55 - Il Calitrano

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55 - Il Calitrano
ISSN 1720-5638
IL CALITRANO
periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB - Firenze 1
ANNO XXXIV - NUMERO 55
(nuova serie)
CENTRO STUDI CALITRANI
Via Pietro Nenni, 1 - 83045 Calitri (AV)
www.ilcalitrano.it
GENNAIO-APRILE 2014
IN QUESTO NUMERO
IL CALITRANO
ANNO XXXIV - N. 55 n.s.
Non togliete all’uomo
la speranza
di A. Raffaele Salvante
3
Corso d’Informatica
la Direzione
4
Il palazzo Mirelli di Calitri
della prof.ssa Concetta Zarrilli
4
’A chiandegghia
IN COPERTINA:
di M. Marino Germano
Nel fitto ed intricato dedalo di stradine, vicoli e vicoletti abbiamo voluto presentarvi un remoto e caratteristico Vico Cicoira, che una volta si
collegava con Via San Canio ed ora
è un angolo chiuso ed isolato.
Giovanni XXIII
(Foto Michele Cicoira)
dell’ambasciatore Giampaolo Tozzoli
di Angela Toglia
Con grande soddisfazione
di tutti, la società
Eco Energy System
ha presentato una lettera
per significare
che non è più interessata
alla ex Palcitric di Calitri
per il trattamento
dei rifiuti.
Sito Internet:
www.ilcalitrano.it
E-mail:
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9
Direttore
dott.ssa Angela Toglia
10
Festa d’Artista.
Monteverde rende omaggio
a Fulvio Moscaritolo
Direttore Responsabile
A. Raffaele Salvante
Segreteria
Michela Salvante
12
Estetica
di Francesco Roselli
Fondato nel 1981
Creato e aggiornato gratuitamente
da ITACA www.itacamedia.it
Personaggi.
Gerardo Melaccio
del prof. Antonio Iannece
TRATTAMENTO
RIFIUTI
7
Periodico quadrimestrale
di ambiente - dialetto - storia e tradizioni
dell’Associazione Culturale “Caletra”
13
La scelta
del dott. Marco Bozza
18
LA NOSTRA BIBLIOTECA
20
DIALETTO E CULTURA POPOLARE 20
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE
21
MOVIMENTO DEMOGRAFICO
22
REQUIESCANT IN PACE
23
AUGURI
PER LA SANTA PASQUA
Il nostro Dio è aperto al mondo in una dedizione
inesauribile, è amore per il mondo.
Amare veramente il Dio di Gesù Cristo
vuol dire entrare con passione dentro
la tribolazione del mondo, non starsene fuori;
ma deve essere una vera, sentita e profonda
compromissione, perché il mondo si trasformi
secondo la legge dell’amore.
Direzione, Redazione,
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Chiuso in stampa il 17 marzo 2014
IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
ABBIAMO BISOGNO DI UN NUOVO CONCETTO DI CRESCITA
NON TOGLIETE ALL’UOMO LA SPERANZA
Mentre tutto intorno crolla e non è ancora chiaro come uscirne e da dove ripartire, trascinandoci dietro
strutture senz’anima, parole senza senso, simboli senza vita, siamo, ormai, costretti a scegliere di fare in proprio.
C possiamo affermare che davvero la
on gli ultimi avvenimenti politici
democrazia è morta col beneplacito di
tutti!
A scanso di equivoci, ci sembra opportuno e doveroso puntualizzare ancora una
volta che: noi non combattiamo nessuna
politica personale, non siamo sotto la
bandiera di nessun partito, ma vogliamo
pensare, operare e batterci per la nostra
gente, per la nostra terra, come abbiamo
dimostrato con il nostro giornale in questi ultimi 33 anni.
Il camminare nella storia pone alla società
civile orizzonti e sfide nuove che l’interpellano ed esigono risposte adeguate con
un dialogo che deve essere condotto con
prudenza, con chiarezza di idee circa le
sue possibilità e i suoi limiti; occorre,
quindi, affrontare con serietà e lungimiranza le sfide poste da questa situazione,
sia a livello nazionale che paesano.
Occorre un sano realismo. Non si può vivere né di nostalgia né di utopia.
La società civile appare spaventata, le Amministrazioni in genere cambiano, quasi
sempre in peggio e con le lenti troppo appannate per leggere i segni dei tempi si
adagiano in un servile conformismo e in
una penosa remissività, senza alcuno spiraglio per un pensiero veramente critico,
per una riflessione, o anche soltanto un
dubbio: si tira a campare!…
C’è anche qualche bello spirito, fra i calitrani, che anzicché darsi da fare per sostenere in vario modo il giornale, trova
persino scandaloso che noi ospitati in locali dell’amministrazione comunale non
ci sprofondiamo in mille salamelecchi,
ma osiamo addirittura criticarla.
Rispondiamo, educatamente, che ancora
non abbiamo portato il cervello all’ammasso, né possiamo restare indifferenti di
fronte allo sfacelo che ci circonda,ed è nostro compito precipuo di essere veri e propri presidi di progresso, sentinelle culturali e di costruzione delle coscienze; è solo
nel franco e sincero “confronto” che si
esercita la maieutica delle idee, che agisce da levatrice delle libertà.
Non abbiamo mai cercato lo scontro, ma
ci piace parlare chiaro e franco, cercando
occasioni di dialogo, di confronto e riflessione per giungere a sintesi comuni a favore
della nostra comunità, con un sincero desiderio di camminare insieme e di essere
veramente e concretamente prepositivi per
affrontare meglio le immancabili difficoltà
del percorso: solo insieme ed uniti si può
crescere non c’è motivo per cui le differenze debbano rendere impossibili il dialogo che è allo stesso tempo stimolo, risposta e rinforzo per rendere più agevole
un programma da attuare, una strada da
percorrere, una meta da raggiungere, facendo crescere sempre di più la “qualità
umana” delle relazioni, per conseguire un
vero riscatto sociale per i calitrani.
Noi abbiamo in mente un paese che vuole crescere cogliendo ad alto livello le sfide delle trasformazioni in atto, scelte che
impegnano fortemente verso il futuro e
che richiedono coraggio, iniziativa, attività, impegno costante e testardo, infatti
curiosità e conoscenza sono i grandi nemici di chi non desidera che si disturbi il
manovratore: i coltivatori dell’opacità
sociale.
A fronte di questa situazione di profondo
disagio non si capisce come mai mentre
la già ricca “Biblioteca” del Centro Studi Calitrani vive soffocata in spazi angusti, ristretti e pieni di umidità, senza una
vera sala di riunione e di lettura, dall’altro lato assistiamo alla deplorevole inerzia dell’amministrazione comunale che
da tre anni tiene vuoto ed in abbandono
l’immobile di fronte alla casa dell’Eca;
siamo perfettamente d’accordo che si devono cercare delle entrate per le casse comunali, ma questo a noi sembra un vero
spreco, con gravi conseguenze per la stessa stabilità dell’immobile che questa estate, fra l’altro, ha visto il cedimento di due
marmi sovrastanti l’entrata principale, con
rischio di gravi incidenti.
3
Il Centro Studi Calitrani, grazie alla cortese disponibilità del Dirigente del Comprensorio, nello spazio di questi ultimi 2/3
mesi, ha svolto ben tre “Corsi di Informatica” con una ricca partecipazione ed
una riunione di “BiblioThè” per sensibilizzare le famiglie e in modo particolare
i giovani a frequentare la Biblioteca, ma
non abbiamo una sala per altre iniziative
che avremmo in ponte.
Vi sembra una critica il voler cercare più
spazio per iniziative di vario genere a vantaggio della collettività calitrana? Spazio
che c’è a disposizione, non lo si deve mica inventare, o costruire……
In ultimo, ma non per ultimo, nel numero
di agosto 2013 abbiamo lanciato un grido
di allarme per il prosieguo della pubblicazione del giornale: abbiamo avuto due incontri col Sindaco, al quale abbiamo proposto di accollarsi, come amministrazione,
almeno la sola spedizione dei tre numeri
l’anno il cui costo è di circa sei mila euro;
la risposta è stata negativa, ma ci aspettavamo, almeno per il 2013, un contributo
finanziario che non è mai arrivato, sembra
una critica se concludiamo col dire “parole tante, fatti concreti niente” è soltanto
una constatazione di un dato di fatto!
L’oblio, la non curanza, il non tener conto della voglia di operare, la mancanza di
ascolto, le gelosie, le invidie sono il cancro che corrodono la speranza e alimentano la palude dell’indifferenza.
La nostra proposta vuol essere ricca, interessante, anche provocatoria ma sempre finalizzata ad una relazione che possa edificare la nostra società e che edifichi
innanzitutto noi cittadini, uniti dal desiderio, dalla costanza e dall’impegno di essere “comunità”
Purtroppo lo spazio è tiranno, ma possiamo almeno sperare che il fervore, la voglia, la passione che ci animano non vengano dispersi in entusiasmi passeggeri, e
si traducano in fatti concreti?
A. Raffaele Salvante
IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
CORSO DI INFORMATICA
la Direzione
Calitri, 23.01.2014. I partecipanti del Primo Corso di Informatica
organizzato dal Centro Studi Calitrani, che si è tenuto – grazie alla gentile
e cortese collaborazione del dirigente scolastico dott.Silvano Granese –
nell’aula di informatica dell’Istituto Comprensivo di Calitri. Da sinistra
in piedi: Francesco Senerchia, Gabriel Stanco, Angelo Senerchia, la
dott.ssa Angela Toglia e il direttore del giornale A.Raffaele Salvante,
Vincenzo Zampaglione, Vincenza Nicolais, Antonietta Zarrilli, Angelina
Di Cosmo,Vincenzo Pasqualicchio, Lucia Nicolais, Leonardo Gautieri,
Michelina Codella, Maria Teresa Acocella, Mariagrazia Bisogno, Francesca
Cestone e Rosa Rafaniello. Seduti da sinistra: Donato Galgano,
Giovanni Di Cecca, Rosa Errico, Giuseppina Schettino, Maria Caputo e
Angela Petrozzino, manca Giuseppe Codella (assente).
Alla fine del corso è stato rilasciato,
dal giornale “Il Calitrano”,
un attestato di partecipazione
a tutti i convenuti per premiarli dell’impegno.
Il palazzo Mirelli di Calitri e i suoi
abitanti nelle pagine di Alexandre Dumas
della prof.ssa Concetta Zarrilli
Dedico questo articolo al prof. Vincenzo Pacelli, della cui improvvisa morte ho saputo mentre lo stavo scrivendo. È stato un grande
esperto, a livello internazionale, di Michelangelo Merisi da Caravaggio, oltre che mio stimatissimo professore di Iconografia e Iconologia all’Università “Federico II” di Napoli; mi ha sempre incoraggiato e sostenuto nelle mie ricerche e nei miei studi negli anni,
a partire dalla tesi di laurea di cui è stato Relatore, uomo di grande cultura e umanità, per me esempio indimenticabile.
S
vetta maestoso su Piazza della Repubblica, lo si identifica facilmente
nel panorama di Calitri per la sua mole dipinta di giallo: è il palazzo baronale Mi-
relli. La prima volta che ci entrai ero bambina; nel piano nobile del palazzo viveva
una mia cara compagna di scuola delle
elementari, Rosa; qualche volta facevamo
4
insieme i compiti nell’antica cucina, spesso giocavamo a rincorrerci nelle stanze disposte una dietro l’altra, o nel salone guardavamo con ammirazione un affresco su
IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
una parete, che a me pareva grandissimo,
chiedendoci mille domande sulla scena
agreste con un fiume che vi era raffigurata. Poi arrivò il terremoto del 23 novembre 1980, e noi perdemmo le nostre vecchie abitudini; il palazzo baronale era
rimasto in piedi, ma a monte di esso quasi tutto era crollato, nella parte alta di Via
Chiesa Madre e al Piano di San Michele.
