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NEWSLETTER PROPRIETÀ INTELLETTUALE PRIVACY E INFORMATION TECHNOLOGY OTTOBRE – NOVEMBRE – DICEMBRE 2011 NUMERO 11 Diritto Industriale Sentenza Interflora: i titolari di marchi notori hanno il diritto di vietarne l’uso a terzi anche come parole chiave in Google AdWords. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea prende posizione sull’uso, anche nell’ambito del servizio pubblicitario Google AdWords, di parole identiche a marchi che godono di rinomanza. L’evoluzione dell’uso di segni distintivi sui social network. La modifica illegittima del nome di un gruppo di Facebook può costituire atto di concorrenza sleale. Diritto d’Autore È illegittimo il provvedimento di un giudice nazionale che imponga l’utilizzo di un sistema di filtraggio di files ad un fornitore di accesso ad Internet. Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, un provvedimento che imponga al provider di filtrare/selezionare i contenuti contrasterebbe con la mancanza di un generale obbligo di sorveglianza in capo ai fornitori di accesso ad Internet previsto dalla Direttiva sul Commercio Elettronico (Direttiva 2000/31/CE). Privacy e Information Technology Il c.d. “Decreto Monti” modifica anche il Codice della Privacy italiano in tema di protezione dei dati personali. Continua la semplificazione degli oneri in materia di protezione dati personali nell’ordinamento italiano. È entrata in vigore la Direttiva 2011/83/UE in tema di tutela dei consumatori: alcune novità rilevanti dovranno essere riflesse nelle legislazioni nazionali. Entro il 23 novembre 2013 gli Stati membri dell’Unione Europea dovranno attuare le novità introdotte dalla Direttiva 2011/83/UE. Asia Cina – Verso una possibile nuova modifica della legge marchi. Il Governo cinese sta considerando una nuova modifica dell’attuale legge sui marchi, nell’ottica di estendere l’ambito della legge e rafforzare la protezione dei marchi nel territorio della PRC.. © Copyright 2011 www.chiomenti.net qualora non vogliate più ricevere la Newsletter, cliccando su questo link sarete automaticamente cancellati dalla mailing list: [email protected] Sentenza Interflora: i titolari di marchi notori hanno il diritto di vietarne l’uso a terzi anche come parole chiave in Google AdWords. Marks & Spencer Plc (“M & S”), uno dei maggiori operatori della grande distribuzione nel Regno Unito, ha acquistato il termine “INTERFLORA” come parola chiave da usare in connessione con il servizio pubblicitario di Google denominato Google AdWords, al fine di promuovere il proprio servizio di consegna floreale a domicilio. Tale parola, tuttavia, è identica al marchio registrato, anche nel Regno Unito, dal gruppo facente capo a Interflora Inc., che offre un servizio di consegna floreale internazionale attraverso i propri affiliati, dislocati in molti Paesi del mondo, inclusa l’Inghilterra. In conseguenza della condotta di M & S, quando gli utenti di internet immettevano quale parola di ricerca su Google il termine “Interflora”, tra i link sponsorizzati compariva anche l’annuncio pubblicitario dell’omologo servizio di M & S con relativo link alla pagina dedicata del sito internet. Nel testo dell’annuncio, tuttavia, non compariva mai la parola “Interflora”, essendo stata utilizzata da M & S unicamente quale parola chiave per la ricerca. Sulla base di tali fatti di causa, la Corte di Giustizia ha stabilito (con sentenza C-323/09 resa il 22 settembre 2011) che il diritto del titolare di un marchio non si limita ad impedirne l’uso a terzi quando sia in gioco la funzione di indicazione dell’origine di un prodotto o servizio, ma anche quando tale condotta possa arrecare un danno alle altre funzioni del marchio, che si qualifica come uno strumento di strategia commerciale volto ad acquisire una reputazione tra i consumatori o a promuovere il prodotto contrassegnato con esso. L’uso di termini identici o simili a un marchio registrato che gode di rinomanza, come “INTERFLORA”, da parte di concorrenti per trovare in internet prodotti o servizi identici costituisce, pertanto, una violazione della funzione promozionale del marchio anche quando nel testo dell’annuncio in tal modo trovato non si faccia alcun uso di tale termine. L’evoluzione dell’uso di segni distintivi sui social network. In una recente ordinanza, la Sezione Specializzata in materia di Proprietà Intellettuale del Tribunale di Torino ha qualificato il “Gruppo” (rectius il nome del “Gruppo”) di Facebook come segno distintivo “atipico” (i.e. diverso da marchio, insegna e ditta/denominazione sociale), suscettibile di tutela in