– De Vito Antonietta (Roma) – Repole Pietro (Rapone) – Iavazzo
Cianci Anna Maria (Napoli) – Delli Gatti Franco (Pioltello) –
Simone Enza (Maddaloni) – Di Giuseppe Egidio (Foggia) –
Fastiggi Luciana (Pomezia) – Buldo Antonia (Varallo Pombia) –
Lorenzo Maria (Poggio a Caiano) – Metallo Giuseppe (Bagnoli) –
Del Cogliano M. Michela (Caserta) – Grieco Aldo (Grosseto) –
Rabasca Barbara Corcione (Caserta) – Margotta Giuseppe
(Salerno) – Codella Pasqualino (Cermenate) – De Vito Rocco
(Roma) – Leone Giovanni (Milano) – Toglia Canio (Poggibonsi) –
Cubelli Michele e Lucia (Bologna) – Di Carlo Alfredo (Avellino) –
Scoca Antonio (Trento) – Cala’ Canio (Scandiano)
Euro 25: Cicoira Giuseppe (Pietrasanta) – Barone Biagio (Bella)
– Nicolais Canio Vincenzo (Roma) – Landi Lucia e Rocco
(Grottaminarda) – Galgano Vincenzo (Brindisi) – Cerreta
Giovanna (Prato) – Cianci Michele (Firenze) – Stifano Giuseppe
(Pellare) – Maffucci Michelina (Pisa) – Di Napoli Donato (Napoli)
– Cerrata Rizzi Annamaria (Foggia) – Galgano Vincenzo (Melfi)
– Galgano Antonio (Novara) – Margotta/Nicolais (S. Donato
M.se) – Di Napoli Fortunato (Garbagnate M.se) – Di Cairano
Teresa (Torino) – Milano Calvani Vincenza (Cascina) – Zazzarino
Vincenzo (Mercogliano) – Di Maio Gaetano (Trento) –
Capossela Vito (Scandiano)
Euro 26: Losasso Rocco (Avellino)
Euro 30: Fierro Nicola (Salerno) – Armiento Michelangelo
(Roma) – Caputo Canio (Carosino) – Messina Giuseppe (Roma) –
Lampariello Vincenzo (Nova M.se) – Codella Vito (Cremona) –
De Nicola Michele (Bologna) – Cirminiello Mario (Posta Fibreno)
– Norelli Franco (Roma) – Tozzoli maria (Napoli) – Bifronte
Giuseppe (Roma)
Euro 32: Della Valva Vito (Bollate)
Euro 50: Don Lorenzo Sena (Fabriano) - Montagnani Roberto
(Figline) – Zabatta Michele (S.Giorgio a Cremano) – Zabatta
Salvatore (Milano) – Cestone Gerardo (Cava dei Tirreni) – Leone
Angelo Mario (Bari) – Toglia Lorenzo (Roma) – Nappi Gaetana
(Bergamasco) – Di Milia Mario (Milano) – N.N. (Baronissi) –
Galgano Anna (Milano) – Tornillo Angelo (Potenza)
Euro 100: Ferrara Michelina (Torino) – Della Valva Francesco
(Bollate)
DA CALITRI
Euro 5: Siconolfi Anna
Euro 10: Codella Giuseppe Contrada Difesette 5 – Caputo
Vincenzo – Galgano Giovanni – Zarrilli Canio – Maffucci
Eduardo – Del Cogliano Antonia – Gallo Mario – Marchitto Luisa
– N.N. – Cialeo Francesco – D’Emilia Pasqualino – Fasulo Sergio
Euro 12: Zabatta Pietro
Euro 13: Maffucci Di maio Benedetta
Euro 15: Del Moro Vincenzo – Russo Luigi – Lopriore Antonio –
Zarrilli Massimiliano – Cialeo Vincenzo – Maffucci Berardino e
Carmina
Euro 20: Rabasca Antonio – Rinaldi Giovanni – Acocella Attilio
– Galgano Giuseppe – Cestone Raffaele
Euro 25: Sansone Lorenzina – Maffucci Vincenza
Euro 26: Nicolais Salvatore
Euro 50: Licari Graziano
DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE
Euro 5: Algeri Alba (Retorbido) – Pignata Rosa (Contursi Terme)
– Colucci Pasquale (Sirignano) – D’Onofrio Giuseppe
(Castellammare di Stabia) – Di Cairano Mario (Roma)
Euro 6: Cerreta Giuseppe (Cambiano)
Euro 8: Cerreta Michele (Carrara) – Gautieri Canio (Mariano
C.se)
Euro 9: Cerreta Luigi (Bari)
Euro 10: Di Fronzo Pasquale (Mirabella Eclano) – Zarrilli Luigi
(Poggibonsi) – Margotta Giovanni (Poggibonsi) – Cantarella
Maria (Genova) – Cerreta Vincenzo (Carrara) – Rabasca Canio
(Nova M.se) – Battaglia Domenico (Firenze) – Zabatta Claudio
(Torlupara) – Coglianese Angelo (Oliveto Cita) – Mariani Emilio
(Morra De Sanctis) – Margotta Angelo (Collemarino) – Del
Cogliano Concetta (Leccio) – Ardolino Francesco (Maddaloni) –
De Vito Rocco (Roma) – Zabatta Pietro (Lentate S.S.) – Metallo
Vincenza (Roma) – Scoca Vincenzo (Castelfiorentino) – Mollica
Antonio (Novara) – Briuolo Luigi (Alessandria) – Cestone
Giovanni (Pinerolo) – Zabatta Vincenzo (Lentate S.S.) – Leone
Giuseppe (Misinto) – De Nicola Rosa (Avellino) – Pastore Maria
(Fornaci di Barga) – Galgano Vincenzo (Lentate S.S.) – Maffucci
Tonino (Lentate S.S.) – Di Napoli Giuseppe (Brescia) – Rotondi
Giancarlo (Roma) – Scoca Vincenzo (Perticato) – Stanco Angela
(Lentate S.S.) – Di Napoli Angelomaria (Porto Torres)
Euro 12: Tozzoli Giandomenico (Roma) – Tozzoli Mejer Ella
(Roma)
Euro 15: Capolongo Domenico (Roccarainola) – Buldo Cesare
Giovanni (Varese) – Cestone Giuseppe (Poggibonsi) – Di Cairano
Scoca Francesca (Ponte Tresa) – Paoletta Erminio (Portici) –
Fatone Giuseppe (Roma) – Fastiggi Michele (Salerno) – Cerreta
Mario (Avellino) – Zarrilli Vito (Roma) – Nicolais Maria (Latina) –
Gautieri Vito (Moncalieri) – Vallario Lorenzo (Milano) – Del
Cogliano Antonio (Salerno via Picenza) – Di Cosmo Vincenzo
DALL’ESTERO
U.S.A.: $ 100 Costantino Frucci – $ 25 V.W. Badia – Cerreta
Giovanni – Bongo Robert ed Lisabeth
CANADA: $ 100 Cianci Franco
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IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
MOVIMENTO DEMOGRAFICO
Rubrica a cura di Anna Rosania
I dati, relativi al periodo dal 09 ottobre 2004 al 28 gennaio 2005,
sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri.
NATI
Maffucci Vittorio di Pietro e di Rossi Cecilia
Del Cogliano Filomena di Luciano e di Scoca Eunice
Galgano Donato di Canio e di Cianci Albina
Maffucci Giorgia di F. Mario e di Fierravanti Maria
Francesco Nicolais
(C’lon’)
11.07.1931 † 22.01.2005
A coloro che lo conobbero
e lo stimarono perché
rimanga vivo il suo
ricordo.
27.11.2004
27.11.2004
03.01.2005
25.01.2005
MATRIMONI
Cioffari Pasquale e Quinto Anna
Cestone Luigi e Rakovska Snezhana
Giuseppe Girardi
29.10.1928 † 21.01.2005
Vivrai in noi attraverso
il ricordo del tuo amore.
