Dicembre 2008
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Dicembre 2008
Istituto Magistrale Statale “G. Comi” Indirizzi: Liceo Linguistico, Scienze Sociali, Scientifico-Tecnologico - TRICASE (Le) - Anno III - N° 6 - A. S. 2008-2009 IL VALORE DELLA PERSONA osa significa essere diversi? Che senso assume il termine diversità?!.... L’Umanità post-moderna, espressione della globalizzazione imperante e degli effetti degeneri di un consumismo deleterio, vive, per alcuni versi l’indifferenza verso tutto ciò che facilmente può essere etichettato come diverso, ossia, non confacente ad una norma, stabilita da una convenzione nella quale la massa generalizzata d’individui si riconosce, uniformandosi! Si potrebbe dire, parafrasando Bauman, come il quotidiano si collochi all’interno di uno scenario di estrema fluidità, caratterizzato dalla mancanza di punti fermi e di certezze. È diffuso, infatti, il timore di non essere all’altezza dei compiti che la società ci assegna, laddove l’unica certezza è costituita dal mutamento continuo, dall’evidenza che niente è più certo e definito, che i confini tra le cose sono diventati sempre più labili, mentre l’unico sentimento serpeggiante è la diffusa incertezza in ogni settore dell’esistenza. Si assiste impotenti al progressivo liquefarsi dell’essere che assume le sembianze di una vita precaria, vissuta in condizioni di continua incertezza, dal timore di non riuscire a tenere il passo di avvenimenti che si muovono velocemente. Alla luce di uno scenario simile, svuotato da ogni forma di valori e di ideali, pochi sono coloro che avvertono ancora l’esigenza di riflettere attorno al senso dell’essere o attorno alla diversità che costituisce una espressione diversa, ma non per questo meno ricca, di esistere!.... Tale senso, tale significato si è smarrito nei meandri convulsi di una società che corre, che non ha il tempo di riflettere sul valore rappresentato dall’altro da sé che, sia pur nel suo modo originale di essere differente, ha il diritto di vivere!!... Si pensi ai diversamente abili, agli extra-comunitari, alle vittime di abusi, di soprusi perpetuati da una società accecata dall’Imperialismo del medesimo, dalla violenza ontologica, dall’Individualismo il cui unico fine è celebrare il proprio Ego che spavaldamente s’impone!!... Si pensi agli istanti di inadeguatezza, di disagio, di sofferenza vissuti da individui particolarmente sensibili che vivono la solitudine, lo smarrimento esistenziale nel sentirsi incompresi, rifiutati!.... L’altro da sé costituisce una risorsa, un patrimonio da scoprire, da rispettare, da tutelare! L’alterità, espressa nella forma dell’essere diverso, rappresenta, nelle sue infinite e variegate sfumature, il manifestarsi del modo unico, irripetibile, singolare di essere PERSONA. La persona deve essere degna di rispetto a prescindere dal modo con cui manifesta se stessa, al di là del colore della pelle, della condizione sociale o dello stato d’inabilità! È opportuno che l’umanità si lasci sensibilizzare da un nuovo processo educativo tale da svilupparsi, con intensità e trasporto, alla luce della compresenza, della tolleranza nel rispetto della differenza altrui….. Di fronte al dilagare di ogni forma di relativismo etico, risulta necessario, quindi, recuperare l’autenticità dell’esistenza dileguatasi nell’universo effimero dell’apparire ed avviare un nuovo processo d’umanizzazione! BENVENUTO AL “COMI”! Un saluto al nuovo Dirigente Scolastico I C l nuovo anno scolastico si è aperto con l’arrivo del dott. Mauro Polimeno, nuovo dirigente scolastico dell’Istituto Magistrale “G.Comi”. Sin dai primi giorni, siamo rimasti colpiti dalla sua sensibilità, dalla sua predilezione all’ascolto e al dialogo non solo nei confronti dei docenti, ma soprattutto nei confronti degli studenti. È da diversi anni oramai che il nostro istituto non gode di una dirigenza stabile e questo ha sicuramente reso più difficoltosa la costruzione di un modello organizzativo appropriato. Crediamo fermamente che la nostra scuola si sia costantemente arricchita grazie al prezioso apporto di validi docenti interni, esperti esterni, docenti universitari, alunni ed ex alunni. La competenza e la forte professionalità del nostro dirigente consolideranno e renderanno più innovativa l’offerta didattica e formativa del nostro istituto. Auguriamo, perciò, al nostro preside buon lavoro e lunga permanenza nella nostra scuola! La redazione HEAVY METAL: ARMA PERICOLOSA O FORMA DI PENSIERO? Storia della musica Metal di ieri e di oggi l giorno d’oggi, il mondo, specialmente quello anarchico e anticonformista, a volte ha come punto di riferimento, come via fondamentale per proseguire il proprio cammino, un importante elemento: la musica. Spesso, la musica aiuta a superare le proprie difficoltà, a credere A in ciò che si è sempre creduto, a sperare di realizzare i propri sogni. Chiaramente, essa è soltanto un aiuto, una spinta. Eppure c’è ancora chi crede che la musica sia una magia. C’è chi vede la CLASSI PONTE IN ITALIA Risposta ai problemi dell’integrazione o scuola del razzismo? Continua a pag. 2 TRICASE - COMO mille chilometri per scoprire i nostri ragazzi “Giovani e Società” è un sondaggio a campione su 60 giovani (34 femmine e 26 maschi) che frequentano il quinto anno di due istituti superiori: l’Istituto Liceale Statale “T. Ciceri” di Como e l’Istituto Magistrale Statale “G. Comi” di Tricase (Le). L’idea di un sondaggio gemellato, Continua a pag. 6 IL “VOLANTINO” INCONTRA CAPRARICA li italiani la sanno lunga… o no?! Questo il titolo del libro del noto giornalista Antonio Caprarica, direttore RadioRai, presentato il 18 Novembre 2008, nella splendida cornice della Sala del Trono di Palazzo Gallone a Tricase. All’incontro hanno partecipato l’avvocato Alessandro Distante, direttore editoriale de “Il Volantino”, il senatore Giuseppe Giacovazzo, presidente del Corecom e Mauro Giliberti, giornalista di TeleRama, che ha condotto il dibattito. G H.Matisse, La Danse, 1909 INSIEME SOTTO LO STESSO CIELO! Convegno per l’Orientamento degli Alunni Diversamente Abili Tu sei lo straniero. Ed io? Io sono, per te, lo straniero. E tu? La stella, sempre, sarà separata dalla stella; questo solo le avvicina: la volontà di brillare insieme. (Edmond Jabès) Prof.ssa Giusy Ricciato Articolo a pag. 4 l 15 ottobre 2008 la Camera ha approvato un emendamento della Lega Nord sugli studenti immigrati. La nozione presentata a Montecitorio dal capogruppo Roberto Cova, approvata con 265 sì contro 246 no e 1 astenuto, prevede che i bambini stranieri appena arrivati in Italia dovranno sostenere prove di valutazione per accedere alle nostre scuole. Chi non le supererà, sarà inserito in classi particolari, dette “classi ponte”, per favorire l’apprendimento della lingua italiana, con un inserimento successivo nelle classi tradizionali. Oltre ai corsi di lingua, si potranno seguire lezioni mirate all’educazione civica; “ al sostegno alla vita democratica; I Continua a pag. 3 Continua a pag. 3 La dedica di Antonio Caprarica alla nostra redazione: “Alla redazione del Il Comignolo con l’augurio di continuare a … fumare per sempre!” ALL’INTERNO - A...S...Saggi di contemporaneità Scuola e territorio Libri...amo Giovani e società L’angolo di Mafalda... Sportiva...mente Com I_I nicando Pag. 2 4 “ 5 “ 6 “ 7 “ 8 “ 8 “ Pg.2 A...S...SAGGI DI CONTEMPORANEITÀ A...S...SAGGI DI CONTEMPORANEITÀ Continua dalla prima HEAVY METAL ... musica come un essere vivente. C’è chi sostiene che essa possa essere un’ottima “terapia”. Ecco, allora, che la parola “musica” viene sostituita dal sinonimo “Hard Rock” o, meglio “Heavy Metal”. L’Hard Rock e l’Heavy Metal, entrambi generi derivanti dal classico Rock and Roll, dal Blues, dal Jazz, dal Country o dal Folk, hanno contribuito a cambiare il mondo, soprattutto quello dei giovani, introducendo innumerevoli forme di espressioni, idee, pensieri, addirittura credenze in religioni pagane, ma tutto questo, generalmente, viene visto in due semplici distinzioni: conformismo ed anticonformismo, oppure “popoular” e “loser” (rispettivamente: popolare e perdente). È preferibile pensare che, l’anticonformismo, si differenzi dalla massa conformista, non soltanto per il semplice modo di vestire, per la musica che si ascolta, o per la sensibilità della persona, ma delle idee e della filosofia del soggetto. Quanto detto prima, il Rock e il Metal hanno radicalmente cambiato il mondo, dagli anni ’50 fino ad oggi. Tornando indietro, più di 50 anni fa, dalle radici del blues nacque il Rock and Roll, per iniziativa di artisti, oggi noti nella storia, come Elvis Presley e i Rolling Stones. Era chiaro che essi avevano in mente idee diverse da chiunque altro, ed avessero scelto la musica come forma di espressione per spiegare ciò che pensavano. Si sa che non furono benvisti dalla gente anziana e conformista di quei tempi, contrariamente al pubblico giovanile, curioso di osservare nuove strade. Quasi sempre, l’heavy metal e l’hard rock sono generi nati in Gran Bretagna, anche se, molto più tardi, nacquero sottogeneri e diramazioni in paesi come gli USA e la maggior parte dell’Europa orientale, di cui si parlerà in seguito. Intorno agli anni ’60, apparve il Rock Psichedelico, grazie al maestro della chitarra per eccellenza, Jimi Hendrix, ed i grandi Pink Floyd, che diedero una svolta significativa al Rock, introducendo più significato, più emozioni e più libertà di pensiero, offrendo al pubblico molte vie per interpretare i testi di quel tipo. Verso l’inizio degli anni ’70, con importantissimi gruppi storici, provenienti dal Regno Unito, come Iron Maiden, Black Sabbath, Judas Priest, entrò in scena l’Heavy Metal. Questa parola, in italiano significa, letteralmente, “metallo pesante”, ed ha scatenato nei giovani un senso di rabbia, di dolore e di ribellione verso il mondo a cui erano sempre stati abituati, costretti dalle credenze e dalle imposizioni degli anziani; qui nacque anche l’anticonformismo, ed i giovani iniziarono a vestire giubbotti di pelle con borchie, jeans strappati, anfibi e stivali e molti altri vestiti, che, a quell’epoca, risultavano bizzarri e, addirittura, blasfemi. La blasfemia è un elemento che si trova spesso nell’heavy metal, in gran