base alle norme sulla concorrenza sleale. Nel caso in questione, il nome di un “Gruppo” di Facebook (SYPREM) creato per promuovere i prodotti della società intestataria, operante nel settore dell’abbigliamento sportivo, era stato modificato da parte di un ex dipendente passato alle dipendenze di una società concorrente (SYEMME). Il Tribunale ha ritenuto che il “Gruppo” di Facebook, usato come veicolo per attrarre nuova clientela, assuma una valenza economica di avviamento commerciale. Conseguentemente, l’attività di un concorrente che “sottragga” utenti dal “Gruppo” di un imprenditore, anche attraverso la mera modifica del nome dello stesso, è qualificabile come atto di concorrenza sleale, in quanto tale nome può essere ricondotto alla tipologia dei segni distintivi “atipici” aziendali meritevoli di tutela. È illegittimo il provvedimento di un giudice nazionale che imponga l’utilizzo di un sistema di filtraggio di files ad un fornitore di accesso ad Internet. Nel giugno 2007, il presidente del Tribunal de Première Instance de Bruxelles condannava un fornitore di accesso a Internet ad adoperarsi per far cessare lo scaricamento di files illegali da parte dei suoi clienti, contenenti opere musicali del repertorio della società di gestione belga (la SABAM) attraverso programmi c.d. “peer-topeer”. La Court d’Appel de Bruxelles, adita dal fornitore di accesso ad Internet, si è rivolta alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per sapere se tale provvedimento sia legittimo sulla base del diritto comunitario. La Corte di Giustizia, con la sentenza resa nella causa C-70/10, ha stabilito che un 1 provvedimento di tal genere comporterebbe un obbligo di sorveglianza attiva in capo ai fornitori di accesso ad Internet, ponendosi quindi in contrasto con quanto previsto dalla Direttiva sul Commercio Elettronico (2000/31/CE). In applicazione della menzionata norma europea, infatti, i fornitori di accesso a Internet godono dell’esenzione dall’obbligo generale di sorveglianza dei contenuti che sono veicolati attraverso i propri servizi, purchè ricorrano determinate condizioni ivi specificate. Il provvedimento emesso dal tribunale di prima istanza di Bruxelles contrasterebbe anche con i diritti fondamentali dei clienti del fornitore di accesso ad internet, che, da un lato, vedrebbero così limitata la propria libertà di inviare e ricevere files; dall’altro i messaggi inviati dagli utenti e i contenuti caricati dagli stessi sarebbero continuo oggetto di analisi e scansione in aperta violazione delle norme sulla privacy. Il c.d. “Decreto Monti” modifica anche il Codice della Privacy italiano in tema di protezione dei dati personali. Dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011 a seguito delle quali si escludeva l’applicazione del Codice della Privacy (D. Lgs. n. 196 del 30 giugno 2003) ai rapporti intercorrenti tra persone giuridiche per finalità amministrativo-contabili, il D. L. n. 201 del 6 dicembre 2011 (c.d. “Decreto Monti”) prevede ulteriori semplificazioni per le persone giuridiche. Il Codice della Privacy, infatti, non trova più applicazione nei confronti degli enti, salvo che in materia di telemarketing. Continuerà, ad esempio, ad applicarsi alle persone giuridiche la disciplina relativa all’inserimento dei dati all’interno degli elenchi degli abbonati che non desiderano ricevere offerte commerciali. Si segnala che tale modifica normativa allinea l’Italia alla disciplina vigente in materia di trattamento dati personali nella maggior parte degli altri Paesi europei. È entrata in vigore la Direttiva 2011/83/UE in tema di tutela dei consumatori: alcune novità rilevanti dovranno essere riflesse nelle legislazioni nazionali. La Direttiva 2011/83/UE (la “Direttiva”) intende, da un lato, rafforzare i diritti dei consumatori; dall’altro tenta di dare nuovo impulso alle vendite a distanza transfrontaliere, incluse quelle via internet. La Direttiva, peraltro, prevede espressamente che gli Stati membri non possano introdurre previsioni anche più stringenti rispetto a quelle dettate in sede comunitaria. Si tratta di una previsione che ha l’evidente scopo di ottenere un’armonizzazione tra le discipline dei vari Paesi appartenenti all’Unione. Riportiamo di seguito alcune delle modifiche più rilevanti che, a livello italiano, dovranno essere recepite all’interno del Codice del Consumo entro il prossimo 23 novembre 2013: il periodo entro cui i consumatori potranno esercitare il proprio diritto al ripensamento e quindi recedere da un contratto concluso al di fuori dei locali commerciali è innalzato a 14 giorni dagli attuali 10 