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Incontinenza Urinaria da sforzo femminile LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Alcune riflessioni su un possibile cambiamento di paradigma Roberto Carone Finito di stampare...... Incontinenza Urinaria da sforzo femminile LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Alcune riflessioni su un possibile cambiamento di paradigma Unità Spinale e Neuro-Urologia, Torino Roberto Carone Roberto Carone Direttore della Struttura Complessa di Neuro-Urologia e Direttore del Dipartimento delle Mielolesioni, ASO CTO-M. Adelaide, Torino Giovanni Bodo Responsabile Struttura Semplice di Urologia Funzionale Struttura Complessa di Neuro-Urologia, ASO CTO-M. Adelaide, Torino Alessandro Giammò, Dirigente medico, Struttura Complessa di Neuro-Urologia, ASO CTO-M. Adelaide, Torino Luisella Squintone Dirigente medico, Struttura Complessa di Neuro-Urologia ASO CTO-M. Adelaide, Torino Antonella Biroli Responsabile della Struttura Semplice di Riabilitazione neurologica e delle disfunzioni autonome, Ospedale san Giovanni Bosco, Torino Scienza Paradigmatica Scienza normale Crisi Paradigma Scienza Rivoluzionaria La scienza rivoluzionaria di Thomas Kuhn “Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi non già di raccogliere certezze”. Norberto Bobbio - Invito al colloquio 1955 “Ogni qualvolta una teoria ti sembra l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere”. Karl Popper - The logic of scientific discovery 1970 INDICE Prefazione ............................................................................... Pag. 7 Perché l’esigenza di una teoria fisiopatologica .......... » 11 Prospettiva storica ................................................................. » 15 Come nasce una teoria ......................................................... » 21 La teoria uretro-centrica ..................................................... » 29 Elementi a favore della teoria uretro-centrica ............. » 37 Osservazioni cliniche ed urodinamiche .................... » 37 Osservazioni anatomiche ............................................... » 41 Osservazioni neurofisiologiche .................................... » 44 Osservazioni radiologiche .............................................. » 48 Ripercussioni future sulla terapia .................................... » 53 Commenti .................................................................................. » 61 Bibliografia ............................................................................... » 69 Prefazione La cura di una malattia deriva dalla sua eziologia: un assioma ben radicato nella mentalità di medici e ricercatori fin dagli albori della medicina. Compito invece della fisiopatologia è cercare di comprendere i meccanismi attraverso i quali si arriva allo stato di malattia. L’eziologia e la fisiopatologia quindi non coincidono (l’eziologia individua nel calcolo ureterale la causa della colica renale; la fisiopatologia spiega i meccanismi per cui un calcolo ureterale genera la colica). Ciò è particolarmente vero nell’ambito di una malattia organica, meno vero in ambito funzionale, e l’incontinenza urinaria da sforzo femminile è un esempio paradigmatico, dove nella maggioranza dei casi la terapia è la diretta conseguenza delle conoscenze fisiopatologiche (paradossalmente se volessimo trovare un meccanismo eziologico alla perdita d’urina nel sesso femminile dovremmo individuarlo nella variazione posturale avvenuta qualche milione di anni fa quando la donna da quadrupede divenne foemina erecta). Nel corso del secolo precedente sono state proposte un gran numero di teorie fisiopatologiche dell’incontinenza urinaria da sforzo femminile, alcune di esse meteore, altre di tale elevata rigorosità scientifica da diventare presto così popolari da condizionare dal punto di vista terapeutico generazioni di urologi e ginecologi. Tutto questo succedersi di teorie genera tuttavia una domanda: è nata prima la teoria o la terapia? Non è possibile che una teoria sia stata utilizzata (e forzata) per giustificare l’impiego di una tecnica chirurgica? Non è possibile che i vari specialisti del settore abbiano abbracciato di volta in volta questa o quella teoria semplicemente perché ammaliati dai sorprendenti risultati clinici? E non è possibile infine che il passaggio da una teoria all’altra (e quindi la sua “popolarità”) sia semplicemente legato ad un ulteriore miglioramento degli output clinici (in termini di efficacia, mini-invasività, basso numero di complicanze e soddisfazione delle pazienti)? Nulla tuttavia è più auspicabile in medicina dell’evoluzione, se così non fosse rischieremmo di passare altri millecinquecento anni di buio scientifico abbarbicati al credo aristotelico. Le teorie devono evolvere ed è pura illusione che un giorno si arrivi alla Teoria Assoluta, oltre la quale non c’è più nulla da dire o da scoprire. Da anni il gruppo che io rappresento porta avanti una teoria fisiopatologica dell’incontinenza urinaria da sforzo femminile che vede nell’uretra ( o meglio, nei suoi difetti) la vera e sola causa dell’incontinenza, tanto da denominarla “Teoria Uretrocentrica”. Sappiamo bene che questa teoria non è condivisa da tutti e poco accettata da chi guarda i risultati delle terapie che abbiamo oggi a disposizione. Ma per una volta, abbiamo voluto tralasciare percentuali di guarigione e grado di soddisfazione delle pazienti in favore di un concetto che crediamo essere il fulcro del problema: una donna con uretra sana non perde l’urina; una donna con uretra deficitaria perde. In questo lavoro portiamo avanti la nostra teoria basandoci su ricerche in campo anatomico, funzionale, neurofisiologico e radiologico che avallano a nostro giudizio l’aver posto l’uretra al centro dell’attenzione. Ritenevamo doveroso pubblicare le nostre osservazioni e i nostri concetti perché crediamo fortemente in questa teoria. Fino a quando naturalmente un’altra teoria non si dimostrerà superiore dal punto di vista concettuale e maggiormente valida dal punto di vista clinico. C’è chi osserva che un autore sarebbe così concentrato nella propria prospettiva valutativa e nella propria proposta interpretativa da non riuscire né a capire né a considerare chi la pensa diversamente. La conseguenza di tale pensiero sarebbe che qualsiasi testo risulterebbe fazioso e scarsamente attendibile. Non vorrei prendere in considerazione anche solo per un attimo la triste conclusione che sia impossibile sposare invece una posizione di imparzialità o di equidistanza. Con la presentazione quindi di tale testo abbiamo cercato con tutta l’onestà intellettuale possibile di meglio definire la “teoria uretrocentrica” che da alcuni anni presentiamo nei vari contesti congressuali, senza, spero, correre il rischio di essere fatalmente condannati ad essere propagandisti di una prospettiva prescelta. R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Perché l’esigenza di una teoria fisiopatologica? …le teorie sono reti, solo chi le butta pesca. Novalis (filosofo) Come è ben noto in campo medico, la terapia di una patologia organica deriva essenzialmente (anche se non esclusivamente) dall’individuazione dell’elemento etiologico che ha determinato la patologia stessa (colica epatica = calcoli della colecisti = colecistectomia). Al contrario, nell’ambito di una patologia cosiddetta “funzionale”, di cui in ambiente uro-ginecologico l’incontinenza urinaria femminile rappresenta un esempio paradigmatico, è la conoscenza dei meccanismi fisiopatologici e patogenetici che determina la scelta di una strategia terapeutica. Ebbene, nel caso specifico della incontinenza urinaria femminile, sia da sforzo che da urgenza, nonostante il notevole incremento delle nostre conoscenze sia in ambito anatomico che funzionale, deve ritenersi tuttora valida l’affermazione di Albridge del lontano 1946 (1) (“Unfortunately, we do not yet have complete knowledge of the anatomy of the urethra and surrounding structures or an entirely satisfactory understanding of the physiology of the delicate sphincter mechanism by which urination is controlled. For this reason it has been difficult to evaluate the importance of various anatomic changes which are usually observed in cases of urinary stress incontinence”). L’interpretazione fisiopatologica si basa ancora su teorie ed ipotesi ben consolidate ma tutt’altro che conclusivamente definite. - 11 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Il problema è ulteriormente aggravato, se così possiamo dire, dal fatto che la maggior parte degli autori che nel tempo hanno studiato questa patologia era fautore e propugnatore di una specifica tecnica chirurgica, con l’inevitabile sospetto che le teorie fisiopatologiche via via sostenute non fossero altro che “forzature” da adattare alla propria tecnica. E ciò è dimostrato anche dal fatto che, come spesso accade in chirurgia, la tecnica può derivare più che da un approfondito studio anatomo/fisiologico, dal caso e dalla geniale intuizione del momento (a titolo di esempio ricordiamo che la famosa Marshall-Marchetti-Krantz fu adottata per la prima volta nella cura di un uomo reso incontinente dopo amputazione addomino-perineale e ricordiamo inoltre che l’ancor più famosa Burch derivò da un frustrante tentativo dell’autore di applicare i punti di ancoraggio al periostio pubico che continuando a sfilacciarsi lo costrinse a ricercare un’altra struttura che potesse adattarsi alla sospensione del collo vescicale e che venne trovata nel legamento ileopettineo di Cooper). Da queste considerazioni possiamo tranquillamente ammettere che le terapie maggiormente adottate nella pratica clinica sono quelle che derivano dalla teoria fisiopatologica alla quale la comunità scientifica attribuisce, in un dato spazio temporale, il maggiore credito, ma che in ultima analisi questo credito si basa essenzialmente sulle evidenze scientifiche che confermino la validità, dal punto di vista dei