parte nei testi dei gruppi citati prima, ma anche in altri che apparvero più tardi. Dal momento che, prima della nascita del Metal, la gente era solita far girare i dischi all’indietro, alla ricerca di messaggi subliminali, messaggi che, si pensa, dicessero di adorare Satana, l’Heavy Metal presenta questi messaggi subliminali, in svariati testi di altrettanto svariati gruppi. I gruppi che vennero accusati di messaggi subliminali, furono i Led Zeppelin, i Queen e David Bowie, insomma, qualsiasi gruppo musicale che scriveva canzoni riguardanti temi come l’anticonformismo o l’omosessualità. In quel periodo, delle canzoni prese di mira dalla furiosa gente conformista, si ricordano “Stairway to heaven” dei Led Zeppelin e “We are the champions” dei Queen. Per aumentare la rabbia degli anziani, molti artisti si presentavano sul palco esibendo giganteschi cartelli con simboli che riguardassero il satanismo, quindi stelle penta, croci capovolte o il 666, numero nonostante avessero dichiarato di non essere satanisti, ma di esibire quei simboli solo per fare spettacolo. Inutile dire che anche molti altri gruppi Rock o Punk, altro genere derivante dai canoni dell’heavy metal, vennero discriminati e allontanati per molto tempo, e vennero anche proibiti i loro dischi e gli ascolti di essi. I giovani videro tutto questo come un tentativo da parte dei vecchi di bloccare la strada ai giovani, cercando di farli rimanere morbosamente attaccati alle credenze di sempre. Quindi, negli anni ’80, dopo l’entrata dei Motorhead e dei Twisted Sister, ecco nascere, dalla rabbia giovanile nuovi, grandi artisti: dai Metallica agli Anthrax, dagli Slayer fino ai Guns N’ Roses. Prima di questi gruppi, venne il rocker italiano per eccellenza: Pino Scotto, militante in gruppi come Vanadium, Pulsar e Fire Trails, oggi anche conduttore televisivo di Rock TV, in cui esprime le proprie opinioni sulla musica e la società di oggi. Con i gruppi citati prima, l’Heavy Metal si divise in innumerevoli sottogeneri: il Black e il Death Metal con gli Slayer e gli Anthrax, generi di Metal riguardanti il satanismo, il dolore e la guerra, molto apprezzati dai giovani ribelli, da cui sono stati fatti molti film e fumetti, sviluppatisi, prevalentemente in nazioni europee quali la Norvegia, la Svezia e la Finlandia; l’Industrial Metal con i Nine Inch Nails, che unisce la musica elettronica e i suoni dell’industria, tramite l’uso di computer e sintetizzatori al classico suono del Metal; il Doom Metal, non molto differente dal Death, con i Black Sabbath. Purtroppo il Metal venne visto, ed è visto tuttora, come una formazione negativa per i giovani, a A...S...SAGGI DI CONTEMPORANEITÀ A...S...SAGGI DI CONTEMPORANEITÀ causa di certi gruppi che discutevano nei loro testi di politica nazista, causando la formazione del Nazi, o musica nazista, derivante, prevalentemente, da gruppi Punk. Un gruppo Black Metal degli anni ’90, i Marduk, vennero accusati di nazismo, anche se il fondatore e chitarrista, Morgan Håkansson, ha dichiarato di essere solo appassionato di storia riguardante questo tema. Anche il gruppo Black Metal Burzum (tristemente conosciuto per l’omicidio del frontman dei Mahyem, gruppo Black, da parte del fondatore Varg Vikerness) è considerato Nazi, a causa delle sue idee ed opinioni riguardanti la destra più estrema. È anche vero che il Metal, non sempre parla di temi come politica o religione, ma tratti anche di ambientazioni fantastiche o quanto tratto da libri fiabeschi o film. Un esempio di questa musica viene dal gruppo Alternative/Industrial Metal, White Zombie, appassionati di film horror di serie B e storie fantastiche. In seguito, il gruppo si sciolse, ed il leader Rob intraprese una carriera solista, trovando anche l’occasione di calarsi nelle vesti di regista cinematografico, girando film come “La casa dei 1000 corpi”, “La casa del diavolo” e “Halloween: the beginning”, il remake di “Halloween” di John Carpenter del 1978, narrante la storia dello psicopatico Michael Myers. Molto importanti per il Metal furono i film horror come “Nightmare”, “Venerdì 13” o “Non aprite quella porta”, dal momento che essi seppero dare nuove ispirazioni per i giovani ambiziosi al mondo della musica, proponendo un’alternativa alla ribellione contro la politica e la religione. Gli anni ’90 furono molto importanti per l’heavy metal: a metà periodo, i testi che parlavano di disagio per i giovani adolescenti, costretti a confrontarsi con fenomeni come il razzismo, il bullismo, il fidanzamento e le nuove amicizie, fecero nascere il Nu Metal, storpiatura di “New”, cioè “nuovo”, capace di unire i suoni del Rap e dell’Hip Hop alle chitarre distorte e alla batteria secca, e derivante dall’Alternative Metal e dal Grunge. Importantissimi gruppi Nu Metal furono, senza dubbio, i Korn, i Linkin Park, gli Ill Niño (denominati anche “El Niño”) , i Disturbed, i Drowning Pool e molti altri ancora. In Italia compaiono, come gruppo Nu Metal, i Linea 77, mentre questo nuovo sottogenere si sviluppa sempre di più negli USA. Sicuramente, il gruppo Nu Metal più conosciuto e benvisto dai giovani è quello degli Slipknot, gruppo atipico da tutti gli altri. Gli Slipknot hanno la capacità di comporre buona musica pesante, ma non è questo che li ha resi così famosi: essi sono soliti salire sul palco con tute da meccanico e maschere di film dell’orrore. Il percussionista Shawn “Clown” Crahan, nonché fondatore del gruppo, spiega: “Le maschere sono un’estensione della nostra personalità, e le modifichiamo continuamente. Togliere le maschere dopo un’ora di show è veramente una liberazione, ma sappiamo che le indosseremo ancora al prossimo!”. La musica di questa band è così violenta e quasi inascoltabile perché rappresenta la rabbia accumulata dai componenti, provenienti da Des Moines, Iowa, una città simbolo di conformismo e limitazioni ai giovani, da quanto dichiarato dal frontman Corey Taylor. Il Nu Metal ha anche vari metodi di canto: si passa dal canto Rap alla voce alta, anche dalla voce pulita al Growl (in inglese “ruggito”), tecnica vocale che viene eseguita con pesanti urla, presenti nella musica Death. Verso l’inizio degli anni ’90, parallelamente ai White Zombie, anche Marilyn Manson si presentò nel mondo dello spettacolo, venendo immediatamente attaccato dai mass media e da ogni tipo di credente religioso, a causa delle sue idee anticristiane. Manson venne anche accusato dell’omicidio di 15 ragazzi in una scuola e, per molto tempo, si pensò che gli assassini ascoltassero la sua musica. L’Heavy Metal ha spinto molta gente anche alla conversione, o al semplice interessamento, di altri tipi di religione. Un esempio è dato dal cantante dei Godsmack, Sully Erna, da sempre seguace della Wicca, religione pagana, riguardante la magia, la stregoneria, i principi umani e la reincarnazione. Per citare altri importanti gruppi Metal che hanno contribuito a formare la storia, vanno ringraziati i Pantera, i Megadeth, i Dream Theatre, gli AC/DC e Ozzy Osbourne, cantante dei Black Sabbath e organizzatore del festival statunitense “Ozzfest”, a cui hanno partecipato molti artisti. Vanno ricordati anche altri importanti diramazioni del Metal, quali Progressive, Groove, Christian, Gothic e tantissimi altri. Si pensa che esistano almeno una cinquantina di sottogeneri e diramazioni del Metal, senza contare i generi creati da gruppi come HIM (Love Metal) o Sepultura (Tribal Metal). Per il Metal con più melodia e più calma, vanno sicuramente riconosciuti i nostrani Lacuna Coil, gruppo Gothic Metal, la cui cantante, Cristina Scabbia, è la prima donna che si è esibita al già citato Ozzfest. I loro testi sono sempre circa l’ambientazione fantastica. In conclusione, la musica Heavy Metal è stata e, sicuramente, sarà ancora un ottimo strumento per aiutare il mondo di oggi a cambiare. Se in positivo o in negativo, dobbiamo stabilirlo noi e tutti gli artisti dediti alla composizione di questa musica. Una buona azione per comprendere meglio l’Heavy Metal è quella di leggere attentamente i testi delle canzoni, perfino nei minimi dettagli, e stabilire se, in base alla propria opinione, siano presenti messaggi buoni o cattivi. Freddy Durante III AS Il ‘68 e l’“autunno caldo” del 2008 Il 1968 è stato, per molti versi, un anno emblematico, caratterizzato, come ben sappiamo, dalle rivoluzione studentesche ed operaie. Anche quello del 2008 è stato un “autunno caldo” e per molti aspetti può essere paragonato a quello di quarant’anni fa. Sono tante, infatti, le analogie. I giovani sessantottini sognavano un mondo senza distinzione fra bianchi e neri , ricchi e poveri, uomini e donne, ci si batteva affinché gli interessi di tutti avessero la prevalenza sugli interessi personali, si lottava contro la cosiddetta “società dei consumi” che, come avrebbero cantato i Sex Pistols dieci anni più tardi, non considerava le persone in quanto tali ma come consumatori: “your future dream is a shopping scheme”. Come ha dichiarato Mario Capanna, nella conferenza tenutasi a Tricase il 6 dicembre 2008, il ‘68 ha rappresentato una svolta; ha cambiato il modo di comunicare, di fare informazione, di relazionarsi con il mondo circostante. Dopo quelle rivoluzioni niente è stato più come prima e sarebbe difficile immaginare come sarebbero andate le cose se il ‘68 non ci fosse mai stato. Nell’ “autunno caldo” del 2008 si manifesta contro la riforma Gelmini, che mira a far diventare la scuola pubblica, una scuola di serie B, reintroducendo il maestro unico, accorpando gli istituti con meno di cinquecento iscritti (pensando forse che studiando in classi di quaranta persone si possa favorire l’apprendimento!), ma soprattutto istituendo le classi “ghetto” per i figli di immigrati. Probabilmente la nostra “ministra” dimentica che nel 1964 negli Stati Uniti fu approvato il Civil rights Act , il quale rendeva illegale ogni tipo di discriminazione razziale. Ma nel 2008 si lotta anche per i diritti dei lavoratori, che, come nel ’68, si trovano a dover superare una crisi economica di notevole entità. I giovani sessantottini iniziano ad essere insofferenti verso una società che osanna ideali come l’omologazione ed il razzismo. Iniziano a distinguersi per il loro aspetto trasandato e la