Cento anni prima, quando al posto dei muraglioni di Piazza della Repubblica c’era
la Chiesa Madre di San Canio, il palazzo
veniva a trovarsi di fianco ad essa, e l’ingresso della casa di Rosa era un’entrata
laterale; l’ingresso principale, da cui si accedeva al cuore della casa, è ancora oggi
prospiciente al Monastero delle Benedettine, ossia la Casa del Comune, precisamente in Via Roma, di fronte all’ingresso
soprano della Chiesa dell’Annunziata. Il
maestoso portale in pietra, il più grande
che ci sia in tutto il paese, è il portale dell’ingresso principale dell’antico castello
dei Gesualdo, distrutto dal terremoto del
1694, quando vi abitavano i nuovi feudatari di Calitri, i Mirelli. Lo splendido castello illustrato nella veduta del Pacichelli, che i Gesualdo avevano costruito con
circa 300 stanze, era divenuto proprietà di
Francesco Mirelli, che dall’indebitato
Giovan Battista Ludovisi acquistò i feudi
di Calitri, Teora e Conza per una cifra irrisoria rispetto al loro effettivo valore. L’8
settembre 1694, nello “spatio di un Miserere…a tre quarti delle diciassette”1 un
violentissimo sisma causò la morte di 311
persone a Calitri2; crollò anche il castello,
già rovinato e di volta in volta riparato alla meglio dopo i terremoti immediatamente
precedenti (1680, 1688, 1689,1692), e sotto le sue macerie seppellì il vecchio Francesco Mirelli, sua moglie Anna Paternò, i
nipoti e la nuora Maddalena Carafa dei
Principi di Stigliano, altri parenti e la servitù; il figlio di Francesco, Carlo, marito
di Maddalena Carafa, era a Napoli con suo
figlio, il piccolo Francesco Maria, che fu
il Marchese di Calitri all’inizio del Settecento, nel momento di rinascita e ricostruzione del paese3. Il castello non fu più
ricostruito, Carlo e Francesco Maria scelsero una zona più a valle, che comprendeva un antico palazzo, una volta appartenuto alla famiglia Gatto 4 , che
ampliarono e ristrutturarono utilizzando i
migliori pezzi del diruto castello, come
appunto il maestoso portale; altre pietre
del castello, scolpite o meno, vennero vendute dai feudatari e riutilizzate dai calitrani per la ricostruzione delle loro abitazioni, molte delle quali sorsero nell’area
del castello, che iniziò così a trasformarsi in un borgo, dove antiche strutture medioevali si trovarono a convivere con al-
Palazzo Mirelli a Calitri
tre rinascimentali e moderne. Il nucleo più
antico del palazzo baronale era dunque la
casa della famiglia Gatto, una famiglia
molto influente nei secoli precedenti, in
particolare nel Quattrocento e nel Cinquecento.
Nel 1885 Gaetano Filangieri pubblicò un
documento5, da lui così trascritto: “Le case di messer Francisco della Gatta a Capo de Trio, lavori in muro e pietra di piperno, per maestri Daniele Cimino di
Citara fabbricatore, Algiasio Franco Tagliamonte, Leonetto da Siano e Luca Franco intagliatori di pietra, anni 1479-1499”.
Non esistendo in Italia meridionale alcuna località avente nome Capo de trio, ho
sempre pensato che si trattasse di una erronea interpretazione da parte di Filangieri
della trascrizione in corsivo risalente al
XV secolo della parola Caletrio. Se così
fosse, conosceremmo il periodo di costruzione e il nome degli artefici del nucleo
più antico del Palazzo Mirelli, che pure ha
restituito materiale archeologico risalente a quell’epoca. L’influenza della famiglia Gatto si può desumere dai documenti storici: nel 1558 era sindaco di Calitri
Scipione Gatto, che firmò i Capitoli della
Bagliva, sottoscritti anche dal cancellarius Maffeus Gab(riel) Gatti6; nella Sacra
Visita del cardinale Alfonso Gesualdo, del
1565, più volte compaiono altri membri
della famiglia Gatto: Bartolomeo, priore
della Cappella della Confraternita del Cor5
po di Cristo nella Chiesa Madre di San Canio, e il Magnifico Salvatore Gatto, nobile, che aveva costruito la chiesa di San Nicola e l’aveva dotata di molti suoi beni7.
Nel nuovo palazzo abitarono più generazioni di Mirelli; qui venivano a trascorrere soprattutto i mesi estivi, rimanendo per
il resto dell’anno a Napoli, dove avevano
un palazzo al Purgatorio ad Arco, e un altro alla riviera di Chiaia, sulla strada che
da esso prende il nome di Via dell’Arco
Mirelli. Anziché parlare di questa famiglia, dilungandomi sulla sua storia e sulla loro volontà di dimostrare a tutti i costi
l’origine nobile del casato, messa in discussione e non riconosciuta ufficialmente dagli altri nobili dell’epoca8, ho deciso
di dare spazio ad un solo personaggio, che
più ha fatto parlare di sé: si tratta di Francesco Maria Mirelli Scannasorice, Marchese di Calitri, Principe di Teora e Conte di Conza, nato il 13 marzo 1795 da
Giuseppe II Mirelli e da Maria Antonia
Ceva-Grimaldi. Fu un uomo coltissimo,
avviato agli studi umanistici sin da fanciullo; abile nell’uso delle armi, entrò presto nelle“Nobili Guardie del corpo, e servì
pure in diversi Reggimenti di linea”, ma
poi per diversi motivi si dimise, e continuò
la professione di letterato9. Erano gli anni
in cui si costruivano i cimiteri in tutta Italia, per applicazione dell’editto napoleonico di Saint-Cloud che vietava le consuete sepolture nelle chiese, quando il
Cavaliere Francesco De Angelis, riferendosi alla città di Napoli, e parlando del nostro marchese, ricordava: “non potendo
avvalersi delle antiche sepolture e Cappelle Gentilizie di sua Casa a cagion delle novelle disposizioni del nostro Governo, ha risoluto, di erigere un bellissimo
mausoleo nel nuovo Campo Santo di finissimo marmo, disegno e lavoro del celebre Tito Angelini, la cui spesa ascenderà
a ducati 1800. In esso vengono scolpite
quattro bellissime inscrizioni lapidarie
uscite dalla dottissima penna di sì alto personaggio”10. Pubblicò diverse opere, fra
cui un libro di “Canzonette” del 1831, una
“romanza”, intitolata “Il disertore”, del
1838, e diverse poesie, una scritta in occasione della morte della giovane Principessa di Morra, Carolina Manhes, avvenuta a Benevento nel 1481 11. Fu
protagonista di un singolare episodio, raccontato da Alexandre Dumas padre, nel
“Corricolo”12. L’autore de I tre moschet-
IL CALITRANO
tieri e de Il conte di Montecristo narra che
a Napoli c’era un giovane, tra i 24 e i 25
anni, Principe di Teora, Marchese della famiglia dei Mirelli, Conte di Conza, che discendeva in linea diretta dal famoso condottiero Dudone di Conza, di cui parla il
Tasso13. Egli era ricco, bello, poeta, nato
con tutte le possibilità di condurre una vita felice, ma un malvagio presagio aveva
rattristato il momento della sua nascita:
Francesco Maria era nato nel villaggio di
Sant’Antimo, feudo della sua famiglia;
appena nato, fu dato ordine che nella cappella del monastero di quel luogo venissero fatte suonare le campane per annunciare l’evento a tutto il popolo; non
essendoci il sagrestano, volle farlo un monaco, che, non pratico delle campane, si
lasciò portare in alto dalla corda, e salendo provò come una vertigine, per cui mollò la presa, precipitando a terra nel coro
della cappella; si fratturò entrambe le gambe, si trascinò chiedendo aiuto fino alla
porta e fu poi messo a letto nella sua cella, dove l’indomani morì. Questo avvenimento fece scalpore, la storia fu raccontata al giovane Mirelli, e rimase
profondamente impressa in lui, anche se
non ne parlava spesso. Essendosi poi arruolato come Guardia Reale, venne in contrasto con il marchese Crescimoni, che lo
sfidò a duello con armi da fuoco; nel giorno e nell’ora prestabilita, i primi spari furono mancati da entrambi; il terzo sparo
colpì il Mirelli, che cadde a terra; sembrava morto, ma era gravemente ferito: il
proiettile gli aveva forato l’intestino da
parte a parte e gli aveva fratturato le ossa
del bacino; fu chiamato il migliore chirurgo di Napoli ad operarlo, il dottor Gaspare Penza. Il giorno dopo essere stato
operato, il marchese aveva la febbre altissima; addormentatosi, nel suo letto, dopo
pochi secondi si svegliò di soprassalto, pallido, con gli occhi deliranti, gli sembrava
di udire qualcosa; poco a poco i suoi sguardi si fissarono su una porta che si apriva
su un grande salone. Sua madre si alzò e
gli chiese se aveva bisogno di qualcosa –
No, niente – rispose il marchese – È lui
che viene – Lui chi? – chiese la madre con
inquietudine – Ascoltate il rumore dei suoi
vestiti nel salone? Lo ascoltate? – gridava il malato – Ascoltate, si sta avvicinando, vedete, la porta si apre…senza che
qualcuno la spinga… eccolo… eccolo…
entra, si trascina sulle sue gambe spezza-
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
te… viene dritto al mio letto… Levati il
cappuccio, frate, voglio vedere il tuo viso… sei venuto a cercarmi? Da dove vieni? Dalla terra? Lo vedete voi?… Parla,
parla! - Il Mirelli, durante la sua visione,
si avvicina al bordo del letto come per
sentire delle parole, ma dopo pochi secondi in questa posizione, durante i quali sembra ascoltare, emette un profondo
sospiro e cade all’indietro sul letto, mor-
to o per la ferita, o sfidando il fantasma a
duello; ma da quel giorno la visione sparì,
e nove mesi dopo Mirelli era completamente guarito. Dumas volle ricordare
questo episodio per sottolineare il triplice coraggio del Mirelli: il coraggio patriottico, nel rischiare la vita per la patria,
il coraggio fisico, nel sopportare il dolore delle ferite, il coraggio morale, nel reagire contro l’invisibile e nel lottare contro l’ignoto. L’episodio è ricordato anche
da Basilio Puoti, maestro napoletano di
Francesco De Sanctis, nell’elogio funebre di Gaspare Penza, il chirurgo che aveva operato il Mirelli. Il duello aveva avuto luogo intorno al 1820; il coraggioso
marchese di Calitri visse fino al 1° maggio 1857, e alla sua morte non venne seppellito né nel mausoleo di famiglia a Napoli, realizzato da Tito Angelini, né nel
chiostro del convento di Sant’Antimo.
Egli riposa ancora oggi nella chiesetta si
Santa Maria della Foresta a Calitri14, dominando la valle dell’Ofanto dall’alto del
Bosco del Cardinale.
NOTE
L’antico portale di pietra del palazzo Mirelli
sembra facesse parte dell’entrata del Castello.
morando: – Il monaco di Sant’Antimo! –
La visione riguardava la tragedia avvenuta il giorno della sua nascita. Il giorno
dopo non ricordava tutto l’episodio; per
ben tre mesi l’apparizione infernale si ripetè ogni notte, nel delirio che ritardava
la guarigione. Mirelli sembrava uno spettro anch’egli. Infine, una notte chiese insistentemente di rimanere solo, si distese sul letto e aspettò, mentre un amico lo
osservava attraverso una vetrata da una
camera vicina, per vedere se aveva bisogno di qualcosa. Dopo pochi minuti si
alzò dal letto verso la porta, cominciò a
sudare sulla fronte, i capelli gli si drizzarono in testa, un sorriso passò sulle sue
labbra… sfoderò la spada e per due volte sferzò colpi innanzi a sé, poi gettò un
grido e svenne. L’amico che era di guardia lo riportò nel letto. Aveva serrato così forte il pugno che fu impossibile togliergli la spada di mano. L’indomani
fece venire il padre superiore di Sant’Antimo e gli chiese, di essere sepolto nel
chiostro del convento, nel caso fosse mor6
Cfr. G. B. Pacichelli “ Lettere familiari, istoriche
ed erudite”, Napoli 1695 pag.353
2 Cfr. E. Ricciardi, “Calitri antica”, pag. 58, nota 34
3 Francesco Maria ricevette i titoli nobiliari nel 1689,
ancora bambino.
4 Cfr Ricciardi cit. pag. 59
5 Cfr. G.Filangieri “Indice degli Artefici delle Arti
Maggiori e Minori” in “Documenti per la storia delle arti e le industrie delle Province Napoletane”, Napoli 1885, vol. II pag. XII
6 Cfr. P.G, Cioffari “Calitri. Uomini e terre nel Cinquecento”, pag. 112
7 Ibidem, 118; oltre ai due nominati, compare anche
Giuseppe Gatto, che insieme a Salvatore possedeva
un terreno ad uso di orto in pede la Ripa; lo stesso
Salvatore conservava anche il diritto di patronato
sulla cappella di Santa Maria del Carmelo della chiesa di San Canio, epossedeva una vigna a Pittoli e un
terreno vicino al Vallone dei Monaci.
8 Argomento già ampiamente affrontato, e in maniera molto approfondita da Emilio Ricciardi in molti suoi scritti, compresi quelli qui citati, e da G. Cioffari O.P. in “I Mirelli di Calitri. Gente arricchita o
nobili?” IL CALITRANO n. 16, n.s., gennaio-aprile 2001, pag. 8
9 Le informazioni sono tratte da F. De Angelis “Cenno Geneologico delle famiglie Ceva-Grimaldi, e Mirella”, Napoli 1840, di non facile lettura, in quanto
bisogna estrapolarle dalle corpose digressioni, costituite da elenchi ed alberi genealogici delle famiglie con cui si imparentarono i Mirelli, dalle continue citazioni classiche e filosofiche, in un generale
sfoggio di erudizione che l’autore compie con il costante obiettivo di dimostrare la veridicità dell’origine nobile della casata Mirelli; in tale operazione
rientra anche la citazione del nome “Scannasorice”,
appartenuto agli antenati dei Mirelli.
1
IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
10 ibidem; nel testo vengono riportate anche le quat-
11 Cfr. “Cronica delle Due Sicilie” di C. de Sterlich,
tro iscrizioni; la prima per i suoi genitori, con data
1840, la seconda ai suoi antenati a partire da Giorgio Mirelli, figlio di Romoaldo, patrizio genovese
cavaliere del tempo del primo Carlo d’Angiò; la terza è per Francesco Mirelli, che si salvò da bambino
dal terremoto di Calitri del 1694 perché si trovava a
Napoli con il padre; la quarta è per Erberto Mirelli,
figlio del precedente e di Gabriella Pallavicino Sforza Badat.