risultati, della terapia che consegue alla teoria stessa. - 12 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Prospettiva storica …nulla è più pratico di una buona teoria Albert Einstein (scienziato) Il secolo scorso, caratterizzato da importanti e per certi versi rivoluzionarie scoperte in ambito tecnologico e quindi anche diagnostico, ha rappresentato per il mondo scientifico urologico e ginecologico un periodo ricco di proposte di interpretazioni fisiopatologiche dell’incontinenza da sforzo femminile. Ognuna di queste interpretazioni costituisce ancora oggi la base per nuove teorie, in quanto “... l’ipotesi fisiopatologica nasce dall’intuizione di singoli Autori che alla propria esperienza aggiungono l’apporto di nuove tecniche diagnostiche che il progresso scientifico mette via via a loro disposizione...” (Geoffrey W. Cundiff, 2004) (3). Nel 1914 Kelly elabora la sua “teoria endoscopica” (4) descrivendo il referto endoscopico di “funneling” del collo vescicale come una conseguenza del deficit di supporto da parte della parete vaginale anteriore (fattore anatomico); lo stesso autore anticipa anche una possibile prima interpretazione di tipo funzionale (oltre che anatomica) quando introduce nei suoi lavori il termine ed il concetto di “tono sfinterico”. Nel 1923 Bonney presenta la “teoria anatomo-chirurgica” (5), dove ribadisce il concetto di deficit degli elementi anatomici di supporto ed in particolare della lassità del piano muscolare pubo-cervicale. Tale teoria costituirà il presupposto per tutte le successive teorie basate sul “puro” deficit anatomico delle strutture di supporto (e quindi per quelle teorie - 15 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” che in seguito chiameremo “pelvico-centriche”). Nel 1937 Stevens and Smith (6), in opposizione alla teoria ”anatomica” di Bonney, elaborano una “teoria radiologica” (nel senso che le loro considerazioni si basano su osservazioni radiologiche), ipotizzando che le anomalie anatomiche, riscontrate alla cistografia con catenella (“Funneling of the bladder floor on the bead-chain cystogram”), fossero l’espressione di una debolezza sfinterica, anche se quest’ultima viene intesa essenzialmente come indebolimento dello sfintere interno. La “teoria chirurgica” di Kennedy, sempre del 1937 (7), nel tentativo di fornire una spiegazione alle varianti di tecnica chirurgica apportate dall’autore all’intervento di Kelly, focalizza l’attenzione sulla terza componente delle strutture intrinseche all’uretra (oltre allo sfintere striato ed allo sfintere interno) quando afferma che “le pliche della mucosa uretrale non sono più in grado di riempire il canale uretrale”. Nel 1947 Te Linde in una sua pubblicazione intitolata “Surgical Cure of Urinary Incontinence in Women” esprime una sua interpretazione fisiopatologica dell’incontinenza da sforzo evidenziando l’importanza della presenza di un “uretrocele” e fornendo in pratica la prima descrizione di quella che oggi chiamiamo “ipermobilità uretrale”: “…failure of urethral sphincter to close on straining after development of urethrocele” (8). È interessante notare come già allora veniva anticipato il concetto di deficit uretrale, contrapposto a quello dell’ipermobilità uretrale: “…cases which there was a great excess of scar tissue about the uretra as a result of previous operations”. Nel 1961 Enhorning propone la sua teoria del “difetto di trasmissione” (2) che condizionerà per decenni le scelte terapeutiche, con la conseguente messa a punto di varie procedure chirurgiche (Marshall-Marchetti, Burch, Stamey, Raz, ecc) tendenti a sospendere l’uretra - 16 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” prossimale il più in alto possibile al di sopra del pavimento pelvico. (“Enhorning proposed that part of the urethra was intraabdominal and that transmission of abdominal pressure to the urethra occurred because the proximal urethra lies above the pelvic floor; this hypothesis has led to ever higher suspension of the urethra, seeking to elevate the urethra as high as possible above the pelvic floor.”). Fig.1 - La teoria del difetto di trasmissione di Enhorning La pressione uretrale, in condizioni basali, è superiore alla pressione vescicale; in occasione di uno sforzo l’incremento della pressione addominale si trasmette in modo paritario sulla vescica e sull’uretra e il gradiente pressorio resta inalterato. Quando l’uretra “scivola” al di fuori del campo di influenza della pressione addominale, l’incremento pressorio addominale si trasmette alla vescica e non all’uretra ed il gradiente pressorio può invertirsi con conseguente fuga di urina. Nel 1976 Richardson presenta la sua “teoria anatomo-strutturale” a supporto del concetto di ipermobilità uretrale, descrivendo il difetto paravaginale come la lesione strutturale che conduce alla caduta dell’asse uretrale e quindi all’incontinenza da sforzo (9). In conclusione, a conferma di quanto espresso nel precedente capitolo, - 17 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” è interessante notare che quasi tutti gli Autori citati siano conosciuti in ambito clinico per le tecniche chirurgiche derivate dalle loro interpretazioni fisiopatologiche, più che per le teorie fisiopatologiche da loro stessi sostenute ed è altresì corretto affermare che, ancora oggi, le nuove proposte di tecnica chirurgica vengono sviluppate più seguendo il metodo “try-and-error” che su un approccio scientifico controllato (10). - 18 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Come nasce una teoria L’essere confutabile non è certo la minore attrattiva di una teoria; proprio con questa attira i cervelli più sottili Friedrich Nietzsche (filosofo) Da un punto di vista epistemologico una “teoria scientifica” può nascere secondo il metodo “della inferenza induttiva” (empirismo logico o neopositivismo) o del metodo popperiano “del deduttivismo e del falsificazionismo”. Una inferenza è il processo logico secondo il quale da una o più premesse si arriva ad una conclusione ed è “induttiva” quando procede da asserzioni singolari (che possono essere il risultato di esperimenti ripetuti, dell’analisi o meta-analisi di dati, di studi e di esperienze cliniche) ad asserzioni generali, quali una teoria scientifica. Una critica che può essere mossa a tale metodo si basa sulla considerazione che, da un punto di vista logico, è tutt’altro che ovvio che si sia giustificati nell’inferire asserzioni generali da asserzioni singolari, per quanto numerose siano quest’ultime. Le conclusioni cui possiamo arrivare secondo il metodo induttivo possono essere forse considerate delle conoscenze consolidate ma non certo delle verità assolute. I termini “deduttivismo” e “ falsificazionismo” nascono in contrapposizione ai termini “induttivismo empiristico” e “verificazionismo” (termine quest’ultimo molto simile a quello attuale di “validazione”). Secondo Popper (12), sostenitore del metodo deduzionista e falsificazio- 21 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” nista, la teoria nasce da una nuova “idea” (basata certamente sulla ispirazione, sulla esperienza e sulla competenza di chi la genera) e quando questa sia ritenuta degna di essere presa seriamente in considerazione (e quindi è più importante la credibilità scientifica dell’autore, piuttosto che il modo in cui essa nasce), il compito della scienza è quello di mettere a punto i metodi per un controllo sistematico dell’idea stessa allo scopo, eventualmente, di falsificarla. Per Popper non esiste nessun metodo logico per avere nuove idee così come non esiste alcuna ricostruzione logica di questo processo; come sostenuto anche da Einstein, la ricerca delle leggi universali può derivare dalla pura deduzione e dalla intuizione, basata ovviamente sulla esperienza oltre che sulla fantasia. Da una nuova idea, per mezzo della deduzione si traggono conclusioni, le quali, in un secondo tempo, vengono confrontate con altre conclusioni ed asserzioni per eventualmente rilevare una incompatibilità tra di esse. Le conclusioni sottoposte a controllo possono essere falsificate ed allora la loro falsificazione rigetta anche la teoria o l’idea da cui le conclusioni sono state dedotte logicamente. Se così non è, la teoria può essere temporaneamente sostenuta e “finchè una teoria affronta con successo controlli dettagliati e severi, e nel corso del progresso scientifico non è scalzata da un’altra teoria, possiamo dire che ha provato il suo valore o che è stata corroborata dall’esperienza passata”. Quando nasce, l’idea può essere anche del tutto fantasiosa ed intuitiva; applicando ad essa un processo deduttivo è possibile giungere a delle conclusioni e queste devono necessariamente essere sottoposte ad una verifica ed eventualmente essere confutate. - 22 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Fig. 2 - Sir Karl Raimund Popper (Vienna, 28 luglio 1902 - Londra, 17 settembre 1994). Filosofo ed epistemologo austriaco, naturalizzato britannico. È considerato uno dei più influenti filosofi del novecento. Nel campo della filosofia della scienza Popper è noto per il rifiuto e la critica dell’induzione, la proposta della falsificabilità come criterio di demarcazione tra scienza e non scienza. In contrapposizione al criterio di verificabilità dell’empirismo logico introduce il criterio di “falsificabilità”. Una proposizione scientifica per Popper ha significato soltanto se è tale da poterne essere dimostrata la falsità. “Finché una teoria affronta con successo controlli dettagliati e severi, e nel corso del progresso scientifico non è scalzata da un’altra teoria, possiamo dire che ha provato il suo valore o che è stata corroborata dall’esperienza passata”. Secondo Popper “è inammissibile l’inferenza da asserzioni singolari verificate dall’esperienza (qualunque cosa ciò possa significare) a teorie…”, ma, sempre secondo lo stesso autore,” un sistema per essere empirico, o scientifico, deve poter essere controllato dall’esperienza”. Secondo