passione per le moto. Pensando a quegli anni si rievocano immediatamente i rockers e gli hippies, con i loro capelli lunghi e i jeans, i ragazzi della beat generation, poeti e buddhisti che facevano uso di droghe. Inizialmente sono un fenomeno underground, non seguono i classici filoni commerciali, ma successivamente iniziano ad occupare scuole, piazze ed università di tutto il mondo. Si trattò di un fenomeno senza precedenti, se si pensa che alla fine degli anni ’60 telefoni e, soprattutto, computer erano praticamente inesistenti. Nel maggio di quarant’anni fa tutte le università, esclusa la Bocconi, erano occupate. La musica divenne quindi la principale fonte di informazione: Fabrizio De André e Francesco Guccini in Italia, e all’estero i Beatles, i Rolling Stones, Bob Dylan, Jimi Hendrix e Janis Joplin. Si cantava la vita degli operai e si infondevano Mario Capanna alla conferenza ideali come organizzata dal Comi “peace and love” “fate l’amore non fate la guerra” o “mettete dei fiori nei vostri cannoni”. E noi giovani del 2008 siamo così, pronti a tutto pur di difendere i nostri diritti, ad infischiarcene di quello che dice la mo dare ragione a quel qualcuno. Nel gente? Basterebbe pensare che i 2008, senza computer e telefonini nostri scioperi e le nostre manifesta- saremmo stati in grado di organizzare zioni sono finiti nel dimenticatoio, scioperi e occupazioni? che dopo poche settimane quasi nes- Probabilmente no. La società è camsuno pensa più alle nuove riforme, biata e, forse, ha perso quegli ideali che molti di noi hanno chinato il capo che animavano i nostri genitori ed i quando qualcuno ci chiedeva se il nostri nonni. Speriamo solo che “un nostro manifestare fosse solo un pre- giorno anche la guerra si chinerà al testo per evitare qualche interrogazio- suono di una chitarra” (Jim ne (anche perché molti non erano Morrison). nemmeno a conoscenza del motivo Marianna Luna III BL per cui si scioperava!). Forse dovrem- Pg.3 A...S...SAGGI DI CONTEMPORANEITÀ A...S...SAGGI DI CONTEMPORANEITÀ La scuola: istituzione inutile? La scuola è un’istituzione davvero molto utile per la nostra società, in quanto contribuisce alla formazione dei giovani di oggi; che domani diventeranno i nostri medici, i nostri avvocati, i nostri politici. Quando chiediamo consiglio al meccanico per un guasto all’auto o quando dobbiamo subire un intervento da un determinato medico pretendiamo che le persone in questione sappiano ciò che fanno e che sappiano svolgere bene il proprio lavoro; ma ciò non è possibile se esse non hanno una preparazione di base che solo la scuola può fornire. Quest’istituzione, inoltre, non forma soltanto culturalmente un ragazzo, ma cerca anche di dargli un’educazione adeguata in quanto, quando diverrà adulto e responsabile della propria vita, dovrà sapersi relazionare in modo civile con gli altri cittadini. La scuola cerca pure di sensibilizzare i giovani su problemi come droga, bullismo o abuso di alcol, in primo luogo appendendo alle pareti dei vari istituti molti cartelloni o striscioni che mettono in guardia sui pericoli a cui gli adolescenti sono costantemente esposti. Un altro motivo per cui la scuola è così importante per la formazione dei ragazzi è il fatto che essa stimoli i suoi alunni e li sproni a dare sempre di più, accrescendo in questo modo la loro creatività e la voglia di fare. Questa indispensabile istituzione serve molto a coloro che cercano di costruirsi un futuro: in fondo la vita di ognuno di noi può essere paragonata a una grande casa e questa casa non può stare in piedi senza delle solide fondamenta, che sono rappresentate proprio dalla scuola. Se mettiamo a confronto un ragazzo che frequenta costantemente la scuola con uno che non ci è mai andato, ci accorgiamo di quanto queste scelte abbiano condizionato la loro vita, non solo a livello culturale, ma anche a livello educativo e comportamentale. Perciò la prossima volta che mi rivolgerò a un medico, a un meccanico, ad un avvocato o anche solo alla mia estetista, ringrazierò la magnifica istituzione che è la scuola, per aver dato a quelle persone la possibilità di realizzare il loro sogno e di fare qualcosa di utile per gli altri. Dalila Indino II DS A...S...SAGGI DI CONTEMPORANEITÀ A...S...SAGGI DI CONTEMPORANEITÀ Continua dalla prima CLASSI PONTE IN ITALIA al rispetto delle tradizioni territoriali e regionali, della diversità morale e della cultura religiosa del paese accogliente”. La nozione prevede inoltre che l’inserimento degli studenti stranieri, nelle classi ordinarie sia consentito solo fino al 31 dicembre di ogni anno, e la distribuzione sia proporzionata al numero complessivo degli alunni. Una proposta che secondo Cova “serve a prevenire il razzismo e punta a realizzare una vera integrazione, che oggi non c’è a sufficienza”. La convinzione su cui si fonda questo progetto politico, è che in classi comuni i bambini immigrati non apprendono e impediscono agli altri bambini italiani di portate avanti un programma approfondito e specifico. Ma non è vero, invece, che la lingua s’impara stando con i coetanei? Che la curiosità di conoscere, di sapere scatta proprio quando più è grande il desiderio di sentirsi alla pari degli altri? Dietro questa proposta si nasconde forse il timore che i bambini stranieri disturbino l’equilibrio dei bambini italiani, quasi dovessero “contaminare” i loro spazi. Insomma, una vera e propria forma di discriminazione che colpisce sempre e soltanto le persone più deboli e indifese: “quando viene discriminato un bambino - afferma Fassino, esponente del PD -, quella discriminazione se la porta dietro per tutta la vita”. La scuola pubblica considerata il primo luogo di formazione insieme alla famiglia, dovrebbe avere come principio fondamentale l’uguaglianza e non la diversità. Piuttosto che pensare a “differenziare” GIOVANI E VOLONTARIATO sarebbe certamente più efficace offrire alla scuola dei validi supporti, dotarla di personale specializzato che possa seguire adeguatamente questi alunni anche in ore extrascolastiche. Ma forse è una considerazione un po’ “anacronistica” visto i nuovi tempi che corrono ossia quelli della riforma Gelmini. L’educazione interculturale, che Epifani esponente della CGIL, ha definito come “profilo qualitativo della scuola moderna“, ha bisogno di luoghi unitari di conoscenza e controllo, non di separazione. Viviamo in un mondo dove il frutto dell’ingegnosità umana ci circonda, proponendoci ogni giorno nuove fedeltà, nuovi ambienti e nuovi ideali. In questo mondo progredito e all’avanguardia fa da sovrana la multietnia. Non ci scandalizziamo più a instaurare rapporti con persone di altri Paesi, a fare una passeggiata con un amico sulla sedia a rotelle, a vedere due persone dello stesso sesso mano nella mano. Per arrivare a questa emancipazione del pensiero, a questa alto grado di tolleranza il mondo ha dovuto lottare e combattere duramente. Ma in questo 2008, grazie alla mozione della lega, viene proprio da pensare che Martin Luther King sia morto per niente. Torniamo alle classi separate, ai posti sui pullman riservati e, perché no, tra poco anche ai treni di deportazione! Con il criterio adottato dovremmo creare classi differenziate per i disabili, per i dislessici e così via. Quello di separare gli studenti immigrati da quelli italiani è solamente un atto di razzismo. Vogliono farci credere che sia mirato ad una migliore integrazione e perfino ad una prevenzione del razzismo. La scuola da luogo dell’integrazione, dell’apprendimento e della socializzazione, forse ritornerà ad essere luogo di segregazione, intolleranza e diffidenza. Continua dalla prima “IL VOLANTINO” INCONTRA... La cultura del dono nel Salento “Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo”. Con questa celebre frase di M. Gandhi, il 25 ottobre 2008, si è aperto l’incontro del CSVC (Centro Servizi Volontariato Salento) con alcuni Istituti Secondari della provincia di Lecce, nel quartiere fieristico di Galatina, in occasione del 2° Forum Provinciale del Volontariato. Ospiti dell’evento il Presidente e il Direttore del CSVS, Luigi Russo e Antonio Quarta, Luigi Conte dell’Associazione Agesci (Scout) e Daniele Ferrocino della Comunità Emmanuel. Nella Provincia di Lecce si contano 6.000 associazioni e 45.000 volontari che lavorano almeno 5 ore, stimabili – come afferma il Presidente del Csvs – in circa 70 milioni di euro. La nuova finanziaria prevede uno storno di 42 milioni di euro nelle Politiche Sociali: “non è una cosa da eroi – come dice Russo – è un impegno che spetta a tutti, quello di umanizzare la società”. E cosa dire della cultura del dono nella fascia giovane della società? Quarta ci riporta nel mondo della scuola: “quando si parlava di volontariato attivo, si riscontrava una sensibilità spiccata da parte dei ragazzi” e un gruppo di ragazzi hanno chiesto assistenza per costituire nuove associazioni per l’ambiente, la protezione civile, l’assistenza ai disabili. Conte sottolinea l’esigenza dei ragazzi di voler essere ascoltati: le moderne tecnologie (computer, cellulari…) portano ad una chiusura dei giovani contrariamente a quanto si pensa. Forte è, tuttavia, la neces- sità di testimoniare, di mettere in pratica ciò che diciamo, partendo dal presupposto – come afferma Ferrocino – che “all’interno di ogni persona c’è sempre qualcosa di positivo, di buono, connaturato nell’essere umano” anche quando ci troviamo in contesti difficili come quello di una comunità che accoglie ex tossicodipendenti, ex carcerarti… Dall’indagine effettuata (350 questionari e 60 interviste), emerge chiaramente che i giovani avvertono la profonda contraddizione tra il volontariato e gli obiettivi economici del mondo degli adulti, e spesso non si sentono contagiati da loro. Una conclusione significativa è quel- la che Russo riporta nel Quaderno “Giovani mutanti dal profondo inespresso”: “c’è un mondo giovanile mutante e perfettamente aderente nella sua superficie alla ‘società liquida’; c’è però un profondo inespresso, potenziale, che è pronto a entrare in una dinamica di prossimità, di autenticità, di solidarietà; mancano adulti capaci di far emergere questo profondo inespresso, mancano testimoni veri di solidarietà, a partire dal nucleo familiare; i