Edith Stein: la donna e la sua formazione.

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Edith Stein: la donna e la sua formazione.
DO NNa
Riflettere sul ruolo della donna
• D o n na •
reDaZIone
via t. Bruciata, 17 – 64100 teramo
Giulia paola Di nicola
silvia toma
anna vaccarili
Maria Michela nicolais
stefania Fuscagni
Maria Laura Di Loreto
angela rossi
Cristina Demezzi
Edith Stein: la donna e la
sua formazione.
Parte II
cristina Demezzi –
Dottore in Teologia e insegnante di Religione, Roma
La proposta di formazione di Edith Stein
tiene conto di tutti i risvolti dell’essere donna;
analizzando la natura dell’anima femminile le sue
doti naturali e il modo diverso che ha ogni donna
di relazionarsi con il mondo, la Stein giunge
a mostrare quale dovrebbe essere l’attività ideale
e il ruolo sociale più consono alle caratteristiche
della femminilità.
L’animo della donna
Quando la stein vuole occuparsi specificamente della donna nella sua
trattazione, precisa che non si può mai dimenticare l’altra espressione
dell’umanità, la sua differenza e complementarietà con l’uomo. Ciò avviene ovviamente, anche e soprattutto a livello dell’anima:
nei tratti essenziali, la struttura dell’anima è identica sia in lui che in lei: l’anima
è immersa in un corpo [Leib] dalla cui forza e dalla cui salute dipende la propria forza e la sua salute – anche se non unicamente e incondizionatamente –;
da parte sua, il corpo riceve dall’anima il proprio essere in quanto corpo – vita,
movimento, forma, figura e significato spirituale –. […] Di solito nella donna il
legame col corpo è naturalmente più intimo. Mi pare che l’anima delle donne
viva e sia presente con maggior intensità in tutte le parti del corpo e venga toccata
più intimamente da ciò che in esso accade; che nell’uomo, invece, il corpo abbia
più spiccatamente il carattere dello strumento che gli serve per produrre, il che
comporta una certa distanza1.
secondo l’autrice, tali fondamentali differenze sono legate alla possibilità della maternità per la donna e fanno parte del patrimonio originario femminile. Ciò mette in contatto la donna, particolarmente,
con il proprio corpo e comporta la necessità che la donna conosca il
proprio corpo e impari a gestirlo correttamente, dandogli la giusta
attenzione, senza scivolare nell’idolatria e senza farne il centro di attrazione della propria esistenza. il corpo femminile per lei è infatti in
modo particolare un tutt’uno con la mente, la sensibilità e l’anima, in
quanto predisposto a generare con tutto di sé. per l’uomo, che pur può
avere questa tendenza alla cura del corpo, ciò avviene normalmente con
maggior equilibrio, potremmo dire con un certo distacco e prevalentemente per avere nelle mani uno strumento forte e capace.
La stein dedica poi alcune pagine ad una descrizione precisa dell’anima
femminile secondo quattro attributi che descrive. tale descrizione fa riferimento all’idea cardine della sua antropologia secondo cui l’anima è forma
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prospettiva
•persona•
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della persona. occuparsi dell’animo femminile, significa dunque,
occuparsi del nucleo centrale della
donna.
ella dice che l’anima femminile
dovrebbe essere: ampia, silenziosa,
calda e luminosa. evidentemente
qui si concentra su tali aspetti come donna e alla luce delle sue riflessioni precedenti. La descrizione che fa, comunque, è quanto lei
poi tiene presente quando parla
di formazione della donna, poiché si tratta di caratteristiche che
secondo lei dovrebbero trovarsi
nella donna perfetta o matura,
dunque da considerare quando si
elaborano progetti formativi che
riguardano la persona femminile.
L’anima femminile è ampia,
dice la filosofa e nulla di quanto è
umano deve esserle estraneo. ella
corre il rischio di muoversi per
curiosità, più che altro, cioè per
uscire da sé e conoscere ciò che
riguarda gli altri, gli esseri umani
e le loro relazioni. Qualche volta
tende perfino a invadere la sfera
altrui con una vera e propria smania di intervenire nella loro vita. se
invece ella esce da sé stessa ma per
farvi ritorno e si avvicina a ognuno con la coscienza della sacralità
di quell’individuo, con rispetto e
timore: «troverà quanto cerca; e
chi sarà cercato in questo modo,
si lascerà trovare e salvare2».
