sostieni la bıodınamıca - Associazione per l`Agricoltura Biodinamica

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sostieni la bıodınamıca - Associazione per l`Agricoltura Biodinamica
I S C R I Z I O N I
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A B B O N A M E N T I
2 0 1 1
L’agricoltura è un patrimonio da salvare
Associazione per l’Agricoltura Biodinamica ~ Via privata Vasto, 4 ~ 20121 ~ Milano ~ telefono 02 29002544 ~ fax 02 29000692
anno XVII ~ Bollettino n.95 ~ marzo/aprile 2011 ~ Direttore responsabile: Maria Cristina Bolognesi ~ www.biodinamica.org
1.
sostieni la bıodınamıca
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dinamica
Da una conferenza di Giuseppe Leonelli
CORSI E INCONTRI
Le api e l’uomo
Riunione sezioni a Bologna
e Pasta Madre
Nell’ottobre 1995, alla Zelata, durante il corso di apicoltura organizzato dall’Associazione
biodinamica e da Guglielmo Petrelli, il dottor Giuseppe Leonelli tenne una conferenza
sul rapporto tra le api e l’uomo che molti ricordano ancora: chiara, profonda
di straordinario interesse non soltanto per chi fa l’apicoltore. A breve tempo dalla
sua scomparsa (avvenuta il 28 dicembre scorso), vi proponiamo il suo pensiero sul prezioso
mondo delle api. È il nostro modo di ricordare Giuseppe Leonelli su queste pagine,
e di ringraziarlo per avere accompagnato per tanti anni con pazienza e dedizione
gli agricoltori biodinamici nel loro cammino di conoscenza.
(Il testo completo può essere richiesto alla segreteria dell’associazione biodinamica, Milano)
di Giuseppe Leonelli
S
ONO STATO INVITATO ad intervenire nel vostro
corso sulle api. Non che io sia un esperto,
e il punto di vista da cui posso parlarne, e che
anche mi è stato richiesto, è quello del rapporto
tra le api e l’uomo. Un rapporto fondamentale,
non solo dal punto di vista della medicina. Esiste
una tradizione antica, la cosiddetta “api puntura”,
che qualche medico ha riabilitato, secondo la
quale (l’insetto viene utilizzato in modo piuttosto
egoistico) si può usare proprio la puntura
dell’ape, soprattutto nelle malattie di tipo artroreumatico, nelle periartriti scapolo-omerali
o delle anche. Nella medicina omeopatica
e antroposofica l’ape viene usata come rimedio
principe di tutte le forme infiammatorie acute
accompagnate da tumefazione, calore, rossore,
dolore come una tonsillite, un’otite, un ascesso,
una cistite acuta, in qualunque episodio
dell’organismo sia caratterizzato da flogosi, l’ape
diluita in terza, quarta, sesta decimale (D3 – D4
– D6) può avere questa utilità. La si usa anche
combinata con altre sostanze, per esempio
nel trattamento di alcune nevralgie, le nevralgie
di tipo sciatico, le dorsalgie, in diluizioni ancora
più alte, decima, ventesima, trentesima decimale
(D10 – D20 – D30). Può essere usata in alcune
forme di debolezza generale, in quanto l’ape
trasferisce nell’organismo una grande forza
di calore e attiva potentemente tutta
la circolazione del sangue e in particolare
il cuore; in soggetti delicati una puntura d’ape,
un’iniezione d’ape, può produrre tachicardia.
Ma il legame tra le api e l’uomo non è solo
quello dell’uso che se ne fa in medicina.
L’ape ha avuto un rapporto con l’uomo fin
dall’antichità. Ricordo qui l’osservazione che
ho trovato anche nel libro di Matthias Thun (ndr
“Apicoltura” ed. Antroposofica, Milano), di come
le api abbiano in realtà bisogno dell’uomo quanto
l’uomo ha bisogno delle api. Ci si potrebbe anche
chiedere, come fa Thun in questo corso del 1992:
ma l’ape è un animale selvatico o un animale
domestico? La risposta è che non è né l’uno né
l’altro e, tuttavia, è un animale profondamente
legato all’uomo. L’uomo ha presto appreso
a servirsi del miele e dell’ape. D’altronde le api
si sono valse dell’aiuto umano, della protezione
umana contro i parassiti, gli aggressori esterni.
Il legame così caratterizzato però, è guardato
solo sotto il profilo utilitaristico, di reciproco
vantaggio, che indubbiamente c’è, ma non
è l’unico tra le api e l’uomo. Vi è un legame molto
più profondo, che gli antichi sentivano ancora
più intensamente di noi, proprio perché
la coscienza antica era in grado di osservare
la natura in maniera veggente, vedendo
attraverso di essa il manifestarsi di qualità divine.
Per gli antichi l’ape era un essere semi divino.
E questo non lo dicono solo i poeti, ma lo diceva
anche Aristotele: il primo degli antichi che tratta
delle api in maniera scientifica riconoscendo,
tuttavia, che c’è in loro qualcosa di divino.
Questo aspetto divino veniva descritto in modo
mitologico, dipinto in varie maniere. Per esempio,
si diceva che sulla bocca di Virgilio ancora
bambino si fossero posate delle api e che questo
era un segno profetico, un presagio del fatto
che questo bambino sarebbe divenuto poi il più
grande poeta dell’antichità, il poeta più amato
in Europa per tutto il Medioevo. Fino al 1400,
Virgilio era il maestro, il mago, era guardato nel
mondo cristiano come colui che aveva addirittura
preannunciato la venuta del Cristo in uno dei suoi
poemi. Lo si studiava con la stessa dedizione
e attenzione con cui i Greci avevano studiato
Omero formando sulle sue opere la loro cultura.
Così in Europa in epoca cristiana studiare
l’Eneide, le Georgiche, le Bucoliche significava
formarsi una cultura. Quelle che noi oggi
chiameremmo “saghe” nascevano da
un’elaborazione particolarmente profonda,
rimeditata: gli antichi avevano il tempo
di pensare molto a lungo tutto quello
che scrivevano; non come oggi che si scrive
e si pubblica subito. Virgilio addirittura pensò
che la sua opera dovesse venire bruciata perché
non aveva potuto rifinirla perfettamente come
avrebbe voluto e rifinirla significava studiare
attentamente i rapporti tra l’inizio e la fine
dell’opera stessa, di un canto, tra le parole usate
nel verso; cercare suoni e vocaboli che fossero
adeguati alla scena rappresentata. Nulla doveva
essere affidato al caso: la scelta delle metafore, dei
paragoni, dei miti doveva essere misteriosamente
collegata all’azione che veniva raccontata. C’era
una sapienza costruttiva che poi permetteva a chi
studiava queste opere di trovare in esse molto più
della gioia o del piacere delle belle immagini, ma,
appunto, la possibilità di venire nutriti da una
sapienza nascosta nell’opera stessa. Virgilio
è forse, di tutti gli autori dell’antichità, quello
che con più intensità ha dedicato attenzione
al mondo delle api. Un’intera delle sue Georgiche,
la quarta, è proprio dedicata alle api. Nello
scriverla egli si serve della trattazione scientifica
di Aristotele, ma la formula poeticamente; cerca
immagini, cerca parole, cerca suoni che
in qualche modo avvicinino questo essere
che è l’ape. Leggendo Virgilio si può avere una
testimonianza del modo in cui gli antichi
vedevano l’elemento spirituale al di là della fisicità
dell’insetto, di come abbiano concepito questo
essere e il suo legame con l’uomo.
Dal poema emerge l’idea che l’ape sia un essere
donato dagli Dei, dai quali riceve doni speciali.
Li riceve per una questione di gratitudine. Giove,
da piccolo, dovette essere nutrito di nascosto dal
padre che altrimenti l’avrebbe divorato. Nascosto
in una grotta fu nutrito col miele. Giove, grato alle
api per avergli salvato la vita, fece loro il dono della
partecipazione, come dice Virgilio, alla mente
divina. Le api sono quindi partecipi della mente
di Dio. Per questo il luogo dove vanno a disporsi
quando lo sciame si allontana dall’alveare, veniva
giudicato come un’indicazione significativa e
sacra. I loro comportamenti venivano studiati
come indici del divenire della realtà e addirittura
come profezie delle qualità spirituali degli uomini
o dei luoghi. Questo era il dono divino. È qualcosa
che nel mondo antico compare anche nella
lettura delle viscere degli animali sacrificati.