l’inferenza induttiva il processo logico consente di giungere come conclusione a delle asserzioni generali (conoscenze) partendo da asserzioni singolari (osservazioni, sperimentazioni…): la teoria per essere valida deve basarsi su dati di fatto di cui è stata valutata la validità (evidenze scientifiche). Secondo l’inferenza deduttiva invece la teoria è valida sino a quando le asserzioni singolari possono eventualmente arrivare a falsificare le asserzioni generali che tale teoria sostiene. Una sorta di EBM all’incontrario! - 23 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” La teoria dell’amaca di De Lancey (“The hammock hypothesis”) (11), classico esempio di inferenza induttiva, si basa in effetti sulla osservazione di dati anatomopatologici (“observations of gross anatomy”) e radiologici (MRI); ma per quanto numerosi siano i dati e le osservazioni (tali da considerarle “evidenze scientifiche”) ciò non giustifica di per sé la validità conclusiva della teoria. Ricordiamo che la teoria dell’amaca supporta l’obiettivo terapeutico di restaurare la normale anatomia piuttosto che fissare l’uretra in una posizione innaturale e le indicazioni chirurgiche che ne conseguono si basano sul concetto di supporto e non di elevazione della giunzione uretro-vescicale (“The hammock hypothesis support the attractiveness of restoring normal anatomy rather than fixing the urethra in an unnatural position: the support rather than elevation of the urethovesical junction is the goal of incontinence operations”). Fig. 3 - Teoria dell’amaca di De Lancey. L’uretra è adagiata su uno strato di supporto composto dalla fascia endopelvica e dalla parete vaginale anteriore. Tale sistema assicura una stabilità strutturale mediante i suoi ancoraggi laterali all’arco tendineo della fascia pelvica ed al muscolo elevatore dell’ano. L’incremento pressorio addominale comprime l’uretra contro questo supporto ad amaca ed il lume uretrale resta chiuso. - 24 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” La stabilità di tale supporto dipende dalla integrità delle connessioni della parete vaginale anteriore e della fascia endopelvica all’arco tendineo ed al muscolo elevatore dell’ano. L’incremento della pressione di chiusura uretrale durante un colpo di tosse deriva dalla compressione dell’uretra contro lo strato di supporto ad amaca piuttosto che dalla sua posizione intraddominale. La Teoria integrale di Papa Petros (13,14) è al contrario un esempio di come una teoria interpretativa fisiopatologica possa derivare da un processo deduttivo. Lo stesso autore infatti, seguendo le indicazioni di Popper, afferma che “Ideally a theory should be simply expressed, internally consistent, and expressed in such a way that it can be falsified. One major contradiction is sufficient to invalide a particular theory. A scientific statement can never be finally verified and the theory stands until it can be directly falsified by a valid observation” (15). Anche la teoria integrale di Papa Petros ha influenzato fortemente la nostra condotta clinica, condizionando in maniera rivoluzionaria le nostre scelte terapeutiche. Il concetto alla base dell’idea di Papa Petros deriva dalla teoria del Kaos, secondo la quale, in un sistema molto complesso, è sufficiente una minima alterazione per compromettere l’intero sistema. Secondo la teoria integrale, nel complesso sistema pelvico é sufficiente una minima alterazione di tipo connettivale per determinare alterazioni funzionali dei muscoli e dei vari organi pelvici. - 25 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Fig. 4 - La teoria integrale di Peter Papa Petros. “…per cause diverse, l’incontinenza da sforzo e da urgenza derivano principalmente dalla lassità della vagina o dei suoi legamenti di supporto, in conseguenza di un’alterazione della struttura del collagene/elastina.” Come conseguenza di tale alterazione i muscoli del pavimento pelvico non possono più esercitare la loro funzione che è quella di produrre una forza diretta secondo linee diverse, stirando gli organi in avanti o all’indietro:il muscolo pubo-coccigeo (MPC) produce una forza diretta in avanti, il piatto dell’elevatore (PE ) all’indietro ed il muscolo striato longitudinale dell’ano (MLA) verso il basso. La chiusura o l’apertura dell’uretra è determinata dalla contrazione o dal rilasciamento del MPC. Un’uretra adeguatamente sostenuta e mobilizzata anteriormente dai legamenti pubo-uretrali e dal MPC consente ai muscoli PE e MLA di agire posteriormente per stirare e chiudere il lume prossimale dell’uretra; il rilasciamento del MPC consente ai muscoli PE e MLA di contrarsi ed aprire il lume uretrale durante la minzione. Se i legamenti pubo-uretrali presentano una eccessiva lassità, l’uretra viene portata nella posizione di apertura dal PE e dal MLA durante lo sforzo, venendosi così a configurare il quadro di una incontinenza da sforzo. - 26 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” La Teoria Uretro-Centrica In teoria non c’è differenza fra la teoria e la pratica. Ma in pratica c’è. Yogi Berra (giocatore di baseball e allenatore americano) Un concetto paradigmatico che ha dominato la scena in ambito uro-ginecologico in merito alla interpretazione fisiopatologica dell’incontinenza urinaria da sforzo era basato sulla dicotomica distinzione tra incontinenza urinaria da sforzo secondaria ad una alterazione degli elementi di supporto anatomico dell’uretra, con conseguente ipermobilità uretrale (UH), ed incontinenza urinaria da sforzo secondaria ad una alterazione funzionale dell’uretra stessa e cioè dei suoi meccanismi sfinterici intrinseci (ISD). Secondo tale paradigma, nella grande maggioranza dei casi l’incontinenza urinaria da sforzo femminile è secondaria alla UH, causata da una alterazione di elementi esterni all’uretra (muscoli, fasce e legamenti), mentre soltanto in una minoranza esigua di casi l’incontinenza è secondaria ad una ISD e cioè ad un danno intrinseco dell’uretra stessa. Tale interpretazione fisiopatologica è basata su teorie che potremmo definire “teorie pelvico-centriche”, nel senso che focalizzano l’attenzione su tutto ciò che sta attorno all’uretra, in termini di fasce, ligamenti e muscoli. Nel corso degli anni si è andata sviluppando la sensazione che tale distinzione dicotomica non fosse così assoluta e che in una buona parte - 29 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” delle donne incontinenti i due elementi coesistessero. Un nuovo paradigma che potrebbe imporsi sulla scena per sostituire il precedente si basa sulla affermazione, difficilmente confutabile (ma comunque passibile di falsificazione), che se non esiste una incompetenza uretrale non può esserci incontinenza e che quindi la vera causa dell’incontinenza urinaria è l’insufficienza sfinterica, di grado variabile, ma sempre presente. Nasce quindi, in contrapposizione alle teorie “pelvicocentriche” una nuova teoria “uretro-centrica” in cui l’ipermobilità uretrale è un elemento che può o meno associarsi alla condizione di deficit sfinterico intrinseco dell’uretra, ma che non rappresenta di per sé stessa la causa dell’incontinenza (che in donne perfettamente continenti sia possibile rilevare una evidente condizione di ipermobilità uretrale è un fatto universalmente noto). Le teorie di De Lancey (“teoria dell’amaca”) e di Papa Petros (“teoria integrale”), manterrebbero comunque la loro validità in quanto potrebbero spiegare come una condizione di insufficienza sfinterica possa “slatentizzarsi” dal punto di vista clinico e divenire causa di incontinenza a seguito dell’alterazione degli elementi di supporto esterni all’uretra (come gli elementi muscolari o connettivali del pavimento pelvico). Un ulteriore interessante argomento di discussione riguarda il coinvolgimento diretto dell’alterazione delle strutture di supporto uretrale nel determinare essa stessa un danno funzionale alle strutture sfinteriche intrinseche dell’uretra. Tale ipotesi adatterebbe al sesso femminile quanto sostenuto da Rocco in merito all’incontinenza urinaria nel sesso maschile dopo prostatectomia radicale (16). Secondo la teoria di Rocco, la parete posteriore dello sfintere striato dell’uretra è fibrosa e fissa e costituisce il fulcro della contrazione della parete muscolare antero-laterale che determina l’occlusione del lume uretrale. Il piatto muscolo- 30 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” fasciale, costituito dal rafe posteriore mediano (cui è connesso lo sfintere), la parte dorsale della prostata e la fascia di Denonvillier, funzionerebbe come un sistema di sospensione dinamica per l’uretra prostato-membranosa. La sezione del piatto muscolo-fasciale nell’intervento di prostatectomia radicale determinerebbe da un lato il venir meno della sospensione dinamica con lo scivolamento verso il basso dell’uretra sfinterica e dall’altro la perdita della superficie posteriore relativamente rigida contro la quale la parete antero-laterale si contrae per chiudere l’uretra, venendosi così a configurare il quadro di una insufficienza sfinterica. Riportando tali concetti al sesso femminile, il piatto muscolo-fasciale potrebbe essere sostituito dal piatto vaginale con i suoi ancoraggi muscolari, anch’esso in grado di agire come sistema di sospensione dinamica e come fulcro posteriore contro cui lo sfintere striato dell’uretra si contrae per chiudere il lume uretrale. La sua lassità potrebbe essere causa di ipermobilità uretrale ed al tempo stesso di insufficienza sfinterica. Anche la teoria di Rocco (come abbiamo visto per le varie teorie fisiopatologiche dell’incontinenza femminile) si traduce in una proposta chirurgica per la prevenzione dell’incontinenza, in corso di prostatectomia, con la creazione di una sorta di “sostegno uretrale” e di “uretropessi”, nel corso della stessa prostatectomia (“ricostruendo il piatto muscolo-fasciale posteriore con la sutura del rafe mediano posteriore alla fascia residua di Denonvillier, il complesso