Napoli 1841, pag. 98.
12 L’opera, pubblicata fra 1841 e 1843, prende il nome dal mezzo di trasporto che Dumas utilizzava per
spostarsi, e raccoglie fatti e aneddoti di cui venne a
conoscenza nel suo soggiorno a Napoli nel 1835.
13 Dudone di Conza è uno degli eroi della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, ambientata al
tempo della crociata di Goffredo di Buglione, che
si concluse nel 1099. I Mirelli non discendevano
da Dudone, può darsi che Francesco Maria Mirelli, essendo molto colto in letteratura, abbia parlato di Dudone con Dumas, e questi abbia frainteso
qualcosa, oppure, se veramente diceva di discendere da Dudone, ci troviamo di fronte all’ennesimo tentativo di nobilitare ulteriormente le proprie
origini.
14 Come ricorda la lapide vicino alla tomba, con la
dedica della moglie Carolina e del figlio Giuseppe
Maria, sormontata dallo stemma di famiglia.
[BI]CENTENARIO DI UNO SCRITTO?
‘A CHIANTÈGGHIA
di M. Marino Germano (Venosa)
D cerche negli archivi più impensati, fi-
nalmente, di recente, si è trovato il testo
(non invece la musica) di una canzone che
si cominciava a ritenere mai composta. Le
fonti (non sempre attendibili) lo attribuiscono ad Anostrano (probabile contrazione di ‘anonimo nostrano’). Dal dialetto utilizzato, il calitrano, si è inclini a ritenere
che già a Calitri non si conoscesse il compositore, tanto che lo si indicò con ‘nostrano’.
Al momento non è dato di saper come sia
arrivato a Venosa, nell’archivio di una signora il cui marito, si diceva, era figlio illegittimo di un forestiero.
Gli studiosi si sono divisi su quale sia stato
il titolo, di cui sulla carta si legge il frammento […]chiant[…]. Dall’indole del poema e dalla causa che sembra averlo occa-
sionato, si ritiene che possa essere stato ‘A
chiantègghia o, come suggerito al v. 23, ‘U
chiantamènt. Se qui si opta per la lezione
meno affermata non è per spirito di contesa o di originalità, ma per valorizzare il motivo, ‘a chiantègghia (‘la piantatella’, forma
gergale che indica l’atto sessuale), appunto, che ha originato il quadro che da quell’episodio si sviluppa, quadro descritto con
quella vivace scompostezza che si riscontra nei dipinti di Bruegel quanto nella canzone ‘U scarrafòn.
Come diversi testi dell’epoca, il pezzo è
spartito da intestazioni che distinguono un
antefatto e un fatto. Non essendo segnata
la chiusa non si sa se sia completo, come
spinge a ritenere l’ultima strofa.
Esclusa l’aggiunta del numero del verso, si
propone lo scritto così come pervenuto,
senza nessun commento, senza nessuna
Mènat me’!
Òi figliò, che r bbo’ sénd
che m pàssa p la mènd?
Si n tìen a ra mangià
p’tarrìss s’pr’lluquà
‘Nzòrat ‘nzo’!
Iètta-Iètta r Bell’màzz
15
s’è mangiàta r cannàzz
s r’a fàtt lòn e a pìezz
c’u lu sù r lu … Ázz!
opo anni di lunghe ed estenuanti ri-
5
10
‘stu bell’ùoss r’schénd.
Bèlla mia n dìc nìend
si g vìen n’n t n pìend
au cannùol chi s’abbòtta
tùtt chìn r r’còtta.
E ià! S’bbè na còsa
chi pòk o nìend cònda:
na còsa àuta àuta
na còsa pònda pònda.
20
25
Av acchianàt lu p’ràzz
e ròpp n’àta pr’gg’ssiòn
cu la vèsta abbracalàta
l’av c’gliàta lu lapòn.
L’àv fàtt u chiàndamènt
a lu chiàn r’à f’ndàna
ra r pàrt r’u cumènd
sénza tròpp stàrs attìend.
7
nota e senza traduzione. Piace presentarlo
in questo numero del giornale
• per celebrarne l’anniversario, per quanto
della data trovata in calce al foglio si leggano, purtroppo, solo quelli che dovrebbero essere stati i mesi (febbraio-marzo)
in cui fu redatto, e un anno, il […]14
• per dare la possibilità, a chi volesse metterlo in musica, di divulgarlo in occasione del prossimo Sponz Fest.
Tenuto conto delle figure e del vocabolario utilizzato, nonché di alcuni modi di dire e dei pochi soprannomi, l’opera potrebbe risalire tanto all’Ottocento quanto al
secolo passato. In ogni caso, come lo scorso, che dovrebbe aver segnato il bicentenario del luquarè, anche quest’anno lo
Sponz potrà essere l’occasione per festeggiare un’altra ricorrenza, forse secolare.
Màra a quànn u vènn a mmènt!
Ròpp ràta quègghia spènda
s r’trà tòtta scigliàta
e tòtta bèlla ‘mbzz’chénda.
30
35
Ròpp fàtt quìggh assàgg
a la pòv’ra figlìola
l’è r’màst ‘ngànna u fìl
r la càrna r’a vrasciòla.
A ra tànn ‘ndà lu iàzz
g’è p’i passàr u pupàzz
chi l’assògl tùtt i làzz
e chi ‘nvèc po’ l’allàzza.
Òsc è fèsta, mo è l’òra
g’è u p’lcìn ‘ndà cangiòla
IL CALITRANO
40
g’è ‘ncappàt Rattaddìj
45
o m’mènd ru r’crìj.
S’è p’gliàt lu b’cc’nòtt
quànn av ‘mbùss lu b’sc’còtt
s n’è sciùt a càp-sòtta
cùm a quìggh r Spessòtt.
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
90
95
Mèna mo’, pìgliala a rìsa
g’è chi làva mo’ a cammìsa
chi a r’pèzza quànn è ròtta
50
55
60
65
e la nòtt t stravìsa.
Òsc è fèsta, òsc è rìr
t v’lìss fòrs accìr?
mèna mo’, pìgliala a rìsa
quèssa è a vita, che t crìr!
‘Ndà sta fèsta, ‘ndà quèst’òra
r’a sc’quàt a cuvatòra
vìr quìggh cum s’ammòla
p lu pùzz, p’a s’ròla.
‘Ndà sta fèsta, ‘ndà quèst’òra
g’è chi stòzza quàcche tàzza
chi s’attàcca a la cannòla
chi s vàsa e chi s’abbràzza.
G’è chi sòna la tammòrra
e chi ‘nvèc la hrangàscia
chi u v’ijlìn, chi a cutàrra
e chi a s’nà n tànt ‘ngàrra.
100
105
75
80
Chi s’aggiùsta c’u r pàst
e chi cu lu b’kk’rùcc
cum a vòqqua Canijmàcc
cum a vòzza Iùcc-Iùcc.
G’è chi abbàlla a tarantèlla
g’è chi abbàlla u vottacùl
g’è chi ‘nvèc u luquarè
e chi abbàlla sùl sùl.
G’è chi accògl zaharèggh
chi s sùqua u c’cciaròc
chi lu rìsc’t, chi r’anéggh
g’è chi cànta senza vòc.
110
115
120
125
tòm-tòm strèca l’ascègghia.
Chi a ra sòtta a la hunnégghia
l’a pazzèia a campanégghia
chi l’u pònta u mazzarìeggh
fàtt a pìuz r v’tìeggh.
A ra quànn è sénza attàn
a la nnòglia mètt màn
ìggh ‘nvèc a r pr’sòtt
e a sc’canàt tònn e còtt.
130
135
140
145
Fàc la ròta lu v’lètt
n’n lu scènn lu z’rbètt
sciùst ìggh, e n’n lu vàij
‘ncàppa quègghia chi n’n z stàij.
G’è chi ‘ngàsa u pùti-pùti
g’è chi vàtt u triccabballàkk
g’è chi spàra trìkk tràkk
chi l’u vòtta ‘ndà l’u spàkk.
G’è chi ‘nvèc cu a sc’cuppètta
tìra ‘mbiètt a la tianégghia
fàc p’rtòs a la varòla
s la spàssa e s cunzòla.
150
155
160
165
170
N’n’è r’màsta scunz’làta
màn quègghia r’à V’làta
accìess’mij! còr r màmma!
tèss a tèla r’a mahràmma.
Rospaciòmba sénza aggìett
arranzàta o parapìett
a Tòqqua-tòqqua lu fr’sc’chétt
lu ‘ngarpìna a l’acciappètt.
G’è chi mòstra tùtt i quàgl
li bb’r’llòkk e r’acciaccàgl
chi llu sffìbbia lu f’rmàgl
chi s’accògl già li stìgl.
Arr’ngèglia r t’vàgl
chi è attùorn a la spasétta
8
e cùm fòss a nu c’rrìgl
vèv e vèv e s ‘mbagliètta.
Mèna ‘ncùorp pùr V’làs
chi jàstèma ca n’n tràs
sarràij r’fètt r vrachétta
n’n z tèn la bacchétta.
G’è chi sòna r castagnòl
chi s lèva a camm’sòla
chi s’aggiùsta r b’sazzòl
e chi cuntròlla a uardiòla.
Quànn u sòl è a la calàta
ròpp quègghia gràn curnàta
abbàlla a màmma r’pr’sciàta
c’av agg’stàt la v’tràta.
R s’naglièr appès a cànna
sòna Sìna cu la bànna
po’ g ‘ngàppa na culònna
e a pok a’a vòta s la sfrònna.
Chi s hòr i cann’lìn
e chi acc’mènda l’aur’cchìn
chi a quàcche haggh’négghia
85
Tànt auhùrij! Quànn nàsc?
Quànn fìglia la canégghia?
Quànn nàsc lu Bammìn
quànn frìsc la scarpègghia!
Abbàlla l’ùrs, abbàlla Nicòla
chi s’a scìev’t la sc’caròla
e chi ‘nvèc lu m’stazzùol
e s’assògl r cap’sciòl.
S’ì n’è cràij s’arràij òsc
g’è chi u fhràul lu pròsc
chi s spònda la giacchétta
p caccià la m’s’chétta.
70
E chi ‘nvèc n’acc’vìsc
tùorn- tùorn ai vand’sìn
o chi pùr n la f’rnìsc
p lu bùrz chìn chìn.
G’è a chi abbàllan r cannàkk
g’è chi spès’la r mènn
g’è chi scòt’la r pàkk
e chi ciàmb’ca e s’appènn.
G’è chi u sòna u mandulìn
chi s vàscia r vrak’ssìn
sòna sòna quatt’bàss
sòna sòna r’canétt
p chi cànta stù s’nétt!
E lu prèut chi av sp’sàt
pùr ìggh s r’è abbàsciàt
pùr ìggh annalbaggiùt
accummènza lu cavùt.
Lu uagliòn chi u vài apprìess
c’u vattàgl r’a cambàna
cìtt cìtt, sénza p’rmèss
s la ‘nchiàna a sahr’stàna.
Lu p’zùok, fàcc r càzz
s’av mbaràt la l’zziòn
raij dòij ‘ndòrt a’u catnàzz
e ‘ngastàgna lu c’ntròn.
Vìr quègghia, a santarègghia!
p scuntà quàcche p’ccàt
s’è m’nàta ‘ndò favàl
e ‘nghiòmma fàv, a fàrs màl.
175
180
185
E lu monàk chi vaij a la cèrca
‘ngàppa una e s la mèrca
e quiggi’àut còcchia cocchìa
vànn acchiànn chi r’a’òcchia.
Cu li càul còc l’arcèra
chi s’arràngia c’u a m’glièra
g’è chi stùta lu scammùrz
e chi angòra còla cèra.
Sòna sòna cung’rtìn
sòna e cànta stù s’nétt
quànn arrìva crammatìn
cùm u tèn’n i cunfiètt
pùr ìj àcch r’ciètt!
IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
GIOVANNI XXIII, UN PAPA
ALL’AVANGUARDIA
dell’ambasciatore Gian Paolo Tozzoli
[segue dal numero precedente]
L’ alla convinzione profonda alla luce
audacia di Giovanni XXIII era legata
della quale egli esaminava i problemi del
nostro tempo: riteneva necessario, innanzitutto, mettere ordine nel mondo contemporaneo. Occorreva dunque sforzarsi
di introdurvi la nozione 0, se si vuole, il
senso dei limiti, affinché la vita potesse
ordinarvisi naturalmente - poiché la regola
dell’ordine umano è nel coordinamento,
non nei contrasti e negli abusi. Questo
ritorno al cristianesimo evangelico ha ispirato tutte le manifestazioni della volontà
del pontefice. Le ultime due encicliche,
in particolare, riguardano proprio un’organizzazione della società moderna in
questo senso. Nella Mater et Magistra
sono posti i limiti indispensabili allo spirito di iniziativa degli individui e delle
comunità sul piano economico, al fine di
favorire quel rinnovamento che ha rappresentato una preoccupazione costante
della Chiesa romana. La Pacem in terris è
più in particolare un’analisi della condizione umana da cui emerge che, se i rapporti trai popoli e gli individui sono turbati
da ostilità e divisioni, la colpa è di tutti noi,
a qualunque livello sociale apparteniamo,
sia che ricopriamo posti di comando sia
che rivestiamo incarichi esecutivi. La diagnosi elaborata in questo documento è di
una precisione lampante; in questa luce, le
soluzioni proposte appaiono con una tale
nitidezza, nella loro logica rigorosa, che
sembra impensabile non adottarle. Il carattere di modernità che ha contrassegnato
tutta la sua azione pontificia derivava da
un senso vivo della storia; si potrebbe
anche parlare, a questo proposito, di una
concezione evoluzionista della società,
vicina all’intuizione di padre Teilhard. Ciò
si evince con particolare evidenza dal
passo dell’enciclica Pacem in terris in cui,
con l’espressione rivelatrice “signa temporum” sono indicati i fenomeni caratteristici del nostro tempo. La promozione
dei lavoratori, soggetto attivo della vita
collettiva, si inscrive tra queste nozioni di
verità che occorre non soltanto ammettere, ma anche applicare nella vita; la partecipazione delle donne agli affari pubblici è un altro fatto incontestabile che si
afferma sempre più. Bisogna opporvisi e
cercare di rallentarne il corso? No,
risponde il pontefice, perché questa emancipazione aiuta la donna a prendere
coscienza della sua dignità umana. Vi è
infine l’aspirazione di tutti i popoli a costituirsi in comunità politiche autonome: è
una cosa del tutto naturale, dichiara Giovanni XXIII, poiché «nessuno ama sentirsi
suddito di poteri politici provenienti dal di
fuori della propria comunità umana o
gruppo etnico».
Chi ha potuto scrivere queste parole era
evidentemente permeato di un profondo
senso della storia; essendo per di più una
guida spirituale. Il messaggio di Giovanni
XXIII si inscrive così in questo semplice e
chiaro contesto di bontà in cui sarebbe un
errore cercare qualche compromesso raggiunto a metà strada, in una zona di crepuscolo o d’ombra. Mentre proclama con
forza e a più riprese che «Non si dovrà
però mai confondere l’errore con l’er-
rante››, la Pacem in terris non prevede
alcuna assoluzione preliminare per quanti,
vantando la loro buona fede, approfittassero per turbare gli animi e farli cadere in
errore. Un insegnamento è ben altro: esso
si colloca sul piano della sincerità e di una
generosità lungimirante, basata sulla convinzione che negli esseri umani sussiste
sempre il potere di liberarsi dall’errore per
aprirsi alla verità Dunque, non bisogna
mai mancare di offrire aiuto perché «Gli
incontri e le intese […] fra credenti e
quanti non credono, o credono in modo
non adeguato, perché aderiscono ad errori,
possono essere occasione per scoprire la
verità».
Questo è l’apostolato di Giovanni XXIII:
ricco di un’immensa speranza. Questo
«povero prete pacifico», come egli stesso
amava definirsi, aveva trovato nei fenomeni della storia una sintesi che realizza
l’unità del mondo: come egli stesso affermava, era sempre <<preoccupato più di
quello che unisce [gli uomini] che di
quello che separa e suscita contrasti». E la
Pacem in terris dichiara: «le dottrine, una
volta elaborate e definite, rimangono sempre le stesse; mentre i movimenti suddetti,
agendo sulle situazioni storiche incessan-
LETTERA AL CALITRANO
Vorrei spezzare una lancia a favore del signor Gautieri Donato che stupito, in una lettera al Direttore, si pone alcuni interrogativi su intrigate procedure riguardanti i bambini che devono affrontare la Prima comunione o la Cresima; e ciò che a tutti noi può
sembrare di ordinaria amministrazione, viene complicato da procedure astruse e di
difficile soluzione, finché non vengono risolti da don Giuseppe, parroco di Andretta,
che dobbiamo ringraziare per i molteplici “rattoppi” trovati con semplicità e senza tanti ingarbugliamenti.
Ora, un semplice fedele come fa a raccapezzarsi di fronte a questi avvenimenti? Chi
deve intervenire di fronte a situazioni ben più difficili e scabrose, L’arcivescovo di S.
Angelo o il cardinale di Napoli?
Lettera firmata
9
IL CALITRANO
temente evolventisi, non possono non
subirne gli influssi e quindi non possono
non andare soggetti a mutamenti anche
profondi».
Questa posizione di notevole apertura,
cui non eravamo più abituati, è apparsa a
qualcuno come una generosità pacifica
che la maggior parte delle persone non
saprebbe apprezzare adeguatamente e
che potrebbe essere usata dai nemici
della fede per scopi tendenziosi. Dalle
dichiarazioni di Giovanni XXIII si evince
che la pace cui egli alludeva non era in
alcun modo una situazione stazionaria
priva di contenuto reale, il che rappresenterebbe un pericolo mortale per
1’uomo: non era certo di un simile stato
di cose che il papa intendeva parlare. Egli
pensava a qualcosa di concreto e di positivo: il diritto degli esseri di disporre di se
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
stessi, il rispetto per la dignità della persona, l’uguaglianza tra le diverse classi
sociali, la soluzione dei conflitti internazionali attraverso i negoziati, la creazione
di un’autorità sovranazionale, e, sotto
questo cielo stellato, la pace tra i popoli.
Anche con i limiti che comporta, si tratta
di una costruzione ardita. Si pone infine
una questione: si è considerato adeguatamente il fatto che le encicliche di Giovanni XXIII non sono semplici appelli,
semplici messaggi indirizzati agli uomini
di buona volontà, ma vanno ben oltre?
Esse rappresentano vere e proprie leggi
da seguire nell’azione quotidiana. Se gli
uomini che occupano posti di responsabilità le mettessero in pratica sin da
domani, la nostra società cambierebbe
completamente e vivere in essa sarebbe
ben più piacevole.
In caso contrario, rischieremmo di aver gettato dalla finestra mobili antichi che conservavano della nobiltà e rappresentavano la
resistenza a ogni contaminazione, lasciando
sussistere tracce di anticaglia- negli uffici
essenziali della Chiesa: il magistero, l’educazione della gioventù, i rapporti nel matrimonio, Patteggiamento di fronte ai principali problemi dell’etica nel mondo contemporaneo, le stesse forme di comprensione del divino, meglio definito e meglio
amato. Forse è eccessivo pensare che Giovanni XXIII avrebbe potuto portare a compimento trasformazioni così profonde se
fosse vissuto più a lungo, ma a ogni giorno
la sua pena e a ogni papa la sua gloria!
Nota: nel numero precedente la rivista ginevrina
citata all’inizio dell’articolo è “Rencontre Orient
Occident”.
PERSONAGGI
GERARDO MELACCIO
di Angela Toglia
“Era tanto modesto quanto discreto, che da
vivo non avrebbe permesso che si parlasse
di lui. Forse anche per questo ha preferito
andarsene in silenzio, senza farsene accorgere. Con la sua scomparsa si ha la sensazione che si sia conclusa un’epoca e sia venuta meno un’istituzione.”
È vero che nella vita incontriamo persone
che ci segnano e che cambiano il nostro modo d’essere. È vero anche che ci siamo presi del tempo – forse anche troppo – per parlare di te. Ma semplice non lo è stato, né per
la tua famiglia, né per noi. Probabilmente
non siamo noi i più adeguati a dover parlare di te, perciò in queste righe non ci limiteremo a tracciare prospettive evenemenziali, ma cercheremo di renderti il doveroso
omaggio che meriti, Gerardo, non solo perché sei stato autore di incantevoli spaccati
di vita calitrana, ma perché eri nostro amico. I tuoi articoli miravano a confermare e
a sottolineare l’importanza di tracciare un
percorso che lega il nostro presente con il
passato prossimo dei nostri antenati, dal
quale noi, purtroppo, cerchiamo di scrol-
larci di dosso quasi vergognandoci della povertà a cui appartenevano.
“Gerardo Melaccio nacque a Calitri il
18.11.1936, quarto di sette figli. Da bambino amava stare all’aria aperta e girare
per le campagne nella ricerca furtiva di
qualche frutto. Suo padre calzolaio, che
possedeva una trebbia e veniva chiamato
dai contadini del circondario per la trebbiatura stagionale, spesso lo portava con
sé nelle diverse masserie. Quando ciò accadeva per Gerardo, bambino alquanto
gracile, era un’immensa gioia perchè significava partecipare ai banchetti luculliani offerti dai proprietari della masseria
di turno. Da ragazzo, oltre a dedicarsi allo studio – si laureò in Pedagogia e Filosofia presso il Magistero “Cuomo” di Salerno- amava stare con gli amici. Ci
raccontò di un viaggio in macchina fatto
in Europa con un suo caro amico d’infanzia, dei bagni all’Ofanto, di quando camminava in equilibrio sulla ringhiera del
ponte sul fiume e di come catturava le cornacchie appeso ad una corda, pegno da
10
Gerardo Melaccio
pagare per lui che, più piccolo degli altri,
voleva seguire il fratello maggiore Vittorio ed i suoi amici. Un anno prima della
laurea venne chiamato ad insegnare nella
IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
Scuola di Avviamento professionale e poi
nelle Scuole Medie dall’ex preside Michele Cerreta. Nel 1966 insegnò lettere all’Istituto Tecnico Commerciale di Calitri,
l’anno successivo al Magistrale di Avellino. Ad Aquilonia fu preside dal 1968 al
1979, ma quello non era affatto il suo ruolo perchè si sentiva soffocato dalle scartoffie
e dalle beghe burocratiche.
Ben diverso era stare in classe e mettersi in gioco ogni
giorno per i suoi alunni. Venne eletto assessore alle finanze del Comune di Calitri nel
1985.” Nel 1979 ritornava definitivamente all’insegnamento a Calitri, ove si congedò dal
lavoro nel 2004. Amava insegnare senza risparmiarsi, per
lui non era un mestiere, ma
un’arte da coltivare col massimo impegno e con grande
serietà. La sua intransigenza
ed il suo rigore erano dettati
dalla profonda convinzione che l’unica arma in nostro possesso per riscattarci e raggiungere qualsiasi obiettivo è la cultura.
Lui questo lo sapeva bene, avendo fatto
enormi sacrifici per studiare in un’epoca
in cui era ben più facile imparare un mestiere per portare il pane a casa.“ Hai praticato la tua professione come una vocazione. Dall’alto del tuo leggio, nelle aule
dell’I.T.C. “A.M. Maffucci”, eri grande
oratore di Dante, la tua passione. Pensiamo che tutti i tuoi ex alunni abbiano percepito il tuo insegnamento. Da loro abbiamo sentito parlare di te, di quanto fossi
accurato, ligio alle regole, alla cura della
persona, all’educazione; oggi più di ieri
hanno capito il motivo per il quale tu tenessi così tanto a tutto ciò.
Ci raccontavi delle tue passioni per la letteratura, per la fotografia, per i quadri e la
pittura, per il calcio. Da ragazzo ricoprivi il
ruolo di portiere, ma amavi anche il salto in
alto e a Calitri fosti il primo a saltare un
metro e ottanta scavalcando di spalle. Attraverso i tuoi racconti percepivamo la tua
anima modesta, umile, di grandissimo
valore morale. Stavamo per ore a parlare e
insieme a Raffaele e ci narravi della vostra
gioventù, delle mascalzonate che si facevano a Calitri ai tempi della miseria. Ci
parlavi spesso del tuo percorso universitario, dei tuoi studi da privatista, di quando,
ignaro di dover chiedere la tesi al Professore e di doverne seguire le direttive,
cominciasti a scriverla scegliendo tu stesso
l’argomento e facendo di testa tua. E che
dire del giorno della tua laurea: non dicesti
nulla a casa, non volevi creare ansie per il
tuo grande giorno. Ma quando tornasti a
casa per condividere la tua gioia, trovasti
Carugo (Co), 28.10.2013
presso la chiesa di San
Bartolomeo Apostolo si
è celebrato il matrimonio
di Cinzia Di Roma e Angelo Ferretti.
Da sinistra: il padre della sposa Mario Di Roma,
il fratello della sposa Marco Di Roma, gli sposi e in
fine la madre della sposa
Gina Guerra. Auguri dalla Redazione.
11
qualcosa che smorzò ogni tuo entusiasmo:
quel piatto di minestra ti fece proprio arrabbiare! Amavi i vecchi sapori della cucina
calitrana, forse perché ti ricordavano la tua
infanzia. Ricordiamo anche la tua
profonda fede, la tua devozione a
San Gerardo Maiella e del giorno
in cui ti sposasti e sbagliasti
strada per raggiungere il santuario! Abbiamo riso tanto … ci
incantavamo ad ascoltare i tuoi
racconti che denocciolavi come
grani di un rosario e che avevano
il sapore del mito, ma che in
realtà erano veri e propri insegnamenti di vita.
Ricorderemo sempre e per sempre il suono della tua voce, quando dall’ingresso del Centro Studi
esordivi dicendo “Buongiorno”,
con un’inflessione che cambiava
davvero il senso alla giornata e
che rallegrava i mesti pensieri dietro il solito computer. Ci hai incoraggiati e ci spronavi ad essere
fiduciosi della vita e nel futuro.