volontari sono troppo impegnati a fare, non curano il sapersi dire, il comunicarsi, il contagiare”. Maria Grazia Cosi V BS Nel corso della serata è stata consegnata alla prof. Clorinda Gambi, una targa alla memoria del marito, prof. Mario Gaetano Mercogliano, animatore appassionato del foglio “Il Volantino”. Antonio Caprarica, leccese di nascita, noto giornalista Rai e autore di numerosi libri, gli ultimi dei quali sui vizi e difetti dei nostri vicini Europei inglesi e francesi, dedica ora questo libro ai cari connazionali italiani di cui vuol abbozzare “un ritratto più veritiero e duttile”. Dipinge così il Bel Paese con la sensibilità di chi, come lui, dopo un’esperienza ventennale come corrispondente all’estero, ha Maria Assunta Ratano III AL il duplice occhio di inviato e di “insider”. Chi siamo e perché parliamo tanto male di noi? È il sottotitolo del libro che fa emergere lo stereotipo dell’Italiano furbo, anarchico, opportunista, refrattario alle regole, riluttante ad occuparsi d’altro che non sia la famiglia. La famiglia a cui Caprarica, da “buon italiano”, dedica il suo libro. Gran parte dell’incontro si è incentrato sulla concezione “ossimorica” dell’italiano: l’arcitaliano “bigotto” amante dell’Italia e l’antitaliano “mangiapreti” portatore di tradizioni, usi e costumi stranieri. Ne viene fuori l’immagine di un Paese autodenigratorio alla ricerca dell’assoluzione: l’Italia sembra essere l’unico Paese al mondo con un rinomato studio sui difetti del suo popolo, insomma uno studio approfondito di “italianologia” che presuppone un’autodenigrazione, spesso impietosa, riflesso di uno stereotipo che vuole l’italiano furbo, cinico, ossessionato dal sesso. Caprarica cerca di combattere proprio questa immagine e non può mancare il riferimento ad un grande politico del secolo scorso, Giovanni Giolitti, convinto di dover governare un Paese “gobbo”: egli paragonava il suo mestiere a quello del sarto che, dovendo confezionare un vestito per un gobbo, doveva fare la gobba anche al vestito. È passato oltre un secolo da allora… e voi, oggi, la sapete lunga o no!? Prof.ssa Rosa Nesca Pg.4 IO STO CON TELETHON: “GIOVANI E SOLIDARIETA” L’UILDM insieme al “COMI” per un obiettivo comune abato 13 dicembre il nostro istituto è sceso in Piazza Cappuccini insieme all’associazione Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare “Capo di Leuca” con la collaborazione dell’Associazione Commercianti di Tricase e il patrocinio del Comune. Insieme per un obiettivo comune: sostenere la ricerca. Filmati, danza, musica, canto e interventi vari hanno animato la serata, splendidamente condotta dalla nostra cara prof. Titty Mastria. La redazione del giornale ringrazia i ragazzi del Comi e i docenti, in particolare la prof.ssa Belcastro, per la sensibilità, l’entusiasmo, la gioia, l’impegno… per questo grande gesto d’amore verso quanti vivono nella sofferenza ma anche nella speranza di un futuro migliore. E proprio una nostra alunna ha reso la sua testimonianza raccontandosi in un momento così delicato della sua vita, con l’intento di sortire un duplice effetto: quello di farci sentire solidali con quanti vivono questi momenti di sofferenza e quello di sensibilizzare tutti noi affinché possiamo offrire un aiuto concreto, sostenendo la ricerca che sola può restituire un “pezzo di vita” a tutte queste persone… “Correre, giocare, saltare. Gesti semplici, quo- S tidiani … ovvi! La tua vita scorre serenamente: la scuola, gli affetti … tutto ti regala soddisfazioni e dolci sentimenti. In quei momenti credi che nulla, e dico nulla, può cambiare. Credi che niente possa compromettere la tua felicità. Ho poco più di 20 anni, una ragazza come tante, piena di vita e di voglia di fare, con tanti sogni nel cassetto, alla quale però il destino ha riservato una sorpresa poco piacevole. In pochi mesi la mia quotidianità si è trasformata sempre più senza un preavviso e, per molti mesi, senza un apparente motivo. Più i giorni passavano e più quei gesti semplici e scontati diventavano difficili da compiere. Mi accadevano cose strane. Il mio corpo mi apparteneva sempre meno, non ascoltava più i miei comandi … ma io continuavo imperterrita la mia vita con i miei mille impegni. Cercavo di non farmi domande e di nascondere il mio disagio, un disagio che dopo mesi di silenzi si è rivelato essere un problema serio. Puoi nascondere, far finta di niente, ma poi la verità viene sempre a galla, anche quando è ancora solo una mezza verità, anche quando è atroce. La mia prima pesante mezza verità, l’ho ricevuta da un medico quando ero lontana dai miei cari per seguire una delle mie tante passioni. Ero lì, in una stanza bianca, seduta alla sua scrivania, da sola. Senza il mio ragazzo, senza la mia famiglia. SOTTO LO STESSO CIELO… per brillare insieme el corso del 4 dicembre scorso, presso l’Istituto Magistrale “G. Comi”, si è tenuto il 1° Convegno per l’orientamento degli alunni diversamente abili: Insieme sotto lo stesso cielo. Un titolo significativo per riflettere sul valore dell’alterità e della persona come espressione unica, originale, a prescindere da ogni condizione socio-culturale o da qualsiasi forma di handicap e di disabilità! Il Convegno in questione si è tenuto in virtù del desiderio di voler costituire, da parte della nostra Scuola, non semplicemente una potenziale risoluzione dei problemi circa la scelta del percorso superiore da frequentare, una volta concluso l’iter didattico ed educativo promosso dalla Scuola Media, ma, soprattutto in virtù della necessità di dover riflettere attorno al senso dell’essere, attorno alla diversità che deve costituire una risorsa, un patrimonio da scoprire, da rispettare, da tutelare! Insieme al Vice sindaco di Tricase, dott. Claudio Pispero; al Centro Servizi per l’Handicap di Casarano, rappresentato dalla Dirigente Giovanna Salento; all’Unione Provinciale Ciechi, rappresentata dalla dott.ssa Enza Marchello; alla Dirigente Scolastica Addolorata Bramato dell’Istituto Comprensivo di Miggiano; all’avvocato Loredana Capone, Assessore alle pari opportunità e alle politiche educative, nonché Vice-Presidente della Provincia di Lecce, si è ripercorso, in maniera sintetica, l’operato compiuto dal Comi, circa l’integrazione e la formazione degli alunni in difficoltà. Stiamo vivendo – come afferma la Capone – un momento particolare della nostra storia, un momento che vede la disgregazione della famiglia, il distacco sempre più crescente dei genitori dai figli, una minore capacità di dialogo degli adulti: “solo alcune famiglie testimoniano ancora adesso che c’è invece un grande apprezzamento per i propri figli e, sebbene possa sembrare contraddittorio a chi non lo vive e non lo vede vivere, sono proprio le famiglie di quei ragazzi che presentano una certa diversa abilità a mettere i figli al centro della propria considerazione, al centro della propria vita”. Ecco perché è indispensabile che ci siano centri, scuole e N Continua alla pag. seguente Quel giorno uscii da quella stanza, frastornata, incredula, forse impaurita ma convinta di poter affrontare tutto senza problemi. Mi sentivo piena di forze. Un coraggio che alcuni hanno definito invidiabile, ma probabilmente un coraggio che il trascorrere del tempo, rivela essere finto. Dopo quella notizia, confermata a distanza di un anno, mi è successo di tutto: gli ospedali, le “torture” fisiche e psicologiche degli esami clinici, la paura di non poter più camminare, lo sgomento di medici e familiari , la dimissione senza una diagnosi certa il giorno del tuo ventesimo compleanno. È passato poco più di un anno da quei giorni ma non mi sembra ancora vero. Dopo la dimissione ho vagato per l’Italia, da nord a sud per cercare una risposta, e non c’è nulla di più brutto di non riuscire a trovarla. Per mesi e mesi tutti continuavano a ripetermi che esisteva un problema, ma non riuscivano a capire quale, eccetto la sua natura neurologica. Mi hanno diagnosticato possibili Atassie, Paraparesi e Distonie. Tutte malattie rarissime, degenerative e senza possibilità di cura. Nonostante tutto però hanno tentato terapie che qualche volta mi hanno tolto la dignità. Non ero più io. Finalmente poi, dopo un anno, stanca e stufa sono riuscita a giungere a una conclusione. Una malattia degenerativa di cui non si conosce la causa, della quale non si può guarire, abbastanza diffusa ma che nel mio caso si presenta in maniera anomala. Non lo sanno neppure i medici se ciò possa essere positivo o meno, ma noi andiamo avanti. Per tutto questo tempo ho cercato di evitare domande esistenziali del tipo: “Perché a me?”. Ho sempre pensato fosse inutile. Non posso, però, nascondere quanto tutta questa difficile storia mi abbia profondamente cambiata. Si è soliti pensare che situazioni del genere non pos- sono mai riguardarci. Ci sbagliamo e quando arrivano travolgono te e chi ti sta intorno. Cambiano le priorità, cambiano i valori, la visione del futuro ma anche le relazioni: in famiglia come all’esterno. Per lungo tempo ho cercato di dare coraggio a me stessa e agli altri dimostrando di essere forte e di non lasciarmi ferire dagli sguardi e dalle domande della gente. Dopo mesi di incertezza e sgomento, non riesci neppure a vivere a pieno il momento della diagnosi. Lo vivi solo come un momento liberatorio. Quando ti capita di avere un incidente puoi prendertela con qualcuno, con chi ti ha investito ma quando a colpirti è una malattia che tra l’altro non puoi sconfiggere, su chi puoi scaricare la tua rabbia? Lei vince su di te giorno dopo giorno, quando vorresti correre, quando le tue mani non hanno la forza di aprire una bottiglia… quando pensi al futuro e lo vedi solo in bianco e nero. Nonostante tutto però, vorrei anche raccontarvi come le tante persone che ogni giorno combattono contro un male oscuro abbiano anche la forza e il coraggio di continuare a vivere e a sperare. Io sono una di loro! E questa sera con queste righe, vi chiedo di aiutarci a sorridere. Le nostre uniche armi sono la ricerca scientifica e l’amore di chi ci sta intorno.” Alessia Villani (ex alunna) LE SCUOLE SCENDONO IN STRADA CONTRO LA LEGGE GELMINI … Così reagiscono gli “asini” facinorosi del Sud! urante la vita di uno Stato libero e democratico è fondamentale