giorni. Resta, invece, ferma l’impossibilità di esercitare tale diritto con riferimento, tra gli altri, a contenuti audiovisivi e software che siano stati aperti e per contenuti digitali; è istituito un periodo massimo di 30 giorni dalla conclusione del contratto entro cui la merce acquistata deve essere consegnata. Nel caso in cui tale termine non sia rispettato, il consumatore potrà fissare un nuovo termine per la consegna a suo piacimento. Se anche in questo caso la merce non viene consegnata tempestivamente, il consumatore potrà recedere dal contratto, con conseguente rimborso di quanto eventualmente già pagato. Al momento, il nostro Codice del Consumo prevede un termine per la consegna solo con riferimento ai contratti conclusi tra professionisti e consumatori nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal professionista, 2 che, per la conclusione dello stesso, si avvale di tecniche di comunicazione a distanza; sono imposti obblighi informativi più stringenti per il venditore; ad esempio, in materia di acquisti effettuati attraverso siti internet, dovrà essere reso chiaro al consumatore che con l’invio di un ordine sorge l’obbligo ad acquistare il bene che ne è oggetto. Cina – Verso una possibile nuova modifica della legge marchi. Lo State Council’s Legislative Affairs Office cinese ha recentemente pubblicato per consultazione pubblica una proposta di modifica dell’attuale legge marchi nazionale. Il documento propone una serie di modifiche alla legislazione esistente, alcune delle quali di possibile notevole rilevanza pratica. Di seguito sono riportate alcune tra le principali modifiche proposte. Viene innanzitutto considerata l’estensione della definizione di marchio registrabile, che finirebbe ora per includere, in linea con quella che ormai è la prassi internazionale, anche eventuali marchi di colore e marchi sonori. Di particolare interesse da un punto di vista pratico sono le modifiche relative al deposito delle domande di registrazione dei marchi: diventerebbero infatti possibili le c.d. registrazioni “multi-classe”, ovvero non sarebbe più necessario presentare un’autonoma domanda di registrazione per ciascuna classe di prodotti e/o servizi, con evidenti vantaggi in termini di tempi e costi per la registrazione. É inoltre prevista l’istituzione di una procedura di registrazione su base esclusivamente telematica. Rilevanti novità sarebbero previste in materia di registrazione del marchio in malafede: sarebbe introdotta la possibilità del rifiuto di una registrazione ove confondibile con marchi famosi di cui il registrante fosse a conoscenza in conseguenza di rapporti pregressi (come spesso accade in occasione di contratti con distributori o simili fattispecie); inoltre, l’esistenza di marchi molto noti potrebbe costituire causa del rifiuto di registrazione di prodotti anche in classi merceologiche diverse da quella per cui gli stessi sono registrati. Al fine di limitare possibili opposizioni in mala fede alle registrazioni di terzi, sarebbe inoltre previsto che una procedura di opposizione possa essere ora iniziata solo da titolari di marchi anteriori o comunque da soggetti interessati (e non da “chiunque”, come nell’attuale formulazione). Le nostre sedi: Roma I-00187 Via XXIV Maggio 43 Tel.: +39 06 466221 Fax: +39 06 46622600 Email: [email protected] Londra W1J 6HF 20 Berkeley Square Tel.: +44 20 75691500 Fax: +44 20 75691501 Email: [email protected] Pechino 100022 36/F, Yintai Office Tower No.2 Jianguomenwai Ave, Chaoyang District Tel.+86 10 65633988 Fax: +86 10 65633986 Email: [email protected] Milano I-20121 Via G. Verdi 2 Tel.: +39 02 7215 71 Fax: +39 02 7215 7224 Email: [email protected] Bruxelles B-1150 23, Rue Montoyer Tel.: +32 2 7759900 Fax: +32 2 7759927 Email: [email protected] Shanghai 200040 Suite 4806, Wheelock Square 1717 Nanjing West Road Tel.:+86 21 6171 8585 Fax: +86 21 6171 8558 Email: [email protected] Torino I-10128 Via Montevecchio 28 Email: [email protected] New York NY 10020 One Rockefeller Plaza, Suite 2404 Tel.: + 1 212 6606400 Fax: + 1 212 6606401 Email: [email protected] Hong Kong S.A.R. Suite 3701, Edinburgh Tower The Landmark 15 Queen’s Road Central Tel: 852 3192 7070 Fax: 852 2810 0833 Email: [email protected] Intellectual Property, Privacy e Information Technology Practice Group Contatti: Marco Nicolini – Milano/Hong Kong - [email protected] Ida Palombella – Milano – [email protected] Altri contatti: Carlo Croff – Milano – [email protected] Francesco Tedeschini – Roma – [email protected] Vittorio Tadei – Roma - [email protected] Alessandra Pieretti – Milano – [email protected]