Sentivamo la stima che nutrivi in noi e questo ci elevava.
Ti rivediamo ancora lì, seduto con le
gambe esili ed accavallate una sull’altra,
capace di proiettarci con te nel tuo passato. Con gli stessi occhi colmi e brillanti
di gioia ci parlavi della tua famiglia, di
tua moglie, dei tuoi figli e della tua amata nipotina Francesca. Te l’avevamo detto che te ne saresti innamorato a prima
vista! Essere nonno, forse per te, è stata
la gioia più grande. Gerardo, eri un uomo come pochi ce ne sono. Non è facile
trasmettere a chi non ti ha conosciuto e a
chi sta leggendo di te, la magnifica persona che eri.
Il nostro ricordo è questo, e non solo, anche il tuo sorriso e la tua elegante compostezza.
Per molti può essere retorico dire “hai lasciato un vuoto incolmabile”, ma lo è davvero, anche perché te ne sei andato all’improvviso, senza dir nulla. Mai
pensavamo che non t’avremmo più rivisto,
avremmo voluto salutarti, fare due chiacchiere, ma forse non avresti voluto.
E questo è il nostro saluto e ci farai compagnia ogni qualvolta guarderemo i tuoi
quadri al Centro Studi.
Gerardo, è stato un vero piacere conoscerti!
IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
Festa D’artista. Monteverde rende
omaggio a Fulvio Moscaritolo
del prof. Antonio Iannece
V teverde si è tenuta una ce-
enerdì 03 gennaio a Mon-
rimonia/incontro con l’artista
irpino Fulvio Moscaritolo.
L’Amministrazione comunale
del piccolo borgo in provincia
di Avellino ha organizzato l’evento per tributargli un doveroso omaggio per la sua lunga
ed intensa attività artistica,
svolta a Calitri e sul nostro territorio sin da quando vi ha radicato la famiglia e l’atelier.
È stato un bellissimo e cordiale
incontro presentare esteticamente Fulvio Moscaritolo. Ne sono stato
onorato. L’evento ha permesso a tutti noi
di rendergli un doveroso omaggio, per la
sua intensa carriera professionale, ed a
Lui di ricevere agli auguri di un Buon
Anno, nel calore e nell’affetto di suoi
amici, numerosi tra i tanti convenuti, di
suoi conoscenti e non. Tutti hanno potuto
apprezzare, direttamente dalla sua voce,
quali siano state, in oltre quarant’anni di
attività artistica, le sue passioni e le sue
motivazioni e quali i passaggi salienti della
sua vita che trascorre dal 1969 in Calitri. Fulvio Moscaritolo ha ascoltato attentamente i diversi interventi in cui gli è
stato coralmente ed appassionatamente
testimoniato come le sue variegate opere
presenti nell’Alta Irpinia siano molto
apprezzate, poiché esprimono la sostanza
i vari aspetti del nostro difficile vivere
quotidiano, attraverso differenti segni,
forme e tecniche artistiche. La sua particolare attenzione al tema delle tradizioni
locali traspare, in tutta evidenza, in uno dei
dieci disegni esposti permanentemente
nell’aula del consiglio comunale di Monteverde. Presenti alla manifestazione
anche colleghi dell’Istituto d’Arte di Calitri e il prof. Vito Alfredo Cerreta, già suo
dirigente scolastico.
Il giornalista Michele Miscia,
ha fatto cenno al complesso
tema del: “fare arte ed essere
artista oggi”, ricordando al
pubblico che esistono suoi articoli critici in cui ha decodificato il linguaggio estetico di
Fulvio Moscaritolo. Sono
intervenuti inoltre il vice sindaco di Lacedonia Antonio
Caradonna, che ha sottolineato
quale sia stato, ad oggi, il suo
prezioso contributo culturale,
offerto discretamente alle
nostre comunità; una risorsa
ben testimoniata nelle sue opere, spesso
eseguite per piccoli spazi esterni del nostro
territorio, come in alcuni slarghi di Calitri,
Andretta, Aquilonia e (di quì a qualche
mese) anche di Lacedonia. Tra gli altri
partecipanti: l’architetto Antonio Metallo,
vice sindaco di Calitri, l’architetto Antonio
Fusco e molti ex allievi dell’ISA di Calitri. L’evento, svoltosi alla presenza del
Sindaco di Monteverde Franco Ricciardi,
è stato moderato ed organizzato dal vice
sindaco prof. Antonio Vella e dalla giovane Presidente della Pro Loco, che ha
consegnato al festeggiato una targa ricordo
a conclusione della riuscita convention.
LAUREA
il 28 novembre 2013 presso la “Seconda Università degli studi di Napoli” si
è laureata in Infermieristica con la votazione di 110 lode e plauso della
commissione la sig.na
Cesta Gerardina
discutendo la tesi “Gestione delle vie aeree in emergenza: utilizzo dei dispositivi
sopraglottici e metodiche di intubazione in emergenza” con il ch. mo dott.
Enrico Rocco Sergio Landi.
Alla neolaureata vanno gli auguri più sinceri della mamma Giuseppina Repole,
del fratello Antonio e del padre Giuseppe nonché da amici, parenti e dalla Redazione.
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IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
ARTE A CALITRI
di Francesco Roselli
Da alcuni anni ormai mi dedico con perseveranza all’organizzazione di eventi artistici a Calitri e anche nell’estate 2013 ho curato una collettiva d’arte riservata ad artisti meridionali dal titolo
“EsTetica: paesaggi, ritratti e astrattismo”, manifestazione
giunta alla V edizione.
La mostra si è svolta dal 28 luglio all’11 agosto 2013, con la partecipazione di ventisei artisti di Basilicata, Puglia, Campania, Calabria, Sicilia e Lazio, ed è stata allestita in tre sale del Borgo castello di Calitri, proseguendo così nella tradizione di scegliere
luoghi dai forti connotati storici, offrendo ad artisti e visitatori un
suggestivo spazio espositivo.
Cinquantuno le opere esposte, oltre alle creazioni della ceramista calitrana Daniela Borea e il disegno dell’artista ospite Gerardo Pistillo di Aquilonia, coniatore del termine EsTetica.
no - Rm), Annachiara Musella (San Calogero - VV), Carmelina Di Prizio (Torella de’ Lombardi - Av), Stelvio Gambardella
(Napoli), Domenico De Rubeis (Solofra - Av), Cosimo Ancora
(Sava - Ta), Rosalinda Spanò (Riesi - CL), Martina Codispoti
(Satriano - Cz), Giorgia Riccio (Ariano Irpino - Av).
La mostra ha registrato circa 350 presenze, molte delle quali hanno espresso un commento sull’evento e votato uno o più artisti
nell’ambito del concorso a giuria popolare. I tre artisti con più
preferenze, nell’ordine, Costantino Gatti, Dina Scelzo e Rosa Piccolo, hanno ricevuto una targa premio in ceramica realizzata da
Daniela Borea (Calitri). Ad ogni edizione cerco di migliorare e
arricchire questo progetto artistico inserendo sempre novità, nonostante le esigue risorse economiche a disposizione; con passione e impegno porto avanti questa iniziativa culturale, e attraverso l’arte, promuovere il territorio dell’Alta Irpinia e di Calitri.
Molti artisti e visitatori non erano mai stati a Calitri e ora hanno
conosciuto questo piccolo pezzo della nostra Italia.
Devo ringraziare la Pro Loco Calitri per l’attiva collaborazione,
l’Amministrazione comunale per la concessione degli spazi, e il
Forum dei Giovani per la disponibilità dimostrata nel curare la serata musicale svoltasi al Borgo castello, liberandomi da un gravoso impegno, contribuendo al successo della mostra d’arte.
Peccato che difficoltà impreviste abbiano costretto all’annullamento del cineforum artistico, che in ogni caso cercherò di riproporre nella prossima edizione.
Proseguo con convinzione l’abbinamento tra arte pittorica e arte
birraia dopo l’esperienza positiva della precedente edizione. Due
le serate dedicate alla birra artigianale irpina, una con AlterEgo
di Atripalda, l’altra con Serro Croce di Monteverde. Credo sia stato un modo intrigante di far conoscere meglio due prodotti del
nostro territorio che stanno riscotendo sempre più credito.
Chiudo ringraziando tutti gli sponsor e gli artisti che hanno creduto al progetto artistico, contribuendo alla buona riuscita della manifestazione. L’appuntamento per la VI edizione è previsto per l’estate 2015 con alcune importanti collaborazioni già
assicurate.
Gli artisti che hanno aderito al progetto espositivo sono stati:
Francesco Roselli (Calitri - Av), Davide Roselli (Calitri - Av),
Giuseppe Amoroso De Respinis (S.Angelo dei Lombardi), Stinglius Carcal (Potenza), Lucia Grasso (Ariano Irpino - Av), Monica Marzio (Ischia - Na), Mariarita Manna (Lacedonia - Av),
Isidoro Di Luna (Eboli - Sa), Rosa Piccolo (Brusciano - Na), Itzel Cosentino (Civitella San Paolo - Rm), Costantino Gatti (Lucera - Fg), Daniele Bongiovanni (Cianciana - Ag), Grazia Salierno (Adelfia - Ba), Valentina Guerra (Napoli), Dina Scelzo
(Marsiconuovo - Pz), Grazia Famiglietti (Frigento - Av), Chiara Fassari (Acireale - Ct), Emanuela Calabrese (Fiano Roma-
Le foto di questa mostra sono visibili sul sito www.cizzart.it
nella sezione “Esposizioni”.
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IL CALITRANO
Calitri, 1938. La signora Carmelinda
Caputo in Beltrami con i suoi figli. In
piedi Nazareno, Franca col cappellino, sul tavolo Benito, e Adolfo. Manca nella foto la sorella Amalia.
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
Rimini, 22.09.2013. Un gruppo di calitrani al mare. Da sinistra: Nicola Lucadamo (mata nicola), Canio Di
Milia (cuzzett’), dietro Vittorio Nivone (paparign’), si intravede Vincenzo Pasqualicchio (megn’), Maria Concetta Zarrilli (sciambagniegghij), dietro si vede appena Gabriel Passeri, Giovanna Del Toro (sciatall’), Anna
Zarrilli (v’ton’), dietro Antonio Zarrilli (innarucc’), Maria Di Pietro (m’rres’), dietro Lucia Russo (cangianella),
dietro - Marco - il proprietario dell’hotel, Rosetta Cetta (p’cec’), dietro Giacinta Zarrilli (tacch’),Anna Caputo (caca patan’), dietro Canio
Cestone (m’calon’), Vincenza Caputo (caca patan’), dietro Graziella
Zarrilli (tacch’), Lucia Russo (cangianella), Antonio Galgano (zucquaron’), Antonio Zarrilli con la moglie (sciascialicchij). A terra da sinistra: Giovanni Di Milia (paglier’), Salvatore Mosca (di Bisaccia), Donato Gautieri (sacchett’), Angela D’Alessandro (megn’), Rosetta
Galgano (zambaglion’) e Antonio Martiniello (lancier’). Nella foto mancano Felicetta di Carlo e Alessandra Del Cogliano.
S. Felicita, 09.01.2014. 70° compleanno di Francesco Cestone pressoVilla Gioconda. Auguri della Redazione.
Album di Calitri
“Tre viecchij pr’f’ssur’ ‘e cunc’rtin’“... parafrasando la celebre canzone
napoletana. Anni ’30 . Raffaele De Rosa (canijmacc) 28.08.1873
† 20.12.1956, Giuseppe Leone (ron’ taratubb’) 11.6.1886 † 21.04.1954
e Romolo Beltrami (nazzaren’) 02.05.1906†11.02.1996
Calitri, 29.07.2012. In occasione del
terzo compleanno della piccola Gaia
Lucadamo (nata da Carmine e Fierravanti Francesca), la famiglia Di
Cecca Mario, le augura tantissimi auguri. Qui nella foto con Raffaele Di
Cecca.
Rottenburg N. (Germania) 28 aprile 1968, matrimonio di Raffaele
Cardinale e Carmela Di Cosmo,
con il prete che ha officiato il rito
cattolico.
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1927. Salvatore Nicolais (peppantonij) 09.11.1907 † 24.12.1988. Musicista poliedrico. Prima cornetta della Banda Musicale Regimentale di
Siracusa durante il servizio militare.
IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
In costume Calitrano da giovane
Agnese Carola, madre dei martiri delle fosse Ardeatine: Federico e Mario Carola.
Calitri, 13.10.2013. Da sinistra in piedi: l’architetto Michele Zarrilli,
l’ingegnere Giovanni Polestra, l’avvocato Roberta Tornillo, Maria Teresa
Toglia, Giuseppe Di Guglielmo, Antonia Acocella, Concetta Nigro, Paola
Maceri, Lucia Nicolais, Franca Di Cecca,Vincenzo Bozza, Rossella Maceri, Michele Di Guglielmo,Antonella Bavosa e Pietro Maceri. A terra da sinistra: Canio Toglia,Valeria Bozza,Vito Maria Strollo e Mariella Bozza.
Orazio e Agnese Carola, genitori
dei martiri delle Fosse Ardeatine:
Federico e Mario Carola (Calitri
1944)
Donato Galgano nella verde età di 21 anni.