Cosa intenda poi la stein
per anima silenziosa, ella stessa
lo spiega subito dopo. il silenzio qui è visto come un custode
delle cose delicate e spesso profonde, nascoste, che ella chiama
vita e che gli altri a cui la donna
si avvicina portano dentro di loro.
Questa vita richiede appunto calma e silenzio, capacità di ascolto e
accoglienza gratuita, senza alcun
secondo fine. La stein dice, infatti,
che l’anima – quella dell’altro, che
abbiamo davanti – parla sommessamente ed è schiva e se la donna fa rumore non la percepirà, e
quella diventerà totalmente muta
e le si sottrarrà. se essa saprà invece fare dentro di sé spazio per
il silenzio, se saprà formare nel
prospettiva
•persona•
proprio intimo come un vuoto,
almeno in alcuni momenti, allora
questo tipo di donne diventeranno: «Quelle donne presso le quali
ci si rifugia per trovare pace e che
hanno orecchio anche per le voci
più tenui e sommesse3».
se teniamo presente questa
indicazione e la applichiamo per
esempio a donne impegnate in
politica, oppure a donne manager, allora comprendiamo quanto possa essere importante la loro presenza in un Consiglio dei
Ministri o a capo di un Consiglio
di amministrazione. sarà infatti molto utile in questi luoghi la
presenza di persone che sanno tacere e ascoltare, sanno fare spazio
a tutte le voci e cercano di essere
oggettive, in modo da prescindere dalle forze che potrebbero
condizionare, donne che cercano
di porsi in ascolto dei reali e vitali bisogni di coloro per i quali si
lavora. esse creeranno così la possibilità di fare politica o svolgere
comunque servizi pubblici, per
l’uomo e la donna reali, porranno
almeno la possibilità di lavorare
per il vero benessere degli uomini
e delle donne, il lavoro potrà così
svolgere un autentico servizio per
il bene dell’umanità.
L’anima delle donne, dice ancora edith stein deve essere calda
e luminosa. Lo è per natura, e se
la donna si apre a riconoscere che
dentro le arde un fuoco e impara
ad amare, allora ella diventerà autenticamente luce che illumina e
riscalda la realtà attorno a sé.
in che cosa consiste la Bildungsteiniana
Questa è la donna che la stein
vuole formare ed è di fronte a lei
che si pone, per riflettere su cosa
la aiuti a diventare sempre meglio
ciò che per natura ella può essere.
ella ritiene che molti problemi
del sistema formativo dipendano
da una concezione di matrice illuminista del sapere, che privilegiava un: «Sapere enciclopedico, il
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più perfetto possibile, che aveva
come presupposto la concezione
dell’anima quale tabula rasa su cui
registrare, mediante comprensione intellettuale e apprendimento
mnemonico, quante più cose
possibili4».
in contrapposizione con tale
visione della formazione, la stein
presenta la propria idea evidenziandone alcuni aspetti in particolare. ella scrive che per Bildung
non si deve intendere solamente
il possesso esterno di alcune cognizioni, quanto: «La forma che
la personalità umana viene ad assumere in virtù dell’influenza delle
molteplici forze che la plasmano o
anche il processo attraverso cui
essa prende forma5».
