1 La sfida educativa e il futuro dell`umanità Ci sono eventi che

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1 La sfida educativa e il futuro dell`umanità Ci sono eventi che
SFIDA EDUCATIVA E QUESTIONE ANTROPOLOGICA1
La sfida educativa e il futuro dell’umanità
Ci sono eventi che, seppur legati ad un determinato momento e contesto storico,
esulano dalla contingenza del momento per diventare fatti emblematici su cui riflettere
con molta attenzione. In questa tipologia di eventi può essere inquadrato anche il
cammino intrapreso dalla Chiesa italiana. Decidendo di affrontare il tema
dell’educazione per un intero decennio è stata fatta certamente una scelta coraggiosa e
impegnativa che non ha solo una valenza interna alla vita della comunità cristiana. Con
gli orientamenti pastorali “Educare alla vita buona del Vangelo” che guideranno la
riflessione e l’azione pastorale della Chiesa italiana, si è inteso tematizzare una
questione di grande attualità che riguarda una dimensione costitutiva dell’esperienza
umana e che appare agli occhi di molti anche decisiva per il futuro dell’umanità.
Certamente l’educazione ha una sua specificità dal punto di vista religioso ma in
questo nostro percorso intendiamo soffermarci sugli elementi che stanno alla base della
vicenda educativa nella certezza che non si può separare l’educazione religiosa da una
educazione integrale della persona umana2. Sarebbe del resto illusorio, e in sé
contradditorio, pensare ad una educazione religiosa separata dalla crescita globale della
persona, se non altro perché la fede cristiana ha come condizione della sua stessa
plausibilità la piena realizzazione di tutte le prerogative umane essendo finalizzata al
raggiungimento della piena maturità che si può ottenere conformandosi a Cristo. San
Paolo ci ricorda che tutto deve concorrere a far crescere ogni persona «fino all’uomo
perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (Ef 4,13).
Nel tempo presente questa crescita verso la “misura della pienezza” incontra
numerose difficoltà che si manifestano sotto molteplici aspetti ma tutti riconducibili ad
una criticità di fondo che riguarda la visione dell’uomo. È così esplosa, in modo
eclatante, la questione antropologica e cioè la difficoltà sia dal punto di vista teoretico,
sia dal punto di vista esistenziale, di sviluppare una visione integrale e integrata
dell’esperienza umana. Del resto le problematiche che emergono sul versante educativo
non sono altro che il riflesso di una ben più radicale criticità proprio nell’approccio
all’esperienza umana, come è ben documentato nell’accurato “rapporto-proposta”
promosso dal Progetto Culturale della Chiesa italiana3. Questo studio - scrive il Card.
Camillo Ruini nella prefazione -: «ha l’ambizione di riflettere sui motivi più profondi
delle attuali difficoltà e affronta pertanto alcune fondamentali questioni antropologiche.
1
Il presente articolo è tratto dal contributo di C. GIULIODORI al volume: G. MARENGO - F. PRADES LOPEZ
– G. RICHI ALBERTI (a cura di), Sufficit Gratia Tua. Miscellanea in onore del Card. Angelo Scola, Ed.
Marcianum Press, Venezia 2012, pp. 287-300.
2
Cfr SAN TOMMASO D’AQUINO, Quaestiones disputatae De Veritate, q. XI.
3
Cfr COMITATO PER IL PROGETTO CULTURALE DELLA C.E.I., La sfida educativa, Laterza, Bari 2009.
1
Avendo come suo scopo la formazione e lo sviluppo del soggetto umano, l’educazione è
infatti intrinsecamente connessa con le risposte che vengono date ai grandi interrogativi
riguardo all’uomo»4.
I titanismi della modernità, come li ha definiti e descritti von Balthasar nella
Teodrammatica, hanno prodotto delle distorsioni profonde proprio nella visione
dell’uomo5. Aspetti fondamentali della natura e dell’esistenza umana in alcuni casi sono
stati assolutizzati in modo abnorme e unilaterale, in altri casi sono stati minimizzati e
oscurati. Si sono perse le coordinate della verità sull’essere umano e sul suo destino per
cui diventa sempre più difficile focalizzare la sua identità e tracciare il percorso della
sua piena realizzazione6. Senza un’inquadratura antropologica definita e affidabile
diventa arduo, per non dire impossibile, intraprendere un cammino educativo. Non ci si
può stupire più di tanto se molti oggi hanno rinunciato ad educare e se non pochi
ritengono velleitario e inutile un impegno educativo.