Ma nel caso dell’ape non c’era da aprire nulla,
da uccidere nessuno, un po’ come per il volo
degli uccelli. Le api erano, testimonianze viventi
dell’operare delle divinità, del tramare del destino,
ed erano d’aiuto all’uomo, perché osservandole
potesse presagire gli avvenimenti. Le api venivano
in aiuto agli uomini perché davano il miele
ma anche perché offrivano questi elementi
di presagio; erano partecipi della mente divina.
Virgilio arriva addirittura a dire che le api non
respirano l’aria come tutti gli altri animali ma
etere celeste. Immaginava che il loro organismo
si nutrisse della sostanza più sottile del mondo.
Questo è, un esempio del modo di sentire
il legame tra l’ape, l’uomo e il divino.
Un altro modo che l’antichità aveva di cogliere
questo legame col divino era l’osservazione, come
anche facciamo noi ora, di quello che l’ape crea e
costruisce; dall’osservazione della famiglia delle
api, così meravigliosamente regolata, nasceva la
convinzione che fosse l’espressione
di una saggezza divina i cui prodotti, il miele
e la cera, erano guardati come doni celesti.
Il miele in particolare veniva usato come
alimento nell’antichità, ma se ne conoscevano
anche altre virtù, per esempio, quella della
conservazione. Si dice che nell’antico Egitto
il miele entrasse nelle sostanze usate per
l’imbalsamazione. Virgilio nelle Georgiche arriva
a dire che il miele cade dal cielo e che le api
non fanno altro che raccoglierlo. È un’immagine
ingenua, se volete, ma basta non prenderla alla
lettera, pensando così che gli antichi fossero
stolidi. Noi oggi diciamo la stessa cosa in un
altro modo, sapendo che il miele non è altro che
la concentrazione, elaborata attraverso il primo
tratto del tubo digerente dell’ape, del nettare; il
miele è nettare trasformato. Trasformato perché
risucchiato attraverso la proboscide e mandato
momentaneamente nella borsa del miele;
in successive risalite e ridiscese viene a poco
a poco disidratato, privato di acqua e arricchito
di enzimi, per essere infine, come sapete,
rigurgitato dall’ape bottinatrice all’entrata
dell’alveare e assunto dalle altre api dell’arnia,
che lo elaborano e lo depongono nelle cellette.
Quindi il miele è nettare passato addirittura
attraverso più api, che porta questa qualità
celeste, che è poi la sua dolcezza.
L’altra qualità celeste, se volete colta nel modo
un po’ prosaico del mondo d’oggi, è il potere
battericida o batteriostatico del miele. Nel 1900,
Giuseppe Leonelli
Un maestro di consapevolezza
Le testimonianze di chi negli anni lo ha incontrato
E
RA IL 1976, AVEVO 25 ANNI e un fastidioso
disturbo che avevo cercato di curarmi
in vari modi, senza successo. Decisi
di provare con l’omeopatia di cui non sapevo
quasi nulla. Chiesi consiglio e una persona,
che non ho mai più visto, mi indicò “un giovane
medico, che lavora nel movimento degli asili
antiautoriari”. E così andai dal dottor Leonelli,
del tutto ignara; trovai una persona molto
disponibile, attenta, estremamente rispettosa,
con uno sguardo profondo, che mi faceva
strane domande e mi prescriveva ancor più
strani medicamenti. In pochi mesi il mio
disturbo passò e io continuai ad andare
da lui per affrontare altre questioni, senza
sospettare nulla dei fondamenti della medicina
antroposofica. Quando, nel 1980, frequentai
il primo corso di antroposofia della Zelata,
me lo trovai di fronte in veste di conferenziere
e così cominciai a riflettere, a leggere, a capire.
Mi si aprì letteralmente un mondo nuovo.
Ben presto fui conquistata dall’antroposofia
così ben vissuta e comunicata dal “mio” dottore.
Da allora non solo ho sempre seguito i corsi
della Zelata dove il dott. Leonelli ha tenuto
impareggiabili conferenze sino al 2008,
ma ho continuato a tessere il legame
terapeutico con lui, soprattutto quando
i tempi sono diventati più duri. Quanta
generosa disponibilità, quante illuminanti
conversazioni, quanta cura per il mio fisico,
la mia anima, il mio spirito. A lui devo
moltissimo: mi sono sempre sentita
accompagnata nel mio cammino, a volte arduo
e tormentato, con profondità e leggerezza,
sapienza e senso dell’umorismo, rispetto
e partecipazione. In lui lo spirito era esperienza
di vita, la libertà dell’uomo il massimo valore
da rispettare, la speranza sempre viva
nonostante la lucida analisi sulla criticità
dei tempi. Pochi mesi fa mi ha scritto
un prezioso messaggio dove diceva
che “la condivisione e la consapevolezza
del comune destino sono un dato della
condizione umana, e non un’opzione, un atto
di generosità. La vita è una e nessuno può star
bene finché altri soffrono”. Questa consapevolezza
certamente ha ispirato la sua vita e di questo
gli sono profondamente riconoscente.
Vittoria Cirillo Dal Verme
I
Milano, 1 febbraio 2011
L RICORDO È NITIDISSIMO.
A fine anni ‘70 eravamo in Zelata, al primo
corso sulla biodinamica. Tutto era molto semplice.
Come aula c’era la scuderia, era lì che ci si sedeva.
Si sentivano nitriti, c’era profumo di fieno,
e bisognava vigilare affinché la legna nella stufa
in muratura non si spegnesse. Ma, tra la trentina
di presenti che erano arrivati per indagare
su questa nuova e sconosciuta corrente agricola
chiamata biodinamica, vi erano giovani che
nel prossimo futuro sarebbero diventati i fautori
della biodinamica italiana.
A metà corso iniziarono le domande per
sapere che cosa significasse questa Antroposofia
da cui discendeva la biodinamica, e chi fosse
questo sconosciuto Steiner. Dopo qualche
riflessione, Edda Sanesi propose un certo
Giuseppe Leonelli: giovane ex contestatore,
attualmente medico antroposofo. Venne dunque
invitato Leonelli, lo vedo ancora! Allampanato,
giovanissimo. Parlò a lungo. Da quel momento
tutto l’incomprensibile divenne comprensibile,
tutti furono incantati… la magia era fatta!
Da allora Leonelli visitò sovente le Cascine
Orsine, per partecipare ai corsi di agricoltura, per
tenervi un seminario agricolo varie volte l’anno,
e poi per il noto corso di Antroposofia (che
divenne una data miliare nel mese di gennaio)
cui confluivano, da varie parti d’Italia, persone
di ogni genere e categoria al punto che,
negli ultimi anni, bisognava chiudere
le iscrizioni per impedire l’accesso.
Leonelli non era soltanto un eccellente
oratore, semplice, poco enfatico, certo non facile,
ma chiaro e diretto, che emanava un grande
carisma durante le conferenze, e che portava
sempre libri e riviste dalle più diverse origini,
da cui leggeva tratti e brani che davano squarci
di luce sui suoi insegnamenti.
Però, Leonelli non era soltanto questo.
Egli era anche un medico straordinario,
un raffinato psicologo che seguiva casi delicati
in persone malate nel corpo, ma anche nello
spirito. Il suo studio era semplice, monacale,
direi quasi buio e quasi squallido. Il suo onorario
bassissimo e, con i nuovi malati, era sempre
accompagnato dalla domanda se era troppo
anche se, rispetto ad altri onorari, era minimo
e sempre seguito dalla ricevuta. Uno stile di vita
proprio non praticato da tutti!
Ora Leonelli è nel mondo spirituale, dopo
la lunga e penosa malattia. Durante il decorso
per quel tumore invadente sì assoggettò a tutti
i tormenti chemioterapici della medicina
tradizionale per fare in modo che i posteri,
in mancanza di guarigione, non avrebbero
incolpato la cura dell’Iscador, antidoto
antroposofico contro i tumori.
Comunque nessuna delle due medicine
è riuscita nei suoi intenti, e ora siamo tutti
un po’ orfani e soli...
Però Steiner dice che le anime morte
possono portare grande aiuto e sollievo
a noi mortali, purché li cerchiamo, purché
li contattiamo con spirito vigile, puro,
disinteressato, purché non ci accaniamo
tra di noi con dispute egocentriche.
