COLLEGIO DI NAPOLI composto dai signori: (NA) MARINARI

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COLLEGIO DI NAPOLI composto dai signori: (NA) MARINARI
Decisione N. 411 del 20 gennaio 2015
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI
Presidente
(NA) CONTE
Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) PARROTTA
Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) ROTONDO
Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(NA) QUARTA
Membro designato da
rappresentativa dei clienti
Associazione
Relatore ROTONDO GENNARO
Nella seduta del 22/12/2014 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente intrattiene presso l’intermediario, odierno convenuto, un conto corrente online.
Rappresenta che, a valere su detto conto, in data 10 febbraio 2014 viene eseguito un
“prelevamento” di € 615,35 relativo al pagamento di una bolletta per fornitura di energia
elettrica, il cui importo è stato tuttavia già corrisposto “con largo anticipo” (14 gennaio
2014) mediante bonifico bancario disposto su c/c presso altro intermediario”, ove in
precedenza è stata anche domiciliata l’utenza in discorso.
Riscontrato tale “errato addebito”, il cliente cerca di ottenere il “blocco immediato del
pagamento”, tramite il call center del convenuto, senza tuttavia riuscirvi. Dopo una lunga
interlocuzione con il fornitore volta ad ottenere il “rimborso del pagamento”, ma conclusasi
senza successo, la parte riferisce di avere a questo punto richiesto alla banca “il rilascio di
una nota a chiarimento che relazionasse in virtù di quali presupposti” è stato consentito il
pagamento e di avere appreso, a distanza di qualche giorno a mezzo telefonico, che il
pagamento è stato “eseguito in assenza di autorizzazione”.
“Preso atto di quanto comunicato” per le vie brevi, richiede “il rilascio di una risposta per
iscritto, al fine di supportare la denunzia penale in danno” del fornitore, il quale peraltro,
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con valuta 25 marzo 2014, procede “ad un ulteriore prelievo di € 451,33 ovviamente
sempre in assenza di autorizzazione all’addebito”.
Il 1° aprile, il ricorrente rinnova l’istanza documentale avanzata all’intermediario,
chiedendo nel contempo copia del contratto di conto corrente “unitamente al prospetto
riepilogativo delle condizioni economiche praticate”.
Rende noto che, “nelle more”, il fornitore ha proceduto al rimborso dell’importo prelevato
“illegittimamente” nel mese di febbraio 2014, senza riconoscere “alcunché a titolo di
interessi bonus punti”.
Tutto ciò premesso, adito l’Arbitro Bancario Finanziario (con ricorso del 16 giugno 2014),
la parte contesta la condotta “contra legem” tenuta dall’intermediario, i cui mancati riscontri
per iscritto sostiene abbiano causato un danno economico che individua nella mancata
fruizione dei “punti bonus energia di € 50,00”, che avrebbero potuto essere compensati
con la successiva bolletta, se la banca non avesse acconsentito al secondo “illegittimo”
addebito RID. Il ricorrente evidenzia altresì l’ulteriore nocumento rappresentato
dall’impossibilità di sporgere denuncia penale nei confronti del fornitore. Conclude
sottolineando il “profondo turbamento” causato dalla vicenda, in ragione della
constatazione che un “operatore qualunque può autonomamente prelevare qualsivoglia
pagamento, diffondendo anche una forma di incertezza operativa sul proprio rapporto di
conto corrente”.
Il ricorrente pertanto chiede “in via equitativa il risarcimento di tutti i danni diretti e indiretti
patrimoniali e non patrimoniali oltre le spese di soccombenza, a causa della condotta
tenuta dall’istituto bancario”.
In sede di controdeduzioni (dell’8 settembre 2014), la resistente descrive come segue le
circostanze della controversia.
Con reclamo del 1° aprile 2014, il ricorrente chiede alla banca di rilasciare una
dichiarazione attestante la mancata autorizzazione del cliente all’addebito di due flussi RID
provenienti dal fornitore nei mesi di febbraio e marzo 2014. Con la medesima
contestazione chiede copia del contratto di conto corrente e delle relative condizioni
economiche.
La convenuta riscontra le istanze, inoltrando dapprima copia del contratto richiesto e,
successivamente, fornendo i dovuti chiarimenti in merito ai flussi RID ricevuti (nota del 10
aprile).
Con specifico riferimento a questi ultimi, rappresenta che, sulla base delle proprie
verifiche, è emerso che in data 17 gennaio 2014 la banca ha ricevuto un “flusso elettronico
di allineamento” relativo ad una delega inserita dal fornitore (avente codice
056361920826904T). Il successivo 31 marzo è poi pervenuto alla banca un’”ulteriore
flusso elettronico di allineamento RID” a favore dello stesso fornitore (cod.
056361960909353). Proprio con riferimento alla prima delega, a febbraio e a marzo 2014
sono pervenute dal fornitore due richieste di addebito per importi rispettivamente di €
615,35 ed € 451,33. Non risultano invece pervenute richieste di pagamento relative alla
seconda.
Di tali verifiche la banca notizia il cliente sia telefonicamente, sia per iscritto. In conformità
alla PSD nonché alle condizioni generali di contratto di conto corrente, rammenta, inoltre,
a quest’ultimo di poter chiedere il rimborso delle transazioni non autorizzate o autorizzate
per importo differente rispetto a quello addebitato.
