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n.5, luglio 2012
EDITORIALEa
Cari lettori, eccovi il quinto numero di China News - Storie dalla Cina al lavoro,
lavoro
newsletter di informazione sul lavoro in Cina che nasce da una collaborazione tra
Iscos Nazionale, gli Iscos regionali di Emilia Romagna, Piemonte, Sicilia e Toscana e
il sito Cineresie.info. Al centro dell'attenzione questo mese l’influenza della
dell curva
demografica cinese sul mondo del lavoro e le pensioni, le tensioni nel Guangdong e un
approfondimento sul sindacato cinese e i suoi rapporti con l’occidente.
l’occidente Buona lettura!
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BREVIa
Cina 2015: correzioni necessarie
Nel corso del forum internazionale "La Cina del futuro",
svoltosi a Singapore il 9 e 10 luglio, sono stati discussi
alcuni scenari futuri per la popolazione cinese. Fang Jin,
vice-direttore della China Development Research
Foundation,, nel suo intervento ha portato dei dati che
sembrerebbero confermare la parabola discendente
della crescita demografica cinese. Nell'ultimo decennio
l'incremento demografico è stato di circa lo 0,07%,
meno della metà della media mondiale. Seguendo questa
questa tendenza nel 2027 il
rapporto fra nascite e morti,
morti, che oggi si colloca a 1,18 (la media per i paesi
sviluppati è 1,7), diventerà inferiore all'unità. Un altro dato preoccupante è
rappresentato dal dimezzamento negli ultimi trent'anni del numero dei giovani
g
di
età compresa fra 0-14
14 anni, soprattutto considerando il fatto che, nello stesso
periodo, gli anziani con più di 65 anni sono quasi raddoppiati. In sostanza, nel 2015
quel surplus di popolazione che finora ha costituito una fonte apparentemente
inesauribile
esauribile di forza lavoro inizierà a calare, una situazione che finirà per ripercuotersi
sul mondo del lavoro e sull'economia nazionale. Fang Jin tuttavia ha concluso il suo
intervento con un certo ottimismo:
ottimismo: a suo dire, se con la politica del figlio unico
unic la
Cina ha dimostrato di poter raggiungere determinati obiettivi, ora forse è tempo di
iniziare ad apportare correzioni nella direzione inversa.
Pensioni, una bomba a orologeria
Mentre le autorità cinesi osservano con notevole
preoccupazione l'evolvere della curva demografica, la
questione delle pensioni viene ad occupare un ruolo
centrale nel dibattito pubblico sul lavoro in Cina. Il
problema è evidente: con la riduzione della natalità la
forza lavoro diminuisce, mentre allo stesso tempo
l'allungamento delle aspettative di vita crea una
nuova schiera di pensionati da mantenere. Secondo un'indagine condotta di recente
da Deutsche Bank e Bank of China, nel 2013 serviranno 18 mila miliardi di yuan in più
rispetto a oggi per pagare le pensioni. La popolazione cinese sta invecchiando in
fretta: oggi coloro con più di 65 anni sono l’8,2% del totale, ma nel 2064 saranno
circa il 30%. In un commento pubblicato sulla rivista Caijing, l'economista Hu Yifan ha
messo in evidenza un altro dato che ben fotografa la situazione: nel 1982 per ogni
pensionato c'erano 15 lavoratori nelle aree urbane e 11 in campagna, nel 2012 la cifra
è scesa rispettivamente a 3 e 3,6. In questo contesto, si sta discutendo la possibilità
di aumentare l’età pensionabile a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne,
ma una simile misura si trova a scontrarsi con una forte resistenza da parte
dell'opinione pubblica.
Estate di tensione nel Guangdong
Alta tensione nella provincia del Guangdong. Fra la
fine di giugno e l'inizio di luglio centinaia di migranti
cinesi si sono scontrati con la polizia nella
municipalità di Shaxi, nei pressi della città di
Zhongshan. All'origine degli scontri ci sarebbe lo
scontento causato dal trattamento discriminatorio
subìto dai lavoratori migranti. Tutto è iniziato con un
alterco fra un giovane migrante di quindici anni e uno studente locale. Quando la
polizia è intervenuta scagliandosi contro il ragazzo migrante, ciò ha provocato l'ira
della famiglia di quest'ultimo, prontamente soccorsa da una folla di quasi trecento
persone, per lo più migranti provenienti dalla provincia del Sichuan. Altri scontri fra
migranti e la polizia si erano verificati nel mese di giugno. Il governatore provinciale
Wang Yang - fra i papabili per entrare nel Politburo nel corso della successione ai
vertici del Partito in ottobre – ha più volte riconosciuto la necessità di mitigare le
differenze sociali nella regione e promuovere un modello di sviluppo per un
"Guangdong Felice". Almeno a parole.