Che questo possa avvenire con l’aiuto di tutti
quelli che attualmente lasciano la terra avendo
propagato questo metodo innovativo, che potrebbe
segnare una svolta decisiva per l’evoluzione
della terra nel prossimo futuro. E che
l’irradiazione di Leonelli, che per molti è stato
illuminante, possa far scendere nei nostri cuori,
nella nostra anima, nel nostro spirito, quel senso
di reciproca tollerante comprensione che
Leonelli cercava di insegnare, unita alla proposta
di portare nell’azione quei nobili ideali, sovente
troppo difficili e cerebrali, che vanno tradotti
nella concretezza dell’azione presente.
Giulia Maria Crespi
***
N
EGLI ANNI OTTANTA del secolo ormai
passato si svolgevano alla Zelata degli
incontri con un gruppo di agricoltori
e tecnici per studiare insieme il corso
di Koberwitz, erano stati avviati da Aldo Barbero
e poi proseguiti per diversi anni da me.
Successivamente coinvolsi Giuseppe Leonelli,
che poi gestì questi incontri fino a pochi anni fa
con grande competenza e dedizione. Ciò fu
l’occasione per una serie di riflessioni comuni
su alcuni temi di fondo della conferenze di Rudolf
Steiner. Uno degli aspetti più innovativi proposti
in questo corso è la sollecitazione a volgere
lo sguardo non al sempre più piccolo, al mondo
della analisi, ma al grande mondo intorno a noi,
al cosmo e alle sue forze, a un aspetto d’insieme,
IL 5 PER MILLE ALL’ASSOCIAZIONE PER L’AGRICOLTURA BIODINAMICA
Rimane in vigore la possibilità fiscale di destinare a organizzazioni non profit il 5 per mille delle imposte.
Pensa alla Terra. Destina il tuo 5 per mille alla Biodinamica
Se in tanti ci ricorderemo di compiere questo semplice gesto, l’Associazione Biodinamica potrà contare su nuove, importanti risorse.
Nello spazio dedicato alla scelta per la destinazione del cinque per mille sulla dichiarazione dei redditi (modelli CUD, 730/bis, UNICO) è necessario:
1. firmare nell’area “Sostegno del volontariato”
2. inserire il codice fiscale dell’Associazione Biodinamica: 03665390153
non prima di allora, si fece l’esperimento
di inoculare nel miele ceppi di batteri, colonie
batteriche - quelle del tifo, quelle della
dissenteria e così via - e si vide che nel miele
solido questi ceppi batterici morivano in capo
a due giorni, in un giorno solo se lo si diluiva
con acqua. Il miele, si è dedotto, ha un’azione
battericida, batteriostatica, è puro e conserva
puro se stesso e ciò che viene immesso dentro
di esso. Su questo sono stati fatti diversi lavori:
si è cercato di capire da cosa dipendesse questa
azione inibitrice e si sono scoperte alcune cose.
Per esempio, che l’ape operaia immette nel miele
un enzima che ha la capacità, soprattutto
quando il miele è diluito, di agire sull’acqua.
Quindi quando la quantità di acqua torna
ad aumentare questo enzima introdotto dalle
api operaie nel miele diventa attivo e nella sua
attività trasforma l’acqua in acqua ossigenata,
che è battericida.
Si è anche scoperto che il polline viene
in qualche modo protetto dal miele e che
la propoli ha a sua volta un’azione battericida
e batteriostatica. È anch’essa elaborata dalle api
a partire da una sostanza resinosa tratta dalle
piante che l’ape bottinatrice raccoglie nei suoi
cestelli e che, ancora una volta le api della casa
tirano via, sfilandola proprio dal cestello per
metterla là dove l’alveare presenta delle rotture
di continuità, oppure per rivestire “estranei” che
non possono allontanare. La propoli forma una
specie di rivestimento interno dell’arnia che
segue in seconda pagina
sintetico. In questa luce va visto anche il mistero
della fecondazione, nel mondo vegetale, animale
e umano, un tema caro a Giuseppe Leonelli
in particolare per quanto riguarda l’uomo e la vita
del bambino piccolo. Il Vangelo di Luca, che ci
parla in modo così delicato e sentito della natività,
gli era in questa ottica particolarmente vicino.
Le sue riflessioni conducevano a un aspetto
immaginativo che vedeva da un lato, nella madre,
un primo aspetto cosmico, l’attività delle forze
lunari che danno forma e aiutano l’incarnazione
grazie all’utero materno, dall’altro, nel bambino,
un secondo aspetto cosmico, l’attività delle forze
solari, legate anche alla sfera del cuore della
madre che accoglie l’essere spirituale del bambino
in una specie di immacolata concezione. Ricordo
il calore, vorrei quasi dire la passione con cui
Giuseppe Leonelli dialogava su questa tematica
così importante per una giusta comprensione
della natura spirituale dell’uomo, al contempo
anche per avvicinare la spiritualità della natura.
Nella sua introduzione allo studio di Thomas
J.Weihs sulla embriogenesi si trova una
rielaborazione scritta di queste riflessioni, con
una concretizzazione dell’aspetto immaginativo:
“Nell’immagine della Madonna Sistina
di Raffaello abbiamo più che un’ingenua
rappresentazione della maternità: la Madre
si alza sopra la terra-luna verso i cieli e di lì accoglie
uno dei molti esseri che guardano giù, lo porta
sulle braccia al mondo, alla luce del mondo”.
Stefano Pederiva
***
Arrivederci, caro Dr. Leonelli
Mercoledì, 9 febbraio 2011
ER 20 ANNI il Dr Leonelli ha condotto
il GRUPPO SCUOLA ZELATA con
inesauribile coraggio e impegno, fin quando
la salute glielo ha permesso. Con l’obiettivo
principale di cercare sempre un collegamento
tra l’antroposofia e la vita quotidiana immersa
nella cultura scientifica corrente, in questa
“Palestra biodinamica” anime attente sono state
stimolate dal suo esempio luminoso e caldo
a studiare, approfondire, cercare e costruire ponti
tra l’Antroposofia e la Scienza ufficiale, il mondo
delle Idee e la Pratica agricola biodinamica.
Abbiamo con lui ampliato i nostri confini
personali, esercitandoci a "presentare" ciò
che siamo riusciti a comprendere delle Verità,
con lo scopo di condividere e saper comunicare
con tutti il risultato del nostro lavoro.
Tanto scambio interno e con l’esterno, ma con
l’accompagnamento pregnante (nel vero senso di
inseminare) sempre vigile e amorevole di un Amico.
Questo il nostro Coro di Voci:
Solo un’immagine di lui che arriva con passo
veloce, i libri sottobraccio, il cappello e raggiunge
noi che lo stiamo aspettando per andare a Zelata.
Un’ esperienza di ricerca costante di un lavoro
profondo e “corale”, con un ottimo musicista
a dirigere. Il Maestro della scuola Zelata
ci ha portato a comprendere che ogni fenomeno
naturale è la manifestazione fisica dell’attività
di Entità spirituali e ci ha incaricati di portare
al mondo questa Verità. I suoi pensieri cristallini
e coerenti hanno sempre evocato in me profonde
risonanze. Una presenza che tutti percepivano
grazie al suo modo di porsi con umiltà
e disponibilità, nonostante possedesse un’elevata
cultura in tutti i campi; si è preso cura di noi
segue in seconda pagina
P
È convocata per il 19 marzo a Bologna,
alla scuola steineriana M. Garagnani, via
Morazzo 4/4, con il seguente ordine del giorno:
˜ struttura sociale della sezione, mansioni
e responsabilità; gruppi di studio su esperienze
pratiche; relazione sul lavoro tecnico-scientifico;
formazione degli agricoltori; ricerca fondi.