Calitri 1943. Luigi di Maio, Michele Maffucci (u’riav’l), Michele Ferrara (tusciapò), Giovanni Cerreta (pirlingò) e Mario Ferrara.
Calitri, località Traggine 1955.Vicino “ a lu casazz”. In fondo Pasquale Sena vicino al mulo. Da sinistra,
col vestito nero, Concetta Porma,“cu u’ macquatur “ Catenina e Rachele Di Guglielmo (figlie di Concetta), dietro col berretto Domenico Di Salvo (faraon’), ?, Erminio Zarrilli (pesciandonij’), Maria Acocella, Giuseppe Senerchia (u’ m’lnar’) e Gaetano Metallo (papasist’) vicino la mucca “Palomma” di proprietà di Giuseppe Senerchia. A terra da sinistra: i fratelli Michele e Maria Sena, Filomena Senerchia, Concetta Sena
(sorella di Michele e Maria); seduti Giuseppe Codella (curella), la piccola Enza Di Carlo con la mamma
Rosa Senerchia,Angela Senerchia col fazzoletto sulle spalle,“cu lu cic’n” Angelo Senerchia (u’ m’lnar’), Michele Di Salvo (faraon’) con la paglietta; in piedi Rosa Zarrilli (v’ton’) e Antonietta Rubino (lu ccianà).
Luglio 1947 a Rye Beach in New York immigrate calitrane. Da sinistra a destra: Francesca Cestone Metallo, Lucia Maffucci Rabasca, Giuseppina Nannariello Solimene,Assunta Armiento Galgano, Margherita Del Re Lampariello, Maria Cerreta Codella, Rosa Nannariello Cicoira.
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IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
Calitri, 26.08.2013. Foto scattata in occasione della realizzazione
dei lenzuoli da esporre
durante lo SponzFest.
Da sinistra: Vincenza
Nicolais, Maria Di Milia, Angela Russo, Franca Fastiggi, Giovanna
Araneo,Vinicio Capossela, Mariangela Capossela, Emanuela Di
Guglielmo, Enza Cestone, Lucia Nicolais,
Antonietta Mastronicola, Cinzia Capua,
Uliana Guarnaccia, e
Annamaria Maffucci.
Calitri, anni’60.Via Cipressi. Da sinistra: Zarrilli Anna con in braccio Antonio De Milia (figlio
r’la patessa), Angelina Di Maio, Canio Zarrilli.
Prima fila: Nina Rainone,Angelina Di Maio, Giuseppe Di Maio,Vincenza Zarrilli, Rosa Zarrilli e
la piccola Gaetanina Zarrilli moglie di D’Alò.
Il nostro concittadino Antonio Tetta, che pur trapiantato a Napoli, non
dimentica le sue origini.
Spagna, Santiago de Compostela, 30.09.2013. Massimo Rabasca (fr’t’nat’) e Pasquale Gautieri (sacchetta).Viaggio in bici da Pamplona a Santiago de Compostela dopo 730 km e 9 giorni.
Calitri, 10.10.2013. 30°compleanno
di Giuseppina Russo. Auguri da amici, parenti e dalla Redazione.
Calitri, 25.08.2013. La classe 1988 ha festeggiato i 25 anni. In piedi da sinistra: Gerardina Russo,Valerio De Nicola, Alessio Galgano, Mariangela Nicolais, Benedetta Di Milia, Maria Pina Arci, Emma Del Cogliano,Valeria Daidone, Giuseppina Lettieri, Lucia Di Milia,Vincenzo Maffucci, Berardino Galgano, Katia Di Carlo, Fabrizio Iannella, Raffaele Merola, Mariangela Cerreta,Vincenzo Pacia,Vincenzo Scoca,Veronica Cerreta, Lucia Basile, Angelo Luigi Cestone, Pasquale Codella,Vincenzo Zarrilli, Gioseph Cialeo, Alfio Carameli. Seduti: Mariella Bozza, Mario Donatiello, Mario Iannece, Antonella Di
Napoli.
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IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
Calitri, 23.08.2013. Festa del 73esimo compleanno di Donato Galgano. Prima fila in fondo da sinistra: Gaetano Mucci (vardar’),Vito Paolantonio (pind’), Giuseppe Maffucci (lord’ pepp’), Michele Maffucci (saluagg’), si vede solo la testa Orazio Santoro, Rodolfo Iannella (bb’sciard’), Vincenzo Cerreta
(benfigliuol’), Francesco Galgano (ciaglion’), Rocco Armiento (caram’zzett’), Michelino Germano (zemmar’), Giuseppe Maffucci (p’ciff ’). Davanti, da sinistra in piedi: Giovanni Sicuranza (la russa),Antonio Cesta (pal’striegghij),Vincenzo Quaranta (kembò),Vincenzo Di Cairano (pind’), il festeggiato,Vito
Zabatta (mattaion’),Angelomaria Maffucci (s’nd’mend’), Giuseppe Mastrullo (sparar’), Giuseppe Galgano (mbaccator’) e Antonio Cianci (cianci). A terra Canio Cestone (curat’l’) e Vito Tuozzolo (zia lena).
Foggia, 1944.Vittorio Zarrilli.
Calitri, 05.05.2013. Da sinistra: Pietro Zabatta, Luciana Cerreta, Luciana Zarrilli, Lucia Di Cairano, Giovanna Donatiello, Patrizia Gautieri e Fabrizio Rauso. A terra da sinistra: Giuseppe Zarrilli, il maestro Giovanni Iannolillo (27.02.1926), Michelina Cerreta, Fabio Codella e massimo Mastrodomenico. A distanza di 30 anni gli ex alunni del maestro Iannolillo hanno voluto ringraziarlo
per la grande umanità e professionalità, conservandone sempre un caloroso ricordo.
Calitri, 1972 venerdì Santo al Calvario. In piedi da sinistra: Mario Fatone (carezza), Mauro
Metallo (baccalà) e Mario Rubinetti (tascia). A
terra da sinistra: Giovanni Di Roma (chiechieppa) e Giovanni Di Milia (paglier’).
Visita il sito de
RINGRAZIAMO
IL CALITRANO
Le famiglie e le persone
www.ilcalitrano.it
che gentilmente hanno
procurato dei volumi per
la nostra Biblioteca.
vi troverai tutti i numeri arretrati del giornale,
per leggerli e scaricarli se vuoi.
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IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
LA SCELTA
del dott. Bozza Marco
L sperare che il domani sia migliore.
e difficoltà, i momenti critici lasciano
È questo un po’ il tema ricorrente nella
mente di quelle persone, che pur vivendo
una situazione complicata, vuoi per la
crisi, vuoi per altri aspetti, confidano nel
futuro come foriero di luce rispetto al buio
presente.
Tale stato di inerzia, tuttavia, è l’ombra
sotto cui appassire mentre il tempo inesorabilmente scorre.
Il nostro paese è squisitamente vecchio e
malato. Quando parlo di paese intendo il
sistema nazione (il modus agendi socioculturale, la tenuta economica e politicoistituzionale), non la conformazione geografica, poiché quest’ultima è una grazia
divina che il mondo ci invidia, ma che
stiamo a poco a poco distruggendo (sbancare una montagna o costruire la casa nel
letto del fiume non è poi una colpa inespiabile).
Il sistema paese è completamente allo
sbando. Lo è perché sono saltati tutti i
principi, il rispetto delle regole e soprattutto si vive con la convinzione che tutto si
aggiusti.
I pilastri di una democrazia si fondano su
aspetti solidi che non possono esserne
incarnati soltanto nella documentazione
ufficiale della Repubblica Italica, ma che
devono trovano attuazione concreta nei
passi che quotidianamente affrontiamo.
Non è così. Non funziona assolutamente
nulla, perché manca la materia prima,
ossia quel cemento virtuoso che dovrebbe
plasmare le coscienze sane.
Un noto filosofo sosteneva che senza giustizia come base di equilibrio dei nostri
giorni, non ha senso il valore della vita dell’uomo. Parole sacrosante da condividere,
i cui squilibri sono sotto gli occhi di tutti.
Un paese senza giustizia è come una prateria in cui animali selvaggi si scannano
senza tregua; dove il più forte uccide il più
debole; dove i forti formano gruppi per
diventare ancora più forti in modo tale
che i deboli siano messi all’angolo generando sperequazioni e disuguaglianza.
Dal mondo animale a quello umano il
passo è breve. La nostra società vessata da
soprusi giganteschi, da potentati che
hanno distrutto e continuano a dissolvere
nell’acido ogni tipo di considerazione
verso il bene comune sta lì immobile ad
assistere come un gregge sotto il bastone
del pastore. Non uno scatto di orgoglio,
non una presa di posizione di come bisognerebbe partire uniti per affrontare e
rimuovere gli aspetti caustici che stanno
soffocando la nostra esistenza.
Perché accade tutto questo? Perché tutto
tace? Perché il popolo italiano, nella gran
parte dei casi, affonda in uno strato subculturale pazzesco, dove la forma mentis
è modellata da un’informazione prezzolata che della verità nuda e cruda se ne fa
beffa, portando all’attenzione dell’opinione pubblica “un mondo di distrazione
di massa” che serve a rendere ancora più
sclerotica la società.
Manca lo spirito solidaristico di un popolo
che non ha più una sua identità. Manca un
solido impianto culturale che dia alle
parole e ai fatti respiro di corretta azione
e ragione. Manca una vera rappresentanza
politico-parlamentare eticamente sana ed
istituzionalmente credibile. Manca la viva
capacità di allontanarsi dalla deriva particolaristica. Manca un vero e proprio capitale sociale costruttivo, inteso come
insieme di valori con cui interpretare e
seguire le logiche del mondo. Bisognerebbe con forza scardinare un’impostazione socio-istituzionale prettamente verticale che porta la gestione della cosa pubblica nelle mani dei soliti noti, escludendo
un vero ed incisivo protagonismo endogeno. Le timide forme di protesta sono
sempre dei fuochi di paglia che poi si
spengono perché ognuno agisce come un
cane sciolto.
Lettori cari, siamo la società del cd. “familismo amorale”, detta in parole più semplici siamo la società dei “ca..i miei” (scusate l’indelicatezza), ove pur di avere per se
ci si dimentica degli altri. Ma se su cento,
uno ottiene qualcosa e gli altri novantanove
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stanno ad aspettare, l’attesa trasforma il
paese in una putrida palude. Questa situazione, alla lunga, porta allo scontro.
Inutile pensare o immaginare come possa
essere bello copiare la funzionalità operativa di altri paesi. Se in Estonia la digitalizzazione della pubblica amministrazione ha
portato un incremento del prodotto interno
lordo, favorendo oltre agli investimenti uno
slancio della qualità della vita della gente
comune, da noi ci sono aree in cui per captare il segnale web bisogna essere dei rabdomanti capaci di agitare la bacchetta nel
punto giusto affinché si individui la sorgente della connessione. Gli investitori stranieri attivi insieme a quelli locali delocalizzano, e i potenziali investitori ci sorridono ironicamente. Spesso provo ad immaginare un imprenditore danese alla prese
con la burocrazia e la giustizia italiana: o si
ammala, o cancella l’Italia dalla cartina
geografica, perché di fronte a qualsiasi problema non avrebbe con chi interloquire in
quanto il potenziale interlocutore non è al
corrente della situazione. È un po’ come
quando si ha un problema con la linea
telefonica e bisogna trascorrere mesi a chiamare l’assistenza, parlando con tutto il personale assunto negli ultimi vent’anni al call
center, e forse qualcuno capirà che sul tuo
impianto telefonico sussiste qualche criticità di cui vorresti liberartene.
Non ci sarà mai un cambiamento di rotta
(chi lo pensa vive nel mondo dei sogni).
Manca la materia prima, “la mentalità”
per essere al passo con i tempi. Cambiare
tutto per non cambiare niente, questo è il
motivo per cui l’accentramento di potere
non finirà mai, perché in quell’accentramento, tutti o quasi, vorrebbero metterci le
mani.
Nell’era di internet, con l’informazione a
portata di mano, l’ignoranza (intesa come
mancanza di conoscenza) diventa davvero
una scelta. Peccato che internet, in alcune
zone del paese, ancora non si sappia cosa
sia, e dove c’è la gente scappa perché
informata o delusa di appartenere ad un”
Non Stato”.
IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
CARUSO VESTE GLI ATTORI DEI FILM
“LA MIA BELLA FAMIGLIA”.
dal CORRIERE DELL’IRPINIA del 16.02.2014
G guardaroba, firmato Irpinia d’Oriente, dell’elegante iniacche, capispalla, camice, cravatte e pantaloni. Ecco il
ed Elmar Gehlen. Per i personaggi della storia, il marchio irpino, che fa della qualità made in Italy il suo cavallo di battaglia, ha realizzato capi unici e particolari con un comune denominatore per il look: eleganza e
vestibilità. Ma non è la prima volta
che la signature calitrana calca il set
del mondo cinematografico. Il
brand, infatti, ha già vestito attori famosi di altre fiction del grande schermo italiano. Fronte su cui punta la
maison di abbigliamento maschile.