il processo formativo, infatti, è costruito attraverso un
insieme di doti naturali che la
persona possiede, unite a ciò
che la raggiunge dall’esterno e
viene da lei assimilato. Ma, dice
la studiosa, la prima formazione
avviene dall’interno, là dove c’è
una forma intima che preme per
svilupparsi e manifestarsi in una
personalità, con determinate peculiarità individuali. Dall’esterno
le viene offerto tutto ciò che le
serve per aiutarla a diventare ciò
che può, sviluppando le sue capacità naturali e da tale intervento,
prevalentemente quello dei formatori, dipende la maturazione
o meno dei doni di natura. non
solo questo però. serve anche
che vengano coltivati quelli che
la stein definisce come gli organi
dell’anima, necessari per assimilare i contenuti e soprattutto per
rielaborarli in una sintesi personale. ed elenca questi organi:
i sensi cogliendo, distinguendo,
confrontando colori e forme, suoni
e rumori ecc.; l’intelletto pensando
e conoscendo; la volontà per mezzo
di atti della volontà (scelta, decisione, rinuncia ecc.); l’affettività [l’animo, Gemüt] per mezzo di moti
dell’animo ecc. il fatto che dall’esterno vengono proposti opportuni compiti contribuisce, perciò, alla
maturazione di tali potenze6.
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tale opera formativa solamente potrà contribuire in modo serio alla formazione della
persona rendendola capace di
assimilare – come cibo – ciò che
le viene proposto.
nel cammino formativo
inoltre, dice ancora edith stein,
sono da tenere presenti gli influssi dell’ambiente che circonda coloro che vengono formati.
e qui ella tocca l’argomento in
un modo nuovo rispetto alla
sua produzione letteraria. Dice
solamente ciò che dal mondo esterno riesce a penetrare
nell’intimo dell’anima e non è
solo percepito con i sensi o con
l’intelletto, ma afferra il cuore e
l’animo, facendo tutt’uno con
essi, diventa autentico materiale
formante la vita della persona.
perché ciò che passa per l’affettività, ciò che tocca le corde più
profonde dell’animo umano, vi
resta impresso e diventa patrimonio duraturo.
La nostra autrice sembra qui
parlare del valore della passione
nel lavoro educativo, passione
da parte dell’insegnante che carica le nozioni che trasmette di
vita e raggiunge così l’esistenza
di chi lo ascolta. Ma anche della
capacità di suscitare la passione, cioè l’interesse per la vita che
l’insegnamento fa emergere e
stimola nei confronti di quanto
insegnato. non si può veramente formare senza coinvolgere i
discepoli a partire dall’esistenza
personale di ognuno.
tutto ciò deve condurre a
quanto l’autrice definisce in altre opere7 come autoformazione.
il formatore, nel suo agire formante, deve avere di fronte a sé
la meta del rendere il discente
capace di intervenire anche in
modo autonomo nel proprio
cammino formativo. Là dove
la passione è entrata a far parte dell’imparare e questo viene
percepito come una crescita per
la vita, verso la propria pienezza, allora la maturità diventa
davvero raggiungibile.
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Fatte queste riflessioni previe, edith stein prosegue definendo gli elementi del processo formativo. Dice l’autrice che
perché il materiale formativo
venga accolto dalla persona e
rielaborato, esso: «Deve conformarsi all’anima in modo adeguato e contribuire così alla sua
formazione. esiste una legge che
regola questa conformazione: la
legge della ragione8».
Questo significa che chi riceve l’azione formativa deve poter
confrontare, distinguere, misurare e pesare ciò che viene offerto. in altre parole non si deve
essere passivi e assenti dall’opera formativa. La ragione va usata per compiere questi processi
rielaborativi si deve raggiungere una sensibilità raffinata e un
giudizio critico acuto.
per fare questo, però, l’intelletto deve essere ben esercitato.
La stein ritiene che l’attività
astratta interessi normalmente
poco alle donne e che comunque comprendere e astrarre non
significa ancora venire formati.
il processo formativo deve tenerlo presente. Ma, dice, l’intelletto resta sempre la chiave d’accesso per il regno dello spirito.
e delinea un vero e proprio
piano formativo di notevole
interesse:
Dobbiamo liberarci del tutto dalla
concezione secondo cui la scuola
dovrebbe offrire quasi un compendio di tutti i campi del sapere del nostro tempo. Dobbiamo
piuttosto cercare di formare persone che siano sufficientemente
intelligenti e capaci di muoversi
in ogni campo che possa in un
qualche momento diventare importante per loro. […] all’intelletto dovrebbero essere offerte
occasioni sufficienti per muoversi
liberamente. per questo non si
può fare a meno del suo esercizio
astratto. […] all’esercizio astratto
dell’intelletto dovrebbe accompagnarsi il suo esercizio concreto
nello svolgimento di compiti pratici9.
