Sagra di San Giuseppe

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Sagra di San Giuseppe
Sagra di San Giuseppe
Qualcosa è rimasto, qualcos’altro è stato dimenticato
Ancora una volta si torna a ripetere
“Vado alla Sagra di San Giuseppe” e
ci si porta lungo le vie e le piazze di
Cavarzere centro dove si sono
installati gli spettacoli viaggianti e
tutte le bancarelle che rendono
“gustosa” una sagra. È noto ormai da
decine di anni che il Patrono a cui
viene dedicata la “Sagra” è dislocato
dalla parte opposta dell’Adige e che a questo Patrono viene dedicata
qualche manifestazione religiosa e non di più. Anzi, per dire la verità,
le due manifestazioni fieristiche di maggior successo a Cavarzere
hanno tratto origine dalla località a sinistra dell’Adige, appunto per la
Festa di san Giuseppe (19 Marzo) e per la Domenica del
Preziosissimo Sangue (a ricordo di un batuffolo di cotone intriso di
sangue che la devozione attribuisce a Gesù Cristo e che si conserva in
una teca nella chiesa di san Giuseppe). Quest’anno per ricordare e
venerare San
Giuseppe la
Comunità
parrocchiale
ha
organizzato
varie
manifestazioni alle quali ha partecipato la popolazione del luogo
assieme ai ragazzini delle scuole che ancora funzionano nella località
a sinistra dell’Adige e la festa è ben riuscita sia per la partecipazione
sia per quanto preparato ed allestito (anche la ricorrenza della Festa
del Papà ha dato… una mano alla riuscita). Ma la zona di San
Giuseppe sembra abbia perso il “mordente” che possedeva una volta;
San Giuseppe è stata per anni il perno industriale ed artigianale di
Cavarzere, basti pensare alla Distilleria e allo Zuccherificio, al
Linificio, e poi alle decine di laboratori tessili, ormai scomparsi. San
Giuseppe durante la Repubblica Cisalpina era un comune
indipendente accanto a quello di Rottanova e di Cavarzere Destro.
Dopo il Trattato di Campoformio San Giuseppe col il territorio a
sinistra dell’Adige passò sotto il dominio napoleonico (mentre quello
destro sotto l’Impero Asburgico); e nel 1923 il governo fascista
destinò il territorio alla sinistra dell’Adige alla Provincia di Venezia,
mentre quello alla destra era andato alla provincia di Rovigo; soltanto
una petizione univoca dei Cavarzerani fece tornare tutto il territorio
sotto la provincia veneziana. La Comunità di San Giuseppe sembra
risalire al 1542, anno in cui iniziò la costruzione di una cappella
dedicata a San Giuseppe, cappella che fu trasformata in chiesa cento
anni dopo.
Distrutta per
cause
logistiche, la
nuova chiesa
fu costruita
dove si trova
l’attuale, su
disegno di
Cesare
Lotto, nella
metà
dell’‘800. I
bombardamenti alleati del 1945 distrussero quella chiesa e nel 1949
iniziarono i lavori per costruire l’attuale che fu consacrata nel 1951,
intitolata a San Giuseppe e dedicata pure al Cuore Immacolato di
Maria. La comunità è dipesa per anni dall’arciprete di San Mauro, e
solo nel 1944 divenne parrocchia indipendente. Esistono nel territorio
parrocchiale due Oratori, l’Oratorio di Ca’ Dolfin, dedicato alla Beata
Vergine Addolorata, ormai chiuso da anni e trasformato in laboratorio,
e l’Oratorio di Ca’ Venier, antica Cappella dei Conti Venier, ora
adibita a cappella dedicata a Santa Caterina vergine e martire e
annessa alla Scuola Materna non statale, gestita dalle Suore
dell’Immacolata di S. Chiara. Diversi decenni fa da San Giuseppe
dipendevano le comunità di Boscochiaro e di Villaggio Busonera. A
san Giuseppe si festeggiava da tempo la solennità del Mistero del
Sangue di Cristo, legata alla conservazione di quella reliquia - appunto
un batuffolo di cotone con un impronta di sangue -che un cittadino di
Venezia donò alla comunità cavarzerana. La vicenda risale a quando
gli Albigesi ed i Catari negavano la presenza del corpo e del sangue di
Cristo nel pane e nel vino. Secondo la tradizione a Ferrara un
sacerdote, mentre spezzava l’ostia consacrata, s’accorse che ne
usciva sangue in quantità, ne raccolse una parte con un batuffolo che
poi arrivò a San Giuseppe dove venne istituita con molta devozione la
festività del prezioso sangue di Cristo nella prima domenica di luglio.
Credenza e devozione che si stanno affievolendo... (Ugo Bello)
dal numero 12 del 24 marzo 2013