Contemporaneamente a scuola, nel pomeriggio,
si svolgerà la tavola rotonda Pasta Madre,
con l’incontro sui cereali. Info: Ass. Biodinamica
Milano tel. 02 29002544 [email protected]
Incontro di olivicoltura
in Puglia
Il 2 aprile, il gruppo di lavoro sull’olivicoltura
che si è formato al convegno, si ritrova in Puglia
presso l’azienda Cefalicchio di Canosa di Puglia
(Bt). In programma: visita alle ulivete e alle
strutture aziendali, scambio di esperienza pratiche,
guida alla degustazione di una decina di oli per
imparare a riconoscere la qualità attraverso il gusto,
conferenze di esperti e agricoltori del settore,
tra questi, Gianluigi Cesari, Gianni Pofi, Fabrizio
Rossi, Silvano Cristiani, Sergio Lecca (omeopatia
in agricoltura), Carlo Noro (preparati), Maurizio
Loconte. Si auspica la presenza di numerosi
olivicoltori biodinamici. Per chi arriva di lontano
è prevista l’ospitalità nel B&B aziendale. Info:
Ass. Biodinamica tel. 0229002544, az. Cefalicchio
tel. 0883 617601, 348 7430650 www.biodinamica.org
Piante officinali e paesaggio,
una conoscenza ampliata
della natura
Dal venerdì 17 giugno mattina alla domenica
19 a pranzo, lezioni teoriche ed esperienze
di osservazione della natura, nello splendido
paesaggio della provincia di Pesaro Urbino.
Relatori: Jochen Bockemühl, Stefano Pederiva,
Almut Bockemühl, Bas Pedroli e Karin Mecozzi,
Il corso è organizzato da Accademia Europea
per la Cultura del Paesaggio PETRARCA e Ass.
THALEIA. Info: Karin Mecozzi, tel. 0722 53191,
cell. 349 8383231, [email protected].
www.petrarca.info e www.biodinamica.org
Un seminario per lavorare
sull’autoeducazione
Alla Zelata dal 27 al 31 gennaio, L’Associazione
per l’Agricoltura biodinamica ha tenuto l’annuale
corso di antroposofia. È stato realizzato grazie
a Emanuela Portalupi, medico antroposofo, che ha
suggerito come conferenziere principale Peter Selg,
neoropsichiatra infantile, studioso e responsabile
dell’archivio Ita Wegman di Arlesheim (Ch). La
ringraziamo perché Selg ha contribuito in maniera
fondamentale a dare un nuovo orientamento
all’incontro che si è svolto in modo molto creativo
con un’impostazione indirizzata alla pratica
interiore. I partecipanti hanno potuto sperimentare
esercizi e meditazioni di Rudolf Steiner che
avevano come prospettiva lo sviluppo della
volontà, il pensare col cuore, la visione creativa
di ciò che è nuovo tra le macerie del nostro mondo.
Un grazie a Giulia Crespi, presidente onoraria
dell’Associazione biodinamica per la sua calorosa
partecipazione, a Lucy Milenkovic' per la sua
splendida traduzione di Selg, a Carlo Triarico, a
Emanuela Portalupi e Gigi Bellavita, ottimi relatori
cui dobbiamo la vita della rivista Antroposofia,
la loro presenza ha contribuito a rendere l’incontro
nuovo e importante. Significative e importanti
le attività artistiche condotte da Irma Stropeni
per la pittura e a Giovanna Galimberti per
l’euritmia. Grazie davvero a tutti coloro che
hanno reso possibile il corso perché si è andati
via soddisfatti, con la sensazione di portare con
sé a casa nuove capacità per la vita di tutti i giorni.
Una giornata di frutticoltura
omeopatica con Herbert Tratter
A Villa Giacomelli, Udine il 12 febbraio. Oltre
a spiegare il suo metodo per creare tinture madri,
diluizioni e dinamizzazioni alla M8 per agire sui
sintomi da carpocapsa, ticchiolatura e cocciniglia
(tecnica valida anche per varroa, limacce, mosche
della stalla, zanzare tigre e topi) e il loro impiego
nel frutteto, Tratter ha parlato della rigenerazione
delle piante da frutto. Le piante vecchie oggi
si sentono spaesate poiché non sono mai state
rigenerate tramite semina, bensì per riproduzione
vegetativa. Quest’anno, dopo 12 anni, il 31 maggio
Giove entra in Ariete, tempo ideale per seminare
nuovi alberi quali melo, pero, albicocco, ciliegio.
La semina è ottimale nelle Notti Sante (meglio
se in luna nuova) e Giove, protettore della forma
(sptt. tonda), della qualità e del colore creerà un
propizio trigono di calore esattamente alle 15.42
del 24 dicembre 2011. Prepareremo già in autunno
un’aiuola di 1/2 metro a cui toglieremo lo strato
erboso, praticheremo dei fori di 3-4 cm in cui
faremo cadere i semi raccolti durante l’estate
e bagneremo. Tratter ha ricordato che le nostre
piante sono quasi tutte ereditate dai persiani che,
conoscendo l’astronomia, praticavano semine
e fecondazioni mirate a precisione di minuti.
Importante se la semina avviene in condizioni
avverse: si sveglieranno nel seme caratteristiche
forti e a noi sconosciute. Il segreto dell’agricoltura,
secondo Tratter, è vivificare il terreno
con atteggiamento amorevole.
S.M.
Registrazione del Tribunale di Milano n. 306 del 27/5/95 ~ Poste italiane s.p.a. ~ Spedizione in abbonamento postale 70% ~ DBC Milano ~ Stampa: Tipografia Ammiano, via Isonzo 40/8 ~ Quinto dè Stampi ~ Rozzano (Mi)
C A M P A G N A
biodinamica ~ anno XVII ~ n.95 ~ marzo/aprile 2011
Associazione per l’Agricoltura Biodinamica ~ Bollettino gratuito ai soci ~ 2.
Viaggio nelle aziende biodinamiche italiane / 2
Visita all’azienda di Cristina Menicocci a Fabrica di Roma
A
VVICINANDOSI ALL’AZIENDA MENICOCCI
si incontra un paesaggio che
si è originato 85.000 anni fa in seguito
alle violente eruzioni del vulcano di Vico.
Piccoli borghi di tufo arroccati sulle alture, resti
di imponenti mura, il piccolo borgo di Faleri
testimoniano della civiltà dei Falisci, amici degli
Etruschi e vicini dei Romani dai quali furono
annientati. Proprio nei confini dell’azienda che
visitiamo si trova il complesso delle catacombe
di San Gratiliano e Santa Felicissima, risalenti
alla fase di espansione del cristianesimo.
In contrasto con l’atmosfera cupa e inquietante
delle vie funerarie e delle catacombe, su queste
terre vulcaniche leggermente ondulate
e attraversate da un piccolo fiume si percepisce
un’atmosfera solare. La presenza di cespugli
e alberi sempreverdi come pini marittimi,
cipressi e olivi, i prati verdi su cui pascolano le
pecore e gli animali dell’azienda, la luce intensa,
il calore insolito dell’aria, ci dicono che qui la vita
non si ritrae del tutto neppure nei mesi più freddi.
Ritroviamo l’atmosfera falisca anche in cantina,
dove sono pronte le nuove bottiglie di vino dai
nomi evocativi: Falesos, Stamnos, Falerii, Rhesan…
L’azienda ha 55 ha di superficie complessiva:
31 ha di vigneto (Trebbiano Toscano, Sangiovese,
Merlot, Montepulciano) di più di 35 anni d’età,
12 ha di noccioleto (Tonda Gentile Romana),
1 ha di oliveto. Il resto è bosco, pascoli, tare,
superfici occupate dagli edifici aziendali. Vigneto
e noccioleto sono dotati di impianto
di irrigazione di soccorso a goccia. Una strada
divide l’azienda in due corpi. Quando negli anni
‘80 Claudio Menicocci rilevò l’azienda di famiglia,
questa era gestita in modo convenzionale
e il Consorzio agrario dettava l’impiego dei mezzi
tecnici. Claudio è perito agrario ed enologo: fino
ad allora aveva lavorato come tecnico di cantina
per diverse cantine sociali. In quell’ambiente egli
sentì parlare per la prima volta di ”agricoltura
naturale”. La gestione convenzionale aveva
portato all’insorgere di numerosi problemi
agronomici nell’azienda, perciò decise
di cambiare registro e iniziò a lavorare come
agricoltore sperimentatore di nuove strade.
Nel 1993 l’azienda ottenne la prima certificazione
biologica in conformità al Reg. CE 2092/91.
La ricerca andava avanti: nel 1997 Claudio
incontrò Marcello Lo Sterzo, lo sentì parlare
di agricoltura biodinamica e ne rimase affascinato.