sfinterico uretrale viene riposizionato in una posizione corretta nella pelvi, appendendo alla vescica il rafe mediano congiunto al Denonvillier”). La teoria di Rocco pone inoltre le basi anche per alcune proposte chirurgiche per il trattamento dell’incontinenza maschile dopo chirurgia radicale della prostata. L’intervento di “sling retro-uretrale - 31 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” transotturatoria”, proposto da Gozzi (17), di tipo funzionale non compressivo (come invece i precedenti interventi di sling a livello dell’uretra bulbare), esercita la sua funzione sull’uretra posteriore (uretra membranosa) che viene fissata in una posizione anatomica normale. In un recente lavoro, Wallner e coll. (18) riportano i risultati di uno studio anatomico condotto su pelvi di feti maschili e femminili al fine di meglio definire la struttura sfinterica uretrale. Nei feti maschili lo sfintere striato dell’uretra ricopre, nella sua componente superiore, solo la parte anteriore dell’uretra e della prostata, mentre nella sua componente inferiore lo sfintere presenta una configurazione a ferro di cavallo senza alcuna fissazione al muscolo elevatore dell’ano. Secondo gli autori tale configurazione implica, sul piano funzionale, che la volontaria chiusura del lume uretrale avviene unicamente a spese del rabdosfintere che agisce come un “vero” sfintere funzionale. Nei feti femminili invece tale configurazione di vero sfintere è presente solo nella parte prossimale, mentre nella parte medio-distale (uretra media) lo sfintere non circonda l’uretra (a causa dello sviluppo della vagina), ma presenta una connessione tendinea al muscolo elevatore dell’ano necessaria a consentire, sul piano funzionale, un’attività di tipo sfinterico (chiusura del lume) che altrimenti non avrebbe. Gli autori concludono quindi che la funzione dello sfintere uretrale nel sesso femminile (e non nel sesso maschile) dipende dalla funzione del muscolo elevatore dell’ano. Tali considerazioni confermerebbero l’ipotesi che l’insufficienza sfinterica possa in qualche modo essere secondaria ad un difetto anatomico e/o funzionale del muscolo elevatore dell’ano. È curioso rilevare come il percorso di interpretazione fisiopatologica dell’incontinenza da sforzo maschile e le conseguenti proposte chirurgiche siano in qualche modo assimilabili ed al tempo stesso in contra- 32 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” sto rispetto a quanto accaduto per il sesso femminile. Mentre nella donna, come abbiamo già detto, appare ormai consolidato il concetto che la chirurgia dell’incontinenza da sforzo non debba concentrarsi sul tentativo di riposizionamento anatomico dell’uretra prossimale, nell’uomo si viene ad affermare il concetto che sia proprio il riposizionamento anatomico dell’uretra prossimale a poter determinare il recupero della funzione sfinterica. Nella donna l’attenzione si è spostata dal tratto prossimale dell’uretra a quello sottostante dell’uretra media, mentre nell’uomo la chirurgia compressiva dell’uretra bulbare sembra lasciare il campo al tratto più prossimale dell’uretra membranosa. Un concetto però sembra dominante nei due sessi: il ripristino della struttura determina il recupero della funzione. Tale concetto alla base di quella che oggi conosciamo come la “teoria integrale” di Papa Petros veniva con enfasi riportato nelle iniziali “riflessioni ed ipotesi sulla fisiopatologia dell’incontinenza femminile” da Ulf Ulmsten (19) quando sosteneva che l’insufficienza sfinterica (“inffective closure of the urethra”) poteva essere la conseguenza di un difetto tissutale del connettivo che agisce come una “colla” necessaria per tenere unite le varie strutture, riportando l’esempio di come un muscolo bicipite anche se ben allenato, in presenza di una sua inserzione inadeguata, non sia in grado di flettere l’avambraccio (“…defective function of a well-trained biceps muscle; if the muscle insertion is inadeguate the muscle cannot properly bend the forearm”). L’ipermobilità resta comunque un fattore importante da valutare in ambito clinico, in quanto può rappresentare un elemento da… “sfruttare” dal punto di vista chirurgico. Gli interventi chirurgici che si basano sulla presenza dell’ipermobilità uretrale risolvono infatti in una elevata percentuale dei casi il sintomo incontinenza, senza verosimilmente risol- 33 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” verne la causa. D’altra parte lo stesso De Lancey nell’enunciare la sua teoria sosteneva che “…current treatment for urinary incontinence is empiric. Although the reported cure rates of surgery for stress incontinence suggest a high degree of success in alleviating this symptom, these rates consider only the symptom of stress incontinence”). Lo stesso autore sostiene un concetto molto importante che può essere riportato a sostegno della non assoluta validità delle teorie pelvico-centriche: “The usual argument for urethra support playing an important role in stress incontinence is the fact that urethral support operations cure stress incontinence without changing urethral function. Unfortunately this logic is just as flawed as suggesting that obesity is caused by an enlarged stomach because gastric stapling surgery, which makes the stomach smaller, is effective in alleviating obesity. The fact that urethral support operations cure stress incontinence does not implicate urethral hypermobility as the cause of stress incontinence”. (20) - 34 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Elementi a favore della Teoria Uretro-centrica Non fidatevi troppo dei risultati di un esperimento, a meno che non siano confermati dalla teoria Arthur Eddington (astrofisico) Osservazioni cliniche ed urodinamiche Molti studi e ripetute osservazioni urodinamiche conducono per via induttiva alla conoscenza consolidata che la pressione uretrale di chiusura, in condizioni basali, sia maggiore in donne continenti rispetto a quelle con una incontinenza da sforzo e che vi sia anche una buona correlazione (non da tutti confermata) tra la riduzione di tale pressione e la gravità clinica dell’incontinenza. In un recente lavoro, DeLancey, cercando di valutare la relativa importanza dei due fattori causali dell’incontinenza urinaria da sforzo, afferma che: “When considering continence mechanism parameters, MUCP in cm H2O was 42% lower in incontinent subjects than in continent controls and it had the largest effect size for differentianting stress incontinence women from continent controls” (21). Lo stesso autore, riportando i dati conclusivi dello studio ROSE (Research On Stress Incontinnce Etiology) il cui obbiettivo era quello di rispondere alla domanda: “Why do women have stress urinary incontinence?” ribadisce che il parametro funzionale della pressione di chiusura uretrale risulta essere di gran - 37 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” lunga quello più caratteristico dell’incontinenza da sforzo e che tale dato rinforza l’idea che il supporto uretrale non sia così importante come si è sempre ritenuto. Tali considerazioni sembrerebbero in accordo con l’affermazione che l’incontinenza da sforzo sia direttamente correlata alla funzione uretrale ed in particolare ai suoi meccanismi sfinterici. Il fatto che i valori del Valsalva Leak Point Pressure (VLPP) siano più elevati in presenza di una ipermobilità uretrale rispetto ad una condizione di ridotta o assente mobilità dell’uretra non costituisce la base razionale per una distinzione urodinamica dicotomica tra due differenti interpretazioni fisiopatologiche dell’incontinenza da sforzo, ma semplicemente deriva dal fatto che la parte iniziale della pressione addominale (vescicale) viene utilizzata per muovere l’uretra verso il basso e la parte successiva per aprirne il lume (23). D’altra parte il grado clinico dell’incontinenza si correla con il valore del VLPP, e quindi con la funzione uretrale intrinseca (24), ma non si correla con il riscontro di ipermobilità uretrale, e quindi con l’alterazione anatomica di supporto. Bergman (25) ha dimostrato che l’ipermobiltà uretrale è presente nella metà delle donne continenti e che nel 10-40% delle donne incontinenti l’uretra appare ben supportata. Anche Fleischmann (26), confermando i dati di Bergman, afferma che l’ipermobilità uretrale non è un elemento predittivo di incontinenza urinaria ed inoltre dimostra come nel gruppo di donne con ISD la concomitante presenza di UH non peggiora la frequenza e il grado dell’incontinenza. Alcuni anni prima Nitti (27) aveva al contrario dimostrato che il grado soggettivo dell’incontinenza può essere un elemento predittivo di ISD e che le donne con un grado clinico 2-3 di incontinenza da sforzo, secondo - 38 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Ingelman, hanno un VLPP inferiore a 90 cm. H2O indipendentemente dalla presenza o meno di UH. Si potrebbe quindi concludere che mentre il termine di “incontinenza da sforzo di tipo III” può considerarsi la definizione di uno specifico tipo di incontinenza che ha rivestito negli anni passati un suo significato ben preciso, il termine di “deficit sfinterico intrinseco” (ISD) non ha mai fatto riferimento ad una vera definizione, quanto piuttosto ha rappresentato un concetto fisiopatologico senza precisi riferimenti ben definiti di tipo urodinamico. La definizione di incontinenza da sforzo di tipo III, nonostante abbia dominato la scena per molti anni, condizionando pesantemente le nostre scelte terapeutiche, non compare neppure nelle proposte di standardizzazione terminologica dell’ICS (28). A nostro giudizio sul piano pratico tale definizione può ancora rivestire una sua utilità qualora si voglia fare riferimento ad una condizione grave di incontinenza (giudizio clinico), con una uretra fissa (giudizio anatomico-radiologico) e valori bassi di MPCU e VLPP (giudizio urodinamico). Il termine di “deficit sfinterico intrinseco” invece potrebbe non avere alcun significato sul