La figlia, la consorte
e i parenti tutti.
09.10.2004
14.01.2005
MORTI
Zarrilli Pietro
Cialeo Canio Vincenzo
Cestone Francesco
Maffucci Angelomaria
Bozza Luigina
Rosania Vincenzo
Mastrullo Antonio
Acocella Angelomaria
Buldo Incoronata
Russo Donato
Galgano Vincenzo
Polestra Francesca
Cianci Vincenzo
Stanco Giuseppe Antonio
Cerreta Angelomaria
Cianci Alessandro
Zabatta Maria
Di Muro Antonietta
Girardi Giuseppe
Nicolais Francesco
Lops Carmine
Guglielmo Rachele
24.12.1969 - † 29.10.2004
12.12.1912 - † 01.11.2004
18.02.1924 - † 02.11.2004
25.04.1912 - † 08.11.2004
10.02.1921 - † 18.11.2004
05.06.1936 - † 19.11.2004
12.08.1925 - † 19.11.2004
03.04.1920 - † 06.12.2004
15.04.1920 - † 16.12.2004
04.02.1926 - † 16.12.2004
28.11.1926 - † 18.12.2004
22.06.1922 - † 21.12.2004
26.02.1923 - † 26.12.2004
13.06.1927 - † 28.12.2004
19.02.1923 - † 08.01.2005
02.03.1906 - † 13.01.2005
22.06.1929 - † 15.01.2005
19.06.1949 - † 17.01.2005
29.10.1928 - † 21.01.2005
11.07.1931 - † 22.01.2005
24.12.1926 - † 27.01.2005
16.04.1922 - † 28.01.2005
Angelamaria Acocella
in Cialeo
01.04.1920 † 05.12.2004
I nostri cuori afflitti
conservano la tua presenza
in mezzo a noi.
Tuo marito Francesci,
i figli, nipoti e pronipoti.
Antonio Mastrullo
12.08.1925 † 19.11.2004
Dai, o Signore, al suo
spirito l’eterno riposo.
Nel nostro cuore sarà
sempre vivo il ricordo.
Vito Galgano
26.05.1928 † 13.11.2004
Resterai sempre nel cuore
di quanti ti vollero bene.
Matilde Stanco Balestrieri
13.10.1893 † 15.02.1988
Chi si addentra nel Campus che
ospita il Liceo Scientifico “Leonardo
da Vinci” di Calitri, ha modo di
ammirare nell’atrio un suggestivo e
graziosissimo pannello, raffigurante
una bianca colomba che, librandosi
sulle rovine del paese devastato dal
sisma del 1980, spicca il volo verso
il sole.
Gerardo Balestrieri
Pescopagano Calitri
01.06.1905 † 14.02.1988
La composizione fu voluta
dall’allora preside del Liceo prof.
Antonio Altieri per commemorare e
additare ai giovani studenti la figura
di Brigida Balestieri, figlia di don
Gerardo e della gentildonna signora
Matilde Stanco, stroncata da un
fulmineo malore quand’ella aveva
appena nove anni.
Gida Balestrieri
04.02.1941 † 27.11.1950
Quel pannello voleva significare la
profonda gratitudine degli studenti
per la generosa donazione elargita
dai coniugi Balestrieri nell’intento di
sorreggere i giovani studenti nei loro
sforzi di elevazione culturale e
sociale. La popolazione di Calitri
rende onore all’intera famiglia, da
anni, riunita presso il Padre Celeste.
22
Francesco Cestone
08.02.1924 † 02.11.2004
Beato chi mi ascolta,
chi vigila ogni giorno
alla mia porta e aspetta
il momento di entrare.