che vengano emanate delle riforme atte a farlo progredire, ma non sempre esse sono tali! Premesso ciò, incominciando a trattare di verità fattuali, si può prendere ad esempio il giorno del 29 ottobre, giornata piovosa in tutto lo Stivale, dopo un’intera settimana di “maltempo”! In quello stesso giorno, al Senato si approvava a maggioranza la Legge Gelmini, ma quanti tra i cari “rappresentanti del popolo italiano” hanno realmente ascoltato il disagio e i bisogni dei propri elettori? Nel corso di quella stessa settimana di maltempo in tutta Italia, prendevano forma movimenti di protesta contro l’allora decreto Gelmini. Bene, contemporaneamente, nei palazzi del potere, le stesse persone da noi elette affermavano con forza che tutte le mobilitazioni erano prive di senso e nessun ritegno nel sostenere che, in realtà, nessuno aveva compreso la validità della “riforma”, che la “morale della favola” non era stata colta da quei manifestanti “poveretti” che si sono lasciati influenzare da massmedia terroristi. Ma è davvero possibile che gran parte degli italiani abbiano frainteso, che tutti quanti siano teste vuote, scatole craniche che attendono di essere riempite di nuovi precetti? Beh, secondo noi non è affatto così ed è per questo che anche qui, nel profondo Sud, nel tacco abitato dagli “asini”, abbiamo deciso di manifestare. Il 30 ottobre 2008 noi studenti degli Istituti di Istruzione Superiore di Tricase ci siamo riuniti in Piazza Galilei e da D qui è partito un Corteo di protesta autorizzato. Percorrendo le strade principali di Tricase, abbiamo esternato tutto il nostro dissenso verso una riforma che pensiamo sia ingiusta, una sorta di “devolution” dell’apparato scolastico. Inoltre, in piazza Cappuccini, punto di arrivo del corteo, molti tra studenti e professori sono intervenuti per argomentare una tesi comune: “No alla Legge Gelmini!”. Ad alimentare gli animi l’esternazione di Cossiga sui disordini di piazza Navona e i documenti letti pubblicamente come l’ “Ipotesi di Calamandrei”. Ovviamente non sono mancate le critiche di quanti sostenevano “non ha senso manifestare, il decreto è passato al Senato ieri, ormai è legge”. Ebbene, noi crediamo che sia una questione di coerenza, se una persona ha dimostrato di essere contraria al decreto, prima che esso fosse convertito in legge, dovrebbe perseverare nella sua posizione. Inoltre, vivendo in un Paese libero, riteniamo più che giusto, se non doveroso, esprimersi, far conoscere al mondo intero l’opinione soprattutto di noi giovani che abiteremo il futuro di questo Paese. Ora, se in tutta l’Italia ci sono stati movimenti di protesta contro la Riforma scolastica, viene da chiedersi se siamo noi dei “facinorosi” che non hanno capito nulla di questa riforma o se sono i “grandi” governanti a non aver colto il pensiero di coloro che essi stessi rappresentano! Non ci resta che augurarci che presto possa arrivare il “bel tempo” su tutta la penisola ma, ahimè, per ora, non ci è dato sapere nulla! I Rappresentanti d’Istituto Pg.5 istituzioni che possano occuparsi di loro, che possano supportare più che mai le famiglie e far emergere le diverse abilità in un clima di serenità e di accoglienza. “Prendersi cura, accompagnare la crescita di un disabile – sottolinea la Bramato – significa anzitutto saper leggere i cambiamenti e i mutamenti che intervengono nel corso dello sviluppo e che sono indicati da segnali molto sottili, percepibili solo da un occhio attento e sensibile e solo grazie ad un’attenzione costante, ad un ascolto continuo e ad una vasta capacità di accogliere e di comprendere ciò che viene espresso dal ragazzo”. Grazie ad ogni singolo membro del Comi, alle professionalità convenute, e alle nostre “826 stelle” - come le ha definite il nostro Dirigente –, alunni estremamente sensibili ed aperti al dialogo e all’ascolto, si è avuto modo di lavorare, credendo fermamente nella Scuola e nel suo porsi come principale agenzia di formazione e di veicolazione della cultura alla luce di cui educare le future generazioni, superando quel senso di estraniazione che a volte ci coglie, nel voler, alla luce del rispetto, della tolleranza, guardare al volto d’altri con fiducia, perché tale deve essere il desiderio, come sostiene Jabès, di brillare insieme! Prof.ssa Giusy Ricciato Rami 2008, olio su tela 50x70 Incontro con l’autore: Silvia Ballestra al Comi Al Comi di Tricase, ormai da un po’ di anni, la biblioteca, promuove periodici incontri con scrittori o scrittrici per incentivare, tra i giovani e sul territorio, la lettura. Anche il nuovo Dirigente scolastico, Prof. Mauro Polimeno, ha sostenuto, ampliandolo, il progetto. Le ragioni didattiche e culturali sono evidenti. Incontrare e conoscere chi scrive è sempre un’emozione, un’ occasione che produce curiosità e interesse. L’universo della scrittura e della lettura diventa più familiare, meno distante. La stessa emozione coinvolge anche me. Il 31 ottobre è arrivata al Comi la scrittrice Silvia Ballestra (1). Mi è piaciuta subito, quando l’ho incontrata, in presidenza, così poco formale, un po’ timida ma molto alla mano. Ero contenta perché avevo letto con attenzione il suo libro che si sarebbe presentato. Lo avevo trovato interessante sia per le tematiche trattate che per come erano state trattate. Avevo di fronte una giovane donna che, nonostante la semplicità dei comportamenti, dimostrava una forte personalità. Mi sentivo in perfetta sintonia, come se l’avessi conosciuta da tanto tempo. Dopo gli onori di casa del Dirigente scolastico, il prof. Donato Chiarello, che è anche un bravo attore, ha letto dei brani tratti dal libro Piove sul nostro Amore, sottotitolo Una storia di donne, medici, aborti, predicatori e apprendisti stregoni (edizione Feltrinelli, settembre, 2008). I brani recitati erano molto commoventi, lettere autobiografiche di donne che avevano fatto nella loro vita esperienze difficili e drammatiche come l’aborto. La lettura si è conclusa con un brano, tratto dall’ultimo capitolo Senza perdere la tenerezza, testimonianza di un’infermiera che vive e lavora da anni in un ospedale per bambini con gravi patologie genetiche, a contatto dell’immensa sofferenza loro e delle loro famiglie. Il libro Piove sul nostro Amore è nato in conseguenza del dibattito riaccesosi con violenza in Italia, sulla legge 194, conosciuta come la legge sull’interruzione di gravidanza, ma che è molto di più. La Ballestra affronta temi delicati come l’aborto, la pillola del gior- no dopo (Ru486), l’eugenetica e, come si legge sulla quarta di copertina, vuole capire se è vero che, come sostengono le gerarchie ecclesiastiche e non pochi laici “oggi queste questioni sembrano minacciare la società italiana”. Con semplicità, ma con competenza, ha parlato del suo libro alle studentesse e agli studenti, che forse avevano sentito parlare di questi temi solo in una delle numerose risse televisive. Molti di loro non avevano mai affrontato seriamente l’argomento, né avevano sentito il bisogno di farlo pubblicamente. La scrittrice è riuscita a coinvolgerli e a fare capire l’importanza e la necessità, anche per loro, di essere più consapevoli e di interrogarsi seriamente sulle questioni della vita, della morte, dell’aborto, della sessualità responsabile, della libertà di scelta, sottolineando la necessità di non liquidare questi argomenti in maniera ideologica. Ha mostrato le storture del fanatismo, in ogni sua forma, che impedisce un dibattito serio in Italia. Il Movimento della vita (pro-Life), che l’autrice ha frequentato, mostra l’inquietante attitudine a criminalizzare la donna. Ed il fronte pro-choice (il fronte a favore della libertà di scelta) più che aprire un serio dibattito su questioni così importanti, riesce ad avere solo posizioni difensive. Ecco le ragioni di questo libro, per il quale ha incontrato due ginecologi straordinari, Francesco Dambrosio (un medico e uomo speciale distintosi per l’assistenza alle donne dopo il disastro di Severo) e il dottor Silvio Viale del Sant’Anna di Torino, ricercatore e sperimentatore della Ru486. “Facile dire favorevole o contrario,- dice Viale - quando hai il test in mano cambia tutto (… ). In realtà ci vorrebbe un po’ di umiltà”. In Italia, ricorda Silvia Ballestra, gli aborti prima del 1978, prima cioè della introduzione della legge 194, erano molto numerosi e molte donne morivano di aborto clandestino. La Ballestra cita il diario, depositato all’archivio di Pieve Santo Stefano, sul quale aveva lavorato per il film di Alina Marrazzi Vogliamo anche le rose. Storia lucida e dolorosa di un aborto clandestino di una diciassettenne pugliese. Nel libro, a proposito di questo episodio, scrive: “Ecco, in questo estratto di diario c’è molto: il salto dalla parola condivisa, militante, delle assemblee con le compagne dell’epoca, al dolore singolo, inimmaginabile dall’esterno, iscritto nella propria carne (lei usa la parola “marchiare”…). E c’è l’impossibilità di dirlo, questo dolore, fino in fondo, senza tradire nulla della sua complessità.” Prima di concludere sono intervenuti i ragazzi. In particolare una ragazza ha ringraziato la scuola e l’autrice che hanno dato l’occasione di discutere insieme di un problema del quale mai si parla, lasciandolo nella sfera individuale o ignorandolo fino a che non si è costretti ad occuparsene. Quale la scelta migliore? Chi può dirlo, nessuna scelta è migliore dell’altra. La cosa importante è fare di tutto per non dover mai fare scelte tanto difficili. Il bell’incontro si è concluso con un mazzo di rose, ricordando Vogliamo anche le rose, e un po’ di commozione. Prof.ssa Cristina Barbara 1) Silvia Ballestra nata nelle Marche nel 1969 è autrice di diversi libri come: Compleanno dell’Iguana (Transeuropa e Mondadori, 1991); La guerra degli Antò (Einaudi ,1992), da cui è stato tratto un film. Gli orsi (Feltrinelli, 1994). Tra i suoi libri più recenti, molti dei quali tradotti in varie lingue: Nina ( Rizzoli, 2002), Tutto su mia nonna (Einaudi, 2005), La seconda Dora (Rizzoli, 2006) Contro le donne nei secoli dei secoli (Il Saggiatore, 2006). Collabora con vari giornali come L’Unità e il Corriere della sera. ABORTO: vita o libertà di scelta? Riflessioni di una giovane donna L’aborto è uno dei temi