piano pratico in quanto non fa riferimento ad una condizione clinica ben definita, rivestendo un mero significato urodinamico solo nel caso in cui vengano indicati i valori numerici della MPCU e del VLPP. Anche gli algoritmi gestionali ICI (29) non distinguono tra incontinenza da sforzo secondaria a UH e ISD, ma fanno genericamente riferimento all’incontinenza secondaria ad incompetenza uretrale. Infine la recente proposta congiunta IUGA (International Urogynecological Association) / ICS (International Continence Society) (30), in merito alla terminologia, non comprende né il termine di “Type III Stress-In- 39 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” continence” né quello di “Intrinsic Sphincteric Deficiency”, ma si limita a riportare nel paragrafo delle “diagnosi” il termine di “Urodynamic stress-incontinence” e nel paragrafo dell’urodinamica il termine di “Incompetent urethral closure mechanism” dandone la stessa definizione: “perdita di urina associata ad un incremento della pressione intra-addominale in assenza di contrazione detrusoriale”. Nello stesso documento si legge che “The term diagnosis is defined as the determination of the nature of a disease” e la natura di una condizione disfunzionale quale è l’incontinenza urinaria non può che essere intesa come la condizione fisiopatologica che ne è alla base; ma in realtà la definizione che viene data della incontinenza da sforzo fa riferimento esclusivamente ai parametri urodinamici che riguardano la funzione uretrale e non a quelli radiologici che si riferiscono alla condizione di ipermobilità uretrale; la definizione è squisitamente di tipo urodinamico e non fa alcun riferimento alla interpretazione fisiopatologica della patologia. D’altra parte nelle parole iniziali del documento stesso si legge a proposito delle diagnosi delle patologie disfunzionali pelvi-perineali che “the diagnoses themselves have not been all completely defined”. - 40 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Osservazioni anatomiche L’ipotesi che l’aumento progressivo con l’età dell’incidenza dell’incontinenza urinaria da sforzo sia imputabile alle modificazioni anatomiche e funzionali della struttura sfinterica uretrale trova conferma in studi ben condotti in tale direzione. Perucchini (31) ha effettuato uno studio istomorfometrico su cadaveri di donna di età differenti (range 15-80 anni) analizzando il numero delle fibre muscolari striate, il diametro delle fibre e la loro densità a livello della parte ventrale del complesso sfinterico (dove è presente sia lo sfintere striato dell’uretra che il muscolo compressore dell’uretra ed il muscolo uretro-vaginale). Il numero delle fibre è risultato decisamente maggiore nelle donne più giovani (in media 33.707 contro il numero medio totale di 17.423), con una perdita calcolata di 364 (1%) fibre muscolari striate per anno. Il diametro delle fibre non ha presentato un corrispondente decremento in rapporto all’età. La deduzione dell’autore è che la perdita della densità delle fibre muscolari determini inevitabilmente la perdita del tessuto contrattile del complesso sfinterico. Anche negli altri muscoli striati scheletrici si verifica una perdita progressiva del numero delle fibre muscolari: 65% di perdita del totale del numero delle fibre tra la terza e la ottava decade di vita; dai 60 ai 70 anni il decremento della massa muscolare è del 25-30% con un processo di deterioramento che ha inizio a 50 anni. Tale fenomeno sistemico si associa ad una condizione di atrofia (riduzione anche del diametro delle fibre) che sembra non verificarsi nello sfintere uretrale, a testimonianza che verosimilmente il meccanismo patogenetico sia differente. Lo studio ha dimostrato anche una riduzione dei fascicoli nervosi, ma resta difficile dire se questa sia la causa della perdita delle fibre muscolari o piuttosto - 41 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” il contrario. Strasser (32) ha dimostrato come l’incremento progressivo dei fenomeni di apoptosi delle fibre muscolari striate del rabdosfintere conduca con l’età ad un drammatico crollo del numero delle cellule muscolari striate. Analizzando materiali prelevati da cadaveri di uomini e donne di età variabile da poche settimane a 92 anni, appare evidente una correlazione lineare diretta tra età e decremento della densità della popolazione di cellule muscolari striate. Le sezioni istologiche venivano eseguite a tre differenti livelli del rabdosfintere e dell’uretra e in tutti i campioni erano valutati la densità delle fibre muscolari striate, l’indice di apoptosi ed il diametro del rabdosfintere e dell’uretra. Le conclusioni dello studio erano le seguenti: “The dramatic decrease in the number of striated muscle cells in the rabdosphincter of the elderly due to apoptosis represents the morphological basis for the high incidence of stress incontinence in this population.” Il concetto che la cardiomiopatia e l’ischemia miocardica diano l’avvio ad un processo di apoptosi dei cardiomiociti e che lo spazio lasciato vuoto dalla morte cellulare sia riempito da adipociti con conseguente danno funzionale del muscolo cardiaco potrebbe per analogia essere riportato allo sfintere uretrale, dove le cellule muscolari striate sono rimpiazzate da tessuto connettivale ed adiposo. Anche un danno nervoso è in grado di indurre una apoptosi nel muscolo denervato, ma il processo apoptotico che consegue a tali patologie vascolari e neurologiche è generalmente un processo acuto, mentre il fenomeno progressivo di morte cellulare nel rabdosfintere, riscontrato a partire dall’età di 20 anni, è un processo cronico le cui cause sono ancora ignote. L’inizio precoce del fenomeno di apoptosi sfinterica depone per un processo che si viene a sviluppare con gli anni indipendentemente da fattori sistemici vascolari e neurologici. - 42 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Robert Horvitz (33), premio Nobel per la medicina nel 2002, sostiene, nei suoi studi sulla “morte programmata”, che il numero di cellule in un tessuto è determinato da un equilibrio tra due processi opposti: la divisione cellulare, che aggiunge cellule, e la morte cellulare, che le sottrae. Lo squilibrio, in un senso o nell’altro, genera la malattia. E poi, non è che una cellula abbia solo la scelta tra vivere e suicidarsi. Le cose sono complicate, e l’attivazione o l’inibizione del meccanismo di suicidio possono essere raggiunti in vari modi. Ad esempio, una cellula può suicidarsi direttamente, perché viene attivato questo meccanismo; oppure può suicidarsi indirettamente, perché viene inibito un altro meccanismo che inibisce il meccanismo di suicidio, e così via. Tali meccanismi sono in parte conosciuti, ma poco sappiamo di come sono integrati fra loro. Di tutte queste considerazione non possiamo non tenere conto quando si affronta l’argomento della terapia cellulare (vedi capitolo successivo su “ripercussioni future sulla terapia”). - 43 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Osservazioni neurofisiologiche A sostegno della teoria uretrocentrica possono essere citati alcuni studi neurofisiologici che dimostrano come l’incontinenza urinaria da sforzo femminile sia verosimilmente secondaria ad una perdita “neurogena” della funzione uretrale. Tali studi si basano principalmente sulla valutazione elettromiografica, più che sullo studio della latenza motoria distale del nervo pudendo. Quest’ultimo infatti fornisce importanti informazioni sulla latenza di conduzione delle fibre nervose mieliniche più grandi che innervano lo sfintere anale ed uretrale, senza peraltro assumere un valore assoluto in merito alla valutazione della funzione muscolare e senza essere in grado di confermare o escludere con certezza l’ipotesi neurogena della incontinenza urinaria. L’elettromiografia quantitativa dello sfintere fornisce invece dirette informazioni sulla funzione muscolare, valutando l’attività spontanea a riposo, la presenza di potenziali di fibrillazione, le scariche complesse ripetitive (riscontrabili nelle condizioni di denervazione o di miopatia), la morfologia delle singole unità motorie (che divengono polifasiche e di maggiore durata in caso di denervazione e successiva reinnervazione) e l’attività di multiple unità motorie. L’utilizzo di tale valutazione neurofisiologica ha consentito di dimostrare come le anomalie uretrali elettromiografiche siano decisamente più rappresentate nelle donne con incontinenza da sforzo rispetto a donne continenti. In particolare, il ridotto numero di potenziali di unità motoria e la riduzione della massima attività elettrica volontaria non solo sono maggiormente presenti nelle donne incontinenti, ma tale dato si correla al dato bioptico di una riduzione istologica del numero delle fibre muscolari (34). Le donne con incontinenza da sforzo presentano un numero decisamente maggiore di potenziali di fi- 44 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” brillazione, una minore presenza di potenziali di unità motoria, un incremento della percentuale di potenziali di unità motorie polifasici ed una riduzione dei parametri di attività volontaria. In particolare la presenza di potenziali polifasici indica un processo di reinnervazione e quindi sottintende un precedente danno neurogeno. Anche i potenziali di fibrillazione sono indicativi di una denervazione muscolare. Kenton et al., sempre utilizzando la valutazione elettromiografica quantitativa dello sfintere uretrale, hanno dimostrato una significativa differenza nei vari parametri dei potenziali di unità motoria tra le donne continenti e quelle affette da incontinenza da sforzo, arrivando alla conclusione che le donne continenti hanno una migliore innervazione del loro sfintere. La maggior parte delle donne studiate, sia continenti che incontinenti, aveva partorito per via vaginale; le donne continenti presentavano dei parametri elettromiografici compatibili con più significativi fenomeni di reinnervazione. Tale dato