(Prov.8/34)
IL CALITRANO
N. 28 n.s. – Gennaio-Aprile 2005
R E Q U I E S C A N T
Teresa Cianci Cestone
Calitri Brescia
12.06.1937 † 28.01.2004
Andrea Galgano
22.04.1932 † 06.06.2004
Il suo ricordo resterà
sempre vivo in noi
e nelle persone che
l’hanno conosciuta.
Nessuno muore sulla terra
finché vive nel cuore
di chi resta.
I N
P A C E
Donata Di Donato
Oliveto Citra Maddaloni
05.01.1912 † 02.01.2002
In tutti coloro che
l’amarono rimanga vivo
il suo ricordo.
Antonio Cianci
Il nonno
11.04.1912 † 21.08.1992
Andrea Galgano
09.10.1924 † 23.01.1996
La moglie Concetta, le
figlie Angela dalla
Germania e Vincenza
lo ricordano con l’amore
di sempre.
Siete stati e sarete sempre
parte di noi.
Michele, Antonietta col
figlio Marco ed i parenti
tutti Vi ricordano con
immenso affetto.
Antonio Cianci
Il nipote
23.04.1976 † 26.01.1995
Don Raffaele Gentile
Rocchetta S. Antonio
Napoli
01.01.1926 † 03.04.1996
Francesco Scoca
09.10.1914 † 31.10.1996
Pensa il Signore
alla vita dei buoni,
la loro eredità
sarà perenne.
(Salmo 37/18)
Accetta la legge
dalla sua bocca e metti
le sue parole nel tuo cuore.
(Giobbe 22/21)
Giuseppe Di Maio
05.04.1912 † 23.02.1995
Il suo ricordo di uomo
semplice ed onesto
resta sempre vivo nel
rimpianto della sua
famiglia e di quanti lo
conobbero e l’amarono.
Annina Russo
04.02.1928 † 20.08.1974
Il dolore per la vostra
assenza non potrà mai
essere colmato;
amarvi è stato facile,
dimenticarvi è impossibile.
I vostri figli Michele,
Lucia e Giovanni
con i nipoti e tutti i parenti
e conoscenti.
Leonardo D’Antuono
17.06.1944 † 28.02.1995
La moglie e i figli ne
serbano il ricordo
più vivo e sentito.
Antonio Sicuranza
18.07.1925 † 02.01.1992
Vincenzo Cianci
27.06.1909 † 18.01.1995
Giuseppe La Morte
15.02.1917 † 24.04.1991
A 10 anni dalla tua
scomparsa, tua moglie
Giuditta, i tuoi figli
Michele, Franco e Angelo
con amore conservano il
tuo dolce ricordo.
Dopo 14 anni dalla tua
scomparsa sei sempre vivo
nei nostri cuori.
Tua moglie Concetta e i
figli Antonietta, Maria
e Vito Antonio
Lucia Gautieri
27.03.1912 † 24.04.1989
La salvezza dei giusti
è nel Signore,
che è loro forza nel tempo
della prova.
(Salmo 37/39)
Colomba Fastiggi
in Di Maio
05.03.1946 † 16.03.1979
Vi è un premio per il
giusto, vi è un Dio
che fa giustizia sulla terra.
(Salmo 58/11)
Francesco Cestone
04.01.1905 † 11.10.1965
Maria Michela Galgano
01.01.1905 † 07.04.1969
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La figlia Maria li ricorda
sempre con affetto.
In caso di mancato recapito, si prega di voler restituire all’Ufficio C.M.P. Firenze
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Calitri 21.11.2004, Polisportiva campionato di 2° Categoria, da sinistra in piedi: Luciano Capossela, Michele Cubelli,Vito Tartaglia, Gaetano Cicoira,Antonio Zarrilli, Giuseppe Di Guglielmo, Michele
Maffucci, Canio Mario Gervasi,Giuseppe Galgano, Michele Galgano; prima fila: Mario Tornillo, Claudio D’Emilia,Vittorio Ruggiero, Roberto Tortoriello,Vito Tornillo,Adriano Cubelli,Alessandro Cesta
e Antonio Rubino.