più delicati della società italiana. Da anni politici, religiosi, atei ma soprattutto la gente comune discute sull’interruzione volontaria della gravidanza: pratica legale o illegale? Lungi dall’essere una questione prettamente religiosa l’aborto rientra, nella sfera più ampia della morale e dell’etica ma, in una società come la nostra, non è comunque pensabile che non ci possa essere il diritto di scelta. Il 22 maggio 1978 l’aborto viene legalizzato con la legge 194 che permette legalmente le pratiche abortive entro i 90 giorni dal concepimento, e tra il 4° e 5° mese in caso di danni del feto, e da allora è guerra più che mai! Qualche tempo dopo, nel 1981, i cattolici e altri attivisti politici richiesero un referendum abrogativo, scontrandosi apertamente con una maggioranza che votò in favore della legge. Ma cosa accadeva prima della legge 194? Le pratiche abortive clandestine esistevano già: toccavano soprattutto i ceti più alti, coloro che avevano la possibilità di pagare a caro prezzo i cosiddetti “cucchiai d’oro”, questo il nome dato comunemente al metodo utilizzato dai medici per estrarre l’embrione dall’utero. Oggi si dovrebbe navigare nella legalità, eppure è risaputo che tali pratiche continuano ad esistere ed è sicuramente una delle realtà più crudeli: troppi medici obiettori di coscienza, strutture poco adatte e tante donne costrette ancora, probabilmente, a cercare altrove, incappando nei rischi dell’illegalità. Lo scorso 8 marzo, centenario della giornata della donna, si sono svolte in varie piazze italiane manifestazioni per poter lasciare invariata la legge 194, contro coloro che, come Giuliano Ferrara, della lista prolife a favore della moratoria per l’aborto, chiedevano, appunto, una revisione della legge. L’ultimo attacco quel- lo di ‘’Forza Nuova’’, organizzazione di estrema destra, che protesta contro l’aborto facendo pervenire a diverse quotidiani e agenzie di Palermo delle bambole insanguinate. Mentre continua l’assalto alla 194, in alcune parti d’Italia si firma una petizione per poter ottenere legalmente le pillole abortive già in uso in altri Paesi come la Svizzera: la Mifegyne e la Prostaglandina non sono certamente due semplici pillole ma mettono in moto un processo alquanto doloroso e complesso. Non è possibile stabilire con oggettività quanto l’aborto sia una pratica giusta o sbagliata. Le varianti da considerare sono tante: la società in cui viviamo, la cultura femminile di un Paese, il diritto alla vita… Se il punto di partenza è la considerazione dell’embrione come creatura umana, sopprimerlo è certamente un reato giacché un bambino ha il diritto alla vita e la madre non può arrogarsi il potere di decidere se concedergli la grande opportunità di vivere. Ma se parliamo di una massa di cellule, non ancora dotata di coscienza, allora potremmo non considerarlo effettivamente un omicidio e l’aborto potrebbe essere la “via d’uscita” da tante situazioni problematiche. Quanti giovani ragazze restano incinte all’età di 15 /16 anni? Quante di loro, pur assumendosi le proprie responsabilità, sono davvero in grado di diventare madri da adolescenti? Per non parlare poi delle situazioni limite: stupro, violenza, handicap dell’embrione… donne malate di cancro che hanno portato avanti la loro gravidanza per una mera questione morale. Sono tante le situazioni in cui l’aborto forse potrebbe rappresentare un’alternativa pur considerandolo un gesto estremamente crudele laddove non trova valide giustificazioni… allora lasciamo che siano le donne a scegliere! Valentina Russo V BL Il punto di vista di un adolescente Oriana Fallaci scrisse diversi anni fa un libro “Lettera ad un bambino mai nato” e a quei tempi la Chiesa si batté fortemente per uno dei casi più delicati nella sfera dell’etica umana, per ciò che da molti è ancora decretato come “omicidio colposo”. L’aborto è una realtà del nostro tempo, ed è anche la naturale conseguenza di valori che sono andati dispersi nel corso inesorabile degli anni. La nostra società veste culture e tradizioni distanti dalla generazione passata in cui si faceva del pudore la miglior arma di seduzione. Proprio la mancanza di quest’ultimo spesso catapulta giovani donne in situazioni tragicamente scomode da fronteggiare, come un’inaspettata e generalmente poco gradita gravidanza. Nella sua riflessione la scrittrice Oriana Fallaci narra la vicenda di una ragazza alle prese con un evento che sicuramente sconvolse non solo la sua vita, ma anche quella dei suoi genitori che decisero poi per l’adolescente la via più semplice e soprattutto meno compromettente dal punto di vista sociale: farle perdere il bambino. In Italia il 65% delle donne adatta come sistema più efficace quello di rinunciare al piccolo evitando una serie di conseguenze che il parto e il post-parto comportano. Spesso molte ragazze al giorno d’oggi rinunciano alla creatura sicuramente per motivi economici, in effetti non è confortante il bilancio delle famiglie italiane che spesso fanno fatica ad affrontare questo genere di “imprevisti”. Per non parlare poi di tutte quelle ragazze che, rimaste incinte dopo uno stupro, trovano difficile, dopo lo shock subito, tenere un bambino frutto di una violenza, testimone vivente di una tritissima esperienza. Ma nonostante tutte le giustificazioni, restano comunque inquietanti i numeri statistici: l’istat parla del 71% di giovani donne che decidono di interrompre una gravidanza, percentuale abbastanza alta per un paese cattolico come l’Italia! Forse, la nostra società dovrebbe interrogarsi di più sul fenomeno, e magari contenerlo incoraggiando e offrendo una maggiore assistenza a tutte le giovani donne che, soprattutto per causa di forza maggiore, vengono a trovarsi in circostanze così delicate. Spesso si sentono allo sbando e vorrebbero intravedere almeno quel filo di speranza che possa incoraggiarle a diventare ragazze madre, madri-coraggio, a sentirsi più sicure delle loro scelte, a non rinunciare a quel raggio di sole che, dopo nove mesi, potrebbero scorgere in quel cielo così buio! Manuel Cucinelli V BL Pg.6 I GIOVANI ALL’INTERNO… ALL’ESTERNO DELLA SOCIETÀ La società nella quale attualmente viviamo può essere paragonata ad un immenso puzzle. Questo buffo paragone non è determinato accidentalmente… Sembrerà strano comparare la nostra società ad un oggetto, ma in realtà essa si presenta proprio composta in questo modo. Infatti, sembra essere costituita da innumerevoli tasselli che, amalgamati insieme, riescono a rappresentarne gli aspetti e i fattori positivi, ma anche e soprattutto quelli negativi che purtroppo determinano o influenzano la crescita e la vita di ciascun membro. Uno di questi fattori è costituito dal percorso di crescita di molti ragazzi all’interno della società. Oggigiorno sembra che i ragazzi non riescano a trovare nell’ambiente che li circonda stimoli adeguati alle loro esigenze e spesso faticano a raggiungere un loro equilibrio interiore. Per tale motivo sentono la realtà che li circonda come troppo stretta e monotona e di conseguenza sono spinti a raggiungere ciò che ancora non hanno e che spesso è proibito. Se paragonati ai giovani di qualche decennio fa sembra che abbiano più di quanto sia necessario: molta più libertà, più emancipazione, più risorse, più possibilità di svago, meno doveri, ma allo stesso tempo ciò sembra non bastare e molti si chiedono: fin dove arriveremo? Avere tutto ciò di cui si ha bisogno o tutto ciò che si vuole, magari a volte anche solo per far vedere che lo si ha, senza aver speso tempo e fatica per ottenerlo, può creare nella mente dei giovani la sensazione che le “cose” si ottengano con estrema facilità, che sforzarsi e impegnarsi non è necessario se c’è qualcun altro che lo fa per loro. Comportamenti di questo genere, di certo, non conducono a nulla di buono né stimolano l’insorgere del senso di responsabilità, di accortezza, di determinazione. Per molti ragazzi la vita è un susseguirsi di giorni spesso noiosi e di azioni abituali, a cui cercano di porre “rimedio” uscendo fuori dagli schemi, dalle regole, a volte anche dalla legalità. Infatti non è sporadico e rischia di diventare normale venire a conoscenza delle tante stragi del sabato sera per l’eccessiva velocità, di giovani fuggiti di casa o che hanno messo in atto azioni criminali sotto l’effetto di droga o per procurarsela e, ancora, di morti premature legate all’abuso di alcol e di sostanze in genere. Se questi episodi avvengono così frequentemente è perché manca anche una diffusa sensibilizzazione. Nel momento in cui ascoltiamo certe notizie o osserviamo determinate immagini ci soffermiamo a riflettere e una strana sensazione si propaga per tutto il corpo, soffriamo per loro, capiamo il dolore dei parenti e ci ripromettiamo di fare qualcosa affinché ciò non accada più. Tuttavia una volta spenta la tv o dopo aver cambiato argomento diveniamo come la memoria volatile di un computer, che al suo spegnimento perde le cose non salvate. Naturalmente le nuove generazioni non vanno criminalizzate in tutto e per tutto, ma occorre tener conto delle diverse sfumature che può assumere il “fenomeno giovani”: a volte la colpa non è da attribuirsi al singolo, ma al gruppo di Continua dalla prima TRICASE - COMO: mille chilometri per scoprire i nostri ragazzi strutturato in tre tappe, nasce per conoscere meglio il mondo dei nostri ragazzi, le loro priorità, i loro gusti, i loro bisogni e, soprattutto, le difficoltà con cui spesso si scontrano all’interno della società e, ancor più, nelle due agenzie educative per eccellenza: la famiglia e la scuola. Due istituti situati all’estremo sud e nord d’Italia, a più di un migliaio di chilometri di distanza: gli stessi problemi o contesti socioculturali differenti? Per capirlo sono state formulate, in questa prima tappa, 23 domande sui seguenti temi: rapporto con gli altri, comportamenti, tempo libero, informazione, uscite con gli amici, lavoro e denaro, amore, moda, città e realtà sociale. *** Si fidano poco degli adulti, ma non tradirebbero mai i loro amici; seguono la moda del momento ma senza lasciarsi ossessionare dalla griffe; spendono per divertirsi, ma dichiarano di voler fare volontariato in futuro: sono i ragazzi del quinto anno del “Comi” di Tricase e del “Ciceri” di Como, due realtà a confronto per comprendere che cosa significa avere 18 anni nella società di oggi. Scopriamo così che l’Italia dei giovani è un territorio molto più omogeneo di quanto i luoghi comuni ci inducano a pensare. A latitudini diverse, le analogie sono tante, a partire dal rapporto con gli altri. Da nord a sud, i nostri ragazzi scelgono di relazionarsi soprattutto con i coetanei, confrontandosi prevalentemente su scuola, sentimenti e attualità, poco su temi culturali. Più urgente a Como che a Tricase è l’esigenza di parlare di problemi familiari, ma tutti gli intervistati considerano il dialogo all’interno del gruppo un presupposto fondamentale per una socializzazione positiva. Tradire è il comportamento che i ragazzi più condannano, specie se l’oggetto del tradimento è un amico. Rubare, mentire, essere violenti e non rispettare l’ambiente circostante sono gli altri disvalori di questa scala al rovescio, che presenta, sugli ultimi gradini dei comportamenti deprecabili, vizi quali il fumo, le droghe leggere e l’alcool. Curiosamente, i ragazzi del sud collocano al settimo posto della classifica l’uso di un linguaggio scorretto, che i ragazzi del nord fanno invece scivolare all’ultimo. Nel tempo libero si esce con gli amici, quasi tutti i giorni a Tricase, solo nel weekend a Como. Durante la settimana ci si ritrova in piazza o, specialmente al sud, a casa, mentre il sabato sera gli studenti del “Ciceri” si danno appuntamento al disco-pub, al cinema o in birreria in percentuale doppia cui fa parte, alle compagnie che frequenta che possono, in qualche modo, influenzarne gli interessi. Si va fuori strada assumendo sostanze o compiendo atti contrari alle regole della società per noia, per il gusto di fare qualcosa di nuovo, per ritrovarsi in una dimensione sconosciuta in cui tutto appare più bello ed entusiasmante, in un mondo in cui non esistono limiti, per esaltarsi, per essere al centro dell’attenzione, per essere rispettati dai coetanei, per sentirsi superiori e grandi, per imitazione. Si tratta quindi di motivi futili che non avrebbero ragione d’essere se i giovani riuscissero ad apprezzare ciò che hanno e quello che la vita ha offerto loro. Ma, per raggiungere tale obiettivo, è necessario che i primi a dare il buon esempio siano gli adulti che dovrebbero condurre una vita sana e rispettosa delle regole. Oltre a sforzarsi di comprendere i bisogni e le esigenze dei propri figli, i genitori dovrebbero anche, dove è possibile, intervenire per limitare qualche concessione o privilegio di rispetto ai loro coetanei del “Comi”. Non a caso, al nord si consuma molto più alcool che al sud, dove fra amici si fa uso soprattutto di sigarette. I ragazzi di Tricase nelle pause dallo studio navigano spesso in Internet, mentre a Como si privilegia l’attività sportiva. Quasi tutti gli adolescenti intervistati frequentano la palestra, ma molti si cimentano in sport meno blasonati come il basket e l’equitazione al nord (con una significativa percentuale di ragazze che si dedicano alla danza) e la scherma e la caccia-pesca al sud. Gli studenti del “Ciceri” dichiarano di studiare più di quelli del “Comi”, che seguono molte più lezioni private di ripetizione e rinforzo, e risultano più impegnati nel volontariato e nella politica. I nostri ragazzi si informano mediamente allo stesso modo, ascoltando il telegiornale quando capita l’occasione e leggendo i quotidiani. Ma a Como, se rispetto a Tricase sono più del doppio i 18enni sempre informati, sono quasi il doppio anche quelli che si informano solo se accade qualcosa di loro interesse. In compenso, gli studenti del “Ciceri” leggono molto più di quelli del “Comi”, che alle pagine di narrativa preferiscono di gran lunga la musica. Più al sud che al nord, i nostri ragazzi hanno conosciuto quasi tutti il mondo del lavoro. A Tricase due adolescenti su tre si procurano un impiego estivo, un terzo più che a troppo, magari impedendo loro di fare le ore piccole, di spostarsi troppo con l’auto specialmente se neopatentati, vigilando di più sui luoghi e le compagnie frequentate dai figli, invogliandoli a dedicarsi a qualcosa di fruttuoso come lo studio o a coltivare sane passioni, come lo sport o altri hobby. Anche i mass-media, con cui i giovani sono quotidianamente in contatto, dovrebbero proporre modelli e stili di vita diversi da quelli attuali; oggi, invece, accade il contrario in quanto sia in tv che su internet si assiste quasi ad una pubblicizzazione di sostanze vietate poiché utilizzate da persone famose che ne elogiano gli effetti ed anche alla proposta di modelli di vita legati alla mondanità, alla moda, alla bellezza, al denaro e al consumo. Quanto ancora dovremmo attendere prima che ognuno di noi si renda conto che è necessaria un’inversione di tendenza? Questa moda, come tutte quelle che l’hanno preceduta, durerà poco o tarderà a passare? Angelica Ruocco III BS Como, dove peraltro un sesto degli intervistati dichiara di non aver mai lavorato. Sono proprio i lavoretti occasionali a rimpinguare il portafoglio dei ragazzi del “Comi”, che a differenza dei loro coetanei del “Ciceri” non dispongono della “paghetta” settimanale. In cima alla lista delle spese ci sono quelle correlate alle uscite con gli amici, poi l’acquisto di capi d’abbigliamento, sempre alla moda, ma non necessariamente firmati. Del resto, l’attenzione per l’aspetto esteriore non è affatto maniacale, anche se gli studenti ammettono di curare molto il loro look. Al “Comi”, oltre metà degli intervistati dichiara di avere una relazione importante in corso, mentre al “Ciceri” solo il 26% afferma di essere impegnato sentimentalmente. Comune è l’insoddisfazione verso la propria città: tanto Como quanto Tricase non offrono ciò che i nostri ragazzi desidererebbero, e questo forse spiega il disinteresse più o meno diffuso per la realtà sociale nella quale vivono. Certo, al “Ciceri” si registra una timida partecipazione ad attività di volontariato e al “Comi” una significativa tendenza all’associazionismo, ma quasi tutti i nostri studenti rimandano a un futuro meno frenetico l’impegno a favore del prossimo. Proff. Graziana Urso e Anna Milena Ricchiuto Pg.7 L’ANGOLO DI MAFALDA…le nostre riflessioni Lettera aperta dei Rappresentanti di Istituto al nuovo Dirigente Caro Dirigente, gli autori della seguente lettera sono i rappresentanti d’Istituto che si fanno portavoce di tutti gli studenti del Liceo da Lei diretto. Già nei primi giorni di esercizio della nostra carica, abbiamo potuto constatare la Sua grande disponibilità nei confronti dei Suoi studenti. Negli anni passati, purtroppo, la presenza dei nostri Dirigenti non è mai stata abbastanza assidua e costante. Sembrerebbe quasi che i Suoi predecessori non avessero per niente a cuore la nostra e la loro scuola, i loro studenti, ragazzi fortemente bisognosi di una guida sicura, bisognosi di riscontrare la dedizione del “padre di famiglia” anche nei piccoli gesti della quotidianità. Noi studenti, attori principali sulla scena della nostra vita scolastica, sentiamo una profonda necessità di avere come punto di riferimento un “Capo d’Istituto” stabile, una sorta di “exemplum” da seguire, una “bussola” che ci aiuti ad orientarci e a proseguire con serenità l’“iter” dei nostri studi. Non siamo mai stati i destinatari di un’adeguata e totale disponibilità di ascolto e comprensione. È fondamentale per noi alunni instaurare un rapporto Dirigente - Alunni fondato sul dialogo e sul confronto, un rapporto che non consista nell’istituzione di una barriera tra le due componenti scolastiche generando incomprensione e minando solo il buon andamento dell’Istituto. Gli studenti devono interagire continuamente in ogni fattispecie con il proprio IL FUORICLASSE CUP… Un progetto senza “ricadute?!” Dirigente al fine di poter trovare sempre conferme, chiarimenti, consigli. I ragazzi di oggi non hanno più bisogno di ordini e regole imposte dall’alto in maniera assolutistica. Il Dirigente dovrebbe essere un “faro” che illumina e guida i suoi studenti. Come un padre accudisce i suoi figli, un buon Preside deve prendersi cura ed amare profondamente i suoi “discipuli”. Pensiamo quest’anno di poter davvero contare sulla sua Persona e sulla sua “magna” disponibilità e presenza. Speriamo che lei, con la sua naturale predisposizione d’interazione e dialogo con gli studenti sia per tutti noi il “bastone” capace di risollevare, valorizzare e sostenere ogni giorno sempre di più la nostra scuola che da anni è scomparsa dalla scena delle cosiddette “scuole di prima classe”, ridando dignità e lustro ad una scolaresca così viva e attiva. Intanto, Le auguriamo un felice e sereno anno scolastico… I RAPPRESENTANTI D’ISTITUTO Pierluigi Bello, Andrea Mastria, Patrick Muccio, Federica Ventola Sono un’alunna che come tante altre ha preso parte al Fuoriclasse Cup in qualità di giornalista. Molto spesso questo progetto viene sottovalutato, non gli si dà la giusta attenzione, ma in realtà è un progetto valido dal punto di vista educativo e formativo. Con l’esperienza maturata nei due anni di adesione al progetto posso affermare con convinzione che insieme alle mie compagne di squadre abbiamo lavorato con entucrescente. Col siasmo Fuoriclasse si parla un linguaggio inclusivo, un linguaggio che accomuna tanti ragazzi d’Italia e che non fa distinzione di lingua, di cultura, di sesso, di etnie, di condizione sociale… Con questa esperienza ho capito che nel calcio le differenze si annullano e si è davvero tutti uguali. Amplificare le positività del calcio significa, per il Fuoriclasse Cup, attribuirgli un valore sociale importantissimo perché, in questo modo, si rivaluta qualcosa che è Danilo scrive... al Preside sotto gli occhi di tutti. Le partite giocate, nel corso di questo progetto, ci hanno permesso di dare libero sfogo ai nostri entusiasmi, ci hanno permesso di ridere, di conoscerci sempre meglio e scoprirci circondati da amici che condividono la nostra stessa passione. Inoltre, abbiamo imparato a relazionarci meglio con gli altri, a confrontarci, a stare insieme, a crescere. Per questa sua dimensione, il calcio diventa un linguaggio comune, un modo di dialogare anche tra persone differenti. Trovate