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La stein accenna anche che
in questo progetto formativo
la fede ha un ruolo importante
e precisa come ella la intenda,
cioè come fede viva, che è cosa
dell’intelletto e del cuore, è atto
di volontà e d’azione. Dunque
essa è occasione di crescita delle facoltà che servono ai giovani
per maturare. Fede poi, significa amore e questa componente
non può mancare nel progetto
pedagogico steiniano.
C’è un ulteriore elemento
specifico della formazione femminile, che edith stein vuole
porre in evidenza: «al centro
dell’anima femminile c’è l’affettività. perciò, al centro della
formazione della donna dovremmo porre la formazione
dell’affettività10».
L’affettività si esprime nei
sentimenti, negli stati d’animo,
nelle prese di posizione (come
entusiasmo o avversione) e naturalmente negli affetti veri e
propri. essa esprime il modo
in cui una persona si rapporta
con il mondo, dice la stein, se si
lascia prendere dalla vita o meno. e che cosa avvince e prende
maggiormente? il destino e le
azioni umane, presentate alle
anime dei giovani dalla storia e
dalla letteratura e anche, naturalmente, e in primo luogo, gli
eventi contemporanei. Così il
bello nelle sue varietà e la verità che spinge l’uomo alla ricerca. Ma anche il mondo oltre
le nostre capacità, che nel suo
mistero ci attira.
tutto questo dovrebbe sempre fare parte di un programma
formativo, questa apertura verso orizzonti più ampi di quelli della vita che abbiamo tutti
continuamente sotto gli occhi.
Formare significa dunque aprire
nuovi orizzonti e stimolare sensibilità sopite. precisa edith, è
importantissimo l’entusiasmo
dell’educatore, che guida l’affettività verso un equilibrato
entusiasmo nei confronti della
realtà e una vera sete di sapere.
prospettiva
•persona•
D O NN a
Le attività e il ruolo sociale della donna
Diverse volte, nelle conferenze e negli articoli raccolti nel
volume La donna, edith stein
torna sul tema dei lavori adatti
all’identità specifica della donna, importanti in un processo
formativo che deve anche aiutare a riconoscere quali siano
le professioni più conformi alla
natura del discente. La risposta
a questa questione viene dalla
riflessione sulla natura della
donna.
per quanto riguarda la donna
che non lavora perché ha deciso
liberamente di dedicarsi alla famiglia, la nostra autrice dice che
qui il suo compito sarà quello di
occuparsi degli affari del marito,
cioè di creare un ambiente accogliente, pulito e sereno dove
egli, che lavora all’esterno per il
sostentamento materiale del nucleo familiare, possa ritemprarsi
e trovare nuovi stimoli per affrontare il lavoro fuori casa. alla
donna spetta anche la gestione
del denaro familiare, secondo la
stein, che l’uomo deve affidarle
con piena fiducia.
naturalmente là dove questo
è reciproco e anche l’uomo sa
preoccuparsi del benessere interiore e psicologico della donna e dei figli, oltre che di quello
materiale, tutti trovano naturale collaborare con lui nel modo
appena descritto. importante è
però la precisazione della stein
che la donna non deve mai perdere sé stessa facendo tutto ciò,
bensì deve continuare a coltivare i propri doni e a sviluppare le
proprie forze.
si tratta evidentemente, fin
qui, di una visione piuttosto
conservatrice di certi standard
sociali che vedono la donna prevalentemente orientata alla famiglia – all’interno – e l’uomo,
invece, tutto orientato verso il
mondo che sta fuori – all’esterno –. È chiara l’influenza
dell’epoca storica come di una
prospettiva
•persona•
certa visione biblica cristiana.
importante mi sembra però la
sottolineatura della necessità di
non annullarsi nello svolgimento del proprio ruolo e di coltivare i propri doni personali e i
propri punti di forza. inoltre la
stein non si ferma qui nella sua
analisi. ella fa una distinzione
tra professioni direttamente
proprie della donna, perché
conformi alla sua natura e professioni che nascono da un’imitazione delle caratteristiche
maschili, dunque non del tutto
proprie del femminile anche se,
magari, svolte egregiamente dalle singole donne.