Per tre anni sperimentò silenziosamente
l’applicazione del metodo biodinamico nella sua
azienda e, convintosi della bontà del metodo,
Al convegno di Dornach
Biodinamica al bivio
di Carlo Triarico
I
nel 2000 chiese il marchio Demeter. Introdusse
il compostaggio biodinamico, procurandosi letame
bovino biologico, aggiungendovi il materiale
di potatura di origine aziendale e facendo
un grande numero di cumuli a regola d’arte.
Oggi si producono 250 metri cubi di composto
biodinamico l’anno, che vengono distribuiti con
lo spandiletame su tutti i terreni dell’azienda,
aggiungendo anche una certa quantità di pollina
proveniente da un allevamento bio. In base
all’esperienza fatta, Claudio è arrivato
alla conclusione che questa concimazione
gli consente di ottenere una buona presenza
di sostanza organica nel suolo e di produrre
gli 80/100 q. di uva per ha che nella sua azienda
garantiscono il rapporto ottimale tra quantità
e qualità del prodotto finale, nonché 15-20 q.
per ha di nocciole.
Il vigneto e il noccioleto sono inerbiti
permanentemente, lo sfalcio viene fatto a filari
alterni affinché ci siano sempre piante fiorite
a disposizione degli insetti, solo ogni 4 anni
il terreno viene “arieggiato” tramite un passaggio
con il ripuntatore. In inverno le pecore
di un pastore itinerante pascolano sotto le viti
e i noccioli, poi ci sono gli animali dell’azienda:
un piccolo gregge di capre, galline ovaiole,
un paio di mucche dalle lunghe corna e due asini,
DA STERNKALENDER, DORNACH
a cura di Lucy Milenkovic’
Su www.biodinamica.org
L’incontro con le piante nel ritmo delle stagioni, di Karin Mecozzi
(erborista, esperta qual. di fitoterapia, [email protected])
Ultimi echi dal convegno con le relazioni di Martin von Mackensen
e Lucy Milenkovic’, di Alceo Orsini, di Karin Mecozzi e Bas Petroli
Le notizie dall’estero di Lucy Milenkovic’
Grandi e sentiti ringraziamenti a Susy Nascimbene: la storica
segretaria della sede di Milano che ha accompagnato la crescita
del movimento biodinamico per 28 anni, è andata in pensione. Al suo
posto è arrivata Sara Sponchiado, alla quale facciamo tanti auguri.
è costituito dalla peronospora: scegliendo
formulati con basso contenuto di rame in forma
particolarmente attiva, negli anni normali
non è difficile restare entro i 2,5 kg/ha di rame
metallico, garantendo il rispetto del limite
dei 3 kg imposto dagli standard Demeter.
Nel 2010, data l’insolita piovosità, è stato molto
difficoltoso assicurare la protezione delle piante.
I trattamenti a base di zolfo sono limitati ai 20 kg:
anche l’uso dello zolfo è stato ridotto per le sue
conseguenze nefaste sulla biodiversità. Claudio,
contrariamente alla stramaggioranza degli
agricoltori, sembra amare gli organismi
di controllo e i disciplinari di produzione.
Impressionante l’elenco degli organismi da cui
l’azienda è controllata, e quindi certificata: ICEA,
DEMETER, Qualità e lavoro, Bio Suisse, Bio
Inspecta, Garanzia Aiab, Bio Vegan. Ha elaborato
persino un proprio specifico disciplinare
di produzione più restrittivo che li include tutti.
Questa vena particolarmente rigorosa lo porta
a fare alcune critiche al disciplinare Demeter sulla
vinificazione recentemente approvato, che a suo
avviso è superficiale e lacunoso. Naturalmente
anche qui lui segue la propria strada personale
senza compromessi. Tutta l’uva viene vinificata
in azienda e raccolta unicamente a mano dando
lavoro a molte persone nel rispetto dei loro diritti
Il calendario di marzo e aprile
(nel 2010 l’azienda è stata premiata in quanto
“Azienda ad alta responsabilità sociale”).
Nel passato il vino veniva venduto sfuso a grossi
acquirenti e imbottigliato in Germania
e in Svizzera. Ora la strategia è cambiata: il vino
viene imbottigliato in azienda e verrà venduto
direttamente. Così si potranno eliminare i solfiti
che l’acquirente tedesco usava con prodigalità.
Quando gli chiedo qual è la sua filosofia
nel fare il vino, mi risponde:
“La naturalità! Il mio vino deve essere
innanzitutto un alimento sano, perciò lavoro
per alterare il meno possibile le caratteristiche
della materia prima. Cerco di mantenere
tutti i nutrienti presenti originariamente
nell’uva, evitando ogni additivo. Io non miro
a ottenere un vino sempre uguale grazie
alle manipolazioni di cantina, ma un prodotto
dal quale traspaiono le condizioni che hanno
reso unica ogni specifica annata. L’agricoltura
biodinamica unita alla trasformazione
senza chimica è il miglior modo per realizzare
questo mio desiderio.”
Facciamo tanti auguri all’azienda Menicocci
Cristina perché prosegua con successo nella
ricerca continua della strada migliore per
realizzare i propri obiettivi e i propri ideali!
Le foto aziendali su www.biodinamica.org
PILLOLE DA DORNACH
a cura di Sabrina Menestrina
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L CONVEGNO INTERNAZIONALE del movimento biodinamico, nel magico
contesto di Dornach. Quest’anno, invece di occuparsi delle tematiche
agricole, il movimento si è preso del tempo per riflettere su come
crescere e sulla propria missione. I seminari sono stati indirizzati
allo sviluppo interiore e alla capacità di vivere le relazioni. Ne abbiamo
bisogno, in questi tempi difficili. Dal 2 al 5 febbraio Otto Sharman
e Nicanor Perlas hanno guidato oltre 600 persone con esercizi pratici:
un’applicazione creativa di indicazioni ed esercizi dati da Rudolf Steiner.
Sharman (docente del MIT di Boston) con la sua “Teoria U”, intende dare
un esempio di possibile via evolutiva dell’uomo libero. Perlas, premio
Nobel alternativo e candidato sconfitto alle presidenziali delle Filippine,
ha cercato di far sorgere dai partecipanti nuove idee e prospettive
per il movimento biodinamico. Un’aria di caos gioioso ha regnato
al Goetheanum per cinque giorni; i gruppi di lavoro si spostavano negli
ambienti tra simulazioni, pasti, attività artistiche, giochi di gruppo e visite.
Proprio nei momenti di caos si incarnano le idee nuove. Così il metodo
adottato nel convegno ha voluto accompagnare un laboratorio vivente.
Chissà che questa esperienza non invogli tanti a guardare verso gli esercizi
di Steiner, una risorsa di inesauribile ricchezza sconosciuta ai più. Proprio
esercizi pratici e meditazioni di Steiner erano stati, del resto, l’oggetto del
seminario di antroposofia, organizzato alla Zelata, seminario che si è tenuto
alla vigilia dell’incontro di Dornach. Una spontanea sintonia che testimonia
l’esigenza di costruire il movimento biodinamico su nuove fondamenta.
Anche nel Verteterkreis, il gruppo internazionale dei fiduciari
del movimento che si riunisce per pensare al futuro, siamo stati coinvolti
da questo clima. Per il prossimo anno stiamo pensando di lavorare
al delicato tema della conciliazione tra la libera e creativa iniziativa
richiesta per fare biodinamica e i disciplinari, gli standard che permettono
di certificare all’esterno la qualità del nostro lavoro. Talvolta l’equilibrio
è duro da trovare, specie con le infinite variabili e gli imprevisti cui
è soggetta la produzione agricola. Un ottimo tema per il convegno 2012,
per non lasciare soli i produttori davanti ai problemi quotidiani.
alcune cassette di api. I preparati vengono
dinamizzati e distribuiti con le attrezzature
meccaniche prodotte da Montanari, ma ogni
tanto si dinamizza a mano per non perdere
l’importante esperienza umana che è collegata
a questa significativa operazione.