Per questo appare necessario affrontare alcuni nodi antropologici che stanno alla
base delle criticità che emergono in modo sempre più palese e preoccupante sul versante
educativo. Mi soffermerò su tre aspetti che ritengo emblematici e di primaria
importanza per ridefinire alcune coordinate antropologiche in grado di supportare
l’impegno educativo della Chiesa e di tutti coloro che hanno a cuore il vero bene della
persona e della società. Si tratta in primo luogo di riprendere la riflessione sull’identità
dell’essere umano, in quanto nessun approccio educativo può prescindere da una chiara
visione della struttura e della finalità della persona. Questo primo punto si deve aprire
necessariamente alla rivisitazione dei significati e dei valori connessi con la differenza
sessuale. Nella costituzione maschile o femminile della persona e nella relazione
feconda tra l’uomo e la donna nel contesto del matrimonio, si manifestano alcune delle
dimensioni più rilevanti dell’esistenza umana, tanto da risultare costitutive di ogni
autentico processo educativo. Infine, questi aspetti tradizionali della riflessione
antropologica vanno oggi collocati all’interno di un nuovo ambiente che è determinato
dai media e, in particolare, dalle nuove tecnologie digitali che stanno radicalmente
modificando le relazioni sociali.
Questi tre aspetti sono collegati da un denominatore comune che è la
“relazione”, categoria che il Santo Padre, nel presentare ai vescovi italiani le sfide
sull’educazione, ha indicato come il terreno appropriato e irrinunciabile su cui deve
svilupparsi ogni seria e adeguata proposta educativa. «È essenziale per la persona
umana - afferma Benedetto XVI -, il fatto che diventa se stessa solo dall’altro, l’‘io’
4
Ibid., Prefazione del Card. Camillo Ruini, XI.
Cfr H. U. VON BARTHASAR, Teodrammatica, vol II. Le persone del dramma: l’uomo in Dio, Jaka Book,
Milano 1982, 317-402.
6
È quanto emerso anche da numerosi studi e convegni tra cui il IX Forum del Progetto culturale dedicato
a questo tema. Cfr. AA. VV. (SERVIZIO NAZIONALE PER IL PROGETTO CULTURALE DELLA C.E.I.),
L’Emergenza educativa. Persona, intelligenza, libertà, amore, EDB, Bologna 2010.
5
2
diventa se stesso solo dal ‘tu’ e dal ‘noi’, è creato per il dialogo, per la comunione
sincronica e diacronica. E solo l’incontro con il ‘tu’ e con il ‘noi’ apre l’‘io’ a se
stesso»7. Cercheremo di verificare, pertanto, come questa dimensione relazionale
dell’esistenza umana sia davvero rilevante ed decisiva per ogni percorso educativo.
1. L’educazione come apertura al mistero e al senso della vita
Tutti oggi sottolineano la difficoltà dell’educare, ma pochi sono in grado di
identificare quali siano realmente le cause di questo disagio. Negli orientamenti
pastorali i Vescovi rilevano che le cause «sono molteplici - culturali, sociali ed
economiche - ma al fondo di tutto si può scorgere la negazione della vocazione
trascendente dell’uomo e di quella relazione fondante che dà senso a tutte le altre»8.
Questo giudizio coglie l’essenza del problema educativo perché la crescente incapacità
dell’uomo contemporaneo di leggere e decodificare l’apertura trascendente della
persona, determina una pericolosa sfasatura nella messa a punto degli obiettivi e dei
metodi educativi. Probabilmente oggi arriviamo a toccare con mano gli esiti di un
processo avviatosi con la modernità, come aveva già acutamente segnalato De Lubac a
metà del secolo scorso, quando analizzando i vari “umanesimi positivisti” rilevava: «Per
quanto opposti siano tra loro, i mutui contatti, latenti o manifesti, sono numerosi; e
come hanno un fondamento comune nel rigettare Dio, convengono pure in risultati
analoghi, il principale dei quali è la distruzione della persona umana»9.
Se la visione dell’uomo è solamente orizzontale si metteranno in opera progetti
che punteranno solo all’acquisizione delle competenze necessarie per soddisfare i
bisogni materiali. Certamente si potranno curare di volta in volta aspetti particolari
legati alla dimensione intellettuale, affettiva o fisica, magari raggiungendo anche
risultati eccellenti e socialmente apprezzati, ma questo non può esaurire l’approccio
educativo alla persona umana che è un mistero meraviglioso e insondabile. Proprio per
la sua pregnanza etimologica l’educare (dal latino e-ducere, che significa “trarre fuori”)
ci segnala che c’è qualcosa di straordinario e misterioso nelle profondità dell’esistenza
umana.
I modelli educativi e gli approcci pedagogici, in un orizzonte culturale che esalta
la laicità come messa tra parentesi della dimensione spirituale e trascendente della
persona10, tendono a favorire percorsi che pongono al primo posto l’accumulo di
conoscenze e del sapere, la formazione di competenze professionali e strumentali, per lo
7
BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea Generale della C.E.I., 27 maggio 2010.
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti Pastorali 2010-2020 Educare alla vita buona del
Vangelo, (4 ottobre 2010) n. 9.
9
H. DE LUBAC, Il dramma dell’umanesimo ateo, Morcelliana, Brescia 1949, 7-8.
10
Cfr A. SCOLA, Una nuova laicità. Temi per una società plurale, Marsilio, Venezia 2007, 99-109.