Le prime, più direttamente
adatte alla donna, perché comportano cura della persona, attenzione al singolo, coinvolgimento nella sua esistenza, sono
quella di medico in quanto qui la
donna sarà in grado, se matura,
di considerare più facilmente la
persona nella sua interezza e di
comprendere anche le implicazioni dei problemi da risolvere,
anche non del tutto espressi, di
chi ha davanti. La professione di
insegnante o educatrice è ugualmente molto adatta alla donna,
soprattutto là dove i giovani sono bisognosi di particolari aiuti
per crescere, aiuti che non ricevono dalle loro famiglie spesso
caricate di enormi problemi di
sopravvivenza o di altro genere.
edith stein aggiunge però
che se le donne sono più adatte all’insegnamento perché capaci di calarsi nelle situazioni
concrete di vita e anche capaci
con maggiore facilità di inserire
nell’educazione la dimensione
affettiva, pur sempre nel rispetto e nella libertà di spirito
necessaria, l’ideale è la collaborazione uomo-donna anche
nell’ambito formativo.
Le donne, secondo la nostra autrice, possono trovare
spazio in modo molto fecondo
anche nel mondo delle scienze
e dell’arte oltre che per le loro
capacità creative e di indagine
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anche perché, soprattutto in
ambito scientifico, esse sono
particolarmente adatte al lavoro
di équipe, per la loro natura dialogica e empatica. Femminilità,
infatti, per la stein significa
soprattutto capacità di partecipazione, di aiuto, di incoraggiamento, uniti a fortezza d’animo
che va particolarmente esercitata nel percorso formativo, perché non sempre naturale nella
donna.
ella precisa che: «Un’attività
autenticamente femminile esige
sempre, in tutti i campi, un ancoramento della vita femminile
nel fondamento eterno; non lo
esige soltanto quell’attività che
diciamo consacrata in ragione
di un impegno al servizio divino
pronunciato solennemente11».
sappiamo che qui ella intende ancoramento nel Dio
cristiano ma possiamo prendere
questa sua osservazione anche
nel senso di un ancoramento in
tutto ciò che va oltre il tempo
e lo spazio in cui viviamo, nel
mistero, che cioè si muove verso
un oltre su cui forse credenti e
non, possono anche trovare un
punto di contatto. La sete di infinito è quanto attira da sempre
l’uomo e la donna. La donna vi
ritrova particolarmente un senso generale, in quanto possiede
per natura – così afferma la
stein – un senso di crescita, di
miglioramento da accudire e
sostenere, dunque è orientata
sempre verso un altrove dove
l’essere umano può arrivare e
auto-trascendersi, realizzandosi.
si tratta dunque, nell’insieme, di un’analisi profonda e
puntuale dell’identità femminile, che la stein fa in vista di un
progetto educativo che rispetti
le diverse esigenze di una natura
umana articolata nel maschile e
femminile. La sua proposta di
formazione, ancorata alla realtà
di ognuno e aperta al dialogo tra
le diversità, è probabilmente un
interessante e stimolante suggestione in tempi come i nostri,
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così bisognosi di aperture e di
coraggio nel costruire relazioni
che non omologhino ma favoriscano la diversità.,
Note
1 e. stein, La donna. Questioni e rifles-
sioni, roma 2010, 118-119.
2 Ivi, 49.
3 Ibid.
4 Ivi, 45.
5 Ibid. sottolineatura dell’autrice.
6 Ivi, 46.
7 Cf. e. stein, La struttura della persona umana, roma 2000.
8 Ivi, 52.
9 Ivi, 54.
10 Ivi, 127.
11 Ivi, 142.
Raccolta Internazionale: ernesto treccani
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prospettiva
•persona•