sembrerebbe supportare l’ipotesi che l’incontinenza sia secondaria ad un danno neuromuscolare dello sfintere striato dell’uretra, suggerendo che le donne continenti abbiano subito comunque un danno nervoso ma che abbiano poi presentato un processo migliore di reinnervazione, con il recupero di una migliore funzione sfinterica (35). Gli stessi autori avevano in precedenza dimostrato, sempre sulla base di valutazioni neurofisiologiche, che le donne che erano state sottoposte con successo ad interventi chirurgici per la correzione dell’incontinenza presentavano prima della chirurgia una migliore funzione neuromuscolare sfinterica rispetto a donne nelle quali la procedura chirurgica aveva fallito (36) e che le donne che avevano subito una chirurgia per l’incontinenza presentavano un più significativo danno neurogeno dello sfintere uretrale rispetto a donne che non avevano subito alcun intervento (37). In - 45 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” particolare l’effetto dannoso neurogeno della chirurgia era in qualche modo “dose-dependent” riguardo alla tipologia dell’intervento subito: la funzione neuromuscolare sfinterica risultava peggiore dopo un intervento di sling rispetto alla colposospensione retropubica, verosimilmente a causa della maggiore dissezione vaginale. Sempre Kenton et al. hanno inoltre dimostrato che la forza della muscolatura del pavimento pelvico non è correlata alla forza dello sfintere striato dell’uretra in donne continenti, suggerendo che vi sia un contributo distinto ed indipendente dell’elevatore dell’ano e dello sfintere uretrale nel meccanismo della continenza urinaria. In particolare, l’elettromiografia quantitativa dello sfintere uretrale non presenta un incremento di attività contestuale alla contrazione volontaria della muscolatura del pavimento pelvico (38). Tale dato sembrerebbe confermare l’ipotesi che il ruolo esercitato dalla muscolatura del pavimento pelvico, che è sempre stato riferito ad una funzione di supporto all’uretra, sia differente dal ruolo esercitato sull’uretra dallo sfintere uretrale; mentre quest’ultimo entra direttamente in causa nel meccanismo dell’incontinenza, il muscolo elevatore dell’ano potrebbe avere, nella migliore delle ipotesi, un ruolo compensatorio e non risolutivo della causa che ha determinato l’incontinenza. Gli stessi autori hanno ipotizzato, in un precedente lavoro (36), che l’attivazione dei potenziali di unità motoria dello sfintere uretrale avvenga in modo differente con il colpo di tosse e con la contrazione volontaria. Verosimilmente solo il colpo di tosse determina il reclutamento delle unità motorie più grandi e più efficaci sia nel muscolo elevatore dell’ano che nello sfintere, mentre la contrazione volontaria attiva meccanismi e circuiti nervosi differenti. In sostanza il meccanismo alla base della continenza / incontinenza riferibile allo sfintere uretrale sarebbe indipendente dalla funzione della muscolatura del pavimento pel- 46 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” vico. Gli autori concludono che mentre l’iperattività detrusoriale potrebbe in qualche modo dipendere da un deficit di forza dell’elevatore dell’ano, l’incontinenza da sforzo urodinamica sarebbe dipendente dalla riduzione di forza dello sfintere uretrale. - 47 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Osservazioni radiologiche La radiologia tradizionale (cistouretrografia) consente la valutazione morfologica dell’uretra (ipermobilità) e del collo vescicale (incompetenza cervicale) e se associata alla contestuale esecuzione di una valutazione urodinamica (video-urodinamica) fornisce importanti elementi diagnostici anche di tipo funzionale, ma non consente una diretta valutazione dell’anatomia e della funzione sfinterica che è appannaggio degli studi ecografici, sia per via perineale/trans-labiale (mobilità dell’asse uretrale) che trans-anale, trans-vaginale e trans-uretrale (spessore dello sfintere). Fig. 5 - Ecografia perineale: ipermobilità uretrale L’ecografia perineale o trans labiale è il metodo più semplice e meno invasivo per valutare la mobilità dell’uretra in condizioni di riposo e di spinta addominale. - 48 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Fig. 6 - Ecografia trans vaginale: spessore normale dello sfintere uretrale Per via trans vaginale è possibile valutare lo spessore dello sfintere uretrale, meglio visualizzabile sui versanti laterali Fig. 7 - Ecografia trans vaginale: spessore ridotto dello sfintere uretrale Fig. 8 - Ecografia trans vaginale: spessore aumentato dello sfintere uretrale - 49 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Kondo (39) ha dimostrato, utilizzando l’ecografia transvaginale, che il rabdosfintere, misurato alle ore 9 dove presenta una migliore sua identificazione, dimostra uno spessore significativamente ridotto nelle donne con una incontinenza da sforzo rispetto a donne continenti o affette da incontinenza da urgenza; tale riduzione è presente sia nelle donne definite come affette da ISD che da UH e la riduzione è correlata alla severità dell’incontinenza. Frauscher (40), utilizzando una sonda ultrasonografica intrauretrale, ha valutato lo sfintere uretrale in condizioni basali e in condizioni di contrazione (misurando la distanza tra il contorno interno dello sfintere e la sonda ecografica), dimostrando una riduzione della funzione uretrale nelle pazienti con incontinenza da sforzo rispetto a donne con incontinenza da urgenza e a volontarie sane. Mitterberger (41), eseguendo una ecografia dinamica trans-uretrale con ricostruzione tridimensionale del rabdosfintere, ha dimostrato una parziale o completa perdita della funzione sfinterica nelle donne con incontinenza da sforzo rispetto a donne continenti anche in termini di una significativa riduzione dell’incremento della lunghezza uretrale durante la contrazione. Morgan et al.(42), nell’ambito dello studio ROSE (Research On Stress Incontinence Etiology), riportano i risultati riguardanti la valutazione uretrale con la risonanza magnetica, mettendo a confronto un cospicuo numero di donne affette da incontinenza da sforzo e donne asintomatiche. Tutte le donne erano sottoposte sia ad una valutazione RM che ad una valutazione della massima pressione di chiusura uretrale, della mobilità uretrale con il Q-tip Test e della performance pelvi-perineale. Lo scopo degli autori era quello di valutare se il dato, registrato nello studio ROSE, della significativa riduzione della funzione uretrale come - 50 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” elemento più caratterizzante dei riscontri diagnostici nelle donne con incontinenza da sforzo (vedi paragrafo sulle osservazioni urodinamiche), trovasse o meno una corrispondenza anatomica. La valutazione RM dello spessore sfinterico e dell’area del complesso sfinterico dimostra in effetti uno sfintere meno rappresentato nel gruppo delle 103 donne affette da incontinenza da sforzo rispetto alle 108 donne asintomatiche. Tale dato si associa peraltro ad una ridotta performance funzionale pelviperineale e ciò pone le basi per una ipotesi di interpretazione patogenetica, avanzata dagli autori, secondo la quale una verosimile alterazione nei meccanismi centrali nervosi può avere un impatto globale su molti muscoli del pavimento pelvico, compreso lo sfintere striato dell’uretra. - 51 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Ripercussioni future sulla terapia …ogni passo avanti nella scienza è partito da un nuovo spunto dell’immaginazione John Dewey (filosofo e pedagogista) Il paradigma consolidato secondo il quale l’elemento fondamentale da considerare nella incontinenza da sforzo femminile sia individuabile nel supporto all’uretra fornito dalle varie strutture che la circondano, ha determinato come conseguenza sul piano clinico il fatto che la grande maggioranza degli interventi terapeutici, sia di tipo chirurgico che riabilitativo, siano focalizzati sulle strutture pelviche di tipo connettivale (fasce e legamenti) e muscolare (muscolo elevatore dell’ano). Minore attenzione è stata posta, sul piano sia clinico che di ricerca finalizzata alla individuazione di nuove strategie terapeutiche, sull’uretra e sui suoi meccanismi sfinterici intrinseci. Ci piace sottolineare come sia proprio De Lancey, in un certo senso uno dei maggiori sostenitori delle “teorie pelvico-centriche, ad affermare che nel prossimo futuro la terapia dovrebbe concentrarsi essenzialmente sul tentativo di migliorare la funzione uretrale o di prevenirne il deterioramento, piuttosto che focalizzare l’attenzione sul supporto uretrale (“…future treatment paradigms may prioritize improving urethra function or preventing its damage, rather than only focusing on urethra support”) (20). Lo stesso autore sostiene che, non essendo ancora chiaro il motivo per cui alcune donne presentino un deficit funzionale dell’uretra, la scoperta di una possibile risposta a questa domanda potrebbe - 53 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” porre le basi per lo sviluppo di nuove terapie ed opportunità di prevenzione: “…la perdita progressiva di fibre muscolari striate con l’avanzare dell’età potrebbe essere il target per studi futuri….”, e ancora “ in considerazione del rapido progresso in atto nella chiarificazione dei meccanismi della patologia attraverso tecniche cellulari e molecolari e le opportunità terapeutiche possibili offerte dalla medicina rigenerativa meritano questo sforzo” (22). Il valore della teoria uretro-centrica ci porta quindi a riconsiderare il ruolo che terapie uretro-mirate, come la bulking therapy intra o extrauretrale possano avere nel trattamento di tutte le incontinenze da sforzo urodinamicamente dimostrate. Le indicazioni a questo tipo di terapia, non rientrando più nella logica del precedente paradigma, non sarebbero esclusivamente rappresentate dalla ISD, intesa come un tipo di incontinenza diversa da quella secondaria all’ipermobilità uretrale (UH), ma