8
3
più orientate al raggiungimento del benessere economico o del successo sociale in tutte
le sue diverse espressioni. Questo progressivo distacco da una visione alta ed integrale
dell’impegno educativo per approdare ad una sostanziale indifferenza, alimentata dal
relativismo come categoria ermeneutica portante, sta producendo la dissoluzione
dell’approccio educativo alla persona a beneficio di un approccio puramente formale di
tipo tecnico-pragmatico. L’altro finisce per essere visto come una realtà da riempire o
da conformare a modelli prestabiliti e funzionali e non come un mistero da rispettare e
da aiutare a crescere per tirar fuori ciò che Dio ha posto nel suo cuore11.
Un approccio educativo che prenda in considerazione lo spessore trascendente
dell’essere umano si porrà, pertanto, in modo sostanzialmente diverso rispetto ad uno
sguardo puramente materiale. In primo luogo occorre recuperare il rispetto di fronte alla
dignità della persona umana riconoscendo che la sua identità non può essere pienamente
compresa e sviluppata senza partire dal fatto che è creatura di Dio, fatta a sua immagine
e somiglianza. Ciò significa che ogni essere umano è titolare di diritti inviolabili che gli
appartengono per sua natura e non per concessione o per delega di altri, fossero anche i
genitori12. Educare dentro un corretto approccio antropologico significa aiutare ogni
persona a prendere coscienza del progetto unico e irripetibile di Dio sulla sua vita13.
Solo Dio, in quanto creatore e artefice di tutto ciò che siamo, conosce fino in
fondo i desideri del nostro cuore e le trame profonde della nostra vita, come espresso in
modo toccante dal salmista: «Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu conosci quando mi
siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il
mio riposo, ti sono note tutte le mie vie […] Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai
tessuto nel grembo di mia madre. Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia
stupenda; meravigliose sono le tue opere, le riconosce pienamente l’anima mia» (Sl 139,
1-3.13-14).
Da questo punto di vista, come leggiamo nella Caritas in veritate: «senza Dio
l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia». Ne
consegue che «la chiusura ideologica a Dio e l'ateismo dell'indifferenza, che
dimenticano il Creatore e rischiano di dimenticare anche i valori umani, si presentano
oggi tra i maggiori ostacoli allo sviluppo. L'umanesimo che esclude Dio è un
umanesimo disumano. Solo un umanesimo aperto all'Assoluto può guidarci nella
promozione e realizzazione di forme di vita sociale e civile — nell'ambito delle
strutture, delle istituzioni, della cultura, dell'ethos — salvaguardandoci dal rischio di
cadere prigionieri delle mode del momento»14.
Al necessario riconoscimento della dimensione trascendente della persona, al
fine di rendere sempre più qualificata la relazione educativa, possiamo aggiungere lo
11
Cfr. L. ALICI, L’altro nell’io, Città Nuova, Roma 1999, 199-289.
Cfr. GIOVANNI POLO II, Lettera enciclica Evangelium vitae, (25 marzo 1995) n. 53.
13
Cfr. A. SCOLA, Buone ragioni per la vita in comune, Mondadori, Milano 2010, 79-93.
14
BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, ( 29 giugno 2009) n. 78.
12
4
specifico della visione cristiana del Dio trinitario. Il fatto che Dio, nella sua essenza, sia
comunione d’amore di Persone Divine, da cui sgorga quel dinamismo dell’amore che
sta alla base della stessa creazione, fa sì che nell’animo umano sia impresso in modo
indelebile il sigillo del mistero del Dio trinitario secondo una consolidata tradizione che
ha in Sant’Agostino il suo principale interprete15. Se il dinamismo dell’atto creativo
della persona, in ultima analisi, deriva dall’agire trinitario di Dio, ne consegue che
necessariamente l’azione educativa deve attuarsi all’interno di un processo relazionale
umano, come sottolineava Romano Guardini16.
L’attività educativa si rivela così come un prolungamento dell’iniziativa
creatrice di Dio collocandosi all’interno delle espressioni più alte e nobili
dell’esperienza umana. In questa direzione va decisamente la risposta data da Giovanni
Paolo II alla domanda «In che cosa consiste l'educazione?». «Per rispondere a tale
domanda - afferma il Papa - vanno ricordate due verità fondamentali: la prima è che
l'uomo è chiamato a vivere nella verità e nell'amore; la seconda è che ogni uomo si
realizza attraverso il dono sincero di sé. Questo vale sia per chi educa, sia per chi viene
educato. L'educazione costituisce, pertanto, un processo singolare nel quale la reciproca
comunione delle persone è carica di grandi significati. L'educatore è una persona che
«genera » in senso spirituale. In questa prospettiva, l'educazione può essere considerata
un vero e proprio apostolato. È una comunicazione vitale, che non solo costruisce un
rapporto profondo tra educatore ed educando, ma li fa partecipare entrambi alla verità e
all'amore, traguardo finale a cui è chiamato ogni uomo da parte di Dio Padre, Figlio e
Spirito Santo»17.