Di recente l’azienda ha aderito al progetto
di “azienda a elevata biodiversità”, obiettivo che
si raggiunge instaurando le condizioni favorevoli
all’insediamento della massima varietà possibile
di forme di vita. Naturalmente non è facile
realizzare ciò in un’azienda fortemente
specializzata. Sono stati fatti passi importanti,
ad esempio, eliminando i trattamenti contro
i parassiti, piantando alberi in mezzo al vigneto,
piantando siepi, accumulando mucchi di sassi
alla fine dei filari per creare rifugi per gli animali
di varie dimensioni, facendo nidi per gli uccelli
e scavando nei blocchi di tufo buchi per gli insetti.
Da diversi anni ha stretto un rapporto
di collaborazione con Mauro Job (agricoltore
biodinamico particolarmente studioso
e sperimentatore della zona), lavorando
sui preparati, sperimentando i nuovi preparati
vegetali sviluppati da Maria Thun e, da quest’anno,
introducendo il sistema delle ceneri come mezzo
di controllo dei parassiti. Come in tutte le aziende
viticole, il grosso problema fitosanitario
Venere
Mercurio
Marte
Giove
EST
25 APRILE ˜ ORE 6.10
N QUESTI DUE MESI che ci introducono nella stagione primaverile,
la situazione dal punto di vista planetario non sembra per niente favorire
i lavori in campagna. L’opposizione tra Giove e Saturno a fine marzo, non
favorirà per niente l’avvio della buona stagione, poiché con forti impulsi di “terra”
e “acqua” impronterà il clima al fresco e all’umido, come avvenne anche la fine
estate e l’autunno dello scorso anno. Posso azzardare che tendenzialmente
il mese di marzo, offre qualche speranza in più di clima asciutto, grazie agli
impulsi di “luce”, ma in ogni caso vi rammento che Pasqua cadrà l’ultima
domenica di aprile e questo di norma indica un protrarsi delle condizioni
invernali. Per quanto riguarda le semine, i giorni prima della luna piena sono
adatti a imprimere spinta vegetativa, quantità, (insalate e foglie da cespo
escluse), diversamente per trattenere la pianta, qualità, sceglieremo i giorni
prima della luna nuova, sempre nel giorno favorevole a ciò che vogliamo
raccogliere, evitando con cura i momenti sconsigliati evidenziati con il
tratteggio. Raccomando di operare i trapianti sempre in tempo di piantagione,
possibilmente nei giorni adatti, e per gli innesti sono ottimi i giorni 9, 10, 27
marzo. Per gli appassionati delle osservazioni del cielo, segnalo l’alba del 25
aprile, lunedì dell’Angelo, poiché poco prima del sorgere del sole si potranno
ammirare Giove, Marte, Mercurio e Venere, appena sopra l’orizzonte verso
est, purtroppo per noi, tutti nella umida costellazione dei Pesci.
Un saluto a tutti e auguri di buon lavoro.
Giorgio Bortolussi, orticoltore biodinamico
Piemonte
Trentino-Alto Adige
Emilia Romagna
Il 15 febbraio, nell’azienda fruttivitivinicola
a marchio demeter Andrea Quagliolo di
Castellamonte (To), Carlo Triarico ha tenuto
il primo corso di introduzione alla biodinamica
sul tema: Cos’è la biodinamica e in cosa si differenzia
dall’ agricoltura biologica e convenzionale?,
organizzato da sezione Piemonte e consorzio
Natura & Alimenta di Torino. Su: biodinamica.org
Il 19 marzo: Come comunicare in modo
convincente? cosrso destinato a imprenditori
e a chi si trova a fare incontri con fornitori,
clienti, colleghi e e a quanti si vedono impegnati
a parlare in pubblico. Info: tel. 0124 308019
[email protected] [email protected]
Incontri serali per l’approfondimento del
“Corso di agricoltura”: si svolgono ogni secondo
e quarto mercoledì del mese alle ore 20. Prossimi
incontri: 11 e 12 marzo, workshop con Karl
Tress su: Biodynamisches Wirtschaften. 1 e 2
aprile, seminario con Michael Kassner su Welche
Verantwortung hat der Mensch für die Erde heute?.
Info: tel. 0471 052 800 348 22 59 471
[email protected]
Ogni sabato del mese, la sezione organizza
incontri sui temi dell’agricoltura biodinamica
negli spazi della Fondazione Le Madri, La Farnia,
Rolo (RE). Marzo e aprile: Paolo Pistis su orto,
giardino, calendario delle semine; Matteo de Lisi
sull’olivo; Fabio Fioravanti sulle erbe spontanee.
Info: Gianni Catellani tel. 0522 666246
www.fondazionelemadri.it
Friuli-Venezia Giulia
18 e 20 marzo, az. agr. Demetra di Alessandro
Acqua, S. Severino Marche (Mc) tel. 339 6683743:
corso teorico-pratico di agricoltura biodinamica
di 20 ore che prosegue con il corso di 16 ore,
il 2 e 3 aprile, a Villa Cicchi, via Salaria sup. 137,
Ascoli Piceno tel. 0736 252272; 30 aprile, ore
15.00, da Luigi Vezzoli, S. Giovanni in Ghiaiolo,
Urbino (Pu) tel. 0722 331322: dissotterramento
preparati; 7 maggio, ore 10.00, Emporio AE,
via Borsellino 14, Fano (Pu), Giovanni Dinelli,
dip. scienze e tecnologie agroambientali, UniBo,
su: Progetto BioPane. I corsi sono organizzati
in collaborazione con l’ass. culturale THALEIA.
Info: tel 368288361 [email protected]
Lombardia
Il sabato dal 12 marzo al 2 aprile: corso
di secondo livello in agricoltura biodinamica, per
chi ha già frequentato un corso di primo livello.
Il sabato dal 9 Aprile al 4 giugno, presso ass.
Kore, Barzanò (Lc): corso introduttivo teorico e
pratico all’agricoltura. Relatore dei corsi è
Michele Baio. Info: tel 039 9240264
[email protected]
I
RAPPRESENTANTI DEI PAESI MEMBRI hanno rinnovato l’incarico settennale
al Consiglio uscente. Unica sostituzione: a Nikolai Fuchs (dimissionario)
subentra Jean Michel Florin, membro del direttivo della Sezione
Agricoltura del Goetheanum.
Nel 2010 si sono associati anche Argentina, Brasile e Slovenia.
Svizzera e Svezia hanno interamente ceduto i diritti relativi ai loro marchi
di produzione all’IBDA. Parimenti ha fatto il Forschungsring di Darmstadt.
L’anelito di IBDA è di assumere tutti i marchi biodinamici per garantire
il libero commercio dei prodotti Demeter tra tutti i paesi membri, perché
“marchi di produzione creano confini”.
Riunione IGAT (Ass. Int. Medicina
Antroposofica Veterinaria)
T
EMA DELL’INCONTRO: esiste un collegamento tra le malattie specie
specifiche dei nostri animali e la tripartizione secondo Steiner?
Sono state prese in esame le malattie dei ruminanti, del maiale,
del cavallo, dei piccoli roditori, degli uccelli e dei polli, del cane e del gatto…
Leggere su: www.biodinamica.org
DALLE SEZIONI
Achille Minisini e Saverio Pertoldi hanno
condotto un corso propedeutico all’agricoltura
al Circolo culturale Parsifal, Mortegliano (Ud).
Continuano gli incontri sulle piante orticole
sono: il 7 marzo, presentazione di un radicchio
autocton, la “Rosa di Gorizia” coltivato
da un’associata; il 4 aprile e il 2 maggio, Maura
Arh, ricercatrice slovena su Le erbe spontanee
commestibili nel proprio orto. Da marzo,
il mercoledì pomeriggio, appuntamento
in serra, az. Giacomelli, Pradamano, per allestire
un piccolo vivaio di piante orticole e lavorare
nell’orto di riproduzione delle sementi.
Assemblea dei membri IBDA
(Ass. Internazionale
dell’Agricoltura Biodinamica)
Marche
Circolo dei preparati biodinamici
S
ECONDO Manfred Klett la funzione principale dei preparati
è quella di richiamare e di riavvicinare gli esseri dell’evoluzione
che ci siamo lasciati dietro: i preparati sono il nuovo potenziale
non quantificabile della trasformazione della sostanza.
È attraverso uno studio delle forze formative della natura che
il Forschungsring di Darmastadt, con Uli J. Koenig e Dorian Schmidt,
ha promosso due gruppi di studio: uno indaga l’azione degli involucri
animali sui preparati e l’altro la diversa qualità di preparati dinamizzati
a macchina o a mano. Stanno inoltre valutando alternative all’uso
della torba come isolante e la più valida sarebbe la fibra di cocco.