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FOCUSa
Sindacato cinese: da cintura di trasmissione a nuovo
corporativismo
Che il sindacato abbia un ruolo cruciale nell’influenzare
gli umori delle masse e mobilitare la base, Lenin lo
aveva capito sin dall’inizio del secolo scorso, quando
nel suo classico “Che fare?” aveva affermato che tutti i
membri del Partito avrebbero dovuto essere attivi nel
sindacato nel tentativo di influenzarne i membri. Poi
era tornato sull’argomento nel dicembre del 1920, in
occasione di uno dei tanti scontri interni al Partito Comunista dell’Unione Sovietica:
“La dittatura del proletariato non può funzionare senza un certo numero di ‘cinture di
trasmissione’ tra l’avanguardia [il Partito] e la massa della classe più avanzata e tra
questa alla massa dei lavoratori.” E, come avrebbe ben capito Stalin negli anni
successivi, quale ‘cintura di trasmissione’ migliore di un sindacato per convogliare
le direttive del Partito alla base e gli umori della base al Partito? Potrebbe sembrare
assurdo, ma simili teorie d'altri tempi ancora oggi si dimostrano di straordinaria
attualità per comprendere le dinamiche interne al sindacato cinese [continua a
leggere]
Sindacati occidentali: come rapportarsi al sindacato cinese?
Come rapportarsi al sindacato cinese? Questa semplice
domanda negli ultimi anni ha scatenato un acceso dibattito
nel mondo del sindacalismo internazionale. Da un lato
vi sono coloro che rifiutano ostinatamente ogni contatto
con la Federazione Nazionale dei Sindacati Cinesi (FNSC),
sulla base del presupposto che quest'ultima non sarebbe
niente più che un sindacato giallo; dall'altro invece si
schierano coloro che sostengono l'importanza di collaborare con gli elementi riformisti
all'interno della FNSC. Non essendoci una risposta semplice e univoca, qui di seguito
vi proponiamo una serie di interventi volti a delineare le varie posizioni in gioco.
Apriamo con una presa di posizione a favore del dialogo da parte di Han Dongfang,
leader del China Labour Bulletin, pubblicata sull'inglese Guardian nel giugno del 2011;
proseguiamo con una lettera aperta di toni opposti, redatta da alcune altre ONG
basate ad Hong Kong in risposta all'editoriale di Han Dongfang; e, per concludere
riportando il dibattito in una dimensione più italiana, chiudiamo con una nostra
riflessione sulla visita di una delegazione d'alto livello della CGIL in Cina nel 2010.
a) L'editoriale di Han Dongfang, leader del China Labour Bulletin:
Il movimento dei lavoratori in Cina si trova in un momento cruciale. Come dimostrano
le ondate di scioperi dello scorso anno e le recenti proteste di migranti nel
Guangdong, i lavoratori sono arrabbiati. [...] Questa nuova ondata di attivismo ha
costretto il sindacato ufficiale cinese, la Federazione Nazionale dei Sindacati Cinesi, a
riconsiderare il proprio ruolo e cercare nuove strade per diventare un'organizzazione
in grado di rappresentare realmente gli interessi dei lavoratori. [continua a leggere]
b) La replica delle altre ONG del lavoro di Hong Kong:
Il 26 giugno 2011, il nostro amico Han Dongfang ha pubblicato un commento molto
forte sul Guardian sostenendo che la Federazione Internazionale dei Sindacati
dovrebbe "considerare l'affiliazione della FNSC". Si è appellato ai sindacati
internazionali perché accolgano il sindacato ufficiale cinese, la Federazione Nazionale
dei Sindacati Cinesi, in modo da aiutare quest'ultima a "meglio servire i suoi membri e
finalmente diventare un vero sindacato". La motivazione che fornisce è che vede segni
concreti di riforma nella FNSC nel rappresentare gli interessi dei lavoratori. [continua
a leggere]
c) Accordi e disaccordi: la CGIL a Pechino vent'anni dopo
Prima o poi la storia torna sempre sui suoi passi, spesso in maniera imprevedibile,
disfacendo amicizie solidissime o ricomponendo divergenze apparentemente
insanabili. Proprio in questi giorni [agosto 2010], dopo oltre venti anni di freddezza e
diffidenze reciproche, una delegazione della CGIL è in Cina per riallacciare i rapporti
con la controparte cinese, la Federazione Nazionale dei Sindacati Cinesi. La relazione
tra le due organizzazioni fu troncata in quella drammatica primavera del 1989, quando
i sindacati occidentali facevano a gara per marcare le distanze dalla controparte
cinese, sempre più allineata sulle posizioni di un governo che, all’indomani del quattro
giugno, appariva violento e autoritario come non mai. [continua a leggere]
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LIBRIa
“The China Price”, di Alexandra Harney
"The China Price" è una lettura irrinunciabile per avere uno
sguardo d'insieme sulla "fabbrica del mondo" all'alba del
ventunesimo secolo. Uscito nel 2008, il libro di Alexandra
Harney, già corrispondente da Pechino del Financial Times,
racconta i retroscena del "prezzo cinese", spiegando ai lettori le
ragioni umane, sociali e ambientali per cui la Cina finora è stata
in grado di offrire al mondo prodotti a prezzi così bassi. Certo,
la situazione sta gradualmente cambiando, ma "The China Price"
rimane una lettura preziosa per capire le radici di tanti
fenomeni di cui ancora oggi si legge quasi tutti i giorni sui
giornali, dalle sollevazioni operaie nella Cina meridionale agli scandali legati alle
condizioni di lavoro in fabbriche cinesi, dagli incidenti in miniera alla tragedia di
malattie occupazionali quali la silicosi. [compra su Amazon.it]
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