potrebbero essere poste nei confronti di tutte le incontinenze da sforzo urodinamiche e rientrare nelle varie possibili soluzioni terapeutiche da proporre alle pazienti. Si potrebbe obiettare che la bulking therapy infiltrativa intrauretrale, con la creazione di un cuscinetto artificiale sottomucoso, eserciti un effetto meccanico occlusivo ed ostruttivo, con incremento delle resistenze uretrali, piuttosto che un effetto funzionale. In realtà McGuire ha dimostrato che, dopo una bulking therapy efficace, la massima pressione di chiusura uretrale registrata al profilo pressorio non si modifica, mentre risulterebbero migliorati i valori del VLPP. Alcune considerazioni di tipo biomeccanico (43) ed uno studio con la “urethral pressure reflectometry” (un metodo che consente la misurazione simultanea della pressione di apertura dell’uretra e della “superficie della sezione trasversa”) (44) sembrerebbero deporre per un effetto di tipo funzionale sulla potenza con- 54 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” trattile dello sfintere uretrale. La valutazione uretrale effettuata con l’UPR (uretral pressure reflectometry) dimostra come la pressione di apertura uretrale, sia a riposo che sotto contrazione dei muscoli pelvi-perineali, risulti significativamente inferiore nelle donne affette da incontinenza da sforzo rispetto a donne continenti. Gli autori hanno sottoposto ad intervento di bulking intrauretrale 15 donne affette da incontinenza da sforzo, utilizzando come sostanza volumizzante il Bulkamid®. Tale sostanza, un gel trasparente costituito da poliacrilamide (2,5%) ed acqua apirogena (97,5%), viene iniettata sotto visione diretta, mediante cistoscopio dedicato monouso, nella sottomucosa dell’uretra prossimale. Dopo l’intervento endoscopico i valori della pressione di apertura uretrale a riposo non si modificano, mentre i valori pressori durante la contrazione muscolare risultano significativamente incrementati nelle donne che hanno avuto beneficio dalla terapia. Tale dato suggerisce che l’effetto della bulking therapy infiltrativa sia riferibile ad un incremento di forza dello sfintere uretrale. La sostanza volumizzante iniettata nella sottomucosa uretrale agirebbe aumentando il volume dei cosiddetti elementi di riempimento centrale (interposti tra le fibre muscolari circolari dello sfintere ed il lume uretrale) ed incrementando di conseguenza la lunghezza delle fibre muscolari stesse e quindi la potenza contrattile dello sfintere. Ritenere il deterioramento della funzione uretrale l’elemento principale alla base della patogenesi dell’incontinenza urinaria da sforzo porta inevitabilmente a considerare per il prossimo futuro la possibilità di nuove strategie terapeutiche che possano aiutare a prevenire o rallentare il processo di deterioramento funzionale dello sfintere uretrale o cercare di sostituire le cellule muscolari striate che sono andate incontro ad un processo di morte spontanea o provocata da patologie vascolari, neurologiche o traumatiche. - 55 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” La teoria uretro-centrica potrebbe quindi rappresentare in un prossimo futuro il razionale alla base di nuove terapie cellulari, quali l’infiltrazione intrasfinterica di cellule staminali, nel tentativo di sostituire le cellule muscolari striate che sono andate incontro ad un processo di morte. Le cellule staminali sono cellule immature non specializzate dotate della capacità di autorinnovarsi, ossia di compiere un numero illimitato di cicli replicativi mantenendo il medesimo stadio differenziativo, e della capacità di dare origine a uno o più tipi cellulari (potenza). Sebbene le cellule staminali siano dotate di un potenziale replicativo illimitato, sono normalmente quiescenti, ossia nella fase G0 del ciclo cellulare. Ad eccezione dello sviluppo embrionale, le cellule staminali solo di rado entrano in mitosi. La parte più consistente del “lavoro replicativo”, in funzione dell’accrescimento o della riparazione dei tessuti, è svolta da cellule non staminali, definite progenitori, derivate direttamente dalle cellule staminali, ma parzialmente differenziate e prive della capacità di autorinnovamento. La capacità di automantenimento si realizza, all’interno della popolazione cellulare staminale, attraverso due diversi tipi di divisione simmetrica: una proliferativa, da cui si generano due cellule staminali, ed una differenziativa in cui si generano due progenitori di transito. L’auto-mantenimento si realizza in presenza di un equilibrio numerico tra i due tipi di divisione. In base alle potenzialità si possono distinguere quattro tipi di cellule staminali: 1) le cellule staminali totipotenti che possono dare origine ad un intero organismo e persino a tessuti extra-embrionali (i blastomeri sono le tipiche staminali totipotenti), 2) le cellule staminali pluripotenti che invece possono specializzarsi in tutti i tipi di cellule che troviamo in un individuo adulto ma non in cellule che compongono i tessuti extra-embrionali, 3) le cellule staminali multipotenti che sono in grado di specializzarsi solo in alcuni tipi cellu- 56 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” lari appartenenti ad uno o più strati germinativi (ectoderma, mesoderma, endoderma), 4) le cellule staminali unipotenti che possono generare solamente un tipo di cellula specializzata. Ogni cellula staminale multipotente ha una capacità differenziativa limitata alle cellule di uno o di pochi tessuti differenti e deve garantire, per tutta la vita, la rigenerazione continua delle cellule mature del tessuto o dei tessuti di sua pertinenza e la sua auto-riproduzione. Queste cellule compaiono dunque durante la vita embrionale ma, poiché persistono nei tessuti per tutta la vita, vengono anche denominate “cellule staminali adulte”. Tali cellule sono dette più propriamente somatiche, perché non provengono necessariamente da adulti ma anche da bambini o dai cordoni ombelicali (sia dal sangue sia dal tessuto del cordone stesso). In base alla sorgente di derivazione, le cellule staminali sono anche classificate come embrionali, fetali e amniotiche. Escludendo le cellule staminali embrionali (ESCs), per motivi etici e per i rischi di tumorigenicità, l’attenzione è rivolta principalmente verso le cellule staminali multipotenti adulte autologhe. Per quanto riguarda il possibile utilizzo di cellule staminali somatiche autologhe nel trattamento dell’incontinenza urinaria, gli studi si sono incentrati principalmente sulle cellule staminali mesenchimali del midollo osseo (BMSCs), sulle cellule staminali muscolo-derivate (MDSCs) e sulle cellule staminali adiposo-derivate (ADSCs). Lo stroma del midollo osseo contiene numerose popolazioni cellulari tra le quali le BMSCs. Le BMSCs sono cellule multipotenti capaci di differenziarsi in diversi tipi cellulari tra cui gli adipociti, gli osteociti, i condrociti e i miociti (45). Giammò et al. in uno studio sull’isolamento e l’impianto delle BMSCs nel rabdosfintere del ratto ha fornito i cui dati preliminari che depongono a favore della metodica, almeno in termini di - 57 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” sicurezza e fattibilità (46). A 6 mesi dall’impianto non si sono dimostrati segni di tumorigenicità ed è stata evidenziata la permeazione delle staminali nel tessuto ospite con l’assunzione di aspetti fenotipici suggestivi per la linea migratoria, senza un vero e proprio inglobamento. Si è dimostrata inoltre la comparsa di nuove placche neuromuscolari nella sede d’impianto. Tali dati sono in accordo con quanto pubblicato recentemente da Corcos et. al. (47). Le criticità potrebbero essere rappresentate dalla standardizzazione della tecnica d’impianto e dalla sede del prelievo. Le MDSCs possono invece essere ottenute da biopsie muscolari. L’impianto di cellule muscolo-derivate ha evidenziato limiti in termini di sopravvivenza per la presenza anche di cellularità matura (mioblasti ovvero precursori delle cellule muscolari striate), quindi sono state adottate tecniche di isolamento ed amplificazione ottenendo miglior risultati in termini di attecchimento, sopravvivenza e potenziale rigenerativo. Uno dei limiti all’utilizzo delle MDSCs è la loro non facile identificazione in vitro, poiché i rispettivi marker proteici sono spesso sottoespressi, e la conseguente necessità di compiere manipolazioni che possono compromettere le caratteristiche di staminalità. Studi ex vivo hanno dimostrato l’integrazione delle MDSCs nel rabdosfintere danneggiato (48) e l’incremento delle strutture nervose nella sede di impianto. Altri dati depongono per una differenziazione delle cellule trapiantate in cellule muscolari striate o l’induzione della riparazione tramite l’effetto paracrino. È stato dimostrato l’incremento del LPP (pressione al punto di fuga) nei ratti trattati con le MDSCs rispetto ai controlli trattati con soluzione fisiologica e tale incremento dipenderebbe da un aumento della contrattilità piuttosto che da un effetto bulking. Nel 2007 Strasser et. al. hanno condotto in Europa un trial su 130 pa- 58 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” zienti utilizzando mioblasti e fibroblasti. In seguito tale studio è stato fortemente criticato dal punto di vista metodologico (49). Nel 2008 l’utilizzo clinico delle MDSCs su otto pazienti è stato condotto a Toronto da Carr et al. (50). Gli autori hanno dimostrato un miglioramento clinico in circa il 60% dei pazienti dopo circa 3-8 mesi dall’infiltrazione e il beneficio si è mantenuto al follow-up medio di dieci mesi. Tali dati, con i limiti derivanti dai pochi casi e dalla mancanza di randomizzazione, lascerebbero supporre che le MDSCs agiscono o come dei bulking agents ritardati oppure mediante il meccanismo della rigenerazione muscolare e del recupero funzionale. Mentre nel modello animale è stata dimostrata l’integrazione delle MDSCs nel rabdosfintere danneggiato, lo stesso non è provato nell’uomo. Su tali cellule sono