Rudolf Steiner aveva scelto la torba perché ha caratteristiche
di “freezer eterico” che congela la vita verso l’interno, il cocco crea
una vitalità concentrata del preparato, che si mantiene e conserva
la sua efficacia anche dopo 3 settimane, mantenendo.
Al Dottenfeldehof stanno sperimentando un preparato di equiseto
per le patate: sui campi di patatei, che lavorano a mano (col cavallo!),
eseguono 3 spruzzature invernali e 2 sulla forma vegetativa
di un decotto di 25 gr x ha (cotto per un’ora, lasciato in infusione
per un giorno, filtrato e diluito in 120 litri d’acqua). Il risultato
è una patata biodinamica ottima, molto digeribile che assume
caratteristiche di carota.
Ancora sul convegno e altri incontri leggere su: www.biodinamica.org
Leonelli : Le api e l’uomo / segue dalla prima
la protegge dal mondo esterno; la mantiene pura.
Una delle grandi domande è come fanno le api
a difendere le loro riserve alimentari da altri
animali oppure dai batteri o dai parassiti. Oggi
si è visto che l’ape nella sua saggezza riesce
a mantenere tutto puro grazie alla produzione
e all’elaborazione di sostanze che hanno un potere
battericida. Questo potere battericida del miele,
per esempio, non solo è dovuto alla presenza di
un enzima, ma anche al fatto che il miele sia così
povero di acqua e quindi abbia un’alta pressione
osmotica; il che vuol dire che se lì dentro capita
un batterio, i liquidi interni alla cellula batterica
vengono risucchiati fuori e la cellula muore
proprio per questo gioco di pressioni osmotiche.
Agisce come un sale, da un certo punto di vista:
il sale ha una forte pressione osmotica e tira via
i liquidi da altri corpi.
Per gli antichi tutto questo si esprimeva
nell’immagine della natura celeste del miele,
della sua purezza. Non lo si usava solo come
alimento, ma anche come offerta per i defunti.
Vicino al defunto si lasciava, nella tomba, del
miele come viatico per la sua vita oltre la morte.
L’altro prodotto fondamentale delle api
è la cera. Voi sapete che la cera viene prodotta
dalla parte ventrale dell’addome in scagliette
che escono da aperture che si succedono
nell’addome stesso. Scagliette che l’ape prende,
elabora e mastica fino a trasformarle nella
sostanza con cui costruirà le cellette del favo.
Anche la cera ha rapporto con l’umanità fin
dall’antichità. Pensate solamente all’uso delle
tavolette di cera per scrivere; oggi noi scriviamo
su carta, un prodotto vegetale, ma un tempo si
è scritto su cera, dal momento che la cera si lascia
incidere (è interessante questo rapporto tra
la cera e la scrittura). La si è usata nella pittura
(c’è una tecnica pittorica che usavano molto
gli antichi, detta “encausto”), nella scultura, nelle
fusioni col bronzo, ecc…. L’uso della cera è un
altro esempio di una relazione non solo nutritiva,
tra il mondo dell’uomo e il mondo dell’ape;
relazione che si è espressa in parte ancora nella
medicina, perché la cera ebbe anche degli usi
medici, ma in particolare nelle arti e, tra le arti,
quella che fu una volta un’arte, la scrittura. E poi
l’illuminazione, cioè la luce. L’uso della cera come
fonte di illuminazione rappresenta forse, come
ci ricorda Matthias Thun, l’uso più amato dagli
uomini, soprattutto in epoca medioevale. Le fonti
d’illuminazione erano l’olio, la cera, o le resine
che impregnavano il materiale delle torce:
si accendevano le resine o l’olio provenienti
dalle piante o la cera proveniente dall’animale.
Diciamo che proprio il cristianesimo, cioè l’epoca
cristiana, ha dato alla cera, alla candela e ai ceri
il lustro maggiore, l’impiego più grande, più
solenne, più esteticamente gradevole. Basta
andare a visitare oggi una chiesa di giorno:
si vede quanto buio c’è in essa e che cosa poteva
voler dire l’accensione dei molti ceri all’epoca.
Abbiamo una singolare immagine che sempre
Virgilio trasmette dalla coscienza antica. Vi parlo
di Virgilio, della coscienza antica, appunto perché
testimoniano di come l’anima umana, prima
dell’epoca della sua lucidità intellettuale, cogliesse
quelle che noi oggi descriviamo come realtà
chimiche, biochimiche, zoologiche, biologiche.
Abbiamo visto come vi fosse un rapporto
singolare tra api e defunti: il miele veniva usato
per imbalsamare, come offerta votiva ai defunti,
la cera per creare le candele utilizzate nelle
cerimonie religiose. In due testi di Virgilio emerge
la coscienza profonda di questa relazione: nel IV
libro delle Georgiche” e nel famosissimo VI libro
dell’Eneide. Nell’Eneide egli racconta la discesa
agli inferi di Enea per cercare il padre Anchise,
e di come questi gli esponga la grande legge della
reincarnazione, per cui ogni essere umano ogni
mille anni torna sulla terra, e di come da lui
discenderà la stirpe degli imperatori di Roma.
Agli inferi Enea si imbatte nel fiume Leté, in cui
scorre un’acqua che fa dimenticare la vita passata,
vede le anime dei defunti correre verso questo
fiume e sente Virgilio paragonare queste anime
allo sciame delle api. Le anime dei defunti sono
come le api che sciamano.
Se poi però leggete il libro IV delle Georgiche
troverete che lì viene detto in modo molto più
esplicito non tanto che le anime dei defunti sono
come le api che sciamano, ma che le api che
sciamano sono in realtà le anime dei morti
che volano verso il Sole. In Virgilio c’è l’esplicita
formulazione della consapevolezza della
religiosità antica, della veggenza arcaica
che non solo concepiva un’analogia tra le api
e le anime dei defunti che volano verso il Sole
dopo la morte, per poi ritornare sulla Terra,
ma addirittura supponeva un’identità. C’era
quindi il sentimento, che l’ape avesse rapporto
con l’anima umana specie quando essa va oltre
la soglia della morte. Lo sciamare delle api era
il risalire delle anime umane, cadute prima nel
corpo terrestre, nella pesantezza della terrestrità,
il loro risalire, con la morte, verso il Sole, che
è la loro patria originaria. Qui il legame profondo
tra le api e l’uomo appare ben oltre il solo piano
dell’utilità (il miele, la cera, la propoli) e oltre
il valore profetico, è piuttosto il segno del relazione
con i defunti. Tanto è vero che la divinità per
antonomasia dell’Ade, del mondo dei morti,
è Proserpina o Persefone che nel mondo greco ha
un altro nome, Melilotes, che è l’essere dell’ape. …
Riprendendo la domanda di Thun a proposito
delle api. Da dove viene l’ape? L’ape è domestica
o selvatica? Potremmo proporre la stessa
domanda a proposito del cane: il cane da dove
viene? È domestico o selvatico? Non erano forse
tutti lupi? Ecco, in realtà la risposta a questa
domanda implica la presenza dell’uomo. L’ape
è in realtà una creatura che, nell’aspetto in cui
noi la conosciamo, risente profondamente
dell’intervento dell’uomo. Rudolf Steiner stesso
ci ricorda che l’ape è la trasformazione
di un animale più selvatico e primitivo, la vespa,
la vespa dei fichi. Una trasformazione sapiente,
tra le prime azioni dei misteri antichi che mirava
a favorire quei caratteri che rendono l’ape così
speciale. … L’uomo ha dovuto sempre intervenire
nei confronti della natura. Alla saggezza di questi
interventi noi dobbiamo le nostre buone mele,
i nostri buoni alberi da frutta, i cavalli, le mucche
da latte e così via. Per intervenire sulla natura con
saggezza bisogna essere non solo degli ingegneri
genetici ma dei sacerdoti, porsi in armonia
col divino, con la totalità presente, passata
e futura e non solo con l’utilità.