Ci troviamo così di fronte alla più grande impresa umana: far risplendere in ogni
uomo l’effige divina di cui è portatore. Ovviamente questo è un lavoro delicato e
rischioso, come ha ben rilevato Don Luigi Giussani, che del “rischio educativo” e
dell’introduzione alla realtà delle cose ha fatto la cifra essenziale del suo carisma e del
suo impegno di educatore. «L'introduzione alla realtà totale - spiega il fondatore di
Comunione e Liberazione -, rivela qui la sua ultima valenza: quella di educazione
operata dagli uomini più generosi e geniali per introdurre ad un'altra, più perfetta e
dilatante educazione. In questa nuova fase unus est Magister vester, il mistero stesso
dell'Essere, di cui l'adolescenza ci ha resi meravigliosamente, consapevolmente devoti.
Si avrà allora il miracolo altrimenti inattingibile di una vita che, passando, avanza in
giovinezza, in “educabilità”, in “stupore” e commozione di fronte alle cose; di una
energia creatrice che cresce su di sé senza disperdersi e logorarsi, ma aderendo
cordialissimamente a tutte le possibilità che l'esistenza produce; un tempo, insomma,
15
Cfr SANT’AGOSTINO, De Trinitate, 8, 10, 14; 10, 11, 17-18; 14, 6, 8-9; 14, 12, 15.
Cfr. A. ASCENZI, Lo spirito dell'educazione. Saggio sulla pedagogia di Romano Guardini, Vita e
Pensiero, Milano 2003.
17
GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle Famiglie Gratissimam sane, (2 febbraio 2004) n. 16.
16
5
che si lascia invadere dalla potenza dell'eterno, e ne viene instancabilmente
fecondato»18.
La mancanza di una visione unitaria e realistica della vicenda umana è alla base
delle principali difficoltà educative del nostro tempo. La cultura moderna segnata da un
marcato razionalismo individualista ha finito per alimentare e teorizzare un approccio
alla realtà di tipo relativistico. Il relativismo come sistema di pensiero e come
atteggiamento esistenziale è il vero tarlo che distrugge alla radice la stessa possibilità di
pensare, e di conseguenza di poter attuare, una proposta educativa. È evidente, quindi,
che se si vuole affrontare seriamente la sfida educativa non si può prescindere dalla
questione antropologica19.
2. La famiglia alveo educativo originario e insostituibile
Dopo aver chiarito che non si può affrontare la questione educativa senza un
approccio integrale all’esperienza umana e che occorre sempre considerare la persona a
partire dal mistero del suo essere ad immagine di Dio e quindi strutturalmente aperta
alla trascendenza, dobbiamo prendere in seria considerazione un secondo dato
antropologico: la costituzione sessuata dell’essere umano. Questo aspetto è oggi al
centro di un ampio dibattito culturale sotto la spinta di un movimento di pensiero che
affonda le sue radici nelle tendenze intellettuali e sociali, sollecitate dal femminismo sin
dalla prima metà del secolo scorso. La convergenza della questione del genere con il
relativismo affermatosi negli ultimi decenni ha portato ad un cambiamento radicale
nella visione della sessualità. Da una visione incentrata sul dato naturale e
incontrovertibile dell’esistere di ogni persona sempre e solo come maschio o come
femmina, da cui si può poi correttamente e legittimamente sviluppare un confronto
culturale, si è oggi arrivati a sostituire il dato di natura con l’interpretazione culturale
legata ai comportamenti sessuali.
Abbiamo rilevato come l’educazione necessiti sempre di una alta qualità
delle relazioni e possa avvenire solo all’interno di un quadro relazionale armonico e ben
strutturato. Di questo quadro fa parte in modo essenziale e irrinunciabile la dimensione
sessuata della persona. La ragione di questo stretto rapporto tra la qualità delle relazioni
educative e la condizione sessuata della persona risiede nei significati stessi della
sessualità umana, finalizzata alla comunione di vita di due persone tra loro differenti e
18
19
L. GIUSSANI, Il rischio educativo, Sei, Torino 1995, p. 43.
Cfr. COMITATO PER IL PROGETTO CULTURALE DELLA C.E.I. (prefazione del Card. Camillo Ruini), La
sfida educativa, op. cit.; la questione così enunciata viene ripresa e approfondita nel primo capitolo
intitolato “Per un’idea di educazione”, 3-24.
6
complementari e alla generazione della vita20. Non pochi studi negli ultimi anni hanno
posto in evidenza anche il significato teologico della sessualità umana e la necessità di
comprendere le ragioni profonde di questa struttura antropologica che posiamo definire
“sponsale”21. Anche il Magistero dei due ultimi pontefici ha offerto uno straordinario
contributo alla comprensione e valorizzazione della struttura sessuata della persona22.