Rende noto che, ad oggi, la contestazione delle transazioni non è mai stata effettuata.
Dichiara che non corrisponde, pertanto, al vero quanto riferito in ricorso dal cliente in
merito al fatto che la banca non abbia fornito riscontro al reclamo.
Osserva ancora che, dalla lettura del ricorso, si evince che, successivamente al reclamo, il
ricorrente si è rivolto anche al fornitore, ottenendo il rimborso della prima transazione di €
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615,35. Con la comunicazione di rimborso, il fornitore ha riconosciuto espressamente
l’errore commesso non solo con riferimento al RID ma anche al “bonus punti di 50 euro”,
anch’esso oggi contestato alla banca.
Ciò posto, evidenzia che la pretesa del ricorrente è volta ad ottenere dalla banca un
risarcimento del danno per aver ostacolato “in assenza di un necessario riscontro
documentale (...) la possibilità di presentare circostanziata denunzia penale” in danno del
fornitore. “In sostanza, il cliente contesta alla banca di non avergli dato supporto per poter
denunciare penalmente” il fornitore “e, da questo fatto, pretende di ottenere un
risarcimento”.
“Alla luce di quanto sopra”, l’intermediario ritiene che la domanda di risarcimento sia del
tutto infondata e che “Inoltre non è stata fornita in alcun modo la prova dell'eventuale
danno subito né del rapporto di causalità fra tale danno e l’asserita condotta imputabile
alla banca, peraltro legittima”. “Ne consegue che il danno lamentato non può dirsi né
allegato nei suoi elementi costitutivi, né tantomeno adeguatamente provato”.
L’intermediario, dunque, domanda che il ricorso sia rigettato in quanto infondato in fatto e
in diritto.
Il ricorrente, con e-mail dell’8 settembre 2014, rende noto di non avere ricevuto il riscontro
che la convenuta asserisce di avere inoltrato al suo indirizzo di posta elettronica ordinario
(ciò nonostante egli sia dotato anche di un indirizzo pec). Evidenzia, quindi, che
l’intermediario “non affronta il problema sollevato (…) come mai sarebbero stati eseguiti i
pagamenti RID”.
DIRITTO
La questione sottoposta all’esame del Collegio attiene a contestazioni inerenti al rapporto
di fornitura di energia elettrica e alla circostanza che la banca avrebbe consentito un
pagamento, già eseguito dall’utente.
Preliminarmente va specificato che il ricorrente, avendo ottenuto dal fornitore il rimborso di
quanto illegittimamente addebitato, lamenta nei confronti dell’intermediario soltanto la
mancata collaborazione prestata nella vicenda, che gli avrebbe impedito la fruizione dei
“punti bonus energia € 50,00”, oltre l’ulteriore nocumento rappresentato dall’impossibilità di
sporgere denuncia penale nei confronti del fornitore.
In sede di repliche, ribadisce inoltre di non aver ricevuto gli asseriti riscontri alle proprie
richieste, in ordine ai quali l’intermediario fornisce le attestazioni degli inoltri a mezzo mail
dell’1 e del 10 aprile 2014.
Anzitutto, dalla documentazione versata in atti, risulta che gli addebiti sul conto erano
autorizzati in base alle previsioni SEPA Direct Debit (“SDD”). È opportuno ricordare che
l’addebito SEPA – come già il RID – è un servizio di incasso, basato su un mandato del
debitore al creditore, implicante un’autorizzazione al prelievo di fondi direttamente dal
conto di addebito. In sostanza, e a differenza della delega RID, il mandato SEPA viene
rilasciato dal debitore esclusivamente all’impresa creditrice che – a valere appunto sul
mandato firmato dal proprio cliente – avvia la riscossione delle somme dovute attraverso
la banca.
Risulta infondata, quindi, l’affermazione del ricorrente relativa alla mancanza di
autorizzazione alle operazioni di addebito a favore del fornitore. A riprova di tale
circostanza, l’intermediario ha prodotto le evidenze contabili attestanti la natura degli
addebiti in questione.
Alla luce di quanto affermato, delle risultanze istruttorie, nonché dei chiarimenti resi dal
fornitore dai quali emerge – oltre all’intervenuto rimborso dell’addebito e alla rimessione in
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termini per il bonus – anche l’assenza di una condotta negligente della banca, motivo per
cui il Collegio ritiene non sussistano i presupposti per il richiesto risarcimento dei danni, tra
l’altro non oggetto di alcun riscontro probatorio da parte dell’istante. Difatti, per valutare la
fondatezza giuridica della domanda è necessario, prima di tutto, ricostruire i dati fattuali
allegati a conforto della richiesta risarcitoria, essendo incontrovertibile che chi proponga
una domanda di risarcimento debba provare (ex art. 2697 c.c.), prima, il fatto illecito dal
cui compimento scaturirebbe il danno, per dimostrare, poi, la concreta esistenza nonché la
consistenza del danno stesso, eziologicamente collegabile all’illecito (in tal senso, tra le
altre, Collegio di Milano, decisione n. 608/2011; decisione n. 1673/2014; Collegio di
Napoli, decisione n. 876/2014).
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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