Mi ascoltava, e taceva. Una volta mi disse:
“Ci penserò”, ma non tornò mai sull’argomento…
fino alla scorsa primavera, quando con una mail
mi comunicò di aver ultimato la revisione
delle sue lezioni per i medici, ringraziandomi
per averle trascritte. Dopo questo
incoraggiamento mi rimisi subito al lavoro,
e lo scorso novembre gli inviai la trascrizione
di un suo ciclo di conferenze chiedendogli
se lo volesse rivedere. La sua risposta è stata:
“Grazie del lavoro che ha fatto. Non sono
più così certo di poter ancora ultimare
la sua sistemazione, ma ricevo volentieri
la sua trascrizione”. È stato il suo commiato.
Sara Pucciarelli
Mai avrei immaginato di ritrovarmi a scrivere
di lui in un simile contesto.
Che dire di Giuseppe Leonelli? Quale persona
fosse è ben noto a chi lo ha conosciuto e forse
è ora più chiaro che mai. Vorrei invece condividere
quanto di lui più ho ammirato e tanto di più
in quanto siamo stati profondamente diversi.
La sua capacità di trattare un argomento,
fornendo contemporaneamente più chiavi
di lettura, dava a tutti il modo di essere partecipi
di un’esperienza che, grazie a un patrimonio
culturale non comune, spaziava sempre ben
oltre i confini del tema. Così come la capacità
di raccogliere, alla fine di un’esposizione,
le domande dei presenti e di riuscire a portare
le risposte in un unico, armonico discorso
era segno di un lucido intelletto e, soprattutto,
di profonda compartecipazione e compassione.
Quanti di noi lo hanno sentito rispondere anche
a domande non espresse, ma che angustiavano
l’anima! E sempre lo ha accompagnato l’estrema
attenzione a non entrare, se non in punta
di piedi, nella sfera del giudizio e della libertà
personali, pronto a farsi da parte con estrema
umiltà quando pensava che il suo stesso carisma
stesse diventando un problema.
‘L’epoca dei maestri è finita’, ripeteva
ogniqualvolta potesse sorgere il dubbio, e ci
invitava a considerarlo uno di noi, un compagno
di viaggio. Per questo, in una delle lettere
che gli scrissi lo scorso anno, gli mandai
la benedizione del viaggiatore di San Patrizio:
“Sia la strada al tuo fianco
il vento sempre alle tue spalle
che il sole splenda caldo sul tuo viso
e che la pioggia cada dolce nei campi attorno e
finché non ci incontreremo di nuovo
possa Dio proteggerti nel palmo della sua mano.”
Mi piace pensare che Giuseppe Leonelli
userebbe queste stesse parole per salutarci.
Silvestro Bertelli Motta
frase: “ Mi sto preparando ad affrontare i mesi
di vita che mi rimangono”. Nella sua voce
profonda, come ricorderanno tutti coloro che
lo hanno conosciuto, non c’era paura, non c’era
disperazione, solo consapevolezza e una grande
calma interiore. Un grandissimo insegnamento!
Agli inizi di dicembre dello scorso anno avevo
iniziato a scrivergli una lettera per informarlo
degli ultimi avvenimenti antroposofici siciliani
e, in particolare, dello studio che stavamo
conducendo, con il gruppo di Catania, di una sua
conferenza intitolata la via Rosicruciana e la via
del Buddha*. Lo studio della suddetta conferenza
ricca di spunti e di idee, fu per tutti noi motivo
di profonda riflessione, e durò diversi mesi.
Dopo che tale studio si era concluso, qualcosa
frullava dentro di me, finché capii con molta
chiarezza, quanto la vita che il Leo aveva
condotto, molto attiva ma senza protagonismi,
fosse stata ispirata e coerente con lo spirito
di uno dei due personaggi della sua conferenza.
Non sono riuscito a inviargli quell’ultima
lettera, ma sono sicuro che il contenuto
in qualche modo gli è già arrivato. Un grande
abbraccio Leo.
Giuseppe Ferraro
Leonelli: testimonianze / segue dalla prima
biodinamici, in un certo senso il ramo più
umile del movimento antroposofico, fin quando ha
potuto.
Fiorisce in me riconoscenza e gratitudine per
l’immensa fortuna di averlo avuto come maestro.
Una figura fondamentale per la vita,
che mi ha accompagnato per almeno metà
dell’esistenza, e che senza dubbio ha influito
profondamente sul divenire del mio cammino.
Caro dott. Leonelli, mi mancherà da morire.
Ma come ben sappiamo non è vero che si vive
una volta sola, quindi ci ritroveremo ancora
in qualche dove, in qualche tempo, o anche fuori
dal tempo, perché le anime quando si cercano,
prima o poi si trovano. Sono stata in Val d’Aosta
a visitare la tomba del dott. Leonelli, da casa mia
ci arrivo a piedi: il cielo azzurro, le imponenti
montagne innevate… un pensiero vola alto.
a cura di Gigliola Rosini
***
H
O INCONTRATO PER LA PRIMA VOLTA il dott.
Leonelli nel marzo del 1988, durante
il mio primo corso di agricoltura
biodinamica, che fu anche il mio primo contatto
con l’antroposofia. Quel corso fu per me una
svolta biografica importante, per i 20 anni
successivi mi dedicai completamente alla
biodinamica: ma gli unici ricordi limpidi
che conservo di quei giorni sono due o tre frasi
pronunciate dal dott. Leonelli durante la sua
conferenza, e nulla avevano a che fare con
l’agricoltura. Da allora ho avuto la fortuna
e il privilegio di risentirlo molte volte,
di conoscerlo poi personalmente e di divenire
sua paziente. Sempre presente e premuroso
in tutti i momenti più importanti, sempre
disponibile a porgere il suo aiuto nei momenti
difficili, è stato per me un maestro e una guida,
e lo è stato senza mai esprimere un giudizio
né mai indicarmi una direzione: era uno
specchio, un cristallo capace di restituirmi
l’immagine di ciò che realmente ero, nel bene
e nel male, e rispettoso della mia libertà
al punto di non suggerire quasi mai una risposta
alle mie domande: “E lei, cosa ne pensa?”
Era questa la sua risposta, e non gli sarò
mai abbastanza grata per l’aiuto che così
mi ha dato nel percorrere la mia strada. Negli
anni in cui mi sono dedicata a trascrivere alcune
delle sue conferenze - mi sembrava importante
che le sue parole non andassero disperse non mi ha mai incoraggiata in quest’opera,
e non ha mai rivisto questi lavori: tanto che ho
attraversato momenti di scoramento e di dubbio
sul senso di quanto stavo facendo, perché era
davvero grande il divario tra la sua parola detta
a la parola scritta. Quando gli chiedevo cosa ne
pensasse, quando gli esprimevo i miei dubbi non
mi ha mai dato – nemmeno allora – una risposta.
***
H
O INCONTRATO PER LA PRIMA VOLTA
Giuseppe Leonelli al convegno
di biodinamica a Bocca di Magra
nel 1988 e ancora ricordo come fossi rimasto
colpito dalla sua persona e dalla qualità
della sua conferenza, che chiudeva la giornata.
Era il mio primo contatto con il mondo
antroposofico e la sua presenza
ha accompagnato il mio percorso, come
agricoltore biodinamico al gruppo scuola
della Zelata e come medico del primo corso
di formazione in medicina antroposofica
a Roncegno (dal 1994 al 1996) a oggi.
***
I
Pozzallo 15 Gennaio 2011
L GRANDE LEO fu per me un maestro e un caro
amico. Ho studiato con lui per molti anni.
Ci trovavamo nel suo studio il martedì insieme
al dott. Sergio Francardo e al dott. Roberto
Tempera. Negli ultimi anni, dopo che Roberto
Tempera era uscito dal gruppo di studio per sua
volontà, si era unita a noi la dott.ssa Maria Pia
Gius. Per me sono stati anni di trasformazione
e di crescita interiore. Ciò che accadeva nella mia
anima, senza che io ne avessi consapevolezza,
era molto di più di ciò che apprendevo
intellettualmente. Lasciai Milano nell’agosto
del 2005 e da allora non l’ho più rivisto, se non
dopo la sua morte. Leo mi telefonò per
raccontarmi della malattia e delle scelte
terapeutiche che aveva fatto. Mi colpì una sua
* La conferenza fu tenuta a Treviso il 29 Ottobre 2004
in occasione del convegno annuale della Società
antroposofica in Italia, pubblicata sulla rivista
Antroposofia n. 3 Maggio – Giugno 2009