Un pezzo d’Irpinia style sarà presente anche nella nuova stagione de
“I Cesaroni”: una delle fiction più
amate dagli italiani, le cui riprese sono attualmente in corso. Caruso sta
lavorando, già da due mesi, con la produzione della serie tv. E
vestirà Giulio Cesaroni interpretato da Claudio Amendola.
gegnere e scienziato Paolo Sanseviero interpretato da Alessandro Preziosi nel film tv “La mia
bella famiglia italiana”. La pellicola, diretta dal regista tedesco Olaf
Kreinsen e che andrà in onda in prima serata su Rai Uno lunedì 17 febbraio, accende i riflettori nazionali
sulla griffe “Nella Grandi Fauci” di
Salvatore Caruso. Per questo tv movie, lo stilista calitrano ha disegnato e curato il guardaroba non solo
del noto attore italiano, protagonista della commedia girata in Puglia,
ma dell’intero cast maschile composto da Peppino Mazzotta, Patrick Mölleken, Nicola Rugnanese, Michele De Virgilio, Franco Paltera, Umberto Sardella
La disperazione più grave che possa impadronirsi
d’una società è il dubbio che vivere onestamente
sia inutile.
Corrado Alvaro
Vidi un uomo morire pregando …
Fui chiamato un mattino di primavera
al capezzale di un uomo morente.
Richiesta con preghiera: intervento premuroso
per paziente preagonico, soporoso.
Il suo cognome era: Briganti, religioso,
moralità gratificante per un cattolico vero, praticante.
Riscontro clinico a domicilio:
polso parvus (piccolo) tardus (lento)
pupille midriatiche (dilatate)
respiro stertoroso (russante, ansimante)
Una donna al suo fianco con acqua di stura
gli bagnava le labbra screziate d’arsura.
All’unisono declamavano:
Padre Nostro che sei nei cieli ….
Vidi così un uomo morire pregando
e la sua donna trattenere il pianto.
Fece un segno di croce il morente, accennò un sorriso
e si spense dicendo: Santa Maria Madre di Dio …
Due grosse lacrime solcarono le gote di quella donna
che a me sembrò Madonna.
Il suo uomo salì nel regno di Dio,
senza tormento, senza turbamento.
Stilai l’attestato di morte con mano tremante, scrivendo:
paziente deceduto
per arresto cardiocircolatorio sopravvenuto.
Calitri, 29.07.2012. La piccola Sara Di Cecca (nata da Mario e Silvia Maffucci) nel giorno del suo battesimo con la madrina Lucia Basile .
Luigi Marrese (Giggino)
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IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
L A NOSTRA
BIBLIOTECA
PASQUALE DI FRONZO:
Vicende storiche della comunità ecclesiale
di Mirabella Eclano
Vol.III, Tipolitografia Grappone (Mercogliano AV)
2013.
Con questo terzo volume della breve collana
“Vicende storiche della comunità ecclesiale”
non si esaurisce la storia del settore religioso
di Mirabella. Con le mie pubblicazioni di storia (circa 900 pagine se si contano soltanto i
tre volumi per intero) non si vuole dire tutto
ma solo l’inizio. Del resto ho riportato i documenti, altri migliori di me svolgeranno i fatti in modo logico e cronologico. Si tenga presente che il mio lavoro, come propostomi fin
dal1°inizio, non tocca tutto il patrimonio culturale di Mirabella e cerco di spiegarmi che
lascio agli esperti la parte non religiosa, che a
sua volta è molta e siamo ancora agli inizi anche in questa iniziativa.[…] Non mi resta che
ricercare e delucidare alcuni eventi, che possiamo chiamare marginali, ma anche questa è
storia. Alcuni fenomeni avevano bisogno di
chiarimenti e quindi ho cercato di portare a
conoscenza dei lettori mirabellani le tradizioni, delle quali non si conoscevano le origini.
[…] dalla Prefazione
ALFONSO NANNARIELLO:
Il rumore dei giorni correnti
Delta3 Grottaminarda – AV 2013.
L’ultima raccolta di componimenti poetici del
nostro autore calitrano, opera vincitrice della
“Sezione Poesia” del premio nazionale “L’Inedito” sulle tracce del De Sanctis – XII Edizione. È un poema che legge l’esistenza da un qui
fisico e storico, metafisico e interiore. È un poema che legge l’esistenza da una composta solitudine, che è punizione e penitenza, assoluzione e peccato. È un poema di uno che ha nostalgia
di tutt’altro mentre sconta la propria natura viziosa e viziata. (dalla seconda di copertina).
ARMANDO MONTEFUSCO:
I Gesualdo nella storia e nelle genealogie
del regno. Un “viaggio” tra feudi
e feudatari dell’Irpinia
voll.1e 2 (nel IV centenario della morte di Carlo Gesualdo 1613-2013) – Rotostampa LioniNusco 2013.
Perchè una storia della famiglia Gesualdo?
Perché è l’unica grande famiglia del Mezzogiorno d ‘Italia, che nasce, si afferma e risiede costantemente nelle nostre Terre, attraverso i suoi
due Rami di Conza e Pescopagano. Altre famiglie, che pure hanno caratterizzato la storia feudale delle nostre province, provengono generalmente da Napoli, da cui non hanno mai staccato
il “cordone ombelicale. La storia dei Gesualdo, nel
bene e nel male, si intreccia e si fonde con quella
di diversi paesi dell’Irpinia e della Lucania, dove
tale famiglia ha lasciato memoria di sé nella cultura, nell’arte, nell’evoluzione sociale e, purtroppo, anche nei soprusi propri dell’odioso feudalesimo. L’abbiamo seguita nel lento evolversi di
quegli eventi che hanno caratterizzato la storia del
Regno dal periodo normanno - svevo fin quasi
agli inizi dell’Ottocento. Costantemente ci siamo
chiesti quale ruolo avessero svolto nel tormentato periodo medioevale o nel rinascimento dell’Età
Moderna quando un’alleanza sbagliata poteva
sconvolgere irrimediabilmente le fortune di una
famiglia. Naturalmente non abbiamo tralasciato
la storia di quei personaggi e quelle vicende che,
caratterizzate da tradimenti, intrighi, passioni e
umane miserie, rappresentano il “sale” della vita. Ci siamo avventurati poi nel campo ostico della ricerca genealogica, occupandoci di tutti i “rami”, e abbiamo reso giustizia alle donne seguendo
anche quelli femminili. Un campo complesso ed
avvincente. Complesso perchè, consultando i genealogisti, non sempre si trovano dati concordanti
e documentati, per cui a volte ci si aflida al buon
senso o alla “fortuna avvincente perché ogni personaggio che si colloca nella giusta posizione diventa una conquista nella composizione di un entusiasmante puzzle. Alla fine di questo lavoro ci
siamo accorti di aver creato -forse è il nostro maggior merito - un consistente apparato genealogico, che, coinvolgendo gran parte dei feudatari dell’Irpinia e delle zone limitrofe, può essere di aiuto
a quanti si addentrano negli studi del Mezzogiorno feudale. Unico nostro cruccio è la qualità grafica delle Tavole, in qualche modo condizionata
dalla “ristrettezza del formato della pagina ”.
DIALETTO E CULTURA POPOLARE
PARTICOLARI MODI DI DIRE CALITRANI
A cura di Giovanni Sicuranza
Figl’ russ’ e can’ p’zzat’ ss’bbatt’r’ quann’ so’ nat’
figli dai capelli rossi e cani macchiati,ammazzali quando
nascono
Piglia quann’ haj, for’ ca palat’
prendi quando hai l’occasione, tranne che botte
U’ can’ rai ar’man’ (mozz’ca) semb’ a lu strazzat’
il cane morde sempre al pezzente
La p’l’zzia ei abbona a tott’ r’ part’, for’ ca ala sacca
la pulizia è buona in ogni parte, tranne che nelle tasche
A’ cora eia cchiù brutta a spr’lluquà
la coda è sempre la parte più difficile da scorticare
Chi nasc’ p’ la fatiha, mbis’ mor’
chi nasce per il lavoro, muore impiccato
Si t’ ung’ r’ man’, t’ ung’ pur’ lu muss’
se ti sporchi le mani, ti sporchi anche le labbra
Cum’ eia lu sand’ facim la festa
come è il Santo, così facciamo la festa
Chi palesa i suoi sehret’, eia scacciat’ ra lu munn’ r’ Ddij
chi rende noto i suoi segreti,è scacciato dal mondo dei
cristiani
Pozza carè quegghia casa cuntenta
possa cascare quella casa dove c’è allegria
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IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
S O L I D A R I E TÀ C O L G I O R N A L E
Maffucci Maria Giovanna (Settimo M.se), Di Maio Vito (Montauro), Di
Carlo Canio (Avellino), Senerchia Vincenzo (Casalgrande), Cestone
Giovanni (Pinerolo), Capossela Vito (Scandiano), Polidoro Berardino
(Ariano Irpino), Di Milia Antonietta (Milano), Cubelli Lucia (Bologna),
Gautieri Vito (Moncalieri), Bianco Giovanni e Metallo Teresina (Roma),
Fatone Giuseppe (Roma), Buldo Antonia (Varallo Pombia), Zabatta Vito (Capergnanica),Vallario Lorenzo (Milano), Cerreta Orazio (Caselle Torinese), Scoca Antonio (Trento), Lotito Vincenzo e Nesta Rosetta Maria (Foggia), Cappello Raffaele (Santopadre), Delli Liuni Rosa
Maria (Poggibonsi), Germano Giuseppina (Trofarello), Tornillo Lucia
(Salerno), Maffucci Marco (Roma), Di Carlo Alfredo (Avellino), Cesta
Anna (Bologna),Margotta Giuseppina (Mariano C.se), Marano Gennaro (Mariano C.se).
Euro 21: Rubino Canio (Briosco).
Euro 25: Raho Alberto (S. Giorgio a Cremano),Buldo Cesare Giovanni (Varese), Cestone Pasqualino (Brescia), Di Napoli Fortunato
(Garbagnate), Cerreta Margherita (Milano), Frucci Puccio (Roma),
Milano Vincenza (Cascina), Gsalgano Antonio (Novara), Toglia Antonia
(Riccione), Leone Michele (Caltignara), Pezzi Angelo (Mariano C.se),
Lampariello Franchino (Garbagnate M. se), Cicoira Antonio (Rimini),
Acocella Vito (Salerno), Gallucci Francesco (Volvera).
Euro 30: Cicoira Ester Edissa (Roma), Cianci Mario (Napoli), Nannariello Rosellina (Genova), Cerreta Mario (Avellino), Scoca Mauro e
Bozza Rosina (Chieti), Zabatta Gerardina (Torino), De Matteo Ersilia
Di Maio (Roma), Toglia Vincenzo (Ivrea), Leone Donato (Briosco),
De Rosa Carlo (Belluno), Gautieri Vito (Bollate), Sacchitiello Giuseppina (Nonantola), Russo Filomena (Abbiategrasso), Bruniello Canio
(Fiumicino), Cestone Canio (Roma), Zazzarino Vincenzo (Mercogliano), Galgano Giovanni Mario (Milano), Lavanga Pasquale (Cagliari).
Euro 36: Della Valva Vito (Bollate).
Euro 40: Caputo Canio (Carosino), Paradiso Gaetano (Lioni), Scarano Antonio (Mercogliano), Acocella Maria Francesca (Napoli).
Euro 50: Tuozzolo Giovannino (Roma), Cerreta M.Francesca e Artiaco Vincenzo (Napoli), Montagnani Roberto (Figline V.no), Di Cairano Vincenzo (Francavilla), Padre Rosario Messina (Lamezia Terme), Polestra Vincenzo (Bolzano), Tozzoli Giovanni Paolo (Roma), Zabatta
Michele (S.Giorgio a Cremano), Cerreta Canio e La Rosa Alessandra
(Roma), Nicolais Concetta e Salvatore (Livorno), Russo Roberta (Roma), De Nicola Vincenazo (Pavia), Fiordellisi Teresa (Gatteo), Messina
Giuseppe (Roma), Di Cecca Michele (Quercegrossa), Russo Franco
(Peswchiera Borromeo),Cerreta Donato (Teramo),Nicolais Colomba
(Como), De maio Luigi (Solofra), Di Lascito Pietro e Buldo Flavia
(Sabaudia), Tornillo Mario (Poggio Mirteto), De Rosa Luciana (Roma), Maffucci Donato (Mariano C.se).
EURO 100: Senerchia Lucia Anna (Latina).
DA CALITRI
Euro 10: Giovanni Maffucci, Bozza Antonio via L. Maffucci 7, Di Maio
Giuseppina, Buldo Maria e Zabatta Antonio, Maffucci Lucia, Cestone
Giuseppe via Garibaldi, Di Maio Maria Michela, Di Maio Maria Teresa e
Di Cecca Leonardo, Paolantonio Giuseppina, Girardi Graziella, Stingone Antonio, Russo Angelo, Zarrilli Antonio, Maffucci Vincenzo, Fatone Maria Concetta, Polestra Vincenzo, D’Amelio Pietro, Bozza Antonio
via L.Maffucci n.7, Di Milia Rosa Maria, Pastore Donato, Russo Giuseppina, Toglia Lucia.
Euro 15: Zabatta Domenico, Rubino Maria Celeste, Cristofaro Antonietta, Strollo Salvatore, Melaccio Rosa via Sotto le Ripre 25, Antonia Del Cogliano, Cioffari Lucia, De Bonis Teresa, Simone Pasquale,
Russo Luigi.