qualcuno che non ha mai provato un’emozione legata al calcio! Con il Fuoriclasse noi ragazzi abbiamo vissuto nella vita di tutti i giorni emozioni positive legate a questo splendido sport e come esso siamo riuscite a trasferire nella nostra quotidianità questo stesso spirito! E non solo… Allo stesso modo il Fuoriclasse Cup ha provato, e ci è riuscito perfettamente, a trasferire regole calcistiche a regole di vita: onestà, lealtà, coraggio, rispetto delle regole, collaborazione, autocontrollo, spirito di gruppo, amicizia, creatività, stile di vita e corretta. alimentazione Abbiamo fatto esperienze uniche, che sono senz’altro utili al nostro futuro immediato perché in gruppo siamo riuscite a capire meglio noi stesse e a scoprire, volta per volta, le nostra abilità. E per questo il progetto è, a mio parere, un momento altamente educativo e formativo, un’opportunità di crescita. Ogni anno mi rendo conto di aver aggiunto una buona parte nella costruzione dell’adulta che sarò! Questo scritto è dedicato anche a tutti gli insegnanti che non vedono “ricadute” significative delle attività previste dal Fuoriclasse Cup, e mi auguro le vogliano confrontare con le ricadute che ha l’insegnamento delle loro discipline sul futuro della gioventù che educano. Marcella Musio IV AS Caro Preside, sono Danilo Confalonieri della 1 AL, le scrivo per ringraziarla del bellissimo Convegno sull’Orientamento degli alunni diversamente abili dal titolo Insieme sotto lo stesso cielo, tenutosi nel nostro Istituto il 4 dicembre scorso. È stato molto interessante per me partecipare ed ascoltare gli interventi dei rappresentanti delle Associazioni intervenute. Per l’occasione mi sono preparato con la mia Professoressa circa il saluto finale. Ero tanto emozionato, mi batteva forte il cuore perché non avevo mai parlato in pubblico! Le dico che sono felice di frequentare questa scuola. Qui ho conosciuto Professori e compagni meravigliosi ed un Preside, come lei, buono come un padre! Grazie per quello che fa per noi alunni!! Tricase, 10 dicembre 2008 Un saluto DANILO IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA iao, sono Clarissa! C Oggi per me è il primo giorno di scuola, frequento il Liceo delle Scienze Sociali a Tricase. Questa mattina ho avuto modo di fare nuove conoscenze, in particolare ho conosciuto Marinella, la mia compagna di banco. Tra di noi è successo tutto all’improvviso; come in un colpo di fulmine tra due persone che si piacciono, ci siamo intese all’istante, durante la prima ora abbiamo chiacchierato, ci siamo scambiate il numero del cellulare e così è nata la nostra amicizia. Ora voglio parlarvi un po’ di lei: Marinella ha 14 anni, il suo mese preferito è ottobre, il posto dove le piace trascorrere gran parte del suo tempo è la sua stanza, perché non deve condividerla con nessuno. Il suo pregio è l’essere una ragazza semplice e lo si può notare a primo impatto; uno dei suoi difetti è dire sempre la verità pur sapendo di ferire qualcuno. A scuola Marinella vorrebbe potenziare le sue competenze in matematica e riuscire a raggiungere una buona media alla fine dell’anno. Inoltre è molto brava a ballare: ha imparato diversi tipi di ballo dal classico al moderno, infatti al suo saggio di danza ha avuto un successo spettacolare. Tuttavia per lei ci sono state anche delle delusioni nella vita, come il fallimento con un ragazzo. Durante la nostra chiacchierata, le ho chiesto cos’è per lei un amico, la La mia compagna di banco sua risposta è stata che è una persona preziosa e speciale. Ha molti amici che le stanno a cuore. Marinella tende a diventare timida quando si trova in una situazione imbarazzante. In questo periodo ha diverse preoccupazioni, fra le quali ad esempio, prendere un debito in matematica, ma la cosa che la rende più felice è di aver fatto nuove amicizie. Ora per lei l’unico punto di riferimento è la scuola e Marinella ha scelto questa scuola perché rispecchia il suo futuro. Se le dovesse capitare l’occasione nella vita, vorrebbe essere una ballerina. Marinella potrebbe essere descritta così: bella, intelligente, simpatica. Se dovessi attribuirle un motto allora le direi ”vivi la vita attimo per attimo”. Questa è Marinella spero che questo sia un anno positivo per lei e che la nostra amicizia non finisca tra 5 anni ma duri per sempre. Clarissa Nicolì I BS iao, sono Marinella! C Oggi finalmente, dopo tre mesi di vacanze, è iniziata di nuovo la scuola. Dico “finalmente” perché è stato il mio primo giorno nella scuola superiore. Appena sono entrata in classe, visto che non c’era posto, mi sono seduta vicino a una ragazza che non conoscevo. All’inizio, devo dire la verità, mi sembrava un po’ strana, però poi quando ci siamo presentate e abbiamo iniziato a parlare ho capito che non era così e che quella era solo una mia impressione. La mia compagna di banco si chiama Clarissa, ha 14 anni e viene da Gagliano del Capo. Anche lei come me questa mattina era un po’ ansiosa perché non conoscevamo nessun professore e l’edificio scolastico era del tutto nuovo per noi. Mi ha raccontato che il mese dell’anno che preferisce è agosto e il luogo preferito della sua casa è la sua cameretta perché in essa si sente molto a suo agio e in un mondo tutto suo. Il suo pregio principale è la simpatia (è molto simpatica!), mentre un suo difetto è quello di essere a volte troppo ingenua. Clarissa mi ha detto che le piacerebbe potenziarsi in due materie, in matematica e in inglese. Dice di essere molto brava a recitare, infatti il suo più grande successo dell’anno scorso è stato proprio uno spettacolo teatrale, mentre il suo più grande insuccesso, il suo saggio di danza perché dice che la sua insegnante “non c’è molto con la testa”. Per lei un’amica è tutto. Le è più facile aprirsi con persone estroverse e simpatiche, le capita invece di chiudersi nel suo guscio in situazioni imbarazzanti. In questo periodo, le sue più grandi preoccupazioni riguardano la scuola, perché vorrebbe essere promossa senza debiti, mentre la sua più grande gioia è quella di poter iniziare a frequentare di nuovo un corso di teatro. Clarissa ha scelto la mia stessa scuola ovvero il Liceo delle Scienze Sociali perché con esso può avere le basi adeguate per il lavoro che pensa di dover fare in futuro. La persona più importante della sua vita oltre ai suoi genitori è la sua amica Teresa. Se avesse la garanzia del successo vorrebbe fare teatro. Vorrebbe che la gente dicesse di lei che è un portento, ma io credo che lo sia già, perché è una ragazza bella, simpatica e piena di vita. La frase che la rappresenta è tratta da un libro e dice: ”A un passo dal sogno”. Marinella Martella I BS Pg.8 Sportiva...MENTE CALCIO FEMMINILE Il “Comi” si aggiudica il 13° posto alle finali nazionali ei giorni 29-30-31 maggio scorso la classe I AS è giunta a Riccione per disputare la finale di calcio relativa al progetto “Fuoriclasse Cup”: 75 classi provenienti da diversi Istituti italiani. Prima ancora, abbiamo superato la fase provinciale, aggiudicandoci con orgoglio, ma anche con tanti sacrifici, il primo posto e poi … ancora una volta la nostra scuola a N Riccione. Un viaggio che ci ha permesso anche di stringere nuovi rapporti di amicizia con ragazzi di altre città. Giunti a Riccione, il 29 maggio, la nostra prima meta è stata il “Parco oltre mare”, dove i delfini e gli organizzatori ci hanno dato il benvenuto. Uno spettacolo fantastico! La sveglia, il giorno dopo, è suonata davvero molto presto, ma ci siamo fatte coraggio e con grinta abbiamo sfidato le nostre avversarie. E come dimenticare i preziosi consigli del COMI...x prof. Giorgio De Marco sul campo prima della partita: “l’obiettivo è riuscire a partecipare più che vincere”… “la partita deve essere giocata con serenità e lealtà”... Abbiamo giocato quattro partite e ne abbiamo vinte due, non abbiamo raggiunto il primo posto ma, su 75 scuole d’Italia, abbiamo guadagnato il 13° posto. Non male! Abbiamo brindato con tanta coca cola, così tanta da sentire le bollicine nella pancia e siamo tornate a casa con immensa soddisfazione e gioia nel cuore, felici di COMI...x aver partecipato e felici dell’esperienza vissuta! Arianna Zocco II AS Alessia Cazzato II AS COMI...x Il colmo per… … un cimitero: essere chiuso per lutto! … un cane di razza boxer: portare gli slip! … un operaio dell’Enel: dare un figlio alla luce! GRAZIE COMI_Inicando Il dirigente Scolastico e la redazione giornalistica ringraziano gli sponsor che, insieme alla scuola, hanno contribuito alla realizzazione del nostro giornale coprendo parte del costo relativo alle tre uscite previste nel corrente scolastico. CORSO DI LINGUA ARABA Sono aperte le iscrizioni, sia per interni che per esterni, al corso di lingua araba che si terrà presso il nostro Istituto, da effettuarsi entro e non oltre 30 gennaio 2009. Dirigente scolastico: Dott. Mauro Polimeno Responsabili: Prof.ssa Anna Milena Ricchiuto Biblioteca Scolastica Multimediale: Prof.ssa Mirella Raganato Collaboratori: Prof.ssa Giusy Ricciato Prof. Carmine Zocco Prof. ssa Rosa Anna Merico Prof. Giorgio De Marco Prof. Rocco Margiotta Prof.ssa Rosa Nesca Segretari di redazione Mariapia Antonazzo, Stefania Carbone, Antonella Nicolì, Valentina Solda Giornalisti Maria Grazia Cosi, Federica Ventola, Pierluigi Bello, Marianna Luna, Angelica Ruocco, Maria Assunta Ratano, Valentina Russo, Manuel Cucinelli, Alfredo Durante Compositori Antonella Musio, Arturo Marchetti Disegni Simona Russo, Lucia Marzo Stampa: IMAGO pubblicità Lucugnano tel. 0833.784262 Stampato su carta riciclata … un golfista: avere le palle girate! COMI_Inicando COMI_Inicando EXSILIUM 3 IL MUSICAL Da gennaio, avranno inizio le lezioni del progetto lettura “Exsilium 3” sul tema “crisi dei valori tra modernità e postmodernità” giunto al terzo anno di realizzazione. Tale progetto si rivolge alle classi del triennio del nostro istituto e sarà tenuto dai proff. Giusy Ricciato, Titty Mastria, Mirella Raganato e Cosimo Passaro. E non potrebbe mancare una nuova rappresentazione musicale per chiudere in bellezza anche questo anno scolastico. Saranno predisposti quanto prima i modelli di adesione. Se avete voglia di mettervi in gioco, di danzare, cantare, recitare… allora, cari studenti, vi aspettiamo!!!