Questi valori specifici e qualificanti della sessualità umana sono però oggetto di
una sistematica opera di “destrutturazione antropologica” che giunge, in alcuni casi,
alla pretesa di non riconoscere alcuna rilevanza alla realtà sessuata della persona23. Gli
esiti più inquietanti di questo processo sono: da una parte la riduzione della sessualità a
puro ambito relazionale ed edonistico, senza più alcuna valenza antropologica ed etica;
dall’altra la rimozione del legame tra l’esercizio della genitalità e la procreazione, per
lasciare il passo ad una medicalizzazione della stessa generazione della vita. Questa
rottura del nesso profondo che esiste tra relazione sessuata e generazione della vita si
riflette in modo sostanziale sui processi educativi perché finisce per minare
inesorabilmente la natura e la struttura stessa della famiglia. A livello antropologico
viene intaccato il senso della relazione sessuata e della generazione della vita come
dono. Se la vita umana non viene generata nell’amore vero e integrale di un uomo e di
una donna e se non è accolta come dono, tutto il rapporto educativo viene alterato fin
dal suo instaurarsi nel momento del concepimento.
Questa frantumazione della struttura antropologica trova sempre più riscontro
anche a livello legislativo e si traduce nella tendenza ad equiparare ogni forma di
convivenza al matrimonio, con l’effetto di svuotare l’unione coniugale dei suoi valori e
dei suoi significati specifici24. L’indebolimento del vincolo coniugale e la sua
sostanziale relativizzazione nella cultura dominante e nella legislazione, determinano lo
sfaldamento della realtà familiare, con il conseguente calo demografico e la crescente
difficoltà sul piano educativo. Anche la riduzione dei figli e l’impoverimento di una
20
Cfr. PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Sessualità umana: verità e significato. Orientamenti
educativi in famiglia, (8 dicembre 1995) nn. 9-25.
21
Cfr C. GIULIODORI, Intelligenza teologica del maschile e del femminile, Città Nuova, Roma 1991; A.
SCOLA, Il mistero nuziale. 1. Uomo - Donna, Pontificia Università Lateranense - Mursia, Roma 1998;
ID., Il mistero nuziale. 2. Matrimonio - Famiglia, Pontificia Università Lateranense - Mursia, Roma
2000; ID., Il mistero nuziale: una prospettiva di teologia sistematica?, Lateran University Press, Roma
2003; per un quadro aggiornato sulla ricerca teologica in questo ambito cfr. R. CARELLI, L’uomo e la
donna nella teologia di H. U. von Balthasar, Eupress FTL, Lugano - Varese 2007, 27-102.
22
GIOVANNI PAOLO II, ( a cura di G. Marengo) L’amore umano nel piano divino. La redenzione del corpo
e la sacramentalità del matrimonio nelle catechesi del mercoledì (1979-1984), LEV, Città del Vaticano
2009; ID., Lettera apostolica Mulieris dignitatem, (15 agosto 1988) nn. 6-8; BENEDETTO XVI, Lettera
enciclica Deus caritas est (25 dicembre 2005) nn. 1-11.
23
Cfr. C. GIULIODORI, “La missione evangelizzatrice della famiglia di fronte alla cultura pansessuale” in
Anthropotes 20 (1/2004) 189-214.
24
Cfr. ID., “Matrimonio o unioni di fatto. Esigenze dell’amore e fragilità della libertà nella società
odierna” in Anthropotes 22 (1/2006) 17-49.
7
molteplicità di relazioni, come quelle con fratelli e sorelle presenti in numero sempre
più ridotto negli odierni nuclei familiari, incidono sui processi educativi perché è più
difficile fare l’esperienza dei limiti e delle potenzialità del crescere insieme.
L’insieme di questi fattori, che qui abbiamo solo potuto brevemente richiamare,
scuote alla radice il valore del matrimonio e la realtà preziosissima della famiglia. Senza
l’apporto primario e insostituibile della famiglia non è possibile intraprendere alcuna
sfida educativa in grado di incidere effettivamente sulle nuove generazioni e sul futuro
della società. Da questo punto di vista hanno dimostrato ampiamente i loro limiti con un
esito fallimentare sia il sistema socialista che quello capitalista e tutte le ideologie che
non hanno una visione integrale della persona. Pur passando attraverso percorsi teorici e
pratici diversi e tra loro agli antipodi, giungono al medesimo risultato di distruggere la
famiglia e di inaridire il tessuto sociale. Tutti i sistemi che non riconoscono il primato e
la centralità della famiglia, finiscono per indebolire anche il tessuto sociale e per rendere
difficile, se non impossibile, l’impegno educativo verso le nuove generazioni.