Euro 20: Di Cosmo Michele, Martiniello Maria Via Pittoli 67,Zarrilli
Canio via Libertà 9, Codella Vito c.so Garibaldi, la Bottega del Pane e
dei dolci di De Nicola Agnese, Acocella Attilio, Paolantonio Vito, Di Napoli Vincenza, Maffucci Michele, Anonimo, Di Cecca Giuseppe e Fastiggi Vincenza, Fasulo Sergio, Basile Francesco Vincenzo,Vallario Canio
Antonio, Fiordellisi Giovanni, Maffucci Pietro, Galgano Angelina,Bavosa
Antonio, Rubino Antonietta e Cestone Canio, Senerchia Francesco, Di
Maio Canio e Savanella Anna Maria, Metallo Colomba, Cerreta Michelina via Sottopittoli 22C, Gautieri Pasquale, Valente D’Ascoli, Lopriore Antonio e Angela, Sena Ferdinando, Russo Giuseppina via
F.Tedesco, Maffucci Gaetanina via Macello, Emilia Maffucci, Giuseppe
Antonio Miele (Montecaruso), Codella Teresa.
Euro 25: Santoro Maria Giuseppina, Roselli Francesco, Arciconfraternita Immacolata Concezione, Di Cosmo Angela e Di Napoli Vincenza.
Euro 30: Suore di Gesù Redentore,Vodola Caiazzo Clara.
Euro 50: Di Cairano Vittorio, Di Milia Giuseppe, Elena Maffucci Addeo, Ricciardi Rosa, Metallo Fiorina,Veneziano Rocco.
Euro 100: preside Michele Cerreta.
Euro 1100 quote di iscrizione al 1°Corso d’Informatica di Base.
DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE
Euro 8: Cerreta Michele (Carrara).
Euro 10: Rabasca Canio (Nova M.se), Di Napoli Antonio (Rho), Zabatta Mario (Cantù), Cerreta Giuseppe (Cambiano), Cerreta Rosamaria (Nova M.se), Gallicchio Angelo (Bisaccia), Ricciardi Sansone
Giacinta (Torino), Ricciardi Fernando (Conegliano), Maffucci Tonino
(Lentate S.S.), Briuolo Luigi (Alessandria), Zarrilli Michele (Novate
M.se), Acoca Vincenzo (Perticato), Di Fronzo don Pasquale (Mirabella
Eclano), Rabasca Angela (Milano), Nannariello Giuseppe (Milazzo).
Euro 12: Pastore Lucia Alessandrello (Comiso).
Euro 15: Libreria Nardecchia (Roma),Nicolais Canio Vincenzo (Roma), Galgano Daniela (Nonantola), Russo Donato (Torino), Grippo
Francesco (Morra de Sanctis), Capossela Maffucci Michelina (Scandiano), Di Napoli Giuseppe (Brescia), Germano Canio (Bolzano), Zabatta Salvatore (Supersano), Donatiello Giovanni (Usmate Velate),
Margotta Canio (Meda), Scoca Francesca (Lavena Ponte Tresa).
Euro 20: Di Maio Lucia (Roma), Ricigliano Peppino (Giussano), Galgano Vincenzo (Melfi), Gautieri Giuseppe (Moncalieri), Metallo Rosetta
(Atripalda), Mazziotti Francesca (Roma), Maffucci Angelo Michele (Lissone), Lovecchio Angela (Brindisi), Armiento Michelangelo (Torino),
DALL’ESTERO
BELGIO: euro 10 Di Napoli Gerardina: euro 20 Di Carlo Raffaela,
euro 30:Marchal Philippe.
BRASILE: euro 50 Lucrezia Giuseppe.
SVIZZERA: euro 10: Di Milia Giuseppe (Chiasso), euro 20 Stanco
Carmela, Acocella Filippo (Pregassona).
U.S.A.: $ 50 Frank M. Cianci - Texas, $ 25Bongo Robert L. (USA).
GERMANIA: euro 50 Gautieri Gaetano, euro 30 Metallo Concetta, Iris Lampariello Oder Miche.
21
IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
MOVIMENTO DEMOGRAFICO
Rubrica a cura di Anna Rosania
I dati relativi al periodo dal 1 novembre 2013 al 25 febbraio 2014
sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri
NATI
Xhango Nicole di Olgerti e Armiento Pina
Rainone Vittoria di Michele e Cesta Teresa
Di Milia Martina di Gianfranco e Metallo Nilde
Ferrante Amerigo Francesco di Michele e Frino Mariagrazia
Bavosa Gerardo di Antonio e Buscemi Maria Agnese
Maffucci Roberto di Franco e Margotta Concetta
25.11.2013
28.11.2013
29.11.2013
01.12.2013
16.12.2013
07.01.2014
MATRIMONI
Stanco Salvatore e Randazzo Natascia
28.12.2013
MORTI
Stanco Canio
Maffucci Lucia
Gautieri Vincenzo
Di Mattia Michele
Galgano Mariantonia
Di Maio Vincenzo
De Nicola Angela
Cestone Antonio
Stanco Mariantonia
Codella Antonio
Nicolais Cristina
Galgano Lucia
Cicoira Antonia
Cianci Vincenzo
Bavosa Angelomaria
Capossela Maria
Bozza Antonio
Graziano Giustina
Maffucci Angela
Ruggiero Maria Concetta
Cestone Luigina
Pastore Raffaele
Galgano Donato
Frucci Salvatore
Carameli Lucio
Di Cairano Teodora
Cestone Annina Maria Michela
16.01.1938 - † 17.06.2013
06.12.1915 - † 13.11.2013
06.03.1932 - † 16.11.2013
30.03.1918 - † 17.11.2013
21.02.1921 - † 18.11.2013
02.01.1927 - † 18.11.2013
30.01.1926 - † 19.11.2013
29.05.1952 - † 28.11.2013
23.08.1934 - † 09.12.2013
04.09.1933 - † 12.12.2013
13.05.1922 - † 21.12.2013
06.02.1918 - † 26.12.2013
25.03.1920 - † 28.12.2013
14.12.1930 - † 03.01.2014
01.01.1928 - † 07.01.2014
02.09.1924 - † 10.01.2014
17.08.1928 - † 19.01.2014
29.07.1939 - † 20.01.2014
13.11.1936 - † 01.02.2014
12.07.1930 - † 03.02.2014
17.02.1932 - † 07.02.2014
11.01.1937 - † 10.02.2014
02.01.1944 - † 11.02.2014
27.12.1931 - † 14.02.2014
13.12.1946 - † 19.02.2014
10.03.1936 - † 22.02.2014
26.07.1931 - † 24.02.2014
Ci scusiamo per qualsiasi eventuale errore.
Calitri, 24.09.1954 matrimonio di Lucia Carmela Cicoira e Donato Basile.
Calitri, 1962/63. Maria Russo col marito Giuseppe Cianci e il figlio Angelomario.
Fatone Canio Antonio
01.03.1920 - † 03.03.2007
Nonno, l’amore che mi hai
dato e le parole che mi hai
detto, resteranno per
sempre nel mio cuore.
Nel settimo anniversario
dalla tua scomparsa la
famiglia tutta lo ricorda.
Giovanni Nicolais
30.06.1931 - † 29.07.2012
Antonietta Zarrilli
09.10.1916 - † 04.02.1997
Papà, un anno è ormai trascorso dalla tua dipartita. Pensavamo che col tempo il dolore sarebbe
stato meno acuto: quanto ci sbagliavamo! Ci manchi, ci manca tutto di te. Eri il nostro punto di
riferimento, attento ascoltatore, saggio consigliere, oculato nelle risposte. Ognuno di noi sentiva il bisogno di sfogarsi con te e tu facevi tuoi i nostri problemi. Quasi sempre trovarvi la soluzione, a volte con la tua particolare logica provavi a sdrammatizzarli uno ad uno, tanto da farli
apparire cose effimere. Ci rincuoravi sempre. E adesso...? Papà, ci sentiamo smarriti, privi del
tuo supporto. Ti volevamo bene e te ne vogliamo, forse ancora di più . Ti mandiamo un bacio,
ovunque ti trovi, voglia il buon Dio fartelo recapitare. I tuoi figli Angela Maria Dino, i tuoi nipoti uniti a tua moglie Lina.
La sua morte lascia nel
nostro cuore una piaga
profonda. Noi ti abbiamo
supplicato, Signore,
di prolungare i suoi giorni.
Tu le hai dato il riposo
eterno. Il Tuo Santo Nome
sia benedetto.
22
IL CALITRANO
N. 55 n.s. – Gennaio-Aprile 2014
R E Q U I E S C A N T
I N
Maria Iannece
01.08.1937 - † 01.06.2013
P A C E
Giuseppe Pastore
18.03.1966 - † 06.08.1972
Raffaele Pastore
11.01.1937 - † 10.02.2014
Il vostro ricordo sarà sempre vivo nel cuore delle persone che avete amato.
I figli Donato, Gerardo, Mario e Giuseppina.
Lorenzo Maffucci
01.06.1937 - † 18.02.2014
La figlia Emilia, le nipoti
Mayra e Aranxa e i parenti
tutti lo ricordano a quanti
lo conobbero e lo amarono.
Luigi Zarrilli
11.07.1929
† Poggibonsi 29.01.2014
Giuseppina Maria
Zabatta
30.09.1939 - † 29.01.2013
I figli Antonio e Riccardo,
insieme alla moglie Rosa
Maria Delli Liuni
lo ricordano con amore.
È un gran dolore
che ti abbiamo perduta,
ma ci conforta la certezza
di rivederti in cielo.
Con rimpianto e tenerezza
infinita ti ricordiamo
e preghiamo per te.
Vincenzo Galgano
07.09.1934 - † 11.11.2013
Leonilda Di Biase
20.09.1917 - † 11.02.2013
Angela Metallo
10.03.1915 - † 25.09.2012
Dedicò tutta la sua vita
alla famiglia ed al lavoro.
Il ricordo del suo animo
buono e generoso resterà
nel nostro cuore.
I familiari per ricordo
a coloro che lo
Ad un anno dalla sua
scomparsa, la ricordano con
amore i figli Anna, Canio,
Giuseppe e Michele,
il genero e le nuore.
La tua fiamma si è spenta…
Ma rimarrà sempre accesa
nei nostri cuori.
Antonietta Russo
07.02.1937 - † 16.07.2012
Rosa Zarrilli
11.03.1930 - † 04.05.2012
Giovanni Maffucci
01.09.1934 - † 21.01.2011
La tua morte inattesa
lascia un gran vuoto,
ti sei addormentata
nel Signore dopo una vita
interamente dedicata
alla famiglia e al lavoro.
Moglie, madre e nonna
esemplare, lasci al marito,
ai figli e ai nipoti un’eredità
di fede e di amore.
A tutti coloro che la
conobbero e l’amarono,
perché rimanga vivo
il suo ricordo.
Il marito, le figlie
ed i familiari tutti.
Ogni giorno che passa
sei sempre presente nei miei
pensieri.
Con immutato affetto.
Elena e famiglia.
Gaetano Leone
04.10.1929 - † 17.11.2010
Assunta Di Maio
02.06.1932 - † 30.04.2012
Non si perdono mai
coloro che amiamo, perchè
possiamo amarli in Colui
che non si può perdere.
(S. Agostino)
Uomo di fede e d’amore
con serenità hai lasciato
questo mondo per volare
incontro alla luce
del Signore
Giuseppe Maffucci
21.03.1928 - † 16.05.2003
Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio
e nessun tormento le toccherà.
(Sapienza III- 1)
Giovanni Di Cecca
24.06.1930 - † 16.02.2004
Rocco Zabatta
27.04.1913 - † 14.05.2000
Giuseppe Toglia
05.09.1932 - † 27.03.1964
A dieci anni dalla
scomparsa, i familiari tutti
lo ricordi con affetto
infinito.
Ci manchi tanto.
La tua morte inattesa
e rapida lascia un grande
vuoto fra tutti coloro
che ti amarono.
Nel loro animo sarà sempre
il tuo ricordo.
Nel 50°anniversario della
sua scomparsa,
con l’affetto di sempre,
lo ricordano le sorelle,
il fratello e i parenti tutti.
23
In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Postale di Firenze CMP
per la restituzione al mittente previo pagamento resi
Calitri, 17.02.1957 Carnevale, sullo sfondo la chiesa di S.Canio come era allora. Da sinistra: Vincenzo Acocella (andr’ttes’), Giovanni Donatiello (mangialard’), Luigi
Rubino (u’ cors’), Francesco Di Napoli (marchicchj), Vincenzo Margotta (bb’zzeffa) con fazzoletto in testa, Canio Ruggiero (nzarc’nend’) con cilindro e barba lunga,
Vito Metallo (u’ curat’l’), Michelangelo Armiento (caram’zzett’), Vito Forgione (fr’ggiun’), Giuseppe Galgano (tottacreta) con fisarmonica, Bartolomeo Cestone
(curat’licchj),Camillo Zabatta (haland’) con fazzoletto in testa, la sposa Angelomaria Maffucci (s’nd’mend’), lo sposo Valentino D’Ascoli (c’catieggj).