in corso studi multicentrici sia in Canada sia negli Stati Uniti. Anche le cellule staminali adiposo-derivate (ADSCs) sono state oggetto di studi per il trattamento dell’incontinenza urinaria. Tali cellule sono facilmente ottenibili dal tessuto adiposo mediante una semplice lipoaspirazione e possiedono alcune proprietà biologiche e marker molecolari simili alle staminali mesenchimali del midollo osseo. Zuk et al. hanno dimostrato come le ADSCs sono in grado di differenziarsi in cellule miogeniche in presenza di specifici induttori (51). Jack et al. hanno dimostrato come le ADSCs umane sono in grado di sopravvivere e differenziarsi in cellule muscolari lisce dopo impianto nella vescica e nell’uretra di ratto (52). Altri studi hanno dimostrato la capacità di differenziarsi in cellule muscolari lisce funzionali, utilizzando un modello di ratto reso incontinente, in grado di garantire una pressione uretrale normale (53). Le ADSCs sono presenti in abbondanza nel tessuto adiposo e il lipoaspirato, che può essere processato anche immediatamente, rappresenta oggi la fonte più promettente di cellule staminali multipotenti adulte. - 59 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Commento di Walter Artibani Questo pregevole saggio di Roberto Carone fornisce una nitida fotografia delle attuali conoscenze in tema di incontinenza urinaria femminile, incastonandole in modo suggestivo con aspetti di filosofia della scienza e del metodo scientifico. Il fatto che lo stesso termine, incontinenza da sforzo venga utilizzato per indicare il sintomo, il segno, l’evento urodinamico e la condizione fisiopatologica, indica i limiti della nostra reale comprensione di un fenomeno complesso, multifattoriale e dinamico come l’incontinenza femminile sotto sforzo. È facile evidenziare come, accanto a un numero relativamente esiguo di fatti ed evidenze scientificamente comprovati, sono entrati in uso comune termini come “ipermobilità uretrale” e “deficit uretrale intrinseco” privi di una definizione condivisa e validata, e del necessario solido supporto scientifico, e che, ciò nonostante, sono alla base dell’approccio clinico attuale. Un lungo percorso appare ancora necessario per diradare la nebbia che ancora impedisce una comprensione accettabile degli eventi che comportano il passaggio da una situazione di continenza sotto sforzo ad una situazione di incontinenza da sforzo. Roberto Carone, con la chiarezza che gli è congeniale, dettaglia il ruolo centrale della struttura e della funzione uretrale, riconducendo ad una logica scala di priorità meccanismi e soluzioni. - 61 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Commento di Michele Meschia Come affermato da Mickey Karram in un editoriale apparso sull’International Urogynecology Journal del 2003 “Stress urinary incontinence is a multifactorial condition that is poorly understood…… our current concept of stress urinary incontinence and intrinsic sphincter deficiency is oversimplicistic”. Che alla base di qualsiasi forma di incontinenza da sforzo vi sia un certo grado di insufficienza del meccanismo sfinterico dell’uretra mi sembra un concetto difficilmente confutabile. Con assoluta sincerità credo che non si possa più parlare di ipermobilità uretrale e ISD come due entità distinte. Le argomentazioni riportate a sostegno del ruolo primario della funzione uretrale nella genesi della IUS sono solo in parte accettabili. Esiste un overlap di valori di massima pressione di chiusura uretrale e di Valsalva leak point pressure tra donne continenti e incontinenti e una correlazione lineare tra valori di MPCU o VLPP e severità dell’incontinenza è ben lungi dall’essere universalmente accettata. D’altro canto è indiscutibile che l’ipermobilità uretrale non sia di per sè sinonimo di incontinenza urinaria da sforzo. Appare affascinante la teoria di Rocco a sostegno del fatto che un adeguato supporto dell’uretra agisca come sistema di sospensione “dinamica” e base posteriore contro cui lo sfintere striato dell’uretra si contrae per chiudere il lume uretrale. Questo renderebbe ragione del fatto che le tecniche chirurgiche volte a ripristinare il supporto uretrale abbiano una così elevata percentuale di successo: ripristino il supporto miglioro la funzione sfinterica. E non è sorprendente il fatto che tali interventi non modifichino i parametri uretrali considerati espressione - 62 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” della funzione sfinterica come la MPCU in quanto tali rilevazioni sono eseguite in condizioni statiche mentre l’effetto sfinterico si manifesta solo in condizioni dinamiche. Difficile affermare quale sia la causa primitiva dell’incontinenza da sforzo, se l’uretra od il suo sistema di supporto, tuttavia appare evidente che entrambi i fattori svolgano un ruolo inscindibile nel garantire una corretta funzione. Un sincero ringraziamento a Roberto per avermi dato il privilegio di leggere il suo manoscritto e per avermi ancora una volta costretto a meditare sulla mia ignoranza. - 63 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Commento di Gianfranco Lamberti In questi anni, nella nostra affannosa ricerca di un sostegno affidabile in termini di competenza e di scientificità, ai nostri ondivaghi tentativi di riabilitazione, abbiamo spesso fatto riferimento a modelli “preconfezionati”, già utilizzati in altri campi della disabilità. Il pavimento pelvico ci ha intrigati per la sua caparbia capacità di essere nascosto, poco conosciuto eppure così importante nella vita di relazione; e la sua rieducazione è la sfida più complessa, frequente e spesso trascurata. Tu, con il tuo gruppo, ci hai sempre incuriosito (ricordi i primi incontri al Mauriziano con i fisiatri che si ritenevano “all in one”?) per l’energia con la quale hai sempre ribadito la convinzione sulla necessità di una approfondita conoscenza della continenza “normale” e di una osservazione clinica accurata del segno patologico come premesse per l’identificazione dei meccanismi che lo hanno determinato, unica porta d’ingresso valida per l’impostazione del trattamento. È esattamente quello che volevamo sentirci dire. Il grande merito è non aver considerato il problema incontinenza a “comparti” (neurogena e non, femminile e maschile, da sforzo e da urgenza, chirurgica e da riabilitare) ma di aver sostenuto sempre il pensiero di una lettura per “fasi” successive, indispensabile per tentare di decifrarne le diverse, controverse e sovrapposte alterazioni. E, da fisiatra, l’idea che le grandi discipline come l’Anatomia e la Chirurgia vivano un pò di quell’incertezza che traversa costantemente la Riabilitazione, mi fa sorridere, mi consola e mi obbliga al continuo “warning” sulle teorie etiologiche e sull’esercizio terapeutico più appropriato. Bellissima poi l’analogia inversa (chirurgica e non) tra il maschio e la - 64 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” femmina in termini di “attenzione” relativa all’uretra (frustrante: quante cose inutili che si fanno “bene” ogni giorno in riabilitazione?). Anche i nostri “modelli storici” sono ormai passati (o per lo meno in questi anni non vi sono state le dimostrazioni auspicate dopo i primi approcci empirici): negli anni ‘80 la neurofisiologia abbandonò il “modello homunculare” per l’affermarsi della teoria delle ”rappresentazioni multiple” delle varie parti del corpo nella corteccia cerebrale; in base a ciò si imponeva la necessità di elaborare esercizi che rispecchiassero la molteplicità dei significati che ogni movimento poteva rivestire per il cervello umano. In questa fase, in cui questa metodologia di lavoro divenne nota come “Esercizio terapeutico conoscitivo”, venne data molta importanza alla capacità di “frammentazione” che ogni segmento corporeo doveva avere per permettere la “variabilità” dei comportamenti motori possibili. È sempre stata lontana da me l’idea di descrivere esercizi in cui si spiegasse esattamente come “impugnare” il malato e come farlo “rispondere” esattamente in un certo modo…. Al contrario rispetto ad una diffusa modalità di operare in riabilitazione, ove spesso si ritiene che dato un certo gruppo di esercizi, tutti possano andar bene per tutti, soltanto sapendoli fare e trovando le persone cui si addicono, io ritengo che tutti gli esercizi vadano male, nel senso che, nella migliore delle ipotesi, rappresentano, e non potrebbe essere altrimenti, solamente quanto di più perfezionato possa esser fatto oggi, alla luce delle conoscenze attuali, destinati ad essere superati tanto più rapidamente, quanto più intenso sarà il nostro impegno di studiosi. E questo impegno, questo viaggio è ben racchiuso in queste pagine che hai scritto, che evidenziano come l’atto chirurgico e l’atto riabilitativo - 65 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” non possono essere dogmatici, ma devono seguire l’evoluzione scientifica come risultato di una ricerca anche di tipo storico. Altra cosa poi sono le teorie che spiegano i meccanismi della disabilità. Le teorie usate oggi per chiarire vari aspetti dei meccanismi determinanti le disfunzioni del pavimento pelvico vengono qui confrontate, con metodo, con equilibrio, con stimolanti osservazioni personali. Interessante il continuo riferimento al criterio popperiano di inammissibilità dell’inferenza da singole osservazioni a teorie (quante in riabilitazione!), stimolanti le critiche alle attuali definizioni/classificazioni in uso. La proposta finale è quella di una teoria della terapia cellulare quale possibile strumento unificante, che si deve alle osservazioni di diversi autori, affascinante sintesi tra biologia e futuro, tra intuizione ed analisi scientifica. Il mondo della riabilitazione ha bisogno esattamente di questo. - 66 - R. Carone LA TEORIA “URETRO-CENTRICA” Bibliografia 1. Aldridge AH. Trasplantation of fascia for relief of urinary incontinence. Am J Obstet. Gynecol. 1942; 3:398-411 2. Enhorning G. 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