Riprendendo una felice sintesi contenuta nella Familiaris consortio possiamo
richiamare gli elementi costitutivi del nesso tra realtà familiare e responsabilità
educativa: «Il diritto-dovere educativo dei genitori si qualifica come essenziale,
connesso com'è con la trasmissione della vita umana; come originale e primario, rispetto
al compito educativo di altri, per l'unicità del rapporto d'amore che sussiste tra genitori e
figli; come insostituibile ed inalienabile, e che pertanto non può essere totalmente
delegato ad altri, né da altri usurpato»25. A fronte di una marcata tendenza a dissolvere
sia la realtà familiare in quanto tale sia il suo intimo legame con la realtà educativa,
occorre operare con grande determinazione per ricostruire il circolo virtuoso che
accompagna la vita della famiglia in tutti i suoi passaggi, anche in funzione di una piena
ed effettiva assunzione delle responsabilità educative.
Appare necessario e urgente partire dall’educazione all’affettività degli
adolescenti, per favorire poi una presa di coscienza vocazionale di fronte al maturare di
una relazione affettiva, fino all’assunzione, dopo un adeguato cammino di formazione
umana e spirituale, del vincolo matrimoniale nella consapevolezza degli impegni e delle
responsabilità che comporta anche dal punto di vista della generazione e
dell’educazione dei figli. In questo percorso la famiglia è stata lasciata sostanzialmente
sola, anche in forza di una visione privatistica dei legami affettivi, avallata, per alcuni
versi, anche da una insufficiente formazione al valore sociale della famiglia da parte
della comunità ecclesiale, nonostante che questo sia un tema centrale della Dottrina
sociale della Chiesa26.
25
GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica post-sinodale Familiars consortio, (22 novembre 1981) n.
36.
26
Cfr. PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina sociale della
Chiesa, LEV, Città del Vaticano 2004, nn. 209-254.
8
Il rilancio della famiglia come soggetto primario e il recupero della sua centralità
sociale sono condizioni indispensabili per avviare una nuova stagione sul versante
educativo. Nell’affrontare la sfida educativa la famiglia non può certo essere lasciata
sola. È giusto parlare di una saggia e dinamica “alleanza educativa” di tutti i soggetti
che sono chiamati a sostenere la famiglia e a garantire una efficace collaborazione nel
delicato esercizio delle sue responsabilità educative. Dalla scuola alla parrocchia fino
alle diverse aggregazioni che curano le attività artistiche e sportive dei ragazzi, è
necessario rinsaldare i rapporti di collaborazione con la famiglia per rendere unitario e
armonico il processo educativo delle nuove generazioni. Anche il rapporto tra le diverse
generazioni non deve essere vissuto con indifferenza o addirittura in modo conflittuale.
I nonni sono una risorsa straordinaria per i nipoti e viceversa. Cedere a visioni
egoistiche e concorrenziali nel rapporto tra generazioni, come a volte sembra accadere
anche a livello di organizzazione sociale, produrrebbe effetti devastanti sul processo
educativo.
Gli orientamenti dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020 vanno
decisamente nella direzione delle sinergie ed elle alleanze a partire dalla centralità
insostituibile della famiglia. «Se è vero che la famiglia non è la sola agenzia educatrice,
soprattutto nei confronti dei figli adolescenti - affermano i vescovi -, dobbiamo ribadire
con chiarezza che c’è un’impronta che essa sola può dare e che rimane nel tempo. La
Chiesa, pertanto, si impegna a sostenere i genitori nel loro ruolo di educatori,
promuovendone la competenza mediante corsi di formazione, incontri, gruppi di
confronto e di mutuo sostegno»27. La composizione antropologica della famiglia
fondata sul matrimonio, in cui viene pienamente valorizzata l’unidualità dell’essere
umano maschio e femmina, è l’unica in grado di garantire l’accoglienza dignitosa della
vita umana e un percorso educativo armonico, in grado di rispondere pienamente alle
esigenze della persona e della società.
Giovanni Paolo II definiva questa proprietà peculiare della famiglia come una
vera e propria forma di “ecologia umana”: «La prima e fondamentale struttura a favore
dell'ecologia umana è la famiglia, in seno alla quale l'uomo riceve le prime e
determinanti nozioni intorno alla verità ed al bene, apprende che cosa vuol dire amare
ed essere amati e, quindi, che cosa vuol dire in concreto essere una persona. Si intende
qui la famiglia fondata sul matrimonio, in cui il dono reciproco di sé da parte dell'uomo
e della donna crea un ambiente di vita nel quale il bambino può nascere e sviluppare le
sue potenzialità, diventare consapevole della sua dignità e prepararsi ad affrontare il suo
unico ed irripetibile destino»28. Ogni progetto educativo che intenda rispondere
veramente e integralmente alle istanze di crescita dell’essere umano deve attuarsi
attorno alla famiglia, come sottolineato anche da Benedetto XVI in diversi interventi e,
27
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti Pastorali per il decennio 2010-2020 Educare alla
vita buona del Vangelo, (4 ottobre 2010) n. 36.
28
GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Centesimus annus, (1 maggio 1991) n. 39.
9
in particolare, in una lettera sulla questione educativa indirizzata alla diocesi di Roma29
da cui, peraltro, sono venute le prime indicazioni che hanno portato la Chiesa italiana ad
assumere un impegno di così lungo respiro sul versante educativo.
3. Il nuovo ambiente mediatico e le sfide educative
La relazione educativa deve estendersi dalla famiglia quale cellula primaria della
società alla famiglia umana nel suo insieme. È questo un passaggio di fondamentale
importanza per non correre il rischio di disperdere nella vita sociale quanto
faticosamente costruito nel contesto familiare. Per dare efficacia e continuità all’azione
educativa è necessario che le dinamiche presenti all’interno della famiglia si estendano,
in qualche modo, anche alle relazioni di tutti gli essere umani e dei popoli tra loro. Nel
penultimo capitolo della Caritas in veritate parlando della collaborazione della famiglia
umana, Benedetto XVI introduce un’interessante riflessione sul valore delle relazioni
per lo sviluppo e il futuro dell’umanità. «Oggi l'umanità appare molto più interattiva di
ieri - afferma il Pontefice -: questa maggiore vicinanza si deve trasformare in vera
comunione. Lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal riconoscimento di essere
una sola famiglia, che collabora in vera comunione ed è costituita da soggetti che non
vivono semplicemente l'uno accanto all'altro» e poco più avanti precisa: «La creatura
umana, in quanto di natura spirituale, si realizza nelle relazioni interpersonali. Più le
vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale. Non è isolandosi
che l'uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio.
L'importanza di tali relazioni diventa quindi fondamentale»30.
L’annotazione iniziale “oggi l'umanità appare molto più interattiva di ieri”
chiama in causa uno dei fattori che negli ultimi decenni ha cambiato le relazioni tra le
persone, le diverse realtà sociali e i popoli. Si tratta delle comunicazioni sociali e, in
particolare, dei nuovi media che si presentano sempre più pervasivi e interattivi. Ai
nostri giorni pertanto sarebbe miope affrontare una riflessione sull’educazione senza
prendere nella dovuta considerazione il nuovo ambiente generato dallo sviluppo
vorticoso dei media che interferiscono di fatto con ogni aspetto della vita sia personale
che sociale31. Questo nuovo fenomeno sociale pone l’umanità di fronte a situazioni
inedite che esigono una attenta valutazione affinché le nuove potenzialità comunicative
rafforzino le relazioni nell’ “ottica della comunione” e non diventino, invece, occasione
29
BENEDETTO XVI, Lettera alla Diocesi e alla Citta di Roma sul compito urgente dell’educazione (21
gennaio 2008).
30
BENEDETTO XVI, Lettera Enciclica Caritas in veritate, (29 giugno 2009) n. 53.
31
Cfr. C. GIACCARDI (a cura di), Abitanti della rete. Giovani, relazioni e affetti nell’epoca digitale, Vita e
Pensiero, Milano 2010, 3-36.
10
di prevaricazione e di manipolazione dei rapporti umani, alterando così profondamente
le dinamiche educative.
Puntuale ed efficace è l’analisi che i vescovi fanno di questa nuova situazione
generata dai media che modifica sostanzialmente i tradizionali modelli educativi:
«Agendo sul mondo vitale - scrivono i Pastori negli Orientamenti per il decennio -, i
processi mediatici arrivano a dare forma alla realtà stessa. Essi intervengono in modo
incisivo sull’esperienza delle persone e permettono un ampliamento delle potenzialità
umane. Dall’influsso più o meno consapevole che esercitano, dipende in buona misura
la percezione di noi stessi, degli altri e del mondo. Essi vanno considerati
positivamente, senza pregiudizi, come delle risorse, pur richiedendo uno sguardo critico
e un uso sapiente e responsabile»32.
Non si deve necessariamente declinare la novità solo con il rischio e il pericolo
perché certamente non mancano aspetti positivi e grandi potenzialità. Basta pensare alle
possibilità di conoscere quanto accade ovunque e di relazionarsi con chiunque, alle
opportunità derivanti dal non essere più solo ricettori di flussi mediatici, ma anche
protagonisti della comunicazione secondo i nuovissimi modelli di interattività, alla
capacità offerta a tutti di muoversi, grazie alle nuove tecnologie digitali, su piattaforme
multimediali. Ma le novità tecnologiche, che suscitano in molti grande interesse e
alimentano nuove speranze, non devono far perdere di vista la centralità e la
responsabilità del soggetto umano33. Il flusso comunicativo che può certamente
arricchire le relazioni umane rendendole più ampie, forti e dinamiche, può per altri versi
determinare una rischiosa “illusione relazionale” alimentando mondi artificiosi e irreali,
dove le persone pensano di ritrovarsi e invece si perdono.
Il forte impatto delle nuove forme digitali di comunicazione interpella in modo
tutto particolare chi ha una responsabilità educativa. Le relazioni familiari in molti casi
sono colonizzate dai media a tal punto da risultare falsate in modo sostanziale. Il tempo
passato ad interagire con i media risulta essere inversamente proporzionale a quello
dedicato alle relazioni interpersonali dirette, anche nel contesto familiare. La scuola è
stata investita dal passaggio del vento mediatico, con effetti anche positivi. Basta
pensare allo straordinario contributo che deriva dal poter essere costantemente in rete e
poter ricercare notizie e informazioni su qualsiasi argomento. Ma tutta la vita e
l’organizzazione sociale risentono di questo nuovo ambiente generato dalle innovazioni
tecnologiche nel campo delle comunicazioni. Non c’è ambito della convivenza civile
che non sia fortemente segnato dall’avvento delle nuove tecnologie mediatiche, dalla
politica all’economia, dalla cultura ai rapporti internazionali. È quanto mai necessario
un attento discernimento che aiuti tutti ad abitare questo nuovo ambiente, senza perdere
32
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti Pastorali per il decennio 2010-2020 Educare alla
vita buona del Vangelo, (4 ottobre 2010) n. 51.
33
Cfr. G. CHIOSSO (ed.), Sperare nell’uomo. Giussani, Morin, MacIntyre, e la questione educativa, Sei
Frontiere, Torino 2009.
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lo specifico umano della relazione, in modo particolare all’interno delle forme nuove e
più avanzate di comunicazione.
Anche la comunità ecclesiale sente tutta la novità di questo nuovo contesto e non
ha mancato in questi anni di approfondire le diverse questioni assumendo anche un forte
impegno pastorale ben documentato dal Direttorio “Comunicazione e Missione”34 dove
non manca una attenta riflessione sull’incidenza che il nuovo ambiente mediale ha in
ordine all’educazione. «Tutti, e in particolare le nuove generazioni dovranno essere in
grado di interagire con l’universo dei media in modo critico e creativo, acquisendo una
nuova “competenza mediale” per essere a pieno titolo cittadini di questo tempo. Ogni
agenzia educativa dovrà farsi carico di questo compito: la famiglia, la parrocchia, la
scuola, le associazioni»35. In questo decennio dedicato all’educazione diviene pertanto
prioritario porre una specifica attenzione al ruolo dei media come hanno indicato
chiaramente i vescovi. «Su questo punto, pertanto, deve concentrarsi l’attenzione
educativa, al fine di sviluppare la capacità di valutarne il messaggio e gli influssi, nella
consapevolezza della considerevole forza di attrazione e di coinvolgimento di cui essi
dispongono. Un particolare impegno deve essere posto nel tutelare l’infanzia, anche con
concreti ed efficaci interventi legislativi. […] L’impegno educativo sul versante della
nuova cultura mediatica dovrà costituire negli anni a venire un ambito privilegiato per la
missione della Chiesa»36.
Conclusioni
Questo veloce percorso sul crinale delle modificazioni che lo statuto
antropologico sembra subire nella nostra epoca ci ha permesso di evidenziare la portata
epocale di alcune sfide nell’abito educativo. Senza la pretesa di avere individuato tutti i
nodi che emergono all’interno dei processi relazioni della persona, della famiglia e della
società dei media, abbiamo però cercato di evidenziare come non sia possibile abdicare
alla responsabilità educativa, soprattutto in questo nostro tempo che sembra aver
rinunciato a cercare e a difendere la verità sulla persona umana e il suo destino.
Il relativismo antropologico appare come il vero male che può portare alla
dissoluzione di ogni impegno educativo, relegando l’operato di tutti coloro che hanno a
cuore il bene delle persone e il futuro dell’umanità in un alveo residuale. Risulta
pertanto non solo legittimo, ma quanto mai necessario e urgente, porre mano ad una
34
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicazione e missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali
nella missione della Chiesa, (18 giugno 2004) LEV, Città del Vaticano 2004.
35
Ibid., n. 73. Cfr anche tutte le indicazioni pastorali contenute nel cap. IV del Direttorio intitolato
“Educare e fare cultura nella società mediatica”, nn. 73-92.
36
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti Pastorali 2010-2020 Educare alla vita buona del
Vangelo, (4 ottobre 2010) n. 51.
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nuova stagione di impegno educativo che scaturisca però dalla passione per l’uomo, la
sua identità e il suo destino.
I punti di partenza per ridefinire le coordinate antropologiche indispensabili per
intraprendere una rinnovata opera educativa sono scritte nella creazione e nella
Rivelazione che devono essere ricondotte ad una unità armonica: «Così, in questo
“concerto” - afferma Benedetto XVI - tra creazione decifrata nella Rivelazione,
concretizzata nella storia culturale che sempre va avanti e nella quale noi ritroviamo
sempre più il linguaggio di Dio, si aprono anche le indicazioni per un’educazione che
non è imposizione, ma realmente apertura dell’‘io’ al ‘tu’, al ‘noi’ e al ‘Tu’ di Dio»37.
Claudio Giuliodori
Vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia
Presidente della Commissione Episcopale
per la cultura e le comunicazioni sociali
37
Ibid. n. 11.
13